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Sicurezza delle cure

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Academic year: 2021

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SICUREZZA

DELLE CURE

E

RESPONSABILITÀ

SANITARIA

COLLANA MEDICINA

Commentario alla legge 24/2017

Prefazione di Cesare Fassari

Postfazione di Tonino Aceti

Luca Benci, Alessia Bernardi, Alberto Fiore,

Tiziana Frittelli, Vittorio Gasparrini,

Maurizio Hazan, Pietro Martinengo,

Daniele Rodriguez, Walter Rossi,

Riccardo Tartaglia, Alberto Tita

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Commentario alla legge 8 marzo 2017, n. 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e

della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”

Prefazione di Cesare Fassari Postfazione di Tonino Aceti

SICUREZZA

DELLE CURE E

RESPONSABILITÀ

SANITARIA

Luca Benci, Alessia Bernardi, Alberto Fiore, Tiziana Frittelli, Vittorio Gasparrini, Maurizio Hazan, Pietro Martinengo, Daniele Rodriguez, Walter Rossi, Riccardo Tartaglia, Alberto Tita

COLLANA MEDICINA E SOCIETÀ

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I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione

e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. Roma, marzo 2017

Isbn: 978-88-940522-4-4 www.qsedizioni.it

In copertina

John William Waterhouse (1849-1917)

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I N D I C E

Prefazione. . . 7

Cesare Fassari

La sicurezza delle cure e il rischio clinico. . . 13

Articolo 1

Riccardo Tartaglia, Sara Albolino e Michela Tanzini

Il Difensore civico quale garante per il diritto alla salute. . . 19

Articolo 2, commi 1, 2 e 3 Vittorio Gasparrini

Ruolo e funzione del Centro per la gestione

del rischio sanitario e la sicurezza del paziente. . . 31

Articolo 2, commi 4 e 5

Riccardo Tartaglia, Sara Albolino e Michela Tanzini Ruolo e funzioni dell’Osservatorio nazionale

delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità. . . 37

Articolo 3

Riccardo Tartaglia, Sara Albolino e Michela Tanzini

La trasparenza dei dati e la documentazione sanitaria. . . 47

Articolo 4, commi 1, 2 e 3 Luca Benci

Il riscontro diagnostico concordato con i familiari. . . 55

Articolo 4, comma 4 Daniele Rodriguez

Le linee guida e le buone pratiche. . . 63

Articolo 5

Luca Benci e Daniele Rodriguez

I nuovi profili della responsabilità penale

del professionista sanitario. . . 81

Articolo 6

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4 INDICE

Responsabilità civile della struttura e dell’esercente

la professione sanitaria. . . 97

Articolo 7

Maurizio Hazan e Daniela Zorzit

La conciliazione. . . 113 Articolo 8 Alessia Bernardi L’azione di rivalsa. . . 121 Articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4 Alessia Bernardi

La responsabilità amministrativa presso la Corte dei conti. . . . 129

Articolo 9, comma 5 Alberto Fiore

Obbligo di assicurazione. . . 151

Articolo 10 Alberto Tita

Estensione della garanzia assicurativa. . . 169

Articolo 11 Alberto Tita

Azione diretta del soggetto danneggiato. . . 175

Articolo 12 Maurizio Hazan

L’obbligo di comunicazione al professionista sanitario. . . 195

Articolo 13 Pietro Martinengo

Fondo di garanzia per i danni derivanti

da responsabilità sanitaria. . . 203

Articolo 14 Walter Rossi

Consulenti tecnici di ufficio e periti nei giudizi

di responsabilità sanitaria. . . 211

Articolo 15

(6)

Innovazioni in materia di gestione del rischio clinico. . . 223

Articolo 16

Daniele Rodriguez, Riccardo Tartaglia e Tommaso Bellandi

La clausola di invarianza finanziaria. . . 235

Articoli 17 e 18 Luca Benci

Responsabilità professionale e direzione strategica aziendale: problematiche, percorsi, indirizzi della nuova legge . . . 239

Tiziana Frittelli

POSTFAZIONE

Dal risarcimento all’indennizzo. Come cambia un diritto!. . . 259

Tonino Aceti

Autori e collaboratori. . . 265

ALLEGATO

Legge 8 marzo 2017, n. 24.

Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti

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Prefazione

Quando ero capo ufficio stampa del ministro della Salute Livia Tur-co (2006-2008) riTur-cordo che, dopo l’ennesimo artiTur-colo sulla malasa-nità, chiamai una mia carissima amica e collega, Daniela Minerva, all’epoca capo redattore de l’Espresso e responsabile delle pagine di salute del settimanale, e le chiesi come mai i giornali e le Tv parlas-sero di sanità solo quando qualcosa andava storto, non dando mai conto delle migliaia di prestazioni giornaliere con esito felice che ogni giorno venivano portate a termine negli ospedali italiani.

La sua risposta mi illuminò definitivamente sull’annosa questione del rapporto tra media e sanità. “Caro Cesare, mi disse, pensi che il fatto che un paziente entri in ospedale malato ed esca sano possa mai essere una notizia? Questa è la norma. La notizia è quando entra con un problema alla gamba destra e gli operano la sinistra!”.

L’errore medico e la connessa azione di risk management neces-saria a prevenire e scongiurare errori, malpractice, disfunzioni orga-nizzative e quant’altro possa compromettere la sicurezza delle cure, diventa fenomeno controverso e di massa e in tempi tutto sommato recenti.

Anche se il primo a parlarne risulta essere nel 1768 il giurista in-glese Sir William Blackstone, che nei suoi Commentaries on the Laws of England (1768) coniò il termine mala praxis (poi diventato mal-practice) riferendosi all’attività medica, è solo a partire dagli anni ’80 (e quasi esclusivamente negli Usa) che l’errore medico e le sue con-seguenze legali diventano un “problema” per la medicina e per gli ospedali.

Non perché prima non ci fossero errori (probabilmente ne acca-devano molti, ma molti di più, di oggi) ma perché, sia nel medico che nel paziente, quella possibilità (qualcosa è andato storto, mi dispia-ce) era nell’ordine delle probabilità e come tale in qualche modo accettata.

Poi cambia tutto. La possibilità di ottenere un giusto risarcimento da parte del medico o della struttura sanitaria che si riteneva avesse-ro compiuto un eravesse-rore o che non avesseavesse-ro in ogni caso eseguito la pavesse-ro- pro-cedura nel modo corretto, si è fatta avanti (poco importa stabilire se

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sia nato prima l’avvocato smaliziato o il paziente arrabbiato) e via via ha assunto caratteristiche di massa, con un numero sempre crescen-te di procedimenti, sia in sede civile che penale.

La cosiddetta “medicina difensiva” nasce come contromisura “ne-gativa” a questa deriva medico legale e sostanzialmente si pone co-me forma di “passivo non agire” o “moltiplicatore esponenziale del momento diagnostico” per far sì che, un domani, il medico o la strut-tura possano presentare copiose documentazioni a loro tutela.

Sorvolo sulla stima (che ho sempre trovato inverosimile) dei costi che tali prassi comporterebbero per il sistema ma resta il fatto che il “con-trasto alla medicina difensiva e ai suoi costi” sia diventato in questi ul-timi anni una delle armi più usate per convincere il legislatore a fare qualcosa sul piano normativo e per consegnare al sistema sanitario e a quello giudiziario una cornice di norme capace di governare il feno-meno apparentemente inarrestabile del contenzioso medico legale.

In parallelo, con meno enfasi, ma senz’altro con più costrutto, si è lavorato a rafforzare il contesto organizzativo e professionale degli operatori studiando protocolli di sicurezza e di riferimento diagno-stico, clinico e terapeutico tali da creare le condizioni più ottimali possibili per svolgere al meglio il proprio lavoro “evitando” il più pos-sibile gli eventi avversi.

E anche in questo caso si è ravvisata ben presto la necessità di nor-mare e regolare al meglio linee guida e standard di sicurezza così da avere un sistema omogeneo di sicurezza delle cure operante e attivo in tutto il Paese.

