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"UTILITÀ DELL'ECOGRAFIA POLMONARE IN EMERGENZA NEL MONITORAGGIO DELLO SCOMPENSO CARDIACO ACUTO: ECO STRESS CON DIURETICO"

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

“UTILITÀ DELL’ECOGRAFIA POLMONARE IN

EMERGENZA NEL MONITORAGGIO DELLO SCOMPENSO

CARDIACO ACUTO: ECO STRESS CON DIURETICO”

RELATORE

Dott. Massimo Santini

CANDIDATO

CORRELATORE

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1. ABSTRACT

Background: le linee B sono definite dall’International Consensus Conference on Pleural and Lung Ultrasound come linee iperecogene verticali “laser like” che originano dalla linea pleurica e che si estendono fino alla base dello schermo senza sbiadirsi, muovendosi in maniera sincrona allo sliding polmonare. La somma delle linee B che osserviamo negli spazi intercostali analizzati correla strettamente con la quantità e l’estensione dell’acqua extravascolare polmonare. Rappresentano inoltre un segno ecografico che può aiutarci nella diagnosi differenziale tra dispnea cardiogena o non cardiogena.

Scopo: lo scopo principale di questo studio è descrivere e quantificare la presenza e i cambiamenti dinamici delle linee B nelle prime 4 ore successive alla somministrazione della terapia diuretica nello scompenso cardiaco acuto.

Materiali e metodi: per questo studio sono stati arruolati 22 pazienti (età media 80,6 ± 8,9 anni 13 maschi e 9 femmine) che hanno fatto accesso al Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana di Cisanello con la diagnosi di ammissione di “difficoltà respiratoria”. Dopo aver selezionato i pazienti che avrebbero effettuato terapia diuretica secondo la necessità clinica, sono state eseguite 4 valutazioni ecografiche di 10 scansioni ciascuna (5 per il polmone destro e 5 per il polmone sinistro) prima del trattamento medico (T0) e poi dopo 15-30 minuti (T1), 1-2 ore (T2) e 3-4 ore (T3) dalla terapia diuretica. Qualora il paziente avesse cominciato la terapia medica in ambulanza o qualora fosse trasferito precocemente in un altro reparto in cui non fosse possibile effettuare le scansioni ecografiche, il numero di valutazioni è stato inferiore. Le immagini ecografiche sono state successivamente analizzate da un medico ricercatore dell’Istituto di Fisiologia Clinica-CNR di Pisa esperto in ecografia polmonare, che ha quantificato le linee B in cieco, ovvero senza sapere di quale valutazione si trattasse e senza essere a conoscenza della clinica o del trattamento a cui era stato sottoposto il paziente. Lo zero è stato definito come totale assenza di linee B, quando invece erano numerose è stata considerata la percentuale di area sotto la pleura in cui erano presenti la maggior quantità di linee B e successivamente dividendo per 10 è stato ottenuto il numero di linee B presenti.

Lo score di linee B è stato calcolato dividendo la somma delle linee B totali per il numero di scansioni effettuate.

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Risultati: la media dello score di linee B è stato 5,36 ± 2,66 al T0 con una riduzione significativa al T2 (3,92 ± 2,21 con p=0,011) e al T3 (3,33 ± 2,35 con p=0,015). Lo score di linee B è correlato significativamente al dosaggio della terapia diuretica effettuata in Pronto Soccorso (p=0,03 e r=0,30).

Abbiamo inoltre trovato una correlazione significativa tra lo score di linee B e i valori di creatininemia (p<0,01 e r=0,58), in accordo con la fisiopatologia: i pazienti con una peggior funzionalità renale hanno infatti una maggior congestione a livello del circolo polmonare. Infine abbiamo osservato che la media della somma delle linee B agli apici polmonari al T2 e T3 è significativamente minore rispetto alla media della somma delle linee B alle basi polmonari.

Conclusioni: nei pazienti con scompenso cardiaco acuto il monitoraggio dell’acqua polmonare extravascolare, effettuata mediante la quantificazione delle linee B con l’ecografia polmonare, potrebbe diventare in futuro un utile strumento per impostare una terapia medica più o meno aggressiva “step by step” valutando la risposta del paziente con l’ecografia polmonare, sia in ambiente intraospedaliero che in ambiente extraospedaliero.

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INDICE

1. ABSTRACT ... 2

2. INTRODUZIONE ... 6

2.1ILPOLMONEEGLIULTRASUONI:PRINCIPIGENERALI ... 6

2.2ECOGRAFIAPOLMONARENELLOSCOMPENSOCARDIACO:LINEEBE ACQUAPOLMONAREEXTRAVASCOLARE ... 12

2.3RUOLODELL’ECOGRAFIAPOLMONAREINPRONTOSOCCORSOPERLA DIAGNOSIDIFFERENZIALEDELLADISPNEA ... 20

3. STUDIO SPERIMENTALE ... 31

3.1INTRODUZIONEESCOPODELLOSTUDIO ... 31

3.2MATERIALIEMETODI ... 32 3.2.1 Popolazione di studio ... 32 3.2.2 Ecografia polmonare ... 35 3.2.3 Analisi statistica ... 37 3.3RISULTATI ... 37 3.4DISCUSSIONE ... 44

3.4.1 Confronto con gli studi precedenti ... 45

3.4.2 Correlazioni fisiopatologiche ... 47

3.4.3 Implicazioni cliniche ... 49

3.4.4 Limiti dello studio ... 50

3.4.5 Conclusioni ... 50

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2. INTRODUZIONE

2.1 IL POLMONE E GLI ULTRASUONI: PRINCIPI GENERALI

Lo sviluppo dell’ecografia, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, ha avuto un notevole impatto nella diagnostica. I numerosi vantaggi di questo strumento sono noti a tutti: esso infatti non impiega radiazioni ionizzanti (viene perciò definita “tecnica verde” in quanto è non ionizzante, senza rischi per il paziente e per l’operatore, senza impatto ambientale), è a basso costo ed è portatile, quindi facilmente utilizzabile sia al letto del paziente che in ambito extraospedaliero.

L’ecografia ha un’affascinante similitudine fisica con la percussione. Gli ultrasuoni sono, infatti, suoni con frequenza maggiore di 20.000 cicli al secondo (20 KHz), non udibili dall’orecchio umano. In diagnostica generalmente vengono impiegati ultrasuoni con frequenze che vanno da 2 a 15 milioni di Hertz (MHz). Questi vengono prodotti all’interno della sonda da una serie di trasduttori piezoelettrici attraverso una sequenza ordinata, ed emettono brevissimi impulsi seguiti da pause.1 Le pause tra un impulso emesso e l’altro servono ai medesimi trasduttori per ricevere, codificare e convertire in segnale elettrico il segnale ultrasonografico di ritorno dagli organi esplorati. Le interazioni degli ultrasuoni con i tessuti dipendono essenzialmente dalla natura delle interfacce incontrate, quindi in altre parole dipendono dalla densità dell’organo esplorato e dalla differenza di impedenza acustica tra l’organo in esame e i parenchimi circostanti.

Tutto questo può spiegare la lentezza di sviluppo dell’ecografia polmonare (LUS: lung ultrasound) e l’ostilità che ha incontrato e che purtroppo tuttora incontra in ambiente medico. Il polmone infatti è un organo costituito prevalentemente da aria (la componente aerea è fortemente dominante rispetto alla componente stromale e bronchiolo-vascolare), quindi potrebbe sembrare inutile l’utilizzo degli ultrasuoni in quanto il fascio ultrasonografico viene completamente riflesso dalla pleura a causa di un gradiente di impedenza acustica elevatissimo a livello dell’interfaccia parieto-polmonare. In altri termini, quello che otteniamo è un’immagine artefattuale mista di riverberi del piano pleurico e di effetti specchio: l’unico elemento anatomico “reale” che riusciamo a visualizzare è la pleura, rappresentata da una linea orizzontale iperecogena al di sotto del piano muscolare.1,2

Ciò è tutto vero finché parliamo di un polmone sano e ben areato, ma in un polmone patologico il volume di aria diminuisce in favore, ad esempio, di una componente acquosa

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(come succede nello scompenso cardiaco) o fibrotica (in caso di fibrosi polmonare) che provocano un aumento di spessore dei setti interlobulari e questo, aumentando di fatto la consistenza del polmone, fa sì che si generino segnali dovuti al parziale passaggio del fascio ultrasonografico grazie ai quali siamo in grado di fare diagnosi, ovviamente servendoci anche della clinica e dell’anamnesi del paziente in esame.3 (Figura 1)

