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Il Trust come strumento di tutela del patrimonio familiare

Strumenti e strategie per favorire la continuità dell'impresa familiare e il processo successorio

3.3 Il Trust come strumento di tutela del patrimonio familiare

Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone che ha come finalità quella di separare dal patrimonio di un soggetto, alcuni beni per il perseguimento di specifici interessi a favore di determinati beneficiari o per il raggiungimento di uno scopo determinato, attraverso il loro affidamento e la loro gestione a una persona (“trustee”) o ad una società professionale ( “trust company”). L’istituto e lo strumento del “trust” pur non essendo disciplinato in modo specifico da alcuna norma di diritto interno è considerato come “legittimo” in virtù della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione dell'Aja del 1 luglio 1985, entrata in vigore il 1 gennaio 1992.

Si tratta quindi di un istituto riconosciuto in Italia ma non regolamentato dalla legge italiana. La legge applicabile andrà quindi scelta volontariamente dal disponente nell’ambito delle giurisdizioni che ammettano e disciplinano in modo specifico il trust (esempio l’Inghilterra, il Jersey, ecc).

Con la ratifica della Convenzione, riguardante, in particolare, “la determinazione della legge e il riconoscimento del trust negli stati contraenti” (art. 1), l’Italia non si è obbligata

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al riconoscimento di qualsiasi tipologia di trust, ma, esclusivamente, di quelli “istituiti volontariamente e provati per iscritto” (art. 3) e regolati dalla legge (art. 6) scelta dal soggetto istituente ovvero da quella avente il collegamento più stretto con il trust (art. 7)”.

La peculiarità dell’istituto risiede nello sdoppiamento del concetto di proprietà, tipico dei Paesi di common law: la proprietà legale del trust, attribuita al trustee, ne rende quest’ultimo unico titolare dei relativi diritti (seppure nell’interesse dei beneficiari o per il perseguimento dello scopo definito), nonostante i beni restino segregati nel patrimonio del trust e diventino estranei, quindi, al patrimonio sia del disponente che a quello personale del trustee.

Nel trust viene spesso prevista la figura del cosiddetto guardiano o protector al quale, possono essere attribuite quattro funzioni: i) l’esercizio di poteri dispositivi o gestionali (comunemente la revoca e nomina trustee); ii) esprimere il proprio placet sulle determinate decisioni assunte dal trustee; iii) Impartire direttive o istruzioni al trustee per compimento specifici atti iv) funzione di controllo sull’operato del trustee. Il disponente (o settlor) è colui che decide di istituire il trust, conferendo determinati suoi beni (mobili immobili, materiali o immateriali) in Trust. Con l’istituzione del trust il disponente ottiene la separazione dalla parte di patrimonio che conferisce in trust da quella che resta nella sua sfera patrimoniale (effetto segregativo). Effettivo proprietario dei beni stessi diventa il Trustee, che li amministra, gestisce e ne dispone per tutto il tempo previsto nell’atto istitutivo e secondo le istruzioni ricevute, per il raggiungimento dello scopo. Il Trust è un istituto diverso dal rapporto fiduciario, dove la Società fiduciaria è semplice intestataria, in forma anonima, dei beni interessati, che restano però di proprietà del cliente. Viceversa, nel Trust i beni costituiscono una massa patrimoniale separata e distinta da quella del Disponente e del Trustee. Per questa

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fondamentale differenza, il Trust è più idoneo a proteggere un patrimonio e a realizzare la destinazione secondo gli obiettivi fissati dal disponente.

Al momento dell’istituzione il disponente, sottoscrive un atto istitutivo di Trust ed un atto di conferimento di beni o dei diritti (il conferimento può anche essere effettuato in un momento successivo). E’ ammissibile disporre un Trust nel proprio testamento. A differenza di un fiduciario, un Trustee diventa effettivo proprietario dei beni a lui affidati di cui ha il potere di amministrare, gestire e disporre, con la diligenza del buon padre di famiglia, secondo le istruzioni che gli ha dato il Disponente e secondo la legge che regola il Trust; ha inoltre l’obbligo di render conto al Disponente, al beneficiario e/o al “Guardiano” (Protector o Enforcer), laddove previsto, del suo operato.

