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Valutazione di alcuni aspetti microbiologici in prodotti carnei cotti tradizionali

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI ED

AGRO-AMBIENTALI

CORSO DI LAUREA IN BIOSICUREZZA E QUALITA' DEGLI ALIMENTI

Valutazione di alcuni aspetti microbiologici in prodotti carnei

cotti tradizionali

Relatori:

Dott. Filippo Fratini Dott. Roberto Fischetti Correlatore

Prof. Domenico Cerri

Laureanda: Alessandra Longobucco

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Sommario

Introduzione... 6

Capitolo 1. Caratteristiche microbiologiche delle carni fresche... 8

1.1 Fonti di contaminazione microbica ... 9

1.2 Fattori che condizionano lo sviluppo microbico... 10

1.2.1 Parametri intrinseci- Activity water (aw)... 11

1.2.2 pH ... ... 11

1.2.3 Potenziale redox... 11

1.2.4 Contenuto di nutrienti e presenza di componenti microbici... 12

1.2.5 Strutture biologiche... ... ... 13

1.2.6 Parametri estrinseci-Temperatura di conservazione... 13

1.2.7 Umidità relativa (UR)... 14

1.2.8 Confezionamento, presenza e concentrazione di gas nell'ambiente...14

1.3 Fattori che favoriscono la crescita selettiva dei batteri lattici ...15

1.4 Principali alterazioni causate dai LAB nei prodotti carnei cotti... 16

1.4.1 Alterazione dell'aroma e produzione di gas... ... 16

1.4.2 Slime e formazione di essudato... 17

1.4.3 Alterazione del colore... 18

Capitolo 2. Batteri lattici Caratteristiche generali dei batteri lattici ...19

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2.1.1 Metabolismo omofermentante degli esosi ... 20

2.1.2 Metabolismo eterofermentante degli esosi ... 20

2.2 Batteri lattici più frequenti nei salumi... 22

2.2.1 Genere Lactobacillius ... 22

 Lattobacilli omofermentanti obbligati... 22

 Lattobacilli eterofermentanti facoltativi... 22

 Lattobacilli eterofermentanti obbligati... 23

2.2.2 Genere Leuconostoc .... ... ... 23

2.2.3 Genere Weissella ... ... 24

2.2.4.Genere Enterococcus ... ... 24

2.2.5 Genere Carnobacterium... 25

2.2.6 Genere Lactococcus ... 26

2.3 Altri microrganismi contaminanti i prodotti carnei ... ... 26

2.3.1 Cocchi coagulasi negativi... 26

2.3.2 Enterobatteri ... ... 27

2.3.3 Brochothrix thermosphacta ... ... 27

Capitolo 3. Caratteristiche dei prodotti oggetto di studio 3.1 Classificazione dei salumi... 29

3.2 Biroldo della Garfagnana (Presidio Sloow food) ... ... 29

3.3 Sopressata Toscana ... ... 32

Scopo della tesi... 34

Capitolo 4.Materiali e metodi 4.1 Biroldo della Garfagnana ... ... 35

4.2 Soppressata Toscana ... ... 36

4.3 Analisi chimico-fisiche ... ... 37

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4.3.2 Determinazione del pH... 37

4.4 Analisi microbiologiche... ... 38

4.4.1 Carica mesofila totale... 38

4.4.2 Coliformi totali ed E.coli... 38

4.4.3 Micrococcaceae... 38

4.4.4 Enterococchi... 38

4.4.5 Listeria monocytogenes (esame colturale ufc/g)... 39

4.4.6 Conteggio della flora lattica ed isolamento dei ceppi... 39

4.5 Calcolo delle ufc/g... 40

4.6 Identificazione fenotipica dei ceppi isolati... 40

4.7 Identificazione molecolare dei ceppi isolati... ... ... 42

4.7.1 Sequenziamento... 43

Capitolo 5 Risultati e discussione 5.1 Risultati delle analisi microbiologiche condotte sui campioni di biroldo... 45

5.2 Risultati delle analisi chimico-fisiche condotte sui campioni di biroldo... 48

5.3 Risultati delle analisi microbiologiche condotte sulla soppressata... 49

5.4 Risultati dell'identificazione fenotipica e molecolare dei ceppi isolati... 56

Conclusioni... 64

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6 Introduzione

La tesi si inserisce nell’ambito di un più ampio studio previsto per la ricerca corrente del Ministero della Salute 2015 “Rischio microbiologico in produzioni locali e tradizionali: metodologie per la determinazione della shelf-life " (LT 05/15 RC ).

In occasione di analisi su campioni ufficiali di alimenti, previsti dal Piano Regionale Toscano, effettuate presso la Sezione di Pisa dell’Istituto Zooprofilattico delle regioni Lazio e Toscana sono emerse positività per Listeria monocytogenes in prodotti tradizionali di salumeria cotti (soppressata e biroldo). In seguito a queste positività sono stati programmati ulteriori studi su questi prodotti nell’ambito della ricerca LT 05/15 RC.

Nel caso della soppressata è stato condotto un challenge test volto a verificare la crescita di Listeria monocytogenes in condizioni di conservazione a 8°C. I campioni di biroldo sono stati invece oggetto di un durability test condotto, anche esso, in condizioni di conservazione ad 8°C.

Il challenge test ed il durability test sono studi previsti dall'Allegato 2 del Regolamento 2073/05, che possono essere condotti per verificare che i criteri di sicurezza alimentare siano rispettati per tutto il periodo di conservabilità del prodotto. In particolare il challenge test può essere definito una "prova per determinare la capacità dei microrganismi in questione, debitamente inoculati, di svilupparsi o sopravvivere nel prodotto in diverse condizioni di conservazione ragionevolmente prevedibili". Il durability test prevede invece di "valutare lo sviluppo o la sopravvivenza dei microrganismi in questione che possono essere presenti nel prodotto durante il periodo di conservabilità, in condizioni ragionevolmente prevedibili di distribuzione, conservazione e uso".

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Dai risultati preliminari ottenuti è stato ipotizzato che, nonostante si tratti di prodotti cotti e non fermentati, la flora lattica presente possa agire come un fattore limitante sulla crescita di Listeria spp.

Sulla base di queste premesse ci è sembrato interessante andare ad analizzare nel dettaglio la presenza di flore lattiche all'interno di prodotti carnei cotti in modo da valutare quale potesse essere il loro ruolo. Nello specifico il presente lavoro di tesi si è posto i seguenti obbiettivi:

1) valutare la concentrazione e la composizione della flora lattica in questi prodotti allo scopo di ottenere informazioni dettagliate sulle specie presenti dal momento che non è stato possibile reperire dati al riguardo in letteratura 2) allo scopo di completare lo studio, sono stati rilevati i dati di pH, Aw, carica

batterica mesofila totale, micrococcaceae e coliformi per ogni campione analizzato.

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8 Capitolo 1

Catteristiche microbiologiche delle carni fresche

In un animale vivo e in perfetto stato di salute le masse muscolari sono sterili fino al momento della macellazione. In seguito alla macellazione e all'eviscerazione, infatti, il grado di contaminazione della carcassa risulta elevato a causa dei batteri provenienti dalla pelle, dai visceri e dall'ambiente; esso è quindi strettamente correlato alle condizioni igieniche in cui si opera.

Nel 1949 Ingram propose di dividere la flora microbica presente sulle carni in due gruppi:

 Batteri estrinseci, presenti nelle parti superficiali delle carni. Essi rappresentano la porzione predominante dei batteri della carne e derivano principalmente dall'ambiente, per contaminazione dell'atmosfera e delle attrezzature oltre che dalle operazioni di manipolazione (Grazia et al., 2011; Pearce et al., 2006).

 Batteri intrinseci, presenti nei tessuti profondi di animali sani. Essi derivano dall'intestino degli animali macellati e raggiungono il tessuto muscolare, prima o dopo la morte dell'animale, attraverso vie interne. L'importanza igienica di questi batteri è stata contestata da diversi autori i quali hanno dimostrato l'assenza di cellule microbiche nel tessuto muscolare profondo di animali macellati in condizioni normali (Gill, 1979).

Diversi studi hanno dimostrato che i batteri che si trovano nel tessuto muscolare profondo sono in realtà batteri estrinseci che contaminano la carne durante le operazioni di manipolazione post-macellazione. Le cellule batteriche contaminanti provengono dalla pelle, dal contenuto gastrico e dall'ambiente. Dalla pelle provengono principalmente micrococchi e stafilococchi; dall'intestino provengono gli

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enterobatteri e tutti i batteri intestinali mentre dall'ambiente provengono batteri diffusi in natura in particolare batteri lattici e vari tipi di batteri putrefacenti (Gill 2005). Poiché la carne è tenuta a temperatura di refrigerazione la flora contaminante è rappresentata principalmente da batteri psicrotrofi.

