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Progetto di una interfaccia per sensori capacitivi a bassissimo consumo in tecnologia CMOS 0.18um

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Università di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica

Tesi di Laurea Magistrale

Progetto di un’interfa ia per sensori apa itivi a assissi o

consumo in tecnologia CMOS 0.18µm

A.A. 2014/2015

Candidato

Simone Del Cesta

Relatori

Prof. Paolo Bruschi

Prof. Massimo Piotto

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(3)

Introduzione 1

---1 - Panoramica sui sensori 3

1.1 - Trend della progettazione di sensori e interfacce 6

1.2 - Tipologie di sensori 8

1.3 - Applicazioni dei sensori capacitivi 9 1.3.1 - Misure di pressione 9

1.3.2 - Accelerometri 11

1.3.3 - Sensori chimici 12

1.3.4 - Sensori di umidità 14

1.3.5 - Considerazioni generali su sensori capacitivi 14 --- 2 - Interfacce per sensori capacitivi 17

2.1 - Rumore e risoluzione 18

2.2 - I terfa e C to V 20

2.2.1 - Interfaccia ad impedenzimetro 20 2.2.2 - Interfaccia ad amplificatore di carica Switched Capacitor 23 2.2.3 - Interfaccia ad amplificatore chopper 30

2.3 - I terfa e C to F 32

2.3.1 - Interfaccia con ring oscillator 32 2.3.2 - Interfaccia con oscillatore a rilassamento 33

2.4 - I terfa e C to D 35

--- 3 - I terfa ia per se sori apa itivi C to D 39

3.1 - Principio di funzionamento 39 3.2 - Rumore e Dynamic Range 42

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3.2.4 - Dynamic Range 49 3.3 - Analisi delle prestazioni della topologia 49 3.3.1 - Distur i sull’o da di sti olo 51 3.3.2 - Dynamic Range ridotto 52

3.3.3 - Offset sistematico 53 3.3.4 - Consumi 54 3.3.5 - Miglioramenti 54 3.4 - Il sistema sviluppato 55 3.4.1 - Specifiche di progetto 55 3.4.2 - Generatore di rampa 56 3.4.3 - Amplificatore di corrente 65 3.4.4 - Comparatore con isteresi preamplificato 69 --- 4 - Simulazioni e analisi dei risultati 73

4.1 - Funzionamento e Consumi 73 4.2 - Linearità 76 4.3 - Deriva termica 80 4.4 - Jitter 82 4.5 - Figura di Merito 83 ---

(5)

Introduzione

Nell’ulti o de e io si è assistito ad u forte incremento della ricerca ell’a ito della se soristi a i tegrata. I linea con questa tendenza la crescente richiesta di funzionalità e prestazioni ha portato a sviluppare interfacce che esaltassero le prestazioni di ogni specifico sensore.

Nella scelta delle specifiche di progetto di un sensore e della relativa interfaccia non può essere però trascurata la distribuzione sul mercato che, in percentuale sempre maggiore, riguarda il mercato mobile, rappresentato principalmente da dispositivi di larghissima diffusione quali tablet e smartphone. Questa tendenza impone al progettista di ridurre i o su i dell’i terfa ia realizza do ar hitetture lo -power che non alterino la risoluzione complessiva del sistema. Una possibile soluzione al problema è adattare architetture già esistenti alle nuove specifiche, i ple e ta do l’i terfa ia o pro essi moderni che consentono di scalare il circuito senza alterarne le prestazioni, a patto di utilizzare topologie adatte alle ridotte tensioni di alimentazione.

Una tipologia di sensori particolarmente interessante per soluzioni low-power si basa sui sensori capacitivi, poiché consentono di limitare i consumi pur garantendo elevate risoluzioni.

S opo di uesta tesi è la progettazio e di u ’i terfa ia low-power per sensori capacitivi in tecnologia UMC 0.18 �� con modulazione PWM del segnale di uscita. Il progetto è stato realizzato indagando la possibilità di scalare una recente architettura in termini di corrente assorbita e tensione di alimentazione o l’o iettivo di ridur e i o su i a te e do e il più possibile inalterate le caratteristiche di precisione e risoluzione.

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La presentazione del progetto di tesi è suddivisa in 4 capitoli, il cui contenuto è brevemente riassunto qui di seguito.

Nel capitolo 1 è introdotto il concetto di Data Acquisition System (DAS) fo alizza do l’atte zio e sulla te de za odier a a soluzio i o elevate prestazioni e bassi consumi. In particolare vengono presentate le tipologie di sensori più utilizzati nei DAS, concentrando la discussione sulle applicazioni per sensori capacitivi.

Nel capitolo 2 sono riassunte le varie tipologie di interfacce per sensori capacitivi mettendo in luce pregi e difetti delle singole realizzazioni, con particolare enfasi sugli aspetti di risoluzione e consumo.

Nel capitolo 3, a partire dall’a alisi del funzionamento e dei limiti di una recente soluzione avente prestazioni in linea con lo stato dell'arte, è descritto il progetto di u ’i terfa ia per se sori apa itivi o modulazione PWM del segnale di uscita e caratteristiche low-power/low-voltage.

Nel capitolo 4 si riportano le simulazioni effettuate sull’i terfa ia progettata, corredate da u ’a alisi riti a dei risultati ottenuti. Inoltre, per confrontare le prestazioni ottenute con le prestazioni della soluzione di partenza, vengono calcolate alcune cifre di merito per questo tipo di interfacce.

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Capitolo 1

Panoramica sui sensori

Qualsiasi siste a elett o i o de e i te agi e o l’a ie te he lo circonda tramite lo scambio di informazioni. Scopo dei sensori è misurare le g a dezze fisi he he a atte izza o l’a ie te este o pe ette do l’a uisizio e delle i fo azio i e essa ie. Tipicamente la misura effettuata è di tipo i di etto e l’i fo azio e oluta è de i ata dalla misura mediante elaborazioni successive. La grande variabilità di grandezze misurabili e di prestazioni richieste ha portato alla realizzazione di molte tipologie di sensori, ottimizzati per lo specifico scopo. Tra i più diffusi ci sono:

- Luminosità - Temperatura - Flusso

- Sforzo & torsione - Distanza - Posizione - Velocità - Pressione - Specie chimiche - Altezza - Umidità - ecc.

Ogni sensore richiede una interfaccia analogica (AFE: Analog Front-End) appositamente realizzata, che converta la grandezza fisica con cui il trasduttore esprime il risultato della misura in una grandezza comprensibile per gli stadi di elaborazione successivi [Fig. 1.1]. Definiamo

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DAS (data acqusition system) tutto il sistema che si occupa di acquisire ed ela o a e l’i fo azio e.

La diffi oltà ella ealizzazio e dell’AFE igua da le spe ifi he he il blocco sensore-AFE deve garantire. In particolare le quattro principali specifiche riguardano la risoluzione, la velocità, le dimensioni e il

consumo, ma dovendo essere utilizzati in diverse condizioni ambientali è

anche essenziale che la deriva delle prestazioni al variare delle condizioni di lavoro sia minima, rendendone ancora più complessa la realizzazione. Scelto il sensore più adatto al tipo di grandezza fisica da misurare, l’i te fa ia a alogi a de e e de e l’i fo azio e ela o a ile dai lo hi su essi i, se za peggio a e la o tà dell’i fo azio e.

Pe eglio o p e de e l’i po ta za dei se so i e l’a pio a po di applicazioni consideriamo tre casi. 1) Un braccio robotico industriale per taglio di precisione necessita di u se so e otti o pe l’alli ea e to del braccio con il materiale, per cui ha come specifica l’elevata precisione ma consumo e dimensioni non sono solitamente una specifica di interesse. 2) In un pacemaker, per ridurre la frequenza di interventi sul paziente e fornire il miglior stile di vita possibile devono essere minimizzati i consumi e le dimensioni. Allo stesso tempo il DAS deve garantire anche u ’ele ata precisione ell’a uisizio e del seg ale a dia o allo s opo di p o ede e i modo affidabile alla stimolazione del miocardio. 3) Un sensore di gas deve ridurre la sensibilità alle specie non di interesse e in base alle applicazioni rilevare concentrazioni anche inferiori a qualche parte per milione, per cui è e essa ia u ’ele ata isoluzio e e seletti ità.