Ma certamente la spinta più forte a far sì che si arrivasse a una leg-ge interamente dedicata alla sicurezza delle cure e al problema del contenzioso medico legale l’hanno data i medici.

E il perché è chiaramente desumibile dalla “paura” che essi hanno di entrare nella spirale del contenzioso medico legale. Secondo un’in-dagine del 2010 condotta dall’Ordine dei medici di Roma (un po’ vec-chiotta, ma mai corretta da rilevazioni più recenti), il 78,2% dei me-dici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato, il 68,9% pensa di avere tre probabilità su dieci di subirne e complessivamente il 65,4 % ritiene di subire una pressio-ne indebita pressio-nella pratica clinica quotidiana a causa della possibilità di tale evenienza.

Ebbene dai medici la richiesta ai Palazzi della politica di fare qual-cosa si è fatta via sempre più forte ottenendo una prima risposta

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ganica sul finire del 2007 con un disegno di legge collegato alla leg-ge finanziaria del ministro Turco per “La qualità e la sicurezza del Ssn”. Il progetto prevede l’istituzione di specifiche unità per la gestione del rischio clinico e di servizi di ingegneria clinica nelle Asl e negli ospedali per ottimizzare le attività e gli interventi di prevenzione de-gli errori e per il controllo costante della sicurezza delle apparec-chiature e nuove misure atte a favorire la soluzione extragiudiziale delle controversie conseguenti ad errori medici che consentano un rapido accesso agli indennizzi per i pazienti danneggiati.

Quel progetto di legge non vedrà mai la luce, complice anche la fi-ne anticipata della legislatura pochi mesi dopo. Ma in qualche modo il seme è lanciato.

Il tema della sicurezza delle cure e quello della necessità di af-frontare il nodo della responsabilità professionale si afferma anche in Parlamento e un primo provvedimento riesce ad essere varato nel 2012, il cosiddetto “Decreto Balduzzi” che introduce il concetto del-le linee guida quadel-le riferimento per la valutazione dell’eventuadel-le col-pa del medico prevedendo che, attenendocisi, si risponderà dei danni solo in caso di dolo o colpa grave.

Viene poi istituito un fondo ad hoc per la copertura assicurativa del rischio professionale e previste altre norme sui contratti assicurativi.

Ma non basta. Per molti quelle norme sono insufficienti, se non “inu-tili” (come le definì l’allora presidente della Corte di Appello di Roma Giorgio Santacroce).

Da allora il Parlamento non si è più fermato e con l’avvio della le-gislatura iniziata nel 2013 vengono presentati diversi disegni di legge in materia da quasi tutte le forze politiche che confluiranno poi in un testo unificato dal titolo “Disposizioni in materia di sicurezza del-le cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” che finalmente viene approvato in via definitiva il 28 febbraio 2017.

Vale la pena ricordare infine che un anno e mezzo fa, una parte ori-ginaria di questa legge, quella dedicata più strettamente al risk ma-nagement, fu stralciata e inserita nella legge di stabilità 2016 preve-dendo che tutte le strutture sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio clinico e inseren-do norme innovative sugli audit clinici connessi ad episodi di eventi avversi con il fine di favorire l’emersione di problematicità legate al-la sicurezza delle cure.

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Questo libro, per il quale ringrazio per la generosità progettuale e realizzativa, tutti gli autori, a partire da Luca Benci che ha lanciato l’i-dea, ha l’obiettivo di fornire una prima chiave di lettura ragionata sul-le singosul-le norme di questa sul-legge compsul-lessa, sul-le cui ricadute applica-tive penso daranno comunque “molto lavoro” a giudici e avvocati che si troveranno a dover operare sulla materia del contenzioso medico legale in un quadro completamente innovato rispetto al presente.

I desiderata del legislatore che l’ha votata e della stragrande mag-gioranza degli operatori sanitari che l’hanno accolta con favore, so-no segnati dall’auspicio di un effettivo cambiamento che dia luogo a una maggiore serenità professionale per chi ha il compito di assiste-re e curaassiste-re e a una maggioassiste-re certezza per il cittadino di esseassiste-re cura-to e assisticura-to in sicurezza, fermo restando il diritcura-to al giuscura-to risarci-mento qualora si dovesse restare vittima di un effettivo episodio di ma-lasanità.

Auspici che non posso che condividere.

Cesare Fassari

Direttore di Quotidiano Sanità

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Sicurezza delle cure

e responsabilità sanitaria

Due precisazioni terminologiche

È piuttosto raro che una legge di iniziativa parlamentare venga citata con il nome di un proponente, mentre è frequente per le leggi o i decreti di impronta governativa (es. decreto Balduzzi, legge Madia, legge Brunetta ecc.).

La legge 8 marzo 2017, n. 24 è una legge di iniziativa parlamentare e nel corso del suo iter è stata spesso identificata come ddl, og-gi legge, “Gelli” dal nome del relatore alla Camera, Federico Gel-li. Talvolta la ritroviamo citata anche come legge “Bianco-Gel-li” (Amedeo Bianco relatore al Senato).

Abbiamo alternato nel testo, al numero della legge, la locuzione “legge Gelli” per uniformarsi alle frequenti citazioni di questi mesi.

La legge 24/2017 similmente a quanto aveva già fatto il decre-to Balduzzi abbandona la locuzione “professione sanitaria” o “professioni sanitarie” in favore di “esercenti le professioni sa-nitarie”.

Ricordiamo che tradizionalmente e storicamente l’unica profes-sione sanitaria, fino alla fine degli anni novanta dello scorso secolo era il medico (insieme al veterinario e il farmacista). Le altre figure professionali – gli infermieri, le ostetriche ecc. – era-no classificate come professioni sanitarie ausiliarie.

Con la legge 26 febbraio 1999, n. 42 è venuta meno questa di-stinzione. Vi è da registrare però una tendenza convenzionale e non giuridica a distinguere la professione medica dalle (altre) professioni sanitarie. Nel linguaggio comune “le professioni sa-nitarie” sono le professioni diverse da quella medica.

Con l’espressione esercenti le professioni sanitarie il legislatore ha voluto ricomprendere, come nel 1999, di nuovo tutte le pro-fessioni senza operare distinzioni.

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R

ICCARDO

T

ARTAGLIA

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LBOLINO

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ICHELA

T

ANZINI

Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente Regione Toscana

La sicurezza delle cure e il rischio clinico

ARTICOLO1

Sicurezza delle cure in sanità

La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività.

La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

Commento

Nella definizione di Charles Vincent1(2011), una delle più note

a livello internazionale, per sicurezza delle cure si intende quel pro-cesso che porta a evitare, prevenire e mitigare effetti avversi o danni derivanti dal processo di assistenza sanitaria. La sicurezza del-le cure riguarda gli errori e del-le deviazioni daldel-le regodel-le che sono cau-sa di incidenti. Alla luce di questa definizione, escau-sa non può quin-di non considerarsi parte costitutiva del quin-diritto alla salute.

La sicurezza del paziente costituisce la base per una buona assistenza sanitaria. Il fatto che un trattamento medico e sanitario possa causa-re un danno, anziché guaricausa-re o curacausa-re, è il motivo per ritenecausa-re la si-curezza del paziente il fondamento della qualità delle cure.

L’erogazione di cure sicure che non causino danni al cittadino,

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in accordo con quanto stabiliscono i codici deontologici del meco e dell’infermiere, rappresenta un principio fondamentale del di-ritto alla salute. Ciò avviene non solo nell’interesse del singolo in-dividuo ma anche della collettività: sono quindi considerati dalla norma, non solo gli aspetti strettamente clinici della professione, le-gati al rapporto medico-paziente, ma anche quelli lele-gati alla ricer-ca, alla sperimentazione, alla gestione organizzativa che possono avere conseguenze sull’intera collettività.

L’articolo 1 assume i principi della Raccomandazione del Consi-glio d’Europa del 9 giugno 2009 sulla sicurezza dei pazienti, com-prese la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all’assi-stenza sanitaria2.