L'entità della carica contaminante dipende dalle condizioni igieniche dell'ambiente di lavorazione, degli strumenti utilizzati e dalle modalità operative; in letteratura i valori numerici, riferiti alla contaminazione superficiale delle carni al termine dell' eviscerazione e della sezionatura della carcassa, sono ≥ 10³ ufc/cm², ed in differenti realtà e tecnologie possono raggiungere concentrazioni di 4,2-4,5 log10 ufc/cm2

(Bolton et al., 2002, Zweifel et al., 2008).

Nel caso dei prodotti carnei cotti il trattamento termico delle materie prime, condotto generalmente ad una temperatura minima di 65-75°C, permette di eliminare tutte le cellule vegetative, tuttavia possono rimanere inalterate le spore di germi appartenenti al genere Clostridium e Bacillus. Inoltre, nel caso in cui il trattamento termico non sia condotto nella maniera più idonea, potrebbe risultare insufficiente all'eliminazione delle specie batteriche più termotolleranti come gli Enterococchi.

1.1 Fonti di contaminazione microbica

In seguito al trattamento termico le materie prime possono subire una ricontaminazione per mezzo dei batteri presenti nell'ambiente di lavorazione. Le fonti di contaminazione sono rappresentate soprattutto dai piani di lavorazione nonché da macchinari ed utensili utilizzati per la triturazione delle materie prime. L'aggiunta di sale e di spezie rappresenta un ulteriore apporto di batteri contaminanti inoltre, diversi studi hanno evidenziato la presenza sul prodotto finito degli stessi batteri isolati da campioni d'aria dimostrando quindi che l'aria dell'ambiente di produzione rappresenta un mezzo per la diffusione di germi contaminanti (Makela et

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al.,1992; Korkeala et al., 1990). Un'ulteriore fonte di contaminazione è rappresentata dagli stessi operatori addetti alla lavorazione del prodotto soprattutto nel caso delle produzioni artigianali in cui l'insaccatura e la legatura del prodotto sono effettuate manualmente (Samelis et al., 2000).

1.2 Fattori che condizionano lo sviluppo microbico

La capacità dei microrganismi di crescere all'interno degli alimenti è strettamente correlata a diversi fattori i quali possono essere distinti in parametri intrinseci, relativi alle caratteristiche proprie dell'alimento e parametri estrinseci che possono essere definiti come l'insieme delle caratteristiche dell'ambiente di conservazione.

Tabella 1 Parametri che condizionano lo sviluppo microbico.

Sono distinti in due gruppi: parametri intrinseci e parametri estrinseci

Parametri che condizionano lo sviluppo microbico

Parametri intrinseci Parametri estrinseci

Activity water (Aw)

Strutture biologiche Umidità relativa Presenza e concentrazione di gas nell'ambiente di conservazione

Presenza ed attività degli altri microrganismi pH Potenziale redox Contenuto di nutrienti Presenza di composti antimicrobici Temperatura di conservazione

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11 1.2.1 Parametri intrinseci - Activity water (aw)

L'activity water è la misura della quantità di acqua presente in un alimento che è disponibile per la crescita dei microrganismi poiché utilizzabile per le reazioni biochimiche ed enzimatiche e per la sintesi di materiali cellulari. Questo parametro è definito dal rapporto tra la pressione di vapore dell'acqua presente nell'alimento (p) e la pressione di vapore dell'acqua pura alla stessa temperatura (p0). I diversi

microrganismi necessitano, per la loro crescita, di valori minimi di aw differenti; in

generale i batteri Gram-negativi sono più esigenti dei Gram-positivi. Nei prodotti carnei cotti il valore dell'aw risulta generalmente maggiore di 0,94; ciò permette la

crescita della maggior parte dei microrganismi (Aymerich et al., 2002).

1.2.2 pH

Il pH risulta uno dei parametri più importanti nella selezione dei batteri presenti all'interno di un prodotto alimentare. La maggior parte dei microrganismi cresce a valori di pH neutro (6,6-7,5), tuttavia come per l'aw, ogni specie batterica presenta un

pH ottimale di crescita. I prodotti carnei cotti presentano un pH alto (circa 6 ) il quale, insieme alla presenza di tessuto adiposo, favorisce i processi di deterioramento a causa di una crescita più rapida di batteri alteranti (Ray Buhia, 2013; Aymerich et al., 2002).

1.2.3 Potenziale redox (Eh)

Il potenziale redox indica l'attitudine di un substrato a cedere (agente riducente) o acquisire elettroni (agente ossidante); è espressione del pH, dell'atmosfera gassosa del prodotto e della presenza di sostanze riducenti.

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In linea generale per crescere i microrganismi aerobi necessitano di un Eh positivo (ambiente ossidante) mentre quelli anaerobi necessitano di un ambiente riducente (Eh negativo) (Jay et al., 2009).

I batteri microaerofili crescono meglio in condizioni leggermente riducenti; rientrano in questo gruppo alcuni lattobacilli la cui crescita risulta infatti favorita nei prodotti carnei cotti il cui Eh è compreso tra +90mV e -50mV (Cenci-Goga, 2012).

1.2.4 Contenuto di nutrienti e presenza di componenti antimicrobici

Per svilupparsi e sopravvivere nei prodotti alimentari tutti i microrganismi necessitano della presenza nell'ambiente di acqua, fonti di energia, fonti di azoto, vitamine e minerali.

I prodotti carnei sono ricchi di proteine, lipidi, vitamine e sali minerali, ma poveri di carboidrati; questa composizione permette lo sviluppo di alcune specie batteriche (alteranti) piuttosto che di altre.

All'interno degli alimenti la presenza di sostanze antimicrobiche naturalmente presenti o di additivi chimici rappresenta un ulteriore contributo nella selezione delle specie in grado di svilupparsi. Tra i composti naturalmente presenti, aventi attività antimicrobica, vi sono il lisozima nelle uova e nel latte, la lattoferrina e lattoperossidasi nel latte e negli alimenti di origine vegetale, gli oli essenziali. Oltre all'impiego dei tradizionali additivi chimici ad azione antimicrobica, quali nitrati e nitriti, negli ultimi anni è cresciuto l'interesse verso l'impiego di sostanze naturali con attività antibatterica tra cui: oli essenziali di origine vegetale, colture e/o metaboliti batterici (batteriocine) il cui impiego nei prodotti carnei cotti è in grado di migliorarne la stabilità microbiologica e la sicurezza d'uso (Doulgerakiet al., 2012; Ercolini et al., 2010; Skandamis PN Nychas GJ, 2001).

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13 1.2.5 Strutture biologiche

Il naturale rivestimento di alcuni alimenti fornisce loro un'eccellente protezione fisica contro l'ingresso di microrganismi alteranti. In questa categoria sono comprese strutture come il guscio dei semi, la buccia esterna della frutta, la parte più esterna e le membrane delle uova. Per quanto riguarda le carni, la pelle più esterna che le riveste previene la contaminazione e il deterioramento di questi alimenti, in parte perché essa tende ad asciugarsi più rapidamente rispetto alle superfici appena tagliate per cui risulta minore l'acqua disponibile per la crescita microbica (Jay et al., 2009; Cenci-Goga, 2012).

1.2.6 Parametri estrinseci- Temperatura di conservazione

La temperatura di conservazione influenza la durata della fase di latenza, il tasso di crescita massimo ed il numero finale di cellule. Le basse temperature di conservazione determinano una diminuzione della velocità di crescita batterica e favoriscono lo sviluppo delle specie psicrotrofe (temperatura ottimale di crescita compresa tra 4°C e 7°C) sia Gram-positive, come i batteri lattici che Gram-negative, come Pseudomonas spp. (Doulgeraki et al., 2012). Le specie e i ceppi mesofili (temperatura ottimale di crescita 30°C/40°C) come stafilococchi, micrococchi e lattobacilli mesofili in genere non sono in grado di crescere nei prodotti alimentari poiché conservati a temperatura di refrigerazione, ma possono farlo se le altre condizioni di crescita sono ottimali. I batteri termofili (temperatura ottimale di crescita compresa tra 55°C/65°C) di maggior interesse alimentare appartengono ai generi Bacillus e Clostridium ed assumono particolare interesse nell'industria conserviera (Jay et al.,2009).

