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IL PASSAGGIO GENERAZIONALE NELLE AZIENDE FAMILIARI: IL CASO PARK HOTEL MARINETTA

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea in Strategia Management e Controllo

ELABORATO FINALE

Il passaggio generazionale nelle aziende familiari:

il caso Park Hotel Marinetta

CANDIDATO RELATORE

Matteo Ficcanterri Prof. Vincenzo Zarone

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Indice

Abstract ... 4

1. Le aziende familiari e il passaggio generazionale: approcci di studio al fenomeno e la successione aziendale come evento critico. ... 6

1.1 Una definisione di impresa familiare... 6

1.2 Diverse tipologie di Family business... 8

1.3 Vantaggi e svantaggi dell’impresa familiare...13

1.4 Alcuni pregiudizi sulle imprese familiari ...16

1.5 Il ricambio generazionale...21

1.6 La successione intergenerazionale come processo critico ...22

1.7 I conflitti nella successione e la pianificazione come fattore critico di successo………..27

1.8 Il ruolo del "Family member competente" nella successione aziendale ...31

1.9 Valutare e preparare gli eredi alla successione in azienda ...35

2. Il caso Park Hotel Marinetta: il passaggio generazionale in un'impresa familiare turistica ...41

2.1 Introduzione al caso: la storia di un'azienda ...41

2.2 Il passaggio generazionale: minaccia o opportunità? ...44

2.3 Criticità aziendali ...54

3. Strumenti e strategie per favorire la continuità dell'impresa familiare e il processo successorio ...57

3.1 Il conferimento d'azienda e la costituzione della holding di famiglia ...58

3.2 Il Family Buy-out: uno strumento di finanza avanzata per la successione ...61

3.3 Il Trust come strumento di tutela del patrimonio familiare ...66

3.4 Acquisto di azioni proprie: una tecnica per assicurare la continuità dell'impresa nel tempo ...70

3.5 Il patto di famiglia ...72

4. La pianificazione della successione: passato e futuro del Park Hotel Marinetta ...75

4.1 La compresenza di due generazioni come momento di apprendimento e fonte di conflitti. ...75

4.2 La risoluzione di controversie nella stessa generazione ...78

4.3 La pianificazione successoria dell'attuale management...80

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3

Bibliografia...87

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Abstract

Il passaggio generazionale nelle aziende familiari rappresenta un momento estremamente critico nella vita di un'azienda, e può rappresentare sia l'inizio di un declino che può portare fino all'interruzione della continuità aziendale, sia un punto di svolta, che può consentire all'azienda di apportare nuova linfa, nuove competenze, nuove conoscenze e un diverso sguardo imprenditoriale, in grado di cogliere le opportunità che si prospettano nello scenario competitivo.

Per capire tale fenomeno è necessario prima comprendere cosa dì si intende con il termine aziende familiari e quali sono le peculiarità che le distinguono dalle altre realtà aziendali. Questo verrà discusso nella prima parte, nella quale saranno considerate le diverse definizioni di impresa familiare, le differenti tipologie di family business che da queste si possono delineare e di come il passaggio generazionale all'interno di queste realtà si possa realizzare, introducendo le principali problematiche del fenomeno attraverso le più note descrizioni presenti in letteratura.

Nella seconda parte viene introdotto il caso oggetto di studio: il Park Hotel Marinetta.

In questa fase viene descritta la storia dell'azienda e di come il passaggio generazionale in questa realtà familiare abbia costituito un vero e proprio punto di svolta, che ha consentito all'azienda di realizzare una rapida crescita negli anni successivi alla successione degli eredi nella guida dell'impresa.

Nella terza parte vengono analizzati diversi strumenti trattati in letteratura per la risoluzione di problematiche legate al passaggio generazionale, evidenziando le implicazioni susseguenti dall'adozione di ciascuno di questi.

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Infine nella quarta ed ultima parte vengono considerati i conflitti e le criticità legate al passaggio generazionale che ci sono stati nel Park Hotel Marinetta e di come l'azienda abbia gestito tali situazioni. Vengono analizzati gli attriti che si sono venuti a creare tra le due diverse generazioni nel momento del passaggio di consegne e di quelli che si sono manifestati all'interno della stessa generazione, che è in seguito subentrata alla guida dell'azienda. Successivamente vengono considerate le modalità di gestione di quest'ultima del prossimo passaggio generazionale, e di come l'attuale dirigenza stia pianificando lo scenario futuro.

A conclusione di questo lavoro vengono espresse delle considerazioni in merito alle soluzioni che l'azienda potrebbe adottare nella gestione dell'imminente passaggio generazionale , in modo da garantire una più sicura continuità aziendale, favorendo il processo di crescita iniziato con il primo passaggio.

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6 CAPITOLO 1

Le aziende familiari e il passaggio generazionale: approcci di studio al

fenomeno e la successione aziendale come evento critico.

1.1 Una definizione di impresa familiare

Analizzando il sistema economico e produttivo del nostro Paese vediamo come questo sia caratterizzato prevalentemente da aziende di medio-piccole dimensioni, per lo più a carattere familiare. Queste costituiscono la spina dorsale della nostra economia rivestendo dunque un ruolo economico e sociale molto importante.

Secondo la definizione di Corbetta e Demattè(1993) per familiare si intende l'impresa "in cui il capitale sociale e le decisioni fondamentali di governo economico sono controllate da un'unica famiglia o da poche famiglie legate tra loro da vincoli di parentela, stretta affinità o solide alleanze"

Il concetto di azienda familiare si presta tuttavia a varie interpretazioni.

Questo per la vastità dei caratteri originari e distintivi, che rendono difficile delimitare la realtà aziendale in senso unanime e condiviso.

Quando si parla di family business dobbiamo ricordare che stiamo facendo riferimento ad una realtà caratterizzata da due dimensioni: l' "impresa" e la "famiglia".

La sfera della "famiglia" fa riferimento a tutte le relazioni, le emozioni, i desideri, le motivazioni e aspirazioni che si instaurano tra i membri della famiglia coinvolti nell'impresa ed altri stakeholder, oltre che delle aspettative, dei possibili conflitti, delle regole e dei valori.

La sfera dell' "impresa" invece riguarda la gestione e il controllo dell'azienda che sono rivolti in linea generale alla creazione di valore (D'Onza 2017). Si fa riferimento alla

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definizione di economicità del Giannessi, ovvero della continua ricerca da parte delle aziende della creazione di valore e di equilibrio economico a valere nel tempo.

Nel corso della storia sono molti gli studiosi che hanno cercato di attribuire un preciso significato al concetto di azienda familiare, senza però arrivare ad una univoca definizione (Mussolino, 2005).

Tuttavia troviamo un tratto comune tra le diverse definizioni presenti in letteratura, ovvero che l'azienda sia un combinato di aziendalità e famigliarità (Lattanzi - Anselmi, Il

family business made in Tuscany).

Questi due elementi si combinano tra loro e integrandosi insieme danno vita ad un fenomeno del tutto peculiare della nostra realtà imprenditoriale.

Per famigliarità si intende generalmente la "presenza e il coinvolgimento di una o più generazioni della famiglia , o più famiglie coordinate, nella vita e nella dinamica aziendale".

Per quanto riguarda il grado di coinvolgimento non c'è un indicazione precisa. Alcuni parlano di influenza determinante sulle decisioni, altri di significativa influenza della famiglia sull'impresa, altri ancora di controllo effettivo della direzione strategica.

Lo stesso vale per quanto concerne il tipo di legame relazionale-familiare da considerarsi per la qualifica di membro familiare.

Sempre secondo Corbetta e Demattè (1993) "è idea condivisa che l'aggettivo

famigliare, quando attribuito all'impresa, non corrisponde ad una qualificazione

assoluta, ma fornisce in'indicazione di genere ad un'entità dai confini estremamente labili e soggetta al suo interno ad una variabilità di specie".

