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La scelta del posizionamento competitivo alla base del successo aziendale: il caso CafèNoir

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

STRATEGIA MANAGEMENT E CONTROLLO

TESI DI LAUREA

La scelta del posizionamento competitivo alla base del successo

aziendale: il caso CafèNoir

Relatrice:

Prof.ssa Alessandra Rigolini

Candidato:

Giacomo Bartoli

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I

Indice

Pag. Ringraziamenti 1 Introduzione 3 CAPITOLO 1 IL POSIZIONAMENTO COMPETITIVO: CENNI ALLE TEORIE E AI METODI DI DEFINIZIONE 1.1 La strategia aziendale: i concetti teorici………5

1.2 L’analisi strategica e le sue direttrici.………8

1.2.1 Dalla “direttrice” sistema delle relazioni azienda-ambiente alla “Formula Imprenditoriale”………11

1.2.2 Dall’analisi strategica ai processi di gestione strategica……….14

1.3 Il posizionamento competitivo ………...……19

1.3.1 Che cos’è il posizionamento competitivo………20

1.3.2 Definire il posizionamento competitivo………...22

1.3.3 Le strategie di posizionamento competitivo e la sua valutazione……26

1.3.4 Le teorie sul posizionamento competitivo………...28

1.4 Le dinamiche dei posizionamenti competitivi………37

1.4.1 Le dinamiche del settore……….…….43

1.5 Il riposizionamento competitivo……….46

1.5.1 Modelli di riposizionamento competitivo………48

1.5.2 I 6 passaggi metodologici di Pietro Sanfilippo………49

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II CAPITOLO 2

L'ANALISI SETTORIALE: IL SETTORE DELLA MODA IN ITALIA E NEL MONDO

2.1 Il mercato di riferimento……….56

2.1.1 Il sistema moda………...…….57

2.1.2 Protagonisti e logiche di gestione del sistema moda 2.2 Il settore calzaturiero: il pilastro del sistema moda...59

2.2.1 Il settore calzaturiero italiano ed europeo dal 2008 ad oggi…………..61

2.2.2 Criteri di segmentazione……….…….67

2.2.3 La stagionalità del mercato………..72

2.3 Analisi del settore .…....……….……..….…...….………...…….75

2.3.1 Supply Chain Network …...……….………...…75

2.3.2 La SWOT analysis………...77

2.3.3 L’analisi del Trend………...80

2.4 Il posizionamento dell’Italia nel mercato mondiale………83

CAPITOLO 3 LE SCELTE DI POSIZIONAMENTO COMPETITIVO: IL CASO CAFèNOIR 3.1 La storia di CafèNoir: dalla nascita ad oggi………85

3.2 La struttura aziendale ed il modello di business……….88

3.3 Un’analisi dell’azienda oggi………...91

3.3.1 I prodotti CafèNoir.………..94

3.3.2 I canali distributivi………...……96

3.3.3 Dati economici dell’azienda ....…………...……….…..104

3.4 Il posizionamento competitivo dell’azienda………..107

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III

3.4.2 Le scelte aziendali: il posizionamento attuale………112

3.4.3 Definizione di un nuovo posizionamento aziendale………...116

CONCLUSIONI……….120

BIBLIOGRAFIA.……….122

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1 RINGRAZIAMENTI

Anche questo viaggio di vita è ormai giunto alla fine. È stato sicuramente un percorso molto difficile, caratterizzato da molte difficoltà, ma che mi ha regalato anche tantissime e bellissime emozioni.

Ho sempre avuto difficoltà a trovare le parole giuste per esprimere ciò che provo in determinate situazioni, ma dato la particolare importanza che per me ha questo momento, voglio riuscire a ringraziare chi mi ha accompagnato ed aiutato a raggiungere tale traguardo.

Innanzitutto ringrazio i miei genitori e mio fratello Tommaso, senza i quali non sarei mai arrivato dove sono. Mi hanno sempre sostenuto e non mi hanno mai fatto mancare niente, a volte, anche a costo di enormi sacrifici. Siete la mia vita e per questo non vi ringrazierò mai abbastanza.

Grazie a Jessica, la mia ragazza, che ha saputo sostenermi anche nei momenti più difficili. Grazie per avermi sopportato nei giorni in cui potevo essere più frustato e arrabbiato e grazie soprattutto per non avermi mai rinfacciato quei momenti che non abbiamo potuto passare insieme, per via della “maledetta” università.

Grazie a tutti gli amici di San Miniato, con i quali ho sempre festeggiato ogni piccolo passo che mi portava sempre più vicino all’ambito traguardo finale. Ringrazio gli A.D.L., persone fantastiche, con le quali ho condiviso molto più dei soli banchi dell’università, e che sono diventate una parte importante della mia vita.

Un ringraziamento anche alla mia tutor, la professoressa Alessandra Rigolini, che mi ha dato un aiuto prezioso. Grazie per tutti i consigli, per la disponibilità e per la grande professionalità.

Infine, ringrazio la CafèNoir, l’azienda che mi ha ospitato e dove ho potuto crescere a livello professionale, ma anche personale. In particolare ringrazio Lorenzo Riccomi, il mio tutor, che mi ha sempre sostenuto in questo percorso

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professionale dandomi preziosi consigli, Elena, Silvia, Federica, Andrea e Mimmo con i quali ho condiviso molto più del semplice luogo di lavoro, stringendo una piacevole amicizia. Inoltre ringrazio Giacomo Giani, il cui aiuto è stato fondamentale per la stesura di questo elaborato.

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3 INTRODUZIONE

La lunga crisi che stiamo attraversando ha cambiato completamente faccia al mercato. Le logiche di prima non valgono più. I problemi sono nuovi rispetto a quelli del passato e serve, per questo, adottare soluzioni innovative.

I consumi sulla fascia media si sono assottigliati moltissimo ed ancora più forte è la perdita di quote che sta subendo da anni il settore Retail tradizionale di fascia media e medio-bassa, schiacciato da un lato dalle vendite on-line e dall’altro dal proliferare di contenitori e insegne di fascia bassa.

A fronte di questo risulta importante che il cliente abbia una percezione della nostra azienda e del prodotto o servizio che offriamo migliore rispetto a quella dei concorrenti e che sia il più vicino possibile a quella che per loro risulta essere ideale. Questo è quello che viene definito posizionamento competitivo o anche posizionamento strategico.

Il posizionamento competitivo dell’impresa è a tutti gli effetti una delle leve del marketing che consente di studiare e capire come un prodotto si posiziona rispetto a quello dei propri concorrenti, all’interno dello scenario competitivo e del mercato dei consumatori. Attraverso tale posizionamento si ricerca, si costruisce e si preserva un vantaggio competitivo sostenibile nei confronti dei nostri competitor diretti e degli attori che interagiscono nel quadro competitivo complessivo.

Il primo capitolo dell’elaborato verterà sulla relazione esistente tra la strategia ed il posizionamento competitivo, fornendo alcuni cenni teorici sulla prima ed utilizzando come elemento di connessione l’analisi strategia ed il passaggio ad un’ottica di gestione strategica aziendale.

Successivamente verrà approfondito il concetto di posizionamento competitivo tramite un’analisi delle principali scuole di pensiero, tra le quali le teorie di Porter, la matrice McKinsey e la matrice Arthur D. Little e le strategie per una corretta attuazione.

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Detto questo è importante dire che il posizionamento non è un qualcosa di definitivo, ma che ci possono essere cambiamenti nelle dinamiche competitive o settoriali, che fanno sì che l’azienda abbia un vero e proprio ripensamento dell’impostazione data alla strategia competitiva. A supporto di ciò abbiamo modelli di riposizionamento competitivo che aiutano l’azienda nell’affrontare tali cambiamenti.