Nei prodotti carnei cotti confezionati sottovuoto la popolazione batterica dominante è quella dei batteri lattici tuttavia il tasso di crescita di ciascun genere è influenzato

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dalla temperatura: i lattobacilli prevalgono a temperatura compresa tra 4°C e 7°C mentre a temperature più basse prevalgono i Carnobatteri (Ray and Bhunia, 2013).

1.2.7 Umidità relativa

L'umidità relativa dell'ambiente di conservazione è importante in quanto influenza sia l'aw degli alimenti che lo sviluppo dei microrganismi in superficie.

Un alimento che presenta un valore basso di aw deve essere conservato in condizioni

di umidità relativa tali da non consentire l'assorbimento di acqua dall'ambiente in quanto, ciò favorirebbe l'aumento dell' aw e quindi lo sviluppo microbico. Viceversa

un alimento caratterizzato da un alto valore di aw, posto in un ambiente a bassa

umidità relativa tende a perdere umidità ciò a scapito delle qualità organolettiche del prodotto per cui, al fine di limitare la contaminazione superficiale ed il deterioramento dell'alimento, senza comprometterne le caratteristiche sensoriali, è necessario modificare l'atmosfera di conservazione senza abbassare il valore di umidità relativa (Cenci-Goga, 2012).

1.2.8 Confezionamento, presenza e concentrazione di gas nell'ambiente

Le condizioni di confezionamento e di conseguenza la composizione gassosa all'interno dell'involucro del prodotto alimentare influenzano in maniera determinante la composizione della microflora del prodotto. La presenza di elevate concentrazioni di O2 promuove lo sviluppo di Pseudomonas spp. considerati la

principale causa di deterioramento dei prodotti carnei conservati in condizioni aerobie. Il confezionamento sottovuoto o in atmosfera modificata comporta un'elevata concentrazione di CO2 nella composizione gassosa all'interno dell'

involucro; ciò favorisce lo sviluppo di specie anaerobie facoltative come i LAB a scapito delle specie aerobie.

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Infine, un ulteriore contributo alla selezione dei microrganismi che si sviluppano nei prodotti alimentari è rappresentato dall'effetto inibitorio esercitato da alcuni membri della microflora dell'alimento stesso su altri microrganismi. Questo fenomeno verrà discusso nel capitolo 5 (Cenci-Goga, 2012).

1.3 Fattori che favoriscono la crescita selettiva dei LAB (lactic acid bacteria)

I batteri lattici sono organismi molti diffusi nell'ambientale, presenti in alte concentrazioni negli ambienti di macellazione e lavorazione delle carni. Per la loro ubiquità e le loro caratteristiche generali (vedi capitolo 2) trovano buone condizioni di sviluppo nei prodotti carnei, carne fresca e prodotti carnei cotti confezionati sottovuoto e conservati a temperatura di refrigerazione nei quali rappresentano la principale causa di contaminazione (Iulietto et al.,2016; Daneysa et al., 2015; Cantoni et al., 2011; Audenaert et al, 2010; Hu et al., 2009; Ammor et al., 2005;).

La crescita dei LAB in questi prodotti è favorita, durante la conservazione, da diversi fattori che agiscono in modo sinergico inibendo lo sviluppo delle specie batteriche Gram-negative a favore delle specie anaerobie facoltative. Il confezionamento sottovuoto determina la formazione di un ambiente microaerofilo caratterizzato da una bassa concentrazione di O2 ed un'alta concentrazione di CO2; a ciò si associa

anche la presenza di NaCl in concentrazione superiore al 2,5% che inibisce la crescita delle specie non alofile a favore di quelle alofile e alotolleranti come i LAB. Un altro fattore è rappresentato dalla conservazione del prodotto a temperatura di refrigerazione (generalmente compresa tra 0°C e 4 °C) la quale favorisce lo sviluppo dei batteri psicrotrofi. Inoltre l'eventuale aggiunta di additivi ad azione antibatterica, quali in particolare i nitriti, che non hanno nessun effetto inibente sui LAB, contribuisce a rendere predominante per tutto il periodo di conservazione la carica di LAB rispetto a quella delle altre specie eventualmente presenti (Mellefont et al 2008).

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La moltiplicazione dei LAB nei prodotti carnei cotti può comprometterne le caratteristiche commerciali in quanto essi possono dare origine ad inacidimento ed alterazioni del colore che rendono l'alimento non commestibile.

1.4 Principali alterazioni causate dai LAB nei prodotti carnei cotti

Diversi sono gli studi che negli anni hanno dimostrato il ruolo alterante dei batteri lattici nei prodotti carnei cotti. Queste alterazioni sono generalmente provocate da enterococchi e batteri lattici eterofermentanti come Leuconostoc, Weissella, Lactobacillus, Carnobacterium e, in misura minore, da alcuni lattobacilli omofermentanti (Hu et al., 2009, Grazia et al.,2009).

Le alterazione di cui sono responsabili sono dovute ai prodotti del loro metabolismo: acido lattico, acido acetico, etanolo, acido proprionico e CO2 che possono

compromettere le caratteristiche sensoriali del prodotto fino a renderlo inaccettabile per il consumo (Vermeirein et al., 2004).

1.4.1 Alterazioni dell'aroma e produzione di gas

I LAB possono essere responsabili dell'alterazione sensoriale del prodotto in cui sono presenti in quanto, soprattutto durante la fase di crescita logaritmica e la fase stazionaria, producono acido acetico ed acido lattico il cui accumulo può rendere inaccettabile per il consumo il prodotto contaminato. La concentrazione di questi composti all'interno del prodotto dipende da diversi fattori quali: la disponibilità di substrati, le specie ed i ceppi coinvolti, in relazione alle diverse capacità metaboliche, e la carica con cui essi sono presenti; diversi studi hanno dimostrato che cariche di LAB superiori a 7 log10 ufc/g sono associate con alterazione sensoriale del prodotto

contaminato (Nychaset et al., 2008; Vermeiren et al., 2004; Korkeala et al., 1996). E' stata dimostrata inoltre l'esistenza di una correlazione tra il tasso di acidificazione

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esercitato da una determinata specie di batteri lattici ed il suo relativo tasso di crescita infatti, le specie che crescono più rapidamente (specie appartenenti al genere Leuconostoc) presentano una maggiore capacità di acidificazione (Sadè, 2011; Vermeiren et al., 2004). Inoltre la produzione di altri composti organici volatili come acido butanoico e acetoino è responsabile di off-flavours (Krockel., 2013).

Tra le alterazioni che si verificano più frequentemente nei prodotti carnei cotti confezionati sottovuoto vi è l'aumento di volume delle confezioni definito bombaggio; è dovuto all'aumento della concentrazione di CO2 all'interno nei prodotti

confezionati sottovuoto il quale è dovuto ai sottoprodotti metabolici di batteri lattobacilli eterofermantanti come Lactobacillus brevis, Lactobacillus fermentum e Leuconostoc mesenteroides (Hernández-Macedo et al., 2012, Grazia et al., 2009).

1.4.2 Slime e formazione di essudato

Questa alterazione consiste nella formazione di una patina gommosa e viscosa sulla superficie del prodotto. Tra le principali specie in grado di provocare tale alterazione vi sono Leuconostoc gelidum, Lactobacillus sakei e Lactobacillus curvatus.

La patina viscosa formata da questi batteri è costituita da esopolisaccaridi (EPS) la cui produzione è favorita in condizioni di stress cellulare ed è associata ad un meccanismo di protezione attuato dalle cellule batteriche contro la disidratazione, la fagocitosi, l'attacco di batteriofagi, di composti tossici ed antibiotici oppure, alla formazione di biofilm che permettono alle cellule l'adesione alle superfici dell'ambiente in cui si trovano o il riconoscimento cellulare (Ullrich, 2009).

Inoltre l'abbassamento del pH dovuto all'accumulo di acidi organici può determinare una riduzione della capacità delle proteine di trattenere acqua con conseguente accumulo nelle confezioni di un liquido lattiginoso (Diez et al., 2009)

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18 1.4.3 Alterazioni del colore

Risulta una delle alterazioni più frequenti e più facilmente visibile. E' correlata alla capacità di alcuni batteri lattici, Leuconostoc, Weissella viridans, Lactobacillus sakei, enterococchi e Carnobatteri di produrre ed accumulare perossido d'idrogeno. A contatto con l'ossigeno, quindi al momento dell'apertura delle confezioni, il perossido d'idrogeno provoca l'ossidazione del nitrosomiocromogeno, pigmento responsabile del colore rosato della carne cotta, conferendo al prodotto a contatto con l'O2 colore verdastro (Sade., 2011; Doulgerakiet al., 2012). Per quanto riguarda le

specie appartenenti al genere Carnobacterium tutte producono perossido d'idrogeno ma solo per le specie Carnobacterium divergens e Carnobacterium viridans è stato osservato inverdimento superficiale in prosciutti cotti (Cantoni., 2014; Holley e Coll., 2002.

