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Studio della propagazione delle onde lower hybrid nei gas ionizzati tramite la teoria Hamiltoniana

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(1)

Universit`

a degli Studi di Pisa

FACOLT `A DI DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Magistrale in Scienze Fisiche

Tesi di Laurea Magistrale

Studio della propagazione delle onde lower hybrid nei gas

ionizzati tramite la teoria hamiltoniana

Candidato:

Andrea Casolari

Relatori:

Ch.mo Prof. Francesco Pegoraro Dott. Alessandro Cardinali

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Contents

Abstract 5

Introduzione 7

1 Fisica del plasma 13

1.1 Parametri fondamentali del plasma . . . 13

1.2 Plasmi magnetizzati . . . 15

1.3 Descrizione microscopica . . . 16

1.4 Descrizione macroscopica . . . 17

2 Fusione nucleare a confinamento magnetico 19 2.1 Fusione termonucleare . . . 19

2.2 Dispositivi a confinamento magnetico . . . 20

2.3 Criterio di Lawson . . . 22

2.4 Riscaldamento e current drive . . . 23

2.5 Caratteristiche ed evoluzione del tokamak . . . 24

3 Onde nei plasmi magnetizzati 27 3.1 Smorzamento non collisionale di Landau . . . 27

3.2 Tensore dielettrico di un plasma magnetizzato . . . 30

3.3 Teoria delle onde lower hybrid . . . 31

3.4 Assorbimento delle lower hybrid . . . 32

4 Relazione di dispersione come Hamiltoniana 35 4.1 Approssimazione WKB . . . 35

4.2 Metodo delle caratteristiche . . . 37

4.3 Teoria di Hamilton-Jacobi . . . 38

4.4 Significato delle variabili angolo e azione . . . 39

4.5 Sistemi quasi-integrabili . . . 41

4.6 Teoria KAM . . . 43

5 Hamiltoniana delle lower hybrid in geometria slab 45 5.1 Relazione di dispersione 1D . . . 45

5.2 Variabili angolo e azione . . . 46

5.3 Relazione di dispersione 2D . . . 48

5.4 Pendolo estensibile . . . 50 3

(4)

4 CONTENTS

5.5 Variabili angolo e azione . . . 51

5.6 Teoria delle perturbazioni . . . 52

6 Hamiltoniana delle lower hybrid in coordinate curvilinee 55 6.1 Geometria cilindrica . . . 55

6.2 Relazione di dispersione 1D . . . 56

6.3 Variabili angolo e azione . . . 59

6.4 Geometria toroidale . . . 60

6.5 Teoria delle perturbazioni . . . 61

6.6 Effetto del campo poloidale . . . 62

7 Relazione di dispersione elettromagnetica 65 7.1 Geometria cilindrica . . . 66

7.2 Geometria toroidale . . . 67

7.3 Propagazione e mode conversion . . . 69

8 Risultati numerici 71 8.1 Equazioni Hamiltoniane . . . 71

8.2 Valore medio di nk . . . 72

8.3 Assorbimento nei diversi layers . . . 73

9 Conclusioni e prospettive 77 9.1 Risultati generali . . . 77

9.2 Conclusioni della teoria delle perturbazioni . . . 78

9.3 Ulteriori sviluppi . . . 79

A Variabili angolo e azione 81 B Algoritmo simplettico 85 B.1 Esempio: oscillatore 1D . . . 86

B.2 Eulero simplettico . . . 87

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Abstract

Nella ricerca di metodi per innescare la fusione nei plasmi confinati magneticamente, le onde elettromagnetiche nel regime lower hybrid giocano un ruolo importante, soprattutto per quanto riguarda la generazione di una corrente toroidale non induttiva, nel regime di funzionamento detto lower hybrid current drive (LHCD). La propagazione delle onde lower hybrid e la loro interazione con il plasma di fusione ´e stata studiata a lungo sia teorica-mente sia sperimentalteorica-mente. I modelli pi´u realistici fanno uso del sistema di equazioni di Vlasov-Maxwell: sebbene questo approccio sia pi´u completo, non fornisce una comprensione intuitiva del comportamento del sistema che stiamo studiando. Al contrario, i modelli sem-plificati basati sulle equazioni fluide e l’approssimazione WKB, sebbene siano meno affidabili di quelli cinetici, danno una comprensione intuitiva del sistema fisico.

L’uso della approssimazione WKB permette di trasformare il sistema di equazioni integro-differenziali di Vlasov-Maxwell in una equazione differenziale non-lineare alle derivate parziali per la superficie di fase S(x). Questa a sua volta diventa una equazione algebrica, ovvero la relazione di dispersione, una volta che si identifichi il gradiente di S(x) con il vettore d’onda ~k. Dal momento che questa equazione ha carattere Hamiltoniano, l’evoluzione delle traiet-torie della posizione e del vettore d’onda puo’ essere studiata come un flusso Hamiltoniano. Questo metodo, detto del ray tracing, permette di ricostruire le superfici di fase risolvendo le equazioni di Hamilton per la posizione e il vettore d’onda, che rappresentano le variabili coniugate del sistema.

La soluzione di queste equazioni descrive l’evoluzione del vettore d’onda parallelo al campo magnetico all’interno del plasma, a partire dalla posizione dell’antenna emittente: infatti il vettore d’onda parallelo ´e responsabile dell’assorbimento dell’onda per mezzo di Landau damping sugli elettroni, pertanto siamo interessati alla ricostruzione della sua evoluzione temporale per determinare in che modo avviene l’assorbimento.

Per affrontare il problema di descrivere l’evoluzione delle variabili coniugate del sistema, ovvero posizione e vettore d’onda, abbiamo considerato dapprima la relazione di dispersione elettrostatica 1D in geometria slab: questo significa che si utilizzano coordinate Cartesiane anzich´e curvilinee. Questa approssimazione ´e valida localmente oppure quando la curvatura del tokamak ´e molto piccola. In questo caso abbiamo osservato che, assumendo un profilo di densit´a parabolico, la relazione di dispersione assume la forma dell’Hamiltoniana di un oscil-latore armonico unidimensionale. Abbiamo quindi ricavato la trasformazione che permette di riscrivere il sistema nelle variabili angolo e azione, che ´e indispensabile per applicare la teoria perturbativa. Nel caso Cartesiano, la perturbazione del sistema integrabile ´e costituita dalla dipendenza del campo magnetico dalla coordinata y, corrispondente all’angolo poloidale θ in geometria cilindrica, che entra in gioco attraverso le componenti del tensore dielettrico.

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6 CONTENTS In seguito invece abbiamo studiato il sistema in geometria cilindrica e toroidale, dove entrano in gioco importanti effetti dovuti ai coefficienti della metrica. In particolare, la relazione di dispersione in coordinate cilindriche ´e identica alla Hamiltoniana di un oscillatore 3D isotropo, per cui ancora una volta siamo riusciti a trovare un analogo meccanico, e di nuovo abbiamo ricavato la trasformazione dalle variabili originarie alle variabili canoniche. Questa volta per´o il principale contributo alla perturbazione del sistema integrabile deriva dal co-efficiente della metrica dovuto alla geometria toroidale, che gioca un ruolo pi´u importante rispetto a quello delle componenti del tensore dielettrico.

Infine abbiamo compiuto delle integrazioni numeriche delle equazioni Hamiltoniane nei vari casi considerati, sia con un integratore Runge-Kutta sia con un algoritmo simplettico, che conserva l’energia del sistema e il volume nello spazio delle fasi. L’uso di un algoritmo simplettico ´e utile ogni qual volta dobbiamo effettuare un’integrazione su tempi lunghi di un flusso Hamiltoniano, poich´e la non-conservazione dell’energia da parte degli algoritmi derivati dal metodo di Eulero puo’ provocare un significativo accumulo di errore numerico che puo’ compromettere l’attendibilit´a del calcolo.

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Introduzione

Il presente lavoro di tesi ´e dedicato allo studio della propagazione delle onde elettromag-netiche nel dominio di frequenza detto lower hybrid nei plasmi all’interno dei dispositivi per la fusione nucleare a confinamento magnetico di tipo tokamak. L’impiego delle onde EM nel dominio delle radio frequenze svolge un ruolo molto importante per il riscaldamento dei plasmi di fusione e per la generazione di una corrente non induttiva, ovvero non derivante dall’azione di un trasformatore esterno, che permetta il funzionamento del dispositivo in modalit´a stazionaria. Come verr´a spiegato nei capitoli successivi infatti, nei tokamak ´e pre-sente un solenoide centrale che ha lo scopo di indurre una corrente nel plasma. Poich´e per´o questo comporta delle serie di scariche, questo funzionamento ´e di tipo impulsato, mentre l’obiettivo consiste nel generare una corrente continua.

Come verr´a spiegato in seguito, ci sono principlamente tre tipi di onde che vengono utilizzate nei plasmi di fusione: le onde risonanti con la frequenza di ciclotrone degli elettroni (EC), quelle risonanti con la frequenza di ciclotrone degli ioni (IC), e infine quelle che possiedono una frequenza intermedia tra le due, la cosiddetta risonanza ”ibrida inferiore” o lower hybrid (LH). Le prime due sono efficaci soprattutto per il riscaldamento dei plasmi, mentre la terza ´e la pi´u efficiente nel generare la sopra citata corrente non induttiva. Il meccanismo tramite il quale le onde EM cedono energia al plasma ´e lo smorzamento non collisionale di Landau (Landau damping), che consiste in una cessione di energia da parte dell’onda alle particelle del plasma. Se l’onda viene immessa nel tokamak con una certa direzionalit´a, si instaura all’interno del plasma una corrente macroscopica che comincia a circolare. Per descrivere questa condizione si dice anche che lo spettro ´e asimmetrico, nel senso che lo spettro dell’onda ´e centrato intorno ad un valore del vettore d’onda k diverso da zero.