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U ’alt a p o le ati a è legata all’e oluzio e dei siste i elett o i i che richiedono prestazioni sempre maggiori a he ell’a ito della sensoristica con specifiche non riscontrabili in una sola tipologia di sensore. Una possibile soluzione al problema è la sensor fusion, una tecnica che sfrutta più sensori di tipologia differente per misurare la stessa grandezza fisica, al fine di ottenere una prestazione complessiva migliore di quella dei sensori presi singolarmente.

Un esempio di sensor fusion nelle applicazioni moderne è la rilevazione accurata dell’altezza di un aeroplano sfruttando i sensori già presenti a bordo. Il dispositivo di bordo ad oggi più usato per misure di altezza è il radio altimetro, che per mezzo di un trasduttore piezoelettrico stimola e riceve ultrasuoni valutando la distanza in base al ita do dell’e o. Per garantire affidabilità e disponibilità del sistema di misura è realizzato un sistema con triplice ridondanza del sensore così che in caso di guasto di un sensore la misura sia sempre eseguita. Questa soluzione però non garantisce il servizio se anche un secondo sensore presenta un malfunzionamento poiché il sistema non è in grado di valutare quale dei due sensori rimanenti stia fornendo la misura corretta. Con un approccio sensor fusion i e e l’affida ilità, la dispo i ilità e l’i teg ità dell’i fo azio e so o ga a tite a he o u solo radio altimetro, risparmiando in complessità hardware, peso e consumi. Utilizzando i sensori già presenti a bordo è possibile risalire con tre tecniche distinte all’altezza dell’ae opla o [1]. 1) Con il giroscopio è possibile misurare le velocità e le accelerazioni a gola i, isale do all’altezza appli a do i dati misurati alle equazioni cinematiche dei corpi rigidi, ota l’altezza del pu to di partenza. Questa tecnica però presenta un drift nel tempo dovuto all’e o e sulla isu a del gi os opio he e li ita l’utilizzo a brevi intervalli. 2) “f utta do l’a ele o et o e l’i li o et o, ipotizzando che la sola sorgente di accelerazioni sia la gravità, è possibile risalire

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all’i li azio e del ei olo att a e so le o po e ti sui t e assi dell’a ele azio e di g a ita. Nota la velocità è poi immediato ricavare l’altezza. P o le a di uesta soluzio e è l’ipotesi fatta he isulta e ifi ata solo in alcune fasi del volo. 3) Confrontando la velocità misurata dai sensori di bordo, ad esempio dai tubi di Pitot, con la velocità orizzontale rilevata dal sistema GPS (Global Position System) è possi ile isali e all’a golo di olo e ui di all’altezza. U e do i dati i a ati di uesti t e siste i o l’altezza ile ata dal adio alti et o otte ia o, dopo apposite elaborazioni digitali, u ’i fo azio e sull’altezza dell’ae opla o più p e isa e affida ile ispetto alla isu a del solo adioalti et o. L’utilizzo delle i fo azio i provenienti da questi sensori non aumenta quindi la complessità hardware dell’ae eo, ne limita la funzionalità dei sensori ma incrementa esclusivamente il carico computazionale del sistema di elaborazione.

1.1 Trend della progettazione di sensori e interfacce

Nella scelta delle specifiche di progetto di un sensore e della relativa interfaccia non può essere trascurata la distribuzione sul mercato dei sensori, che in percentuale sempre maggiore riguarda il mercato mobile, come tablet e smartphone. Conseguenza di questo trend è la ricerca di soluzioni che garantiscano alte prestazioni e bassi consumi, ad esempio migliorando una topologia mantenendone invariate le prestazioni e riducendone i consumi, o viceversa migliorando le prestazioni ma mantenendo inalterati i consumi.

Uno degli approcci utilizzati per far fronte alle richieste del mercato è lo scaling dei circuiti. Idealmente, riducendo le dimensioni dei mosfet, sarebbe possibile ottenere un nuovo dispositivo con analoghe prestazioni del precedente ma o upa do u ’a ea i o e. In realtà per non danneggiare i transistor è necessario ridurre le tensioni del circuito ma nonostante questa riduzione sia concorde con la tendenza verso consumi

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sempre minori, contemporaneamente riduce la dinamica del sistema idu e do il appo to seg ale/ u o e “NR all’us ita del siste a di acquisizione, anche se il rumore sovrapposto al segnale rimane pressoché invariato.

Sfruttando la minore criticità dello scaling delle correnti al rispetto allo scaling delle tensioni e la possibilità di realizzare facilmente somme e differenze di corrente per far fronte al peggioramento della dinamica molte topologie attuali sono progettate in modo che il segnale in ingresso moduli la corrente di uscita (current mode) e non la tensione di uscita (voltage mode), ottenendo dynamic range più elevati.

In sistemi con basse tensioni di alimentazione, ad esempio con recupero di energia per mezzo di sistemi scavenging o con alimentazione per induzione da sorgente esterna, lo scaling delle tensioni è necessario per permettere il funzionamento del dispositivo. In sistemi con tensioni di alimentazione maggiori di quelle del DAS invece lo scaling delle tensioni ha il solo ruolo di ridurre il consumo complessivo, condizione effettivamente realizzata solo se la conversione di tensione è implementata in modo efficiente. Ad esempio nelle applicazioni mobile la conversione della tensione è affidata al blocco di power menagement che implementa un convertitore switching DC-DC (es. Buck converter) per alimentare il DAS. Utilizzare regolatori lineari avrebbe come conseguenza la dissipazione sul regolatore di una parte della potenza risparmiata con la riduzione delle tensioni, perdendo così i vantaggi ottenuti con una progettazione low power.

Lo scaling del i uito è allo a fu zio ale all’i segui e to delle spe ifi he i poste dal e ato solo se ediato da u ’oppo tu a progettazione analogica che adatti la topologia della rete in base alle specifiche richieste.

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1.2 Tipologie di sensori

Più sensori possono essere realizzati a partire dallo stesso principio di funzionamento, riducendo così il numero di topologie di interfacce da realizzare. Identificata la topologia di interfaccia più adatta al sensore, in funzione della grandezza elettrica in cui è conte uta l’i fo azio e, il progettista di e sio e à l’AFE in modo tale da rispettare le specifiche di progetto. Le classi di sensori più utilizzati sono:

- Chimici - Resistivi - Capacitivi - Magnetici - Piezoelettrici - Ottici

Nelle applicazioni moderne le due tipologie di sensori più utilizzate sono i resistivi e i capacitivi, adatti ad un maggiore range di applicazioni e di più semplice implementazione.

I sensori resistivi si basano sulla misura di variazione di resistenza di un conduttore. Ad esempio sono utilizzati per misure di deformazione, misurando la variazione di resistenza in presenza di una dilatazione o di una compressione del materiale conduttore (es: strain gauge), oppure per misure di temperatura. In particolare, la misura della temperatura sfrutta la dipendenza dalla T della resistenza di un conduttore ed è utilizzata sia per misure di temperatura che per misure di flusso (es: anemometro a filo caldo).

I sensori capacitivi si basano, invece, sulla misura di una variazione di capacità di un condensatore rispetto al valore nominale per effetto del fenomeno da misurare. Alcuni esempi di sensori capacitivi saranno trattai nel prossimo paragrafo.

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1.3 Applicazioni dei sensori capacitivi

I sensori capacitivi sono utilizzati principalmente per misure di pressione e accelerazione, ma trovano anche applicazione in sensori chimici e di umidità.