Tale raccomandazione prende atto che la sicurezza dei pazienti rappresenta una questione cruciale per la sanità pubblica e un ele-vato onere economico per la collettività e stabilisce una serie di mi-sure per la prevenzione e controllo del rischio.

La ricerca scientifica, dopo la pubblicazione nel 1999 del rappor-to “To err is human” dell’Institute of Medicine3che ha portato alla

ribalta dell’opinione pubblica il problema degli errori in medicina, ha fornito dati significativi sulla frequenza di eventi avversi e sulla loro prevenibilità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima il tasso di eventi avversi, sulla base dei numerosi studi condotti in numerosi paesi, in circa il 10%. Ciò significa che dieci pazienti su cento che si rico-verano in ospedale subiscono un danno correlato all’assistenza piut-tosto che un’evoluzione o complicazione della patologia stessa. Cir-ca la metà di questi eventi avversi sono prevenibili ed è forse in que-sta quota di eventi che si annidano alcune malpractice, anche se la prospettiva utilizzata nella ricerca sugli eventi avversi è, quasi nel-la totalità degli studi, basata sulnel-la qualità dell’assistenza e non

sul-14 LA SICUREZZA DELLE CURE E IL RISCHIO CLINICO

2Raccomandazione del Consiglio del 9 giugno 2009 sulla sicurezza dei pazienti,

com-prese la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all’assistenza sanitaria (2009/C 151/01).

3Kohn LT, Corrigan JM, Donaldson MS. To Err is human: building a safer health system.

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la ricerca delle responsabilità. A seguito dei risultati della ricerca in questo ambito si è quindi costituito, sin dalla pubblicazione del sopra citato rapporto statunitense, un movimento internazionale che ha sviluppato teorie, metodi e strumenti per introdurre dei cambia-menti nella pratica clinica per ridurre gli eventi avversi. Un impor-tante elemento di novità è stato affrontare la sicurezza delle cure al di fuori degli aspetti giuridici e di responsabilità all’interno dei qua-li veniva comunemente trattata, almeno nel nostro Paese.

Non rappresenta, quindi, una nuova questione di sanità pubblica, ma un vecchio problema riproposto e da affrontare, secondo para-digmi culturali nuovi, a cominciare dal fatto che le cure sanitarie possono anche essere causa di danni.

Il Consiglio d’Europa ha affermato, in un successivo atto del 2014, tali concetti, in modo ancora più esplicito compresi la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all’assistenza sanitaria e del-la resistenza agli antimicrobici4.

Il comma 2 dell’art. 1 evidenzia un approccio, relativamente in-novativo, alla sicurezza delle cure, non più basato solo ed esclusi-vamente sulle competenze e conoscenze del singolo operatore sa-nitario, ma sull’organizzazione nel suo complesso. La sicurezza emerge, infatti, dall’interazione tra tutte le componenti del sistema e non dipende solo dalle persone, dalle tecnologie, dall’organizza-zione, ma dall’interazione tra loro.

L’idea di fondo su cui si basa questo approccio è che gli errori e il comportamento umano non possono essere compresi e analizza-ti isolatamente, ma devono esserlo in relazione al contesto nel quale la gente lavora. Il personale medico e sanitario è influenzato dalla natura del compito che svolge, dal gruppo di lavoro, dall’am-biente di lavoro e dal più ampio contesto organizzativo, cioè dai co-siddetti fattori sistemici. In questa prospettiva gli errori sono visti, non tanto come il prodotto della fallibilità personale, quanto come

4Conclusioni del Consiglio sulla sicurezza dei pazienti e la qualità dell’assistenza

medi-ca, compresi la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all’assistenza sanitaria e della resistenza agli antimicrobici (2014/C 438/05).

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le conseguenze di problemi più generali presenti nell’ambiente di lavoro e nell’organizzazione.

Il modello di analisi del rischio basato sulla persona è risultato de-bole dagli studi condotti negli ultimi cinquant’anni nei casi di tutti i più gravi incidenti avvenuti nel mondo. Analogamente al model-lo ingegneristico in cui, il fallimento della tecnomodel-logia, è comunque sempre la conseguenza di un errore umano.

Ciò nonostante, risulterebbe poco realistico attribuire al “sistema” ogni causa di errore. Occorre preservare la responsabilità individuale e, al contempo, comprendere le interrelazioni tra persona, tecnolo-gia e organizzazione.

A tal fine James Reason (1990)5ha introdotto nella definizione dei

possibili errori che determinano un incidente oltre all’errore atti-vo, quello causato direttamente dall’essere umano, anche quello la-tente, dovuto a criticità correlate alle organizzazioni, non suscetti-bili a variazioni, ma sempre presenti e stasuscetti-bili nel sistema.

L’approccio all’errore di tipo cognitivo e organizzativo (modello socio-tecnico)6ha permesso inoltre di entrare nei meccanismi

men-tali e organizzativi che ci portano a sbagliare modificando le finalità di investigazione degli incidenti, non più esclusivamente tese ad ac-certare cause e responsabilità individuali utilizzando le regole e le nor-me del diritto penale, soprattutto interessate a migliorare il sistema di lavoro ricorrendo ad un più ampio, seppure meno definito, set di teorie e discipline nonché di tecniche e metodi di osservazione.

La sicurezza delle cure è correlata alla qualità e ne rappresenta la dimensione più critica. La prevenzione e la gestione del rischio ne sono gli strumenti principali.

La prevenzione anticipa il rischio introducendo delle procedure e pratiche cliniche controllate, la gestione del rischio è, invece, l’in-dividuazione delle condizioni di pericolo, la sua valutazione in ter-mini probabilistici di causare un danno e il suo controllo o conte-nimento.

16 LA SICUREZZA DELLE CURE E IL RISCHIO CLINICO

5Reason J., Errore Umano, Il Mulino, 1990.

6Catino M, Da Chernobil a Linate. Incidenti tecnologici o errori organizzativi?,

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La sicurezza delle cure si esplica anche mediante l’erogazione di cure appropriate che rispondano a criteri di evidenza clinica ma anche di sostenibilità economica in relazione al rapporto costi be-nefici.

È noto che molti degli accertamenti richiesti in medicina possono esporre i pazienti a vari tipi di rischi: reazioni allergiche ai farma-ci, esposizioni a radiazioni, ma anche ansie e timori dovuti a errori di laboratorio, non corretta comunicazione.

L’approccio sistemico alla sicurezza rappresenta la novità asso-luta introdotta con il rapporto “To err is human” che fa riferimento al settore aeronautico come un esempio di un moderno e corretto modello per elevare i livelli di affidabilità. Si tratta, infatti, di un sistema complesso, come quello sanitario, in cui l’introduzione di alcuni strumenti (sistemi di segnalazione degli eventi) e teorie le-gate al fattore umano hanno incredibilmente ridotto il numero di in-cidenti.

L’approccio sistemico parte dal presupposto che l’errore umano è intrinseco alla pratica clinica e, più in generale, a tutte le azioni uma-ne. Dobbiamo per questo inserire dei meccanismi di controllo e pre-venzione dell’errore. In questa logica, l’attenzione della giurispru-denza deve spostarsi sul contesto in cui il professionista opera, evidenziandone le criticità, le condizioni che hanno portato all’er-rore e che risiedono nell’organizzazione (scelte e decisioni sbaglia-te del management), nella strumentazione che non risponde a cri-teri ergonomici, nella formazione non in grado di sviluppare le skill necessarie, nei carichi di lavoro che incrementano lo stress occupa-zionale e quindi la probabilità di errore.

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V

ITTORIO

G

ASPARRINI

Funzionario presso il Difensore civico della Regione Toscana con attribuzione dei compiti in materia di Diritto alla Salute

Il Difensore civico quale garante

per il diritto alla salute

ARTICOLO2

Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario

e la sicurezza del paziente

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono affidare all’ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e il supporto tecnico.

2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso con i poteri e le modalità stabiliti dalla legislazione regionale.

Commento

La funzione di garante per il diritto alla salute: quali le attività connesse?