I beni intestati al Trustee non entrano a far parte del suo patrimonio personale e sono insensibili alle vicende personali, familiari, successorie e fiscali sia del Disponente che del Trustee.

Usualmente il trust viene istituito a protezione di beni immobili; si realizza così una vera e propria “protezione” patrimoniale in quanto i beni diventano impignorabili. Proprio per tali motivi il trust viene spesso impiegato per separare e proteggere il patrimonio personale da quello aziendale o per tutelare tutti quei soggetti il cui patrimonio può essere compromesso da attività professionali rischiose (medici, avvocati, funzionari, ecc.) o, semplicemente, da comportamenti personali avventati (gioco d'azzardo, uso di droghe e alcool, ecc.).

Tra le motivazioni che possono indurre un soggetto a ricorrere al trust vi è la tutela del patrimonio per finalità successorie: di frequente un trust viene costituito allo scopo di tutelare un patrimonio nel passaggio generazionale o dallo sperpero ad opera di soggetti incapaci di amministrarlo, dediti al gioco o affetti da eccessiva prodigalità. Tradizionalmente sia i beni istituiti in trust che il disponente trasferisce al Trustee (costituenti il patrimonio), sia le utilità che ne scaturiscono (cioè il reddito), sono di

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spettanza di uno o più beneficiari indicati nell’atto istitutivo; tuttavia, il verificarsi di tale coincidenza è soltanto eventuale. Il trust, in quanto strumento duttile in grado di adattarsi facilmente al perseguimento degli interessi e degli obiettivi specifici dei soggetti che ad esso ricorrono, potrebbe talora caratterizzarsi per una separata destinazione del fondo dai flussi che nel tempo sono stati generati. In tale circostanza, in sede di redazione dell’atto istitutivo, si renderà necessaria l’identificazione, nell’ambito dei beneficiari del trust, di coloro ai quali il disponente abbia riservato esclusivamente il godimento dei frutti.

Le ragioni che sottendono una tale scelta possono essere molteplici; nelle imprese familiari, ad esempio, il ricorso a tale pratica agevola la trasmissione dell’attività d’impresa alle generazioni successive garantendo al tempo stesso ad alcuni membri della famiglia il godimento e la disposizione dei flussi reddituali prodotti mediante la costituzione di vere e proprie rendite.

Oltre alla misura e alla modalità di assegnazione delle consistenze patrimoniali e reddituali, il disponente può prevedere la delega del proprio potere di nomina dei beneficiari. L’individuazione di tale categoria di soggetti, fonte di rilevante criticità per il disponente e per tale motivo spesso soggetta al verificarsi di particolari condizioni sospensive o risolutive, può essere attribuita, attraverso un’apposita previsione nell’atto istitutivo, al Trustee ovvero a soggetti terzi.

In conclusione, la flessibilità nell’attribuire e nel revocare determinati poteri, nel tutelare alcuni interessi piuttosto che altri, nel redigere le clausole più opportune al perseguimento di particolari finalità, nel gestire efficacemente il fattore temporale, giustifica e rende opportuno il ricorso da parte del disponente imprenditore al Trust quale strumento efficiente nella pianificazione e gestione della successione nelle imprese familiari. Quest’ultimo rappresenta, invero, il caso maggiormente frequente di utilizzo del trust, il quale non ha perso la propria appetibilità neppure in seguito

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all’introduzione, con la Legge 14 febbraio 2006 n. 55, della disciplina sui patti di famiglia di cui, peraltro, si tratterà in seguito.

Il trust, dunque, conserva una propria area di interessante utilizzabilità nell’ambito della successione imprenditoriale, superando i limiti e le problematiche inerenti la trasmissione ereditaria dei patrimoni aziendali che altri strumenti, alternativi allo stesso, presentano.

3.4 Acquisto di azioni proprie: una tecnica per assicurare la continuità