• Non ci sono risultati.

EFFICACIA E SICUREZZA DEL TRATTAMENTO CON DICLOFENAC SODICO DELLE CHERATOSI ATTINICHE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "EFFICACIA E SICUREZZA DEL TRATTAMENTO CON DICLOFENAC SODICO DELLE CHERATOSI ATTINICHE"

Copied!
71
0
0

Testo completo

(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

“EFFICACIA E SICUREZZA DEL TRATTAMENTO

CON DICLOFENAC SODICO DELLE CHERATOSI

ATTINICHE”

Relatore:

Dott. Andrea Chiricozzi

Candidato:

Alena Khokhryakova

(2)

INDICE

Riassunto ... 4

Introduzione ... 8

Capitolo 1 - La cheratosi attinica ... 12

1.1 Epidemiologia cheratosi attinica (CA) ... 12

1.2 Eziopatogenesi ... 14

1.3 Patogenesi della cheratosi attinica ... 16

1.4 Classificazione CA ... 16

1.4.1 Istopatologia ... 19

1.5 Fattori di rischio ... 22

1.6 Evoluzione della CA e campo di cancerizzazione ... 23

Capitolo 2 - Diagnosi clinica e strumentale ... 26

2.1 Diagnosi clinica e strumentale ... 26

2.2.1 Dermatoscopia ... 28

2.2.2 Microscopia confocale ... 35

3.1 Terapia ... 39

3.1.1 Terapie fisiche e chirurgiche. ... 39

3.1.2 Terapie mediche. ... 41

(3)

Capitolo 4 - Studio retrospettivo ... 49

4.1 Introduzione ... 49

4.2 Obiettivi ... 51

4.3 Materiali e metodi ... 51

4.4 Risultati ... 53

4.5 Discussione ... 61

4.6 Conclusioni ... 63

Bibliografia ... 65

(4)

Riassunto

La cheratosi attinica (CA), conosciuta anche come cheratosi solare o cheratosi senile, è una lesione cutanea intraepidermica, squamosa o crostosa, che più comunemente si sviluppa in individui di cute chiara. Le CA sono considerate precancerosi cutanee dovute a un’eccessiva sensibilità al sole e ai raggi UV in genere (il termine attinico deriva dal greco ακτις – raggio). Da un punto di vista istologico le cheratosi attiniche possono essere considerate dei carcinomi intraepidermici (carcinoma in situ), con possibile evoluzione in carcinoma squamocellulare (SCC).

In generale, le cheratosi attiniche si manifestano soprattutto a livello del viso (specie sui padiglioni auricolari e fronte), delle gambe, delle braccia, del dorso delle mani e sul cuoio capelluto (nei soggetti calvi), tutte aree maggiormente esposte al sole.

La cheratosi attinica si presenta sottoforma aree con squame giallastre o grigiastre ed attorniate da un alone rosso e da teleangectasie: le lesioni provocate dalla cheratosi solare sono maggiormente evidenti al tatto, piuttosto che alla vista, poiché le squame sono ruvide e l'area presenta papule in rilievo. In genere, le cheratosi attiniche sono asintomatiche; come tali, non comportano effetti evidenti, se non una sensazione di prurito.

I dati epidemiologici indicano che, nei pazienti con lesioni multiple, fino al 10 % di CA può progredire a SCC entro 10 anni, ed è stato stimato che il 60 % di SCC derivano da diagnosi clinica di CA. A causa del notevole rischio di progressione della CA a SCC e l'incapacità di tecniche diagnostiche attuali per prevedere il comportamento di singole lesioni, le linee guida di gestione attuali raccomandano di considerare il trattamento di tutte le cheratosi attiniche.

Lo studio retrospettivo trattato in questa tesi, è stato condotto dalla Clinica Dermatologica dell’Università di Pisa.

OBIETTIVO: Lo scopo del nostro studio è valutare l’efficacia, la sicurezza e la percentuale di recidive del trattamento con il diclofenac sodium gel 3% in 2,5% di acido ialuronico in 82 pazienti con diagnosi istologica di cheratosi attinica.

(5)

MATERIALI E METODI: Nel nostro studio abbiamo incluso pazienti con diagnosi istologica di cheratosi attinica seguiti durante il periodo Gennaio 2013 - Luglio 2016 e che sono stati sottoposti a ciclo di terapia con diclofenac sodico gel 3% in 2,5% di acido ialuronico, mentre sono stati esclusi tutti quelli che non avevano una diagnosi istologica di cheratosi attinica. Il ciclo di terapia prevedeva l’applicazione di diclofenac sodico gel due volte al giorno, mattino e sera, per 90 giorni, direttamente sulle lesioni attiniche, ed i pazienti sono stati valutati al tempo zero, prima dell’inizio del trattamento e alla fine, dopo 90 giorni. Gli stessi pazienti erano stati seguiti con visita dermatologica di controllo di follow up a 16 settimane dalla fine del ciclo terapeutico.

I parametri oggetto di studio e valutazione sono stati i seguenti: - il grado di guarigione delle cheratosi attinche;

- gli effetti collaterali della terapia;

- la presenza di recidive ad un follow up di 16 settimane;

- il tipo di terapia a cui sono stati sottoposti i pazienti che avevano avuto recidiva di cheratosi attinica al follow up di 16 settimane;

- il grado di soddisfazione del paziente.

RISULTATI: Nel nostro studio abbiamo incluso 82 pazienti con diagnosi di cheratosi attinica che avevano seguito un ciclo di terapia con il declofenac sodico al 3% in 2,5% di acido ialuronico applicato 2 volte al giorno, mattina e sera, per un totale di 90 giorni. Su un totale di 82 pazienti, 55 erano maschi e 27 erano femmine, con una età compresa tra 42 e 95 anni, ed una età media 75 anni.

Grado di guarigione: 12 pazienti (14,6%) avevano raggiunto una clearance totale alla fine della terapia con un numero di lesioni ancora presenti pari a zero; 52 pazienti (63,4%) avevano ottenuto una clearence di più del 50% delle lesioni presenti al tempo zero; 10 pazienti (12,2%) avevano ottenuto una clarense minore del 50 % e 8 pazienti (9,7%) non avevano mostrato alcun miglioramento delle lesioni, con un numero di cheratosi attiniche pari a quello del tempo zero.

Terapia in pazienti con guarigione <50%: i pazienti che quindi avevano mostrato una clearance <50% erano in totale 18 (22%) ed erano stati sottoposti ad un successivo trattamento terapeutico: 4 pazienti (22,2%) sono stati trattati con ulteriore ciclo di 90 giorni di diclofenac gel, 8 pazienti (44,4%) con crioterapia, 4 pazienti (22,2%) con imiquimod e 2 pazienti (11,2%) con ingenolo mebutato

(6)

Terapia in pazienti con guarigione >50%: i pazienti che quindi avevano mostrato una clearance >50% erano in totale 52 (63,4%) ed erano stati sottoposti ad un successivo trattamento terapeutico: 20 pazienti (38,5%) sono stati trattati con ulteriore ciclo di 90 giorni di diclofenac gel, 30 pazienti (57,7%) con crioterapia e 2 pazienti (3,8%) con ingenolo mebutato.

Effetti collaterali: Su un totale di 82 pazienti, 73 pazienti (89%) non avevano avuto alcun effetto collaterale; 9 pazienti (11%) avevano avuto un effetto collaterale lieve e nessun paziente aveva riportato un effetto collaterale importante.

Recidive: era stata raggiunta una clearence delle lesioni nella totalita delle pazienti compresi quelli che, avendo avuto una guarigione incompleta dopo il ciclo di 90 giorni con diclifenac, erano stati trattati con ulteriori opzioni terapeutiche.

Ad una visita di follow-up a 16 settimane di distanza dal termine della terapia il numero di pazienti che era andato incontro a recidiva di malattia era di 25, ossia il 30,5% dei pazienti inclusi nel nostro studio.

Livello di soddisfazione dei pazienti: i pazienti che avevano risposto “molto soddisfatto” erano 25, il 30,5% del totale; i pazienti che avevano risposto “soddisfatto” erano 45, il 55,9% del totale; i pazienti che avevano risposto “poco soddisfatto” erano 3, il 3,1% del totale ed infine quelli avevano risposto “insoddisfatto” erano 9 o sia 10,5% del totale.