I primi tre commi dell’art. 2 rafforzano il ruolo del Difensore ci-vico regionale con il richiamo alla possibilità di attribuirgli la fun-zione di garante per il diritto alla salute. Il legislatore nazionale, nel rispetto dell’autonomia regionale, ha previsto che si tratti di possi-bilità e non di obbligo.

Secondo il comma 1, la “funzione di garante per il diritto alla salu-te” può essere affidata al difensore civico dalle regioni e dalle

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pro-vince autonome, alle quali è demandata la disciplina della struttura organizzativa e del supporto tecnico, con particolare riferimento – è evidente, anche se non è specificato – alle attività finalizzate a svol-gere tale funzione.

I due commi successivi individuano gli aspetti fondamentali del-le modalità con cui il cittadino si può rivolgere al difensore civico e delle connesse attività di quest’ultimo. Il comma 2 delinea la pro-cedura con cui qualsiasi destinatario di prestazioni sanitarie ha fa-coltà di “segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sa-nitaria e socio sanitarie”. Il comma 3 abbozza parzialmente le atti-vità del difensore civico a fronte della segnalazione pervenuta ed a “a tutela del diritto leso”, rimandando al legislatore regionale la de-finizione dei poteri che questi può esercitare.

Nell’art. 2, la funzione di garante per il diritto alla salute non è de-scritta in termini analitici. Come detto, la disciplina dei connessi pro-fili organizzativi è affidata alla legislazione regionale, né avrebbe po-tuto essere diversamente, vista la storica difficoltà del Parlamento nazionale ad elaborare una disciplina organica sul Difensore civico,1

disciplina che, nel contesto di questa legge, non sarebbe stato possi-bile certo definire, o anche solo tratteggiare negli elementi fondamen-tali, sia pure limitatamente alla gestione della salute. Così, le

disposi-20 IL DIFENSORE CIVICO QUALE GARANTE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

1I riferimenti normativi nazionali recano indicazioni parcellari e non coordinate sulle

di-verse figure e relative didi-verse funzioni delle varie tipologie di Difensore civico; cfr. art. 8 del-la legge 8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie locali”; art. 25 deldel-la legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme sul procedimento amministrativo”; art. 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”; art. 16 della legge 15 maggio 1997, n.127 “Misure urgenti per lo snel-limento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”; art. 11 e art. 136 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli En-ti Locali”; art. 15 della legge 24 novembre 2000, n. 340 “Disposizioni per la delegificazio-ne di norme e per la semplificaziodelegificazio-ne di procedimenti amministrativi”; art. 73 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”; art. 17 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concer-nenti norme generali sull’azione amministrativa”; art. 2, comma 186, della legge 23 dicem-bre 2009, n. 191 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Sta-to (legge finanziaria 2010); art. 1, comma 2, della legge 25 gennaio 2010, n. 2 “Interventi ur-genti concernenti Enti Locali e Regioni”. Più analiticamente dettagliata e specificamente de-dicata al Difensore civico regionale è la diffusa legislazione regionale.

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zioni dei primi tre commi dell’art. 2 risultano nel loro complesso de-cisamente generiche, anche se si tratta di fonte normativa assoluta-mente innovativa a livello nazionale, perché afferma il principio la opportunità di affidare al difensore civico la funzione di garante del-la tutedel-la deldel-la salute. Tuttavia, in termini concreti, l’articolo si limita a descrivere le più semplici delle molte possibili attività di tutela: a) l’acquisizione della segnalazione; b) la valutazione della fondatezza della stessa; c) l’intervento di tutela secondo modalità indeterminate. La mancata descrizione di altre modalità di intervento può trovare spie-gazione nella scelta di evitare di fornire indicazioni tassative circa il contenuto di questa funzione e le modalità con cui avrebbe dovuto essere esercitata, confidando nel legislatore regionale, spesso specifi-camente competente in forza di alcune valide esperienze locali, al qua-le è assegnato il compqua-letamento della disciplina. Al qua-legislatore regio-nale è infatti affidato il compito di perfezionare l’indicazione del com-ma 1 e di strutturare i pertinenti profili gestionali ed organizzativi.

La norma, pur se vaga, detta comunque alcuni principi che do-vranno ispirare la legislazione regionale:

– lo spazio d’intervento per un soggetto delegato dall’interessato e che può essere un parente, il legale del medesimo o un’associa-zione di tutela cui l’utente si è rivolto;

– la gratuità della segnalazione;

– la doverosa verifica della fondatezza della segnalazione; da ciò discende la conferma della potestà, spesso messa in dubbio da ta-lune aziende sanitarie ed ospedaliere – in contrasto con i disposti di legge che tutelano la riservatezza dei dati ed il diritto all’ac-cesso2– , del Difensore civico di prendere visione della

docu-mentazione sanitaria.

Giusto il rinvio alla legislazione regionale per la complessiva strut-turazione del servizio, i commi 2 e 3 vanno dunque considerati co-me co-meraco-mente esemplificativi. Non è pensabile che la funzione del

2L’art. 73 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati

personali” include, al comma 2 lett. l, l’attività del Difensori civici come di “rilevante inte-resse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, nell’ambito delle attività che la legge deman-da ad un soggetto pubblico”.

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difensore civico, quale garante della tutela della salute, possa esse-re ridotta alle attività, sostanzialmente esse-reattive, prospettate nel com-ma 3 e comunque lì non analiticamente descritte.

Quello che è sicuro è che per dare effettività ad un sistema di tu-tela non giurisdizionale in sanità, l’ufficio del garante non si potrà limitare ai disservizi legati alla mancata fruizione delle prestazioni, o alle criticità riscontrate nell’accesso ai servizi (e quindi liste d’attesa, applicazione del ticket, problematiche legate ai percorsi as-sistenziali per determinate patologie), ma perché la tutela non giu-risdizionale sia concreta, non potrà prescindere dalla casistica af-ferente alla presunta responsabilità professionale. Infatti, è proprio dall’esame di questo tipo di casistica in sede non giurisdizionale e non contenziosa che spesso si giunge magari ad una valutazione ne-gativa in ordine all’esistenza di fattori che abbiano determinato ipo-tesi da approfondire in sede risarcitoria, ma si riscontrano criticità nel percorso, eventi sentinella, modifiche organizzative da adottare o percorsi di formazione del personale da intraprendere. Ovviamente, per entrare nel merito di queste vicende, è necessario che il garan-te/Difensore civico disponga delle necessarie professionalità sani-tarie per le pertinenti valutazioni mediche.

Questa prospettiva non è in contrasto con il percorso di accerta-mento pre-contenzioso dell’art. 8: infatti, l’art. 8 concerne la fase in cui l’utente ha già deciso di avviare un’azione risarcitoria, mentre l’intervento del garante/Difensore civico si colloca in una fase preliminare all’eventuale avvio di un’azione giudiziaria.

Già in alcune regioni la difesa civica ha competenze specifiche in materia di tutela di diritto alla salute. Con la previsione di un ruolo del Difensore civico nello schema generale di riferimento della Car-ta dei Servizi SaniCar-tari3, molti uffici di difesa civica regionale,

To-22 IL DIFENSORE CIVICO QUALE GARANTE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

3Con D.P.C.M. 19 maggio 1995, si era adottata lo Schema Generale di Riferimento per la

Car-ta dei Servizi SaniCar-tari e si prevedeva che fosse costituiCar-ta la commissione misCar-ta conciliativa; cfr. art. 8 dell’All. 1, che indicava che fosse “... presieduta dal Difensore civico regionale, istituito ai sensi delle disposizioni dello Statuto Regionale in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142.” Al di là della macroscopica inesattezza, dato che la norma citata si riferiva al Difensore civico degli Enti Locali (quello regionale è previsto dagli statuti e dalle leggi regionali istitutive) la disposizione profilava uno specifico ruolo nella tutela per il Difensore civico in sanità.

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scana, Piemonte, Lombardia, Provincia Autonoma di Bolzano, Ve-neto, si sono attrezzati organizzando l’ufficio con funzionari dedi-cati in via esclusiva all’esame delle istanze relative alla tutela in sa-nità o, comunque, prevedendo una partecipazione diretta del Di-fensore civico nelle commissioni miste conciliative previste dalla Carta dei Servizi Sanitari.