Ai nostri fini possiamo assumere che la radiazione sia monocromatica, dal momento che lo spettro della radiazione ´e abbastanza stretto. Se tenessimo conto della corretta forma dello spettro bisognerebbe fare un’analisi molto pi´u complicata, da cui emergerebbero altri fenomeni importanti (interferenza, diffrazione), che per´o noi non considereremo. Il mecca-nismo del Landau damping avviene quando ´e soddisfatta una condizione ben precisa che coinvolge la velocit´a termica delle particelle del plasma e la velocit´a di fase dell’onda: senza entrare nei dettagli matematici (che verranno spiegati in seguito), questo si traduce in una condizione sul vettore d’onda. Affinch´e il trasferimento di energia tra l’onda e le particelle sia efficace, il vettore d’onda deve essere maggiore di un determinato valore, che ´e funzione della temperatura del plasma.

Sperimentalmente si osserva che onde lower hybrid che vengono inviate nel plasma con un vet-tore d’onda abbastanza basso sono assorbite per Landau damping, contrariamente a quanto previsto dalla condizione sopra citata. La spiegazione pi´u semplice del fenomeno ´e che entri

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8 CONTENTS in gioco qualche meccanismo fisico che provochi un aumento del vettore d’onda fino ad un valore sufficiente perch´e l’onda sia assorbita. L’obiettivo di questo lavoro ´e indagare la pos-sibile causa di questo upshift del vettore d’onda (in particolare della componente parallela alla direzione del campo magnetico) tramite la teoria Hamiltoniana.

Lo studio della propagazione delle onde nei plasmi prevede solitamente l’uso del sistema di equazioni di Vlasov-Maxwell, costituito dall’equazione di Vlasov e dalle equazioni di Maxwell, che descrive l’evoluzione della funzione di distribuzione del plasma. Questo approc-cio, sebbene permetta di dedurre un gran numero di fenomeni legati alla natura microscopica del plasma, non consente di avere una comprensione intuitiva dei fenomeni che avvengono. Per avere una descrizione pi´u semplice, sebbene meno precisa, dei fenomeni coinvolti nella propagazione dell’onda, ci si puo’ rivolgere alla teoria fluida. La teoria fluida dei plasmi considera come variabili le quantit´a macroscopiche come la pressione, la densit´a o la velocit´a media, anzich´e la funzione di distribuzione, e quindi permette di comprendere meglio ci´o che avviene nel plasma. Un’altra semplificazione che viene spesso fatta per ricavare la re-lazione di dispersione delle onde ´e quella di usare la trasformata di Fourier sia nello spazio che nel tempo, in modo da trasformare l’equazione d’onda, che ´e un’equazione differenziale alle derivate parziali, in un’equazione algebrica per la frequenza e il vettore d’onda.

Sebbene l’uso della trasformata di Fourier nel tempo sia giustificato dal fatto di ricercare soluzioni a regime, una volta cio´e che i fenomeni transienti siano scomparsi, la trasformata nello spazio ´e valida rigorosamente solo quando il mezzo ´e omogeneo, il che avviene molto raramente. I plasmi infatti sono quasi sempre disomogenei, quindi se si vuole usare lo stesso approccio bisogna perlomeno assicurarsi che la lunghezza caratteristica delle disomogeneit´a, quella cio´e su cui variano le propriet´a ottiche del mezzo, sia grande rispetto alla lunghezza d’onda. In questo modo infatti il mezzo si puo’ considerare quasi omogeneo, e si recuperano i risultati che si otterrebbero usando la trasformata di Fourier. Questa ´e la approssimazione WKB, dai nomi di coloro che svilupparono tale teoria applicandola alla meccanica quantis-tica, ovvero Wentzel, Kramers e Brillouin. Questo metodo si basa sullo sviluppo della fase dell’onda, detta anche Iconale, in potenze di un parametro piccolo che consiste appunto nel rapporto tra la lunghezza d’onda e la lunghezza di scala delle disomogeneit´a. Nel caso della propagazione delle onde EM nei tokamak, la lunghezza caratteristica ´e il raggio minore del plasma, indicato con a, quindi il parametro di sviluppo ´e δ0 = c/(ωa) << 1.

Espandendo la fase al prim’ordine nel parametro δ0 si ottiene una equazione differenziale alle

derivate parziali per la funzione di fase. Si nota che tale equazione ´e analoga alla equazione di Hamilton-Jacobi della teoria Hamiltoniana, a patto di identificare la funzione di fase con la funzione generatrice della trasformazione canonica per le variabili angolo-azione (ci´o sar´a spiegato meglio nel capitolo 4). Questa considerazione permetterebbe di ricavare immedi-atamente l’Hamiltoniana del sistema identificando le derivate della funzione di fase rispetto alle coordinate con i corrispondenti momenti coniugati, procedendo quindi al contrario di come si farebbe di solito. Qualora per´o non fossimo convinti della natura Hamiltoniana dell’equazione, si puo’ cercare di risolvere l’equazione diffrenziale per la funzione di fase con il metodo delle caratteristiche. L’uso di questo metodo porta per´o ad un sistema di equazioni ordinarie che ha esattamente la struttura delle equazioni Hamiltoniane, per cui possiamo ri-cavare l’Hamiltoniana del sistema nella maniera descritta in precedenza.

Le equazioni di Hamilton per le variabili coniugate posizione e vettore d’onda permettono di ricostruire l’evoluzione dell’onda all’interno del plasma, una volta fissate le condizioni

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in-CONTENTS 9 iziali. Poich´e si puo’ ricostruire la traiettoria dell’onda nello spazio, essa viene identificata con un raggio, cio´e siamo nella approssimazione di ottica geometrica: questa tecnica viene anche detta ray tracing, ed ´e comunemente usata per studiare la propagazione delle onde EM nei plasmi. Calcolando di volta in volta il valore del vettore d’onda si puo’ studiare l’evoluzione della componente parallela al campo magnetico, che ´e quella che entra in gioco nell’assorbimento dell’onda per Landau damping. Come gia detto in precedenza infatti il vettore d’onda parallelo subisce un upshift, cio´e un incremento, la cui origine ´e ancora in parte ignota, e l’obiettivo di questo lavoro ´e proprio quello di investigare tale fenomeno. Per procedere allo studio analitico e numerico della propagazione delle onde lower hybrid nei tokamak abbiamo considerato dapprima una geometria semplificata, in cui le coordinate curvilinee della geometria toroidale sono sostituite da coordinate Cartesiane. Questa viene detta geometria slab ed ´e valida localmente, dove l’effetto di curvatura dovuto alla geome-tria curvilinea diventa trascurabile. Il fatto di rettificare la direzione toroidale equivale a considerare una geometria cilindrica, il che puo’ essere abbastanza giustificato a causa della piccolezza del rapporto d’aspetto  = a/R0, dove R0 ´e il raggio maggiore del tokamak.

Tut-tavia rettificare anche la direzione poloidale significa trascurare l’effetto di rotazione intorno all’asse magnetico, che comporta un termine centrifugo, e ci´o modifica profondamente la forma delle equazioni, come si vedr´a nei capitoli successivi. Il punto di partenza nello studio analitico di questo sistema consiste nel trascurare inizialmente gli effetti dovuti al grado di libert´a poloidale, che in geometria cartesiana entrerebbero in gioco attraverso le componenti del tensore dielettrico, a causa della dipendenza del campo magnetico dall’angolo poloidale. Questo fa s´ı che l’Hamiltoniana del sistema, in queste approssimazioni, ha un solo grado di libert´a e quindi ´e perfettamente integrabile. Inoltre tale Hamiltoniana ´e uguale a quella di un oscillatore armonico unidimensionale.

L’integrabilit´a del sistema permette di ricavare le variabili angolo e azione, in modo tale che l’Hamiltoniana puo’ essere scritta in funzione delle sole azioni. Una volta fatto ci´o, si puo’ inserire l’effetto dovuto alla dipendenza del campo magnetico dall’angolo poloidale, e studiarne gli effetti sulla Hamiltoniana originale. La dipendenza del campo magnetico dall’angolo poloidale, ovvero la direzione y nella geometria slab, deriva dal fatto che, in con-dizioni stazionarie, la corrente di plasma induce un campo magnetico poloidale che si somma a quello toroidale. L’introduzione del grado di libert´a poloidale fa s´ı che il sistema non sia pi´u integrabile, quindi non ´e pi´u possibile risolvere analiticamente le equazioni del moto. Tuttavia si puo’ studiare l’effetto del nuovo grado di libert´a come una piccola perturbazione che agisce sul sistema integrabile, grazie al fatto che la componente non integrabile risulta moltiplicata per il fattore  << 1.

Lo studio dell’effetto della perturbazione puo’ essere affrontato per mezzo della teoria delle perturbazioni canoniche. I dettagli di tale teoria verranno descritti nell’apposito capitolo. La conclusione qualitativa che se ne ricava ´e per´o che, in geometria cartesiana, la pertur-bazione ha un effetto trascurabile sul sistema originale, quindi la dinamica del sistema non viene modificata significativamente. Occorre quindi considerare la geometria curvilinea del tokamak per vedere effetti pi´u importanti.

Per affrontare il problema in geometria curvilinea si considera dapprima la geomeria cilin-drica, corrispondente al limite  = 0. In questo limite, e considerando solo il campo magnetico assiale, l’Hamiltoniana del sistema ´e ad un solo grado di libert´a ed ´e uguale a quella di un oscillatore 3D isotropo, ovvero il sistema costituito da una massa attaccata all’estremit´a

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10 CONTENTS di una molla, che ha l’altra estremit´a fissa in un determinato punto, libera di muoversi in tutte le direzioni. La differenza rispetto al caso slab deriva dalla presenza del coefficiente della metrica corrispondente alla direzione poloidale, che fa nascere un termine centrifugo. Il numero d’onda poloidale mθ assume il ruolo di un momento angolare e, poich´e il sistema

ha un solo grado di libert´a, il suo valore ´e costante.