Il secondo capitolo contiene un’analisi del settore di appartenenza dell’azienda analizzata, e cioè il settore calzaturiero. Verranno illustrati i dati economici del settore e la sua evoluzione dal 2008, anno della crisi finanziaria, fino ad oggi, per arrivare ad analizzare il posizionamento competitivo dei principali competitor dell’azienda.

Il terzo ed ultimo capitolo tratterà del caso dell’azienda CafèNoir, in seguito all’esperienza formativa svolta presso di essa. Verrà descritta la struttura societaria ed il modello di business adottato, dopo di che saranno analizzate le strategie di posizionamento definite dall’azienda nel periodo che va dal dicembre 2013 sino ad oggi. Vedremo che, di fatto, le scelte dell’azienda hanno preso una direzione opposta a quella inizialmente stabilita e ciò ha portato al verificarsi conseguenze, che verranno trattate nello specifico una ad una.

L’obiettivo finale dell’elaborato sarà quello di definire delle possibili soluzioni alle relative problematiche individuate, cui l’azienda potrà arrivare attraverso un efficace riposizionamento competitivo, che punti alla differenziazione piuttosto che alla leadership di prezzo.

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5 CAPITOLO 1

IL POSIZIONAMENTO STRATEGICO: CENNI ALLE TEORIE E AI METODI DI DEFINIZIONE

1.1 La strategia aziendale: i concetti teorici

Negli ultimi decenni il concetto di “strategia” assume particolare importanza nella gestione di attività aziendali e gli studi sulla strategia hanno conosciuto un significativo sviluppo in tempi recenti, intorno agli anni sessanta, con riferimento all’impresa privata ed a fronte di un contesto di crescente competizione ed instabilità ambientale.

Nonostante i numerosi studi e le numerose definizioni, ancora oggi la strategia aziendale intesa nel senso più ampio e generale possibile, resta un “territorio parzialmente inesplorato” all’interno dell’attività aziendale, nonostante è possibile definire la strategia il “cuore concettuale” dell’attività di direzione generale all’interno dell’azienda1.

Dai primi anni del 900’ ad oggi sono stati numerosi gli interventi di tanti studiosi di management che hanno dato una enunciazione e un significato al concetto di “strategia”, da Peter Drucker (1954) a Alfred Chandler (1962), da Andrews (1971) a Richard Normann (1979), da Porter (1980) fino alle recenti definizioni di Coda. Ai fini del presente lavoro, si riportano quelle concezioni più complete, sistematiche e multidimensionali e quindi probabilmente più consoni al seguente lavoro.

Secondo il contributo di Coda2, per strategia si può intendere un modello di comportamento imprenditoriale che definisce l’identità, effettiva o ricercata, dell’impresa (che cosa fa, come e perché essa lo fa o lo vuole fare) oltre che il suo rapporto con l’ambiente (proattivo, adattivo o passivo).

1 INVERNIZZI G., Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008. 2 CODA V., L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino, 1988.

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La “Formula imprenditoriale” o “impostazione strategica attualmente operante” di un’azienda è la risultante delle scelte di fondo operate dal soggetto economico per imprimere una certa direzione al sistema aziendale con l’ambiente circostante. La strategia è vista come un modello di ricerca del “successo” imprenditoriale. In senso ampio incluse sia la determinazione dei fini e degli obiettivi, che la presa delle decisioni e l’attuazione delle stesse per la realizzazione degli obiettivi posti. Un approccio, senza dubbio, più schematico è quello fornito da Mintzberg. Egli propone uno schema a “quattro P”, e in base ad ogni “P” c’è un differente modello di strategia3:

 strategia come plan (piano);  strategia come pattern (modello);  strategia come position (posizione);  strategia come perspective (prospettiva).

La prima definizione delinea due caratteristiche fondamentali: il fatto di venire delineata in anticipo rispetto alle azioni cui si riferisce ed il fatto di essere sviluppata consciamente in vista di un determinato obiettivo (attraverso i cosiddetti “piani strategici”).

Tale concezione però risulta essere troppo ingegneristica della vita aziendale e quindi si propone una definizione di strategia come modello, cioè come uno schema da seguire mediante una serie di azioni.

La terza accezione indica una collocazione dell’azienda nel territorio, in cui la strategia rappresenta la forza mediatrice tra organizzazione e ambiente, quindi tra il contesto interno e quello esterno: esprime il legame fra l’impresa ed il suo ambiente.

Devo rispondere alle domande “Come mi colloco nel mercato? In cosa mi differenzio rispetto agli altri?”

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La quarta accezione agisce all’interno dell’impresa ed è intesa come una percezione radicata del mondo, che va a definire un orientamento strategico di fondo.

Un contributo molto importante all’evoluzione del concetto di “strategia” viene dato da Michael E. Porter in Competitive Strategy (1980), dove ha definito la ricerca del vantaggio competitivo come la direttiva strategica fondamentale e quindi la strategia è «la messa a fuoco di una formula circa il modo di competere di un’impresa, gli obiettivi da raggiungere e le politiche necessarie per realizzare detti obiettivi» e la strategia deve guidare l’impresa a trovare una posizione dalla quale si possa difendere dalle iniziative della concorrenza o influenzarle a proprio vantaggio4.

Nella definizione su indicata, si evince che lo scopo principale della strategia consiste nel conseguire un vantaggio competitivo difendibile nel lungo periodo rispetto ai principali concorrenti dell’impresa in ogni business dove quest’ultima opera.

Come si evince dalle diverse definizioni è difficile intravedere una concezione univoca in materia, ma è possibile riferirsi ad una concezione di strategia abbastanza semplice tratta da Invernizzi, che nel suo volume la definisce come: «quel sistema di scelte e di azioni che determina dinamicamente il posizionamento di equilibrio strutturale dell’azienda a fronte dei suoi diversi interlocutori e mercati».

Rispetto allo schema di riferimento di Porter il concetto di strategia appare in gran parte sovrapponibile. Infatti, poiché l’azienda è immaginabile come un insieme di risorse e competenze organizzate in attività generatrici di valore, la strategia è il modello di equilibrio ricercato fra il sistema delle attività e una serie di bisogni espressi dai diversi interlocutori e mercati.

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8 1.2 L’analisi strategica e le sue direttrici

La dottrina aziendale ha da molti decenni chiarito che lo scopo delle aziende è da individuare nell’equilibrio economico a valere nel tempo5. Ciò si esprime nell’attitudine dell’azienda di riuscire a remunerare adeguatamente i fattori produttivi compreso, pertanto, il Capitale Proprio6.

Questo obiettivo, perseguito dalla governance aziendale, non è riferito solo ad una prospettiva di breve periodo, ma parte dall’analisi delle “caratteristiche attuali” del sistema d’azienda definendo quella che viene detta “Formula imprenditoriale di oggi”7, o anche detta “Sistema d’azienda attualmente operante”, per orientare il management al cambiamento del modello gestionale e quindi spiegando una “Formula imprenditoriale del domani”, anche detta “Intento strategico”.

Con intento strategico si vuole indicare il disegno imprenditoriale che il top management intende realizzare per il conseguimento dell’equilibrio economico nel futuro.