CONCLUSIONI: L’ utilizzo di Diclofenac gel si è dimostrato complessivamente sicuro ed efficace nel trattamento delle cheratosi attiniche. Abbiamo osservato una risoluzione di almeno il 50% delle lesioni nel 78% dei pazienti con un elevato livello di soddisfazione nell'85% dei casi. Alcun effetto collaterale è stato rilevato nell’89% dei pazienti, mentre gli effetti collaterali riportati sono stati comunque di lieve entità e nessun paziente ha interrotto il trattamento terapeutico a causa di tali effetti. Nei pazienti in cui si era raggiunto un livello di guarigione <50% era stato comunque possibile prescrivere un ulteriore ciclo di terapia con diclofenac gel oppure avvalersi di un altro trattamento senza alcun tipo di interferenza in termini di risultati.

Per quanto riguarda i pazienti in studio abbiamo notato una concordanza con i dati presenti in letteratura riguardo a genere, età, fototipo e fattori di rischio associati:

- prevalenza del sesso maschile (67%); - età media 75 anni;

(7)

- fattori di rischio come fumo di sigaretta e esposizione cronica alla luce del sole, sia per motivi lavorativi che ricreativi;

- anamnesi positiva per pregressi tumori cutanei maligni non melanocitari (NMSC).

(8)

Introduzione

I tumori cutanei maligni non melanocitari (Non Melanoma Skin Cancer - NMSC ) sono un gruppo eterogeneo e frequente di neoplasie ad eziologia multifattoriale. Il progressivo aumento della vita media e le mutate abitudini di vita della popolazione hanno determinato negli ultimi 20 anni un significativo incremento di tali neoplasie. Le forme epiteliali, in particolare il carcinoma basocellulare (basocellular carcinoma – BCC) e il carcinoma squamocellure (spinocellular carcinoma – SCC), rappresentano, in assoluto, le neoplasie più frequenti nella razza caucasica. Hanno apparentemente una minore rilevanza oncologica, sono caratterizzati da notevoli differenze epidemiologiche, demografiche e clinico-prognostiche in rapporto alla latitudine, all’etnia e all’etá.

L’esposizione alle radiazioni ultraviolette naturali ed artificiali è il fattore di rischio più importante. Le radiazioni ultraviolette, infatti, sembrano indurre una transitoria riduzione delle funzioni del sistema immune, a cui consegue la minor capacità di riparazione dei danni indotti sul genoma cellulare dalle radiazioni stesse. Il periodo di latenza tra fotodanneggiamento cutaneo ed insorgenza di neoplasie è piuttosto lungo, di alcuni decenni¹.

La cheratosi attinica (CA).

La cheratosi attinica, chiamata anche cheratosi solare o cheratosi senile, è la più comune della precancerosi cutanee, lesioni intraepiteliale formate da proliferazioni di cheratinociti atipici ma con una potenzialitá di evoluzione, in tempo variabile, in carcinoma. È un’alterazione circoscritta della cute fotoesposta caratterizzata da un’ ipercheratosi aderente, risultato di alterazioni epidermiche che tardivamente possono progredire verso SCC. Le lesioni sono dovute ad un’effetto cumulativo delle radiazioni solari sulla cute e sono più comuni in soggetti con fototipo chiaro in media-tarda età. Le CA si localizzano nelle zone fotoesposte (viso, cuoio capelluto, dorso delle mani). Sono lesioni eritematose con ipercheratosi circoscritta e squama aderente, quasi sempre multiple, costantemente associate a segni di dermatoeliosi (fig.1).

(9)

Fig. 1 Cheratosi attinica².

Il carcinoma squamocellulare (SCC).

II carcinoma squamocellulare o spinocellulare è il tumore maligno più comune delle regioni corporee fotoesposte nelle persone anziane di sesso maschile. Vari fattori sono implicati nello sviluppo del carcinoma squamocellulare oltre l’esposizione ai raggi solari : per esempio alcuni carcinogeni industriali (catrame e oli), la presenza di ulcere croniche o cicatrici da ustioni inveterate, l'ingestione di prodotti derivati dall'arsenico e le radiazioni ionizzanti. I carcinomi squamocellulari che non superano la membrana basale della giunzione dermo-epidermica sono detti carcinoma in situ e appaiono clinicamente come lesioni a placca rossastre a contorni ben definiti. Le lesioni più invasive sono invece nodulari, ulcerate e mostrano iperproduzione di cheratina di grado variabile (fig. 2). La causa esogena del carcinoma squamocellulare più largamente riconosciuta è l’esposizione ai raggi ultravioletti con conseguente danno al DNA cellulare e mutazioni associate. La luce solare oltre al danno sul DNA sembra avere effetto immunosoppressivo diretto sulla cute, mediante un danno sulla funzione di sorveglianza delle cellule di Langerhans cutanee3.

La malattia di Bowen è un SCC in situ, ad insorgenza cutanea o mucosa, a crescita lenta e progressiva, potenzialmente maligna4.

(10)

Fig. 2 Carcinoma squamocellulare (SCC).

Il carcinoma basocellulare (BCC).

I carcinomi basocellulari sono tumori comuni a lenta crescita, che metastatizzano solo raramente. Essi insorgono più frequentemente in individui di cute chiara, e prevalentemente in sedi fotoesposte. Come nel carcinoma squamocellulare, il rischio di carcinoma basocellulare aumenta notevolmente nei soggetti immunodepressi ed in individui portatori di difetti genetici della replicazione o della riparazione del DNA. Clinicamente il carcinoma basocel-lulare si manifesta come una papula perlacea spesso di aspetto iperemico, per la presenza di numerosi vasi dilatati in sede subepidermica (fig.3). Alcuni tumori contengono pigmento melanico e quindi simulano un nevo nevocitico o un melanoma. Le lesioni in fase avanzata possono ulcerarsi e si può verificare anche l’invasione delle strutture ossee sottostanti, da ciò questo tumore veniva chiamato un tempo "ulcus rodens"5

(11)
(12)

Capitolo 1 - La cheratosi attinica

1.1 Epidemiologia cheratosi attinica (CA)

Le cheratosi attiniche (CA) si presentano clinicamente come macule, papule o placche eritematose e cheratosiche che compaiono preferenzialmente su aree cutanee generalmente esposte al sole. Rappresentano la più comune lesione neoplastica cutanea e la loro prevalenza è in continuo aumento6. Secondo i più attuali orientamenti la CA rappresenta la fase iniziale, in situ, del carcinoma squamocellulare (SCC)7,8,9.

Zone cutanee fotoesposte

Le cheratosi attiniche sono causate dall’eccessiva esposizione prolungata, cronica, ai raggi solari e quindi si riscontrano nelle zone cutanee più fotoesposte, cioè il viso (dorso del naso, orecchio esterno, fronte, zigomi e guance), il labbro inferiore (cheilite attinica), il dorso delle mani, ma anche il 1/3 superiore del tronco, il cuoio capelluto, nelle aree alopeciche e quindi non protette dai capelli, quasi sempre colpito dalle cheratosi senili.

Le cheratosi attiniche insorgono su una cute con danni cronici da esposizione solare (foto-invecchiamento), prevalentemente in soggetti con cute chiara (fototipo basso), in cui i danni del foto-invecchiamento (in particolare le rughe, le lentiggini senili) compaiono più precocemente e in modo più rilevante per la riduzione del pigmento scuro, la melanina, e di conseguenza dei meccanismi di fotoprotezione.

Non è casuale che i soggetti albini sviluppano cheratosi attiniche e carcinomi in grande quantità, così come avviene nei pazienti con una malattia genetica, lo xeroderma pigmentoso, caratterizzata da alterazioni dei meccanismi di riparazione del DNA cellulare, che è proprio uno dei bersagli dei raggi UV.

Incidenza/frequenza nella popolazione generale

Globalmente la prevalenza è compresa tra l’11 ed il 25% della popolazione generale fino ad massimo del 60% negli individui di razza caucasica e di età superiore ai 40 anni nell’emisfero meridionale10.

(13)

Età più colpite

La possibilità di sviluppare una CA aumenta con l’etá. Nella fascia compresa tra i 60 ed i 69 anni l’83% degli uomini ed il 64% delle donne presentano almeno una lesione. I caucasici ed i soggetti con fototipo chiaro (I e II della scala di Fitzpatrick) sono i più colpiti 11

.