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19 Capitolo 2- Batteri lattici

2. Caratteristiche generali dei batteri lattici

I batteri lattici sono cosi definiti in relazione alle loro caratteristiche metaboliche: attraverso la fermentazione degli zuccheri essi producono prevalentemente acido lattico.

Questa definizione non è però sufficiente a delineare in maniera chiara il gruppo in quanto la produzione di acido lattico mediante fermentazione risulta un processo molto diffuso nel mondo batterico. Attualmente sono considerati batteri lattici quelli che presentano le seguenti caratteristiche: cellule regolari di forma sferica o allungata a bastoncino, Gram-positivi, anaerobi facoltativi, catalasi negativi, ossidasi negativi, immobili e non sporigeni.

La prima classificazione universalmente accettata fu quella formulata da Orla-Jensen (1919) effettuata in funzione della morfologia cellulare, dei prodotti della fermentazione e dell'influenza esercitata dalla temperatura sulla loro crescita. Negli anni a seguire la classificazione ha subito varie revisioni basate tutte sullo schema originale proposto da Orla-Jensen; la più recente e aggiornata classificazione tassonomica dei batteri lattici è basata sulla classificazione fenotipica che fa riferimento al Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology (Vos et al., 2009).

Al gruppo dei batteri lattici appartengono attualmente 12 generi: Aerococcus, Carnobacterium, Enterococcus, Lactobacillus, Lactococcus, Leuconostoc, Oenococcus, Pediococcus, Streptococcus, Tetragenococcus, Vagococcus e Weissella. Nel paragrafo 2.2 verrà riportata una breve descrizione dei generi d'interesse nei salumi.

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20 2.1 Classificazione dei batteri lattici in base alla capacità fermentativa

I batteri lattici possono fermentare gli zuccheri esosi secondo due diversi schemi metabolici:

 Fermentazione omolattica: via glicolitica, il glucosio viene convertito quasi esclusivamente in acido lattico;

 Fermentazione eterolattica: via 6-fosfogluconato/fosfochetolasi gli zuccheri sono convertiti in acido lattico, acido acetico e CO2 .

La metabolizzazione dei pentosi avviene invece attraverso la via dei pentoso fosfati in tutti i batteri lattici.

2.1.1 Metabolismo omofermentante degli esosi

I batteri omofermentanti metabolizzano il glucosio attraverso la via glicolitica con formazione del piruvato che, ad opera dell'enzima lattato deidrogenasi, è ridotto ad acido lattico con contemporanea ri-ossidazione dell'coenzima NADH.

Da ogni molecola di glucosio fermentata sono prodotte due molecole di acido lattico e due molecole di ATP (Grazia et al., 2011).

2.1.2 Metabolismo eterofermentante degli esosi

Nei batteri lattici eterofermentanti la metabolizzazione degli esosi non avviene per glicolisi, ma attraverso la via dei pentoso fosfati poiché essi sono sprovvisti dell' enzima aldolasi (enzima che nella glicolisi catalizza la scissione del fruttosio difosfato nei due trioso fosfati, gliceraldeide-3-fosfato e diidrossiacetone-fosfato). Nella via dei pentoso fosfati il glucosio dopo fosforilazione, ossidazione a 6-fosfogluconato e decarbossilazione viene trasformato in xilulosio-5-fosfato.

A questo punto, l'enzima fosfochetolasi opera la scissione dello xilulosio in gliceraldeide-3-fosfato, che viene inseguito metabolizzata ad acido lattico attraverso

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la via omofermentativa, e acetil-fosfato ridotto successivamente ad etanolo oppure in condizioni aerobie, ad acido acetico.

Mediante fermentazione eterolattica da una mole di glucosio si ottengono acido lattico, etanolo o acido acetico, CO2 e una mole di ATP.

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22 2.2 Batteri lattici più frequenti nei salumi

2.2.1 Genere Lactobacillus

Il genere Lactobacillus comprende batteri lattici di forma bastoncellare con

dimensioni variabili; alcuni possono essere molto corti ed essere infatti, confusi con cocchi.

Dal punto di vista metabolico questo genere comprende tre gruppi (Kandler e Weiss., 1996):

 Lattobacilli omofermentanti

 Lattobacilli eterofermentanti facoltativi

 Lattobacilli eterofermentanti obbligati

Lattobacilli omofermentanti obbligati

Producono esclusivamente acido lattico mediante fermentazione degli esosi per via glicolitica mentre non sono in grado di metabolizzare i pentosi. Generalmente non producono gas tuttavia, mediante decarbossilazione del piruvato possono produrre piccole quantità di acido acetico, acetoino e CO2. A questo gruppo appartengono

molte specie termofile tra cui: L. delbrueckii subsp. delbrueckii, L. delbrueckii subp. bulgaricus e L. delbrueckii subsp. lactis, L.acidophilus di grande importanza nel settore lattiero-caseario, ma di scarso interesse nei salumi (aggiungere biblio

Lattobacilli eterofermentanti facoltativi

Per fermentazione degli esosi producono acido lattico come gli omofermentanti ma, in carenza di glucosio possono formare anche acido acetico, acido formico/etanolo; fermentano i pentosi con produzione di acido lattico ed acetico. A questo gruppo

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appartengono lattobacilli mesofili a larga diffusione ambientale alcuni dei quali intervengono in modo positivo nella produzione dei salumi fermentati.

Lattobacilli eterofermentanti obbligati

Fermentano gli esosi con produzione di acido lattico, acido acetico e CO2 ed i pentosi

con produzione di acido lattico e acido acetico. Sono quasi tutti mesofili ed hanno larga diffusione ambientale per cui sono molto diffusi nei prodotti alimentari ed intervengono nei processi fermentativi.

In linea generale i lattobacilli eterofermentanti possono assumere un ruolo negativo nel conferimento dei caratteri organolettici nei prodotti carnei.

2.2.2 Genere Leuconostoc

Al genere Leuconostoc appartengono cellule sferiche disposte in paia o a catenelle, obbligatoriamente eterofermentanti. Tutte le 14 specie appartenenti a questo genere sono mesofile e possono crescere fino a 5°C per cui anche nei prodotti conservati a temperatura di refrigerazione. Sono molto diffusi in natura e sono quindi normali contaminanti dei prodotti alimentari in generale; nei salumi la loro presenza non è del tutto gradita in relazione alla loro capacità di produrre esopolisaccaridi, acido acetico e CO2 responsabile del bombaggio delle confezioni di salumi confezionati

sottovuoto. Negli anni '90, grazie allo studio delle sequenze 16S rRNA, dal genere Leuconostoc è stato possibile separare altri due nuovi generi: Oenococcus e Weissella (Grazia et al., 2011).

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24 2.2.3 Genere Weissella

A questo genere appartengono specie di varia forma: a bastoncino corto, ovoidali o pleomorfe. Presentano metabolismo eterofermentativo e sono in grado di crescere a temperatura compresa tra 15°C e 45°C ma non a temperatura di refrigerazione. Il genere comprende 11 specie alcune delle quali interessano i salumi come alteranti, responsabili di alterazioni del colore, come la produzione di pigmenti verdastri, e bombaggio delle confezioni.

Le caratteristiche fenotipiche delle cellule appartenenti a questo genere sono molto vicine a quelle del genere Leuconostoc per cui spesso la differenziazione risulta difficile.

2.2.4 Genere Enterococcus

Il genere comprende cellule di forma sferica o ovoidale, anaerobi facoltativi, e omofermentanti obbligati in grado di svilupparsi in un range di temperatura piuttosto ampio, da 10°C fino a 45°C; sono molto resistenti alle alte temperature ed in grado di svilupparsi anche a valori di pH bassi, prossimi a 4.