1.3.1 Misure di pressione

Le misure di pressione sfruttano la tecnologia MEMS per realizzare membrane sottili conduttive ottenendo un condensatore con una faccia statica e una mobile. Applicando da un lato della membrana una pressione di riferimento �0 e sull’alt o lato la pressione da misurare �, la membrana assumerà una certa curvatura allontanandosi o avvicinandosi alla piastra statica del condensatore. Assumendo le due piastre equivalenti ad un condensatore a facce piane parallele possiamo ricavare lo spostamento delle piastre (∆�) dovuto alla differenza di pressione (∆�) tra i due lati applicando l’e uazio e:

� � = �

0+ ∆� (1.1)

Conoscendo le relazioni tra ∆� e la ∆� possiamo ricavare la p essio e dell’a ie te este o come misura indiretta a partire dalla misura della variazione di capacità. Non essendo la relazione tra pressione e deformazione della membrana lineare, la caratteristica pressione - capacità risulta non lineare, ma se correttamente caratterizzata in fase di elaborazione è possibile compensare il problema ottenendo una risposta complessiva quasi lineare. A partire da questo principio possiamo realizzare un altimetro a barometro con buona risoluzione e bassi consumi. Definendo � la pressione atmosferica al livello del mare e � ℎ la p essio e at osfe i a all’altezza ℎ da misurare, ipotizzando costanti la de sità dell’a ia e l’a ele azio e di g a ità , possiamo

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sf utta e la segue te e uazio e pe isali e all’altezza dalla isu a di pressione.

� ℎ = � − ℎ (1.2)

Dobbiamo tener presente che la risoluzione complessiva dipenderà sia dalla risoluzione del sensore, funzione del rumore in uscita dal sensore, sia dalle a atte isti he dell’AFE, dimensionato per ottimizzare la risoluzione, eseguendo sul segnale un filtraggio e u ’a plifi azio e e per minimizzare il proprio contributo di rumore.

Un’appli azio e alternativa di questa tipologia di sensore capacitivo è la tecnologia touch. Questa tecnologia è usata principalmente nei display capacitivi per dispositivi mobili, che sfruttando un array di capacità ed elettrodi permettono la rilevazione della presenza e la posizione del dito dell’utente sullo schermo [Fig 1.2].

Un altro esempio sono i sensori capacitivi utilizzati per la misura della pressione esercitata su un corpo, con potenziali applicazioni in campo io edi ale, pe l’auto azio e e el setto e dei dispositi i e a le. Pe realizzare un sensore di questo tipo è possibile sfruttare un polimero deformabile come materiale dielettrco e creare un array di capacità per monitorare il profilo di pressione su una superficie di interesse [2] [Fig. 1.3]. Anche in questo caso la relazione tra pressione e capacità risulterà

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non lineare ma facilmente caratterizzabile studiando le propietà elastiche del polimero.

1.3.2 Accelerometri

Co l’affi a si delle te i he di et hi g dagli i izi degli a i ’9 è stato possibile integrare strutture meccaniche nel silicio realizzando gli accelerometri. Il funzionamento di un accelerometro si basa su 2 compoenti distinti: una massa che subisce le accelerazioni e due molle che collegano la massa al substrato consentendone il movimento in una sola direzione. Le molle sono tipicamente realizzate come travi sospese ripiegate, così che la costante elastica complessiva sia la somma delle costanti elastiche delle singole travi, ottenendo elevati valori con poca area occupata. Questa soluzione vincola anche il movimento della massa in u ’u i a di ezio e. In questo modo la massa è sensibile alle accelerazioni lu go u a sola di ezio e ed è possi ile isu a e l’accelerazione ricavando la posizio e della assa all’e uili io. Coonsiderando le molle ideali, possiamo utilizzare le equazioni (1.3) e (1.4) da cui otteniamo l’accelerazione in funzione della posizione della massa mobile (1.5).

� = ��

(1.3)

� = � ∆�

(1.4)

� =

��� ∆�

(1.5)

(16)

Per determinare la posizione della massa è utilizzata la misura di capacità che permette di ricavare lo spostamento ∆� utilizzando le apposite relazioni. Come facce del condensatore sono utilizzate la massa mobile e una serie di elettrodi fissi connessi in parallelo tra loro. Sfruttando una forma intedigitata sia per la massa che per gli elettrodi è possibile massimizzare la superficie del condensatore equivalente, massimizzando

osì la isoluzio e, se za au e ta e l’a ea o upata dal se so e [Fig. 1.4].

1.3.3 Sensori chimici

Per il riconoscimento di una specifica specie chimica è necessario realizzare un materiale che presenti siti attivi compatibili con la specie da rilevare e le cui proprietà elettriche variano in presenza o meno di un legame con la specie di interesse. Allo stesso tempo però le proprietà del materiale dovrebbero rimanere quanto più invariate possibili rispetto alle condizioni di lavoro. La classe di materiali più utilizzati per questo scopo sono i polimeri, adatti per la buona reattività chimica e la facilità di produzione. La buona reattività chimica è anche causa della principale

(17)

problematica di questo materiale poiché lo rende sensibile a più specie chimiche, riducendone le prestazioni. Inoltre la forte permeabilità dei materiali polimerici polari rende inutilizzabili questi sensori con tassi di umidità superiori al 70% [3]. La formazione del legame chimico però comporta non solo variazioni delle proprietà elettriche ma anche variazioni volumetriche che possono alterare la stima della concentrazione. In accordo con [4] le soluzioni migliori per misurare la variazione delle p op ietà del ate iale so o l’uso di u o de sato e he utilizza il polimero come dielettrico oppure la stima della resistenza complessiva del polimero per mezzo di una struttura interdigitata. L’app o io apa iti o però garantisce minori consumi e migliore risoluzione, anche se è maggiormente sensibile alle variazioni volumetriche del dielettrico.

Per realizzare un sensore di specie chimiche, vista la bassa sensibilità del singolo condensatore è necessario utilizzare array molto densi, garantendo però una distribuzione della specie gassosa omogenea su tutta la superficie del dielettrico. Per farlo è necessario realizzare dei canali nella piastra superiore del condensatore che consentano la diffusione fino al dielettrico, rendendo più complessa la realizzazione del sensore [Fig. 1.5].

(18)

1.3.4 Sensori di umidità

I sensori di umidità sfruttano la variazione volumetrica di polimeri polari i isposta all’adso i e to da pa te del poli e o delle ole ole d’a ua. A he i uesto aso le possi ili i ple e tazio i si asa o sulla misura di variazioni di capacità o di resistenza. A differenza dei sensori chimici i sensori di umidità possono presentare uno strato passivante a protezione degli elettrodi, al fine di ridurne l’ossidazio e pe effetto delle molecole di acqua, e un riscaldatore in polisilicio per aumentare la diffusività nel polimero, aumentando così la velocità di risposta del sensore. Lo studio condotto da N. Lazarus e G. K. Fedder [5] però evidenzia che la soluzione con riscaldatore effettivamente incrementa la velocità di risposta del sensore ma ne peggiora la risoluzione, oltre ad incrementarne il consumo di potenza.

1.3.5 Considerazioni generali su sensori capacitivi

L’utilizzo di se so i apa iti i pe ette l’i ple e tazio e di siste i con bassi consumi e buona risoluzione, ma sensibili alle derive delle prestazioni, per effetto della temperatura, e agli errori di processo. Per ridurre gli errori dovuti a questi due fenomeni i sensori capacitivi si basano prevalentemente sulla misura di variazione di capacità tra due condensatori nominalmente uguali. L’utilizzo di due apa ità idu e l’e o e complessivo sulla misura dovuto agli errori di processo al solo rapporto delle ∆� rispetto al valore nominale. La simmetria del sensore garantisce anche che in caso di variazioni delle condizioni di lavoro, ad esempio in caso di un aumento di temperatura, gli effetti sulle due capacità siano circa equivalenti per cui non influenti nella misura differenziale. In base alla tipologia di sensore può essere sufficiente una misura

pseudo-differenziale, nella quale una capacità ha ruolo di riferimento e non risente

(19)

con minore deriva delle prestazioni e maggiore risoluzione, ma maggiore complessità del sensore (1.7).