Per quanto riguarda la popolazione italiana in un recente studio epidemiologico “Prevalence of actinic keratoses and associated factors in a representative sample of

the Italian adult population: results from the prevalence of actinic keratoses Italian study, 2003-2004.”12 su di un campione rappresentativo di persone (n = 12483) con età superiore ai 45 anni di entrambi i sessi sono stati stimati tassi di prevalenza della CA inferiori rispetto a quelli riportati nella letteratura internazionale. È stata peraltro evidenziata una chiara correlazione con l’età, il fototipo ed il tempo di esposizione al sole. Nel gruppo di soggetti più giovani (45-64 anni) la prevalenza è variata da 0,6 a 1% a seconda del fototipo. Per le altre fasce d’età le percentuali sono state: 65-74 anni prevalenza da 0,5 a 3,4%, più di 75 anni prevalenza da 1,2 a 4,1%. Nei pazienti con CA le lesioni erano generalmente multiple (numero medio 10,5, mediana 4) ed era presente una forte associazione tra storia di tumore cutaneo non melanoma (NMSC) e presenza di CA (odds ratio, 4,5; 95% intervallo di confidenza, 1,8-11,0).

Le lesioni cheratosiche sono molto più frequenti nei pazienti immunosoppressi sottoposti a trapianto di rene in etá tra 40 e 66 anni e la loro cute è in grado di sviluppare tumori con una latenza di 1-21 anni (la latenza mediana è tra i 5 e i 15 anni).

Sesso

Gli uomini sono più soggetti a sviluppare la patologia rispetto alle donne, probabilmente perché svolgono più di frequente attività occupazionali all’aperto. Uno studio australiano riporta il 52,4% degli uomini contro il 36,0% delle donne colpiti da cheratosi attinica13.

Fattori genetici

I fattori genetici che determinano una sensibilità costituzionale ai raggi solari svolgono un ruolo determinante nello sviluppo della cheratosi attinica. I soggetti con cute chiara ed efelidi, capelli rossi ed occhi azzurri sono predisposti ad un rischio più elevato. Questi fattori genetici infatti, unitamente all’esposizione cronica al sole, magari

(14)

per ragioni occupazionali, possono incrementare significativamente il rischio di sviluppare cheratosi attinica. Alcuni genodermatosi come l’albinismo oculocutaneo e lo xeroderma pigmentoso sono associati all’insorgenza della cheratosi attinica in giovane età14.

Decorso e prognosi

Il SCC presenta nel suo sviluppo un continuum clinico-patologico che si manifesta con iniziali alterazioni tumorali intraepidermiche (le CA) e progredisce fino alle forme invasive. La perdita del controllo sui cloni cellulari alterati può determinarsi a seguito di ulteriori danni al DNA indotti dai raggi ultravioletti (UV) e per una carenza dei meccanismi di difesa locali (es. apoptosi). Approssimativamente, nel 10% dei pazienti immunocompetenti con CA e nel 40% di quelli immunodepressi si può sviluppare un SCC invasivo15.

1.2 Eziopatogenesi

Il ruolo patogenetico dei raggi UV nell’induzione e nella progressione delle CA è ormai stato ampiamente dimostrato sia con modelli sperimentali che con studi epidemiologici. Sia i raggi UV-A (320-400 nm) che quelli UV-B (290-320 nm) possono causare danni genotossici nei cheratinociti anche se in misura diversa. I primi causano principalmente danni ossidativi delle basi puriniche (in particolare della guanina) e rotture delle singole catene mentre il danno dei secondi è principalmente mediato dalla formazione di dimeri della timina e fotoprodotti16. In assenza di efficaci meccanismi di riparazione le modificazioni del DNA rappresentano il momento iniziale delle alterazioni dei cheratinociti con una elevate mutazione del gene oncosoppressore p53 e conseguente progressione verso lo sviluppo di CA. Sono state inoltre descritte caratteristiche aberrazioni cromosomiche come si osservano nel SCC invasivo e cheratinociti atipici con ipercromasia nucleare e pleomorfismo, mitosi atipiche e irregolarità nella struttura epiteliale17,18. La ciclossigenasi (COX-2) gioca un ruolo importante nella patogenesi dei tumori cutanei di origine epiteliale attraverso molteplici meccanismi (catalizzando la sintesi di prostaglandine (PgE2), attivando la proteinchinasi, la fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) e l’inibitore della caspasi-8 cFLIP ed inducendo i fattori anti-apoptotici Bcl-2 e Mcl-1). Inoltre l’alterazione delle

(15)

concentrazioni lipidiche nelle membrane citoplasmatiche può modulare l’attività di specifici recettori di morte (death receptor).

È stata inoltre evidenziata una sottoregolazione sia della via mitocondriale intrinseca che estrinseca. La sovraespressione degli isoenzimi della COX-2 porta alla promozione della carcinogenesi attraverso la produzione ed espressione del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), che è un mediatore dell’angiogenesi, all’incremento della proteina di sopravvivenza Bcl-2, che rende le cellule resistenti all’apoptosi e all’incremento della proliferazione cellulare19

. Altri importanti fattori patogenetici sono legati ai geni che regolano la proliferazione cellulare e l’apoptosi (p53, Bcl-2, CD 95) o ad alterazioni cromosomiche (9p, 3p, 13 q)17,18.

La cheratosi attinica è il principale precursore del carcinoma squamocellulare sebbene il meccanismo di progressione maligna ancora non è del tutto chiarito, mentre è documentato che l’esposizione ai raggi ultravioletti è il fattore maggiormente coinvolto nell’induzione e sviluppo della cheratosi attinica e del carcinoma squamocellulare in quanto determina due particolari risposte a livello del derma: apoptosi e infiammazione (Fig. 4).

(16)

1.3 Patogenesi della cheratosi attinica

Nel 69% dei carcinomi squamocellulari e nei 53% delle cheratosi attiniche è stata riscontrata una mutazione del gene oncosoppressore p53 e tale difetto insieme ai raggi UV promuove il processo di cancerogenesi della cheratosi. Il gene p53 è localizzato sul braccio corto del cromasoma 17 e codifica per una fosfoproteina nucleare che agisce nella protezione e nella riparazione del DNA. La trasformazione maligna è stata attribuita alla mutazione di p53 in seguito al danneggimento del DNA indotto dai raggi UVB.

L’esposizione ai raggi UV causa la formazione di dimeri di pirimidina nel DNA dei cheratinociti20.

Se il gene p53 è mutato dal danno prodotto dai raggi UVB, si osserva un decremento delle cellule in fase G1 del ciclo cellulare, con conseguente liberazione delle cellule con DNA danneggiato dal controllo apoptotico. È stato ampiamente dimostrato che la cute esposta cronicamente al sole, possiede un numero magiore di cloni dermici dei p53 rispetto alla cute poco esposta ai raggi UV21. La progressione maligna della cheratosi è stata anche correlata con la delezione della regione del cromasoma 9p21, che codifica per la proteina oncosoppressore p16 INK4a22. Anche i raggi UVA sono stati considerati responsabili della progressione maligna della cheratosi attinica, in quanto determinano la progressione di vari tipi di radicali liberi dell’ossigeno come gli anioni superossido, l’ossigeno singoletto e il perossido di idrogeno23

. La cheratosi attinica è infatti considerata un precursore del carcinoma squamocellulare. Clinicamente la cheratosi che appare edematosa ed infiammata deve essere considerata in via di transformazione maligna. Studi clinici hanno dimostrato una progressione maligna nello 0,025% - 16% delle cheratosi attiniche, con un rischio di progressione pari all’8%24

.

1.4 Classificazione CA

Nella pratica dermatologica si usa classificare la cheratosi attinica in tre gruppi principali, in accordo con la presentazione clinica della lesione:

(17)

Gruppo lI: lesione poco visibile, ma palpabile;

Gruppo III: lesione francamente visibile e ipercheratotica.

Tale classificazione non correla con il danno istopatologico delle lesioni, rimanendo soltanto una valutazione clinica della cheratosi attinica.

La classificazione basata sulle caratteristiche istopatologiche della lesione, comprende invece numerose varianti di cheratosi attinica:

- Ipertrofica - Lichenoide - Proliferativa - Pigmentata - Cheilite attinica - Papulare - Verrucosa - Eritematosa - Spongiotica - Corno cutaneo

La variante ipertrofica è caratterizzata da una ipercheratosi esuberante, tanto che

spesso può essere confusa con il carcinoma squamocellulare o meno comunemente con un trichilemmoma.

La forma lichenoide si presenta come una papula o placca rossa frequentemente

localizzata alle estremità superiori o nella parte alta del dorso ed è difficile da distinguere clinicamente dal carcinoma basocellulare.

La variante proliferativa invece appare come una macula o una placca eritematosa

con i bordi poco definiti e diametro maggiore di 1 cm.

La cheratosi attinica pigmentata infine può mostrarsi in una vasta gamma di

colori, che vanno dal marrone al giallastro con una superficie rilevata, verrucosa o lievemente depressa. La forma pigmentata deve essere differenziata clinicamente dalla lentigo solare, lentigo maligna, cheratosi seborroica e carcinoma basocellulare pigmentato.