Sono batteri autoctoni presenti nel tratto intestinale dell'uomo e degli animali per cui ampiamente diffusi nell'ambiente e quindi facili contaminanti di prodotti carnei crudi e cotti. Nei prodotti carnei cotti la loro presenza è dovuta soprattutto alla resistenza al trattamento termico; se presenti in concentrazione superiore a 105 ufc/g possono

essere causa di alterazioni sensoriali come inverdimento, inacidimento e alterazione dell'aroma (Giraffa., 2002). In alcuni alimenti, in particolare prodotti lattiero-caseari e salumi fermentati, si ritiene che la presenza di alcune specie, come Enterococcus faecalis ed Enterococcus faecium, contribuisca alla maturazione e allo sviluppo dell'aroma e del sapore per mezzo della loro attività lipolitica e proteolitica (Cantoni, 2016; Giraffa 2003)

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25

In relazione alle caratteristiche protecnologiche di alcuni ceppi, come l'azione probiotica di alcuni e la produzione di batteriocine attive contro Listeria monocytogenes, Staphylococcus aureus e Clostridium botulinum, sono stati inclusi nella produzione di colture starter da impiegare nei prodotti fermentati. Tuttavia, sia il loro impiego a scopo protecnologico che la loro presenza come contaminanti ambientali, desta delle preoccupazioni in quanto, diverse specie sono state isolate in casi di infezioni nocosomiali in pazienti immunocompromessi (E. faecalis, E .faecium, E. avium. E. hirae, E. raffinosus, E. gallinarum, E. casseliflavus, E. durans). Gli enterococchi presentano, infatti, diversi fattori di virulenze quali: produzione di adesine e di isoenzimi (ialuronidasi e gelatinasi), formazione della capsula con attività antifagocitica, formazione di biofilm, produzione di tossine (citolisine), alcuni dei quali possono essere facilmente trasferiti attraverso meccanismi di trasferimento genico orizzontale contribuendo all'evoluzione di ceppi non patogeni in ceppi patogeni (Mc Bride & Coll., 2009). Infine, un ulteriore contributo alla patogenicità degli enterococchi è rappresentato da un alto livello di resistenza antibiotica individuato in ceppi isolati da prodotti alimentari come formaggi e salumi nei quali sono stati individuati ceppi di E. faecalis e E. faecium dotati di resistenza a vari antibiotici (vancomicina, penicillina, tetraciclina, cloramfenicolo, eritromicina, gentamicina, lincomicina, rifampicina) (Cantoni, 2016; Giraffa, 2002)

2.2.5 Genere Carnobacterium

A questo genere appartengono cellule di forma bastoncellare, corte o ricurve, singole o a catenelle. Si sviluppano anche a basse temperature, la loro crescita è invece inibita da concentrazioni di NaCl superiori all' 8% ed a pH inferiori a 5,4 ma crescono a pH basico.

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Nei prodotti carnei possono essere causa di alterazione in particolare le specie C. divergens, C. maltaromicum e C. gallinarum.

2.2.6 Genere Lactococcus

Le specie appartenenti a questo genere sono normali contaminanti dei prodotti alimentari in quanto diffuse nell'ambiente. Alcune specie come Lactococcus lactis assumono importanza nel settore lattiero-caseario, ma non nei salumi.

2.3 Altri microrganismi contaminanti i prodotti carnei cotti

Oltre ai batteri lattici, che come già indicato risultano il principale gruppo batterico contaminante i prodotti carnei cotti, è possibile individuare la presenza di altre categorie microbiche provenienti dall'ambiente di lavorazione tra cui cocchi coagulasi negativi (CNC), enterobatteri e Brochothrix thermosphacta.

2.3.1 Cocchi coagulasi negativi

A questo gruppo appartengono microrganismi Gram-positivi di forma sferica generalmente disposti in gruppi irregolari, mesofili, aerobi obbligati o anaerobi facoltativi, alotolleranti, molto diffusi nell'ambiente, il cui habitat principale è rappresentato dalla pelle dei mammiferi per cui presenti in gran numero nei prodotti carnei.

A questo gruppo appartengono due famiglie:

 Micrococcaceae: comprende specie aerobie obbligate alcune delle quali possono essere causa di alterazione dei prodotti carnei cotti in cui provocano disgregazione ed alterazione del colore;

 Staphylococcacee - Genere Staphylococcus: comprende specie aerobie capaci di svilupparsi anche in condizioni di anaerobiosi. In assenza d'aria producono

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27

per fermentazione acido lattico mentre in condizioni aerobie, acido acetico e CO2. Alcune specie tra cui S. xylosus, S. simulans e S. carnosus possono essere

utilizzate per la produzione di colture starter da impiegare nella produzione dei salami.

2.3.2 Enterobatteri

Batteri Gram-negativi anaerobi facoltativi il cui habitat è costituito dall'intestino degli animali a sangue caldo ma facilmente isolabili dall'ambiente. Sono distinti in due gruppi in relazione alla capacità di fermentare o non il lattosio. Al secondo gruppo appartengono gli enterobatteri in grado di provocare disturbi intestinali come Salmonella mentre al primo gruppo appartengono batteri non patogeni dotati di attività proteolitica che possono quindi essere causa di putrefazione soprattutto negli alimenti di origine animale.Hanno scarso interesse nel settore dei salumi in quanto il loro sviluppo è inibito dalla presenza di sale.

2.3.3 Brochothrix thermosphacta.

Appartiene alla famiglia delle Listeriaceae; presenta caratteristiche molto simili ai LAB dai quali si distingue in quanto catalasi positivo. E' un batterio mesofilo aerobio/anaerobio facoltativo ed alotollerante in grado di svilupparsi anche a basse temperature. All'interno dei prodotti carnei cotti la sua crescita è favorita dagli stessi fattori che favoriscono la crescita selettiva dei LAB (indicati nel paragrafo 1.3) ma, a differenza dei LAB questo microrganismo è inibito dalla presenza di nitrati e, in condizioni anaerobiche, la sua crescita è sempre minore rispetto a quella dei LAB; può comunque rappresentare la parte predominante della microflora alterante come riscontrato da Vermeiren et al., (2004) in prosciutti cotti.

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I prodotti principali del metabolismo aerobico del glucosio sono rappresentati da acido acetico, acetoino, acido isobutirrico e isovalerico mentre per fermentazione vengono prodotti acido lattico ed etanolo.

Brochothrix thermosphacta causa alterazione delle carni sia fresche che trasformate sulle quali si sviluppa dando luogo alla formazione di metaboliti maleodoranti, in particolare acetoino e diacetile, che possono accumularsi nel prodotto fino a renderlo non commestibile (Kilcher et al., 2010; Grazia et al., 2009).

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29 Capitolo 3

Caratteristiche dei prodotti oggetto di studio 3.1 Definizione e classificazione dei salumi

I salumi possono essere definiti come prodotti a base di carne, grasso, sangue e frattaglie, ai quali sono aggiunti sale, spezie, additivi e altri ingredienti allo scopo di aumentarne la conservabilità e migliorarne le caratteristiche organolettiche. Indipendentemente dalla tecnologia produttiva, tutti i salumi sono, infatti, sottoposti a salagione, una pratica che consiste nell'aggiunta di sale naturale (cloruro di sodio) misto ad altre impurità, in particolare nitrati, la cui funzione è di garantire la conservabilità di alimenti molto deteriorabili a causa dell'elevato contenuto idrico (Aw carne fresca: 0,98-0,99), dell'elevato contenuto di nutrienti (proteine, grassi , carboidrati) e del pH favorevole alla crescita batterica.

I salumi si ottengono prevalentemente mediante l'impiego di carne suina e, in minor misura, di bovino, equino, pollo e tacchino tuttavia, il grasso utilizzato è esclusivamente di origine suina poiché conferisce un sapore più gradevole e una consistenza più pastosa al prodotto. I vari tipi di salume si ottengono da specifiche parti anatomiche della carcasse le quali, prima dell' utilizzo, possono essere sottoposte a vari trattamenti sulla base dei quali si ottengono diverse tipologie di salumi (Grazia et al., 2011).

3.2 Classificazione dei salumi

I salumi possono essere distinti in due principali tipologie: non insaccati, costituiti da un pezzo anatomico intero ed insaccati. Questi ultimi sono costituiti da un impasto, dato da carne trita, grasso ed altri ingredienti quali sale, spezie e additivi, che viene posto all'interno di un involucro naturale o sintetico.

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In relazione alle successive lavorazioni alle quali le due tipologie di salumi sono sottoposte può essere effettuata un'ulteriore classificazione secondo quanto riportato in figura (Zambonelli et al., 1992).

Salumi

Insaccati Non insaccati Crudi Cotti Fermentati Non fermentati Affumicati Non affumicati Non affumicati Affumicati Non affumicati Cotti Crudi Affumicati Non affumicati Affumicati Non affumicati

Figura 2 Classificazione dei salumi.

3.2.1 Biroldo della Garfagnana (Presidio Sloow food)

Uno dei due prodotti oggetto di studio è il Biroldo della Garfagnana che rientra nella categoria degli insaccati cotti non affumicati. E' un salume molto antico la cui produzione nasce dalla necessità delle popolazioni contadine della Garfagna di non sprecare nessuna parte del maiale. Rappresenta, infatti, un cibo povero realizzato con le parti meno pregiate del maiale quali testa, lingua e cuore. Attualmente la lavorazione del "Biroldo della Garfagnana" è garantita dal disciplinare "Presidio Sloow

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Food" il cui riconoscimento, ottenuto nel 2000, ha lo scopo di tutelare e far conoscere un prodotto ormai di nicchia.