In sostanza, si definiscono familiari le imprese in cui una o più famiglie detengono il controllo dell'impresa stessa e sono in grado di influenzarne le scelte strategiche.

Quando parliamo di imprese familiari tendiamo a collocarle soprattutto nella realtà italiana e, nonostante costituiscano una peculiarità del nostro Paese, l'impatto

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economico del family business riveste un ruolo di primaria importanza in tutto il mondo. Questo rappresenta infatti circa i due terzi di tutte le imprese mondiali (John Davis, Harvard Business School) e genera annualmente tra il 70 e il 90 percento del PIL mondiale.

L'impresa familiare resta quindi un punto di rilievo non solo in Italia ma in diversi Paesi, seppur con caratteristiche e dimensioni differenti.

La singolarità italiana sta nella natura familiare di una gran parte delle aziende quotate anche di grandi dimensioni. Il 39% della capitalizzazione della borsa di Milano infatti, escludendo, banche, assicurazioni, Eni ed Enel, è rappresentato da aziende familiari1.

Tuttavia la specificità del nostro tessuto imprenditoriale ha dovuto fare i conti negli anni con un mondo sempre più "globalizzato", interconnesso, ponendo le imprese familiari di fronte a nuove sfide, legate alla crescente complessità dell'ambiente competitivo e alla continuità temporale comportando una maggiore necessità di managerialità nella struttura ed una opportuna pianificazione del processo di successione.

1.2 Diverse tipologie di Family business

Esistendo in letteratura una vasta scelta tra le possibili definizioni attribuibili all'impresa familiare, esistono di conseguenza una moltitudine di categorie nelle quali questa può essere classificata.

Tra le tante una delle più interessanti è quella che distingue tra imprese familiari in senso stretto e imprese familiari allargate.

Le variabili chiave prese in considerazione per i raggruppamenti sono la concentrazione della proprietà e del controllo nelle mani della famiglia imprenditoriale.

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Per quanto riguarda la concentrazione della proprietà possiamo avere un limitato numero di soggetti molto legati tra loro che possiedono le quote dell'impresa (alta concentrazione) oppure a detenerle possono essere un numero più elevato di soggetti con legami meno forti (bassa concentrazione).

Se prendiamo in considerazione il controllo troviamo situazioni in cui la famiglia svolge attività e funzioni sia imprenditoriali che direzionali e situazioni in cui la famiglia delega in parte o totalmente tali funzioni a soggetti esterni.

Fig.1 imprese familiari in senso stretto e allargate. (Fonte: Mezzadri)

Le imprese familiari in senso stretto sono generalmente quelle di prima o seconda generazione caratterizzate da un senso di appartenenza ancora molto forte e da una gestione di tipo informale, tipiche del padre di famiglia (bassa formalizzazione di metodi e procedure).

In queste la proprietà è fortemente concentrata nelle mani di pochi soggetti che svolgono contestualmente anche ruoli di indirizzo strategico. Nella figura le troviamo tendenzialmente nei quadranti in alto a sinistra.

Le imprese allargate sono caratterizzate invece da una maggiore dispersione delle quote dell'azienda in una pluralità di soggetti, in cui i vincoli di parentela sono meno forti.

alto medio basso

alto

CONTOLLO medio

basso

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Solitamente sono le aziende dalla terza generazione. In queste solamente pochi familiari ricoprono ruoli di direzione, gli altri sono semplicemente azionisti e sono presenti in misura maggiore manager esterni.

Per Corbetta in queste realtà è meglio adottare una struttura più di tipo manageriale, caratterizzata da una maggiore formalizzazione di procedure e meccanismi di gestione. Secondo lo stesso si evince dunque che l'impresa familiare allargata è il risultato di un evoluzione storica dell'impresa familiare in senso stretto.

Un ulteriore modello di classificazione è quello elaborato da Gallo ("Cultura en Empresa familia", 1996) nel quale viene considerato il diverso grado di coinvolgimento della famiglia nelle attività dell'impresa. Si distingue in 4 categorie di imprese familiari:

- Impresa familiare di lavoro; è diffusa all'interno dell'azienda (e quindi della famiglia) l'idea che molti componenti della famiglia svolgano attività lavorativa nell'impresa.

- Impresa familiare di direzione; vengono selezionati i membri della famiglia più capaci e coinvolti nella gestione dell'azienda.

- Impresa familiare di investimento; la famiglia esercita una supervisione sul controllo delle scelte gestionali e sulle decisioni di investimento ma non partecipa direttamente all'attività lavorativa.

- Impresa familiare congiunturale; i legami di parentela iniziano ad essere deboli e può iniziare a venire meno la volontà di proseguire insieme l'attività imprenditoriale. La continuità del legame che ha tenuto insieme famiglie e impresa verrebbe meno senza troppi indugi nel caso di possibile vendita di azioni o in presenza della possibilità di favorire l'ingresso nel capitale a soci esterni.

Se consideriamo il ciclo di vita di un impresa possiamo riscontrare come nei primi anni l'impresa tenda ad assumere i connotati di un impresa familiare di lavoro e di come questa sempre con il passare degli anni tenda verso le altre forme di impresa sopracitate, mano a mano che le generazioni si succedono.

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In questo modello tuttavia viene presa in considerazione solamente un'unica variabile che riguarda il coinvolgimento della famiglia nell'impresa e questo può costituirne un limite (Dell'Atti ne "Il passaggio generazionale nelle imprese familiari", 2007).

Non vengono quindi prese in considerazione una serie di fattori importanti come la dimensione dell'impresa, la proprietà del capitale, lo stadio generazionale.

Una classificazione che consideri una pluralità di variabili è stata proposta invece da Corbetta.

In questo schema vengono considerate:

Il modello di proprietà del capitale nell'impresa;

- Familiare aperta: capitale posseduto da discendenti del fondatore (o dei fondatori ) ed altri soci.

- Familiare chiusa allargata: capitale posseduto da un numero di persone più ampio - Familiare chiusa stretta: poche persone partecipano al capitale

- Assoluta: una sola persona detiene tutto il capitale

La presenza di familiari nel Consiglio di Amministrazione e negli organi di direzione

dell'impresa:

- C.d.A ed organi direttivi composti solo da membri della famiglia

- C.d.A composto da soli membri della famiglia ed organi direttivi dove sono impegnati sia familiari che soggetti esterni

- C.d.A ed organi di governo con la presenza di familiari e persone estranee alla famiglia

Dimensione dell'organismo personale dell'impresa; - piccola;

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12 - grande

Fig. 2 Le variabili utilizzate per classificare le imprese familiari (Fonte: G.Corbetta, 1995, p.83)

Da questa rappresentazione è possibile individuare diverse tipologie di imprese familiari.

- impresa monofamiliare chiusa; qui si ha la piena e totale sovrapposizione tra la famiglia e l'impresa.

- impresa monofamiliare aperta; è controllata da una famiglia ma tra gli azionisti ci sono anche soggetti esterni

- impresa plurifamiliare; sia le posizioni di governo che il capitale sono divise tra più famiglie

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- impresa monofamiliare managerializzata; la famiglia esercita funzione imprenditoriale e detiene il controllo mentre la gestione è affidata a manager esterni

- impresa facente capo a numerose famiglie; nessuna di queste è in grado di esercitare il controllo sul capitale e sulle funzioni imprenditoriali e direzionali.

Secondo Dell'Atti la presenza di varie tipologie di family business dimostra "quanto sia variegato l'universo delle imprese familiari. Si passa da una interdipendenza totale tra impresa e famiglia, fino ad un coinvolgimento sempre più allargato di persone estranee alla proprietà".

E' interessante inoltre vedere come il problema successorio si presenterà in maniera diversa nei vari casi, ma di questo parleremo nei paragrafi successivi.