Per capire se un’azienda è in grado di perseguire l’obiettivo dell’equilibrio economico a valere nel tempo si pone in essere un’analisi strategica, il cui obiettivo è quello di studiare i caratteri dell’azienda e dell’ambiente per individuare i percorsi di governo che possono consentire di dispiegare le potenzialità economiche delle risorse aziendali, del contesto operativo, competitivo e sociale8. Oggetti dell’analisi strategica sono, appunto:

 l’idea imprenditoriale per l’oggi: il profilo soggettivo, l’idea, il progetto imprenditoriale a cui il sistema d’azienda operante si ispira;

5 GIANNESSI E., Appunti di Economia Aziendale, cit., pagg. 11 e 28-48;

6 In tale senso si può certamente dire che il reddito annuale non è un indicatore idoneo, da solo, a misurare le posizioni di equilibrio economico. Giannessi osserva: «Il reddito di periodo non è idoneo a rappresentare lo stato di equilibrio dell’azienda, può essere uno degli elementi del giudizio, ma non l’unico e assoluto elemento di giudizio» (GIANNESSI E., Appunti di Economia Aziendale, cit., pag. 40);

7 BIANCHI MARTINI S., Riflessioni Sugli Oggetti Dell’analisi Strategica e Sul “Core Value System”

dell’azienda, 2016, cit. pag. 9.;

8 BIANCHI MARTINI S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009, cit. p. 15.

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 il sistema d’azienda attualmente operante: l’analisi strategica deve osservare ciò che l’azienda oggi concretamente è (le risorse di cui si compone, le attività ed i processi che danno contenuto alla gestione, le relazioni con gli interlocutori ed i mercati9);

 l’idea imprenditoriale per il domani (intento strategico): evoluzione dell’idea imprenditoriale per l’oggi.

In sostanza si realizza una tempestiva e approfondita comprensione dei problemi che interessano il sistema d’azienda attualmente operante, della qualità della “impostazione strategica attuale” e delle “condizioni del cambiamento”.

Un’attenta analisi dell’azienda può essere svolta tenendo in considerazione diversi aspetti che caratterizzano la vita dell’azienda, la sua struttura, il sistema delle idee ed i rapporti che ha con il mondo esterno. Questi tre aspetti formano le cosiddette 3 direttrici dell’analisi strategica.

Fig. 1 – Le direttrici dell’analisi strategica

Fonte: materiale didattico

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10 Il sistema della produzione

Ogni azienda dispone di un proprio assetto strutturale, in quanto «combinazione dei fattori della produzione». Appare come un insieme coordinato di risorse, con le quali l’azienda compie una serie di operazioni tra loro coordinate nel tempo e nello spazio ed unitariamente finalizzate al perseguimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo (è un sistema dinamico10).

L’azienda per realizzare i propri cicli operativi ha bisogno di determinati “mezzi” da impiegare nel processo produttivo: materie prime, macchinari, merci, beni immateriali, denaro e il personale che con le competenze e professionalità presta la propria attività per raggiungere l’obiettivo aziendale.

Questi “mezzi” sono tra loro tecnicamente eterogenei e rappresentano le risorse per aziendali per il raggiungimento dell’equilibrio economico durevole.

Il sistema delle idee

Possiamo individuare nell’ambito del processo di governo dell’azienda, un momento propositivo che si identifica nella presa delle decisioni ed un momento attuativo, che sfocia nel sistema delle operazioni.

Anche le idee devono essere ricondotte ad una logica sistemica e quindi si può parlare di sistema delle idee11.

Il sistema delle idee si pone alla fonte delle decisioni e delle operazioni che concretamente danno contenuto al sistema della produzione ed al sistema delle relazioni azienda-ambiente.

Proprio quest’ultima è considerata la terza direttrice.

10 Si vedano al riguardo: E. GIANNESSI Appunti di Economia Aziendale, op. cit., pagg. 15-21; U. BERTINI,

Il Sistema d’azienda, op. cit., pagg. 35-38, G. FERRERO, Impresa e Management, Giuffrè, Milano, 1987, pag. 7 e segg.

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11 Il sistema delle relazioni azienda-ambiente

L’azienda è un sistema aperto, che intrattiene una fitta rete di relazioni con gli altri attori del mondo economico e sociale, cioè con gli stakeholder: soggetti che hanno un interesse diretto o indiretto nelle attività dell’azienda.

Nello svolgimento delle attività quotidiane l’azienda, necessariamente, intrattiene una serie di rapporti esterni alla stessa con una molteplicità di interlocutori, che esprimono aspettative e promuovono istanze differenti.

L’azienda diviene, quindi, un centro di convergenza di interessi specifici e generici. Dovrà saper offrire proposte progettuali adeguate oltreché tra loro coerenti.

Proprio per la sua importanza, il sistema delle relazioni azienda-ambiente verrà successivamente analizzato con riferimento al posizionamento nel contesto sociale e competitivo tramite l’analisi della Formula Imprenditoriale, strumento introdotto da Coda.

1.2.1 Dalla direttrice “sistema delle relazioni azienda-ambiente” alla “Formula Imprenditoriale”

Ai fini dell’esame dell’azienda oggetto del case study, è sembrato utile esaminare brevemente il modello di analisi della “Formula Imprenditoriale”12 proposto da V. Coda.

Partendo dalla direttrice di analisi del sistema azienda-ambiente è rilevante l’importanza delle relazioni che l’azienda intrattiene con l’ambiente esterno ed in particolar modo si individuano due classi di ambiente: l’insieme delle relazioni

attinenti il modo di essere dell’azienda nell’arena competitiva e l’insieme delle relazioni attinenti il modo di essere dell’azienda nell’ambiente sociale.

12 BIANCHI MARTINI S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Pisa, 2009, cit. pagg. 42-49.

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Fig. 2 – Gli elementi della FI

Fonte: Elaborazione da V.CODA, La valutazione della formula imprenditoriale, op. cit.

Questo schema permette di individuare ed analizzare le variabili componenti il disegno imprenditoriale e di poterle leggere attraverso una prospettiva sistemica e relativamente alle condizioni di successo dell’azienda.

Inoltre, cosa ancora più importante, è uno schema di rappresentazione della strategia in termini di posizionamento nel contesto competitivo e nel contesto

sociale, che si presta per analizzare l’idea imprenditoriale attorno al quale ruota sia

la business idea (impostazione strategica attuale) sia l’intento strategico. Coda precisa che la F.I. è la scelta di fondo riguardante 5 variabili aggregate: a) I mercati cui è indirizzata la propria offerta e, più in generale, il sistema

competitivo (o i sistemi competitivi) in cui l’azienda è inserita13;

b) I prodotti e/o servizi offerti con tutti gli elementi configuranti l’offerta o “sistema di prodotto” della impresa, vale a dire: i caratteri materiali del prodotto (qualità, gamma, livello tecnologico, affidabilità, ecc.), gli elementi immateriali ad esso connessi (come prestigio, eleganza, salute, sicurezza), il servizio collegato al prodotto (velocità e puntualità di consegna, assistenza pre e post-vendita, application engineering, ecc.), le condizioni più strettamente

13 Il sistema competitivo è qui inteso “in senso allargato” secondo l’impostazione di Porter, così da ricomprendervi, oltre alle aziende rivali, le aziende clienti, le aziende fornitrici, i potenziali nuovi entranti e le aziende offerenti prodotti sostitutivi (Michael E. Porter, in Competitive Strategy Techniques for

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economiche dello scambio (prezzo, termini e modalità di pagamento, condizioni di trasporto, garanzie, assicurazioni, ecc.);

c) La proposta progettuale che l’impresa in modo più o meno esplicito o implicito rivolge alle forze economiche e sociali coinvolte e/o da coinvolgere o da associare nella realizzazione della proposta stessa (lavoratori, manager, azionisti, creditori, rappresentanti sindacali, esponenti del mondo finanziario e creditizio, collettività locale, ecc.), offrendo determinate prospettive e richiedendo determinati contributi o consensi;

d) Il sistema degli attori sociali interessati14, cui di fatto tale proposta si indirizza,

con le loro aspettative nei riguardi dell’impresa e il loro potere di influire sulla vita della stessa;

e) La struttura che consente all’impresa di presentarsi sul mercato con quella certa offerta e agli attori sociali con quella certa proposta progettuale. Il termine “struttura” è qui usato in una accezione molto lata, sì da ricomprendervi non solo la struttura organizzativa e i meccanismi operativi (come il sistema di programmazione e controllo, i sistemi di gestione del personale, ecc.), ma anche tutte le risorse – umane e non – costituenti il patrimonio tecnologico, commerciale, direzionale ed economico-finanziario dell’impresa.