La cheilite attinica invece insorge sul labbro inferiore e si presenta come un'area

(18)

Lo sviluppo di lesioni cheratotiche o erosive depone per la progressione verso il carcinoma squamocellulare.

Fig. 5 Cheilite attinica.

(19)

1.4.1 Istopatologia

La cheratosi attinica è una forma molto superficiale di carcinoma squamocellulare, confinata alla sola epidermide. Istologicamente si caratterizza per marcate alterazioni della polarità cellulare e della forma del nucleo con ipercromasia e/o pleomorfismo, oltre all'inversione del rapporto nucleo-citoplasma. Per definizione, le alterazioni sopra descritte non superano la membrana basale e restano confinate all'epidermide (fig. 7).

Fig. 7 Presentazione istologica della cheratosi attinica26.

La classificazione istopatologica attualmente in uso fa riferimento a tre possibili gradi di atipia dei cheratinociti:

Grado I (lieve): i cheratinociti atipici si trovano nello strato basale e soprabasale, restando confinati nel terzo inferiore dell'epidermide.

Grado II (moderata): i cheratinociti atipici si estendono fino ai due terzi superiori dell'epidermide.

Grado III (severa): i cheratinociti atipici invadono l'epidermide a tutto spessore. Si può notare la presenza di cheratinociti plurinucleari, vacuolari o con figure mitotiche atipiche, oltre a fenomeni di discheratosi (cheratinizzazione di singole cellule degli strati più bassi dell'epidermide). L'epidermide appare ipercheratotica, con strato corneo

(20)

compatto o disfatto. Ipercheratosi e paracheratosi si alternano e lo strato granulare può essere assottigliato. Il derma spesso mostra degenerazione basofila e moderato infiltrato infiammatorio composto da istiociti, linfociti e un numero variabile di plasmacellule27,28.

I gradi della classificazione istopatologica non correlano con quelli clinici.

La diagnosi di CA è definita dall’ esame istopatologico della lesione. Istologicamente, la CA è caratterizzata dalla perdita di maturazione organizzata con cheratinociti atipici nell'epidermide e numero di mitosi aumentato. I cheratinociti rivelano perdita di polarizzazione e cellule atipiche e hanno nuclei pleomorfi, l'aumento in termini di dimensioni e ipercromatico, con pallido o vacuolato citoplasma degli eosinofili. Questa alterazione nucleare sembra seguire una progressione continua correlata al livello di danni solari subiti (fig. 7).

In genere, l'epidermide è compromessa con risparmio delle aree intorno ai follicoli piliferi ed ai condotti delle ghiandole eccrine. Questo dà un aspetto a strisce verticali consecutive di ipercheratosi e paracheratosi, corrispondenti alla epidermide sana e all’epidermide compromessa dal danno attinico.

La protezione che il follicolo pilifero conferisce all’epidermide limitrofa è chiamato da alcuni patologi il "fenomeno ombrello” (fig. 8).

(21)

A livello del derma si evidenzia infiltrazione linfatica dovuta ad elastosi solare, perivascolare o lichenoide di intensità variabile.

Alcuni autori sostengono che la CA sia un SCC in situ, a causa della possibile progressione in neoplasia invasiva e delle alterazioni microscopiche simili e dei marcatori genetici tra le due malattie, tuttavia ci sono sufficienti differenze nella storia clinica, epidemiologica, molecolare e naturale che giustificano l'individualità della diagnosi (fig. 9; fig. 10).

(22)

Fig. 10 Carcinoma squamocellulare invasivo26.

1.5 Fattori di rischio

Lo sviluppo di una CA è fortemente dipendente dalla dose cumulativa di raggi UV (l’80% delle CA insorgono in zone fotoesposte), storia di scottature solari (particolarmente in età giovanile) e pertanto i fattori di rischio più significativi sono l’età, il sesso, l’area geografica (elevata altitudine e bassa latitudine) e l’attività lavorativa o ricreazionale all’aria aperta. Il livello di sensibilità ai raggi solari può essere un ulteriore fattore di rischio. Pertanto soggetti con cute chiara e pazienti con alterazioni genetiche dei sistemi di riparazione del DNA, difetti genetici della pigmentazione e condizioni di immunodeficienza acquisita vengono considerati ad alto rischio in caso di esposizione anche a basse dosi di raggi UV. Tra i fattori di rischio citati quello legato all’immunosoppressione merita un particolare approfondimento. I pazienti sottoposti a trapianto d’organo hanno una lunga aspettativa di vita grazie alle nuove terapie immunosoppressive. In questo gruppo è stato calcolato che la prevalenza

(23)

di CA raggiunge il 25% nei trapiantati di cuore ed il 10% nei trapiantati di rene30. Nei soggetti trapiantati talora tali lesioni possono assumere aspetti clinici leggermente diversi rispetto alla popolazione generale, presentando spesso un aspetto ipercheratosico che simula un SCC: in questi casi un esame istologico dirime il dubbio diagnostico. Anche se non sono mai stati effettuati studi clinici volti a definire l’evoluzione delle CA nei trapiantati d’organo, esistono tuttavia molteplici evidenze che tali lesioni nei soggetti trapiantati d’organo degenerino verso l’SCC con frequenza e velocità maggiori rispetto alla popolazione non immunosoppressa. I tumori non-melanocitici della cute si sviluppano fino a 200 volte piú frequentemente nei pazienti trapiantati rispetto alla popolazione normale e rappresentano approssimativamente il 50% di tutti i tumori in questi pazienti. L’SCC rappresenta la neoplasia cutanea più frequente, con un’inversione del rapporto tra l’incidenza dell’SCC e del carcinoma basocellulare (BCC) che si osserva comunemente nella popolazione generale (fino a 4:1). Oltre ad una più alta incidenza, questi tumori, in tali pazienti hanno un’elevata aggressività con una crescita piuttosto rapida ed un maggiore potenziale metastatico con conseguente aumento sostanziale della morbilità e della mortalità. Queste considerazioni suggeriscono che i pazienti trapiantati devono essere periodicamente sottoposti ad attente visite dermatologiche di controllo al fine di individuare con tempestività le CA e altre lesioni cutanee per adottare con altrettanta tempestività i trattamenti piu adeguati.

1.6 Evoluzione della CA e campo di cancerizzazione

Le CA possono essere numerose nello stesso soggetto, soprattutto quando sono presenti segni di fotoinvecchiamento (elastosi solare, teleangectasie, rughe, lentiggini solari, cute xerotica o pigmentazione irregolare). Sebbene le CA siano praticamente quasi sempre asintomatiche alcuni pazienti riferiscono prurito, bruciore e dolore nel luogo della lesione. Sono spesso rotondeggianti o ovali con un diametro che varia da 3 a 10 mm o più e tendono gradualmente ad ingrandirsi. La probabilità che ogni singola lesione evolva in uno stadio invasivo di SCC viene considerate relativamente bassa. È stato evidenziato che il rischio relativo (RR) di sviluppare un SCC invasivo aumenta con l’aumentare del numero di lesioni: l’RR aumenta dall’1% con 5 lesioni o meno fino al 20 % in presenza di più di 20 lesioni. Il rischio è più elevato nei pazienti

(24)

immunosoppressi: approssimativamente nel 40% di questi nel corso della loro vita si ha lo sviluppo di un SCC invasivo mentre nei soggetti immunocompetenti l’incidenza è approssimativamente del 10% (6-16%)6,15. La probabilià che una singola CA evolva in un SCC invasivo è dello 0,085% per lesione per anno e le modificazioni molecolari, istologiche e cliniche dell’SCC invasivo si sviluppano gradualmente rendendo impossibile predire la fase evolutiva. In sostanza ci si trova di fronte ad un “continuum” progressivo di alterazioni patologiche. La CA può comparire come lesione singola ma più frequentemente i pazienti presentano lesioni multiple che compaiono su di una zona di cute danneggiata dal sole con modificazioni neoplastiche diffuse dei cheratinociti basali in un contesto definito come campo di cancerizzazione. Il concetto di “campo di cancerizzazione”31