{

� = �

= �

+ ∆�

− � = ∆�

(1.6)

{

� = �

= �

��

− ∆�

+ ∆�

− � = ∆�

(1.7)

(20)
(21)

Capitolo 2

Interfacce per sensori capacitivi

Le interfacce per sensori, come discusso nel capitolo precedente, hanno il ruolo di trasformare la grandezza elettrica in uscita dal sensore in u ’alt a g a dezza fisica rilevabile ed elaborabile dal blocco digitale successivo.

Le topologie tipicamente utilizzate per le interfacce per sensori capacitivi sono classificate in base alla grandezza di uscita:

- da capacità a tensione: C to V - da capacità a frequenza: C to F - da capacità a periodo: C to D

La scelta del progettista ricade su una specifica topologia in base alle p estazio i he l’i te fa ia de e a e e. La C to V permette di ottenere ele ata a u atezza e isoluzio e a p ese ta u ’a hitettu a o plessa e dagli elevati consumi. I olt e è e essa io l’utilizzo di u ADC, p e ale te e te ∑ - ∆, per convertire il segnale analogico in digitale. Le soluzioni C to F e C to D invece presentano architetture più semplici e consumi ridotti, ma minore risoluzione con e o e o plessi o sull’us ita fortemente dipendente degli errori sui componenti e della deriva termica dei parametri. In particolare la soluzione C to F è la più semplice attualmente presente sul mercato, utilizzata principalmente per applicazioni System on Chip (SoC) con sensori MEMS, cioè per chip integrati contenenti il sensore capacitivo MEMS e il circuito di misura. La soluzione C to D , come la precedente, ha il vantaggio di non richiedere un ADC e grazie alla particolare modulazione del segnale è facilmente interfacciabile

(22)

Come analizzato nel capitolo precedente, il trend attuale di scaling delle di e sio i e dei o su i e de le soluzio i C to V diffi il e te s ala ili p op io a ausa della odulazio e i te sio e dell’i fo azio e, e t e le topologie C to F e C to D esse do ealizza ili o modulazione della corrente possono essere più facilmente scalabili senza peggiorarne le prestazioni.

Nel apitolo di uesto ela o ato sa à p ese tata u ’i te fa ia pe se so i apa iti i C to D , o odulazio e PWM del segnale di uscita in funzione della variazione della capacità di sensing, misurata con approccio pseudo-differenziale.

2.1 Rumore e risoluzione

Nella progettazione di interfacce per sensori capacitivi la specifica principale è la risoluzione complessiva, cioè la minima variazione che due campioni successivi di segnale devono avere per essere distinguibili in valore. Considerando il rumore come una componente aleatoria sovrapposta al segnale, la risoluzione coinciderà con la banda di rumore risultante dalla somma di tutti i contributi di rumore riportati in ingresso.

Per calcolare il rumore equivalete in ingresso è necessario calcolare la

sensibilità ispetto all’i g esso dell’us ita di og i lo o del siste a. Pe

definizione la sensibilità è la derivata del segnale ad un nodo del sistema (�) rispetto al segnale di ingresso (�) (2.1).

�0,�

=

� (2.1)

Dividendo la densità spettrale di potenza del rumore introdotto ad uno specifico nodo per la sensibilità rispetto a quel nodo otteniamo i contributi di DSP di rumore riportati in ingresso e quindi la DSP complessiva di rumore in ingresso [Fig 2.1].

(23)

Tenendo conto che il rumore è un processo aleatorio a media nulla possiamo ricavare la deviazione standard del rumore e utilizzando un

fattore di cresta pari a 2 ottenere una risoluzione del sistema pari a

4� − � [Fig. 2.2]. Con questo fattore di cresta la probabilità che il segnale

effetti a e te ada all’i te o della a da i di ata è i a il 9 . % e pe la maggior parte delle applicazioni è sufficiente. Per applicazioni più sensibili agli errori dovuti al rumore è possibile considerare un fattore di cresta maggiore, ad esempio pari a 3, ottenendo una probabilità che il segnale sia contenuto nella fascia considerata superiore 99%. Per garantire una buona risoluzione il progettista, scelta la topologia e il fattore di cresta, deve minimizzare il contributo di rumore riportato in ingresso all’i te fa ia.

Figura 2.2: Caso di due campioni successivi non distinguibili Figura 2.1: Sensibilità e rumore riportato in ingresso

(24)

2.2

Interfa e C to V

Le interfacce per sensori capacitivi con uscita in tensione vengono utilizzate ua do è i hiesta u ’ele ata isoluzio e se za pa ti ola i limitazioni di complessità e consumi. In letteratura le topologie circuitali più utilizzate per queste interfacce utilizzano:

- Impedenzimetro

- Amplificatore di carica (Switched Capacitor) - Amplificatore chopper

La presenza in tutte e tre le topologie di un Low Noise Amplifier (LNA) o e p i o ele e to dell’i te fa ia ga a tis e u idotto i patto del u o e sul seg ale i i g esso, pe ette do di otte e e u ’ele ata risoluzione.

2.2.1 Interfaccia a impedenzimetro

Il fu zio a e to si asa sull’i te azio e del sensore con due blocchi distinti. Un primo blocco di generazione che realizza u ’o da pe iodi a stabile con la quale il trasduttore del sensore viene stimolato. Un secondo blocco che acquisisce il segnale in uscita dal sensore e lo amplifica t asfo a do l’i fo azio e i u alo e di te sio e a alogi o, ad esempio mediante un amplificatore transresistivo (TIA) [Fig. 2.3].

Supponendo di utilizzare un generatore sinusoidale ideale, con

= �

0

sin �

0

+ �

(2.2)

(25)

e un sensore di tipo capacitivo possiamo ricavare:

= ∆��

0

0

� �

0

+ �′

(2.3)

= � �

0

∆��

0

� �

0

+ �′

(2.4)

con K �0 guadagno complessivo della catena alla specifica frequenza. Questa t attazio e si asa sull’ipotesi di bassa impedenza di ingresso del TIA che permette di ipotizzare i terminali di ingresso dell’a plifi ato e virtualmente a massa (virtual ground). Se questa ipotesi è verificata tutta la tensione di stimolo cade sulla capacità validando la (2.3). Nel caso reale invece, poiché una minima impedenza di ingresso è presente, la caduta sulla capacità risulta minore della tensione di stimolo con conseguente riduzione della sensibilità del sistema.

Possia o osse a e he il seg ale i us ita dall’a plifi ato e ha u a componente frequenziale pari a quella dello stimolo, ma che l’i fo azio e è o te uta solo ell’a piezza. I a o do o [6] è possibile riportare con un apposito stadio successivo il segnale in banda base, ad esempio utilizzando un mixer con pulsazione di riferimento a aloga a uella dello sti olo. L’utilizzo di u i e , fo te di u o e o trascurabile, non è critico poiché posto a alle dell’a plifi ato e. I uesto modo il suo contributo di rumore riportato in ingresso è ridotto di un fatto e pa i al guadag o dell’a plifi ato e. Il seg ale osì otte uto è poi filtrato passa basso per eliminare le componenti spurie e di rumore oltre la banda del segnale [Fig. 2.4].

(26)

Figura 2.5: Dettaglio dell’i terfa ia C to V della soluzio e proposta da H.L. Hu et al. [6]

L’a plifi ato e t a s esisti o possia o ealizza lo o u a plifi ato e operazionale reazionato negativamente. La scelta del tipo di reazione però i flue za olto le p estazio i e il fu zio a e to dell’a plifi ato e. Scegliendo una classica reazione resistiva il segnale in uscita sarà tempo continuo ma la resistenza peggiorerà notevolmente la risoluzione complessiva del sistema poiché introduce rumore termico con potenza proporzionale al valore nominale della resistenza.

Utilizzando invece un condensatore e sfruttando il principio di

trasferimento di carica , otte ia o u ’i te fa ia he i t odu e u a

minore componente di rumore sul segnale. La soluzione proposta da H.L.

Hu et al. [7] sfrutta un op-amp con reazione capacitiva realizzata con un

array di capacità selezionabili e una resistenza opportunatamente dimensionata per minimizzare il rumore e realizzare un filtraggio passa alto che non alteri il segnale [Fig. 2.5].