Se la indicazione dell’art. 2 verrà recepita dalle regioni, se sarà ap-plicata affidando al Difensore civico le funzioni di garante, e se sa-ranno definite opportunamente sia queste funzioni sia il pregnante significato del sostantivo “garante”, l’attività di tutela non giurisdi-zionale del diritto alla salute risulterà ampiamente rinforzata.

Prima di tutto, non è auspicabile pensare ad un garante del diritto alla salute come una sede conciliativa, nella quale le parti in causa si confrontano in una sorta di contraddittorio seguendo l’esperien-za delle commissioni miste conciliative in sanità, organismi colle-giali in cui erano presenti rappresentanti dei cittadini e delle azien-de, presiedute dal Difensore civico o comunque da un soggetto terzo, che decidevano sulla segnalazione ricevuta. La funzione di garanzia del diritto alla salute esercitata dalla difesa civica si deve invece svolgere ascoltando tutti gli interlocutori (ed in questo sen-so è strategica l’azione da un lato delle assen-sociazioni degli utenti e delle associazioni di tutela da un lato e la collaborazione con gli Or-dini professionali dall’altro), valutando la specifica vicenda sani-taria e mediando fra le parti per la soluzione del caso concreto, con uno stretto raccordo – per quanto attiene gli aspetti generali che il caso comporta – con gli istituti di governo clinico aziendali e re-gionali (e con le strutture che gestiscono il sistema di risk

manag-ment) per evitare che l’evento possa ripetersi e per implementare

la diffusione delle buone pratiche.

La principale differenza fra l’attività del Difensore civico e quel-la risarcitoria pura, sia essa in ambito di mediazione/transazione o giurisdizionale, è quella di cercare di risalire dal caso concreto alle cause che hanno determinato quanto denunciato dall’utente, che spesso dichiara di rivolgersi al Difensore civico non per avere un ri-sarcimento, ma perché quanto dal medesimo subito “non risucce-da ad altri”.

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L’esperienza della Regione Toscana, unica nel panorama Italiano, ha stabilito meccanismi che potrebbero svilupparsi anche in altre realtà regionali. L’attività consente da un lato di fornire in ogni ca-so agli utenti una indicazione pre-contenziosa sull’effettiva fonda-tezza del loro sospetto di essere stati “curati male”, dall’altro, anche dove il riscontro è negativo, di potere accertare se, a prescindere dal-l’assenza di nesso di causalità fra comportamento posto in essere dai sanitari e presunto evento dannoso, vi siano comunque criticità sul-le quali intervenire.

L’esperienza della Regione Toscana come possibile paradigma

In regione Toscana, il Difensore civico si occupa di sanità dagli anni ’80. Nel 1983, la legge regionale n. 36 consentiva al Difenso-re civico di interveniDifenso-re anche in questioni sanitarie, nei confronti delle allora USL con una procedura piuttosto farraginosa, subito su-perata nella prassi applicativa. Il punto di forza di questa legge re-gionale, che ha segnato la svolta della Toscana in questo settore, era tuttavia la possibilità del Difensore civico di avvalersi della colla-borazione di professionisti sanitari nell’esame della casistica a lui sottoposta.4

Grazie a questa disposizione, il Difensore civico della Regione Toscana ha potuto avvalersi della collaborazione della consulenza medico legale delle strutture pubbliche (e delle strutture speciali-stiche di riferimento da questi interpellate) di aziende sanitarie ed ospedaliero universitarie (ovviamente diverse da quella in questio-ne), con collaborazioni i cui oneri economici sono posti a carico del-la Regione Toscana, interessata aldel-la defdel-lazione del contenzioso.

A partire dagli anni ’90, nella regione Toscana, il Difensore civi-co può quindi fornire agli utenti che ritengono di essere stati

“cu-24 IL DIFENSORE CIVICO QUALE GARANTE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

4Art. 24. - Il Difensore civico sente direttamente sui fatti segnalati qualsiasi operatore

di-pendente o convenzionato dell’Unità sanitaria locale.

Per le attività previste dalla presente legge il Difensore civico si avvale della collabora-zione tecnico-professionale di operatori in servizio presso le Unità sanitarie locali della To-scana o presso l’Amministrazione regionale previa intesa, rispettivamente, con il responsa-bile del servizio o con il coordinatore del dipartimento cui il dipendente è assegnato.

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rati male” un’indicazione sull’effettiva fondatezza delle loro per-plessità. Gli altri uffici regionali del Difensore civico, privi della possibilità di una consulenza medico legale, non possono ovvia-mente entrare nel merito.

L’ufficio del Difensore civico della Toscana non si limita ad atti-vare la consulenza medico legale. La procedura prevede infatti che il Difensore civico acquisisca, oltre alla documentazione clinica re-lativa al caso, anche la versione dei fatti della struttura coinvolta, rendendo quindi possibile un contraddittorio tra utente (talvolta ap-poggiato da un’associazione di tutela) e azienda sanitaria o ospeda-liero-universitaria, mediato dalla difesa civica, in un momento pre-contenzioso e prima che l’utente formuli una richiesta risarci-toria. L’azione del Difensore civico si contraddistingue – rispetto al-l’ordinaria gestione di una richiesta risarcitoria – perché, utilizzan-do gli ordinari poteri dei quali dispone nei confronti delle ammini-strazioni, chiede chiarimenti alla struttura coinvolta. Questa ha la possibilità di chiarire il proprio punto di vista senza mettersi subito in atteggiamento difensivo come avviene a fronte ad una richiesta di sinistro. Allo stesso modo l’utente esprime le proprie perplessità al Difensore civico, spesso tramite l’intervento di un’associazione di tutela5.

Non è infrequente che la richiesta di chiarimenti che il Difensore civico redige sia diretta per conoscenza anche all’Assessore regio-nale, quando emerge una criticità che può comportare l’adozione di atti di indirizzo politico o ai settori della direzione generale regio-nale competenti per la materia oggetto del reclamo o al Centro re-gionale per il rischio clinico quando si ravvisino eventi sentinella o ad istituti regionali come l’Istituto Toscano Tumori, quando la cri-ticità sia legata al percorso sanitario in oncologia.

C’è collaborazione con gli Ordini e i Collegi professionali, che

5L’associazione di tutela ha un ruolo importantissimo nell’aiutare l’utente a redigere il

re-clamo, in modo da renderlo più chiaro al Difensore civico, ed assorbendo o evidenziando nel modo opportuno le valutazioni di un utente vittima di un presunto errore professionale, che spesso rischiano di essere espresse dal medesimo con affermazioni che possono essere of-fensive per i professionisti sanitari e/o per la struttura.

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vengono investiti per conoscenza del reclamo quando possano emer-gere aspetti afferenti la deontologia professionale, con un’ottica non esclusivamente tesa a segnalare un comportamento che può essere oggetto di sanzione disciplinare, ma anche mirata a fare emergere con il sostegno dell’ordine o del collegio le legittime ragioni del pro-fessionista coinvolto, specie quando questi sia un propro-fessionista pri-vato, che non ha una struttura di riferimento come invece avviene per il professionista dipendente del Servizio sanitario pubblico.

La normativa in materia di tutela in sanità da parte del Difensore civico si è andata affinando con atti deliberativi prima6e normativi

poi7, che affidano al Difensore civico la competenza esclusiva in

se-conda battuta rispetto ai meccanismi di tutela interni alle aziende sa-nitarie di tutti i reclami aventi ad oggetto questioni tecnico-profes-sionali8, circa i quali le aziende che ricevono il reclamo hanno

l’ob-bligo di informare l’utente della possibilità di rivolgersi al Difen-sore civico se la risposta che ricevono è insoddisfacente.