Anche in questo caso ´e possibile ricavare le variabili angolo-azione del sistema e l’Hamiltoniana risulta esprimibile in funzione delle sole azioni. L’inclusione del campo magnetico poloidale non cambia la natura 1D del sistema, ma aggiunge alla Hamiltoniana originale un termine correttivo piccolo, che puo’ essere trascurato. Se invece si considera la geometria toroidale, entra in gioco il coefficiente della metrica associato alla direzione toroidale R = R0+ r cos θ,

dove R0 ´e il raggio minore del tokamak, che introduce un nuovo grado di libert´a. Anche in

questo caso si puo’ studiare l’effetto del nuovo grado di libert´a come una perturbazione al sistema integrabile originario, tuttavia stavolta l’entit´a del termine perturbativo ´e tale da modificare sensibilmente la dinamica del sistema. Studiando l’effetto di tale perturbazione sul sistema originario tramite la teoria delle perturbazioni si scopre che l’effetto, sebbene pre-sente, non ´e tale da trasformare la dinamica del sistema integrabile in una completamente caotica.

La principale conseguenza di ci´o ´e che il valore del vettore d’onda parallelo, pur subendo una variazione a causa della non integrabilit´a del sistema, rimane limitato a valori piccoli, e quindi non ´e tale da giustificare l’assorbimento dell’onda tramite Landau damping. Questo significa che l’effetto della geometria toroidale non ´e la causa principale dell’upshift del vet-tore d’onda parallelo, pertanto tale causa va ricercata in qualche altro fenomeno che ´e stato omesso nella presente trattazione.

Per confermare i risultati analitici sono state effettuate delle integrazioni numeriche del sis-tema di equazioni Hamiltoniane, sia nel caso Cartesiano sia nel caso curvilineo. L’integrazione delle equazioni di Hamilton permette di ricostruire le traiettorie dei raggi nello spazio delle fasi e di osservare l’effetto delle perturbazioni sulle traiettorie imperturbate. Come previsto dai calcoli analitici, l’effetto della perturbazione nel caso slab consiste in una lieve modifica delle traiettorie imperturbate, che non comporta un cambiamento qualitativo della dinamica del sistema. Invece in geometria curvilinea l’effetto della perturbazione ´e pi´u significativo e modifica qualitativamente la dinamica del sistema. Gli studi sulla variazione del vettore d’onda parallelo sono stati fatti solo nel caso della geometria toroidale, poich´e ´e quella che rappresenta meglio la realt´a del tokamak.

Si osserva che il numero d’onda parallelo (nk), cio´e il valore del vettore d’onda moltiplicato

per la lunghezza d’onda della radiazione, varia in seguito alla variazione del numero d’onda poloidale, a sua volta dovuto al fatto che il sistema non ´e integrabile. Ai fini dell’assorbimento tramite Landau damping ´e stato calcolato il valore mediato sul tempo di nk, e si ´e

osser-vato che esso cresce da un valore iniziale di 2, che ´e un valore tipico, fino a 2.4 circa, su di un tempo corrispondente ad alcune centinaia di riflessioni dell’onda nella direzione radiale. Incrementi simili sono stati osservati anche per valori diversi di nk iniziale.

L’integrazione ´e stata effettuata sia con un algoritmo di Runge-Kutta che con un algoritmo simplettico, in modo da ottenere una doppia conferma. L’uso dell’algoritmo simplettico risulta importante poich´e tale metodo di integrazione conserva il volume nello spazio delle fasi e l’energia del sistema, mentre il metodo di Runge-Kutta provoca un incremento dell’energia ad ogni step di integrazione. Il confronto tra i risultati ottenuti indipendentemente

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per-CONTENTS 11 mette quindi di verificare che l’incremento nel valore medio di nk ´e un fenomeno reale e

non ´e semplicemente il risultato dell’accumulo di errore numerico dovuto all’inadeguatezza dell’algoritmo.

Il lavoro di tesi si sviluppa come segue: nel primo capitolo viene introdotta la fisica del plasma, limitatamente a quanto ´e richiesto per comprendere la terminologia e i concetti che verranno usati nei capitoli successivi; nel secondo capitolo viene presentata la fusione nucleare a confinamento magnetico, che rappresenta il metodo tramite il quale i dispositivi sperimentali attualmente in progettazione dovrebbero produrre energia nel prossimo futuro; nel terzo capitolo ci si addentra pi´u nello specifico della propagazione delle onde EM nei plasmi magnetizzati, che ´e l’oggetto di studio della tesi; nel quarto capitolo vengono pre-sentati gli strumenti matematici che permettono di studiare la relazione di dispersione delle onde EM come una Hamiltoniana; nel quinto capitolo sono presentati i risultati ottenuti nel caso semplificato della geometria slab; nel sesto capitolo si affronta invece il caso pi´u real-istico della geometria curvilinea e si traggono le conclusioni derivanti dallo studio analitico; nel settimo capitolo si considera brevemente il caso elettromagnetico, che per´o presenta delle difficolt´a che ne rendono problematico lo studio analitico e infine nell’ottavo capitolo sono presentati i risultati numerici relativi al caso toroidale che confermano quanto previsto dalla teoria.

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Chapter 1

Fisica del plasma

La fisica del plasma ´e lo studio degli insiemi numerosi di particelle cariche in cui gli effetti collettivi dominano sulle interazioni binarie, in modo tale che possano avere luogo fenomeni che coinvolgono l’intero sistema. In generale la fisica del plasma ´e lo studio dei gas ionizzati rarefatti, quindi appartiene alla categoria della fisica dei sistemi a molti corpi, ma a causa del gran numero di particelle coinvolte, essa si avvale di metodi statistici e approssimazioni adatte a semplificare il problema.

Lo studio di questo stato della materia ´e stato iniziato intorno al 1880 da Crookes, il quale si riferiva ad esso come il ”quarto stato della materia”, mentre il termine ”plasma” fu coniato da Tonks e Langmuir nel 1929, e da allora sono stati compiuti numerosi progressi nella comprensione dei fenomeni che vi appartengono. Nel presente capitolo verranno introdotti i concetti fondamentali che riguardano lo studio di questa affascinante materia.

1.1

Parametri fondamentali del plasma

Un plasma ´e, come gia detto, un insieme di particelle cariche in cui i fenomeni collettivi dominano sulle interazioni binarie. Dal momento che le paricelle cariche di segno uguale tendono a respingersi, affinch´e il plasma nel complesso non esploda, il numero di particelle positive deve essere uguale a quello delle particelle negative e quindi il plasma ´e globalmente neutro. La neutralit´a del plasma si manifesta su distanze macroscopiche, mentre localmente ci sono delle deviazioni dalla neutralit´a. La distanza massima su cui possono verificarsi queste deviazioni dalla neutralit´a ´e la lunghezza di Debye.

Per definire la lunghezza di Debye bisogna considerare come si comportano i campi elettrici all’interno del plasma. Una carica nel vuoto genera un potenziale elettrostatico che ha la forma

φ(r) = q

r (1.1)

pertanto esso decresce come 1/r e non si annulla mai. In un plasma invece il potenziale assume la forma

φ(r) = q re

−r/λD (1.2)

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14 CHAPTER 1. FISICA DEL PLASMA dove λD ´e proprio la lunghezza di Debye, la cui espressione ´e

λD =

s T

8πnq2 (1.3)

Nella fisica del plasma solitamente si esprime la temperatura in unit´a di energia, quindi la costante k di Boltzman viene posta uguale a uno. Questa particolare dipendenza da r implica che il potenziale si riduce esponenzialmente su di una distanza dell’ordine di λD,

quindi i campi elettrici risultano schermati. La causa di questo schermaggio ´e il fatto che le particelle di carica positiva (gli ioni) tendono ad attrarre verso di s´e quelle di carica negativa (gli elettroni), in modo tale che il campo elettrico di uno ione risulta schermato da questa nuvola di cariche negative che lo circondano. La conseguenza ´e che, su distanze molto maggiori di λD, il plasma puo’ essere considerato neutro.

Un parametro molto importante legato alla lunghezza di Debye ´e il cosiddetto ”parametro di plasma”. Esso ´e definito come

g = 1/nλ3

D (1.4)

dove n ´e la densit´a numerica delle particelle del plasma. La quantit´a nλ3

D esprime il numero

di particelle contenute in media in un cubo di lato λD (o in una sfera di raggio λD), ed ´e

generalmente molto grande, di modo che g << 1. A tale parametro, o pi´u precisamente a potenze di esso, sono legati dei rapporti tra quantit´a fisiche riguardanti il plasma, come ad esempio quello tra l’energia potenziale elettrostatica e l’energia termica delle particelle. g ´e uno dei parametri pi´u importanti in un plasma ed ´e una misura dell’importanza dei fenomeni collettivi rispetto a quelli di singola particella: tanto pi´u g ´e piccolo, tanto pi´u il plasma ´e dominato dai fenomeni collettivi.