Il funzionamento di questa interfaccia si basa su due fasi distinte: una prima fase nella quale la capacità C1 è misurata e la capacità C2 è scollegata dal circuito e una seconda fase duale rispetto alla prima. La capacità di feedback nelle due fasi è selezionata come risultato

(27)

dell’ela o azio e digitale successiva in modo da massimizzare la risoluzione.

Co side a do l’amplificatore ideale e applicando il trasferimento di carica possiamo ricavare:

= −

(2.5)

= −

(2.6)

=

= � @ � ≜

(2.7)

H.L. Hu et al. nella soluzione proposta [7] utilizzano questa interfaccia

per misurare la variazione di capacità dovuta alle variazioni geometriche del sensore, come nei sensori di pressione o negli accelerometri. Considerando la relazione inversa tra il valore della capacità e lo spostamento delle piastre del sensore possiamo ricavare:

=

+

=

//+ (2.8)

Unendo la (2.7) e la (2.8) otteniamo lo spostamento relativo in funzione di K e del valore assoluto delle capacità misurate. Il filtraggio in alta frequenza elimina eventuali componenti di rumore a frequenze minori di quella di stimolo migliorando la risoluzione complessiva.

2.2.2 Interfaccia ad amplificatore di carica Switched Capacitor

Un modo alternativo per misurare il valore della capacità di un condensato e è l’uso dei sistemi switched capacitor (SC). Questi circuiti si basano sul principio di trasferimento di carica secondo cui dato un

(28)

condensatore e note le condizioni iniziali la carica che fluisce nel condensatore è pari a:

∆ = � ∗ �

− �

� (2.9)

Un esempio di amplificatore di carica può essere costituito dal circuito di figura 2.6, che comprende un amplificatore operazione reazionato con u a apa ità ollegata a assa o all’us ita edia te u o s it h. La capacità da misurare è invece connessa da una parte in ingresso all’a plifi ato e e dall’alt a ad u o s it h he la po e o a assa o ad u a tensione di riferimento.

Supponendo valido il o to i uito i tuale i i g esso all’a plifi ato e, possiamo ricavare le tensioni applicate ai condensatori in entrambe le fasi. Nell’a alisi te e o di o to a he di tutte le componenti di rumore i t odotte dall’a plifi ato e o u a te sio e e ui alente di rumore riportata in ingresso pari a � .

Figura 2.6: Amplificatore di carica switched capacitor con indicate le fasi di funzionamento degli switch

(29)

Fase 1:

{

= − � − �

= − �

= �

(2.10) Fase 2:

{

= − �

= −� − �

= � +

∆ � (2.11)

Dal principio di trasferimento di carica possiamo però definire:

= ∆

+ ∆

(2.12)

Applicando la (2.9) alla (2.12) utilizzando i valori dei sistemi (2.10) e (2.11) possiamo allora ricavare la � procedendo al calcolo della tensione di uscita. Durante la fase la te sio e di us ita è pa i all’offset dell’a plifi ato e, mentre durante la fase due sarà:

= − � + �

(2.13)

Dal risultato ottenuto possiamo distinguere una componente di segnale utile e una componente di rumore.

{

� ���

=

∆�

= −

�+ +

� − �

(2.14)

Abbiamo ottenuto allora una tensione di uscita proporzionale alla differenza tra le due capacità del sensore e un rumore complessivo

(30)

Figura 2.7: A da e to della te sio e di us ita dall’a plifi atore di ari a i fu zio e del te po

sovrapposto pari alla differenza del rumore ca pio ato all’i izio delle due fasi. Questa tecnica, definita Correlated Double Sampling (CDS), garantisce che le componenti di rumore a bassa frequenza, offset e flicker, vengano reiettate dal sistema iglio a do le p estazio i dell’i te fa ia. Svantaggio di questa soluzione è invece la validità del dato solo al termine della fase 2, poiché la tensione di uscita essendo legata alla carica/scarica di una capacità ha un andamento esponenziale ed è considerabile a regime solo al termine della fase [Fig 2.7].

Dalle relazioni del sistema (2.14) possiamo anche ricavare la sensibilità dell’i te fa ia.

∆ ,�

=

(2.15)

In questa analisi abbiamo però trascurato le due problematiche principali dei sistemi swit hed apa ito , il fe o e o dell’iniezione di

carica e il rumore KT/C.

Il rumore KT/C è dovuto al campionamento del valore della tensione sulla capacità alla commutazione dello switch. Quando lo switch commuta, variando la tensione ai capi della capacità, oltre ad essere campionato il segnale è campionato anche il rumore sovrapposto al segnale. Se

(31)

consideriamo un circuito composto da un generatore reale, uno switch e una capacità [Fig. 2.8], possiamo considerare il rumore presente come la componente termica generata dalla resistenza serie del generatore.

Fatte queste ipotesi possiamo calcolare la densità spettrale di potenza di rumore in ingresso alla capacità come il contributo della resistenza moltiplicato per il modulo quadro della funzione di trasferimento del partitore RC.

��

= 4�

+

@

=

(2.16) Integrando su tutta la banda la (2.16) otteniamo il valor quadratico medio del rumore che risulta pari a KT/C.

< �

��

> = ∫

��

+∞

0

=

(2.17)

Ripetendo la trattazione dell’a plifi ato e di a i a a aggiu ge do i contributi di rumore KT/C tra la fase 1 e la fase 2 otteniamo:

� � �

= �

��

�� �

− �

��

(2.18)

Osservando il risultato ottenuto sembra essere necessario incrementare � per massimizzare la risoluzione. In realtà calcolando il

(32)

dynamic range possiamo osservare come un incremento della capacità di eazio e peggio i la isoluzio e olt e ad i e e ta e l’a ea o upata.

Per calcolare il dynamic range sfruttiamo il valor quadratico medio precedentemente calcolato (2.17) pe t o a e l’e o e ipo tato i i g esso sulla misura di capacità (∆� ) dovuto al KT/C, e consideriamo la massima differenza di capacità misurabile (∆���).

< �

� /

> =

+

+

(2.19)

< ∆� > =

< � /� > ∆�,� (2.20)

=

∆ � 4∆

=

� 4√� /∆ �

∆ � + �+ (2.21)

Dal risultato ottenuto possiamo osservare che per massimizzare il dynamic range, considerando fissate le capacità del sensore, la capacità � deve essere minimizzata risparmiando anche in area occupata. Questo risultato era prevedibile considerando la relazione (2.15) dalla quale si evince come una riduzione della capacità di reazione comporti una maggiore sensibilità del sistema e quindi un minor rumore riportato in ingresso.

L’i iezio e di a i a è u fe o e o do uto alla o idealità degli switch che in fase di commutazione assorbono o rilasciano carica nel circuito alterando le equazioni del trasferimento di carica. Le due principali soluzioni a questo problema si asa o sull’uso di dummy switch oppure sull’uso di architetture fully differential pe le uali l’i iezio e di a i a è solo un contributo in ingresso a modo comune, per cui è reiettato.

I dummy switch basano il loro principio di funzionamento sulla p opo zio alità t a a i a i iettata, o asso ita, e l’a ea dei pozzetti del

(33)

(dummy) di area dimezzata, con drain e source cortocircuitati e controllati in controfase rispetto al primo, la carica iniettata nel trasitorio di speg i e to è pa i a uella asso ita dai due du y osfet e l’i iezio e di carica nel circuito è fortemente attenuata [Fig 2.9]. Analogo funzionamento si ha nel transitorio di accensione quando lo switch assorbe la carica dai dummy switch e non dal circuito.

La soluzione proposta da W. Bracke et al. [8] utilizza l’a hitettu a s it hed apa ito pe ealizza e u ’i te fa ia ge e i a pe se so i apa iti i. L’i te fa ia è o posta da due a plifi ato i di a i a s it hed cap, uno per ciascuna delle capacità del sensore, con funzione di convertitori capacità-tensione e riduzione delle componenti di rumore a bassa frequenza per mezzo di tecnica CDS. I due amplificatori sono seguiti da u a plifi ato e fully diffe e tial he p ese ta u ’ulte io e CD“ di iduzio e del u o e. L’i fo azio e è poi o e tita in digitale per mezzo di u o e tito e ∑ - ∆ he ga a tis e alta isoluzio e o assi o su i [Fig. 2.10].

