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L’obbligo di comunicazione al professionista sanitario

Nel documento Sicurezza delle cure (pagine 196-200)

ARTICOLO13

Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità

1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all’articolo 7, comma 1, e le im- prese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, comunicano all’esercente la pro- fessione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto in- troduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell’atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci gior- ni comunicano all’esercente la professione sanitaria, mediante posta elettro- nica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte. L’o- missione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presen- te comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’articolo 9.

Commento

L’art. 13 della legge 24/2017 non è stato oggetto di particolari com- menti in sede di audizioni parlamentari. La sua prima formulazione ha tuttavia subito un fondamentale intervento di modifica, al mo- mento del passaggio in Senato, che ne ha accresciuto notevolmen- te la portata incidendo direttamente sugli schemi instaurati dal nuo- vo sistema risarcitorio. Da un lato, si è inteso evitare la totale estromissione del professionista dalla partecipazione alla gestione del sinistro, dall’altro, si è data cogenza alla norma introducendo una forte preclusione alle azioni di rivalsa e di responsabilità am-

ministrativa in capo agli enti e alle compagnie di assicurazioni (?) degli stessi qualora non provvedano ad informare i sanitari della in- staurazione di giudizi o dell’avvio trattative con i danneggiati. 

Più specificamente, la norma, nella sua prima parte coincidente con la previsione originaria, si rivolge alle strutture sanitarie o sociosa- nitarie pubbliche o private di cui all’art. 7 co. 1 nonché alle compa- gnie di assicurazione delle stesse e dei professionisti ex art. 10 co. 1 e 2. Tutti questi soggetti sono tenuti ad informare l’esercente la pro- fessione sanitaria della instaurazione dei giudizi promossi nei loro confronti da parte dei danneggiati per fatti che abbiano avuto origi- ne da un evento lesivo riconducibile alla condotta tenuta dal profes- sionista.

A seguito delle modifiche apportate nel corso del suo esame in Senato, l’articolo prevede ora per i medesimi soggetti anche l’ul- teriore obbligo di comunicare “l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato” in questo caso con “invito – per il professio- nista – a prendervi parte”. A chiusura del testo, viene introdotta una componente sanzionatoria: “l’omissione, la tardività o l’in- completezza delle comunicazioni” rendono inammissibili le “azio- ni di rivalsa o di responsabilità amministrativa” di cui all’art. 9 del- la legge.

Lo scopo, all’evidenza, è proprio quello di favorire l’eventuale par- tecipazione del medico soprattutto in tutti quei procedimenti che po- trebbero, in caso di dolo o colpa grave, dar corso, nei suoi confronti, ad un’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa; e ciò al fi- ne di consentirgli di difendersi, nella misura in cui del grado della sua colpa possa direttamente od indirettamente discutersi in corso di cau- sa. Il tutto (forse) onde rimediare, se possibile, ad alcune “storture” che talvolta si verificano negli attuali scenari litigiosi, allorquando la struttura convenuta in giudizio (o talvolta la stessa impresa assi- curativa) sostengano, in prima battuta, l’assoluta inesistenza di re- sponsabilità ascrivibili (all’esercente e quindi alla struttura medesi- ma), salvo poi, in via di subordine, chiedere di accertare e dichiarare che, laddove di responsabilità si tratti, la stessa sia per colpa grave (sì da giustificare il regresso…).

Non a caso, del resto, la disciplina dell’art. 9 (proprio in tema di

azione di rivalsa e di responsabilità) varia, e di molto, a seconda che l’esercente abbia, o meno, partecipato al giudizio ed alla procedu- ra stragiudiziale di risarcimento.

Quella che peraltro non appare affatto chiara è la ratio dell’obbli- go di comunicazione imposto, oltre che alla struttura, alle imprese di assicurazione. Laddove si tratti di compagnie che assicurino l’en- te (per ciò stesse aggredibili direttamente ex art. 12) la finalità par- rebbe la medesima, e quindi si tratterebbe (in caso di giudizio) di una comunicazione aggiuntiva a quella che, comunque, la struttu- ra dovrebbe svolgere in veste di litisconsorte necessario.

Non altrettanto sembrerebbe potersi opinare quanto alle imprese che assicurino l’esercente libero professionista (o comunque quello che risponda in via contrattuale e non aquiliana): qui, nella fase giudi- ziale, il regime litisconsortile dell’azione diretta assolverebbe “on- tologicamente” allo scopo. Nella fase stragiudiziale, l’espresso invi-

to a partecipare alle trattative rischierebbe di mettere in crisi, e

molto, quel meccanismo di gestione endocontrattuale della contro- versia meglio noto come “patto di gestione della lite” e fondato sul- le clausole negoziali ormai tipiche nella prassi (quando non addirit- tura connaturate alla stesso schema causale della assicurazione di RC). In proposito, si potrebbe valutare se non vi sia la possibilità di pre- vedere nell’accordo tra compagnia ed assicurato un mandato di rap- presentanza a partecipare direttamente in nome e per conto del medico stesso alle trattative. Se invece si dovesse ritenere che ciò possa confliggere con la ratio dell’articolo 13, snaturandola, il pro- fessionista dovrebbe comunque poter partecipare direttamente in prima persona affiancandosi presumibilmente all’impresa di assi- curazione.