Figura 1Basi fisiche dell’ecografia polmonare: minore è l’aria presente nel parenchima polmonare e più è facile la rilevazione di anomalie polmonari da parte del fascio ultrasonografico grazie alle genesi di numerosi artefatti. (Da: Gargani L. Lung ultrasound: A new tool for the cardiologist. Cardiovasc. Ultrasound. 2011)

I processi patologici polmonari possono quindi creare delle finestre acustiche capaci di rendere visibili alcune strutture, altrimenti non identificabili. Infatti solamente se l’aria viene esclusa dal tessuto polmonare, gli ultrasuoni possono permettere la visualizzazione del parenchima e ciò avviene in maniera tanto più evidente quanto minore è il contenuto di aria dell’organo. Ogni addensamento polmonare crea una finestra acustica che consente la valutazione del tessuto polmonare in profondità. È questa la ragione per cui si possono rendere evidenti i bronchi, ma anche i vasi venosi ed arteriosi se sfruttiamo l’ecocolordoppler. Attraverso porzioni di polmone atelettasico, anche masse ilari possono

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essere visualizzabili. Possiamo pertanto considerare il polmone normale e la completa atelettasia del polmone come i due estremi dell’imaging ecografico di questo organo.1

Il concetto di “effetto specchio” che ho citato in precedenza assume un ruolo importante nella genesi degli artefatti in un polmone patologico: la specularità del piano pleurico indica infatti, in termini funzionali, iperespansione o normoespansione e, in termini patologici, assenza di interstiziopatia. Detto ciò è evidente che la comparsa di artefatti non congrui con la specularità può essere la spia di uno stato patologico della “cortex polmonare”.1

In una scansione intercostale di un polmone normale con una sonda convex o lineare quello che osserviamo è la linea pleurica iperecogena orizzontale e al di sotto di questa osserviamo altre linee parallele e iperecogene che ricorrono ad intervalli regolari, generate da fenomeni di riverbero (denominate linee A). (Figura 2)

Figura 2 Aspetto ecografico (con sonda convex) di una zona di parenchima polmonare fisiologicamente areata. L’interfaccia fra il polmone e la parete toracica determina riverberi ad intervalli regolari, creando linee iperecogene orizzontali e parallele indicate dalle frecce (linee A). Sopra le linee A è visibile la linea pleurica con il suo tipico sliding. (Da: Shyamsundar M, Attwood B, Keating L, Walden AP. Clinical review: the role of ultrasound in estimating extra-vascular lung

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Dalla linea pleurica possono poi essere descritti segni importanti, sia statici che dinamici. Il più importante segno dinamico è lo sliding polmonare, il movimento orizzontale relativo che il parenchima polmonare (e di conseguenza la pleura viscerale) compie durante l’atto inspiratorio ed espiratorio rispetto ai tessuti superficiali che sono statici e che viene osservato subito al di sotto della linea pleurica, più evidente alle basi polmonari piuttosto che agli apici. La presenza dello sliding polmonare deve essere sempre osservata, anche in presenza di obesità, ventilazione meccanica, età avanzata o enfisema polmonare e la sua evidenza esclude patologie quali, ad esempio, lo pneumotorace. Bisogna comunque sottolineare che nel paziente dispnoico la contrazione muscolare può rendere difficoltosa la visualizzazione dello sliding polmonare a causa ad esempio di un respiro superficiale o uno sfiancamento dei muscoli respiratori. La presenza dello sliding polmonare e delle linee A rappresenta il pattern polmonare normale e bisogna sempre ricercarli nel paziente che studiamo.1,4

Per capire meglio i pattern ecografici che si possono presentare nel corso di varie patologie, consideriamo che il polmone normale è composto da aria per una quota variabile tra l’80% e il 90%. L’aria è distribuita in celle con volume variabile (150-300 micron) tra l’inflazione e la deflazione fisiologica dell’organo, con forma prevalentemente poliedrica (alveoli), separati da sottili setti intralobulari (da pochi micron a poche decine di micron) e da setti più spessi interlobulari (con spessore massimo di 100 micron). Una superficie del genere, se insonata, si comporta come un riflettore e, restituendo il 70-80% dell’energia acustica ricevuta, genera l’immagine ecografica che abbiamo descritto sopra.1

Nel caso di aumento dell’acqua extravascolare polmonare, si verifica un aumento della componente liquida, a discapito di quella areata, con creazione di nuove interfacce aria-acqua. Quando poi si crea un addensamento polmonare, come nel caso di una polmonite o una atelettasia, si creano ulteriori interfacce che permettono l’esplorazione ecografica del polmone analogamente agli altri organi parenchimatosi. (Figura 3)

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Figura 3 Il ciclo bidirezionale delle densità polmonari. In A: pneumotorace. In B: polmone normoespanso normale. In C: lieve sindrome interstiziale. In D: sindrome interstiziale pienamente espressa. In E: white lung. In F: consolidamento aerato (la freccia indica aria nei bronchi). In G: atelettasia polmonare priva di aria e con broncogrammi fluidi (freccia). Questi aspetti (da A a G) indicano un incremento progressivo della densità sottopleurica di cui la sindrome interstiziale ed il white lung rappresentano la fase intermedia. Ogni immagine può trasformarsi nella seguente o nella precedente in senso dinamico al variare dello stato fisico del parenchima. (Da: Gino Soldati,

Ecografia dell’apparato respiratorio)

Inizialmente utilizzata per evidenziare il versamento pleurico, negli anni l’ecografia polmonare ha permesso la diagnosi “point of care” di numerose patologie acute e croniche, dall’edema polmonare cardiogeno al danno polmonare acuto, dallo pneumotorace alla polmonite, dalle patologie interstiziali polmonari all’infarto polmonare (periferico) e alla contusione polmonare.2

Tra i vantaggi dell’ecografia polmonare vi è anche l’estrema semplicità nell’apprendere questa tecnica (la cui curva di apprendimento è significativamente più corta rispetto ad altre tecniche ecografiche ma richiede comunque una formazione adeguata focalizzata sull’interpretazione clinica delle immagini), la velocità di esecuzione e la fattibilità pressoché del 100% dell’esame, che non dipende dalla finestra acustica e che può essere

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eseguito anche al letto del paziente con un ecografo portatile, oltre alla già citata innocuità biologica. L’ecografia polmonare è inoltre un ottimo strumento “point of care” che, partendo da un’attenta analisi clinica, può risultare dirimente in molte patologie e probabilmente diventerà lo standard diagnostico e di monitoraggio della terapia in diverse condizioni cliniche sia acute che croniche.2

I limiti di questa metodica diagnostica, invece, dipendono essenzialmente dal paziente: i pazienti obesi sono più difficilmente studiabili in quanto hanno un maggiore spessore della gabbia toracica e dei tessuti molli sovrastanti. Altri importanti limiti fisici e fisiologici sono rappresentati dall’enfisema sottocutaneo e dal fatto che con l’ecografia polmonare riusciamo a valutare tutto ciò che è adiacente alla pleura, quindi le alterazioni che possiamo avere a livello medio-parenchimale o comunque sia patologie che non raggiungono la pleura non possono essere diagnosticate con questa metodica.2 Ad oggi quindi non è possibile studiare patologie a carico dell’albero bronchiale e l’affidabilità per lo studio del circolo polmonare è ancora dibattuto. Difatti, sebbene alcuni studi siano andati a verificare specificità e sensibilità dell’ecografia polmonare nello studio dell’embolia polmonare, questa non è stata in grado di definirne la diagnosi ma, tramite lo studio del cuore e del circolo venoso degli arti inferiori, ha accelerato la formulazione della diagnosi, specialmente nei pazienti non trasportabili in sala TC. Anche le patologie di interesse bronchiale, quali asma e BPCO, al momento non beneficiano dello studio ecografico nella loro diagnosi e follow-up ad eccezione dei casi di riacutizzazione in cui, per mezzo dell’utilizzo degli ultrasuoni è possibile diagnosticare in modo precoce la comparsa di addensamenti polmonari e quindi di processi infettivi. È auspicabile però che un maggior impiego dell’ecografia nello studio del torace possa ridurre il numero di esami radiologici, soprattutto in pazienti giovani ed in gravidanza.5,6

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2.2 ECOGRAFIA POLMONARE NELLO SCOMPENSO CARDIACO:

LINEE B E ACQUA POLMONARE EXTRAVASCOLARE

Il polmone normale in superficie è rappresentato dalle sue unità terminali funzionali che vengono definite lobuli secondari. Questi sono costituiti da più acini, che rappresentano le espansioni respiratorie (alveolate) derivate dal bronchiolo (respiratorio), situato centralmente all’interno del lobulo assieme ai vasi arteriosi polmonari. In sostanza, le superfici dei polmoni sono tassellate dalle espansioni subpleuriche dei lobuli secondari polmonari, separate dal connettivo dei setti interlobulari.1 (Figura 4)

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Figura 4 In alto: il polmone periferico è una struttura che ripete a scale differenti il solito modello.