La produzione di questo particolare tipo di sanguinaccio prevede la bollitura per circa due ore delle materie prime (testa, lingua, cotenna, polmoni, cuore) che sono in seguito disossate e triturate con coltello, quindi impastate con le spezie (sale, pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano) e il sangue. L'impasto è insaccato manualmente in vesciche di suino e sottoposto ad una seconda bollitura per circa tre ore al termine della quale è raffreddato in ambiente a temperatura controllata. Al termine del raffreddamento il prodotto pronto al consumo è confezionato sottovuoto o in sacchetti e stoccato in cella frigo.

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32 3.2.2 Soppressata Toscana

La soppressata toscana, detta anche coppa di testa, è un insaccato cotto ottenuto principalmente per impiego di materie prime provenienti dalla testa suina.

E' prodotta in tutta la Toscana e in particolare nelle provincie di Arezzo e di Siena. La tecnica di lavorazione tradizionale e la particolarità delle materie prime e degli ingredienti (testa suina, spezie, scorze di limone e di arancia) utilizzati lo rendono un prodotto tipico che rientra, infatti, nell'elenco delle Produzioni Agroalimentari Tradizionali (PAT) della regione Toscana.

La produzione avviene secondo la seguente linea di lavorazione.

Dopo la macellazione, la testa di maiale spaccata in due, privata del cervello ed adeguatamente depilata, insieme a lingue, gole e cotenne è sottoposta a cottura in bollitore per almeno tre ore. Al termine della cottura le teste sono disossate e le lingue spellate, per cui la carne ottenuta è tagliata manualmente con coltelliera quindi i diversi pezzi sono mescolati con gli ingredienti: sale, pepe, aglio, spezie (vengono aggiunti inoltre acido ascorbico e nitrito di sodio). Si esegue l'insacco manuale dell' impasto in budello sintetico e quindi la legatura a cui segue la fase di scottature che prevede l'immersione in acqua bollente. Infine, le soppressate sono appese su rastrelliere e raffreddate in cella a ventilazione forzata fino al raggiungimento di una temperatura a cuore non superiore ai 10°C.Il prodotto finito, avente pezzatura compresa tra 5 e 10 chili, è stoccato in cella a temperatura compresa tra 0°C e 3°C in attesa di essere commercializzato.

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34 Scopo della tesi

La tesi si inserisce nell’ambito di un più ampio studio previsto dal Ministero della Salute: “Rischio microbiologico in produzioni locali e tradizionali: metodologie per la determinazione della shelf-life "

L'obbiettivo del presente studio è stato quello di valutare alcuni aspetti microbiologici nei prodotti carnei cotti tradizionali quali la Soppressata Toscana ed il Biroldo della Garfagnana. Lo studio è stato focalizzato sulla valutazione della flora microbica contaminante; nello specifico è stata determinata la concentrazione e la composizione della popolazione lattica presente allo scopo di ottenere informazioni dettagliate sulle specie presenti in questo prodotto dal momento, che non è stato possibile reperire dati al riguardo in letteratura.

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35 Capitolo 4

Materiali e metodi 4.1 Biroldo della Garfagnana

I campioni (biroldo confezionato sottovuoto) oggetto di studio appartenevano a due differenti lotti (49 unità campionarie appartenenti al primo lotto e 45 appartenenti al secondo lotto) rilevatisi positivi per Listeria monocytogenes per cui non idonei all'immissione in commercio. I campioni, sottoposti a vincolo sanitario, sono stati stoccati presso la cella frigo dell'azienda produttrice fino al trasporto in laboratorio e la successiva conservazione alla temperatura di 8°C. Alle diverse unità sono stati attribuiti dei numeri random quindi 12/14 unità campionarie sono state raggruppate per l'analisi in 4 differenti tempi (sessioni di analisi). Le analisi oggetto di studio della tesi hanno riguardato soltanto le prime 3 unità campionarie (21 in totale) di ciascuna sessione.

I campioni di biroldo sono stati analizzati per la determinazione della CMT (carica mesofila totale), Coliformi totali ed E. coli, Listeria monocytogenes, batteri lattici.

Sessione di analisi Tempo 1 Tempo 2 Tempo 3 Tempo 4 Giorni dopo la data di scadenza 13 27 34 36

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36 Sessione di analisi Tempo 1 Tempo 2 Tempo 3 Tempo 4 Giorni dopo la data di scadenza  4 21 30

Tabella 3Tempi di analisi lotto 3

*Nota=Le prime 3 u.c. sono state analizzate prima della scadenza (5 giorni dopo la data di produzione).

4.2 Soppressata

Al termine del processo produttivo un campione di soppressata di peso compreso tra 5 e 10 chili è stato prelevato e porzionato in maniera asettica in 40 pezzi di circa 100 grammi successivamente confezionati sottovuoto. I campioni, a 48 ore dalla produzione, sono stati portati in laboratorio e conservati in frigo a 8°C fino a una settimana dopo la data di scadenza.

Le 40 unità sono state analizzate in 8 tempi successivi in quantità pari a 5 unità, scelte in maniera casuale, per ciascun tempo. Il tempo zero è stato impostato a48 ore dopo la produzione e prima della conservazione a 8°C.

Sessione di analisi Tempo 0 Tempo 2 Tempo 3 Tempo 4 Tempo 5 Tempo 6 Tempo 7 Tempo 8 Giorni dalla produzione 2 10 22 29 37 50 63 71

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37

I campioni di soppressata sono stati analizzati per la determinazione della CMT, Coliformi totali ed E. coli, Micrococcaceae, batteri lattici ed enterococchi.

4.3 Analisi chimico fisiche

Per la soppressata in ciascuna sessione di analisi è stato allestito un pool di 100 g circa di matrice alimentare mediante prelievo di diversi grammi da ciascuna unità. Il pool è stato analizzato per due parametri chimico fisici: aw (Activity water) e pH.

Per i campioni di biroldo l' Aw e il pH sono stati misurati, mediante prelievo di 100g di campione omogenato, su ciascuna delle tre unità campionarie analizzate.

4.3.1 Activity water

Per la determinazione dell'Aw il campione, preventivamente sminuzzato, è stato posto all'interno di una piastra monouso, inserita in termostato a 25°C per 20 minuti. La misurazione è stata effettuata mediante l'utilizzo dello strumento HygroPalm (Rotronic), in accordo a quanto previsto dalla norma ISO 21807:2004.

4.3.2 Determinazione del pH

Il campione posto all'interno di un sacchetto presto chiuso è stato addizionato con circa 20 ml di acqua distillata in modo da renderlo più omogeneo e facilitare la misurazione. La determinazione del pH è stata effettuata mediante l'utilizzo dei un elettrodo a vetro combinato (pHmetro, Mettler Toledo) secondo la procedura MFHPB-03:2002.

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38 Analisi microbiologiche

4.4. Carica mesofila totale

Per ciascuna unità sono stati prelevati 10 g di campione, diluiti 1:10 con PTW (PEPTONE TRIPTONE WATER) e omogenati mediante stomacher.

La semina è stata eseguita mediante l'utilizzo delle piastre commerciali 3M™ Petrifilm™ in accordo alla procedura ISO 18593:2004.

4.4.2 Coliformi totali ed E.coli

Per ciascuna unità sono stati prelevati 10 g di campione, diluiti 1:10 con PTW e omogenati mediante stomacher. La semina è stata eseguita mediante l'utilizzo delle piastre commerciali 3M™ Petrifilm™ in accordo alla procedura AOAC 991.14 2002.

4.4.3 Micrococcaceae

Per ciascuna unità sono stati prelevati 10 g di campione, diluiti 1:10 con PTW e omogenati mediante stomacher. La semina è stata eseguita per inclusione in terreno selettivo BP (Baird-Parker Agar) secondo la procedura ISO 688-2:1999 Amd 1:2003 .

4.4.4 Enterococchi

Per ciascuna unità sono stati prelevati 10 g di campione, diluiti 1:10 con PTW e omogenati mediante stomacher. La semina è stata eseguita per spatolamento di 0,1 ml di ciascuna diluizione su terreno solido selettivo SBA (Slanetz Bartley Agar) in accordo alla procedura ISO18593:2004.