I sottosistemi che si possono ricavare da tale schema esprimono, l’uno il modo di essere dell’impresa in una certa “arena” competitiva (ci riferiamo all’impostazione con la quale essa è presente in un settore di attività economica) e l’altro il modo di essere dell’impresa nel sistema di forze economiche, politiche e sociali.

Il primo sottoinsieme rispecchia la collocazione e la strategia competitiva (o posizionamento strategico dell’azienda), mentre il secondo ne riflette la collocazione e la strategia sociale.

14 Con l’espressione “sistema degli attori sociali interessati” ci riferiamo ai soli detentori di interessi

coinvolti dall’esercizio dell’impresa estranei al sistema competitivo. Ad essi ci riferiamo nel corso di questo scritto usando per brevità indifferentemente i termini di “partecipanti”, “detentori di interessi”, “stakeholder”, avvertendo per altro il lettore che nella letteratura, questi termini, spesso includono alcuni attori del sistema competitivo come i clienti, i fornitori ed i concorrenti (E. EDWARD FREEMAN & DAVID L. REED, Stockholders and Stakeholders A New Perspective on Comparate Governance, California Management Review, 1983).

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L’analisi strategica dell’azienda deve orientarsi ad approfondire la “dimensione competitiva del successo aziendale”. L’analisi strategica prende le mosse dalla identificazione e dallo studio delle aree di business per orientarsi ad approfondire il posizionamento nel sistema competitivo.

L’analisi competitiva non esaurisce la problematica strategica, infatti si impone lo studio del posizionamento nel contesto sociale.

Il presente lavoro si concentrerà nell’approfondire maggiormente l’analisi dell’area competitiva e delle sue dinamiche, visto che il presente lavoro verte sullo studio della dinamica competitiva del settore della moda in Italia e nel mondo, ed al comportamento adottato dall’azienda CafèNoir per definire il suo posizionamento strategico attuale, focalizzando l’attenzione sull’importanza della gestione strategica delle risorse e competenze per ridefinire un adeguato riposizionamento competitivo.

Naturalmente l’analisi del contesto sociale non sarà completamente tralasciata, in quanto, il nuovo posizionamento competitivo dipenderà anche dai cambiamenti strategici compiuti nel contesto sociale della F.I.

Detto ciò è giusto andare ad approfondire che cosa si intende per posizionamento competitivo e come si fa a definirlo.

1.2.2 Dall’analisi strategica ai processi di gestione strategica

Prima di definire che cosa è il posizionamento competitivo e come si fa a stabilirlo è giusto dire che l’approccio dell’analisi strategica precedentemente descritto è sì utile per formulare diagnosi strategiche, ma per certi versi, risulta “incompleto”. Questo in quanto la valutazione delle qualità strategiche dell’azienda deve necessariamente passare da un’analisi dei percorsi di cambiamento e dunque dei processi di gestione strategica.

Tale gestione consiste nell’uso consapevole di processi, metodologie e strumenti che consentono di individuare i contenuti della strategia e le condizioni per la sua realizzazione e di controllare l’avanzamento dell’impresa lungo il vettore di rinnovamento strategico.

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La gestione strategica si compone di attività tese a: 1) comprendere il posizionamento strategico15 attuale; 2) identificare il posizionamento strategico obiettivo;

3) definire delle azioni più opportune per colmare il divario tra il posizionamento strategico attuale e quello obiettivo16.

Si tratta di attività di set-up varie come quelle di:

 osservazione dei cambiamenti ambientali e aziendali;

 riflessione per riconoscere la natura strutturale o congiunturale dei cambiamenti (vedere paragrafo 1.4.2: le dinamiche competitive settoriali);  concettualizzazione per valutare i bisogni di modifica del posizionamento

strategico che ne derivano e, eventualmente, per mettere a punto la nuova strategia;

 costruzione del consenso, almeno tra i primi livelli manageriali, sul posizionamento strategico obiettivo;

 costruzione delle condizioni d’impresa (organizzative, finanziarie e così via) necessarie per realizzare il vettore di rinnovamento strategico;

 sperimentazione del nuovo posizionamento strategico e controllo della sua validità nel tempo.

Tuttavia, spesso si verifica che in un certo numero di imprese il posizionamento strategico attuale (o realizzato) è frutto del combinarsi casuale di una serie di elementi e ci si limita a svolgere il sistema di attività esistenze senza preoccuparsi di metterlo in discussione ed eventualmente modificarlo.

Ogni posizionamento strategico è destinato, prima o poi, a dare origine ad un divario strutturale tra attese e risultati, rendendo indispensabile una qualche attività di gestione strategica.

15 N.b. posizionamento strategico e posizionamento competitivo in questo elaborato sono intesi come sinonimi.

16 INVERNIZZI G., Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008, pp. 261-268.

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Risulta utile richiamare brevemente i tre tipi di modelli di gestione strategica proposti da:

1) La scuola Harvardiana: approccio logico- razionale; 2) Norman: approccio di apprendimento continuo; 3) Mintzberg: approccio a due vie.

La scuola Harvardiana

Tale scuola di pensiero propone, negli anni 50-60 una netta distinzione tra il processo di formulazione ed il processo di attuazione della strategia.

Il primo è un processo conoscitivo-decisionale, che comporta la generazione di alternative strategiche (dette “alternative economiche”) sulla base dell’analisi SWOT, la valutazione delle stesse e, infine, la scelta di quella da realizzare. Mentre il secondo è un processo operativo-gestionale.

Il contributo di Normann

Tuttavia, a causa anche dell’eccessivo dinamismo ambientale e della maggior complessità competitiva, durante gli anni 70-80 Richard Normann ripropone una diversa interpretazione della gestione strategica definendola come un processo di

apprendimento “learning by doing”, in cui formulazione e realizzazione si

intrecciano tra loro, e non si susseguono sequenzialmente, ed in cui la formulazione è via via migliorata grazie alle conoscenze maturate nell’attività di realizzazione (attività di sviluppo, di sperimentazione e verifica).

Questa concezione vede perciò la gestione strategica come la costruzione di una serie di processi e la creazione di forze trainanti all’interno dell’azienda, che promanino la tensione al cambiamento, processi di sviluppo della conoscenza, delle risorse e delle competenze, sia in termini qualitativi che quantitativi, una serie di attività capaci anche di apprendere da ciò che si fa.

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17 Il contributo di Mintzberg

Con Henry Mintzberg nel 1987, si arriva ad un pensiero ancora più distaccato dalla scuola di Harvard. Lo studioso canadese paragona l’attività di gestione strategica a quella propria di un vasaio che modella il suo prodotto. L’artista ha una certa idea da realizzare, ma nel corso del lavoro, sulla spinta di alcuni fatti fortuiti, può prendere forma un oggetto diverso da quello precedentemente pianificato.

Tutto ciò per dire che la strategia realizzata può essere diversa, almeno in parte, da quella deliberata. Questa visione è spiegata dal fatto che la creazione di una strategia avviene attraverso due sotto processi di apprendimento: quello formale

deliberato e quello emergente.

Il primo è contraddistinto da un approccio analitico-razionale e quindi tipicamente top-down ed il secondo è frutto di una serie di prove ed errori nel quale si riscontra una forte componente bottom-up.