ѐ fondamentale per spiegare lo sviluppo di tumori primitivi multipli e la loro recidiva locale dopo trattamento in un area di cellule geneticamente alterate e gioca un ruolo centrale nella diagnosi e nel trattamento delle CA. Recenti studi a livello molecolare sostengono un modello di cancerogenesi in cui lo sviluppo di un campo con cellule geneticamente modificate gioca un ruolo chiave. Nella fase iniziale, una cellula staminale va incontro ad alterazioni genetiche e forma un “agglomerato” (patch), cioè un’unità clonale di cellule figlie alterate. Questi agglomerati possono essere identificati basandosi sulla mutazione del gene p53 e sono stati descritti per il carcinoma della regione testa-collo, del polmone, della mammella e della cute. La trasformazione di un agglomerato in un campo in espansione è il passo critico successivo nella carcinogenesi epiteliale. Per questo passo sono necessarie ulteriori alterazioni genetiche e, grazie al vantaggio del processo replicativo cellulare, un campo proliferante sostituisce l’epitelio normale. Alla fine, la divergenza clonale porta allo sviluppo di uno o più tumori all’interno di un campo contiguo di cellule preneoplastiche. Con metodiche biochimiche, immunoistochimiche e genetiche sono stati evidenziati campi di diametro >7 cm solitamente non rivelabili con le tecniche diagnostiche tradizionali. Un’importante conseguenza clinica risiede nel fatto che i campi spesso permangono dopo l’intervento chirurgico sul tumore primario e possono portare a nuovi nuclei cancerosi, definiti come “secondi tumori primari” o “recidiva locale” a seconda della localizzazione e dell’intervallo di tempo trascorso. In conclusione, lo sviluppo di un campo preneoplastico in espansione sembra essere un passo critico nella cancerogenesi epiteliale con importanti conseguenze cliniche. La diagnosi e il trattamento dei carcinomi epiteliali non dovrebbe pertanto limitarsi alla singola lesione ma estendersi

(25)

anche al campo da cui si è sviluppato e nel quale possono già essere attive alterazioni genetiche ed una iniziale graduale sostituzione delle cellule normali.

(26)

Capitolo 2 - Diagnosi clinica e strumentale

2.1 Diagnosi clinica e strumentale

La maggior parte delle CA vengono diagnosticate clinicamente anche se in caso di dubbio diagnostico o nei pazienti ad alto rischio di SCC invasivo è necessario ricorrere ad una conferma di tipo istologico.

Le CA si possono presentare in vario modo: lesioni cutanee ruvide e secche (singole o multiple); macule grigie, rosate o eritematose (fig.11, 12); papule o placche, evidenziatesi in aree cronicamente esposte al sole, limitate ad una specifica area o diffuse. Inizialmente possono essere piatte e squamose in superficie per diventare lievemente in rilievo, più consistenti e di aspetto simile ad una verruca o ruvide ad aspetto di carta vetrata. Si possono sviluppare anche formazioni a forma di cilindro o di cono duro (corno cutaneo), irregolare, di colorito giallastro o giallo-brunastro.

(27)

Fig. 12 Cheratosi attinica di grado I-II del cuoio capelluto.

Molte cheratosi sono asintomatiche ma alcune causano prurito e bruciore. La CA è un’importante indicatore del significativo danno epidermico causato dalla cronica fotoesposizione che può aiutare a identificare una popolazione a rischio di sviluppare uno stadio invasivo dell’SCC sia da una preesistente CA che dalla cute circostante32

. È impossibile predire quale CA evolvera verso un SCC invasivo ma è certo che la CA è un sicuro segnale di rischio di sviluppare un SCC invasivo, pertanto il suo trattamento non deve essere procrastinato. Dopo la diagnosi la maggior parte dei pazienti immunocompetenti può essere trattata con una delle opzioni terapeutiche disponibili. I pazienti immunocompromessi (trapiantati d’organo, HIV+, pazienti in trattamento chemioterapico) richiedono un’attenzione particolare ed una strategia di trattamento più aggressiva33.

(28)

2.2.1 Dermatoscopia

La dermatoscopia, dermoscopia o epiluminescenza, è una tecnica non invasiva basata su uno strumento ottico chiamato dermatoscopio che permette di osservare patterns sub-cutanei non visibili ad occhio nudo favorendone il riconoscimento. Il dermatoscopio ottico è un piccolo strumento manuale basato su una lente, in grado di fornire ingrandimenti prevalentemente compresi tra le 10 e le 20 volte, appositamente illuminata con luce incidente (fig. 13).

Fig. 13 Dermatoscopio.

L'utilità della dermoscopia nella differenziazione tra lesioni pigmentale cutanee melanocitiche e non-melanocitiche è ampiamente riconosciuta34. Ciononostante pochi lavori hanno messo in evidenza gli aspetti dermoscopici della cheratosi attinica, soprattutto se localizzata al volto35. Le cheratosi attiniche localizzate al volto sono caratterizzate dermoscopicamente dalla presenza dei cosiddetti pseudonetwork, che derivano dall'anatomia unica della cute del volto, che contiene numerosi infundiboli follicolari36. Uno pseudonetwork può essere riscontrato sia nelle lesioni benigne che in quelle maligne della cute del volto. Uno pseudonetwork atipico caratterizzato da striature nere o brunastre è indicativo di malignità, invece uno pseudonetwork tipico è presente nei nevi melanocitici, lentigo solare, cheratosi seborroica e cheratosi attinica (fig. 14).

(29)

Fig. 14 Tipico pseudonetwork37.

L'aspetto caratteristico della cheratosi attinica in dermoscopia è costituto da un background eritematoso composto da grossi vasi non anastomizzati localizzati in prossimità dei follicoli piliferi, associato a prominenti sbocchi follicolari circondati da alone bianco (fig. 15).

Fig. 15 Cheratosi attiniche in dermoscopia e microscopia confocale38.

a) Pz. 67 anni con diverse cheratosi attiniche severe sulla fronte.

b, d, e) Dermoscopicamente tutte le cheratosi attiniche sono caratterizzate da una

pseudo rete rossa e scale biancastre focali.

c) RCM (0,5 × 0,5 mm) raffigura la presenza di paracheratosi (frecce), le scale

(asterisco)

(30)

Nella cheratosi attinica del volto e nella forma ipercheratotica i plugs giallastri di cheratina all'interno dei follicoli piliferi hanno aspetto targetoide (a bersaglio). L'analisi dermoscopica della componente vascolare è fondamentale nella diagnosi differenziale tra cheratosi attinica non pigmentata (fig. 16) e numerose forme tumorali sia maligne che benigne39.

Fig. 16 Caratteristiche dermoscopiche di CA non pigmentata37.

a) Vasi di grande calibro “non messi a fuoco”situati tra i follicoli piliferi e disposti in

uno pseudonetwork rossastro;

b) e c) Le aperture del follicolo pilifero pieni di spine cheratosiche giallastre e

circondate da un alone bianco in un aspetto “a bersaglio”.

Il pattern vascolare della cheratosi attinica deve essere differenziato da quello tipico del carcinoma squamocellulare che appare formato da vasellini irregolari, glomerulari e capillariformi, spesso circondati da alone bianco (fig. 17).

(31)

Fig. 17 SCC. Vasi irregolari lineare ramificata37.

Invece la presenza di teleangectasie arborizzate con vasi di differente diametro e numerose anastomosi è tipica del carcinoma basocellulare40

. In molti casi la componente vascolare della cheratosi attinica deve essere distinta dalle strutture vascolari ramificate, di colorito rosato tipiche della cute danneggiata dal sole.

Quando l'aspetto principale della cheratosi attinica è l'ipercheratosi, la dermoscopia mostra un pattern non-specifico, caratterizzato principalmente da un'ombra giallastra che impedisce la visualizzazione delle strutture circostanti.

Per quanto riguarda le lesioni pigmentate invece, l'aspetto dermoscopico della cheratosi attinica pigmentata del volto mette in evidenza strutture globulari di colorito variabile dal grigio al nerastro attorno ai follicoli piliferi, che istologicamente corrispondono a melanofagi del derma superficiale (fig. 18).

(32)

Fig. 18 Caratteristiche dermoscopiche di CA pigmentata37.

a) I puntini multipli da grigiastri a marroni e globuli intorno ai follicoli piliferi; b) Strutture anulare-granulare caratterizzati dalla coalescenza di puntini di piccolo

calibro, da grigio a marroni e globuli intorno ai follicoli piliferi;

c) Tipico pseudonetwork marrone.

La diagnosi differenziale più importante è comunque tra la cheratosi attinica pigmentata e il melanoma maligno41. Dermoscopicamente il melanoma maligno presenta sbocchi follicolari asimmetrici e pigmentati, assenti nella cheratosi pigmentata, che rappresentano la risalita dei melanociti neoplastici nei follicoli piliferi (fig. 19).

(33)

Fig. 19 Melanoma maligno superficiale42.

Inoltre i globuli scuri della cheratosi hanno una forma più regolare e una distribuzione più simmetrica rispetto a quelli presenti nel melanoma. Infine, la presenza di sbocchi follicolari ipopigmentati, circondati da una rima di iperpigmentazione è frequente nel melanoma, ma non nella cheratosi attinica pigmentata.