L’albero bronchiale si suddivide dicotomicamente più volte. Dopo la 15a generazione, i bronchioli respiratori hanno alveoli, che a livello subpleurico sono riuniti in acini, a loro volta aggregati in lobuli secondari che affiorano in superficie con la loro base espansa. In basso a destra è rappresentata la struttura dell’acino polmonare. A sinistra è rappresentata l’esemplificazione di un lobulo secondario polmonare.

In basso: istologia di polmone normoespanso (coniglio), in cui l’aria è prevalente. (Da: Gino Soldati, Ecografia dell’apparato respiratorio)

In termini peso/volume si può affermare che questo tessuto spugnoso varia tra 0,15 e 0,25 g/ml. Normalmente le afferenze stromali che raggiungono la sierosa viscerale del polmone sono rappresentate dai setti interlobulari che sono spessi mediamente 100 µ, le altre afferenze pleuriche sono rappresentate dal fine connettivo intralobulare che ha spessore molto minore. Semplicisticamente, inoltre, si può affermare che la componente aerea subpleurica è racchiusa in strutture poliedriche rappresentate da alveoli, che hanno un diametro attorno a 250-300 µ.

Pertanto, quando viene insonato un polmone normale per via transtoracica, l’energia acustica colpisce un’interfaccia parieto-polmonare con un gradiente di impedenza acustica elevatissimo. Ne consegue che il meccanismo di interazione quasi esclusivo è rappresentato da una riflessione massiva dell’ultrasuono.1

Come abbiamo già detto nella prima parte introduttiva, nell’ambito del polmone l’ecografia è in grado di valutare, ad eccezione di casi particolari come ad esempio un polmone atelettasico, soltanto la porzione più esterna, cioè parte della corticale. La corticale

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polmonare rappresenta i 3-4 cm di tessuto più superficiali, ed è composta prevalentemente da lobuli secondari.

Il lobulo secondario normale non può essere evidenziato alla radiografia del torace, diventa però visibile in caso di ispessimento dei setti interlobulari dovuto ad accumulo di acqua polmonare extravascolare, a tessuto fibrotico o ad una componente flogistica. In questo caso è possibile identificare il lobulo secondario nella porzione di polmone compresa fra due linee. L’ispessimento dell’interstizio dà luogo ad opacità interstiziali di aspetto radiologico caratteristico.

L’insufficienza cardiaca congestizia può essere una causa di ispessimento dei setti interlobulari attraverso l’aumento delle pressioni capillari e quindi l’accumulo di liquidi trasudatizi anche nell’interstizio, ed è la principale causa di dispnea acuta che si associa ad una elevata mortalità e morbidità. L’importanza di una diagnosi precoce nei pazienti con scompenso cardiaco risiede soprattutto nel fatto che ogni ritardo nell’instaurare una terapia medica adeguata aumenta la mortalità e la morbidità, indipendentemente dai trattamenti successivi; una corretta diagnosi differenziale evita inoltre di iniziare terapie potenzialmente dannose.7

Con sindrome interstiziale (o alveolo-interstiziale) ecografica si intende la presenza patologica, continua, discontinua o focale di linee B e white lung.1

Nella pratica clinica la diagnosi di sindrome alveolo-interstiziale, e di conseguenza la valutazione dell’acqua extravascolare polmonare, si basa sulla radiografia del torace che spesso viene eseguita al letto del paziente e i cui limiti sono ben noti: è poco accurata, soggetta a sostanziale variabilità di lettura interosservatore e intraosservatore, utilizza radiazioni ionizzanti ed è dipendente dalla disponibilità dell’apparecchio radiologico. Per questi motivi, utilizzando esclusivamente la radiografia del torace, la diagnosi può risultare molto difficoltosa, rimanendo tuttavia “il miglior test disponibile per lo screening dell’edema polmonare, ma difficile da interpretare e impreciso”.8

Negli ultimi anni la suddetta metodica è stata implementata dall’ecografia polmonare al letto del paziente che è in grado di aiutare nella diagnosi analizzando gli artefatti derivati dall’interazione degli ultrasuoni con un parenchima ricco di acqua e aria: questi artefatti sono stati definiti come “code di cometa” o “linee B” e sono l’equivalente ecografico delle note “strie B di Kerley” descritte nella radiografia del torace. Lichteinstein et al hanno spiegato per la prima volta la relazione che sussiste tra le linee B e l’edema interstiziale8,

Volpicelli et al hanno invece proposto un approccio semplificato per la diagnosi di sindrome

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Le linee B originano dal compartimento interstiziale periferico, dove i setti interlobulari sono anche più rappresentati rispetto alla parte centrale del polmone. Essi separano fra loro i lobuli secondari di cui abbiamo parlato in precedenza. (Figura 5)

Figura 5Origine fisica ed anatomica ipotizzata per le linee B (“comet-tail artifact”). Riverberi del fascio ultrasonoro da parte dei setti interlobulari ispessiti, determinano l’immagine a coda di cometa, in pazienti con aumento dell’acqua extravascolare polmonare. (Da: Picano E, Frassi F, Agricola E, Gligorova S, Gargani L, Mottola G. Ultrasound lung comets: A clinically useful sign of extravascular

lung water. J. Am. Soc. Echocardiogr. 2006; 19: 356–63)

Le linee B sono definite dall’International Consensus Conference on Pleural and Lung Ultrasound come linee iperecogene verticali “laser like” che originano dalla linea pleurica e che si estendono fino alla base dello schermo senza sbiadirsi, muovendosi in maniera sincrona allo sliding polmonare.11 Elidono le linee A, per cui, quando sono numerose, sovvertono tutti gli echi orizzontali del pattern polmonare fisiologico. La somma delle linee B che osserviamo negli spazi intercostali studiati correla strettamente con la quantità e l’estensione dell’acqua extravascolare polmonare: lo zero è definito come completa assenza di linee B nell’area indagata. La quantificazione delle linee B ha una variabilità intraosservatore e interosservatore molto soddisfacente, rispettivamente del 5% e del 7%.12

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Questo segno ecografico può essere visto con qualsiasi sonda e con le normali frequenze impiegate in clinica.1,2 Ricordiamo infatti che agli ultrasuoni il polmone normale è “nero”, quello patologico (con acqua) si presenta a strisce “bianco-nere” (dove le strisce bianche sono appunto le linee B), quello con patologia avanzata (con acqua alveolare) è “bianco”, perciò definito white lung.

Con white lung si indica un aspetto ecografico in cui i segni normali di specularità (linee A) scompaiono e vengono sostituiti da un aspetto ecogeno, che può essere omogeneo (white lung propriamente detto), oppure configurato come coalescenza completa di artefatti verticali. Il white lung, in particolare quando alternato a regioni che mantengono un aspetto speculare (linee A), è indicativo di genesi pneumogena della sindrome interstiziale (figura 6). Patologie che si esprimono con il white lung sono l’ARDS, le polmoniti interstiziali, le malattie interstiziali diffuse del polmone e la malattia delle membrane ialine del neonato.1

Figura 6 White lung da confluenza di artefatti verticali (freccia). Da notare l’origine da piccoli

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Esiste una stretta correlazione tra la pressione capillare polmonare (PCWP: Pulmonary Capillary Wedge Pressure, che a sua volta aumenta al diminuire della frazione di eiezione) e la quantità e localizzazione dell’acqua extrapolmonare visibile all’imaging: per valori di PCWP < 8 mmHg il pattern radiologico (e di conseguenza anche ecografico) è normale, per valori di PCWP di 10-12 mmHg i vasi localizzati alle basi presentano un diametro uguale o inferiore rispetto ai vasi delle zone superiori, per valori di PCWP di 12-18 mmHg cominciamo a vedere opacità intorno ai vasi a causa dell’edema interstiziale (quindi cominciamo ad osservare le linee B di Kerley radiografiche ed ecografiche), infine per valori di PCWP che superano i 18-20 mmHg abbiamo l’edema polmonare franco con la presenza di acqua interstiziale (ma anche alveolare) in quantità sufficiente a determinare il tipico pattern radiologico ad “ali di farfalla”. Tuttavia ci possono essere casi di edema polmonare conclamato in cui nonostante l’elevata PCWP non abbiamo un equivalente pattern radiologico suggestivo di edema polmonare.12