Pe i e e ta e la ge e alità dell’i te fa ia W. Bracke et al. [9] hanno realizzato anche una versione programmabile che permette di adattare l’i te fa ia i ase alla tipologia di se so e. L’i te fa ia può esse e p og a ata pe se so i o u ’u i a apa ità, sf utta do u condensatore di riferimento integrato, a sua volta programmabile nel valore di capacità, oppure per sensori differenziali. Inoltre per controllare

(34)

la se si ilità dell’i te fa ia la apa ità di feed a k del o e tito e e il guadag o dell’a plifi ato e s it hed apa ito sono programmabili.

2.2.3 Interfaccia ad amplificatore chopper

U ’alt a te i a di iduzio e delle o po e ti di u o e i assa frequenza è la chopper stabilization, che sfrutta la proprietà di simmetria dei sistemi fully differential modulando e demodulando il segnale in i g esso all’a plifi ato e [Fig. 2.11]. Pe il seg ale l’ope azio e di modulazione e demodulazione è idealmente trasparente e in uscita dal demodulatore il segnale è solamente amplificato. Il rumore introdotto dall’a plifi ato e pe ò o su is e la odulazio e a solo la demodulazione per cui risulta traslato in alta frequenza. Con un filtro passa

Figura 2.11: Schema a blocchi della tecnica chopper stabilization

(35)

basso è allora possibile filtrare il rumore introdotto dall’a plifi ato e osì he a he i a da ase l’u i o o tributo di rumore sia quello termico.

Nella soluzione proposta da Sun et al. [10] l’i te fa ia è ealizzata o due stadi di amplificazione entrambi sottoposti a chopper stabilization [Fig. 2.12]. La modulazione del segnale è effettuata a monte del sensore così che il primo stadio fully differential sia direttamente connesso al sensore. In uscita al primo stadio è presente un filtraggio RC passa alto che riduce la componente di rumore in bassa frequenza e un demodulatore che trasla il segnale ad una frequenza fL. Prima di essere nuovamente amplificato il

segnale subisce un ulteriore filtraggio passa basso per eliminare le componenti spurie in alta frequenza. Dopo l’amplificazione è demodulato in banda base.

Con questa tecnica possiamo ottenere un ottimo miglioramento della risoluzione complessiva del sistema poiché le componenti di rumore in banda base sono fortemente attenuate. Gli svantaggi più evidenti però riguardano la complessità del circuito, che deve necessariamente essere di tipo fully differential pe fa ilita e l’appli azio e dei odulato i hoppe ed esaltare la simmetria del sistema, e il maggiore consumo complessivo.

(36)

2.3

Interfa e C to F

Questo tipo di interfacce si distingue dalle altre tipologie per la se pli ità dell’a hitettu a e i assi o su i. Il i uito i fatti è asato semplicemente su un oscillatore integrato la cui frequenza di lavoro è modulata dalla capacità di sensing. In letteratura possiamo distinguere le topologie di interfacce C to F i ase all’oscillatore utilizzato:

- Ring oscillator

- Oscillatore a rilassamento

Ulteriore vantaggio di questo approccio è la se pli ità dell’i te fa ia digitale poiché è sufficiente un f e ue zi et o pe a uisi e l’i fo azio e senza dover ricorrere ad un più complesso ADC. Questo tipo di interfaccia presenta però una scarsa risoluzione e una forte dipendenza dalle variazione parametriche dei componenti. In particolare il segnale di uscita è soggetto a jitter, cioè a variazione casuale del pe iodo dell’o da pe ingresso costante, originato tipicamente dal rumore introdotto dai componenti attivi del circuito.

2.3.1 Interfaccia con ring oscillator

L’os illato e ad a ello è la tipologia più se pli e di os illato e realizzabile poiché non richiede componenti attivi ma solo tre inverter e tre condensatori per fissare la frequenza di oscillazione [Fig. 2.13].

(37)

Senza condensatori il circuito sarebbe ugualmente instabile ma la frequenza di oscillazione non sarebbe controllabile poiché dipenderebbe dalle capacità parassite degli inverter risultando aleatoria.

Per modulare la frequenza possiamo utilizzare due soluzioni distinte. La prima [11] p e ede l’uso della apa ità del se so e pe odula e u o dei poli della risposta ad anello aperto della cascata di inverter, come in figura 2.13. L’altro approccio possibile prevede invece l’utilizzo di u ulteriore inverter reazionato per realizzare un filtro passa basso con polo dipendente dalla capacità del sensore [12] [Fig. 2.14].

2.3.2 Interfaccia con oscillatore a rilassamento

Gli oscillatori a rilassamento sono una particolare tipologia di oscillatori che presenta in uscita un breve impulso seguito da un più lungo tempo di recupero.

Un esempio di oscillatore a ilassa e to è l’os illato e controllato in tensione realizzato con comparatore con isteresi. Questa una topologia più complessa rispetto alla precedente ma meno soggetta a jitter. In questa topologia la capacità di sensing è caricata e scaricata periodicamente da una corrente uguale nei due semiperiodi.

Il comparatore con isteresi confronta la tensione ai capi della capacità con una tensione di riferimento e commuta quando la tensione sulla

(38)

capacità raggiunge la soglia. Lo switch della corrente di stimolo della apa ità è o t ollato dall’us ita del o pa ato e he o utando inverte la direzione della corrente [Fig. 2.15].

Applicando il bilancio delle cariche nel periodo, con ipotesi di periodo abbastanza breve da considerare costante la capacità, possiamo ricavare che la f e ue za dell’o da uad a di us ita isulta p opo zio ale alla o e te ed i e sa e te p opo zio ale alla apa ità e all’iste esi del comparatore.

=

�0

� ∆�� � � �

(2.22)

U ’alt a topologia si basa sul rilascio rapido di energia p e ede te e te i agazzi ata all’i te o della capacità del sensore, per effetto di una reazione positiva. Poiché la reazione positiva è innescata dalla tensione ai capi della capacità stessa, in base al valore di capacità la tensione di soglia sarà raggiunta in un periodo più o meno lungo modulando così la frequenza degli impulsi. La soluzione proposta da

Andrew D. DeHennis e Kensall D. Wise [13] utilizza un oscillatore a

(39)

rilassamento con uscita digitalizzata mediante un semplice flip-flop SR [Fig. 2.16].

2.4

Interfa e C to D

Questa tipologia di interfacce presenta una maggiore complessità ispetto alle C to F poi h i hiede u clock esterno come oscillazione di riferimento. Allo stesso tempo però risulta più robusta agli errori di processo sui componenti e per mezzo di opportune tecniche di riduzione del rumore in bassa frequenza è possibile minimizzare il jitte sull’o da di uscita.

U possi ile app o io pe ealizza e ueste i te fa e è l’uso di u comparatore con isteresi che a diffe e za della soluzio e C to F non rileva direttamente la tensione ai capi della capacità ma tra comparatore e sensore è presente uno stadio di amplificazione. Analogamente alle i te fa e C to V i due app o i utilizza ili per la realizzazione dell’i te fa ia sono:

- Impedenzimetro - Amplificatore di carica

Figura . : S he a dell’i terfa ia o os illatore a rilassa e to di Andrew D. DeHennis e Kensall D. Wise [11]

(40)

La soluzione implementata e discussa in questa tesi utilizza l’i pedenzimetro, seguito da un comparatore con isteresi che ha ruolo di convertitore capacità – periodo e sarà discussa nei prossimi capitoli.

La seconda soluzione è proposta da Tan et al. [14] e utilizza un OTA con bassi consumi come amplificatore di carica ed un comparatore con isteresi per la conversione capacità – periodo, implementando la tecnica chopper stabilization per ridurre le componenti di rumore in bassa frequenza [Fig. 2.17].