Nel caso del carcinoma basocellulare pigmentato e della lentigo solare del volto, che clinicamente possono mimare una cheratosi attinica pigmentata, la dermoscopia risolve facilmente la questione43. L'aspetto del carcinoma basocellulure pigmentato è tipico ed è caratterizzato da aree fogliformi grigio-nerastre o bruno-grigiastre, usualmente localizzate alla periferia della neoformazione (fig. 20).

(34)

Fig. 20 Carcinoma basocellulare pigmentato.

La lentigo solare invece mostra uno pseudonetwork delicato di colore marrone chiaro associato ad una pigmentazione regolare e diffusa.

La diagnosi differenziale tra cheratosi seborroica pigmentata e cheratosi attinica è piuttosto agevole. La cheratosi seborroica ha un aspetto dermoscopico con pseudonetwork regolarmente pigmentato, con striature regolari, aree opache e pseudocisti cornee.

In conclusione possiamo affermare che il riconoscimento di specifici aspetti dermoscopici della cheratosi attinica pigmentata possono essere di aiuto nella diagnosi differenziale nei confronti di lesioni cutanee melanocitiche e non melanocitiche. La diagnosi dermoscopica di una singola lesione comunque deve essere basata sull'aspetto complessivo della lesione associato alle caratteristiche dermoscopiche della lesione in esame. Quando sia i criteri diagnostici cimici che quelli dermoscopici non sono esaustivi, è necessario ricorrere alla diagnosi istopatologica.

(35)

2.2.2 Microscopia confocale

La microscopia confocale (Reflectance Confocal Microscopy - RCM) è una tecnica non invasiva che permette la visualizzazione di strutture cellulari e subcellulari della cute in vivo con una risoluzione simile ad una sezione istologica. (fig. 21; fig. 22)

Fig.21 Immagini in microscopia confocale corrispondenti a sezioni istologiche verticali. (A-C) RCM immagini; (D-F) sezioni istologiche rappresentative. Tutte le immagini RCM sono state ottenute a livello dello strato corneo. (Tutte le valutazioni sono state effettuate utilizzando un VivaScope 1500 immagine RCM Dimensioni 500 × 500 micron)38:

A) Infiammazione grave dello strato corneo: la freccia bianca indica corneocita

indipendente che appare come bianco, con struttura poligonale altamente rifrangente da 30 a 40 micron circa di diametro.

B) Paracheratosi: freccia bianca indica un nucleo irregolare, come mostrato dalla

struttura rotonda altamente rifrangente da 20 a 25 micron circa di diametro.

C) Numerose strutture rotonde, altamente rifrangenti di 8-10 micron di diametro (frecce

(36)

Fig. 22 Immagini in microscopia confocale e corrispondenti a sezioni istologiche verticali. (A-C) RCM immagini; (D-F) sezioni istologiche rappresentative. Immagini RCM ottenute a livello dello strato granuloso e spinoso. (Tutte le valutazioni effettuate utilizzando un VivaScope 1500 immagine RCM Dimensioni 500 × 500 micron. Istologia disponibili presso × 400 ingrandimenti) 38:

(A-C) Interruzione grave dell'architettura epidermica, pleiomorfismo dei cheratinociti e

atipie. I nuclei corrispondono a ovali scuri posti in posizione centrale all'interno dei cheratinociti, circondati da bordo luminoso di citoplasma, e variano in dimensione e forma come illustrato dalle frecce bianche.

(B-C) Spongiosi: visualizzata come una maggiore luminosità intercellulare (freccia

bianca); Esocitosi: visualizzato come piccole strutture circolari di 8-10 micron di diametro (asterisco bianco in C).

In contrasto con la valutazione istologica, che visualizza le sezioni verticali dei tessuti, RCM ottiene (en face) sezioni ottiche orizzontali in scala di grigi. Una fotocamera digitale (Viva Cam, Lucid Inc., Roch-estere, N.Y., USA), collegata al computer RCM, ottiene immagini dermoscopiche che possono poi essere direttamente correlate alla valutazione RCM e guidano l'individuazione delle aree sospette all'interno della lesione44 (fig. 23).

(37)

Fig.23 Riflettanza microscopia confocale.

Una singola immagine consente di valutare in vivo la zona di 500 x 500 mm e scansioni delle immagini al microscopio composite fino a 8 x 8 mm. RCM è stata utilizzata per la valutazione di una varietà di malattie della cute infiammatorie e neoplastiche45,46,47,48,49,50; recentemente, è stata studiata l'applicabilità clinica di questo metodo per la valutazione di CA51,52,53. È stato ipotizzato che i cambiamenti iniziali di morfologia epidermica e atipie cellulari possono essere visualizzati con RCM prima di diventare clinicamente visibile. Pertanto RCM può essere utile per la valutazione del campo di cancerizzazione attinica e il rilevamento di CA subclinica. Inoltre, le lesioni possono essere esaminate in vivo e ripetutamente nel tempo, permettendo un'analisi non invasiva degli effetti del trattamento di RCM.

La microscopia confocale è in grado di identificare, a livello delle cheratosi attiniche i seguenti aspetti: la distruzione dello strato corneo, i singoli corneociti, laparacheratosi / ipercheratosi, l’alterazione strutturale complessiva, le atipie nucleari ed il pleiomorfismo cellulare a livello dello strato basale, spinoso e granulare46,47,48.

A livello dello strato corneo, i singoli cheratinociti staccati presentano strutture poligonali come brillanti e clinicamente corrispondenti alla scala ipercheratosica sono stati visualizzati in tutti i siti di valutazione. A livello di strato spinoso e granuloso sono stati visti cheratinociti atipiche con pleiomorfismo cellulare e nucleare. È stato visualizzato un disordine generale di architettura epidermica con la perdita del normale schema a nido d'ape. A livello del derma superficiale, è stata verificata una dilatazione dei vasi sanguigni e elastosi solare (fig. 24).

(38)

Fig. 24 Immagini rappresentative RCM di CA clinica38.

a) RCM ottenuto a livello dello strato corneo illustrante perturbazione superficiale con

grandi strutture poligonali che rappresentano singoli cheratinociti staccati (frecce).

b, c) l'immagine RCM ottenuta a livello della strato granuloso (b) e strato spinoso (c)

mostra atipia cellulare e nucleare con variazione nella dimensione delle cellule e forma che crea un aspetto ad alveare atipico. La struttura nell'angolo in basso a destra

rappresenta un follicolo pilifero (HF).

d) immagine RCM presa a livello del derma reticolare superiore che mostra brillanti

fasci irregolari e materiale amorfo pizzo-simile che rappresenta elastosi solare. Piccoli spazi canalicolari possono essere visti in rappresentanza della dilatazione dei vasi sanguigni.

(39)

Capitolo 3 - Opzione terapeutiche

3.1 Terapia

La cheratosi attinica può essere trattata per motivi sintomatici o estetici, ma la ragione più importante per cui è necessario intraprendere una terapia è la prevenzione del carcinoma squamocellulare invasivo (SCC). Esistono molti tipi di trattamento per la cheratosi attinica, ma non tutte le cheratosi possono essere trattate nello stesso modo. La scelta della terapia è determinata dalla localizzazione, dalla dimensione e dal tipo della lesione, oltre che dalle preferenze del paziente, l'età e lo stato generale dello stesso. Il trattamento deve quindi essere individualizzato e scelto in maniera appropriata. Le opzioni terapeutiche comprendono trattamenti fisici e/o chirurgici (ablativi) e terapie mediche locali, da preferire nei pazienti con lesioni multiple54.

1) Terapie fisiche e chirurgiche: - Crioterapia - Diatermocoagulazione - Laser - Curettage ed elettrocoagulazione - Asportazione chirurgica 2) Terapie mediche: - Diclofenac - Ingenolo mebutato - Imiquimod - 5-Fluorouracile (5FU) 3) Terapia fotodinamica (PDT)

3.1.1 Terapie fisiche e chirurgiche.

- Crioterapia

L'azoto liquido è il metodo più comunemente utilizzato nella criochirurgia e molto efficace per il trattamento di lesioni cheratosiche isolate o di numero ridotto e di piccole

(40)

dimensioni. L'azoto viene spruzzato direttamente sulla lesione o applicato con un tamponcino. Per lesioni particolarmente ipercheratosiche è suggeribile prima della crioterapia effettuare un curettage della CA. Questo metodo permette dì intervenire senza anestesia ed in genere è ben tollerato. La procedura è rapida e semplice da eseguire, poco costosa e molto efficace e può essere ripetuta più volte55

.