In uno studio pubblicato da Picano et al è stata dimostrata una relazione lineare tra il numero di linee B riscontrate all’ecografia polmonare e la quantificazione dell’acqua extravascolare mediante l’utilizzo della radiografia del torace (r = 0,78 ; P < 0,01).13

Clinicamente il numero di linee B aumenta all’aumentare dell’entità della dispnea ed è anche strettamente correlato alla classe NYHA (New York Heart Association) di scompenso.3 All’ecocardiografia, l’aumento delle linee B è legato alla riduzione della frazione di eiezione ma – per ogni dato livello di disfunzione sistolica – è soprattutto legato alla gravità della disfunzione diastolica.14

Sono anche correlate al livello di peptidi natriuretici cardiaci e tendono a rispecchiarne le variazioni.15 (Figura 7)

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Figura 7I correlati clinici, emodinamici, ecocardiografici e biochimici delle linee B, che aumentano con l’aumentare della gravità della dispnea (in alto a sinistra, da Frassi F, Gargani L, Gligorova S, Ciampi Q, Mottola G, Picano E. Clinical and echocardiographic determinants of ultrasound lung

comets. Eur J Echocardiogr, in press.), dell’acqua polmonare valutata invasivamente (in alto a destra,

da Agricola E, Bove T, Oppizzi M, et al. “Ultrasound comet tail images”: a marker of pulmonary

edema: a comparative study with wedge pressure and extravascular lung water. Chest 2005; 127:

1690-5.), con l’aumentare della gravità della disfunzione diastolica a riposo (in basso a destra, da Frassi F, Gargani L, Gligorova S, Ciampi Q, Mottola G, Picano E. Clinical and echocardiographic

determinants of ultrasound lung comets. Eur J Echocardiogr, in press.) e con l’aumento dei peptici

natriuretici cardiaci (NT-proBNP; da Gargani L, Frassi F, Agrusta M, et al. Furosemide comet stress

test for differential diagnosis of cardiogenic versus pneumogenic dyspnoea. (abstr) Eur Heart J

2006).

Le linee B però non sono specifiche della presenza a livello interstiziale di acqua extravascolare, bensì sono un segno ecografico aspecifico di ispessimento dei setti interlobulari subpleurici, come confermato anche dalle immagini TC.8,12

Questo segno ecografico si manifesta quando c'è una marcata differenza di impedenza acustica tra una struttura anatomica e l’ambiente circostante.16

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Alla genesi delle linee B contribuisce anche il fenomeno del riverbero: il fascio ultrasonografico rimbalza dal parenchima polmonare alla sonda per poi essere nuovamente rimbalzato dalla sonda verso il polmone, come se fosse “intrappolato” in un sistema chiuso. L'intervallo di tempo tra riverberi successivi viene interpretato come una distanza e si generano una serie di pseudointerfacce molto ravvicinate.

È quindi preferibile riferirsi a questo segno ecografico con il termine di linee B piuttosto che “artefatti a coda di cometa”, in quanto esso non ha una genesi totalmente artefattuale, bensì la prima eco, l’eco-madre dei successivi riverberi, ha un’origine fisica vera e propria nel setto interlobulare ispessito.12

Figura 8Spiegazione schematica della formazione delle linee B. Il percorso del fascio ultrasonoro è mostrato in funzione del tempo. Quando il fascio incontra l'estremità sub-pleurica del setto ispessito, riflette indefinitamente ad una velocità di 1450 m/s, producendo un artefatto composto da tutte le “micro-riflessioni”. Ogni riflessione viene visualizzata sullo schermo dietro la riflessione precedente ad una distanza di circa 1 mm. (Adattata da: Lichtenstein D, Mézière G, Biderman P, Gepner A, Barré O. The comet-tail artifact. An ultrasound sign of alveolar-interstitial syndrome. Am J Respir

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In base a quanto detto, le linee B risultano essere presenti in alcune condizioni cliniche ben determinate, che potremmo differenziare in cardiache e non cardiache.

Le condizioni cardiache che possono portare alla formazione di linee B, sono tutte le situazioni in cui si verifica un aumento delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro, con conseguente trasmissione a monte di una più elevata pressione idrostatica che, in accordo con la legge di Starling, può determinare fuoriuscita di liquido trasudatizio a livello dell’interstizio polmonare. Rientrano in questo gruppo l’insufficienza cardiaca, le valvulopatie mitraliche e aortiche, l’ipertensione arteriosa non controllata.

Le condizioni non cardiache sono per la maggior parte di origine polmonare e tra le principali patologie ricordiamo le interstiziopatie, le polmoniti (sia periferiche lobari, che interstiziali) e l’ARDS. Recenti osservazioni hanno inoltre messo in luce che, nell’ambito dell’ARDS, si formano piuttosto precocemente degli addensamenti sottopleurici, in cui cospicue zone di polmone atelettasico risultano essere molto ben visibili tramite ecografia del torace, consentendo di differenziare i due tipi di edema.2

Anche condizioni che determinino ispessimento dei vasi linfatici che decorrono nei setti interlobulari, come la linfangite carcinomatosa, possono dar luogo a linee B polmonari.

2.3 RUOLO DELL’ECOGRAFIA POLMONARE IN PRONTO SOCCORSO

PER LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLA DISPNEA

L’American Thoracic Society definisce la dispnea come “un’esperienza soggettiva di disagio nel respiro che consiste in sensazioni qualitativamente distinte che variano di intensità”.

Nella pratica clinica quotidiana la dispnea acuta è una causa comune di ospedalizzazione e può essere dovuta ad uno scompenso cardiaco acuto, ma anche ad una riacutizzazione di BPCO, un attacco di panico, uno pneumotorace o numerose altre condizioni. È perciò una condizione clinica estremamente importante dal punto di vista epidemiologico, prognostico ed economico.

La diagnosi differenziale tra dispnea di origine cardiaca e dispnea di origine non cardiaca rimane tuttora un compito molto difficile per il medico, nonostante tutti gli strumenti a disposizione.17,18 Un’anamnesi attendibile non è sempre facile da ottenere in pazienti critici, e i dati ottenuti dall’esame obiettivo, dagli esami di laboratorio di routine,

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dall’elettrocardiogramma e dalla radiografia del torace sono spesso non sufficientemente accurati per poter fare una diagnosi.19–22Le difficoltà nel formulare una diagnosi corretta e tempestiva possono comportare ritardi nel cominciare un’adeguata terapia medica.7 Sono stati pubblicati studi che hanno dimostrato come l'accuratezza della diagnosi clinica di scompenso cardiaco sia spesso inadeguata, particolarmente nelle donne, nelle persone anziane e negli obesi. Altri studi hanno evidenziato che meno del 40% dei pazienti in cui il medico generico ha diagnosticato scompenso cardiaco, ha visto confermare questa diagnosi dopo un consulto dallo specialista.23,24 Anche in uno studio di Renier et al. è stata evidenziata la difficoltà della diagnosi differenziale della dispnea in Pronto Soccorso, sottolineando il fatto che ad oggi non esiste alcun segno o sintomo che da solo abbia una sensibilità accettabile. Il turgore delle giugulari, il terzo tono aggiunto, e i crepitii all’auscultazione del torace sono segni utili a porre il sospetto di scompenso cardiaco, ma abbiamo bisogno della presenza di più segni e sintomi e di ulteriori indagini per la diagnosi definitiva.25

Per tali motivi, la disponibilità di un esame di laboratorio che sia nel contempo accurato, affidabile e dotato di un buon rapporto costo/beneficio, così da essere in grado di aiutare il clinico nella diagnosi differenziale e nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco congestizio, assume una grande rilevanza.26

I livelli plasmatici del peptide natriuretico di tipo B (BNP) e del suo frammento amino-terminale N-terminale proBNP (NT-proBNP) si sono dimostrati utili per la diagnosi eziologica in pazienti con insorgenza acuta di dispnea, dando un importante supporto al giudizio clinico del medico.27 Il BNP è infatti utilizzato quotidianamente in pronto soccorso nell’iter diagnostico dello scompenso cardiaco, come suggerito anche dalle ultime linee guida ESC (2016). Il solo dosaggio del BNP non può e non deve essere utilizzato da solo per confermare o escludere la presenza di scompenso cardiaco vista la sua scarsa specificità.