Tale parametro ´e anche una misura di quanto il comportamento del plasma differisce da quello di un gas ideale. Infatti, rispetto alle particelle di un gas ideale, gli elettroni e gli ioni del plasma interagiscono tramite la forza elettrostatica, quindi le particelle aventi carica dello stesso segno tendono a stare lontane l’una dall’altra mentre le particelle con cariche di segno opposto tendono ad avvicinarsi. Quando si calcola l’effetto di queste interazioni sull’equazione di stato, si trova che essa differisce da quella dei gas perfetti per una correzione di ordine g:

P = nT 1 − g 48π



(1.5) Ma il comportamento di un plasma differisce da quello di un gas ideale anche per altri fenomeni. Per esempio, se all’interno del plasma si verifica una separazione di carica, si innescano delle oscillazioni di alta frequenza a causa della forza di richiamo elettrostatica. La frequenza di queste oscillazioni si ricava semplicemente dalla legge del moto:

mex¨= −eE (1.6)

e dalla prima equazione di Maxwell, che in una dimensione diventa:

dE/dx= 4πne (1.7)

Combinando le due equazioni si trova che ¨ x= −4πne 2 me x= −ω2 pex (1.8)

(15)

1.2. PLASMI MAGNETIZZATI 15 che ´e l’equazione di un oscillatore armonico di frequenza ωpe. Questa viene detta frequenza di

plasma e le oscillazioni corrispondenti sono dette ”onde di plasma”, o ”onde di Langmuir”. Dalla definizione si vede facilmente che la lunghezza di Debye non ´e altro che la velocit´a termica delle particelle divisa per la frequenza di plasma.

Le onde di Langmuir sono un esempio dei fenomeni collettivi a cui si accennava. Infatti il plasma, essendo costituito da particelle cariche, reagisce alle forze elettromagnetiche esterne, rispondendo attivamente alla propagazione di onde EM e modificando la propria forma e i propri parametri fisici in base ai campi magnetici in cui ´e immerso. Questo fa s´ı che si possano modificare le caratteristiche del plasma agendo su di esso con campi magnetici esterni, il che risulta utilissimo al fine del confinamento all’interno dei dispositivi di fusione.

1.2

Plasmi magnetizzati

I plasmi schermano i campi elettrici su distanze dell’ordine della lunghezza di Debye, per´o i campi magnetici non sono schermati in alcun modo e possono quindi penetrare all’interno del plasma, impregnandolo. La variet´a di fenomeni che possono avvenire all’interno di un plasma in cui ´e presente un campo magnetico ´e molto maggiore rispetto a quella di un plasma privo di campi. Cio’ ´e dovuto al fatto che il campo magnetico influenza la forma, la densit´a e la pressione del plasma, comportandosi come se fosse un contenitore, a cui il plasma si adatta. Inoltre il plasma magnetizato puo’ ospitare numerosi fenomeni ondulatori, legati non solo alla frequenza di plasma, ma anche alle frequenze di ciclotrone delle specie che lo costituiscono.

La frequenza di ciclotrone di una particella carica in moto all’interno di un campo magnetico ´e data da

Ω = qB

mc (1.9)

Le particelle compiono moti circolari intorno alle linee di campo e si muovono di moto libero nella direzione parallela. Il raggio delle orbite circolari ´e il raggio di Larmor, ed ´e uguale al rapporto tra la velocit´a termica e la frequenza di ciclotrone. Se il campo magnetico ´e ab-basanza intenso, si possono identificare le traiettorie delle particelle con le linee di campo. Si dice quindi che le particelle del plasma sono costrette a seguire le linee di campo magnetico. La differenza di comportamento delle particelle nelle direzioni parallela e perpendicolare al campo magnetico fa s´ı che i plasmi magnetizzati siano anisotropi, quindi le propriet´a fisiche del mezzo dipendono dalla direzione che si sta considerando. In particolare si osservano differenze nella propagazione delle onde EM nelle due direzioni parallela e perpendicolare. Nel plasma solitamente si distinguono soprattutto le frequenze di ciclotrone elettronica (Ωe)

e ionica (Ωi). La risposta del plasma alle onde elettromagnetiche dipende da entrambe,

poich´e esse individuano dei range di frequenze in cui sono coinvolte l’una, l’altra o entrambe. Esistono infatti, oltre alle risonanze di ciclotrone, cio´e i casi in cui la frequenza dell’onda ´e uguale ad un multiplo intero di Ωe o Ωi, anche le risonanze ibride, che corrispondono a

particolari combinazioni di tutte le frequenze fondamentali del plasma. Tra queste vi ´e in particolare la frequenza delle onde lower hybrid, che ha grande importanza per i reattori di fusione.

(16)

16 CHAPTER 1. FISICA DEL PLASMA

1.3

Descrizione microscopica

Il plasma ´e un insieme di particelle interagenti, quindi per studiarne la dinamica occorre, in linea di principio, studiare il moto di tutte le particelle che lo costituiscono. Dal momento che il numero di costituenti ´e solitamente dell’ordine del numero di Avogadro, tale approccio ´e impossibile in pratica. Si puo’ per´o studiare il comportamento collettivo del sistema tramite la meccanica statistica, introducendo una funzione che descriva la distribuzione delle par-ticelle nello spazio fisico e nello spazio delle velocit´a. La funzione di distribuzione contiene tutta l’informazione sul plasma e le quantit´a macroscopiche, come la densit´a, la velocit´a media o la pressione, sono ricavabili da essa come dei momenti di vario ordine.

In condizioni di equilibrio termodinamico, la funzione di distribuzione ´e Maxwelliana nelle velocit´a: f(v) = n r m 2πTe −mv2 2T (1.10)

Come esempio di calcolo di una quantit´a fisica, si puo’ considerare la velocit´a quadratica media: < v2 >= r m 2πT Z ∞ −∞ v2e−mv22T dv = 2T m (1.11)

da cui si vede che la velocit´a media ´e la velocit´a termica. Allo stesso modo si vede che < v >= 0, ovvero il moto delle particelle ´e completamente casuale (ipotesi di caos moleco-lare). Tuttavia il plasma si trova all’equilibrio termodinamico solo quando termalizza in seguito ad un gran numero di collisioni. I fenomeni che avvengono nel plasma si svolgono spesso su scale temporali molto minori del tempo collisionale, quindi il plasma si trova il pi´u delle volte fuori equilibrio. Per studiare quindi l’evoluzione della funzione di distribuzione in seguito alle eventuali perturbazioni che avvengono nel plasma occorre risolvere l’equazione di Vlasov: ∂fα ∂t + ~v · ∇xfα+ qα mα " ~ E+~v ∧ ~B c # · ∇vfα = 0 (1.12)

dove l’indice α si riferisce alle specie di particelle. Questa equazione differisce da quella di Boltzmann per l’assenza del termine collisionale, che qui ´e trascurabile. Infatti l’equazione di Vlasov descrive il comportamento di sistemi di corpi che interagiscono prevalentemente a distanza (per questo si presta anche allo studio della dinamica delle stelle nelle galassie, ovviamente sostituendo la forza elettromagnetica con quella gravitazionale). E’ un’equazione differenziale autoconsistente, nel senso che i campi che compaiono in essa determinano f , e f a sua volta determina i campi attraverso le equazioni di Maxwell:

∇ · ~E = 4πX α qα Z fαdv ; ∇ ∧ ~B = 4π c X α qα Z vfαdv+ 1 c ∂ ~E ∂t (1.13)

Per questo motivo non ´e possibile risolverla in generale, ma solo in casi semplificati e facendo delle approssimazioni. Uno dei modi per risolvere l’equazione consiste nel linearizzarla, separando la f in una parte imperturbata f0 pi´u una piccola perturbazione f1, e risolvendo

solo per f1. Questo metodo risulta utile per lo studio della propagazione e dell’assorbimento

(17)

1.4. DESCRIZIONE MACROSCOPICA 17

1.4

Descrizione macroscopica

Dal momento che la teoria cinetica dei plasmi, quella basata cio´e sulla descrizione microscop-ica, ´e molto complicata e poco intuitiva, spesso si preferisce usare un approccio semplificato al problema ricorrendo alla cosiddetta ”teoria fluida”. Nella teoria fluida le variabili del sistema sono le quantit´a macroscopiche, come la densit´a, la velocit´a media o la pressione. Queste variabili si ricavano come momenti di vario ordine della funzione di distribuzione, e le equazioni fluide del plasma si ottengono calcolando i momenti dell’equazione di Vlasov. Prima di ricavare tali equazioni, occorre precisare una cosa: il plasma non si puo’ considerare esattamente come un fluido dal momento che, come ´e gia stato detto, esso ´e sostanzialmente non-collisionale (il tempo di collisione ´e molto maggiore dei tempi caratteristici dei fenomeni che avvengono in esso, per esempio le oscillazioni di Langmuir). I fluidi veri e propri invece sono caratterizzati da una collisionalit´a infinita, ovvero il tempo di collisione ´e brevissimo (molto pi´u breve di qualsiasi altro tempo scala dinamico). La collisionalit´a infinita dei fluidi ideali fa s´ı che essi siano sempre in equilibrio termodinamico, poich´e l’energia viene trasferita da una particella all’altra mediante le collisioni; un plasma invece non puo’ essere in equilib-rio, poich´e le collisioni sono pressoch´e assenti. Tuttavia questo ´e solo un limite dell’equazione di Vlasov: equazioni pi´u complesse, come quella di Fokker-Planck o di Balescu-Lenard, per-mettono di studiare il rilassamento del plasma verso una situazione di equilibrio termodi-namico. Detto questo, vediamo come si pu´o ricavare l’equazione di continuit´a come momento di ordine zero dell’equazione di Vlasov:

Z +∞ −∞ " ∂fα ∂t + ~v · ∇xfα+ qα mα ~ E+~v ∧ ~B c ! · ∇vfα # dv= 0 (1.14)

Il termine con la forza di Lorentz ´e nullo perch´e sia f (v) che vf (v) si annullano per v = ±∞. L’integrale di f (v) ´e la densit´a di particelle nα mentre l’integrale di vf (v) ´e la velocit´a media

uα. Fatte queste considerazioni, rimane:

∂nα

∂t + ∇ · (nαuα) = 0 (1.15)

L’equazione per la conservazione dell’impulso si ottiene calcolando il momento di ordine uno. Il risultato ´e: ∂uα ∂t + uα· ∇uα = qα mα ~ E+~v ∧ ~B c ! +∇P ρmα (1.16) dove ρmα ´e la densit´a di massa e P ´e la pressione, assunta scalare nell’ipotesi di plasma

omogeneo. I campi ~E e ~B sono consistenti con le equazioni di Maxwell: ∇ · ~E = 4πX α qαnα ; ∇ ∧ ~B = 4π c X α qαnαuα+ 1 c ∂ ~E ∂t (1.17)

Il sistema di equazioni fluide, insieme con le equazioni di Maxwell, permette di descrivere il comportamento del plasma in termini delle variabili macroscopiche, fornendo una compren-sione intuitiva dei fenomeni che in esso avvengono, a differenza dell’approccio cinetico che descrive l’evoluzione della funzione di distribuzione.