1.3 Vantaggi e svantaggi dell'impresa familiare

Come detto in precedenza le imprese familiari sono caratterizzate dalla combinazione di una pluralità di dimensioni (famiglia, impresa e proprietà) e in particolare la presenza del carattere familiare può risolversi in un fatto positivo o negativo: i valori familiari possono essere cioè un plus o un minus per l'azienda.

Il forte legame tra famiglia e impresa sono fonte non solo di punti di debolezza ma anche dei punti di forza che hanno consentito di sostenere e spesso vincere la sfida della competitività e dell'eccellenza (Mezzadri 2012).

Tra i vantaggi annoveriamo in primis un maggiore orientamento al medio lungo termine. Un attenzione particolare viene rivolta alle generazioni future. L'imprenditore cerca di assicurare alla famiglia una fonte duratura, in grado di sostenerla economicamente nel tempo. In questo modo viene conferita longevità al business e stabilità nella leadership (Jensen e Meckling, 1976).

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Godono di una maggiore libertà di azione (Donna 1995) e rispetto alle Public company le aziende familiari sono oggetto di minori pressioni al risultato a breve da parte di mercato e investitori istituzionali. Questo porta ad un una fiducia prolungata di banche e comunità, che va oltre il mero interesse finanziario. Si ha un approccio decisionale quasi sempre orientato al lungo periodo, garanzia di continuità per tutti gli stakeholder interessati all'azienda.

In generale le aziende familiari sono orientate al mantenimento della reputazione e di un buon posizionamento sul mercato (Patel e Fiet, 2011).

Inoltre la presa di decisione risente meno di vincoli burocratici ed è veloce e flessibile agli stimoli esterni e gli stessi membri della famiglia sono meno spinti a reclamare elevati

bonus ed hanno valide motivazioni per aiutare l'impresa in periodi di recessione (Sirmon e Hitt, 2003).

Infine un importante vantaggio è quello della conoscenza del business.

Molti familiari, nelle imprese di piccole dimensioni, entrano in contatto con l'azienda lavorandovi durante le vacanze estive dagli studi prendendo conoscenza di aspetti più pratici e tecnici, peraltro cruciali in alcuni settori (Mezzadri, 2007). Per i discendenti di seconda o terza generazione talvolta il primo approccio avviene in giovane età tra le mura domestiche, partecipando passivamente alle discussioni di famiglia che riguardano l'azienda.

Tra gli svantaggi invece, derivanti dal tratto familiare dell'azienda, troviamo la possibilità che alcuni membri della famiglia siano coinvolti nell'impresa perche predestinati per discendenza (Miller et al, 2003) sebbene le loro aspettative fossero diverse (Ward, 2004). Questo può portare a conflitti familiari che inevitabilmente si riflettono sul processo aziendale (Le Breton-Miller et al, 2004).

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Inoltre spesso manca una adeguata pianificazione al processo di successione , determinando gravi difficoltà nella continuazione dell'impresa alla mancanza di un leader familiare (lansberg 1999).

Un punto di debolezza può essere rappresentato anche da una minore flessibilità del processo decisorio qual'ora la regola decisionale utilizzata sia quella dell'unanimità tra i membri (come spesso avviene nelle realtà in oggetto). In questo caso si perde quella flessibilità che invece aveva costituito un punto di forza per l'azienda familiare.

Inoltre spesso l'ingresso in azienda di membri familiari avviene indipendentemente dalle capacità e competenze possedute e dal reale fabbisogno. Questo potrebbe provocare un appesantimento della struttura aziendale con un relativo peggioramento della performance economica.

La logica aziendale porta viceversa ad assumere solo coloro in possesso delle competenze richieste, a prevedere la possibilità per tutti di accedere ai vertici in base al merito e uno schema retributivo basato sulla dinamica del mercato del lavoro piuttosto che sui risultati ottenuti (Boldizzoni 1996).

Un altro elemento che potremmo configurare come di debolezza e che talvolta compare nelle imprese familiari è la scarsa managerialità (Donna 1995). Quando prevale in modo deciso la logica familiare il campo di attività per i manager esterni è alquanto limitato e la difficile convivenza tra manager e famiglia diventa quasi una caratteristica di questo tipo di impresa. L'autonomia decisionale dei manager talvolta è molto ridotta e tendono a dover svolgere mansioni più di tipo operativo derivanti da decisioni prese da altri, che porta spesso il manager a rifiutare tale posizione.

In molti casi le cariche di rilievo del management sono ricoperte da membri familiari, non tanto per le loro capacità, qualifiche ed esperienze, quanto per il fatto di essere appartenenti al nucleo familiare.

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Infine le imprese familiari sono accusate di una scarsa apertura verso l'esterno non soltanto in termini di competenze ma anche nei confronti di soci terzi per salvaguardare la natura familiare del business. Questo al di là di certe dimensioni porta a "bloccare le opportunità di crescita e sviluppo dell'azienda costringendola a ripiegarsi su se stessa all'interno di una nicchia non sempre remunerativa e in grado di assicurarne la continuità nel tempo" (Mezzadri, 2007).

1.4 Alcuni pregiudizi sulle imprese familiari

In tema di imprese familiari sono tante le credenze diffuse che non trovano riscontro scientifico o evidenza empirica.

Corbetta ne "Le aziende familiari: strategie per il lungo periodo" fa una lunga disamina su alcune di queste, maggiormente diffuse.

Di particolare rilievo risulta essere quella secondo la quale le aziende familiari siano solo di piccole dimensioni. In realtà esse possono essere anche di media, grande e grandissima dimensione, come testimonia il caso della Wal-Mart, azienda familiare alla seconda generazione, che è stata anche la più grande al mondo per fatturato2.

Secondo i dati dell'Osservatorio AUB3 con riferimento all'Italia, in un'indagine condotta

nel 2007 tra le quasi 8000 aziende di medie e grandi dimensioni considerate, quasi il 55 per cento è a controllo familiare e in esse sono impiegate circa il 50 per cento del totale dei dipendenti.

2 Secondo una ricerca del 2009 quasi il 45 per cento delle imprese Fortune 1000 sono a

controllo familiare (cfr. Miller, Le Breton-Miller e Lester)

3 L'osservatorio AUB è stato creato nel 2009 dalla Associazione Italiana delle Aziende Familiari,

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Un altro tema che Corbetta affronta è quello relativo alla credenza dei "capitalisti senza capitali"4. E' diffusa l'idea che le famiglie imprenditoriali non hanno le risorse

economiche sufficienti per realizzare disegni di crescita ambiziosi. Per farlo dovrebbero utilizzare in misura anomala risorse di capitale (proprio o di debito) non provenienti dalla propria famiglia o dall'azienda. Corbetta, prendendo in considerazione alcuni tra i principali gruppi quotati evidenzia come molti di questi siano controllati da famiglie imprenditoriali, tra i quali molti hanno un effetto leva azionario molto contenuto5. La

famiglia Benetton (che controlla Autostrade e Autogrill), la famiglia Berlusconi (Mediaset e Mondadori), la famiglia Boroli-Drago (Lottomatica e Toro), la famiglia Del Vecchio (Luxottica) e la famiglia Bulgari (il gruppo omonimo) sono tutti casi in cui il 40 per cento del capitale proprio dell'azienda è fornito dalla famiglia di riferimento e, in alcuni casi, tale percentuale sale a oltre il 75 per cento. Si evince che è possibile mettere in dubbio l'assunto che tutte le aziende familiari, per diventare grandi, utilizzino risorse di capitale proprio non familiare. Corbetta conclude sostenendo che "pur riconoscendo che esistono famiglie imprenditoriali che hanno finanziato la crescita della propria impresa con significative risorse di capitale proprio o di debito non familiare, è difficile sostenere che tale giudizio valga per la maggioranza delle aziende familiari".

Un'altra falsa credenza è che le aziende familiari italiane crescono a tassi più bassi rispetto ad imprese di altri tipi.