Gli svantaggi sono che tale terapia distrugge anche il tessuto “sano”, può essere presente dolore, durante e dopo il trattamento, può dare origine ad una reazione infiammatoria locale, riparare talvolta con aree cicatriziali e di iper o ipopigmentazione56.

- Diatermocoagulazione (DTC)

Questa terapia può essere utile per la cheratosi attinica più spessa ed è un metodo frequente della rimozione precoce del cancro a cellule squamose.

La diatermocoagulazione è una tecnica che si basa sull'utilizzo di corrente elettrica ad alta frequenza che sfruttando il calore distrugge la cheratosi (ablazione) e permette di coagulare i vasi (coagulazione) durante gli interventi chirurgici. Si forma una crosta che guarisce in poche settimane lasciando una piccola cicatrice. Richiede spesso l'anestesia locale in quanto è una tecnica abbastanza dolorosa.

- Laser

I laser Erbium-Yag e CO₂ utilizzano luce ad alta intensità per trattare le lesioni attiniche. Vengono ampiamente utilizzati per distruggere le lesioni singole, anche se la percentuale di guarigione non è stata dimostrata con studi clinici randomizzati in doppio cieco. Un’applicazione su tutto il volto (fullface resurfacing) può risultare utile nel trattamento di CA multiple comparse su cute gravemente fotodanneggiata. In un recente studio, il confronto tra un trattamento con Er:Yag laser con un trattamento con 5-fluorouracile (FU) crema, applicata con uno strato sottile 2/die per 4 settimane sull’intera area di trattamento, ha evidenziato una maggiore efficacia del laser sul numero di recidive. Inoltre la terapia laser è raccomandata nel trattamento di CA che non hanno risposto alla terapia topica. Il principale evento avverso è la disepitelizzazione dell’area trattata che guarisce in 2/4 settimane53,57,58

(41)

- Curettage

La lesione viene eliminata attraverso il raschiamento con una lama curva (curette). Se viene utilizzata per lesioni superficiali, l’anestesia locale non è richiesta. Per lesioni più profonde è necessario eseguire l’anestesia locale e l’applicazione di un campo elettrico per tamponare il possibile sanguinamento. Questa soluzione può lasciare esiti cicatriziali. La percentuale di risoluzione delle lesioni è a tutt’oggi non nota. Il curettage è invece ampiamente utilizzato per ridurre la componente ipercheratosica prima di intervenire con altre tecniche (crioterapia, terapia fotodinamica)59.

- Asportazione chirurgica

Questa procedura dovrebbe essere considerata laddove la CA presenti l’evidenza clinica (ad esempio corno cutaneo) di una possibile evoluzione in un SCC invasivo o quando le lesioni sono ricorrenti. La scelta della tecnica chirurgica dipende dalla sede anatomica di comparsa della lesione ma è generalmente sufficiente rimuovere la lesione ed approntare una sutura diretta.

3.1.2 Terapie mediche.

- Diclofenac

Gel per uso topico al 3% di diclofenac sodico ( pari a 30 mg di principio attivo per ogni grammo di gel).

Il meccanismo d’azione non è stato ancora completamente chiarito ma studi recenti hanno consentito di identificare numerose attività farmacologiche (inibizione della COX-2 con riduzione della sintesi di PgE2 cui consegue una azione favorevole sulla inibizione dell’angiogenesi e di promozione dell’apoptosi delle cellule tumorali e attivazione del recettore per gli attivatori dei perossisomi gamma (PPAR-gamma) cui consegue una riduzione della proliferazione delle cellule tumorali). L’attività di diclofenac è mediata e rafforzata dallo ialuronato, che agisce da carrier e deposito per diclofenac prolungandone l’emivita a livello locale. È efficace sulle lesioni clinicamente

(42)

obiettivabili e sugli elementi cellulari che nell’area circostante (campo di cancerizzazione) fossero andati incontro a mutazioni di tipo displastico.

Il trattamento terapeutico delle cheratosi attiniche prevede l'assunzione di diclofenac al 3% per due volte al giorno per almeno 30 giorni, applicando una quantità di gel sufficiente a ricoprire la zona interessata. Per favorire l'assorbimento è necessario massaggiare delicatamente la parte, evitando di ledere le squame60.

Negli studi clinici pubblicati i pazienti sono stati trattati per periodi compresi tra i 60 e 90 giorni. Studi clinici controllati condotti per la registrazione del prodotto hanno mostrato che nel 50% dei casi si assiste ad una completa (100%) scomparsa delle lesioni nel corso di un periodo di trattamento superiore o uguale a 60 giorni. Se si analizza il risultato sulla base di un successo clinico pari al 75% di scomparsa delle lesioni le percentuali di successo aumentano al 71-77%.

- Ingenolo mebutato

Ingenolo mebutato è indicato per il trattamento cutaneo della cheratosi attinica, non ipercheratosica, non ipertrofica, negli adulti.

Ogni grammo contiene 150/500 mg di ingenolo mebutato. Ogni tubetto contiene 70 mg di ingenolo mebutato in 0,47 g di gel.

Il meccanismo d’azione nella cheratosi attinica non è completamente conosciuto. Modelli in vivo ed in vitro hanno mostrato un duplice meccanismo d’azione degli effetti dell’ingenolo mebutato: 1) induzione di morte cellulare localizzata alle lesioni; 2) promozione di una risposta infiammatoria caratterizzata da infiltrazione di cellule immunocompetenti (fig. 20; fig.21).

Un tubetto di ingenolo deve essere applicato una volta al giorno sull’area interessata per 3 giorni consecutive. Il contenuto di un tubetto copre un’area di 25 cm² (ad es. 5 cm x 5 cm)61.

L’efficacia e la sicurezza di ingenolo, somministrato su viso e cuoio capelluto per 3 giorni consecutivi sono state studiate in due studi clinici in doppio-cieco, controllati con veicolo, comprendenti un totale di 547 pazienti adulti.

I pazienti hanno proseguito lo studio per un periodo di follow-up di 8 settimane, durante il quale ritornavano per controlli clinici e monitoraggio della sicurezza.

(43)

L’efficacia, misurata come tasso di guarigione clinica completa e parziale nonché riduzione percentuale mediana, è stata valutata al giorno 57.

I pazienti presentavano in un’area di trattamento contigua pari a 25 cm² da 4 a 8 lesioni da cheratosi attinica clinicamente tipiche, visibili, separate, non-ipercheratosiche, non-ipertrofiche sul viso o sul cuoio capelluto, o sul tronco o sulle estremità. Ad ogni giorno di dosaggio programmato, il gel in esame veniva applicato sull’intera area da trattare.

I pazienti in studio avevano un’età variabile da 34 a 89 anni (età media di 64 e 66 anni, rispettivamente per i due dosaggi), ed il 94% aveva un tipo di cute I, II o III secondo la classificazione di Fitzpatrick.

Al giorno 57, i pazienti trattati con ingenolo mebutato presentavano tassi di guarigione clinica completa (Picato 150 mg/g (n=277) 42,2% ; Veicolo (n=270) 3,7%) e tasso di guarigione parziale (Picato 150 mg/g (n=277) 63,9% ; Veicolo (n=270) 7,4%).

La riduzione percentuale mediana delle lesioni da cheratosi attinica (Picato 150 mg/g (n=277) 83% ; Veicolo (n=270) 0%) è risultata superiore nel gruppo trattato con ingenolo mebutato rispetto al gruppo trattato con il veicolo.

(44)

Fig. 25 Terapia con Ingenolo

A) Giorno 7 - reazione infiammatoria con crostifi-cazione ed abbondante essudato, limitata all’area di applicazione del farmaco.

B) Giorno 10.

(45)

Fig. 26 Terapia con Ingenolo

A) Giorno 1. B) Giorno 7 - reazione infiammatoria e crostosa.

(46)

- Imiquimod 12,5 mg (5% crema)

È indicato per il trattamento di pazienti adulti con condilomi acuminati genitali e perianali, per i carcinomi basocellulari di piccole dimensioni e per le cheratosi attiniche del volto e cuoio capelluto in pazienti immunocompetenti, quando non siano indicate altre opzioni terapeutiche. Non è un chemioterapico bensí un modificatore della risposta immunitaria e agisce attraverso i recettori TRL-7 su monociti/ macrofagi e cellule dendritiche. Applicato sulla cute stimola il sistema immunitario attraverso l’induzione, la sintesi ed il rilascio di citochine (compreso interferon-α, fattore di necrosi tumorale α, interleuchina-1) da parte di monociti, macrofagi e cheratinociti epidermici.