(18)

18 CHAPTER 1. FISICA DEL PLASMA L’uso della formulazione fluida ´e utile quando si voglia avere una visione semplificata del fenomeno che si sta studiando, in modo da comprendere meglio la fisica che ne sta alla base. Tuttavia la teoria fluida non permette di cogliere certi fenomeni, tra i quali il Landau damp-ing (di cui si parler´a in seguito), che coinvolgono direttamente la forma della funzione di distribuzione. La teoria cinetica entra in gioco soprattutto quando gli effetti termici hanno un ruolo importante oppure quando avvengono fenomeni di interazione onda-particella. Nel caso in cui si abbia a che fare con un plasma freddo, e in cui non c’´e significativo assorbi-mento di energia da parte del plasma, la teoria fluida fornisce una descrizione abbastanza adeguata del sistema.

(19)

Chapter 2

Fusione nucleare a confinamento

magnetico

A partire dagli anni ’50 del Novecento, lo studio della fisica del plasma ha ricevuto un notevole impulso sotto la speranza di ottenere in breve tempo la fusione nucleare controllata, proprio all’interno di un plasma opportunamente confinato. L’ottimismo iniziale si ´e dimostrato eccessivo dal momento che ancora oggi, a distanza di oltre 60 anni, tale risultato non ´e stato ottenuto. Tuttavia si ´e assistito nel corso degli anni alla nascita di numerosi progetti che miravano al raggiungimento di tale obiettivo, o che pi´u modestamente si proponevano di studiare un particolare problema legato alla fusione. Prima di descrivere i dispositivi di fusione nucleare, ´e opportuno spiegare in cosa consiste questo fenomeno.

2.1

Fusione termonucleare

La fusione nucleare rappresenta il meccanismo tramite il quale due nuclei leggeri si fondono insieme per formare un nucleo pi´u pesante. Dallo studio della fisica nucleare, si sa che l’energia di legame per nucleone cresce all’aumentare del numero di massa A, fino a rag-giungere un massimo per A ≈ 60: questo significa che due nuclei leggeri, fondendosi, danno origine ad un nucleo pi´u pesante che possiede una maggiore energia di legame. Dal momento che la massa del nucleo finale ´e minore della somma delle masse dei nuclei iniziali, nella reazione si verifica una perdita di massa che, per la famosa equazione di Einstein E = mc2,

si manifesta come energia cinetica dei prodotti della reazione. Nei nuclei pesanti, con A > 60, ´e invece favorita la reazione inversa, chiamata fissione, in cui un nucleo pesante si scinde in due nuclei pi´u leggeri. La fissione nucleare ´e un processo che avviene spontaneamente per el-ementi come l’uranio, il torio o il plutonio, e quindi ´e pi´u facile da sfruttare per la produzione di energia, mentre la fusione nucleare ´e ben pi´u difficile da innescare e da controllare. Innanzitutto, poich´e i nuclei sono carichi elettricamente, essi tendono ad allontanarsi l’uno dall’altro a causa della repulsione coulombiana. L’interazione nucleare ´e invece attrattiva, ma agisce soltanto su distanze molto piccole, dell’ordine del raggio nucleare (che misura circa 1-2 f m), pertanto ´e necessario portare i due nuclei molto vicini affinch´e possano fondersi insieme. Questo significa che le particelle incidenti devono possedere una energia cinetica sufficiente, il che si traduce nel fatto che la materia deve trovarsi ad una temperatura molto

(20)

20 CHAPTER 2. FUSIONE NUCLEARE A CONFINAMENTO MAGNETICO alta. Dal momento che, al di sopra di una certa temperatura, la materia si trova allo stato di plasma, la fisica della fusione nucleare ´e inevitabilmente legata alla fisica del plasma. Collegare l’energia dei nuclei incidenti alla temperatura del plasma significa supporre che la materia sia stata portata ad una alta temperatura, in modo tale i processi di fusione siano il risultato degli urti tra le particelle dovuti all’agitazione termica. Questa ´e effettivamente l’idea che sta alla base della fusione termonucleare, dove si cerca di creare un plasma ad alta temperatura con una distribuzione maxwelliana delle velocit´a in cui i nuclei pi´u veloci pos-sano fondersi scontrandosi. Questo permetterebbe anche l’autosostentamento della reazione grazie al riscaldamento del plasma ad opera dei prodotti di fusione.

Dal momento che sono possibili molte reazioni di fusione, bisogna individuare quella pi´u fa-vorevole. Poich´e la forza di repulsione coulombiana ´e proporzionale al prodotto delle cariche dei nuclei reagenti, mentre la forza nucleare cresce all’aumentare del numero di nucleoni, sono pi´u favorite le reazioni che coinvolgono gli isotopi pesanti dell’idrogeno, ovvero deuterio (D) e trizio (T ), che possiedono rispettivamente uno e due neutroni, oltre ad un protone. La reazione pi´u favorita dal punto di vista energetico ´e quella tra un nucleo di deuterio e uno di trizio, che produce come risultato un neutrone e un nucleo di elio 4 (4H

e), chiamato anche

particella α:

D+ T → 4He(3.5M eV ) + n(14.1M eV ) (2.1)

La sezione d’urto di reazione deuterio-trizio diventa apprezzabile per temperature intorno ai 10 KeV e raggiunge il suo massimo in prossimit´a di 120 KeV , un valore inferiore a quello corrispondente alle altre reazioni. Queste energie cinetiche sono piccole rispetto a quelle dei prodotti della fusione, tuttavia corrispondono a temperature del plasma piuttosto alte, dell’ordine dei milioni di gradi Kelvin. Al fine di portare un plasma di deuterio-trizio a queste temperature e mantenerlo confinato, sono state studiate nel corso degli anni delle tecnologie che sono alla base degli attuali reattori sperimentali.

Prima per´o vale la pena di osservare che le energie dei prodotti della reazione sono di alcuni M eV, ovvero sono dell’ordine delle energie di legame tipiche dei nucleoni. Per confronto, le energie di legame degli elettroni negli atomi sono di alcuni eV , cio´e un milione di volte inferiori: questo significa che il processo di fusione nucleare ´e circa un milione di volte pi´u energetico della ordinaria combustione, che si basa su processi chimici. Questo vale anche per la fissione nucleare, ma la fusione ´e ancora pi´u efficiente dal momento che produce una maggiore energia media per nucleone. Inoltre i due isotopi necessari per la reazione sono immediatamente disponibili, dal momento che il deuterio ´e presente nell’acqua, seppure in piccola percentuale, mentre il trizio, avendo una vita media di circa 12 anni, non ´e presente in natura ma pu´o essere prodotto a partire dal litio.

2.2

Dispositivi a confinamento magnetico

Esistono attualmente due proposte per la realizzazione della fusione nucleare: il confinamento inerziale e quello magnetico. Il primo consiste nel far implodere una capsula di combustibile solido sotto la pressione di radiazione di laser di enorme potenza, in modo tale che il bersaglio raggiunga valori di densit´a e temperatura tali da innescare le reazioni di fusione. Il secondo approccio invece consiste nella capacit´a dei campi magnetici di deflettere le particelle cariche, ed ´e quello di cui ci occuperemo da qui in avanti.

(21)

2.2. DISPOSITIVI A CONFINAMENTO MAGNETICO 21 Per innescare e mantenere le reazioni di fusione occorrono dei disposivi che permettano di contenere il plasma ad alta temperatura per un tempo sufficientemente lungo. Poich´e le par-ticelle del plasma sono molto energetiche, venendo a contatto con le pareti del dispositivo esse perderebbero energia, il plasma si raffredderebbe e il materiale delle pareti si riscalderebbe. Onde evitare che questo accada, le particelle devono essere tenute lontane dalla pareti, e questo ´e possibile grazie all’utilizzo di campi magnetici sufficientemente intensi. Per la forza di Lorentz, infatti, le particelle cariche seguono traiettorie elicoidali intorno alle linee di campo magnetico, e il loro raggio di rotazione ´e tanto minore quanto maggiore ´e il campo magnetico.

Per campi sufficientemente intensi, le traiettorie delle particelle si possono identificare con le linee di campo, pertanto con opportune configurazioni di campo magnetico ´e possibile man-tenere le particelle lontane delle pareti. Tali configurazioni sono quelle in cui le linee di campo seguono percorsi chiusi, perch´e altrimenti le particelle sfuggirebbero dalle estremit´a. Questa condizione sulle linee di campo implica che il contenitore del plasma debba avere forma toroidale. Una configurazione di questo tipo si chiama tokamak, acronimo che in russo sta per ”camera toroidale con bobine magnetiche”, ed ´e ritenuta attualmente la soluzione pi´u promettente, oltre ad aver fornito finora le migliori prestazioni.