Se prendiamo in considerazione i dati dell'Osservatorio AUB possiamo constatare l'erroneità di tale affermazione.

4 Questa si rifà all'analisi svolta da Chandler, la quale imputava parzialmente alle debolezze

delle imprese familiari il declino della gran Bretagna.

5 Molti commentatori sostengono che le grandi aziende familiari facciamo un uso molto elevato

della leva azionaria, ossia impieghino ingenti risorse di terzi attraverso una catena di società controllate da una Holding capogruppo (G. Corbetta, Le aziende familiari: strategie per il lungo periodo, 2010)

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Di fatti secondo tali ricerche i ricavi delle aziende familiari sono cresciute di circa 10 punti in più delle non familiari nell'ultimo decennio , come riportato dal grafico in fig.36.

Fig. 3 IL trend di crescita nelle aziende familiari rispetto alle non familiari (Fonte: IX Rapporto Osservatorio AUB).

Fatto 100 il fatturato 2007, quello del 2016 è pari a 147.2 per le familiari e 137.8 per le non familiari.

Se prendiamo in considerazione la redditività operativa anche in questo caso vediamo come le aziende familiari mantengono dei gap positivi con le non familiari .

Fig.4 La redditività operativa nelle aziende familiari rispetto a quelle non familiari (fonte: IX rapporto Osservatorio AUB7

6Crescita cumulata su base 100 (anno 2007), calcolata sui ricavi delle vendite (Fonte: Aida). La

crescita cumulata delle aziende non familiari è una media ponderata dei tassi di crescita delle aziende con assetti proprietari non familiari

7 (*) ROI: Reddito Operativo / Attivo Netto (Fonte: Aida). La redditività delle aziende non familiari è una

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Andando avanti nell'analisi Corbetta suggerisce un ulteriore falsa credenza ovvero che l'unica discontinuità rilevante riguarda il processo di successione generazionale.

In altre parole, l'unico processo che caratterizza le aziende familiari è la successione ( o la convivenza) tra genitori e figli.

Questa credenza secondo Corbetta nasce dal fatto che le aziende non vengono riconosciute come sistemi integrati dove il cambiamento di una variabile deve essere affrontato valutandone l'impatto su tutte le altre del sistema. Lo stesso prosegue sostenendo che questo porta a tre errori. Il primo è pensare che si possa trovare una soluzione al problema del passaggio generazionale senza tenere in considerazione le diversità di ciascuna famiglia, per struttura (numero, età..) e per "qualità" delle persone (salute, formazione, maturità..).

Il secondo errore è che per gestire il ricambio generazionale non solo è importante pianificare la fase di successione, ma anche le altre evoluzioni della famiglia proprietaria, come la deriva generazionale, il" raffreddamento" dei soci , la gestione dell'uscita di qualche familiare dalla compagine sociale, la gestione della cessione del controllo o della intera partecipazione nella società.

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Infine il terzo errore sta nel non gestire con adeguato anticipo tutta una serie di cambiamenti rilevanti che riguardano l'azienda. Tra questi per Corbetta vi è "la crescita, la diversificazione e la ristrutturazione dell'azienda, la professionalizzazione del sistema di corporate governance e del management e la successione del CEO".

Da questa analisi si evince come per l'azienda familiare i problemi si estendono oltre la mera successione ed è importante gestire tutta un' altra serie di processi e criticità, che caratterizzano la realtà di questa tipologia di impresa.

Tuttavia una particolare attenzione al problema della successione può essere motivata dal fatto che recenti studi mostrano come solo il 30% delle aziende familiari arrivano alla seconda generazione e di queste solo il 13% arriva alla terza. Questo probabilmente porta una maggiore attenzione sul problema della successione, e dell'importanza di pianificare adeguatamente questo processo, che sicuramente è tra i più critici in questo tipo di realtà. Ha ragione però Corbetta quando sostiene che è necessario porre attenzione anche su altri aspetti altrettanto rilevanti per la gestione delle imprese a carattere familiare.

A conclusione di queste osservazioni, lo stesso autore sostiene che l'origine di queste false credenze deriva dalla volontà di voler arrivare a delle regole generali che non sempre sono in grado di descrivere adeguatamente la realtà, spesso caratterizzata da fenomeni complessi e questo porta a trascurare variabili non facilmente modellizzabili. E' quindi ragionevole pensare che "il punto di equilibrio tra rispetto della complessità del reale e ricerca della semplificazione vada sempre ricercato con la dovuta cautela per evitare di cadere in utili o pericolose banalizzazioni".

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1.5 Il ricambio generazionale

In precedenza abbiamo visto come l'azienda familiare sia caratterizzata dalla coesistenza della dimensione familiare e di quella aziendale.

Propria in virtù della prima si innescano tutta una serie di dinamiche che l'impresa deve essere in grado di gestire.

All'interno del ciclo di vita di un impresa infatti uno degli eventi più critici è il passaggio del testimone da una generazione all'altra e da questa può dipenderne lo sviluppo o la sopravvivenza stessa.

Possiamo definirlo come " il trasferimento della proprietà, del potere e del controllo di un impresa familiare da una generazione a un'altra" (Bordegna, 1999).

Il ricambio ai vertici di un organizzazione è sempre un passaggio critico, in qualsiasi tipo di organizzazione e a maggior ragione lo è in aziende dove la proprietà è coinvolta nella gestione.

Non si tratta solo di assicurare un futuro all'azienda ma anche di prevenire eventuali conflitti tra membri della stessa famiglia.

E' necessario quindi pianificare in maniera opportuna la successione nell'impresa, con il fine sia di continuare a mantenere un equilibrio economico a valere nel tempo sia un equilibrio familiare.

Il ricambio generazionale però può essere anche un occasione per "riflettere sulla strategia dell'impresa, per ridare energia all'iniziativa imprenditoriale, per iniziare lo sviluppo di nuove competenze" (Corbetta, 2010).

Per affrontare il ricambio generazionale con successo è necessario che i giovani siano spinti da una forte volontà e una forte convinzione nell'intraprendere un percorso imprenditoriale.

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Inoltre non c'è nessuna evidenza scientifica o studio che dimostra che l'imprenditorialità sia una caratteristica innata nelle persone. Possono esserci alcuni ragazzi più predisposti di altri ma imprenditori si può diventare (Corbetta, 2010)8. Questo attraverso

ovviamente un certo percorso caratterizzato da impegno, sacrificio e dedizione. Ma la cosa più importante rimane la convinzione del ragazzo di intraprendere un certo tipo di cammino all'interno dell'azienda di famiglia. Altrimenti è giusto che i giovani seguano le loro passioni, le loro inclinazioni naturali ed è dovere delle generazioni alla guida dell'azienda lasciare che questi scelgano volontariamente la strada giusta da prendere. E' sbagliato dunque pensare che imprenditori si nasce. In questi casi si correrebbe il rischio che i giovani passino il tempo alla continua ricerca di conferme o smentite della loro naturale capacitò di essere imprenditori. Secondo Corbetta pur ipotizzando che esistano delle inclinazioni naturali all'imprenditorialità, e con eccezione di ragazzi oltremodo timidi e insicuri, "è destituita da ogni fondamento scientifico la convinzione che l'imprenditorialità si manifesta nei primi anni di vita (...) e la stragrande maggioranza di giovani sono semplicemente un libro bianco sul quale, a seconda di una serie di condizioni, sarà scritta, o non scritta, una storia imprenditoriale".

1.6 La successione intergenerazionale come processo critico

Dal 2007 al 2016 circa il 2,0% delle imprese familiari ogni anno è stata oggetto di un passaggio generazionale. Si può ipotizzare che in Italia nelle imprese familiari con oltre

8 A conclusioni simili è giunta una ricerca che ha studiato i leader di alcune grandi aziende

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1 milione di Euro di fatturato si realizzano circa 3.360 passaggi generazionali all'anno (fonte IX Rapporto Osservatorio AUB)9.