Servono infatti segni e sintomi suggestivi di scompenso e bisogna fare una attenta valutazione ecocardiografica per valutare la frazione di eiezione, eventuali anomalie della cinesi miocardica (disfunzione diastolica) o altre alterazioni strutturali (ipertrofia ventricolare sinistra, dilatazione atriale sinistra).28

Le linee guida Europee riportano che il BNP e il frammento aminoterminale del proBNP (N-terminal-proBNP, NT-proBNP) sono utili nella diagnosi dello scompenso cardiaco (sia acuto che cronico) e hanno inoltre un considerevole potenziale prognostico.

Le linee B e l’NT-proBNP condividono l’aspetto fisiopatologico principale, ovvero l’aumento delle pressioni di riempimento ventricolari sinistre. Infatti il meccanismo di stimolo principale per la produzione di BNP/NT-proBNP da parte del miocardio ventricolare

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è proprio la distensione di parete. Come abbiamo visto in precedenza, anche la comparsa di linee B è dovuta ad un aumento della pressione di riempimento del ventricolo sinistro che si ripercuote sul circolo polmonare determinando un aumento della pressione capillare polmonare e di conseguenza edema interstiziale. Potrebbero quindi essere una plausibile alternativa in contesti acuti in cui l'analisi del BNP non è disponibile o quando non abbiamo tempo sufficiente per eseguirla, come nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta a rapida evoluzione. Inoltre potrebbero esserci di aiuto qualora i livelli di BNP fossero nella "zona grigia" (quindi non francamente diagnostici).3

Le linee B sono molto dinamiche, come dimostrato dal loro rapido aumento dopo l'esercizio fisico, sia nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, sia nei pazienti senza disfunzioni miocardiche.3

L’utilità delle linee B per la diagnosi differenziale della dispnea cardiogenica rispetto a quella non cardiogenica è stata dimostrata anche in uno studio di Lichtenstein et al., in cui ha analizzato pazienti con edema polmonare acuto cardiogenico e pazienti con riacutizzazione di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), evidenziando che le linee B erano presenti in tutti i pazienti con edema cardiogenico, mentre 24 su 26 i pazienti con esacerbazione della BPCO non avevano linee B, con una sensibilità del 100% e una specificità del 92%.29

La diagnosi differenziale tra riacutizzazione di BPCO e scompenso cardiaco acuto può essere pertanto facilitata dalla ricerca ecografica delle linee B nei pazienti con dispnea, in quanto, come abbiamo appena visto, sono pressoché assenti nella quasi totalità dei pazienti con riacutizzazione di BPCO, mentre sono facilmente riscontrabili nei pazienti con scompenso cardiaco acuto. Una diagnosi differenziale più tempestiva in questi pazienti permette inoltre una rapida ottimizzazione della terapia medica necessaria, evitando di intraprendere terapie diuretiche inutili e potenzialmente dannose in pazienti che non ne necessitano.

Negli anni è stato anche proposto l’utilizzo dell’ecografia polmonare per la valutazione delle linee B come indice semiquantitativo della congestione polmonare nei pazienti con scompenso cardiaco.15Tale metodica è risultata utile anche in Pronto Soccorso in quanto è in grado di fornire informazioni importanti, dalla diagnostica differenziale della dispnea (cardiogena o non cardiogena), all’integrazione dei dati dell’ecografia toracica per la diagnosi di versamento pleurico, pneumotorace, embolia polmonare, sindrome alveolo-interstiziale.9 Lichtenstein et al. nel 2008 ha pubblicato uno studio su pazienti che giungevano in Pronto Soccorso con una dispnea severa e ha fornito un utile algoritmo

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diagnostico: the BLUE protocol (BLUE: Bedside Lung Ultrasound in Emergency). Secondo questo protocollo, per prima cosa deve essere ricercato lo sliding polmonare in sede anteriore e la sua presenza permette, come già detto in precedenza, di escludere lo pneumotorace. Successivamente ricerchiamo le linee B in sede anteriore che, se presenti, suggeriscono la diagnosi di edema polmonare (profilo B). La presenza di linee B in assenza di sliding polmonare o in presenza di sliding polmonare con un addensamento subpleurico fa propendere la diagnosi verso la polmonite (profili B’, A e C). In presenza di sliding pleurico con una predominanza di linee A (profilo A), bisogna ricercare la presenza di una eventuale trombosi venosa. Se presente, viene considerata l'embolia polmonare, se assente, si cercano l’eventuale versamento pleurico. La sua presenza (profilo A più versamento pleurico) suggerisce la polmonite; la sua assenza (profilo normale) suggerisce BPCO / asma. (Figura 9)

Questo algoritmo, utilizzando solo l’ecografia polmonare, ha dato una corretta diagnosi retrospettiva nel 90,5% dei casi. Integrando le informazioni dell’ecografia polmonare con le informazioni cliniche del paziente otterremmo risultati ancora migliori.30

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Figura 9 In alto: profili ultrasonografici. Il profilo A è definito come linee A predominanti con

normale presenza dello sliding polmonare sulla superficie anteriore in pazienti supini o semi-seduti. Questo profilo suggerisce BPCO, embolia e qualche polmonite posteriore. L'edema polmonare è quasi escluso. Il profilo B è definito come linee B predominanti sulla superficie anteriore in pazienti supini o semi-seduti. Questo profilo suggerisce edema polmonare cardiogeno e permette quasi di escludere BPCO, embolia polmonare e pneumotorace. Un profilo A / B, linee B numerose nel polmone sinistro, linee A nel polmone destro. Questo profilo è solitamente associato alla polmonite.

In basso: BLUE protocol per guidare la diagnosi nei pazienti con dispnea severa. Il profilo C (non

rappresentato nella figura soprastante) è il pattern ecografico di un consolidamento polmonare anteriore.

(Da: Lichtenstein DA, Mezière GA. Relevance of Lung Ultrasound in the Diagnosis of Acute

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Ben più complicata è la diagnosi differenziale tra le varie sindromi interstiziali che, come abbiamo visto anche nei capitoli precedenti, sono numerose e tutte portano alla formazione di linee B. Le caratteristiche di quest’ultime possono però essere analizzate e ci possono far propendere verso una particolare diagnosi.

Esiste infatti una correlazione tra la patologia interstiziale e le caratteristiche (e la disposizione) delle linee B: gli eventi fisiopatologici alla base della sindrome interstiziale e le conseguenti alterazioni istologiche a livello subpleurico portano alla formazione di linee B con caratteristiche specifiche.31,32 (Figura 10)

Figura 10Variazioni morfologiche delle linee B nella sindrome interstiziale ecografica. A) Una sindrome interstiziale pneumogena (silicosi polmonare), sonda convex 6 MHz. Linea pleurica irregolare e più linee B sfocate e irregolari. B) Edema polmonare interstiziale cardiogeno acuto. Sonda convex 6 MHz. La linea pleurica è regolare. Sono rappresentate alcune linee B laser-like con disposizione settale. C) ARDS, senza consolidamento. Sonda lineare. Sulla destra dell'immagine è visibile un'area di polmone quasi normale che mostra linee A con una pleura relativamente regolare. A sinistra dell'immagine la pleura è invece irregolare, le linee B coalescenti sono nascoste e non esiste il normale pattern di linee A. D) ARDS non consolidata: sonda convex 6 MHz. White lung disomogeneo. Il rilevamento di singole linee B laser-like è insolito. Questo pattern è suggestivo di

edema alveolare non consolidativo. (Da: Soldati G, Demi M. The use of lung ultrasound images for

the differential diagnosis of pulmonary and cardiac interstitial pathology. J. Ultrasound. 2017; 20:

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L’esempio più significativo ed eclatante di quanto appena detto lo possiamo trovare nell’edema polmonare cardiogeno e nella sindrome da distress respiratorio acuto dell’adulto (ARDS).