Il tokamak ´e costituito da una camera toroidale in cui viene immessa la miscela di deuterio-trizio, e in cui viene precedentemente fatto il vuoto in modo da eliminare i gas residui. Al centro della camera ´e presente un solenoide che genera un campo magnetico poloidale, avente lo scopo di indurre una corrente nel plasma, agendo come un trasformatore. Intorno alla camera toroidale sono presenti delle bobine poloidali che hanno lo scopo di generare un campo magnetico toroidale, il pi´u possibile uniforme, che guidi le particelle in orbite circolari. Infine appena al di fuori delle pareti della camera ´e presente il mantello, ovvero una copertura costituita di un composto del litio dello spessore di circa un metro, che ha due principali funzioni: assorbire l’energia dei neutroni prodotti dalle reazioni di fusione e rifornire la miscela di trizio, che non ´e altrimenti disponibile in natura.

Gli avvolgimenti poloidali, come gia detto, generano un campo toroidale intenso che ha lo scopo di guidare le traiettorie delle particelle cariche, per´o la corrente di plasma che viene indotta dall’azione del trasformatore, o dalle onde elettromagnetiche (come verr´a spiegato in seguito), genera a sua volta un campo magnetico poloidale, che si somma a quello toroidale. La combinazione di questi due campi d´a origine ad un campo elicoidale, che si avvolge intorno al cosiddetto asse magnetico, che consiste nel cerchio che passa per il centro della camera toroidale. In figura 2.1 ´e mostrato lo schema di un dispositivo tokamak, in cui si vedono gli elementi appena descritti.

Come detto sopra, l’energia della fusione viene estratta essenzialmente dai neutroni, poich´e essi non sono confinati dai campi magnetici e quindi sfuggono verso le pareti. Per quanto riguarda le particelle α, la loro energia pu´o essere reinpiegata per riscaldare il plasma dal momento che, essendo elettricamente cariche, possono essere confinate magneticamente. Questa possibilit´a comporta che il plasma, in opportune condizioni, possa autosostenersi: l’energia ceduta dalle particelle α potrebbe cio´e compensare le perdite dovute ai neutroni ed agli altri meccanismi, come la radiazione di bremsstrahlung, e il reattore potrebbe funzionare senza che gli venga fornita energia dall’esterno. Questa condizione viene detta ignizione, e non ´e ancora stata raggiunta.

(22)

22 CHAPTER 2. FUSIONE NUCLEARE A CONFINAMENTO MAGNETICO

Figure 2.1: Schema di un tokamak

2.3

Criterio di Lawson

Tuttavia, anche senza raggiungere l’ignizione, ´e possibile sfruttare il dispositivo come reattore se la potenza prodotta dalle reazioni di fusione ´e maggiore di quella impiegata per riscaldare il plasma. A questo punto occorre introdurre il parametro Q, che consiste nel rapporto tra la potenza prodotta dal reattore e quella fornita per il riscaldamento. Se Q > 1 il reattore si comporta come un amplificatore, mentre la condizione di ignizione corrisponde a Q = ∞. La richiesta che sia Q = ∞ si traduce in una condizione sui parametri fisici che caratterizzano il plasma. Il problema di stimare questa condizione ´e stato affrontanto da Lawson, e la condizione trovata ´e stata chiamata ”criterio di Lawson”. Per ottenere tale criterio bisogna capire in che modo i meccanismi di produzione o di dissipazione di energia dipendono dai parametri del plasma.

Innanzitutto la potenza di fusione dovuta alle particelle α ´e espressa dalla formula Pα=

1 4n

2hσvi 

αV (2.2)

dove n ´e la densit´a numerica del plasma, assunta uguale sia per il deuterio che per il trizio, hσvi ´e il prodotto tra la sezione d’urto di reazione e la velocit´a relativa dei nuclei bersaglio mediato sulla funzione di distribuzione e α ´e l’energia cinetica delle particelle α. V ´e il

volume del plasma.

L’energia termica del plasma si ricava dal teorema di equipartizione dell’energia: ciascuna particella possiede una energia di 1/2 T per grado di libert´a. Dal momento che ci sono 3 gradi di libert´a, ogni particella possiede un’energia di 3/2 T . Siccome il plasma ´e globalmente neutro ci sono lo stesso numero di elettroni e ioni, quindi l’energia termica del plasma ´e W = 3nV T . Il reattore ´e caratterizzato da un tempo di confinamento dell’energia τE,

definito proprio come il rapporto tra l’energia termica del plasma e la potenza persa, per cui la potenza persa dal plasma ´e data dal rapporto tra l’energia termica e il tempo di

(23)

2.4. RISCALDAMENTO E CURRENT DRIVE 23 confinamento: PL = 3nV T τE (2.3) Se vogliamo che si raggiunga l’ignizione, deve essere Pα ≥ PL, che significa:

nτE ≥ 12 hσvi T α (2.4) Il membro di destra ´e una funzione della temperatura, che ha un minimo intorno a T = 30KeV . Calcolando il valore della funzione in corrispondenza del minimo, si ottiene la condizione nτE ≥ 1.5·1020s m−3. Questa disuguaglianza ´e stata ottenuta tenendo conto solo

della perdita di energia dovuta al trasporto, mentre in linea di principio bisogna includere nel bilancio energetico anche la potenza emessa per bremsstrahlung, che ´e proporzionale alla radice quadrata della temperatura. Si vede per´o che, applicando questa correzione, il risultato non cambia di molto.

Un altro modo per esprimere la disuguaglianza ´e quello di includere anche la temperatura tra le variabili, in modo da ottenere il cosiddetto ”prodotto triplo”: nelle stesse condizioni considerate prima, la disuaguaglianza diventa

nT τE ≥ 3 · 1021s KeV m−3 (2.5)

Entrambi i modi di scrivere la disuguaglianza mostrano che, per ottenere l’ignizione, si pu´o cercare di giocare sui parametri separatamente in modo tale che il loro prodotto sia maggiore di quel determinato valore. Nei tipici esperimenti di fusione termonucleare a confinamento magnetico le densit´a sono dell’ordine di 1020m−3, le temperature di circa 10 KeV e i tempi

di confinamento dell’ordine del secondo.

2.4

Riscaldamento e current drive

Come ´e gia stato detto, in condizioni di alto guadagno (Q >> 1), il riscaldamento del plasma ´e dovuto quasi esclusivamente all’energia delle particelle α, tuttavia ´e necessario prima portare il plasma alle temperature necessarie perch´e avvengano le reazioni di fusione. Il riscaldamento del plasma viene effettuato tramite diversi meccanismi: innanzitutto c’´e il riscaldamento ohmico dovuto alla corrente toroidale, generata dall’azione del trasformatore o dal meccanismo del current drive, che vedremo in seguito. Il riscaldamento ohmico non ´e per´o sufficiente poich´e la resistivit´a del plasma diminuisce all’aumentare della temperatura, η ∼ T−3/2, quindi la temperatura raggiungibile tramite questo processo non pu´o essere su-periore a 3-4 KeV . A queste temperature le perdite per bremsstrahlung dominano sulla produzione di energia per mezzo delle particelle α, per cui bisogna fare uso di metodi di riscaldamento ausiliari.

Un metodo che viene largamente utilizzato consiste nell’iniettare nel plasma dei fasci di atomi neutri molto energetici, che cedono energia alle particelle del plasma per mezzo delle collisioni. Con questo metodo ´e possibile riscaldare efficacemente il plasma a temperature superiori a 20 KeV , quindi si tratta di un metodo promettente. Gli svantaggi di questo sistema sono le difficolt´a tecnologiche e gli elevati costi di realizzazione dell’impianto.

(24)

24 CHAPTER 2. FUSIONE NUCLEARE A CONFINAMENTO MAGNETICO Un altro metodo consiste nel riscaldamento tramite onde elettromagnetiche, che vengono immesse nel plasma tramite antenne poste vicino al bordo del contenitore e che cedono ener-gia alle particelle tramite il meccanismo di Landau damping, che vedremo in seguito. Anche questo metodo ha dimostrato la sua validit´a in molte occasioni, e anch’esso presenta delle questioni, dovute stavolta alla difficolt´a di studiare la propagazione delle onde elettromag-netiche nei plasmi.

Le onde EM, nel dominio delle radiofrequenze (RF), vengono utilizzate anche per un al-tro scopo, quello di generare una corrente non induttiva nel plasma (current drive), che contribuisca al riscaldamento ohmico. Tale corrente viene generata anch’essa per mezzo del meccanismo di Landau damping e permette il funzionamento del dispositivo in modalit´a stazionaria (steady state), laddove l’azione del trasformatore permetterebbe soltanto un fun-zionamento impulsato (pulsed). Le onde che pi´u sono usate per il riscaldamento e il current drive sono quelle corrispondenti alle frequenze naturali del plasma, ovvero le frequenze di ciclotrone degli elettroni (EC) e degli ioni (IC) e la frequenza ibrida inferiore, o lower hy-brid (LH). Le risonanze di ciclotrone sono adatte per il riscaldamento del plasma mentre la lower hybrid risulta la pi´u efficiente per il meccanismo di current drive, pertanto ´e quella pi´u spesso usata. Lo studio della propagazione e dell’assorbimento delle onde lower hybrid ´e molto complicato a causa della grande variet´a di fenomeni che possono avere luogo nel plasma, pertanto sono stati fatti molti studi diversi nel corso degli anni per cercare di capire l’interazione di questo genere di onde EM con i plasmi di fusione per un loro imminente utilizzo in un reattore di tipo tokamak.