Questo fa capire la rilevanza di tale aspetto e l'impatto che una adeguata gestione del fenomeno può avere sul nostro tessuto produttivo.

La successione, se programmata, può certamente rappresentare un'opportunità di crescita e di rinnovamento. In caso contrario il rischio è di compromettere l'esistenza stessa dell'impresa.

Per affrontare con successo il tema del cambiamento familiare in azienda è necessario convincersi che non ci si trova di fronte ad un fatto, ma ad un processo. Occorre cioè programmare la successione per tempo.

Come ogni processo è costituito da più fasi, che si svolgono in un periodo che può anche durare decenni. Questo inizia quando i figli sono in giovane età e continua, di solito, con un lungo periodo di convivenza tra genitori e figli durante il quale i ruoli dei genitori e dei figli mutano. Si perviene infine ad un nuovo assetto della proprietà del capitale dell'azienda in capo ai successori e a un nuovo assetto nel governo e nella direzione dell'azienda (Corbetta, 2010).

Tale cambiamento deve essere opportunamente pianificato e inizia del momento in cui le generazioni al comando decidono di voler trasmettere l'impresa alle generazioni successive.

Questo inizia con la formazione scolastica e professionale dei figli e prosegue con il loro ingresso nell'impresa. In seguito ci sarà un periodo di convivenza tra genitori e figli e il processo terminerà con il subentro ai genitori nella guida dell'azienda.

9 In Italia esistono circa 205.000 imprese con fatturato superiore ad 1 milione di euro

(Fonte: Aida in data 11/11/2017)

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Il ricambio generazionale di successo è quello che riesce a compiere questa transizione in modo che le performance aziendali non ne risentano o addirittura ne traggano giovamento.

Il processo di successione è influenzato nelle sue varie fasi da una serie di fattori che possono essere raggruppati in tre categorie a seconda che riguardino primariamente l'azienda o la famiglia o i rapporti tra questi due istituti, posto che tra i due gruppi esistono forti legami di'interdipendenza (Mezzadri, 2012).

Fig.5 - Modello interpretativo della successione generazionale (Mezzadri, 2012)

La successione generazionale deve essere si vista come un processo composto da più fasi, ma che non sempre si sviluppano in modo sequenziale e comunque in modo differente da impresa a impresa.

Più nel dettaglio vediamo quali sono le fasi che costituiscono tale processo:

- Formazione e valutazione delle attitudini dei possibili successori; questa inizia già durante la scelta della scuola superiore e in seguito del percorso universitario. Le prime divergenze di vedute tra padri e figli nascono talvolta da qui. Capita spesso che i figlia

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facciano una scelta mirata alla soddisfazione delle attese dei genitori, piuttosto che ricercare la propria vocazione. E' importante dunque capire come aiutare i giovani a scoprire la propria vocazione professionale, individuando l'attività lavorativa che meglio valorizza le loro caratteristiche e che meglio soddisfa i loro desideri. Secondo Corbetta è evidente che la prima responsabilità di una famiglia imprenditoriale è quella di aiutare i giovani a scoprire la propria vocazione accompagnandoli nel percorso. Devono evitare di forzare la loro volontà e attitudine attraverso indicazioni rigide o , addirittura, vere e proprie imposizioni o ricatti morali. Inoltre è necessario prestare attenzione alle predisposizioni che ogni giovane dimostra e definire un percorso formativo che consente loro di riconoscere la coerenza tra le proprie attitudini e capacità e un ruolo imprenditoriale. La famiglia imprenditoriale deve infine facilitare una presa di contatto con l'azienda familiare attraverso stage o brevi periodi di lavoro in modo che i giovani possano cominciare a valutare l'interesse per l'azienda stessa. Per quanto riguarda la formazione oltre che lo sviluppo di competenze tecniche e manageriali è importante formare il carattere dei giovani. Questi devono maturare un certo senso di responsabilità e di fiducia in se stessi (senza cadere nel narcisismo) dai quali dipende la capacità di assumersi dei rischi; un certo spirito di sacrificio necessario per svolgere un attività imprenditoriale caratterizzata spesso da rinunce dovute al molto tempo e impegno che tale attività richiede. Devono essere capaci di adattarsi ai cambiamenti, che sempre più rapidamente modificano lo scenario competitivo all'interno del quale le aziende operano. Devono adottare un atteggiamento di umiltà ma allo stesso tempo sviluppare una forte tenacia. Devono sviluppare un atteggiamento di ascolto, che faciliti lo scambio di esperienze con altri imprenditori, consulenti e professionisti Per svolgere con successo l'attività imprenditoriale inoltre è fondamentale che sviluppino un atteggiamento di ricerca del positivo di ogni situazione, che induca a non perdere mai la fiducia di trovare una soluzione valida ai problemi e ai conflitti (non esistono problemi

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irrisolvibili ma soluzioni non efficaci).Infine è opinione abbastanza diffusa tra gli studiosi del fenomeno successorio che i giovani debbano fare un' esperienza di lavoro in altre aziende. Questo aiuta loro a formarsi umanamente e professionalmente (magari in realtà aziendali più grandi o meglio gestite della propria azienda familiare), accresce la loro autostima, sviluppa realistiche valutazioni circa il proprio potenziale e consente di dimostrare le proprie abilità.

- ingresso in azienda dei successori (e progressiva assunzione di responsabilità); ci si riferisce qui a un ingresso a tempo pieno (e non a collaborazioni temporanee o magari estive) e quindi a un impegno forte al'interno dell'azienda familiare. Nei primi anni di esperienza i figli non devono necessariamente ripercorrere le stesse esperienze dei padri. Questi in molti casi hanno passato lunghi periodi impegnati in produzione e nei magazzini. Questo può essere utile anche per le generazioni entranti ma questa esperienza non può protrarsi a lungo come succedeva una volta, in quanto oggi i giovani devono imparare molte più cose e il processo di apprendimento deve essere accelerato. Il loro percorso all'interno dell'azienda deve essere organizzato tenendo conto delle esigenze dell'azienda e delle caratteristiche dei ragazzi. Nei processi di ricambio generazionale si rende necessario un orientamento rivolto al futuro. E' opinione diffusa che i giovani, dopo aver svolto per un certo periodo di tempo mansioni più operative, inizino a ad assumersi da subito limitate responsabilità dirette, magari alle dipendenze di un manager non familiare: nei gruppi di imprese familiari l'esperienza può essere svolta in imprese minori del gruppo. Sono da evitare le prolungate esperienze in posizioni di staff senza responsabilità dirette. Inoltre è bene che il giovane partecipi da subito, magari senza diritto di parola, almeno ad alcune riunioni e incontri tra genitore e collaboratori, fornitori, clienti o altri interlocutori aziendali. Dall'osservare i comportamenti e gli atteggiamenti dell'imprenditore i giovani possono imparare delle

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conoscenze spesso essenziali per il successo aziendale che in altri modi non riuscirebbero a carpire.

- assunzione della leadership; questa è determinata dall'entrata a pieno titolo nell'organo decisionale dell'azienda. L'individuazione dei leader è il momento più delicato dell'intero processo, a causa dell'alto rischio di insoddisfazione tra gli esclusi da un ruolo a cui si sentivano destinati in virtù dell'appartenenza alla famiglia proprietaria. - uscita della vecchia generazione; questa fase rappresenta il passaggio del testimone, il

passaggio finale della carriera di un giovane che abbia dimostrato di possedere le capacità adatte per subentrare al genitore nel ruolo di capoazienda.

I giovani devono sentirsi liberi di cambiare la formula imprenditoriale e considerando la rapidità con cui cambia lo scenario competitivo per le aziende è auspicabile che questo accada.

Sono moltissime infatti, le aziende familiari che negli anni hanno cambiato radicalmente il loro core business.