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39 4.4.5 Listeria monocytogenes (esame colturale ufc/g)

Per ciascuna unità sono stati prelevati 25 g di campione, diluiti 1:10 con BPW (Buffered Peptone Water) e omogenati mediante stomacher. La semina è stata eseguita per spatolamento di 0,1 ml di ciascuna diluizione su terreno solido selettivo ALOA (Agar Listeria Ottaviani e Agosti) secondo alla procedura ISO 11290-1.

4.4.6 Conteggio della flora lattica ed isolamento dei ceppi

Per ciascun'unità sono stati prelevati 10 g di campione, diluiti 1:10 con PTW e omogenati mediante stomacher.

Per il conteggio dei batteri lattici mesofili e dei lattobacilli mesofili è stato utilizzato un protocollo messo a punto nel laboratorio che prevede l'utilizzo delle piastre commerciali Petrifilm™ AC (POS, BATTERI LATTICI MESOFILI/ ESAME COLTURALE PETRIFILM).

Sono state allestite una serie di diluizioni scalari in MRS broth a pH 5,7; per il conteggio dei batteri lattici mesofili e di “Rogosa broth” (MRS brodo supplementato con 20 g/l di acetato di sodio) per il conteggio dei lattobacilli mesofili. 1 ml di ciascuna diluizione è stato seminato su Petrifilm™ AC 3M. Le piastre sono state incubate in anaerobiosi (Anaerogen, Thermoscientific) per 48/72 ore a 30°C.

Dopo la conferma di 5 colonie prelevate dalle piastre a diluizione più alta il risultato finale è stato espresso secondo la norma ISO 7218/2007 Amd 1:2013.

Le colonie confermate e cresciute su MRS agar sono state sottoposte a 2 ulteriori purificazioni ed identificate come batteri lattici mediante test della catalasi e colorazione di Gram quindi congelate in brodocoltura ( 0,8 ml di MRS + 0,2 ml di glicerolo) a -80°C fino al momento dell'utilizzo.

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40

Dai campioni di soppressata analizzati sono stati isolati 141 ceppi di batteri lattici alcuni dei quali sono stati sottoposti ad una più dettagliata identificazione basata sulla valutazione delle caratteristiche fenotipiche e genotipiche.

4.5 Calcolo delle ufc/g

Al termine del periodo di incubazione, sono state sottoposte a lettura le piastre che presentavano un numero di colonie riconducibili alle categorie microbiche ricercate compreso tra 10 e 150. Il calcolo è stato eseguito, in accordo alla norma ISO 7218:2007 Amd 1:2003, utilizzando la seguente formula:

in cui:

∑ = somma delle colonie calcolata dopo la conferma,

α= (b/A)xC in cui : b=numero di colonie confermate, A: numero di colonie sottoposte a conferma, C=numero di colonie tipiche presenti sulla piasta.

V= volume seminato in ml in ogni piastra;

d=fattore di diluizione relativo alla prima diluizione.

4.6 Identificazione fenotipica dei ceppi isolati

Dei 141 ceppi isolati 28, uno per ciascun profilo individuato mediante RAPD, sono stati sottoposti ad identificazione fenotipica mediante l'utilizzo del kit API® 50 CHL

(BioMérieux) che consente lo studio del metabolismo dei carboidrati da parte dei microrganismi. Il sistema di gallerie API 50 CHL (Analytical Profile Index) è costituito da 50 microprovette di cui 49 contenenti fonti di carbonio disidratate più uno che

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costituisce il controllo. L'API CHL medium presente nel kit permette l'identificazione di batteri lattici appartenenti al genere Lactobacillus e affini.

L'esecuzione del test API prevede:

 Preparazione della galleria: si riuniscono fondo e coperchio di una vaschetta di incubazione, al fine di creare un ambiente umido, e si distribuiscono nei pozzetti presenti circa 10 ml di acqua distillata;

 Preparazione dell'inoculo: dopo aver coltivato il microrganismo in MRS agar tutta la patina batterica presente sulla piastra viene prelevata mediante tampone e sospesa in una fiala di API Suspension Medium da 2 ml (sospensione S) . Alcune gocce della sospensione ottenuta si trasferiscono in una fiala di API Suspension Medium (5ml) fino ad ottenere una sospensione avente torbidità pari al 2 McFarland. Un numero di gocce della sospensione S pari al doppio di quelle utilizzate per ottenere la sospensione avente torbidità pari al 2 McFarland viene trasferito in una fiala di terreno API CHL medium con il quale si procede all'inoculo della galleria riempiendo soltanto le provette. Infine si riempiono le cupole di ciascuna provetta con olio di paraffina al fine di creare un ambiente anaerobio.

La galleria viene incubata a 30°C per 48 ore. Durante l'incubazione la fermentazione dei carboidrati determina la produzione di acidi organici con conseguente viraggio dell'indicatore di pH presente nelle microprovette. Il test è positivo nel caso di viraggio a giallo e negativo se la colorazione resta blu. I risultati di ciascun test (+/-), che rappresentano il profilo biochimico del microrganismo inoculato, sono stati analizzati utilizzando il database APIweb™.

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Tabella 5 Composizione della galleria API 50 CHL.

4.7 Identificazione molecolare dei ceppi isolati

Dei 141 ceppi isolati 68 ceppi, isolati in 3 differenti fasi dello studio quali: fase iniziale (T0; T1 e T3); fase stazionaria (T5) ed in fine alla scadenza del prodotto (T7) sono stati sottoposti ad identificazione molecolare.

I ceppi congelati sono stati rivitalizzati mediante passaggio su MRS agar ed incubazione a 30°C in anaerobiosi. Si è quindi proceduto all'estrazione del DNA mediante un metodo in home made.

Sono state allestite un numero di eppendorf pari al numero dei campioni più il controllo positivo e il controllo di estrazione. In ciascuna di esse, in seguito all'aggiunta di 20 µl di una soluzione di NaOH 50 mM allo 0,25% di SDS sono state

stemperate 2-3 colonie prelevate dal campione corrispondente.

Successivamente i campioni sono stati centrifugati a massima velocità per 1 minuto e riscaldati in thermomixer a 95°C per 5 minuti, sono stati aggiunti 180 µl di acqua ultrapura ed è stata effettuata un'ulteriore centrifugazione a 13000 rpm per 5 minuti.

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Si è proceduto alla determinazione spettrofotometrica della concentrazione di DNA estratto mediante misurazione dell'assorbanza a 260nm ed alla determinazione del rapporto di purezza A260/A280.

Le colonie identificate come batteri lattici sono state sottoposte ad analisi genotipica mediante RAPD-PCR fingerprinting, secondo il protocollo indicato da Rossetti e Giraffa (2005), allo scopo di individuare, mediante valutazione visiva dei profili ottenuti, i ceppi aventi lo stesso profilo e poter definire la prevalenza di ciascuna specie nel conteggio totale della flora lattica.

4.7.1 Sequenziamento

Si è proceduto al sequenziamento di un ceppo per ciascun profilo individuato.

I ceppi congelati sono stati seminati in MRS agar e incubati in anaerobiosi per 48 ore. Le colonie cresciute in piastra sono state prelevate per l'estrazione del DNA secondo il metodo home made precedentemente descritto. Si è proceduto quindi al sequenziamento dei ceppi isolati mediante l'utilizzo di un kit commerciale (BigDye® Terminator v1.1 Cycle Sequencing Kit, Thermo Fisher Scientific) in accordo al protocollo BigDye® Terminator v1.1 Cycle Sequencing Protocol Thermo Fisher Scientific).

La procedura di sequenziamento permette di identificare i batteri lattici mediante l'uso di una reazione a catena della polimerasi (PCR) che prevede l'amplificazione di una regione variabile del gene 16S rRNA. In seguito all'amplificazione di una regione ad alta conservazione del gene 16S rRNA (circa 500pb) si procede al sequenziamento di una porzione di amplicone (circa 272 pb) contenente le regioni variabili V1 e V2 in accordo a quanto indicato da (Balcazar et al., 2006). Le sequenze ottenute sono state allineate per l'identificazione mediante il software BLAST (Basic Local Alignment

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Search Tools). Nel caso del riscontro di una percentuale di similarità inferiore al 98% le sequenze sono state sottoposte ad editing manuale e nuovamente allineate mediante il software BLAST.