2.5

Caratteristiche ed evoluzione del tokamak

Come ´e gia stato detto, in questo elaborato ci occuperemo esclusivamente dei dispositivi a confinamento magnetico. Dal momento che le particelle del plasma sono vincolate a muoversi lungo le linee di campo magnetico, affinch´e esse non sfuggano dalle estremit´a le linee di campo devono chiudersi su s´e stesse, il che comporta che il dispositivo debba avere forma toroidale. Questo genere di dispositivi viene detto tokamak, ed ´e attualmente la configurazione pi´u promettente in termini di prestazioni.

Prima di parlare della evoluzione di questo genere di dispositivi dai primi prototipi fino alle macchine attuali, ´e opportuno introdurre alcuni concetti necessari per capire come sono fatti e come funzionano. Innanzitutto le dimensioni del tokamak sono costituite dalle due lunghezze caratteristiche principali, ovvero il raggio maggiore R0 e il raggio minore a. R0

corrisponde alla distanza tra il centro del dispositivo e l’asse magnetico, che ´e invece il centro del contenitore. a invece ´e il raggio del contenitore toroidale. Il rapporto a/R0, o talvolta il

suo inverso R0/a, viene chiamato rapporto d’aspetto ed ´e una misura di quanto la geometria

del tokamak differisce da quella cilindrica. Naturalmente questa considerazione ha senso solo per i tokamak che possiedono una sezione circolare, mentre quelli che hanno una sezione elongata perdono quasi completamente le simmetria cilindrica.

In secondo luogo il tokamak ´e caratterizzato dalle intensit´a dei campi magnetici toroidale e poloidale. Il campo toroidale Bφ ´e quello generato dagli avvolgimenti poloidali esterni, ed ´e

quindi il pi´u intenso. Il campo poloidale Bθinvece, in regime stazionario, viene generato dalla

(25)

2.5. CARATTERISTICHE ED EVOLUZIONE DEL TOKAMAK 25 ordine di R0/a. ´E stato quindi introdotto un altro parametro adimensionale, chiamato safety

factor, definito come:

q = rBφ RBθ

(2.6) dove r ´e la coordinata radiale misurata a partire dall’asse magnetico, mentre R ´e misurata a partire dal centro del dispositivo. Poich´e r ≈ a e R ≈ R0, q assume valori dell’ordine di

uno. In effetti q vale uno sull’asse magnetico e cresce fino a 4-5 sul bordo. Il fatto che le linee di campo magnetico siano elicoidali, anzich´e circolari, fa s´ı che le particelle rimangano confinate: infatti, in assenza del campo poloidale, le particelle subirebbero dei moti di deriva che le porterebbero in breve tempo a raggiungere le pareti del contenitore.

Figure 2.2: Spiegazione della deriva delle particelle

In figura 2.2 ´e illustrato il fatto sopra citato, ovvero la deriva delle particelle del plasma in presenza del solo campo toroidale. Infatti, dal momento che il campo non ´e uniforme, si instaura un moto di deriva che porta le particelle a raggiungere le pareti del contenitore. Aggiungendo un campo poloidale, le particelle compiono traiettorie a spirale intorno all’asse magnetico e i moti di deriva nelle direzioni opposte si compensano, annullandosi a vicenda. Detto questo, cerchiamo di riassumere i progressi compiuti nel corso dei decenni sul fronte dei tokamak. Il dispositivo tokamak fu inventato da Sacharov e Tamm nel 1951 e il primo dispositivo di questo tipo fu T-3, realizzato a Mosca e su cui furono compiuti numerosi studi negli anni ’60. Da allora ne furono sviluppati molti in diversi paesi del mondo, soprattutto in Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Italia. A questi paesi si sono ag-giunti pi´u di recente anche Cina, Corea del sud, India e Svizzera. Senza entrare nei dettagli dei singoli esperimenti, si pu´o dire che in generale la sperimentazione si ´e divisa su due fronti: le macchine grandi a bassi campi magnetici e quelle compatte, con alti campi magnetici. Come esempio di tokamak di grandi dimensioni si pu´o considerare JET (Joint European Torus), realizzato a Cullham, Inghilterra. JET ha un raggio maggiore di 2.96 m e dimensioni trasversali di 1.25 m x 2.10 m (il contenitore ha forma elongata). A causa delle dimensioni considerevoli, per non sollecitare eccessivamente la struttura il campo magnetico toroidale ´e di soli 3.45 T. Il fatto che i tokamak di grandi dimensioni abbiano un campo magnetico piuttosto debole ´e un grosso limite, che li rende meno favoriti nella corsa alla realizzazione di un reattore. Tuttavia oggi quella dei grossi tokamak sembra essere la via pi´u intrapresa, tanto che il pi´u grande progetto attualmente in via di realizzazione, ITER, consiste proprio

(26)

26 CHAPTER 2. FUSIONE NUCLEARE A CONFINAMENTO MAGNETICO in una macchina di questo tipo.

Sul fronte opposto, ovvero quello dei tokamak compatti, troviamo le macchine della serie Alcator, costruite al MIT a partire dal 1970. Ad allora infatti risale Alcator-A, progettato da Bruno Coppi e capostipite delle macchine compatte ad alto campo magnetico. L’ultimo ”discendente” di questa famiglia ´e Alcator-C Mod, la macchina che attualmente ha fornito le migliori prestazioni in quanto a intensit´a del campo magnetico e pressione del plasma. Sulla scia dei vari Alcator, furono costruiti nei laboratori dell’ENEA di Frascati i tokamak FT (Frascati Torus) e poi FTU (Frascati Torus Upgrade). FTU in particolare ´e la macchina attualmente in uso nei laboratori dell’ENEA e sui suoi parametri sono basate le consider-azioni del presente lavoro di tesi.

FTU ha un raggio maggiore di 93 cm e un raggio minore di soli 31 cm, il che lo rende par-ticolarmente compatto, mentre il campo magnetico toroidale raggiunge gli 8 T. Inoltre, a differenza di JET, FTU ha sezione circolare, quindi la deviazione dalla geometria cilindrica ´e costituita solo dal rapporto d’aspetto a/R0 ≈ 0.33. Quest’ultimo fatto risulter´a utile nei

capitoli successivi.

Per concludere questa sezione bisogna perlomeno accennare al progetto Ignitor. Tale pro-getto, ideato anch’esso da Coppi, avrebbe lo scopo di dimostrare la possibilit´a di raggiungere l’ignizione nei plasmi di fusione, e sarebbe basato sulla tecnologia dei tokamak compatti ad alto campo magnetico. Attualmente di Ignitor esiste un progetto, ne sono stati realizzati i componenti ed ´e stato individuato il sito in cui dovrebbe essere realizzato, ma non sono ancora stati avviati i lavori di costruzione.

(27)

Chapter 3

Onde nei plasmi magnetizzati

Come ´e gia stato accennato, il tokamak pu´o funzionare in due diversi regimi: esistono esper-imenti in cui la corrente toroidale di plasma viene indotta dall’azione di un trasformatore, per cui essa non ´e costante nel tempo ma ´e intermittente (pulsed regime); esistono altres´ı dispositivi in cui la corrente viene mantenuta costante grazie a meccanismi come il Lan-dau damping delle lower hybrid sugli elettroni (steady state regime). Proprio quest’ultimo meccanismo ´e di nostro particolare interesse per il problema, e il suo funzionamento verr´a spiegato di seguito.

3.1

Smorzamento non collisionale di Landau

La dinamica di un plasma ´e determinata dalla soluzione dell’equazione di Vlasov: ∂fα ∂t + ~v · ∇xfα+ qα mα " ~ E+~v ∧ ~B c # · ∇vf = 0 (3.1)

dove fα ´e la funzione di distribuzione di singola particella per la specie α. Insieme alle

equazioni di Maxwell ∇ · ~E = 4πρ ; ∇ ∧ ~E = −1 c ∂ ~B ∂t ∇ · ~B = 0 ; ∇ ∧ ~B = 4π c ~ J+1 c ∂ ~E ∂t (3.2)

e alle definizioni di densit´a di carica e corrente elettrica

ρ=X α qα Z d3vfα ; J~= X α qα Z d3v~vfα (3.3)

costituiscono un sistema di equazioni che in linea di principio permettono di ricostruire la dinamica del plasma, all’ordine zero nel parametro di sviluppo g = 1/nλ3

D, dove n ´e la

densit´a numerica di particelle e λD ´e la lunghezza di Debye.

I fenomeni ondulatori si studiano solitamente linearizzando l’equazione di Vlasov, ovvero 27

(28)

28 CHAPTER 3. ONDE NEI PLASMI MAGNETIZZATI scrivendo la funzione di distribuzione come una parte imperturbata, soluzione dell’equazione di Vlasov imperturbata, pi´u una piccola perturbazione:

fα = fα0+ fα1 (3.4)

A quel punto, nell’equazione di Vlasov, si pu´o separare la parte di ordine zero da quella di ordine uno e risolvere l’equazione per f1. In assenza di campi esterni (field free), l’equazione

diventa ∂tfα1+ ~v · ∇xfα1= − qα mα " ~ E1+ ~ v ∧ ~B1 c # · ∇vfα0 (3.5)

Applicando la trasformata di Fourier rispetto allo spazio e di Laplace rispetto al tempo, nel limite elettrostatico (corrispondente alla condizione ∇ ∧ ~E = 0), si ottiene

fα1(v, p, k) = 1 p+ ik · v  fα1(v, t = 0) + qα mα ik · ∇vfα0Φ˜  (3.6) Facendo uso anche dell’equazione di Poisson

k2Φ = 4π˜ X

α

nαqα

Z

d3vfα1 (3.7)

si ottiene la sequente espressione per il potenziale scalare: k2Φ =˜ 4π P αnαqα R fα1(t=0) p+ik·v d 3v 1 + 4π k2 P α nαqα2 mα R k·∇vfα0 ip−k·v d 3v (3.8)

Il denominatore di questa espressione ´e la funzione dielettrica del plasma in assenza di campi esterni, e la relazione di dispersione si ottiene ponendola uguale a zero:

D(p, k) = 1 + 4π k2 X α nαqα2 mα Z k · ∇vfα0 ip − k · vd 3v = 0 (3.9)

Facendo uso della frequenza di plasma ω2

pα e definendo ip = ω, la relazione di dispersione

diventa 1 +X α ω2 k2 Z k · ∇ vfα0 ω − k · vd 3v = 0 (3.10)

L’origine dello smorzamento di Landau sta nel fatto che l’integrale nella velocit´a si pu´o riscrivere facendo uso della formula di Plemelj:

lim →0 Z f(x) x − y − i = ℘ Z f(x) x − y + iπ Z f(x)δ(x − y) (3.11)

dove ℘ indica la parte principale dell’integrale. Pertanto la presenza di poli dell’integrando in corrispondenza di ω = k · v fa s´ı che le frequenze proprie del sistema possiedano una parte immaginaria, che pu´o dare origine a uno smorzamento o ad una instabilit´a (a seconda del segno). Intuitivamente questo fenomeno si spiega con il trasferimento di energia tra l’onda

(29)

3.1. SMORZAMENTO NON COLLISIONALE DI LANDAU 29 e le particelle del plasma che hanno velocit´a vicina alla velocit´a di fase dell’onda.