Ne è un esempio chiaro la storia dell'azienda Falck, nata come azienda operante nel settore siderurgico, in particolare impegnata nella produzione dell'acciaio, riconvertita dopo molti anni alla produzione di energia elettrica, sia da fonti rinnovabili, sia da impianti di cogenerazione.

1.7 I conflitti nella successione e la pianificazione come fattore critico di successo

Ogni organizzazione, dalla più grande alla più piccola, è caratterizzata dalla presenza di conflitti tra le persone che vi lavorano.

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Rispetto alle aziende non familiari, nelle family business la manifestazione dei conflitti appare più rilevante. In questo tipo di realtà i soggetti che vi lavorano non sono solamente legati da vincoli proprietari ma anche da vincoli familiari.

Autori come Levinson (1971), Ward (1987), Ward e Arnoff (1994) hanno messo in evidenza come nelle aziende familiari i conflitti tra family member siano comunemente frequenti e per certi versi ineliminabili.

Per Lee e Rogoff (1996) l'inevitabile intrecciarsi di legami aziendali e parentali determina un potenziale di conflitto maggiore nelle aziende familiari rispetto alle altre categorie aziendali, dove invece i legami di parentela rimangono esclusi dalle dinamiche aziendali.

Anche secondo Tomaselli (2017) la sovrapposizione di due sistemi diversi, la famiglia e l'impresa, può accrescere la frequenza e l'intensità dei conflitti aziendali interni, compromettendo l'efficacia e la qualità dei processi decisionali.

Nell'ambito delle family business sono state analizzate diverse "aree di conflitto" (Danes et al, 2000). Secondo gli autori ne esisterebbero 5:

- conflitti di giustizia; questi possono sorgere da disparità di trattamento , differenze remunerative o di allocazione delle risorse (Bork, 1986; McClendon e Kadis, 1991; Kets de Vries, 1993, 1996).

- conflitti di ruolo; possono derivare dalla confusione e disorientamento dei ruoli assunti dai family member all'interno dell'azienda, oppure da rapporti tra familiari e non familiari (Rosenblatt et al..,1995; Freudenberg et al, 1989; McClendon e Kadis, 1991; Wicker e Burley,1991; Kets de Vries, 1993).

- conflitti lavoro/famiglia; queste hanno origine dall'intersezione del sistema famiglia e il sistema impresa.

- conflitti di identità; si verificano quando il family member mette in risalto la propria individualità determinando conflitti familiari, spinto dal desiderio di emanciparsi dalle

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aspettative della famiglia (Rosenblatt et al., 1985; Bork,1986; Dyer, 1986; Ward, 1987; Freudenberger et al., 1989; Kaye, 1991).

- conflitti di successione; questi riguardano il passaggio della proprietà tra più generazioni di family member (Dyer, 1986; Ward, 1987; Rosenblatt e Albert, 1990; Wortman, 1994; Tagiuri e Davis, 1996).

Fig.6 - Aree di conflitto nelle aziende familiari (Fonte: rielaborazione da Danes et al. (2000).

Visti i molti rischi insiti nel processo di successione intergenerazionale è necessario capire come agire per limitarne la frequenza e l'impatto.

Secondo Lattanzi (2017) la pianificazione della successione intergenerazionale rappresenta un "presupposto imprescindibile per il buon esito del processo di transizione al vertice". Tuttavia non sempre nelle aziende familiari c'è una predisposizione per il passaggio generazionale.

Neubauer e Lank (1998) individuano diverse cause, tra queste la riluttanza psicologica da parte della generazione al comando di accettare la fuoriuscita dall'azienda, l'incapacità del family member di affrontare e gestire gli attributi che potrebbero derivare dal processo di ricambio generazionale , la difficoltà nell'individuazione di un

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successore adeguato in termini di professionalità e capacità e una possibile riluttanza da parte dei family member di accettare l'uscita di scena di un fondatore carismatico. Gli stessi autori individuano alcuni fattori di successo nella successione intergenerazionale, che consentono di limitare i conflitti e consentono di aumentare le probabilità di successo nel passaggio generazionale:

- pianificare la successione al vertice con adeguato anticipo (l'individuazione del successore può richiedere tempi non brevi);

- programmare un periodo di formazione e sviluppo delle professionalità del successore designato (prevedere anche un eventuale periodo di affiancamento con il leader in carica);

- accettazione da parte degli altri family member del successore designato;

- coinvolgimento e consapevolezza degli altri family member. L'intera organizzazione deve partecipare al processo di successione intergenerazionale.

La dottrina è conforme sull'idea che sia necessaria una adeguata pianificazione e programmazione della transizione al vertice per favorire un maggior successo del processo successorio.

Nicolò ( 2000) a tal proposito ha proposto un modello di programmazione articolato nelle seguenti fasi:

1. acquisizione della consapevolezza dei vantaggi derivanti dalla programmazione della successione al vertice;

2. scelta fra successione familiare e successione non familiare;

3. avvio del processo di sviluppo aziendale e di evoluzione del modello di governo; 4. formazione e selezione del successore di estrazione familiare;

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Per Lattanzi da questo processo possono innescarsi crisi legate ad una discontinuità imprenditoriale o all'inadeguata competenza del successore rispetto al ruolo che deve assumere.

Nel primo caso, in seguito al ritiro o alla morte inaspettata del leader, la famiglia si trova impreparata nell'individuazione tempestiva di un valido successore.

Nel secondo caso il successore designato non si dimostra all'altezza del ruolo che si ritrova ad assumere.

Nicolò (2000) sostiene che per una maggiore probabilità di successo del ricambio generazionale è necessario realizzare una transizione al vertice ad uno stadio di sviluppo aziendale successivo rispetto al precedente.

E' importante quindi pianificare ex ante una transizione familiare verso uno stadio di sviluppo ulteriore che rappresenterà il contesto aziendale in cui opererà il nuovo leader dopo la successione in azienda. In questo modo si può procedere verso un' istituzionalizzazione del ruolo del nuovo leader senza che si verifichi una sovrapposizione con il ruolo del leader precedente, attenuando i potenziali conflitti tra

family member che ne possono derivare.

Rimanere nel medesimo stadio di sviluppo vorrebbe dire che il family member per avere successo dovrebbe mostrare le stesse competenze e capacità del predecessore e questo potrebbe aumentare il rischio di conflitti interni dovuti ad una sovrapposizione tra ruoli istituzionali simili del predecessore e del successore.

1.8 Il ruolo del "Family member competente" nella successione aziendale

La formazione dei family member, nel contesto delle aziende familiari, assume particolare rilevanza dal momento che lo sviluppo delle competenze è fondamentale

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non soltanto per preservare i caratteri dell'aziendalità e rafforzare gli equilibri economici ma anche perché si lega strettamente alla successione intergenerazionale e al permanere dei caratteri di familiarità.

Secondo Barbera et al (2015) il potenziamento continuo, la ridefinizione e l'adattamento delle risorse incorporate negli individui alle esigenze organizzative e al contesto in cui opera l'azienda di famiglia si concretizza in una concezione di strategia formativa più o meno consapevole, che si traduce in una maggiore probabilità di preservazione della continuità dell'azienda familiare nel tempo.

La formazione finalizzata all'ingresso dei family member in azienda è diversa da quella rivolta a persone che non sono legate da vincoli di parentela con il fondatore o con i suoi successori.

Gli interventi formativi per i manager esterni saranno strutturati in maniera tale da far acquisire loro consapevolezza e cognizione di come il sistema "famiglia" impatta sul sistema "azienda" nello specifico contesto organizzativo in cui si troverà ad operare, e delle conseguenti implicazioni in termini di rapporto con i mercati di approvvigionamento e di sbocco, con i finanziatori, del clima organizzativo e dei principali aspetti che caratterizzano la gestione (Zarone, Valenza e Caputo, 2017).