L’utilizzo di u OTA si gle e ded, invece che fully differential, riduce la complessità del circuito ma impone una particolare implementazione della chopper modulation. Cambiando durante un periodo di misura la polarità delle cariche integrate sulla capacità di reazione otteniamo come risultato dell’i teg azio e sul pe iodo la differenza tra due campioni di rumore successivi per cui le componenti considerabili statiche risultano fortemente attenuate. Per garantire il corretto funzionamento è però necessario che la frequenza di chopping sia maggiore della frequenza del segnale misurato, così che il circuito risulti simmetrico nelle due fasi. Nella soluzione proposta da Tan et al. [14] tutto il circuito a monte dell’OTA è o i al e te

(41)

simmetrico e il segnale di chop commuta la tensione di riferimento del sensore da � a ��� e il verso della corrente di integrazione con una frequenza pari a 32 volte la frequenza del segnale di uscita.

(42)
(43)

Capitolo 3

I te fa ia pe se so i apa iti i C to D

I uesto apitolo sa à dis usso il p ogetto di u ’i te fa ia pe se so i capacitivi con odulazio e PWM dell’uscita e specifica low power. Questo progetto sfrutta come punto di partenza la topologia proposta da N. Nizza

e P. Bruschi [15] o l’o ietti o di idu e i o su i se za peggiorare

significativamente le prestazioni.

3.1 Principio di funzionamento

L’i te fa ia p oposta p e ede l’utilizzo di u ge e ato e di a pa pe la stimolazione del trasduttore e un amplificatore di corrente fully differential per la misura della corrente differenziale in uscita dal sensore. Il segnale così amplificato è utilizzato per caricare e scaricare periodicamente un condensatore la cui tensione è rilevata da un comparatore con isteresi generando l’o da di uscita con modulazione PWM [Fig 3.1].

Analizzando il funzionamento nel dettaglio, il ge e ato e d’o da RG ea u ’o da t ia gola e pe iodi a si o a o il lo k per mezzo di un integratore di Miller con capacità di reazione � , stimolando in tensione il

(44)

sensore: Per effetto dello stimolo in tensione in uscita al sensore sono presenti due correnti proporzionali alla capacità del singolo ramo e alla tensione picco-pi o dell’o da di sti olo. Pe ga a ti e u a isu a esatta dei valori di capacità del sensore è necessario che sia verificata la condizione di virtual ground i i g esso all’a plifi ato e di o e te osì he l’effetti a aduta di te sio e ai api delle due apa ità sia pari alla tensione di stimolo. L’a plifi ato e di o e te CA ealizza poi la differenza delle due correnti in ingresso, con un fattore di attenuazione pari a due, ottenendo una corrente proporzionale alla differenza di capacità.

=

= ∆�

(3.1)

Essendo lo stimolo caratterizzato da una rampa con derivata positiva e una con derivata negativa anche la corrente risulterà per metà periodo positi a e pe l’alt a età egati a. La successiva modulazione chopper, i ple e tata dall’a ay di s it h SA1, effettua però un raddrizzamento della corrente, rendendo il contributo di alla corrente integrata nella capacità C0 sempre positivo.

La corrente ∆ è costante per tutto il periodo ed è sommata in uscita all’a plifi ato e di o e te. La o e te è costante in tutto il periodo ma è sommata o sottratta alla corrente totale nel circuito in base al valore del segnale di uscita . La corrente totale ottenuta (3.2) è poi integrata nella capacità C0 mediante l’array di switch SA1 che ne inverte la polarità in

funzione del segnale di clock.

= −

[

+ ∆ + −

]

(3.2)

Analizzando la corrente complessiva possiamo osservare tre intervalli di funzionamento del circuito, riassunti nella tabella 3.1.

(45)

Al fine di garantire una carica residua nulla nella capacità dopo un ciclo di funzionamento le correnti sono così dimensionate:

∆ > + max | |

(3.3)

Osservando la topologia possiamo subito notare che il contributo complessivo di ∆ è nullo poiché per metà periodo integrata con segno positi o e pe l’alt a età o seg o egati o. Unendo le equazioni della tabella 3.1 e la (3.3) notiamo infatti che la ∆ ha come unico scopo quello di mantenere il segno della corrente positivo nel primo semiperiodo e egati o ell’alt o osì he la apa ità sia a i ata ella p i a fase e scaricata nelle altre due. Il periodo del segnale di uscita è allora determinato solo dal contributo delle altre due correnti. In particolare il contributo della corrente , te e do o to dell’e uazio e . ) risulta

=

= ∆� ∆

(3.4)

Il contributo della corrente invece è pari a:

= �

(3.5)

Imponendo il bilancio delle cariche in un periodo troviamo la relazione che lega � alla capacità differenziale misurata.

� =

∆ ∆

(3.6)

Infine, affinché � non ecceda / , dalla (3.6) ricaviamo che è necessario introdurre un ulteriore vincolo nel dimensionamento delle correnti.

(46)

Figura . : Ci lo di fu zio a e to dell’i te fa ia

> max | |

(3.7)

3.2 Rumore e Dynamic Range

In questa tipologia di interfacce il rumore sovrapposto al segnale si presenta in uscita come una fluttuazio e della du ata dell’i pulso, riconducibile al jitter, cioè ad un’incertezza nel fronte in discesa. Al fine di assi izza e la isoluzio e dell’i te fa ia e essa io i daga e uali so o le principali sorgenti di rumore per minimizzarne il contributo.

Nell’a alisi del u o e o side ia o ideale il seg ale di lo k e indaghiamo i contributi al jitter delle tre correnti integrate su C0. Tenendo

conto del rumore di corrente sovrapposto alla e del rumore sulla tensione di riferimento del comparatore consideriamo un generico periodo di funzionamento [t1 ; t2] come riportato in figura 3.2.

Applicando il bilancio delle cariche sul condensatore C0, tenendo

conto dei contributi di rumore ricaviamo la relazione

+ ∫

= � [

− ]

(3.8)

(47)

Applicando le relazioni della tabella 3.1 troviamo

= −

+ ∆ −

− −

+ ∆ +

� +

(3.8)

relazione generale che ha come soluzione particolare, per � = � , il fu zio a e to p e ede te e te des itto. Pe se plifi a e l’a alisi definiamo, il rumore casuale di carica dovuto al rumore di corrente (3.9) e il rumore casuale di carica dovuto al rumore sulla tensione di riferimento del comparatore (3.10).

= ∫

(3.9)

= � [

− ]

(3.10)

Applicando la (3.8), (3.9) e (3.10) al bilancio della carica (3.7) troviamo la relazione generale per il calcolo di � nella quale è distinguibile il contributo del segnale utile e il contributo di rumore.

− �

=

� − �

=

− + ∆ −

= −

(3.11)

Per semplificare lo studio del contributo del rumore sul jitter totale possiamo imporre la corrente costante così che i parametri e non varino nel periodo. Questa ipotesi consente, applicando la trasformata Z e considerando la sola parte utile di segnale, di ricavare dalla (3.11) la funzione di trasferimento corrente-periodo del sistema (3.12). Per al ola e il o t i uto del u o e di a i a sull’us ita . poi sufficiente moltiplicare la funzione di trasferimento nel dominio � per la trasformata discreta di fourier del rumore di carica.

(48)

=

� =

− � (3.12)

� =

� � − � � (3.13)

Caratteristica interessante è il filtraggio passo basso introdotto dalla funzione di trasferimento, con attenuazione dipendente dal parametro [Fig. 3.3]. Questa proprietà permette di limitare il rumore in alta frequenza se za l’utilizzo di u filt o passa asso a se pli e e te i e e ta do la differenza tra la ∆ e le altre due correnti.

Considerando incorrelati il rumore introdotto dal comparatore e quello prodotto dalle correnti, la densità spettrale di potenza discreta (D-DSP) complessiva del rumore è la somma delle D-DSP dei singoli contributi.