Nonostante non sia mai stato fatto un accurato confronto tra l'aspetto e la genesi delle linee B nei due casi, sappiamo bene che nell’ARDS troviamo linee B disomogenee, coalescenti e asimmetriche a cui si alternano aree di white lung e aree di parenchima normale (Figura 10c), mentre nell’edema polmonare cardiogeno troviamo la presenza, almeno nelle prime fasi, di linee B regolari e simmetriche (fig 10b).33

La diversa distribuzione dell'acqua nell'edema cardiogeno e nell’edema pneumogeno può spiegare queste differenze. Nell'ARDS, l’edema viene generato dalla perdita disomogenea della membrana alveolo-capillare e di conseguenza sarà anatomicamente panlobulare avendo la tendenza a diventare rapidamente intra-alveolare.34 Nell'edema polmonare cardiogenico, il fluido interstiziale si espande in modo centripeto (dalla periferia verso l'ilo polmonare) e così facendo provoca una dilatazione dei vasi linfatici e, di conseguenza, dei setti interlobulari secondari.35,36 Quando poi viene superata la capacità di drenaggio del

sistema linfatico avviene l’inondazione degli alveoli. Nelle fasi avanzate della patologia, quindi quando abbiamo l’edema alveolare, le linee B perdono le loro caratteristiche “laser-like” e non saranno più settali e ben definite, bensì tenderanno ad unirsi e a dare luogo al white lung definito nel capitolo precedente.8

Nell'edema polmonare cardiogeno la prima sede anatomica in cui si accumula il trasudato è il connettivo adiacente ai vasi e ai bronchi, che non possono essere esplorati con gli ultrasuoni.36 Tuttavia questo tessuto è collegato ai setti interlobulari secondari i quali raggiungono perifericamente la pleura. Man mano che il trasudato si accumula all'interno dei setti interlobulari secondari, questi si ispessiscono e determinano la comparsa di linee B diffuse “laser-like” che originano da una linea pleurica non alterata (è importante sottolineare questo elemento che ci aiuta nella diagnosi differenziale). Ad un certo punto però la fuoriuscita di liquidi è tale da determinare invasione dell’alveolo e configurare il quadro di edema alveolare (ecograficamente avremo il white lung).

L'ARDS, d'altra parte, dà luogo alla fuoriuscita di liquidi ricchi in proteine (parleremo quindi di essudato) che si accumulano in maniera disorganizzata alla periferia del polmone, nelle adiacenze dei vasi alterati. Le proteine però non sono in grado di diffondere facilmente attraverso il denso reticolo di fibrille di cui è costituito il tessuto connettivo, o se lo riescono a fare la loro diffusione è lenta.34 Nel caso di edema dovuto ad alterata permeabilità capillare, la componente alveolare viene rapidamente coinvolta e determina una rapida riduzione della

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compliance polmonare. Questa cosa non succede nell’edema cardiogenico, dove il coinvolgimento alveolare è tardivo e può essere prevenuto se interveniamo tempestivamente. Nell’ARDS, quindi, il ruolo dell’ispessimento dei setti interlobulari nella genesi delle linee B è irrilevante, mentre rappresenta il meccanismo preponderante nello scompenso cardiogeno. Inoltre la riduzione della compliance che abbiamo detto precedentemente e la riduzione del contenuto aereo del parenchima polmonare fanno sì che si riduca anche lo sliding.

Oltre a tutto ciò che ho appena descritto, c’è un altro elemento importante che può aiutare nella diagnosi differenziale tra queste due patologie: nell’ARDS (così come anche nella polmonite) la pleura risulta irregolare, mentre nell’edema polmonare cardiogeno non abbiamo irregolarità pleuriche (salvo nei casi in cui si formino addensamenti polmonari circoscritti, ma in quel caso anche l’irregolarità pleurica è circoscritta).33,34 Le possibili alterazioni subpleuriche presenti nell’edema polmonare cardiogeno sono dovute all’edema alveolare ma sono dinamiche e regrediscono rapidamente dopo la terapia diuretica, cosa che non succede nell’ARDS.

Le linee B che ritroviamo spesso nelle aree adiacenti ai consolidamenti polmonari sono correlate ad alterazioni parenchimali infiammatorie di natura pneumogena: sono unifocali o oligofocali e possono presentarsi in diverse conformazioni (separate oppure coalescenti e con white lung).37 Questo pattern di linee B è suggestivo di una patologia primitivamente polmonare, come ad esempio una polmonite interstiziale, una pleurite o una contusione polmonare.38

Anche la fibrosi polmonare idiopatica si pone in diagnosi differenziale con la sindrome alveolo-interstiziale cardiogena. Il pattern ecografico di questa patologia è analogo a quello dell’ARDS: avremo infatti irregolarità pleuriche e linee B coalescenti insieme ad aree di parenchima sano e aree di parenchima con patologia meno marcata. Le linee B settali tipiche dell’edema polmonare cardiogeno sono rare.11

Quindi la rilevazione delle linee B permette la diagnosi di sindrome interstiziale, ma per capire più nello specifico il tipo di patologia che abbiamo davanti possiamo sfruttare le alterazioni subpleuriche in aggiunta all’analisi degli altri segni ecografici di cui abbiamo parlato sopra e che sono riassunti nella tabella sottostante, facendoci sempre guidare dalla clinica e dall’anamnesi del paziente: l’ecografia polmonare, infatti, deve sempre essere correlata al quadro clinico complessivo. (Tabella 1)

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Tabella 1Segni sonografici utili per la diagnosi differenziale tra sindrome interstiziale cardiogena e pneumogena. (Da: Soldati G, Demi M. The use of lung ultrasound images for the differential

diagnosis of pulmonary and cardiac interstitial pathology. J. Ultrasound. 2017; 20: 91–6)

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la formazione delle linee B cardiogeniche è strettamente correlato all’aumento della pressione intraventricolare sinistra e questo può essere studiato mediante l’ecocardiografia. Ecco che l’approccio integrato ecografia polmonare ed ecocardiografia aumenta notevolmente la sensibilità e la specificità della nostra diagnosi: un paziente dispnoico in cui si riscontrano diffuse linee B simmetriche, “laser-like” e senza alterazioni pleuriche, la frazione di eiezione ridotta e l’aumento della pressione intraventricolare sinistra e dilatazione dell’atrio sinistro farà propendere la nostra diagnosi verso lo scompenso cardiaco acuto. Invece in un paziente che giunge in Pronto Soccorso per dispnea, se riscontriamo linee B bilaterali le cui caratteristiche non sono dirimenti per la diagnosi, un cuore normale all’ecocardiografia ci permette di escludere l’origine cardiaca della dispnea.3

La tabella sottostante mette a confronto le caratteristiche ecografiche (sia polmonari che cardiache) delle patologie principali di cui abbiamo parlato finora.

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Tabella 2 Come distinguere le differenti eziologie di sindrome interstiziale mediante l’utilizzo sia dell’ecografia polmonare, sia dell’ecocardiografia.

ALI = Acute Lung Injury (Danno Polmonare Acuto)

ARDS = Acute Respiratory Distress Syndrome (Sindrome da distress respiratorio acuto)

(Adattata da: Gargani L. Lung ultrasound: A new tool for the cardiologist. Cardiovasc. Ultrasound. 2011; 9)

In ultima analisi dobbiamo ricordare che, tra le applicazioni dell’ecografia polmonare, troviamo anche quella nello studio e nella valutazione del versamento pleurico che se presente, e a maggior ragione se è bilaterale, diventa un prezioso indizio che fa propendere la diagnosi verso l’origine cardiogena della dispnea, entrando però in diagnosi differenziale con le altre sindromi edemigene (principalmente sindrome nefrosica e cirrosi epatica, che escluderemo basandoci sull’anamnesi, sulla clinica e sugli esami ematochimici del paziente).

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In presenza di identificazioni radiografiche di “immagini di opacità del parenchima polmonare”, l’ecografia polmonare permette di definire meglio se si tratta di versamento, di addensamento, di atelettasia, di una massa o di una elevazione di un emidiaframma e può anche essere ripetuta al letto del paziente per valutarne l’evoluzione. È stato infatti dimostrato che l’ecografia polmonare ha una sensibilità e un’affidabilità maggiore per la rilevazione del versamento pleurico rispetto alla radiografia del torace al letto del paziente: raramente quest’ultima metodica riesce a rilevare modiche quantità di versamento pleurico, che può talvolta raggiungere i 500 cc.

In conclusione l’ecografia polmonare può rilevare la presenza di versamento pleurico, determinarne l’estensione e indicare l’area più adeguata per una eventuale toracentesi, le cui indicazioni si basano principalmente sulla gravità clinica del paziente e sul grado di compromissione del parenchima polmonare.3,39

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3. STUDIO SPERIMENTALE

3.1 INTRODUZIONE E SCOPO DELLO STUDIO

La dispnea è un sintomo comune nei pazienti che accedono al Pronto Soccorso, ma spesso di difficile inquadramento eziologico con i comuni sistemi di valutazione.40 Infatti

l’iter diagnostico iniziale, comprendente anamnesi, l'esame obiettivo, l'elettrocardiografia (ECG) e i risultati di laboratorio possono essere inconcludenti e nel 20% circa dei pazienti con dispnea cardiogena la radiografia del torace non mostra segni di congestione.40,41 In molti casi, inoltre, i marcatori sierologici, come il BNP, possono risultare a bassa specificità indipendentemente dalla presenza di insufficienza cardiaca, come nel caso delle sindromi coronariche acute, della fibrillazione atriale, dell’insufficienza renale, dell’embolia polmonare, dello scompenso cardiaco destro e dell’età avanzata, dove il BNP può avere un valore elevato indipendentemente dalla congestione polmonare.42

Negli ultimi anni, in supporto alla diagnosi differenziale di dispnea, è stata proposta l’ecografia polmonare per la rilevazione di acqua polmonare extravascolare nei pazienti con difficoltà respiratoria.