Riprendendo perciò quanto detto da Normann circa i processi di apprendimento dalla sperimentazione e dall’esperienza che compongono la gestione strategica, Mintzberg ed altri studiosi pensano che il management debba essere in grado non solo di deliberare strategie vincenti, ma anche di apprendere dalla loro sperimentazione e allo stesso tempo creare condizioni perché si manifestino quelle emergenti, tipiche di un approccio bottom-up, lasciando che queste si realizzino, se valide, a mano a mano che l’azienda accumula esperienza, fino a modificare quella intenzionale (si veda la figura 3).

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Fig. 3 – Il formarsi delle strategie secondo Mintzberg

Fonte: Coda (1988, p. 69)

La formazione del pensiero strategico, dunque, può essere vista come un ciclo di apprendimento senza soluzione di continuità, che si alimenta nel concreto operare, e nel quale si possono individuare due principali componenti: il percorso top down e il percorso bottom up.

Questi non sono due cicli separati, ma bensì due fattori della stessa attività di creazione della strategia che si rafforzano l’un l’altro e definiscono l’intento strategico per colmare il gap tra formula operante e quella desiderata.

Quindi, i processi di gestione strategica costituiscono un momento imprescindibile delle analisi strategiche. La qualità della gestione strategica dell’azienda è una condizione imprescindibile per il durevole successo dell’azienda17

17 «Il successo aziendale alla cui spiegazione sono particolarmente interessati gli studiosi di strategia non è il successo contingente, che poggia su condizioni esterne di particolare favore – come una domanda in forte sviluppo o l’accesso privilegiato a certe fonti di rifornimento o il basso costo di lavoro e così via – prima o poi destinate a venire meno, né il successo che trova spiegazione in un vantaggio di prima mossa, destinato ad esaurirsi dopo un certo tempo; è bensì un successo dalle solide basi, riconducibile a fattori strutturali che hanno a che fare per l’appunto con la strategia dell’impresa, ossia con le sue scelte di posizionamento, di investimento e di accumulo di risorse e competenze» (CODA V., Le determinanti del successo aziendale negli studi di strategia, Università Bocconi, Milano, 2002).

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19 1.3 Il posizionamento competitivo

Negli anni 80 Michael E. Porter con la pubblicazione Competitive Strategy18, ha introdotto i temi dell’attrattività strutturale dei settori e del posizionamento

competitivo delle aziende, che hanno assunto una rilevanza centrale nella dottrina

manageriale.

Tutte le imprese dovrebbero capire qual è il loro posizionamento sul mercato, perché in questo modo possono capire come l’offerta viene percepita dalla

domanda e possono prendere decisioni coerenti.

Oggigiorno, quindi, sapere dove il proprio brand si colloca, qual è il target a cui ci rivolgiamo e come il nostro pubblico ci percepisce è, non solo strategico, ma di assoluta e fondamentale importanza per capire se la direzione in cui l’azienda si sta muovendo è effettivamente quella desiderata.

Inoltre, la coerenza del comportamento aziendale con il posizionamento strategico scelto è essenziale per non correre il rischio di disorientare il target selezionato e per aiutarlo ad identificare correttamente l’offerta aziendale in mezzo a tante altre: es. se punto su un posizionamento competitivo di differenziazione non posso poi offrire prodotti a bassissimo prezzo, che richiamano una strategica di posizionamento di leadership di prezzo, questo rischierebbe di disorientare il cliente, che non riesce più ad avere un’idea chiara su come l’azienda sia posizionata.

Detto questo risulta chiaro che la politica di prezzo, le strategie di comunicazione e le altre scelte di marketing dovrebbero derivare dal modo in cui si è scelto di stare sul mercato.

Questa premessa ci fa capire che qualsiasi tipologia di impresa che opera sul mercato ha un proprio posizionamento all’interno di esso. Questo può essere stato analizzato e ricercato o addirittura essere frutto del caso, in quanto elemento strutturale dell’economia di mercato.

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20

Già da questo risulta importante studiarne gli elementi che lo influenzano per delineare alcune strategie volte a posizionare correttamente la propria azienda.

1.3.1 Che cos’è il posizionamento competitivo

Ma che cosa si intende per posizionamento competitivo? Il posizionamento competitivo consiste nel definire l’offerta e l’immagine di un’impresa in modo tale da consentirle di occupare una posizione distinta e apprezzata nella mente del mercato obiettivo. Riguarda quindi “la percezione che il cliente ha del prodotto o del servizio di un’azienda rispetto ai prodotti/servizi della concorrenza e rispetto al concetto di prodotto ideale”19.

Il valore percepito è influenzato in modo particolare dal

rapporto qualità/prezzo offerto sul mercato: infatti, in base alle caratteristiche funzionali ed estetiche di un prodotto e in base alla sua notorietà (e quindi esclusività), il valore che il consumatore è disposto a sborsare è molto diverso. Ne consegue che più il posizionamento competitivo è chiaro e delineato rispetto alla concorrenza, più sarà facile generare un vantaggio competitivo che sia in grado di guidare e sostenere l’attività economica anche nei momenti di crisi come quello attuale.

Quindi, il posizionamento strategico (o competitivo) dell’impresa è a tutti gli effetti una delle leve del marketing che consente di studiare e capire come un prodotto si posiziona rispetto a quello dei propri concorrenti, all’interno dello scenario competitivo e del mercato dei consumatori.

Inoltre, c’è da dire che grazie agli elementi del marketing mix (prodotto, prezzo, promozione e distribuzione) si avviano poi delle strategie volte appunto alla creazione di valore: individuazione del pricing idoneo, lancio di campagne pubblicitarie, organizzazione di iniziative ed eventi, sponsorizzazioni, nuovi packaging, predisposizione di spazi dedicati all’interno dei punti vendita, gestione evoluta del customer care, ecc.

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21

Tutti questi elementi combinati insieme sulla base degli obiettivi che si vogliono raggiungere e sul mercato di riferimento, consentono di impostare una strategia iniziale per arrivare al posizionamento competitivo desiderato.

Risulta importante dire che quando si analizza il posizionamento competitivo di un’azienda le domande che ci dobbiamo porre sono essenzialmente due:

 quali sono, nel mio mercato, i fattori principali che differenziano i prodotti/servizi? (es. prezzo, materiali, certificazioni, personalizzazione, brand, ecc.);

 dove sono posizionato rispetto agli altri competitor?

Esempi di posizionamento competitivo

Un esempio sotto gli occhi di tutti è il marchio APPLE che è stato un’icona di Posizionamento competitivo/strategico dei suoi prodotti con alla base un marketing mix efficace, non più replicabile al 100% dagli altri marchi.

Anzi, succede spesso che prodotti di altre aziende (smartphone e tablet) vengono chiamati spesso iPhone oppure iPad ed identificati con questi nomi come tipologia di prodotti, anche se in realtà si chiamano in un altro modo (es. Samsung Galaxy Tab).

Tutto questo non dipende dal fatto che iPhone sia stato il primo smartphone touchscreen, ma più che altro da una forte ed intensa attività di marketing mix e brand positioning collegate l’una con l’altra.

Altro casi riusciti di posizionamento strategico (online) sono:

 BOOKING: è la prima cosa che ci viene in mente se vogliamo prenotare un Hotel;

 ZALANDO: è la prima cosa che ci viene in mente se cerchiamo delle scarpe online;

 SUBITO: ci viene in mente quando pensiamo di pubblicare un annuncio online gratuitamente;

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22

 EBAY: spesso ci viene in mente quando pensiamo di mettere in vendita un oggetto usato

 AMAZON: è il sito a cui si pensa prima di acquistare un libro o un ebook online (anche se in realtà oggigiorno ha quasi surclassato Ebay come rivenditore online);

 PAYPAL: è il primo sito che ci viene in mente per fare un pagamento online20.

1.3.2 Definire il posizionamento competitivo

La scelta del posizionamento strategico dovrebbe essere presa già al momento della nascita dell’impresa. È logico, infatti, che quando ci si affaccia sul mercato, si sappia esattamente a chi ci si rivolge.