Diversi studi sulle aziende familiari longeve (Bonti e Cori, 2011, 2012; Rossato, 2013; Giarretta, 2014) hanno evidenziato l'importanza dell'integrazione tra competenze tradizionali e innovative in corrispondenza di ogni passaggio generazionale, a garanzia della continuità aziendale. Queste consentono di mantenere quel patrimonio di conoscenze che hanno consentito di ottenere un vantaggio competitivo negli anni, senza sottovalutare però l'importanza di crearne di nuove per consolidare le fonti della competitività aziendale.

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E' interessante l'osservazione secondo la quale il concetto di family member competente deve essere collegato ad una triplice prospettiva di sviluppo delle competenze (Zarone, Valenza e Caputo 2017):

- le caratteristiche degli individui;

- le mutevoli esigenze dell'organizzazione;

- le caratteristiche di fondo del sistema aziendale;

Fig.7 - Il familiare competente, all'intersezione di tre domini fondamentali: caratteristiche individuali, contesto aziendale, azione formativa (Fonte: Zarone, Valenza e Caputo ne "Il fronteggiamento del rischio di conflittualità familiare" in "Le aziende familiari, generazione società di mercato, a cura di Lattanzi, 2017)

Il family member competente viene collocato idealmente nello spazio originato dall'intersezione di questi tre domini, in una posizione di equilibrio rispetto alle tre prospettive oggetto di discussione.

"Il familiare competente" è in grado di rappresentare un punto di forza per l'impresa, a differenza del "familiare incapace" che, secondo Drucker (1995), deve essere allontanato dalla gestione aziendale.

In questa prospettiva nella strategie formativa è necessario considerare una serie di elementi che caratterizzano l'individuo (attitudinali, emozionali), il contesto aziendale

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(situazioni contingenti che caratterizzano il quadro familiare e aziendale) e l'azione formativa (formazione manageriale e trasmissione dei valori). Questi "contribuiscono in modi differenti alla strutturazione dell'algoritmo d'azione in base al quale il family

member, nella vita d'azienda, interpreterà informazioni, fatti e fenomeni dando evidenza

del proprio livello di competenza" (Zarone, 2017).

E' necessario dunque adottare un approccio multidimensionale per fare in modo che l'azione formativa sia un valido strumento di prevenzione e mitigazione dei conflitti nel passaggio generazionale.

Il termine "formazione" tuttavia è inteso nella sua accezione più ampia e può assumere diverse caratterizzazioni:

- general management training; volta allo sviluppo di abilità manageriali, trasversali all'organizzazione che può essere appresa attraverso percorsi di studi (università, studi specialistici) e/o esperienze dirette (learning by doing, anche in contesti operativi differenti);

- formazione di funzione e/o di settore, più specialistica rispetto alla precedente e facenti riferimento all'apprendimento prevalentemente sul campo, per operare con successo in settori competitivi o funzioni operative specifiche;

- "formazione per la successione"; per il trasferimento dei valori e delle conoscenze aziendali nella prospettiva di sviluppo e continuità dell'impresa familiare.

Le scelte sull'istruzione delle nuove generazioni sono uno degli ambiti più spesso oggetto di conflitto nel passaggio generazionale (Caputo e Zarone, 2017).

Spesso c'è l'erronea convinzione che la minore o maggiore capacità di succedere in azienda delle generazioni successive sia determinata dai percorsi formativi seguiti nelle tappe più rilevanti (università e post universitaria ne sono un esempio).

Ma nella realtà tra competenza e qualificazione esiste un divario consistente (Ellstrom, 1997): percorsi formativi formalizzati non sono sufficienti per lo sviluppo di competenze

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che consentano di svolgere con efficacia certi tipi di ruoli e funzioni ed è necessario considerare conoscenze e abilità che derivano da attitudini personali e ambiti esperienziali diversi.

Il family member competente perciò deve "attingere da fonti di conoscenza differenziate (..) e percorrere molteplici sentieri di apprendimento, crescita e qualificazione" (Zarone, 2017).

Aspettative altrui, pressioni familiari, motivazioni personali ed altri fattori di ostacolo o di stimolo rendono tale percorso particolarmente tortuoso.

Quanto appena descritto è fondamentale per consentire al familiare entrante un'efficacie gestione dell'azienda e per conferire la capacità di preservare gli equilibri aziendali, rafforzare le posizioni di vantaggio competitivo, favorire lo sviluppo, e tutto questo in coerenza con i valori della dimensione familiare, senza che questa impatti negativamente sull'azienda.

1.9 Valutare e preparare gli eredi alla successione in azienda

Il contesto odierno, nel quale le aziende si trovano a competere è caratterizzato da cambiamenti sempre maggiori, radicali e irreversibili.

Questo ha imposto con urgenza una revisione delle politiche gestionali e la necessità di assicurare maggiore enfasi alla valorizzazione dell'apporto umano nel sistema imprenditoriale, così da sviluppare una consapevole partecipazione del manager al successo aziendale.

In qualsiasi azienda è fondamentale saper individuare le persone giuste per le varie posizioni lavorative da ricoprire ed è necessario conoscere e valutare a fondo le loro doti e caratteristiche. Questo a maggior ragione se i collaboratori da prendere in

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considerazione sono legati con vincoli di parentela con coloro che sono alla guida dell'azienda. In questi casi le difficoltà d'analisi e selezione si accentuano, in quanto, intervengono ostacoli di natura affettiva che possono incidere negativamente sulle decisioni finali e sulla loro obiettività.

Si necessita quindi di un metodo che consenta di valutare oggettivamente le caratteristiche degli eredi sotto i molteplici aspetti quantitativi e qualitativi e che aiuti ad indirizzare la formazione laddove si sono evidenziate le lacune maggiori.

Per la valutazione si rende utile il contributo di Gambel10, secondo il quale per l'azienda

è necessario fare due tipologie di analisi distinte, quella statica e quella dinamica.

Con questo metodo si vuole non soltanto dare risalto alle grandi aziende italiane o di matrice statunitense, ma individuare un metodo "generalizzato" e che possa quindi essere applicato anche alle aziende di medio piccole dimensioni, caratterizzate spesso dal fatto di essere anche familiari.

L'analisi statica prende forma dal metodo chiamato Gambel profile, e serve per valutare se tra fondatore ed erede esistono similitudini, indifferenze o contrasti, così da poterli studiare ed eventualmente superare. L'analisi dinamica invece suggerisce i tempi dell'investimento e prende naturalmente valore dai risultati dell'analisi precedente. Quest'ultima basandosi su esperienze di gestione aziendale, consente di raggiungere senza traumi e nella migliore armonia possibile, il ricambio generazionale.

Il gamble profile è un semplice ed agile strumento che consente di ottenere, attraverso lo scoring, e quindi l'attribuzione di un punteggio, risultati numerici di valutazioni qualitative.

Questo opera su 7 argomenti (capitoli) che illustrano la personalità umana nei suoi molteplici aspetti con il mondo esterno e l'impresa e propria personalità.

10 Edoardo L. Gambel; Il ricambio generazionale nell'impresa familiare italiana: un metodo per

valutare e preparare gli eredi alla successione aziendale.

E' docente universitario e consulente di alta direzione per le strategie d'impresa e il miglioramento aziendale.

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37 Tra i capitoli oggetto di valutazione troviamo: - studi e specializzazioni

- professionalità ed esperienze - sfera del carattere

- sfera professionale - sfera sociale

- presenza ed aspetto esteriore - attività extra aziendali

Questi sette argomenti a loro volta si suddividono in una serie di 100 domande.

Ad esempio nel capitolo relativo alla sfera del carattere possiamo trovare le seguenti: maturità, sicurezza caratteriale, senso pratico, entusiasmo, sensibilità, ecc..