Per il trattamento della CA, la crema deve essere applicata 3 volte a settimana per 4 settimane, prima di coricarsi, e lasciata agire sulla cute per un periodo di circa 8 ore. Deve essere applicata una dose sufficiente di crema da coprire l’area da trattare. La guarigione della cheratosi attinica dovrà essere valutata dopo le successive 4 settimane di sospensione dal trattamento. Se persistono segni di cheratosi attinica nella zona trattata, il trattamento deve essere ripetuto per ulteriori 4 settimane.

Gli effetti indesiderati più comuni che possono presentarsi utilizzando imiquimod sono reazioni infiammatorie nella zona di applicazione della crema con eritema, dolore o prurito ma anche talvolta manifestazioni sistemiche come cefalea, febbre, nausea, diarrea e artralgie. Il suo utilizzo in pazienti immunosoppressi è motivo di cautela anche se alcuni lavori clinici, eseguiti in pazienti trapiantati, darebbero risultati tranquillizzanti in termini di efficacia e tollerabilità.

L’efficacia di imiquimod applicato 3 volte a settimana per uno o due cicli di 4 settimane, separati da un periodo di 4 settimane di sospensione, è stata valutata in due studi clinici in doppio cieco controllati verso placebo. I pazienti hanno evidenziato lesioni di cheratosi attinica tipiche dal punto di vista clinico, visibili, discrete, non ipercheratosiche, non ipertrofiche, entro una zona di trattamento di 25 cm² sul cranio calvo o sul volto. Sono state trattate 4-8 lesioni di cheratosi attinica. L’incidenza di guarigione completa per gli studi clinici combinati è stata del 46,1% (IC 39,0%, 53,1%). I dati rilevati a un anno di distanza relativi a due studi osservazionali combinati indicano un tasso di recidiva del 27% (35/128 pazienti) in quei pazienti clinicamente guariti dopo uno o due cicli di trattamento. L’incidenza di recidive delle singole lesioni

(47)

è stata del 5,6% (41/737). La corrispondente incidenza di recidive per il placebo è stata del 47% (8/17 pazienti) e del 7,5% (6/80 lesioni). L’incidenza di progressione in carcinoma squamocellulare (SCC) è stato riportato nell’1,6% (2/128 pazienti)

- 5-Fluorouracile (5-FU) crema al 5%

II 5-FU (5-Fluorouracile) agisce bloccando la mediazione dell'acido deossiuridilico in acido timidilico interferendo con la sintesi del DNA e dell'RNA.

Deve essere applicato 2 volte al giorno per 2-4 settimane nel trattamento delle lesioni del volto; in altre sedi può essere necessario un trattamento più lungo. Recentemente è stato osservato un livello di remissione pari al 79,2% dopo un ciclo di trattamento con 5-FU crema applicata 2/die per 4 settimane in un sottile strato su tutta l’area di trattamento. Non si verifica un assorbimento sistemico ed il trattamento può dare origine ad eritema e aumento della sensibilità locale della durata di qualche settimana. I pazienti devono evitare l’esposizione al sole durante la terapia dato che l’aumento di sensibilita dell’area trattata può causare ulteriore irritazione.

3.1.3 Terapia fotodinamica (PDT).

La terapia fotodinamica utilizza l’acido 5-animolevulinico (5-ALA) ed è efficace nel trattamento di diverse neoplasie maligne superficiali della cute come il carcinoma basocellulare, la malattia di Bowen e appunto, la cheratosi attinica, che tra l'altro è l'indicazione dermatologica più comune per tale terapia. Tale trattamento si esegue applicando sulla lesione (preparate con un blando curettage) un composto fotosensibilizzante (5-ALA) che determina l'accumulo di molecole sensibilizzanti in cellule target, si procede poi all'irradiazione selettiva della lesione con luce visibile con lunghezza d'onda compresa tra 600 e 700nm (fig. 24). L'azione fotodinamica richiede la presenza e l'interazione di tre composti per determinare la morte selettiva delle cellule: fotosensibilizzanti, luce, ossigeno62.

Negli studi clinici multicentrici randomizzati la percentuale di scomparsa delle lesioni è stata del 69% dopo una singola sessione di trattamento e del 90% circa se veniva eseguito un secondo trattamento dopo 7 giorni63,64. Non sono stati riportati eventi avversi gravi; possono presentarsi dolore, bruciore e/o prurito nelle aree irradiate

(48)

durante e/o talvolta dopo il trattamento, particolarmente per le localizzazioni al volto, mentre costante è la formazione di croste che tuttavia scompaiono in pochi giorni con completa restitutio ad integrum. Dopo il trattamento è preferibile l'applicazione di antibiotico topico. La terapia fotodinamica rappresenta pertanto una efficace terapia per il trattamento delle CA non pigmentate multiple soprattutto per quelle localizzate al volto ed al cuoio capelluto. È ben tollerata e non è invasiva. Esiste un protocollo standardizzato65 e ha mostrato eccellenti risultati cosmetici.

(49)

Capitolo 4 - Studio retrospettivo

4.1 Introduzione

Le cheratosi attiniche (CA), sono lesioni precancerose da considerare, secondo diversi Autori66, come veri e propri carcinomi in situ, a causa della potenzialità ad evolvere in carcinoma squamocellulare, e per analogia con altre displasie severe limitate all’epitelio (come il CIN della cervice uterina). Le CA insorgono per un’eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette; altri fattori di rischio sono secondari (esposizione a composti arsenicali, radiazioni ionizzanti)67. La prevalenza è maggiore nei soggetti di razza caucasica. Tra i fattori di rischio più importanti ricordiamo la combinazione di fototipi I-II con esposizione cronica alle radiazioni ultraviolette; ma anche l’immunosoppressione esogena e le anomalie genetiche come l’albinismo o lo xeroderma pigmentoso sono predisponenti. La prevalenza delle CA è maggiore nel sesso maschile ed aumenta con l’avanzare dell’età68. Clinicamente le CA sono rappresentate da piccole aree cheratosiche a contorni indistinti, eritematose o dello stesso colore della cute, talora pigmentate, apprezzabili al tatto per la loro ruvidezza. Le squame aderenti, se molto spesse, possono dare origine ad un corno cutaneo. Le atipie cellulari delle discheratosi prevalgono negli strati basali dell’epidermide senza invasione del derma e si caratterizzano per disordini architetturali, affastellamento dei cheratinociti che presentano atipie nucleo-citoplasmatiche. Tali alterazioni tendono ad approfondirsi negli osti follicolari, il che può determinare la comparsa di recidive dopo trattamento incompleto. La comparsa di infiltrazione o erosione deve far sospettare l’evoluzione della CA verso un carcinoma squamocellulare invasivo, che corrisponde istologicamente all’estensione delle atipie cellulari in profondità oltre la membrana basale67. Tali lesioni rappresentano stadi diversi di evoluzione di una stessa patologia, manifestando entrambe eguali atipie citologiche e mutazioni geniche, come l’alterata espressione di geni oncosoppressori come p53, riscontrata in molte forme tumorali umane. Per questo motivo le CA sono da considerare come veri e propri carcinomi squamocellulari in situ, la cui capacità evolutiva è pari al 10% circa dei casi e si realizza in un periodo di 10-20 anni68,69. Tali lesioni infatti possono anche rimanere stabili per anni o regredire modificando le modalità di fotoesposizione69,70. In considerazione di tale capacità evolutiva le discheratosi necessitano di un precoce trattamento. Sono attualmente disponibili numerosi trattamenti fisici e topici efficaci nella terapia delle

Riferimenti

Documenti correlati

The date of the sherds connected with the layer, and the presence of this layer under the two monument bases in square D5, suggest that the formation of the layer

The predictions of the theoretical model agree very well with the experimental results for the whole response of the specimen, from the initial linearly elastic

Moltissimi i campi di applicazione: dalla nascita della forma breve del narrare in Occidente, legata al diffondersi della novellistica orientale, alla rinascita

 Ma  poi  tutto  si  risolve  in  un’enorme  beffa  giocata  

Riferendomi al requisito della dissolvenza di Demetrio (1996, pp. 46-47), per star bene con la propria storia bisogna avere piacere di ricordare: desiderio che Davide ha

with respect to the first one, despite usual negligible values of ζ Cons. From a conceptual point of view two independent sets of experimental and finite element modes must be

Adopting a time dependent photoionization and dust destruction code [14] it is possible to model the evolution (or non-evolution) and derive limits on the distance and density of

Digital Signal Processing Using Stream High Performance Computing: A 512-Input Broadband Correlator for Radio