Questa scelta semplifica la vita sia dell’azienda che dei clienti in quanto con un posizionamento chiaro:

 l’azienda ha deciso qual è l’immagine di sé che vuole trasmettere al mercato e può focalizzarsi meglio sulla produzione;

 i clienti imparano a conoscere e riconoscere l’azienda in mezzo a tante altre, associandogli un’immagine precisa ed unica.

La scelta del corretto posizionamento risulta essere molto importante per almeno due motivi: fa arrivare il giusto prodotto al giusto segmento di mercato ed inoltre aiuta a definire tutte le azioni strategiche ed operative dell’impresa.

Compreso questo è legittimo chiedersi da dove si può partire per definire il giusto posizionamento strategico. Per rispondere a questa domanda bisogna percorrere uno per uno i seguenti passi:

20 RACCIOPPI CARMELO, “Posizionamento strategico e competitivo”, 26/08/2015, http://www.seowebmaster.it/posizionamento/strategico.php.

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23

La segmentazione del mercato e la definizione dei mercati-obiettivo

Per arrivare a definire il posizionamento competitivo ricercato dall’impresa bisogna, prima di tutto, mettere in atto un processo di segmentazione, attraverso il quale l’organizzazione suddivide il mercato in gruppi costituiti da soggetti (individui o altre organizzazioni) che manifestano bisogni comuni e omogenei e rispondono in modo simile alle strategie di marketing.

La segmentazione serve per orientare la scelta del/dei mercato/i, dei target da servire e delle strategie da attuare all’interno di ciascuno di essi. Questo perché un’organizzazione che opera in un determinato mercato è consapevole del fatto di non essere in grado di servire tutti gli acquirenti che ne fanno parte o di riuscire a servirli tutti allo stesso modo: sono troppo numerosi, troppo disperi geograficamente e troppo eterogenei in quanto ad esigenze, desideri, risorse economiche e comportamenti d’acquisto.

Innanzitutto bisogna partire valutando se le preferenze del mercato rispetto agli attributi del prodotto sono omogenee o meno. Al riguardo è possibile distinguere tra:

 Preferenze OMOGENEE: i gusti dei vari consumatori sono molto simili e si concentrano intorno alla medesima combinazione di caratteristiche di un prodotto. Richiede una strategia di marketing di “massa”;

Segmentazione del mercato 1) Identificazione delle basi di segmentazione del mercato; 2) Definizione dei profili di segmentazione; Definizione dei mercati-obiettivo 3) Valutazione della attrattività di ogni segmento; 4) Selezione dei segmenti obiettivo; Posizionamento del prodotto 5) Posizionamento

del prodotto per ogni segmento obiettivo; 6) Definizione del marketing mix per ogni segmento.

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24

 Preferenze AGGLOMERATE: i consumatori si dividono in gruppi che manifestano preferenze diverse rispetto alle possibili combinazioni di prodotto. Richiede una strategia di marketing “differenziata”;

 Preferenze DIFFUSE: le preferenze dei consumatori rispetto alle caratteristiche dei prodotti sono estremamente eterogenee. Richiede una strategia di marketing “personalizzata”.

Dopo di che, per arrivare a definire i nostri mercati obiettivo, dobbiamo scegliere

la base di segmentazione, ossia selezionare una o più variabili che riflettono

effettive differenze nei bisogni, nelle esigenze e nelle motivazioni di acquisto dei consumatori.

Tali variabili sono, generalmente, distinte in due gruppi:

a) VARIABILI STRUTTURALI: riflettono le caratteristiche generali dei clienti

(es. variabili di natura demografica, geografica, socio-economica);

b) VARIABILI COMPORTAMENTALI: si riferiscono allo specifico contesto

in cui il cliente acquista e/o consuma il prodotto e derivano dai “rapporti” tra il cliente e il prodotto (benefici ricercati nel prodotto, intensità di acquisto, situazioni d’uso).

Una volta scelte le nostre variabili si devono stabilire i profili di segmento di

mercato, che descrivono le somiglianze tra i potenziali clienti in un segmento e

spiegano le differenze tra individui ed organizzazioni in diversi segmenti.

I segmenti devono essere omogenei al proprio interno (ciascun segmento deve caratterizzarsi per similitudini significative in relazione ai benefici attesi ed alle risposte agli stimoli di marketing) ed eterogenei all’esterno (differire significativamente dalle caratteristiche degli altri segmenti).

Definiti i profili dei diversi segmenti e valutate le possibili combinazioni prodotto/mercato, è necessario effettuare una valutazione dell’attrattività di

ciascuno di essi. Affinché un segmento possa essere preso in considerazione

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 MISURABILITÁ: ossia deve essere possibile misurarne la dimensione e il potere di acquisto;

 ACCESSIBILITÁ: ossia deve essere raggiungibile dall’organizzazione a costi sostenibili;

 IMPORTANZA: ossia deve consentire prospettive di profittabilità significative;

 PRATICABILITÁ: ossia deve essere servibile attraverso specifici ed efficaci programmi di marketing.

La scelta dei segmenti obiettivo deve basarsi su una valutazione approfondita delle risorse e competenze dell’organizzazione nonché delle prospettive di crescita e dell’attrattività dei singoli segmenti. In linea di massima le scelte dell’organizzazione possono rientrare in tre ambiti principali:

a) STRATEGIA INDIFFERENZIATA: non tiene conto delle differenze

rilevate tra i diversi segmenti e si basa sulla proposta di un unico

marketing-mix per tutti i clienti;

b) STRATEGIA DIFFERENZIATA: l’organizzazione individua i segmenti

principali, ne sceglie uno o più di uno, e definisce azioni di marketing

specifiche per ciascuno di essi;

c) STRATEGIA CONCENTRATA: l’organizzazione sceglie di servire un unico segmento e concentra su di esso tutti gli sforzi di marketing.

La differenziazione ed il posizionamento competitivo

Una volta identificati i vari segmenti obiettivo è necessario definire una scelta di differenziazione e posizionamento.

Per differenziazione si intende l’insieme degli elementi attraverso cui l’organizzazione distingue la propria offerta da quella dei concorrenti (es. attraverso le caratteristiche dei prodotti, i servizi aggiuntivi offerti, l’immagine di marca, ecc.).

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Una volta selezionati gli attributi di differenziazione, essi dovranno essere comunicati in maniera coerente attraverso tutte le componenti del marketing mix, allo scopo di posizionare il prodotto nel modo desiderato nel sistema di percezioni del consumatore.

Infine, arriviamo a definire il nostro posizionamento competitivo, che come già detto esprime la posizione che il prodotto occupa tra le diverse alternative di scelta presenti nella mente del consumatore. Attraverso le scelte di posizionamento, l’organizzazione punta ad acquisire una posizione distintiva rispetto alla

concorrenza (differenziazione dalla concorrenza) e apprezzata dal consumatore

(valore per il consumatore). Il posizionamento desiderato costituisce l’elemento guida per la formulazione delle scelte di marketing-mix (prodotto, prezzo, promozione e distribuzione), che devono essere una esplicitazione coerente, creativa e permanente delle decisioni inerenti il posizionamento competitivo.

1.3.3 Le strategie di posizionamento competitivo e la sua valutazione

Abbiamo visto cosa dobbiamo fare dal punto di vista prettamente teorico per arrivare a definire un corretto posizionamento competitivo. Dopo di che l’azienda dovrà scegliere quale tipologia di strategia di posizionamento adottare.