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45 Capitolo 5

Risultati e discussione

5.1 Risultati delle analisi microbiologiche condotte sui campioni di biroldo

I risultati degli studi preliminari, in particolare il durability test condotto sul primo lotto di biroldo (33 u.c), risultato positivo per L. monocytogenes in sede di analisi ufficiale e fornito quindi al laboratorio a scopo di ricerca, hanno evidenziato assenza di L. monocytogenes alla sensibilità del metodo ( < 10 ufc/g) per tutto il periodo di conservazione ed oltre un mese dalla data di scadenza Nove delle 33 u.c. totali sono state analizzate per la ricerca di batteri lattici mesofili ed hanno mostrato concentrazioni molto variabili da (< 1 log10 ufc/g a 5,5 log10 ). Si è quindi ipotizzato

che questa ampia variabilità potesse essere dovuta all'eterogeneità della matrice analizzata per cui, al fine di ridurre l'errore analitico dovuto a tale fattore, i lotti successivi sono stati analizzati prelevando da diversi punti di ciascuna u.c. circa 100 grammi totali di matrice, dai quali, in seguito ad omogenizzazione con stomacher, sono stati effettuati i prelievi per la ricerca di ciascun indicatore in esame.

I risultati delle analisi microbiologiche relative al lotto 2 e al lotto 3 sono riportati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.

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Tabella 7Risultati dell'analisi microbiologica relativa al lotto 3 espressi in log10 ufc/g . Legenda: T1*: eseguito prima della scadenza (dopo 5 giorni dalla data di produzione)

T2:a 4 giorni dopo scadenza; T2 a 21 giorni dopo scadenza; T4: a 30 giorni dopo scadenza

Dall'analisi dei risultati si evidenzia che per entrambi i lotti la concentrazione relativa alle popolazioni microbiche Gram-negative (Coliformi ed E.coli) sia decisamente più bassa rispetto alla concentrazione di batteri lattici. La conservazione sottovuoto, che

< 1 < 1 < 1 CMT Coliformi E. coli Batteri lattici mesofili Listeria monocytogenes non eseguito non eseguito non eseguito < 1 < 1 3,68 3,51 3,6 < 1 < 1 < 1 5,53 5,5 7 5,00 LOTTO 3

Tempo 2 Tempo 3 Tempo 4

4,6 5,00 5,51 Tempo 1* LOTTO 2 E. coli < 1 < 1 < 1 < 1 Listeria monocytogenes < 1 2,11 2,40 2,30

Tempo 1 Tempo 2 Tempo 3 Tempo 4

Batteri lattici mesofili 5,32 5,79 5,17 5,11

Coliformi 2,18 4,23 < 2 < 2

CMT 5,93 6,28 6,00 5,51

Tabella 6Risultati dell'analisi microbiologica relativa al lotto 2 espressi in log10

ufc/g .

Legenda: T1: a 13 giorni dopo scadenza; T2:a 27 giorni dopo scadenza; T2 a 34 giorni dopo scadenza; T4: a 37 giorni dopo scadenza.

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comporta una bassa concentrazione di O2 e un aumento della concentrazione di CO2,

insieme all'aggiunta di NaCl, esercita un forte ruolo di inibizione della microflora Gram-negativa alterante e favorisce la proliferazione dei microrganismi anaerobi facoltativi, in particolare batteri lattici; ciò in accordo a quanto già osservato da diversi autori (Daneysa et al., 2015; Audenaert et al, 2010; Hu et al., 2009; Ammor et al., 2005).

Per quanto riguarda i batteri lattici nel lotto 2 non si evidenzia un aumento della concentrazione microbica che risulta infatti poco variabile nelle diverse sessioni di analisi. In questo caso però è necessario osservare che non si hanno dati disponibili in merito alla concentrazione iniziale a differenza del lotto 3 per il quale è stata eseguita una prima seduta di analisi 5 giorni dopo la data di produzione.

Le concentrazioni raggiunte nel lotto 2 non sono comunque tali da permettere di ipotizzare un ruolo di contenimento esercitato dalla flora lattica nei confronti della Listeria monocytogenes. Come verrà spiegato in maniera dettagliata nel paragrafo 5.3, il ruolo inibitorio esercitato dai LAB è correlato anche alla produzione di batteriocine la cui sintesi avviene mediante un sistema di regolazione batterica definito quorum sensing system il quale risulta appunto, influenzato dalla densità cellulare presente nel substrato. In questo sistema le cellule comunicano attraverso la secrezione di sostanze (autoinduttori) che sono in grado di regolare la trascrizione di specifici geni, compresi quelli coinvolti nella produzione di batteriocine (Raffi e Ossiprandi, 2006; Lerat et al., 2004).

Nel corso delle sessioni di analisi si rileva, infatti un aumento, se pur contenuto, della concentrazione del patogeno nel prodotto che comunque risulta al tempo 1, quindi 13 giorni dopo la data di scadenza, inferiore a 10 ufc/g. Nel caso del terzo lotto la disponibilità dei dati relativi al tempo 1 (5 giorni dopo la data di produzione) ha

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permesso di osservare la crescita della popolazione di batteri lattici, fino a valori prossimi a quelli osservati nel lotto 2 quindi, anche in questo caso non sono state raggiunte concentrazioni che possano far ipotizzare un' inibizione nei confronti della Listeria monocytogenes anche se essa si mantiene, per tutta la shelf-life ed oltre la data di scadenza, al di sotto del limite di rilevabilità.

In entrambi i lotti la CMT non presenta variazioni significative. Anche per gli altri indicatori analizzati le concentrazioni risultano pressoché costati nelle diverse sessioni di analisi; ciò potrebbe essere correlato alla differente modalità di prelievo adottata rispetto al lotto 1.

5.2 Risultati analisi chimico-fisiche condotte sui campioni di biroldo

I risultati delle analisi chimico-fisiche relative ai due lotti di biroldo analizzati sono riportati nelle tabelle sottostanti.

LOTTO 2 Aw pH T1* 0,973 6,38 T2 0,969 6,45 T3 0,967 6,45 T4 0,972 6,43

Tabella 8Risultati delle analisi chimico-fisiche del lotto 2.

Legenda: T1: a 13 giorni dopo scadenza; T2:a 27 giorni dopo scadenza; T2 a 34 giorni

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49 LOTTO 3 Aw pH T1 0,966 6,63 T2 0,971 6,4 T3 0,971 6,52 T4 0,980 6,52

Tabella 9 Risultati delle analisi chimico-fisiche del lotto 3.

Legenda: T1*: eseguito prima della scadenza (dopo 5 giorni dalla data di produzione)

T2:a 4 giorni dopo

scadenza; T2 a 21 giorni dopo scadenza; T4: a 30 giorni dopo scadenza.

In entrambi i lotti sia il pH che l'Aw non subiscono delle variazioni significative ma restano costanti. Nel caso del pH ciò può essere giustificato dalla tipologia stessa del prodotto che, non essendo un salume fermentato, non subisce un calo significativo del pH in accordo a i livelli di batteri lattici osservati con le analisi microbiologiche. Infine la scarsa variazione dell'aw può essere attribuita al confezionamento sottovuoto

del prodotto che impedisce l'evaporazione dell'acqua in esso presente la quale, rimanendo intrappolata all'interno della confezione mantiene costante questo parametro.

5.3 Risultati delle analisi microbiologiche condotte sulla soppressata

I risultati di un durability test per Listeria monocyotgenes effettuato in precedenza dal laboratorio su un lotto di soppressata avevano mostrato che alla fine della shelf life, su 165 unità campionarie analizzate nessuna superava il limite di 100 ufc/g di Listeria monocyotgenes. Nello stesso tempo, la valutazione della concentrazione di

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50

batteri lattici effettuata in tre diversi tempi mostrava una carica di LAB pari a circa 7 log 10 ufc/g.

L'elevata presenza di LAB aveva portato a ipotizzare un loro potenziale ruolo contenitivo nei confronti della crescita di L. monocytogenes.

Per questo motivo il conteggio dei LAB era stato effettuato in un successivo challenge test condotto su un ulteriore lotto di soppressata. Il challenge test è stato condotto inoculando nella matrice due ceppi di Listeria monocytogenes e due ceppi di Listeria innocua. I risultati ottenuti, mostrati nel grafico sottostante, confermano la crescita dei batteri lattici che raggiungono una concentrazione massima > 8 log10

ufc/g. In concomitanza con la crescita dei batteri lattici si osserva da prima un arresto della crescita della Listeria e successivamente una piccola ripresa della crescita con successiva stabilizzazione di quest'ultima.

Grafico1 Grafico relativo al challenge test condotto su campioni di soppressata. Nel grafico sono indicati gli andamenti delle concentrazioni relative ai LAB, L. innocua ed L. monocytogenes registrate durante lo studio.

Queste osservazioni hanno fatto ipotizzare un'eventuale azione inibitrice esercitata dalla flora lattica nei confronti di Listeria. L'azione antagonista esercitata dai batteri

2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00 9,00 L o g u fc /g Giorni L.monocytogenes L. innocua LAB

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