Se il plasma ´e immerso in un campo magnetico, l’equazione di Vlasov linearizzata diventa ∂tfα1+ ~v · ∇xfα1+ qα mα " ~ v ∧ ~B0 c # · ∇vfα1= − qα mα " ~ E1+ ~v ∧ ~B1 c # · ∇vfα0 (3.12)

Stavolta non si pu´o risolvere facendo uso delle trasformate integrali a causa della presenza della derivata rispetto alla velocit´a. Esiste per´o un metodo per risolverla che consiste nell’interpretare il membro sinistro dell’equazione come la derivata totale di fα1 rispetto al

tempo, per cui la soluzione sar´a data dall’integrale del membro di destra rispetto al tempo, lungo le traiettorie imperturbate delle particelle sotto l’azione del campo esterno ~B0:

fα1(x, v, t) = − qα mα Z t −∞ dt0 " ˜ E1+ ~v0∧ ˜B1 c # · ∇v0fα0ei(~k·~x 0−ωt0) (3.13) dove ho assunto che i campi ~E1 e ~B1 abbiano la forma di onde piane. Le traiettorie

carat-teristiche sono ~ x(t0) − ~x(t) = vk(t0 − t)ˆz+ v⊥ Ωα [sin(φ + Ωα(t0− t)) − sin φ]ˆx+ v⊥ Ωα [cos(φ + Ωα(t0− t)) − cos φ]ˆy ~v(t0) = vkzˆ+ v⊥cos(φ + Ωα(t0 − t))ˆx − v⊥sin(φ + Ωα(t0− t))ˆy (3.14) Per trovare fα1 occorre adesso sostituire ~x e ~v nell’integrando della 3.13 e integrare in dt0.

Questa operazione comporta il calcolo di integrali di esponenziali di seno e coseno, che si eseguono grazie allo sviluppo

eiz sin(Ωt)=

+∞

X

n=−∞

Jn(z)einΩt (3.15)

dove le Jn sono funzioni di Bessel. L’integrazione di tali funzioni porta alla comparsa delle

armoniche della frequenza di ciclotrone, per cui vediamo gia da questo che la risposta del plasma avr´a un comportamento singolare quando la frequenza dell’onda sar´a prossima alle armoniche di ciclotrone.

Esplicitamente, l’integrazione rispetto al tempo si riduce a Z +∞

0

dτ ei(ω−kkvk−nΩ)τ = 1

ω − kkvk− nΩ

(3.16) dove τ = t − t0 e ho imposto che l’esponenziale si annulli per τ → +∞, che equivale a dire

che la frequenza ω possiede una piccola parte immaginaria positiva.

Nei plasmi magnetizzati la funzione dielettrica ´e molto pi´u complicata che nei plasmi ”field free”, per cui essi possono ospitare un numero molto maggiore di fenomeni ondulatori, con frequenze che vanno da valori inferiori alla frequenza di ciclotrone degli ioni fino a valori maggiori della frequenza di plasma degli elettroni. Inoltre la presenza di una direzione privilegiata (la direzione del campo magnetico), fa s´ı che il plasma non sia isotropo, e quindi le caratteristiche delle onde dipendono fortemente dalla direzione in cui si propagano, ovvero dall’angolo che il vettore d’onda forma con la direzione del campo.

(30)

30 CHAPTER 3. ONDE NEI PLASMI MAGNETIZZATI

3.2

Tensore dielettrico di un plasma magnetizzato

Abbandoniamo per ora la trattazione cinetica in favore della teoria fluida, che pur essendo meno completa ´e senza dubbio pi´u facile e intuitiva, dal momento che permette di ricavare immediatamene la relazione di dispersione dei plasmi freddi magnetizzati.

La propagazione delle onde nei plasmi magnetizzati ´e descritta dall’equazione delle onde, che si ricava a partire dalle equazioni di Maxwell e dalla legge del moto per le specie di particelle del plasma ∇ ∧ ~E = −1 c ∂B ∂t ∇ ∧ ~B = 4π c ~ J +1 c ∂E ∂t d~vα dt = qα mα  ~ E +1 c~vα∧ ~B  (3.17)

insieme alla definizione della corrente ~J = P

αnαqα~vα. Prendendo il rotore della prima

equazione e usando la seconda, si trova la seguente equazione d’onda: ∇ ∧ ∇ ∧ ~E = −4π c2 ∂ ~J ∂t − 1 c2 ∂2E~ ∂t2 (3.18)

Assumendo che i campi ~E e ~B siano della forma ~E = ~E0(~x)e−iωt e ~B = ~B0(~x)e−iωt,

l’equazione assume la forma

∇ ∧ ∇ ∧ ~E = −4π c2 ∂ ~J ∂t + ω2 c2E~ = ω2 c2 ~E (3.19)

´e il tensore dielettrico del plasma magnetizzato che, assumendo ~B = B0z, assume la formaˆ

  1 i2 0 −i2 1 0 0 0 3   (3.20) 1 = 1 + X α ω2 pα Ω2 cα− ω2 ; 2 = X α Ωcα ω ω2 pα Ω2 cα− ω2 ; 3 = 1 − X α ω2 pα ω2 (3.21)

Il limite elettrostatico si ottiene prendendo la divergenza della 3.18, ovvero

∇ · (∇ ∧ ∇ ∧ ~E) = ∇ · ( ~E) = −∇ · (∇Φ) = 0 (3.22) dal momento che ~E = −∇Φ per un campo eletrostatico. Pertanto l’equazione per le onde elettrostatiche nei plasmi freddi magnetizzati ´e ∇ · (∇Φ) = 0.

(31)

3.3. TEORIA DELLE ONDE LOWER HYBRID 31

3.3

Teoria delle onde lower hybrid

Nella sezione precedente ´e stato ricavato il tensore dielettrico di un plasma freddo magne-tizzato ed ´e stata ottenuta l’equazione d’onda da cui si ricava la relazione di dispersione sia elettromagnetica sia elettrostatica. Adesso consideriamo il range di frequenza delle lower hy-brid, Ωi << ω << Ωe, e vediamo come si semplificano le componenti del tensore dielettrico:

1 ≈ 1 + ω2 pe Ω2 e − ω 2 pi ω2 ; 2 ≈ ω2 pe ωΩe ; 3 = 1 − ω2 pe ω2 − ω2 pi ω2 (3.23)

Quindi assumiamo che il campo elettrico sia della forma E = E0exp [i(~k · ~x − ωt)], in modo

tale che la relazione di dispersione diventi ~k ∧ ~k ∧ ~E+ ω 2 c2 · ~E = 0 (3.24) Introducendo il tensore D= (~k~k − k2)I + ω 2 c2 (3.25)

la relazione di dispersione diventa D · ~E = 0, che ha soluzioni non banali solo se det D = 0. Questa condizione di traduce nell’equazione:

P4n4⊥+ P2n2⊥+ P0 = 0 (3.26)

dove ho introdotto le quantit´a

P4 = 1 ; P2 = (1+ 3)(n2k− 1) + 22 ; P0 = 3[(n2k− 1)2− 22] (3.27) mentre nk = kk c ω ; n⊥ = k⊥ c ω ; ~ kk = (~k · ~B) ~B |B|2 ; k~⊥ = ~k − ~kk (3.28)

sono i numeri d’onda nelle direzioni parallela e perpendicolare al campo magnetico. Le soluzioni della 3.26 sono

n2 = 1 2P4 (−P2± √ ∆) ; ∆ = P2 2 − 4P0P4 (3.29)

Nel range di frequenze delle lower hybrid |3| >> 1, 2, per cui P0 > 0 e P2 < 0. Si

individuano in questo modo due branche, ovvero due modi di propagazione dell’onda, la slow wave branch corrispondente al segno positivo e la fast wave branch corrispondente al segno negativo. La slow wave ha una risonanza (n⊥ → ∞) per P4 = 1 = 0, ovvero

ω= ωLH = ωpi q 1 + ω2pe Ω2 e = v u u t |Ωe||Ωi| 1 + Ω2e ω2 pe (3.30)

Esiste un valore critico del numero d’onda parallelo nk = na per cui l’onda, lanciata con

Figura

Figure 2.1: Schema di un tokamak
Figure 2.2: Spiegazione della deriva delle particelle
Figure 5.1: Caso puramente 1D
Figure 5.2: Caso 2D
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