La possibilità di avvalersi della consulenza di medici legali (che non forniscono un parere in senso tecnico, ma un’indicazione sul-l’opportunità di approfondire il caso nelle sedi opportune), fornisce un’indicazione preventiva e non vincolante né per l’utente né per la struttura coinvolta, da una sede che è terza anche rispetto allo stes-so ufficio del Difenstes-sore civico, con conseguente potenziale defla-zione del contenzioso. È ragionevole aspettarsi che almeno parte de-gli utenti, che hanno ricevuto un’indicazione negativa da una sede terza, rinuncino ad intraprendere un’azione contenziosa.

D’altro canto il Difensore civico, in moltissimi casi in cui l’indi-cazione è stata negativa, ha chiesto all’azienda e alla Regione di mo-dificare procedure e modalità di gestione della documentazione e ha sempre sistematicamente segnalato al Centro regionale per il rischio

26 IL DIFENSORE CIVICO QUALE GARANTE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

6Delibera Giunta Regionale Toscana 17 maggio 2004 n. 462 “Direttive regionali per

l’e-sercizio della tutela degli utenti del servizio sanitario della Toscana” e successive modifiche.

7Legge Regione Toscana 19/2009, Capo IV art. 15 -18..

8Il ruolo delle commissioni miste conciliative è previsto dallo schema di riferimento

del-la Carta dei servizi; con questa disciplina, in Toscana resta limitato aldel-la gestione di secondo livello dei reclami giunti all’azienda, non relativi a casi tecnico-professionali.

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clinico i casi che presentavano criticità connesse con la violazione di linee guida o legate ad eventi sentinella.

Nel 2010 la Regione Toscana sceglie un regime di autoassicura-zione, risolvendo progressivamente tutte le polizze assicurative e prevedendo una procedura nella quale i sinistri sono gestiti diretta-mente dalle aziende sanitarie, con l’intervento di un Comitato re-gionale per la gestione dei sinistri per i risarcimenti superiori ai 500.000 €, con la Regione che garantisce la solvibilità delle aziende. Al fine di ridurre al minimo il contenzioso, la Regione impone alle aziende sanitarie un’istruttoria rigorosa per addivenire ad una eventuale proposta transattiva prima di adire le procedure di mediazione e quelle contenziose.

Con la Delibera Giunta Regionale Toscana 1234/2011, si è previ-sto che in questa fase, denominata di gestione diretta dei sinistri, l’u-tente possa avvalersi del Difensore civico per “favorire l’accordo fra le parti”. Da un lato l’utente, avvertito che il Difensore civico non ha le funzioni del suo legale di fiducia, ma mantiene la propria posizione di terzietà – pur se ovviamente teso a bilanciare una si-tuazione di disparità a fronte dell’azienda –, fa comunque affida-mento sul fatto che l’azienda coinvolta a fronte del Difensore civi-co mantenga una posizione di civi-correttezza e trasparenza massima. D’altro canto l’azienda, a fronte del Difensore civico o del delega-to, viene obbligata a chiarire passo passo all’utente i motivi per i quali è avanzata un’eventuale offerta e i margini di trattativa, sen-za porsi sulla difensiva come potrebbe avvenire in presensen-za di un le-gale – che comunque non è esclusa, anche se è esperienza che quan-do l’utente si è rivolto ad un legale questi non ha mai coinvolto il Di-fensore civico – perché avverte il DiDi-fensore civico o il suo delega-to come un facilitadelega-tore e non come una controparte. La delibera è del 2011, ha comportato una lunga riflessione sulle modalità con cui darvi attuazione e i casi gestiti non sono quindi molti. Tuttavia nei casi con conclusione positiva, si è spesso osservato un recupero del rapporto fiduciario fra utente e struttura coinvolta anche in rela-zione vicende concluse con la morte o con gravissimi danni perma-nenti del paziente.

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limita-ta alla casistica delle islimita-tanze tecnico-professionali, che ne costitui-sce la peculiarità, ma ha riguardato anche la gestione delle proble-matiche ordinarie relative alle disfunzioni organizzative legate al-le liste d’attesa, ai percorsi assistenziali, all’ottenimento di farma-ci e terapie, alle modalità di applicazione dei ticket sanitari, all’of-ferta dei servizi sul territorio.

Tutta l’attività si è sempre contraddistinta, salvo le problematiche più spicciole, con quello che è l’approccio del Difensore civico al-le questioni, cioè con il tentativo di risalire dal caso particolare alla problematica generale, valutando se, al di là del disservizio (reale o percepito come tale dall’utente) rilevato nel caso concreto, vi fos-se una problematica generale rispetto alla quale si rendeva neces-saria una modifica della normativa regionale o addirittura nazio-nale, talvolta ottenendo modifiche di percorsi assistenziali o di atti regionali. Anche in questo tipo di attività è stato strategico l’ap-porto delle associazioni di tutela, che spesso ha fatto sì che il dis-servizio, ripetuto, ma percepito dal singolo utente come episodico e non grave e quindi non meritevole di segnalazione al Difensore ci-vico, emergesse grazie all’attività di monitoraggio dell’associa-zione.

Il Difensore civico o un suo delegato è stato spesso coinvolto dal-la regione Toscana in comitati, gruppi di dal-lavoro, commissioni redal-la- rela-tivi a questioni sanitarie ed è membro di diritto della Commissione regionale di bioetica. La normativa regionale della Toscana non esclude che al Difensore civico possano rivolgersi i dipendenti del-le strutture regionali e deldel-le aziende sanitarie e talvolta dalla la-mentela legata ad una vicenda di impiego possono emergere criti-cità organizzative.

L’esperienza regionale e le prospettive nazionali

L’attività del Difensore civico della Toscana costituisce l’espe-rienza regionale più avanzata nella gestione della tutela in sanità e quindi potrebbe rappresentare un punto di riferimento per l’attua-zione a livello regionale del disposto dell’art. 2.

La Toscana ha il vantaggio di potere contare su un sistema di ge-stione diretta dei sinistri, ma la presenza, in altre Regioni, di un

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tuto assicuratore non esclude, se questo è disponibile ad una tratta-tiva seria, l’applicabilità dell’esperienza in altre realtà.

Un’estensione del modello ad altre Regioni consentirebbe alla di-fesa civica di usufruire di consulenti medico legali di strutture pubbliche diverse da quelle della medesima Regione, garantendo così ulteriori livelli di terzietà.

L’attivazione della procedura di gestione diretta non è in con-traddizione con la procedura di mediazione di cui all’art. 8 della legge 24/2017; infatti, tale procedura – che comporta costi per l’u-tente e per l’azienda –, per risultare efficace, deve essere riserva-ta proprio ai casi in cui non è preventivamente raggiungibile un ac-cordo. Parimenti, proprio a fronte dell’esistenza di procedure di mediazione formalizzate, avrebbe avuto poco senso una previsio-ne normativa – pur emersa in sede di vaglio parlamentare – di in-tegrare l’ufficio del Difensore civico nelle sue vesti di garante del diritto alla salute con la presenza di rappresentanti delle associa-zioni di tutela o dei Collegi e degli Ordini professionali. È però certo che l’azione del Difensore civico nel settore della sanità non può prescindere da un costante lavoro di raccordo, confronto e col-laborazione con queste realtà. Le associazioni di tutela, presenti a livello aziendale, garantiscono un supporto importante per aiuta-re utenti, che altrimenti aiuta-resteaiuta-rebbero privi di voce, a raggiungeaiuta-re la tutela aziendale e, se questa è insoddisfacente, la tutela offerta dal Difensore civico. Anche dal confronto con Ordini e Collegi professionali si ottengono importanti indicazioni per analizzare criticità, per non fare sentire il professionista coinvolto isolato da-vanti alla segnalazione di disservizio, ma anche per sottolineare doveri e responsabilità laddove il comportamento non sia stato con-gruo con gli obblighi deontologici.

In ogni caso, le attività risulterebbero globalmente sinergiche con tutto il sistema di risk managment. Infatti non necessariamente i re-clami che pervengono al Difensore civico sfociano in richieste ri-sarcitorie, perché l’utente, convinto delle indicazioni ricevute dal-l’ufficio, sceglie di non proseguire, ma non per questo essi sono pri-vi di elementi sulla cui base si rende necessario adottare correttipri-vi o azioni di prevenzione e formazione.