La riduzione delle linee B dopo aver somministrato al paziente un diuretico rappresenta quindi una evidenza clinica di comune riscontro tra i medici che utilizzano quotidianamente l’ecografia polmonare. In supporto all’utilità dell’ecografia polmonare in urgenza, ci sono numerosi studi che dimostrano l’utilità di questa metodica per la diagnosi e il trattamento dello scompenso cardiaco e ce ne sono altri che evidenziano i cambiamenti dell’ecografia polmonare dopo aver trattato il paziente, ma non è mai stato fatto uno studio dove si andava a quantificare numericamente e in maniera precisa le linee B ad una distanza di tempo di 15-30 minuti, di 1-2 ore e al massimo di 3-4 ore dalla somministrazione di un diuretico, quindi ad un intervallo di tempo costante e ravvicinato dalla terapia medica.

Lo scopo principale di questo studio è descrivere e quantificare la presenza e la variazione dinamica delle linee B nelle prime ore successive alla somministrazione della terapia diuretica nello scompenso cardiaco acuto in Pronto Soccorso.

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3.2 MATERIALI E METODI

3.2.1 Popolazione di studio

Per questo studio abbiamo arruolato 22 pazienti (età media 80,6 ± 8,9 anni, 13 maschi e 9 femmine) che hanno fatto accesso al Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana di Cisanello con la diagnosi di ammissione di “difficoltà respiratoria”. Dopo aver eseguito un’ecografia polmonare all’arrivo in Pronto Soccorso, abbiamo reclutato - e quindi proseguito con le altre valutazione ecografiche - soltanto i pazienti che in seguito alla visita medica sono stati sottoposti a terapia diuretica secondo la necessità clinica, senza aver influenzato in alcun modo la scelta terapeutica del medico che aveva in carico il paziente. Il medico, infatti, era in cieco rispetto al risultato dell’ecografia polmonare, quindi ha scelto la terapia basandosi sull’anamnesi, sui segni e sintomi e sugli esami di routine (anche ecografici qualora il medico fosse abituato al suo utilizzo) del paziente. L’arruolamento, previa firma del consenso informato da parte del paziente o di un familiare (qualora il paziente fosse incapace), è stato fatto da maggio 2017 a gennaio 2018. I criteri di esclusione dallo studio sono stati l’età minore di 18 anni o maggiore di 95 anni e la presenza di fibrosi polmonare o polmonite interstiziale.

Le principali caratteristiche anagrafiche e anamnestiche dei pazienti reclutati in questo studio sono raccolte nella tabella 3, mentre le caratteristiche cliniche e le terapie effettuate in Pronto Soccorso sono raccolte nella tabella 4.

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Età (anni) 80,6 ± 8,9 Sesso 13 M (59%), 9 F (41%) Diabete mellito 11 (50%) Dislipidemia 11 (50%) Ipertensione arteriosa 19 (86,4%) Fumatori attuali 3 (13,6%) Ex fumatori 10 (45,5%) Coronaropatia 10 (45,5%)

Storia di scompenso cardiaco 17 (77,3%)

BPCO 7 (31,8%)

Malattia renale cronica 6 (27,3%)

Malattia epatica 1 (4,5%)

Tabella 3 Caratteristiche anagrafiche ed anamnestiche dei pazienti arruolati nello studio. I valori sono espressi come media ± deviazione standard o come n (%).

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Valore Valore

massimo minimo

Pressione arteriosa sistolica (mmHg) 139 ± 23 210 80

Pressione arteriosa diastolica (mmHg) 80 ± 19 140 48

PaO2 all’arrivo in Pronto Soccorso (mmHg) 67,5 ± 19,1 101 42

FA/Flutter (n, %) 10 (45,5%)

Blocco di branca destro (n, %) 0 (0%)

Blocco di branca sinistro (n, %) 5 (22,7%)

Cute calda (n, %) 9 (40,9%)

Cute fredda (n, %) 11 (50%)

Crepitii grossolani bilaterali (n, %) 14 (63,6%) Segni di ostruzione all’auscultazione (n, %) 8 (36,4%)

Distensione delle giugulari (n, %) 4 (18,2%)

Edemi periferici (n, %) 10 (45,5%) Valore del BNP (ng/L) 1463,4 ± 1094,5 4393 221 Valore creatinina (mg/dL) 1,49 ± 0,75 4,03 0,65 Dosaggio diuretico (mg) 75,3 ± 55,2 250 20 Nitrovasodilatatori (n, %) 4 (18,2%) NIV (n, %) 8 (36,4%) Terapia antibiotica (n, %) 2 (9,1%)

Tabella 4 Clinica e terapia effettuata in Pronto Soccorso dei pazienti arruolati. I valori sono espressi come media ± deviazione standard o come n (%).

FA = Fibrillazione Atriale NIV = Ventilazione Non Invasiva

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3.2.2 Ecografia polmonare

L’ecografia polmonare è stata effettuata nella posizione più confortevole per il paziente, quindi generalmente a semi-supino o seduto e senza intralciare in alcun modo con il lavoro del medico o degli infermieri che avevano in carico il paziente. Ad eccezione dei casi in cui il paziente sia stato trasferito precocemente in un altro reparto, sia stato dimesso a domicilio, o sia stata somministrata terapia diuretica in ambulanza, sono state effettuate 4 valutazioni su ogni paziente: all’arrivo in Pronto Soccorso (T0) e poi dopo 15-30 minuti (T1), 1-2 ore (T2) e 3-4 ore (T3) dalla somministrazione della terapia diuretica. Ad ogni valutazione sono state acquisite 10 scansioni (5 a destra e 5 a sinistra), come schematizzato in figura 11, utilizzando l’ecografo Esaote MyLabTM One con una sonda convex 3,5 MHz. La profondità e il guadagno sono stati impostati in base alla conformazione del paziente.

Figura 11 Scansioni ecografiche effettuate nello studio.

Ad ogni valutazione ecografica è stato fatto anche un accurato esame obiettivo del paziente ed è stato compilato il case report form indicando i dati del paziente, l’anamnesi, i parametri vitali, la clinica e il trattamento somministrato (figura 12).

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Figura 12 Parte iniziale del case report form compilato per ogni paziente.

Le immagini sono state poi accuratamente salvate ed esportate su un supporto USB per essere in seguito esaminate da un lettore esperto in ecografia polmonare che ha provveduto a quantificare le linee B utilizzando il metodo suggerito dalle raccomandazioni internazionali. Lo zero è stato definito come assenza completa di linee B nell'area analizzata. Quando invece erano più numerose e tendenti alla confluenza, è stata considerata la percentuale dell’area scansionata occupata da linee B (cioè la percentuale di schermo bianco rispetto allo schermo nero sotto la linea pleurica) e dividendo la percentuale per 10 è stato ottenuto il numero di linee B (cioè il 30% è stato quantificato in circa 3 linee B, il 70% in circa 7 linee B, etc).2

L’analisi è stata effettuata in cieco rispetto ai tempi delle valutazioni, ovvero la persona che ha quantificato le linee B non sapeva se si trattasse di un T0, un T1, un T2 o un T3 ed inoltre non conosceva la clinica del paziente e il trattamento effettuato in Pronto Soccorso.

Le informazioni ottenute dall’ecografia polmonare non sono mai state riferite in alcun modo al medico che aveva in carico il paziente, così da non influenzare la scelta terapeutica.

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3.2.3 Analisi statistica

Le variabili continue sono espresse come media ± deviazione standard o come mediana (25°, 75° percentile) in base alla distribuzione di normalità. Le variabili cliniche dei pazienti sono indicate come numero (n) e percentuale (%). Le differenze tra T0, T1, T2 e T3 sono state valutate con l’analisi della varianza seguita poi dal test post hoc di Bonferroni.

La correlazione tra le variabili è stata fatta con l’indice di Pearson, in caso di distribuzione normale. L’indice di correlazione di Spearman è stato invece utilizzato con le variabili a distribuzione non parametrica. È stato considerato statisticamente significativo un valore di p<0,05.

L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando il programma SPSS/PC versione 20 (SPSS Inc., Chicago, Illinois) e GraphPad Prism versione 6 (GraphPad Software Inc., San Diego, CA, USA).