Le strategie di posizionamento possono essere le seguenti:

1) posizionamento rispetto ad un prodotto concorrente: avviene uno scontro

diretto con il prodotto concorrente, questo si può attuare nel caso il nostro prodotto abbia una solida posizione di mercato;

2) posizionamento in funzione di particolari attributi del prodotto: l’azienda

cerca di associare al proprio prodotto delle caratteristiche o dei benefici per il consumatore (es. la Fiat punta sulla convenienza, la Volvo sulla durata);

3) posizionamento in funzione del prezzo e della qualità: alcuni punti vendita si

caratterizzano per la loro alta qualità, altri invece per le caratteristiche opposte che però gli permettono di praticare prezzi minori (vantaggio competitivo);

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4) posizionamento rispetto all’uso del prodotto: un prodotto per il quale si

scoprono nuovi possibili usi può subire un riposizionamento sul mercato che fa accrescere le sue vendite (es. telefono che diventa videotelefono, introduzione degli smartphone);

5) posizionamento rispetto ad un mercato obiettivo: una volta che viene esaurito

un determinato tipo di mercato, si cercano nuove alternative (si basa ad esempio su elementi demografici (es. la Johnson e Johnson con il calo delle nascite ha proposto gli shampoo oltre che hai bambini anche agli adulti);

6) posizionamento rispetto ad una categoria di prodotti: consiste nell’associare

l’idea del proprio prodotto con quello di una determinata linea di prodotti o viceversa, cioè dissociare le due cose.

Sulla base della strategia adottata arriveremo a definire un certo posizionamento competitivo. Dopo di che sarà necessario valutarlo. Tale valutazione del posizionamento si basa di solito su mappe percettive, che sintetizzano su due o più dimensioni le percezioni dei consumatori circa le caratteristiche dei prodotti/marche e le differenze/similitudini percepite rispetto alla concorrenza. La costruzione di queste mappe avviene di norma selezionando le principali dimensioni su cui si basano i processi di scelta del segmento obiettivo (es. prezzo, qualità, immagine, etc.) e rilevando i giudizi espressi sul possesso di tali attributi da parte delle diverse marche (fig. 5).

Tali analisi vengono di norma condotte con l’ausilio di tecniche statistiche complesse (come l’analisi fattoriale e lo scaling multidimensionale) che consentono di sintetizzare attraverso poche dimensioni latenti una serie ampia di variabili descrittive.

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Fig. 5 – Esempio di mappa percettiva riferito al settore della moda di lusso

Fonte: DE NISCO A., lezione n. 8 “La Segmentazione ed il Posizionamento”, Università del Sannio.

Detto questo è giusto precisare che il posizionamento è visto come un’“arte”, che in base alla scelta degli assi può assumere diverse forme. Tale scelta dunque può offrire numerose opportunità per la individuazione di nuovi mercati e la definizione di strategie innovative.

Inoltre c’è da dire che il posizionamento è una strategia “dinamica”, questo perché non riflette una condizione stabile e duratura, ma nel tempo può mutare o perdere efficacia. Di conseguenza è necessario un monitoraggio continuo per valutare l’opportunità di procedere ad un riposizionamento (vedi paragrafo 1.5).

1.3.4 Le teorie sul posizionamento competitivo

Abbiamo visto come fare per arrivare a definire un corretto posizionamento competitivo/strategico e quali sono le diverse strategie a disposizione dell’azienda. Dal punto di vista prettamente teorico ci sono molteplici scuole di pensiero che descrivono quali sono i fattori di riferimento per definire una valida strategia di posizionamento.

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Qui proponiamo le tre principali e maggiormente accreditate21:

a) Le teorie di Porter sul posizionamento competitivo

Valutare le teorie di Michael E. Porter significa andare al cuore di un aspetto fondamentale del marketing: il posizionamento del brand richiede la capacità di individuare il proprio target di riferimento e le strategie competitive da perseguire per essere coerenti con la mission aziendale definita.

Come affermava James Crook “l’uomo che vuole dirigere un’orchestra deve saper girare le spalle alla folla”. È questo il concept che si deve tener presente quando un’azienda definisce dove e come inserirsi nello scenario competitivo.

Le teorie di Porter, pur essendo piuttosto articolate, possono essere riassunte attraverso due analisi fondamentali: le tre strategie competitive di base e le forze

concorrenziali. Per definire il posizionamento strategico Porter sottolinea come

sia fondamentale gestire da un lato l’inserimento nel panorama competitivo e dall’altro la strategia da preferire per conquistare il cliente ed aumentare le vendite. Tre sono le strategie competitive di base formulate dallo studioso: la leadership

di costi, la differenziazione, la focalizzazione. Un’azienda può scegliere se

puntare sulle strategie di prezzo, piuttosto che su un pubblico di nicchia per generare nel consumatore la cosiddetta brand loyalty.

Altrettanto importante è l’analisi dei competitors. Infatti, per valutare il grado di posizione competitiva molte imprese si sono affidate al modello “Le 5 forze di

Porter”22, che permette all’azienda di ottenere un quadro completo sulla sua dimensione competitiva, di effettuare decisioni strategiche e soprattutto di stabilire i comportamenti e gli atteggiamenti da adottare nei confronti di queste forze.

21 Vedere https://www.gema.it/blog/marketing-comunicazione-e-management/posizionamento-strategico/.

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Il modello prende in considerazione:

1) Il grado di competitività del settore: un’analisi importante deve essere svolta

sull’intensità della concorrenza all’interno di un settore. In alcuni settori le imprese competono in modo aggressivo sul prezzo, in altri preferiscono concentrarsi sulla pubblicità e l’innovazione.

I fattori che si utilizzano per determinare la natura e l’intensità della concorrenza sono: la concentrazione (il n. di imprese operanti in un dato mercato), la diversità strutturale, la differenziazione dell’offerta, la capacità produttiva e la struttura di costo;

2) La minaccia dei potenziali entranti: quando un settore ottiene un rendimento

del capitale superiore al costo del capitale stesso, esercita un effetto di attrazione su imprese esterne ad esso e, a meno che non esistano barriere all’entrata, il tasso di profitto scenderà verso il suo livello competitivo. Per questo valutare la dimensione delle barriere esistenti all’entrata risulta indispensabile, perché il grado di minaccia di nuovi entranti dipende dalla presenza di barriere o meno;

3) Il potere contrattuale degli acquirenti: questo dipende dalla sensibilità al

prezzo, che sarà maggiore quanto maggiore sarà standardizzato il prodotto offerto e minore quanto maggiore è l’importanza del prodotto acquistato e dal potere contrattuale relativo, che è costituito dal potenziale rifiuto a concludere una transazione;

4) Il potere contrattuale dei fornitori: questo può dipendere da elementi quali:

% di acquisti presso un unico fornitore (se esistesse un unico fornitore probabilmente avrebbe un potere elevatissimo), esistenza di prodotti sostitutivi (se il bene fornito ha caratteristiche esclusive il potere dei fornitori sarà molto alto), costi di cambiamento del fornitore e dalla possibilità di integrazione verticale;

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5) La minaccia dei prodotti sostitutivi: il prezzo che i consumatori sono disposti

a pagare per un prodotto dipende, in parte, dalla presenza sul mercato di prodotti sostitutivi, dove l’assenza di sostituti comporta una relativa insensibilità al prezzo. La propensione del consumatore a sostituire il prodotto è il rapporto tra prezzo e qualità dei prodotti sostitutivi.

Tuttavia la minaccia esiste solo se c’è un elevato grado di similitudine tra i prodotti e solo se i costi di riconversione sono modesti.

Fig. 6 – Il modello delle 5 forze competitive di Porter

Fonte: materiale didattico

Con questo modello si propone di individuare le forze che operano nell’ambiente economico e che, con la loro azione, erodono la redditività a lungo termine delle imprese. Tali forze agiscano con continuità e, se non opportunamente monitorate e fronteggiate, portano alla perdita di competitività.