Ad ognuna di queste 100 domande viene attribuito un punteggio da parte della proprietà o di un professionista esterno. Ci sono casi anche in cui tale modello può essere considerato di autovalutazione. In tal caso sarà il candidato stesso ad esprimere un giudizio attraverso l'attribuzione di un punteggio alle 100 domande riguardanti la propria persona, le proprie conoscenze, competenze, sfera del carattere e così via.

Il punteggio deve rientrare in una scala di valore che varia da -3 +3, presentando tutti i valori intermedi.

Questo modello è caratterizzato da un meccanismo matematico-statistico di estrema semplicità di calcolo e di facilità di registrazione. Inoltre consente una quantificazione dei risultati in numeri elementari che permette ponderate scelte aziendali.

Ad ogni domanda viene quindi attribuito un giudizio che formerà il profilo manageriale. Questo verrà poi confrontato con un profilo standard desiderato,oppure con le performance di un' altra persona, mettendo in risalto i punti di forza e di debolezza della personalità.

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I dati vengono poi visti in maniera sintetica trasformandoli in dati percentuali attraverso una proporzione che trasforma il campo da -3 e +3 a -100 e +100 e inserendo un peso che differenzia l'importanza dei 7 argomenti.

In questa analisi non è tanto importante mettere in risalto gli scostamenti positivi o negativi (punti di forza o di debolezza), quanto valutare le cause di queste differenze percentuali. A volte le loro eventuali divergenze rispetto alle generazioni precedenti emerse dall'applicazione di questa analisi possono costituire un fattore di rafforzamento, sopperendo a precedenti mancanze.

Tale metodo può essere applicato non solo per valutare le capacità e le qualità di eventuali eredi da inserire in azienda ma anche per la scelta di un candidato in altri ambiti aziendali.

L'analisi dinamica invece affronta le difficoltà legate ai tempi e ai modi di attuazione dell'inserimento.

Dopo aver provveduto alla valutazione dei candidati si affronta l'aspetto dinamico del problema.

L'attività aziendale ricorda Gambel, è riconducibile a tre fasi fondamentali: la pianificazione, l'esecuzione e il controllo.

Con pianificazione si fa riferimento all'identificazione degli obiettivi e la ricerca delle migliori alternative strategiche. Con il termine esecuzione si intende l'utilizzo di risorse umane, tecniche e finanziarie. Per controllo l'analisi dei risultati, così da impostare con attenzione il prossimo ciclo di programmazione.

L'imprenditore che intende preparare la successione nel modo più razionale e meno traumatico dovrà procedere per fasi, individuando i momenti in cui cedere le responsabilità gestionali.

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Fig. 8 Processo di logica aziendale (Gambel pag. 62)

All'inizio della successione, in quella che viene chiamata fase 1, l'imprenditore continuerà ad occuparsi di tutte e tre le fasi gestionali: pianificazione, esecuzione e controllo.

Nella fase 2 ai successori verrà passata la maggior parte degli incarichi esecutivi e l'imprenditore continuerà a svolgere l'attività di pianificazione e controllo.

L'esecuzione, se la pianificazione è ben strutturata, rappresenta secondo Gambel, la fase meno critica e, attraverso il controllo successivo, si sarà comunque in grado di eliminare eventuali errori o imprecisioni.

Nella fase 3 gli eredi interverranno anche nella pianificazione e programmazione delle attività. L'imprenditore continuerà comunque a svolgere il controllo sulla gestione.

Durante la fase 4 infine anche il controllo sarà lasciato ai nuovi esponenti della famiglia, completando così il ciclo della successione.

Lo stesso autore sostiene che questa successione di fasi non è lasciata al caso ma segue una logica ben determinata. Dopo la prima fase che vede l'imprenditore gestire l'impresa nelle sue dinamiche, saranno lasciate all'erede le attività che si reputano di minore importanza, sino alla cessione finale della gestione in tutta la sua complessità.

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Durante questi passaggi di responsabilità si ricorrerà se necessario all'appoggio dei manager o di professionisti che interverranno con la rispettiva esperienza per formare i nuovi inseriti e colmare eventuali lacune.

L'imprenditore dovrà seguire queste fasi critiche facendo da maestro sui temi più propriamente strategici, soprattutto con l'esempio e mediante periodi di affiancamento più o meno prolungati.

A volte occorrerà procedere più velocemente, pur rispettando le fasi appena descritte mentre in altre situazioni si potrà procedere con più calma, ma sarà comunque fondamentale supportare tutto il processo con interventi di formazione manageriale, appositamente programmati.

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41 Capitolo 2

Il caso Park Hotel Marinetta: il passaggio generazionale in un'impresa

familiare turistica

2.1 Introduzione al caso: la storia di un'azienda

Il caso oggetto di studio è Il Park Hotel Marinetta, un Hotel 4 stelle che opera sul territorio di Marina di Bibbona, una località in provincia di Livorno.

Tale azienda presenta i tratti caratteristici delle realtà aziendali esaminate nel capitolo precedente.

La struttura è infatti di proprietà della famiglia Ficcanterri dal 1989, anno in cui Carisio Ficcanterri , noto imprenditore locale, decide di rilevare l'Hotel Marinetta (divenuto negli anni Park Hotel Marinetta) insieme ai fratelli Claudio e Fabrizio e ad altri due soci, esterni alla famiglia.

Questo fino al 1992, quando l'intero capitale viene rilevato dalla famiglia Ficcanterri, con l'ingresso nella compagine sociale della sorella e dei figli.

Ciò segna l'ingresso della famiglia in un settore nuovo, quello del turismo, in quanto fino ad allora erano altri i settori in cui la famiglia aveva intrapreso l'attività imprenditoriale. Agli inizi degli anni '60 infatti la famiglia, in particolare Carisio insieme ai due fratelli, si occupava di autotrasporto, per poi passare all'edilizia, la principale attività della famiglia. Negli anni '70 viene realizzato un laboratorio artigianale di ricami fiorentini venduti all'estero, soprattutto in Francia. Negli anni '80 viene invece costituita un'azienda agricola, che oltre all'allevamento di vacche e vitelli, diventa uno spaccio aziendale di vendita della carne a kilometro zero, e che a partire dagli anni '90 inizia ad allevare anche cavalli purosangue inglesi.

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Infine negli anni '90 Carisio realizza un'azienda di costruzione di arredi e di produzione di legname, simultaneamente alla realizzazione di un altra struttura alberghiera.

Carisio di fatto ha sempre dimostrato un grande fiuto per gli affari ed una minore propensione però all'effettiva gestione e al controllo, attività quest'ultima seguita principalmente dal fratello Claudio.

Questo probabilmente a causa anche della scarsa formazione ricevuta, avendo solamente un titolo di scuola elementare ottenuto frequentando le scuole serali della Parrocchia del paese.

Aveva però una forte iniziativa ed era spinto da una grande curiosità per le nuove imprese.

Tra i fratelli Carisio è tuttavia l'unico che si occupa della gestione dell'albergo. L'organizzazione dell'Hotel Marinetta è dunque quella tipica dell'impresa padronale, in cui la gestione e il potere decisorio sono accentrati in un unica figura, molto carismatica e autoritaria.

Gli inizi però non sono per niente facili. L'operazione è stata finanziata per quasi la totalità dell'investimento con indebitamento bancario e una consistente rata del mutuo grava sul conto economico e sulle finanze dell'azienda, portando a delle crisi di liquidità. L'Hotel riesce comunque a superare i primi anni di difficoltà grazie all'importante flusso di turisti provenienti da Paesi esteri, primi fra tutti la Germania e la Svizzera11.

Per affrontare la gestione di un azienda in un settore a lui poco conosciuto e per superare il momento di difficoltà, decide di affidarsi ad un direttore romagnolo, esperto del business con una lunga carriera alle spalle, Mario Colombari, che collaborerà con la famiglia Ficcanterri per oltre 20 anni.

11Quegli anni erano caratterizzati da tassi di interesse molto elevati e da importanti svalutazioni della lira

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