3.2.1 Contributo del rumore in corrente

Applicando la trasformata di Fourier alla (3.9) possiamo ricavare la relazione tra la DSP del rumore in corrente e la D-DSP del rumore di carica (3.14). Poi h l’us ita o side a ile o e u seg ale te po dis eto

(49)

con periodo pari al clock possiamo considerare come intervallo di frequenze utili [− / ; / ] tenendo conto del fenomeno di foldover.

= ∑

+∞

[�

]

= −∞ (3.14)

Studiando la topologia possiamo considerare il rumore in corrente come la somma di tre contributi: , rumore in corrente introdotto dall’a plifi ato e di o e te; , rumore in corrente introdotto dal generatore di rampa; rumore in corrente del generatore . Definendo i segnali modulanti il rumore e [Fig.3.4] possiamo allora risalire alla DSP del rumore in corrente calcolando la DSP dei singoli contributi (3.15).

= [

+

]

+

(3.15)

Prima di procedere con lo studio dei singoli contributi è necessario effettua e u ’app ossi azio e sulla a da dell’a plifi ato e. La elazio e . o side a la a da dell’a plifi ato e i fi ita e t e el aso eale non può esserlo. Nella trattazione formale del problema dovremmo considerare il numero di repliche = contenute nella banda dell’a plifi ato e otte e do:

= −

= <

(3.16)

Per semplificare la trattazione consideriamo abbastanza grande osì he i o t i uti delle epli he es lusi dalla a da dell’a plifi ato e

(50)

siano fortemente attenuati dalla funzione , e quindi siano trascurabili, ed imponiamo = .

Per il contributo di possiamo osservare che la modulazione introdotta da è analoga alla modulazione chopper [16] per cui il contributo alla DSP totale è pari a su tutta la banda eccetto nei multipli della f e ue za di lo k do e so o epli ati il fli ke e l’offset.

La modulazione della invece varia in funzione del valore di �, tra una modulazione chopper per � = e assenza di modulazione per � = . Per o pletezza dell’a alisi o side ia o il o st ase, io il aso di asse za di modulazione. In assenza di modulazione il contributo del flicker è attenuato dalla moltiplicazione per la e possiamo quindi trascurarne tutte le repliche eccetto quella per k = 0. La componente termica invece rimane invariata e fornisce un contributo al rumore complessivo pari a

.

Per studiare il contributo del generatore di rampa dobbiamo prima considerare alcuni aspetti:

i. è un rumore in corrente proveniente da due sorgenti distinte, una utilizzata per generare la rampa con derivata positiva e l’alt a per generare la rampa con derivata negativa.

ii. La modulazione di inverte il segno del contributo di

rendendolo concorde con il contributo di . Possiamo allora considerare una singola sorgente di rumore con contributo doppio.

iii. e sono generati dalla stessa tensione di riferimento per cui il loro contributo di rumore è correlato. Dalla tabella 1 notiamo però che e hanno segno opposto nella fase B per cui i contributi di rumore tendono a cancellarsi.

(51)

=

(3.17)

Applicando le considerazioni fatte alla (3.15) otteniamo come D-DSP del rumore di carica dovuto al rumore in corrente:

= [

+

+

]

(3.18)

Il secondo e il terzo termine per effetto di quanto detto al punto (iii) contengono solo le componenti incorrelate dei due processi.

Pe o pleta e l’a alisi i a e da ollega e l’e uazio e t o ata con i parametri dei dispositivi utilizzate, così da dimensionare il circuito in modo da minimizzare il rumore complessivo. Utilizzando le equazioni classiche del contributo termico e flicker di un generico mosfet, definendo numero di mosfet che contribuiscono al rumore termico, − la tensione di overdrive degli mosfet, per semplicità di analisi considerata uguale per tutti i mos, e oeffi ie te dell’effetto ody tip. = . ), otteniamo allora:

=

+

(3.19)

+

=

(3.20)

3.2.2 Contributo del rumore del comparatore

Il rumore introdotto dal comparatore è la conseguenza di un campionamento e di un operazione di differenza tra campioni. Per effetto della sovrapposizione del rumore sul segnale in ingresso al comparatore all’ista te di o utazio e il o pa ato e, oltre a campionare il segnale utile, campiona anche il rumore sovrapposto. Considerando due periodi consecutivi, per effetto della variazione del rumore sovrapposto, l’e ore sul duty i le dell’o da non è dovuto al valore assoluto del rumore campionato alla commutazione ma alla differenza tra il campione di

(52)

rumore attuale e quello precedente. Nella trattazione del rumore introdotto dal comparatore possiamo allora considerare due fenomeni distinti. Il foldover, dovuto al campionamento, che riporta le repliche dello spettro del segnale e del rumore ell’i te allo [− / ; / ] e la moltiplicazione in frequenza per un � , con conseguente eli i azio e dell’offset e fo te iduzio e delle o po e ti di u o e i bassa frequenza, dovuta alla differenza tra due campioni successivi. Possiamo quindi approssimare il contributo di rumore di carica del comparatore come:

= �

(3.21)

3.2.3 Jitter teorico

Dall’a alisi fatta otia o he il p i ipale o t i uto di u o e dato dal rumore in corrente poiché il comparatore introduce rumore a frequenze maggiori di dove però agisce il filtraggio passa basso della risposta in frequenza (3.12). Trascurando la componente dovuta al comparatore, rimangono solo il rumore termico dovuto alla e la componente flicker dovuta alle alt e due so ge ti. Pe se plifi a e l’a alisi possia o t as u a e anche la componente flicker ma per farlo è necessario che la frequenza di corner sia molto minore della . Calcolando la frequenza di corner (3.22), tenendo conto solo del rumore in corrente, troviamo la relazione per dimensionare il mosfet che genera la in modo la frequenza di corner rispetti l’ipotesi fatta.

=

+

− (3.22)

Appli a do i fi e l’ipotesi sulla alla (3.21) e tenendo conto della funzione di trasferimento (3.12) troviamo la D-DSP del jitter totale.

(53)

3.2.4 Dynamic Range

Il dynamic range in questa applicazione corrisponde al rapporto tra il � massimo ottenibile, che nel caso di dimensionamento ottimo coincide con

/ , e la deviazione standard del jitter.

Pe se plifi a e l’a alisi al oliamo il quadrato del reciproco del dy a i a ge. Dall’e uazio e . possia o i a a e � ottenendo:

=

��

=

+

− ( − ) ∆ ∆

(3.24) Possiamo notare come, apparentemente, una diminuzione della corrente di bias porti ad un miglioramento del dynamic range del circuito, e come un incremento della frequenza di clock produca analogamente un miglioramento dello stesso parametro. In realtà per garantire la condizione di virtual ground in i g esso all’a plifi ato e di o e te, il rapporto tra frequenza di clock e corrente di bias deve rimanere costante, per cui una diminuzione della corrente di bias richiede una analoga riduzione della frequenza di clock.

3.3 Analisi delle prestazioni della topologia

Ca atte isti a i o ati a della soluzio e p ese tata l’utilizzo della chopper modulation per ridurre il rumore in bassa frequenza, che unito all’effetto filt a te delle fu zio e di t asfe i e to (3.12) permette di ottenere buone risoluzioni con consumi ridotti. Ulteriore vantaggio della chopper modulation è la riduzione degli errori dovuti al mismatch dei transistor per effetto degli errori di processo.

G azie alla assa i pede za di i g esso dell’a plifi ato e di o e te questa interfaccia reietta molto bene in disturbi provenienti dalle capacità parassite del sensore [Fig. 3.5], eccetto quelli provenienti dalle capacità parassite in parallelo a quelle di misura, il cui contributo può comunque

(54)

essere minimizzato, ad esempio riducendo la lunghezza dei fili di connessione.

Terza caratteristica significativa è la ridotta deriva termica ottenuta mediante la dipendenza del segnale di uscita del rapporto di grandezze soggette agli stessi effetti termici. In particolare, nella soluzione proposta il generatore di rampa è implementato mediante un inverter current starved seguito da integratore di miller [Fig. 3.6] e ge e a u ’o da t ia gola e i tensione con ampiezza proporzionale al rapporto tra la corrente integrata , e la capacità di integrazione. Considerando = ricaviamo:

∆ =

(3.25)

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