3.3 RISULTATI

La fattibilità dell’ecografia polmonare per rilevare la presenza di linee B è stata del 100% e non ha richiesto più di 5 minuti per ogni valutazione. Non siamo riusciti ad ottenere 4 valutazioni per ogni paziente perché alcuni pazienti sono stati trasferiti in reparti dove non è stato possibile continuare la valutazione ecografica, altri invece avevano eseguito la terapia diuretica in ambulanza e di conseguenza non è stata effettuata l’ecografia polmonare al T0. Come possiamo osservare dalla tabella sottostante che confronta la somma delle linee B e lo score di linee B (rappresentato dal rapporto tra il numero totale di linee B e gli spazi analizzati) nelle differenti valutazioni, sia il numero totale di linee B che lo score hanno un trend in diminuzione nei 4 tempi studiati. (Tabella 5, Figure 13 e 14)

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T0 T1 T2 T3 Numero pazienti 21 21 19 17 Somma delle linee B totali Media ± SD Minimo Massimo Mediana (25º-75º percentile) 48,62 ± 27,25 2 89 53 (24 - 71,5) 46,05 ± 25,17 5 91 42 (26,5 - 70,5) 36,68 ± 22,59 2 85 34 (15 - 55) 30,41 ± 22,95 0 84 23 (13 - 46) Score di linee B Media ± SD Minimo Massimo Mediana (25º-75º percentile) 5,36 ± 2,66 0,20 9,11 5,89 (2,89 - 7,15) 4,77 ± 2,46 0,56 9,10 4,3 (2,90 - 7,05) 3,92 ± 2,21 0,29 8,50 3,78 (1,71 - 5,8) 3,33 ± 2,35 0 8,4 3,11 (1,36 - 5,13) Presenza di crepitii grossolani bilaterali (n, %) 14 (63,6%) 13 (59,1%) 9 (40,9%) 6 (27,3%) Presenza di edemi periferici (n, %) 10 (45,5%) 10 (45,5%) 10 (45,5%) 8 (36,4%)

Tabella 5 Valutazione della somma totale di linee B, dello score delle linee B e di due segni clinici dello scompenso cardiaco acuto nelle 4 valutazioni effettuate.

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Figura 13 Box & whiskers plot per il numero totale di linee B nelle 4 valutazioni. La linea centrale rappresenta la mediana, gli estremi della “scatola” (box) rappresentano il 25° e 75° percentile, e i due “baffi” (whiskers) rappresentano il 5° e il 95° percentile.

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Figura 14 Box & whiskers plot per lo score di linee B nelle 4 valutazioni. La linea centrale rappresenta la mediana, gli estremi della “scatola” (box) rappresentano il 25° e 75° percentile, e i due “baffi” (whiskers) rappresentano il 5° e il 95° percentile. * corrisponde a p<0,05

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Anche il grafico sottostante mostra il suddetto trend. Come possiamo osservare esiste un diverso andamento per ogni paziente.

(Figura 15)

Figura 15 Andamento dello score di linee B nel tempo.

È interessante notare che, dal punto di vista topografico, al T0 e al T1 la media delle somme di linee B a livello degli apici non è significativamente diversa dalla media delle somme di linee B a livello delle basi, ma al T2 e T3 la differenza diventa significativa. (Tabella 6)

(42)

APICI POLMONARI BASI POLMONARI p T0 11,2 ± 1,6 15,5 ± 1,8 NS T1 9,7 ± 1,4 14,1 ± 1,7 NS T2 7,6 ± 1,1 11,6 ± 2,4 <0,05 T3 5,1 ± 1,3 12,5 ± 2,1 <0,05

Tabella 6 Confronto tra la media delle somme di linee B a livello degli apici polmonari (scansioni 1 e 6 della figura 12) e a livello delle basi polmonari (scansioni 5 e 10 della figura 12). I valori sono espressi come media ± deviazione standard.

NS = non significativo

Non abbiamo trovato una correlazione significativa tra numero di linee B (o lo score) e il BNP (p=0,92).

Non c’è correlazione neanche tra il numero di linee B (o lo score) e il dosaggio del diuretico effettuato in Pronto Soccorso (p=0,67), ma abbiamo trovato una correlazione quasi significativa tra il ∆score (differenza tra lo score di linee B tra una valutazione e quella precedente) e il ∆diuresi (differenza della diuresi di una valutazione con quella precedente) con un p=0,06 e r=-0,29. La diuresi non è invece correlata al dosaggio del diuretico somministrato (p=0,30).

Abbiamo riscontrato una correlazione significativa, seppur debole, tra il dosaggio del diuretico e lo score di linee B con una p=0,03 e r=0,30.

Una correlazione molto significativa è stata riscontrata tra lo score di linee B e i valori di creatininemia con un p<0,01 e r=0,58. (Figura 16)

(43)

Figura 16 Correlazione tra lo score di linee B e i valori di creatinina plasmatici (mg/dL).

Se mettiamo a confronto il gruppo dei pazienti con storia di scompenso cardiaco cronico con i pazienti con uno scompenso cardiaco acuto è interessante notare che il primo gruppo ha in media una quantità inferiore di linee B rispetto al secondo gruppo. (Tabella 7)

Storia di scompenso cardiaco (n = 16) Scompenso cardiaco di nuova insorgenza (n = 5) p Score di linee B 4,79 ± 2,74 7,19 ± 1,33 p = 0,04

Tabella 7 Statistiche di gruppo: confronto tra due gruppi valutando la media dello score di linee B. I valori sono espressi in media ± deviazione standard.

Abbiamo inoltre confrontato il gruppo di pazienti che facevano terapia con un diuretico dell’ansa a domicilio con chi invece non faceva terapia domiciliare e abbiamo riscontrato un numero di linee B totali e uno score di linee B in media più alto nel secondo gruppo. (Tabella 8)

(44)

Terapia con un diuretico dell’ansa a domicilio (n = 15) Assenza di terapia diuretica a domicilio (n = 6) p Score di linee B 4,52 ± 2,60 7,47 ± 1,38 p < 0,01

Tabella 8 Statistiche di gruppo: confronto tra due gruppi valutando la media dello score di linee B.

I valori sono espressi in media ± deviazione standard.

Non c’è una correlazione significativa nella riduzione dello score di linee B tra T0 e T3 tra i pazienti con storia di scompenso cardiaco e i pazienti con uno scompenso cardiaco acuto di nuova insorgenza, con una p=0,18.

3.4 DISCUSSIONE

Questo è il primo studio che mostra il cambiamento dinamico di linee B nelle prime 4 ore dalla somministrazione della terapia diuretica. Abbiamo riscontrato una diminuzione di linee B significativa già dopo 1-2 ore dalla terapia con furosemide (p=0,011). Anche a 3-4 ore dal diuretico il trend dello score di linee B è in diminuzione, con una p=0,015. Questa riduzione è ben evidenziabile nell’immagine sottostante. (Figura 17)

(45)

T0

T3

Figura 17 Ecografia polmonare a livello dell’apice polmonare con sonda convex 3,5 MHz prima della somministrazione della terapia diuretica (T0, a sinistra) e dopo circa 2 ore e mezzo dalla somministrazione di 60 mg di Furosemide in bolo endovenoso (T3, a destra).

3.4.1 Confronto con gli studi precedenti

Volpicelli et al. in uno studio pubblicato nel 2008 ha monitorato con l’ecografia

polmonare la presenza di linee B prima e dopo la terapia medica nei pazienti con la diagnosi di scompenso cardiaco acuto, dimostrando che tale metodica rappresenta una valida e semplice alternativa diagnostica per il monitoraggio dell’efficacia della terapia medica nei pazienti con scompenso.43

Il primo studio che ha affrontato la questione di come l’ecografia polmonare potesse influenzare la gestione del paziente in Pronto Soccorso è stato pubblicato nel 2013 da Goffi et al. Da questo studio è emerso che su 50 pazienti adulti arruolati nello studio, l’ecografia polmonare ha cambiato la diagnosi principale nel 44% dei casi. Nel 58% dei casi il trattamento del paziente è cambiato in seguito al risultato dell’ecografia polmonare: in 19 casi è stato prescritto un nuovo farmaco, in 10 casi è stata proseguita la terapia precedentemente prescritta, in 6 casi ha portato alla decisione di una nuova procedura (ad es. toracentesi).44

Nel 2016 Cortellaro et al. ha pubblicato uno studio il cui scopo era il monitoraggio della risposta alla terapia dei pazienti con l’edema polmonare acuto cardiogenico mediante la valutazione dell’acqua extravascolare polmonare utilizzando l’ecografia polmonare. Le

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