A questo punto viene però da chiedersi: quando ben invitato a par- tecipare alle trattative, il medico (della cui potenziale responsabilità si discorre) di quali effettivi poteri potrebbe disporre per orientarle o condizionarle? La sua partecipazione, per dirla in altri termini, è da considerarsi ad adiuvandum ovvero (come pur non si ritiene) sot- tende potestà di intervento nella formazione dell’accordo transatti- vo, quando non addirittura di veto?

l’assicuratore dovrebbe condizionare (ed anzi precludere) l’eserci- zio da parte della struttura della azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa? Se così fosse, la compagnia risponderebbe nei con- fronti della struttura, per averla privata di un diritto altrimenti azionabile (caso che potrebbe verificarsi non tanto in giudizio, da- to il regime litisconsortile, quanto nell’ambito delle procedure li- quidative stragiudiziali, che potrebbero esser condotte dall’impre- sa assicurativa “in proprio”, senza che la struttura ne sia neppur mes- sa al corrente…).

La norma, tra i tanti dubbi ermeneutici, non sembra poi prendere posizione sulla diversa azione di rivalsa che la compagnia potrebbe azionare per il recupero di quanto corrisposto a fronte della non op- ponibilità, al terzo danneggiato, delle eccezioni contrattuali.

Il testo neppure chiarisce se il medico della cui condotta si di- scuta sia quello già individuato dal danneggiato nella propria ri- chiesta risarcitoria (sempre che sia stato individuato) o se invece vi sia comunque un dovere in capo all’ente od alla compagnia del- l’ente di individuare ed informare tutti gli eventuali soggetti po- tenzialmente corresponsabili dell’azione giudiziale. La rubrica del- la norma, riferendosi espressamente al “giudizio basato sulla sua responsabilità” sembra accordare prevalenza alla prima interpreta- zione, inducendo così a ritenere che l’obbligo sussista a fronte di un giudizio che sia già – in claris – fondato sulla responsabilità di un dato esercente (o più esercenti). Di contro, l’inserimento di una pre- visione di effettiva cogenza nell’articolo, che escluda la possibile azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa ex art. 9 della legge nei casi di mancato assolvimento degli obblighi di informa- tiva, potrebbe indurre cautelativamente a dare la comunicazione a tutti gli esercenti la professione, potenzialmente interessati, anche se non ancora individuati dal danneggiato, ma noti all’ente, pubbli- co o privato, od alla compagnia dello stesso. 

La norma interpretata in maniera estensiva tende, comunque, a fa- vorire l’individuazione di tutti i soggetti potenzialmente responsa- bili consentendo un confronto tra il paziente e coloro che l’abbia- no avuto in cura; una soluzione quindi che sembra comunque ri- portare ad una interazione completa tra tutte le parti, pur lasciando

sempre la gestione primaria del sinistro in mano all’ente ed alle com- pagnie, specie laddove il professionista non intenda partecipare in prima persona. Si potrebbe, per contro, obiettare che il coinvolgi- mento di un numero eccessivo di soggetti potrebbe sortire effetti an- tinomici alla possibile soluzione negoziale interferendo eccessiva- mente con i poteri di enti ed imprese di assicurazione di gestire il si- nistro e di procedere in maniera più spedita nel dialogo con il dan- neggiato.

Quanto ai requisiti dell’avvertimento, contenuto nella prima parte dell’articolo, la norma chiarisce che debba essere formulato con una comunicazione per iscritto, a mezzo posta elettronica cer- tificata (pec) o raccomandata con avviso di ricevimento, contenen- te copia dell’atto giudiziario introduttivo del giudizio; il tutto nel ter- mine di dieci giorni da quando l’ente o l’impresa di assicurazioni abbiano ricevuto la notifica dello stesso.

Ci si potrebbe chiedere se l’obbligo di notifica debba essere assol- to da tutti i soggetti convenuti in giudizio come, ad esempio, nel ca- so di citazione dell’ente e della relativa compagnia di assicurazioni, o se piuttosto tale obbligo possa essere assolto anche da uno solo di essi a favore degli altri. Se lo scopo fosse unicamente quello di informare il medico per consentirgli di essere parte attiva e collabo- rativa nel procedimento, pur senza necessità di intervento in sede giu- diziale, dovrebbe essere sufficiente una comunicazione sola. Tutta- via, nella misura in cui a tale comunicazione viene ora formalistica- mente ricollegata una preclusione da ogni azione di rivalsa o di re- sponsabilità amministrativa, la questione potrebbe riaprirsi, sugge- rendo a ciascun soggetto interessato di attivarsi autonomamente.

Non essendo specificato cosa debba intendersi per “atto introdut- tivo del giudizio” una interpretazione omnicomprensiva dovrebbe spingere a ritenere che qualsiasi procedimento giudiziale (cautela- re o di merito) dovrebbe essere portato all’attenzione del professio- nista. Ciò sarebbe, infatti, maggiormente in linea con la funzione e lo scopo della norma. Un’interpretazione più restrittiva dovrebbe intendere, invece, riferito l’obbligo alla sola instaurazione del giu- dizio di merito. Se così fosse, verrebbe potenzialmente escluso il formale interessamento del sanitario dalla notizia del procedimen-

Nel documento Sicurezza delle cure (pagine 196-200)