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La norma non prevede un ruolo di raccordo a livello centrale fra il Coordinamento dei Difensori civici regionali e delle Province Au-tonome (in assenza di un Difensore civico nazionale) e l’Osserva-torio nazionale sulla sicurezza nella sanità previsto dall’art. 3. Si au-spica che questo raccordo sia almeno ripreso con i singoli uffici di difesa civica regionali interessati, seguendo le buone pratiche attuate nelle regioni, dove è costante il raccordo tra Difensore civico e cen-tro regionale per il rischio clinico.

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Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente Regione Toscana

Ruolo e funzione del Centro

per la gestione del rischio sanitario

e la sicurezza del paziente

ARTICOLO2

Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute del Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali

per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente

4. In ogni regione è istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di cui all’articolo 3.

5. All’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «d-bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all’interno della struttura, sulle cause che hanno prodotto l’evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione è pubblicata nel sito internet della struttura sanitaria».

Commento

Il comma 4 dell’art. 2 rappresenta la prima importante innovazione organizzativa introdotta dalla legge. È necessario per lo sviluppo della sicurezza delle cure che ogni regione e provincia autonoma si doti di un proprio Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente.

Il rischio di cui si occuperà il Centro è stato definito sanitario, dif-ferentemente da quanto riportato nella letteratura internazionale in cui si parla prevalentemente di rischio clinico (“clinical risk”). È ipotizzabile che il legislatore abbia voluto estendere con questo

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di-verso aggettivo l’area del rischio non solo alle attività cliniche ma, in senso lato a quelle sanitarie ovvero relative alla salute e sanità nel suo complesso, includendo non solo gli aspetti clinico assistenzia-li, ma anche quelli tecnologico-ambientali-organizzativi e correla-ti all’appropriatezza e sostenibilità delle cure.

Quanto stabilito dal comma 4 deriva dalla raccomandazione del Consiglio d’Europa del 9 giugno 2009 sulla sicurezza del paziente che raccomanda agli Stati membri la nomina dell’autorità o delle au-torità competenti o di ogni altro organo responsabile per la sicu-rezza dei pazienti sul proprio territorio.

L’Accordo Stato-Regioni del 20 Marzo 2008, n. 116 aveva di fat-to già impegnafat-to le regioni e province aufat-tonome ad attivare una fun-zione aziendale permanente dedicata alla gestione del rischio cli-nico e alla sicurezza del paziente e delle cure, che includesse il monitoraggio e l’analisi degli eventi avversi e l’implementazione delle pratiche per la sicurezza. Si trattava di un accordo estrema-mente moderno che avrebbe anticipato le raccomandazione del con-siglio d’Europa del 2009 e del 2014.

Successivamente il decreto del ministero della salute del 11 di-cembre 2009 “Istituzione del sistema informativo per il monitorag-gio degli errori in sanità” (SIMES) avrebbe creato le condizioni ope-rative e tecniche per il monitoraggio degli eventi sentinella e del con-tenzioso nell’ambito del servizio sanitario nazionale.

Lo scopo principale di un sistema di segnalazione consiste, infatti, nell’imparare dall’esperienza al fine di migliorare il sistema sanitario (learn from experience)1. Le segnalazioni gestite tramite i sistemi di

segnalazione devono rispondere alle caratteristiche di non punibilità, confidenzialità, indipendenza, tempestività, orientamento al sistema, reattività e necessitano di essere analizzate da esperti di analisi in ma-teria di sicurezza e qualità delle cure, per una riflessione costruttiva sui processi organizzativi legati alla qualità dell’assistenza e sicu-rezza delle cure, indipendente rispetto a ulteriore indagini parallele che indagano l’eventuale responsabilità professionale.

32 RUOLO E FUNZIONE DEL CENTRO PER LA GESTIONE DEL RISCHIO…

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In questo contesto, la condivisione delle esperienze dei sistemi di segnalazione rappresenta un ulteriore punto di forza per sostenere l’impegno degli operatori sanitari per la sicurezza dei paziente e ren-dere più trasparenti le organizzazioni sanitarie, auspicabilmente con effetti positivi sia sulla riduzione dei rischi che del contenzioso. L’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità, ha infatti sviluppato, in que-st’ottica, nel 2012 il Minimal Information Model2(Modello di

Infor-mazioni Minime) per la segnalazione degli eventi, basandosi sul-l’esperienza internazionale dei sistemi di reporting&learning e di tassonomia degli errori al fine di offrire un modello informativo mi-nimo che deve essere garantito da tutti i sistemi di segnalazione, informazioni che non possono essere utilizzati a fini punitivi, ma so-lo a fini di apprendimento e miglioramento della qualità e sicurez-za delle cure.

Il comma 4 sembra attribuire a tale struttura solo una funzione di trasmissione di dati dai sistemi di segnalazione regionali sugli even-ti seneven-tinella e sul contenzioso (richieste di risarcimento/sinistri) al-l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità istituito presso l’Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari Re-gionali (Agenas).

In realtà le sue funzioni, se analizziamo le attività da svolgere in base agli articoli 538 e 539 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 a livello dei singoli presidi ospedalieri, saranno, come di fatto già av-viene, di coordinamento delle attività di gestione del rischio sanita-rio e sicurezza del paziente in tutto il servizio sanitasanita-rio regionale, a garanzia di equità e omogeneità dei livelli di qualità e sicurezza del-le prestazioni erogate. I Centri si dovranno occupare di inappro-priatezza e di promozione della sicurezza mediante specifiche ini-ziative e con la formazione continua. Questi organismi dovranno al-tresì fornire alle aziende sanitarie indicazioni sulla gestione degli eventi sentinella, diffondere le conoscenze derivanti dalla loro

ana-2World Health Organization. Working paper MIM for Patient Safety (2014) e World

Health Organization. International Consultation on European Validation of the Minimal Information Model for Patient Safety Incident Reporting and Learning (2015).

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lisi ai fini dell’apprendimento dell’esperienza che ne deriva, mette-re a punto e diffondemette-re le buone pratiche per la sicumette-rezza in mette- rela-zione a tutte le questioni inerenti il rischio sanitario.

Estrema importanza deve essere attribuita alle competenze pre-senti in queste strutture alla luce della letteratura scientifica. Essen-do gli organismi deputati ad analizzare gli incidenti, a promuovere i sistemi di segnalazione e apprendimento e le pratiche per la sicu-rezza, è necessario che abbiano conoscenze in varie discipline, pro-prio in considerazione della complessità dei sistemi oggetto di ana-lisi. Come avvenuto per le scienze sui cambiamenti climatici, sono oggi necessarie oltre a medici e infermieri, anche professionalità in statistica, sociologia, psicologia, ergonomia e fattore umano, eco-nomia, comunicazione, scienze organizzative, industrial design, in-gegneria per affrontare la complessità dei sistemi sanitari3. Non è

interpretabile la norma costituendo centri regionali con solo funzioni di raccolta dati e flussi informativi, deboli dal punto di vista della cultura del rischio.

In base al comma 5 ogni Centro dovrà produrre annualmente una relazione che presenti il consuntivo sugli eventi avversi e sulle cause che li hanno determinati.

Si tratta di un documento di analisi di dati che ha lo scopo di piani-ficare successivamente le iniziative di prevenzione più adeguate.

Tutti da definire i contenuti di questo documento, anche se i rap-porti già prodotti a livello nazionale e internazionale da istituzioni scientifiche e governative, possono rappresentare una ottima base di partenza.

È chiaro che la relazione dovrà dare la dimensione del funziona-mento del sistema di segnalazione e apprendifunziona-mento, indicando il nu-mero di segnalazioni e il nunu-mero di audit per eventi significativi e rassegne di mortalità e morbilità realizzate, il numero di richieste di risarcimento pervenute, calcolando anche dei tassi per definire dei

trend e consentire dei confronti.