La capacità di un’azienda di ottenere risultati superiori alla media nel settore nel quale è inserita dipendono dall’effetto di queste cinque variabili e dalla sua capacità di posizionarsi all’interno del settore.

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Recentemente, visto che inizialmente non erano presenti, sono state inserite altre due forze competitive al modello:

 i produttori di beni complementari;

 le agenzie governative o regolatori dello Stato.

Oltre alle teorie di Porter si considerano due matrici di portafoglio focalizzate sul binomio profilo competitivo e profilo settoriale.

b) Il posizionamento competitivo di marketing: matrice McKinsey

Investire o uscire dal mercato? Questo è il dubbio amletico che le aziende si

pongono quando si trovano ad analizzare il loro business.

La matrice di McKinsey può sciogliere il quesito.

La McKinsey è una delle principali società di consulenza direzionale alla quale numerose imprese si rivolgono per migliorare le strategie, affinare i loro business e capire su quali aree d’affari puntare e quali invece abbandonare.

A tal proposito la società ha elaborato la matrice Mckinsey che consente di individuare il posizionamento competitivo attuale delle varie aree strategiche di business e quello auspicato, a seguito di una serie di valutazioni.

Le dimensioni su cui viene costruita la matrice sono due e rappresentano gli strumenti di analisi ai fini competitivi:

1) l’attrattività del mercato;

2) le capacità competitive dell’azienda rispetto alle strategic business unit oggetto di valutazione.

Attraverso la matrice è possibile individuare la strategia competitiva migliore da perseguire: se il business riceve risposte dal mercato ed ha elevate possibilità di crescere è bene investire, altrimenti l’alternativa è disinvestire, cercando di recuperare le risorse impiegate, per destinarle altrove.

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La matrice di McKinsey si costituisce di ben 9 quadranti e questo suggerisce strategie alternative che meritano di essere esplorate e attentamente valutate per il successo della propria azienda (vedi fig. 7).

Fig. 7 – La matrice McKinsey: le strategie

Fonte: Prof. BOCCARDELLI PAOLO, “La Matrice Mckinsey”, corso di Strategia di Impresa, LUISS, A.A. 2013-2014.

La matrice può essere utilizzata per analizzare la situazione presente e futura dell’azienda.

L’analisi della situazione attuale prevede 4 steps:

1) Definizione dei fattori critici interni ed esterni: i primi sono controllabili

dall’azienda e sono dei fattori chiave (es. attività funzionali), mentre i secondi non sono controllabili direttamente dall’azienda (es. dimensione del mercato, struttura competitiva, tecnologia, ecc.);

2) Valutazione dei fattori esterni: è necessario identificare il contributo di

ciascuno di essi al livello di attrattività dell’ambiente esterno;

3) Valutazione dei fattori interni: si confrontano con quelli del competitor

principale (attività di benchmarking);

4) Posizionamento attuale del business all’interno della matrice: si colloca il

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N.B. la dimensione dei cerchi può rappresentare il contributo di ogni singolo business ai

profitti totali dell’impresa (dimensione = alle vendite totali) oppure può rappresentare la quota di mercato (dimensione = dimensione dell’industria).

L’analisi della situazione futura prevede altri 4 steps:

5) Previsioni relative ad i trend dei fattori esterni: si identifica l’ambiente

esterno prevedendo una serie di scenari alternativi;

6) Previsioni relative alle posizioni desiderate riguardo ai fattori interni: è

necessario determinare le azioni che l’azienda deve implementare, che sono relative a ciascun fattore interno, con lo scopo di incrementare la capacità competitiva del business;

7) Posizione desiderata del business all’interno della matrice: il match tra il

livello futuro di attrattività dell’industria e la capacità competitiva del business consente, all’azienda, di collocare il business in uno dei nove quadranti;

8) Formulazione di strategie per ciascun business: pianificazione di programmi

di azione generali volti al raggiungimento della capacità competitiva auspicata per il singolo business.

c) Il posizionamento competitivo: matrice Arthur D. Little

Accanto alle teorie di Michael Porter e quelle della McKinsey, si affianca la matrice della Arthur D. Little, che attraverso la schematica rappresentazione

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analizza le diverse business unit dell’azienda e le strategie che meglio si prestano ad essere attuate.

La matrice guarda lo stadio del ciclo di vita del settore (analizza in quale stadio del ciclo di vita si trova il settore nel quale l’azienda opera) per il profilo settoriale, mentre guarda la posizione competitiva per il profilo competitivo.

Fig. 8 – La Matrice Arthur D. Little

Fonte: estratto da http://www.mbaskool.com/business-concepts/marketing-and-strategy-terms/4113-adl-matrix-arthur-d-little.html.

Ci concentriamo sulla dimensione interna che è data dalla posizione competitiva del business che può essere:

 Dominante: la posizione di una società rientra in questa categoria se è un leader di mercato chiaro o ha una posizione monopolistica (es. Intel nel settore dei microprocessori);

 Forte: consente di “non considerare” i concorrenti. Un’azienda forte può seguire una strategia senza troppa considerazione dei movimenti delle aziende rivali;

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 Favorevole: le aziende con una posizione competitiva favorevole operano solitamente nei mercati frammentati e nessuno controlla tutta la quota di mercato. Non c’è un capo definito fra i rivali più forti;

 Difendibile: posizione redditizia e di nicchia;

 Debole: presenza di concorrenti più grandi e più forti;  Insostenibile: totale assenza di capacità competitiva.

A seconda di dove una determinata azienda si trova sulla griglia della ADL deve essere adottata una serie adeguata di strategie per ottenere una maggiore quota di mercato e passare a fasi più elevate del ciclo di vita e delle posizioni competitive.

Il posizionamento strategico resta una delle sfide più ardue da vincere per il management d’azienda: una scelta sbagliata compromette carriere e investimenti milionari.

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1.4 Le dinamiche dei posizionamenti competitivi

Le imprese dopo aver definito il loro posizionamento sul mercato attraverso una certa formula imprenditoriale, cercando di raggiungere un certo vantaggio competitivo, attraverso una determinata strategia, non possono stare tranquille. Questo perché il mercato dinamico ed in continuo mutamento e le imprese al suo interno tenteranno di migliorare continuamente il loro posizionamento competitivo.

I tentativi da parte delle diverse imprese di raggiungere un posizionamento strategico migliore danno origine ad una serie di movimenti, all’interno ed ai confini del sistema. La mossa del singolo operatore tende, a sua volta, a provocare una o più contromosse dei suoi concorrenti o di altre aziende, poiché all’interno del settore le varie imprese sono fra loro interdipendenti e l’andamento di ciascuna può essere influenzato dalle scelte e dalle azioni delle altre, determinando diverse dinamiche dei posizionamenti strategici delle imprese.

Si arriva così a parlare di quelle che sono le dinamiche competitive23, definite come quella serie di mosse e delle contromosse o, in altri termini, l’insieme delle manovre concorrenziali, in cui sono impegnati i diversi attori di un sistema competitivo e che dipendono in larga misura dalla struttura e dalle dinamiche del settore24 (si veda paragrafo 1.4.2).

Le dinamiche competitive risultano differenti per forma e intensità da settore a settore e, all’interno di un settore, da periodo a periodo. L’intensità delle dinamiche originate dalla strategia competitiva di un’impresa varia a seconda:

a) delle caratteristiche della strategia in termini di obiettivi, aggressività, leve

competitive impiegate ecc.;

23 Competitive dynamics refers to the dynamics in the series of initiative and responsive competitive actions among firms in a competitive situation: “the study of competitive dynamics is the study of how firm action affects competitors, competitive advantage, and performance. LAMBERG J.A., “The Evolution of

Competitive Strategies in Global Forestry Industries. Comparative Perspectives”, Springer, Vol. 4, n.30,

2007, p.20.

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