34 RUOLO E FUNZIONE DEL CENTRO PER LA GESTIONE DEL RISCHIO…

3Vincent C, Batalden P, Davidoff F, Multidisciplinary centres for safety and quality

improvement: learning from climate change science, BMJ Qual Saf 2011;20(Suppl

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La relazione dovrà anche contenere, di conseguenza, le pratiche della sicurezza promosse dall’azienda sulla base della letteratura scientifica e applicate nei diversi contesti. Molto importante de-scrivere la formazione svolta in base ai fabbisogni e all’andamen-to degli esiti delle cure.

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Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente Regione Toscana

Ruolo e funzioni dell’Osservatorio

nazionale delle buone pratiche

sulla sicurezza in sanità

ARTICOLO3

Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di seguito denominato «Osservatorio».

2. L’Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso e, anche mediante la predisposizione, con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all’articolo 5, di linee di indirizzo, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonché per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.

3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta dall’Osservatorio.

Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), art. 1, commi 538, 539 e 540

538. La realizzazione delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario rappresenta un interesse primario del sistema sanitario nazionale perché consente maggiore appropriatezza nell’utilizzo delle risorse disponibili e garantisce la tutela del paziente.

539. Per la realizzazione dell’obiettivo di cui al comma 538, ai fini di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongono che tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management), per l’esercizio dei seguenti compiti:

a) attivazione dei percorsi di audit o altre metodologie finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti, con segnalazione anonima del quasi-errore e analisi delle possibili attività finalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari. Ai verbali e agli atti conseguenti all’attività di gestione aziendale del rischio clinico, svolta in occasione del verificarsi di un evento avverso, si applica l’articolo 220 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271;

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b) rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici e facilitazione dell’emersione di eventuali attività di medicina difensiva attiva e passiva; c) predisposizione e attuazione di attività di sensibilizzazione e formazione continua

del personale finalizzata alla prevenzione del rischio sanitario;

d) assistenza tecnica verso gli uffici legali della struttura sanitaria nel caso di contenzioso e nelle attività di stipulazione di coperture assicurative o di gestione di coperture auto-assicurative.

540. L’attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti ovvero con comprovata esperienza almeno triennale nel settore.

Per ragioni di commento sistematico, in questa parte, in questo capitolo, verranno analizzati anche i commi 538, 539 e 540 della legge di Stabilità 2016 che si possono considerare anticipatori della legge sulla responsabilità professionale. Per i commenti sui commi 1, 2 e 3 della legge 24/2017 vedi il capitolo successivo sul “Difensore civico”.

Commento

Con l’articolo 3 la legge istituisce un unico Osservatorio in Age-nas che raccoglie in sé le funzioni dei due Osservatori attualmente esistenti: l’Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti e l’Osservatorio Nazionale Sinistri e Polizze Assicurative. Il fatto che la legge non preveda più la distinzione tra i due Osservatori evi-denzia il fine comune della raccolta dei dati per mettere a punto le pratiche per la sicurezza, nella logica del segnalare e imparare e pro-muovere delle iniziative per il miglioramento della sicurezza e qua-lità delle cure.

L’Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti

L’Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti è sta-to istituista-to nel febbraio 2008 per l’esercizio della funzione di moni-toraggio delle buone pratiche e istituito presso l’Agenas da una In-tesa tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome1. Da allora ogni

anno è realizzata la Call for Good Practice, in collaborazione con il Ministero della Salute e il Comitato Tecnico delle Regioni e delle

38 RUOLO E FUNZIONI OSSERVATORIO NAZIONALE…

1

Conferenza Stato-Regioni, Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province

au-tonome di Trento e di Bolzano concernente la gestione del rischio clinico e la si-curezza dei pazienti e delle cure, 2008.

(40)

Province autonome, per la gestione del Rischio Clinico e la Sicu-rezza del Paziente, per l’individuazione e la raccolta degli interventi di miglioramento della sicurezza dei pazienti attuati dalle Regioni, dalle Organizzazioni Sanitarie e dai Professionisti. 

Finalità principale dell’Osservatorio è favorire il trasferimento delle esperienze e conoscenze fra le organizzazioni del sistema sa-nitario nazionale e promuovere l’integrazione e l’interazione tra le Regioni, le Organizzazioni Sanitarie e i Professionisti.

L’esperienza dell’Osservatorio, ormai conosciuta e accreditata a livello europeo, è stata anche inclusa fra i casi eccellenti da cui ap-prendere nel documento dell’OECD pubblicato di recente Caring

for quality in health: Lessons learnt from 15 reviews of health care quality2.

L’Osservatorio Nazionale Sinistri e Polizze Assicurative

L’Osservatorio nazionale sinistri elabora i dati del SIMES3e ha la

funzione di effettuare un monitoraggio4costante delle denunce, al

fine di fornire dati attendibili sulla sinistrosità delle strutture sani-tarie e migliorare la gestione del contenzioso.

L’Agenas ha recentemente pubblicato il secondo rapporto annua-le sulle denunce dei sinistri in sanità, che analizza i dati della quasi totalità delle Regioni e Province Autonome (20/21), realizzato grazie alla collaborazione con il Ministero della Salute e il Comi-tato tecnico delle Regioni per la Sicurezza del Paziente.

Oltre a confermare e assumere in sé le funzioni di questi due

os-2Berchet C, Forde I. et Al.. Caring for quality in health: Lessons learnt from

15 reviews of health care quality OECD 2017. Disponibile su

www.oecd.org/els/health-systems/Caring-for-Quality-in-Health-Final-report.pdf

3Il Simes è sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità del

Mi-nistero della Salute, che raccoglie e analizza le informazioni relative alle denunce dei sinistri trasmesse dalle strutture sanitarie, tramite le Regioni e le Province Au-tonome.

4Ministero Del Lavoro, Della Salute E Delle Politiche Sociali, Decreto 11

di-cembre 2009 Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (10A00120) (G.U. Serie Generale , n. 8 del 12 gennaio 2010).

(41)

servatori già esistenti, il nuovo Osservatorio assume in sé nuove fun-zioni.

La prima nuova funzione riguarda, come indicato nella prima par-te del comma 2 dell’art.3, la raccolta dei dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi. Questa espressione risulta piuttosto gene-rica, in quanto il termine rischi ed eventi avversi possono essere sog-getti a numerose interpretazioni. Per quanto riguarda i rischi è plau-sibile che si faccia riferimento ai rischi clinici, associati alle attività clinico assistenziali e che riguardano i diversi aspetti dei sistemi sa-nitari: tecnologici, organizzativi, umani o all’ambiente in cui le pre-stazioni sono erogate. Per quanto riguarda gli eventi avversi pos-siamo considerare, seguendo le indicazioni ministeriali e le defini-zioni internazionali, che essi includono tutti quegli eventi che pro-vocano un danno al paziente e che non possono essere ricollegati al-la condizione clinica o patologica del paziente, ma alal-la cura pre-statagli. Sono esclusi quindi i quasi eventi o near miss, mentre si ri-comprendono gli eventi sentinella, eventi avversi particolarmente gravi la cui raccolta avviene tramite flusso ministeriale e sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES), sta-bilito nella seduta del 20 marzo 2008 della Conferenza Stato-Regio-ni, che raggiunse l’Intesa sulla promozione del monitoraggio degli eventi sentinella nell’ambito del Nuovo sistema informativo sanita-rio (NSIS).

Il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità si pone l’obiettivo di raccogliere le informazioni relative agli eventi sentinella e alle denunce dei sinistri su tutto il territorio nazionale con-sentendo la valutazione dei rischi e il monitoraggio completo degli eventi avversi. Tale processo costituisce un momento fondamentale di riflessione costruttiva e l’analisi dei processi organizzativi azien-dali legati alla qualità dell’assistenza e sicurezza delle cure.

Le informazioni del flusso rispondono all’esigenza di attuare un protocollo di monitoraggio con l’obiettivo di fornire alle Regioni e alle aziende sanitarie una modalità univoca d sorveglianza e gestione degli eventi sentinella e del contenzioso sul territorio nazionale.

Il SIMES prevede l’attivazione di tre livelli di intervento, tra lo-ro complementari e rispondenti ai criteri di priorità nazionale:

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