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Schemi maladattivi precoci nei pazienti fibromialgici

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Academic year: 2021

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INDICE ABSTRACT CAPITOLO 1: INTRODUZIONE...1 1. LA FIBROMIALGIA...1 1.1 Epidemiologia...4 1.2 Sintomi...5 1.3 Diagnosi Differenziale...8 1.4 Eziopatogenesi...9 1.5 Prognosi...15

1.6 Qualità della vita nei pazienti fibromialgici...15

1.7 Comorbilità psichiatrica...18

2. LA SCHEMA THERAPY...26

2.1 Lo sviluppo della Schema Therapy...27

2.2 Gli Schemi Maladattivi Precoci (SMP)...27

2.3 Come si sviluppano gli Schemi...30

2.3.1 I bisogni primari...30

2.3.2 Le esperienze della prima infanzia...31

2.3.3 Il temperamento...32

2.4 Classificazione degli Schemi Maladattivi Precoci...33

2.5 Schemi condizionati e schemi incondizionati: le differenze...42

2.6 Aspetti neurobiologici degli schemi maladattivi precoci...43

2.7 I processi degli schemi...44

2.8 Modalità e risposte di coping maladattivo...45

2.9 I mode.…...48

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CAPITOLO 2 : METODO...50

2.1 Campione...50

2.2 Strumenti e procedure...50

CAPITOLO 3: STATISTICHE...52

CAPITOLO 4: DISCUSSIONE DEI RISULTATI...53

4.1 Conclusioni...57

4.2 Prospettive future...58

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ABSTRACT

La Fibromialgia è una malattia reumatica caratterizzata da dolore muscolare cronico associato a rigidità. Oltre al dolore costante, che non ha un'origine infiammatoria, sono presenti molti altri sintomi riscontrabili in numerose malattie reumatiche e non, e un'elevata comorbilità psichiatrica che incide negativamente nella qualità della vita del paziente.

Tra le cause scatenanti troviamo anche fattori psicologici come elevati livelli di stress e traumi durante l'infanzia.

Per questo, lo scopo del seguente studio, è stato valutare la presenza e le severità degli schemi maladattivi precoci, elaborati da Young (1990-1999), che potrebbero influire nell'esordio e nel mantenimento della patologia. I risultati hanno evidenziato differenze statisticamente significative tra il campione clinico e di controllo negli schemi di Deprivazione Emotiva, Abbandono, Inadeguatezza, Autosacrificio e Standard Eccessivi, in linea con l'esistenza di una “personalità fibromialgica” (Martellotti, 2011).

Parole chiave Fibromialgia

Schemi maladattivi precoci Fattori psicologici

Young Schema Questionnaire-3 Personalità Fibromialgica

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CAPITOLO 1: INTRODUZIONE

1. LA FIBROMIALGIA

La fibromialgia, o reumatismo fibromialgico, è una sindrome algica muscolo-scheletrica, caratterizzata da dolore muscolare diffuso, inizialmente localizzato nel tratto lombare o cervicale che in poco tempo si diffonde agli arti superiori e inferiori.

Il termine Fibromialgia è composto da tre parole:

“Fibra” che in latino indica la struttura fibrosa presente nei tendini, legamenti e guaine.

“myo” deriva dalla particella greco e sta per “muscolo”.

“algos” deriva dal vocabolario greco e significa dolore, dolorabilità.

L'etimologia evidenzia il fatto che il dolore è localizzato sia livello muscolare che nelle strutture connettivali fibrose (tendini e legamenti) ed ha sostituito il termine fibrosite in quanto non si sono trovate alterazioni di natura infiammatoria a carico delle zone interessate. Questa condizione viene definita “sindrome” poiché lo stesso paziente può avere segni (ciò che il medico riscontra alla visita) e sintomi (ciò che il malato riferisce) contemporaneamente presenti e tra loro diversi.

La FM può essere primaria o secondaria ad altre malattie reumatiche, endocrine, infettive o traumi. E' influenzata da alcuni fattori come le condizioni climatiche, gli stress psicofisici, l'attività fisica ed associata a disturbi del sonno; i pazienti infatti hanno un sonno leggero definito “ sonno non ristoratore”.

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assiale, parestesie a mani, gambe e piedi, cefalea, colon irritabile, depressione o ansia, dismenorrea.

Prevale nettamente nel sesso femminile, tra le casalinghe e con un basso livello socio-culturale ed è diffusa nella maggior parte dei paesi, dei gruppi etnici e dei climi (Bauer, 2009). E' sorprendente come una malattia tanto diffusa sia ancora poco conosciuta: questo è attribuibile al fatto che è una malattia di difficile diagnosi. La fibromialgia spesso confonde poiché alcuni dei suoi sintomi possono essere riscontrati in altre condizioni cliniche comprese alcune forme reumatiche infiammatorie quali le artriti croniche e le connettiviti.

I primi studi risalgono a una ventina di anni fa in America ma già nel 1850 Froriep riporta la presenza di rigidità muscolare in pazienti effetti da reumatismi che provavano dolore alla digito pressione. Nel 1904 Gowers conia il termine “fibrosite” enfatizzando l'assenza di infiammazione e la presenza di astenia e disturbi del sonno. Nel 1970 Smythe e Moldofsky introducono il termine “fibromialgia” e descrivono l'esistenza dei tender points, ovvero punti del corpo al cui contatto risultano doloranti.

Infine, nel 1990 l' American College of Reumatology (ACR) ha definito i criteri classificativi per la fibromialgia soffermandosi sul dolore diffuso per almeno 3 mesi e la presenza di almeno undici su diciotto tender points fino a quando, nel 2010, Wolfe e altri hanno elaborato un nuovo sistema diagnostico che integri tutti i sintomi con l'introduzione di due questionari:

• Il test dei Tender Points viene sostituito da un indice di dolore

diffuso, il Widespread Pain Index (WPI) . Il punteggio dell’indice di dolore diffuso (WPI) viene determinato contando il numero delle aree del corpo dove il paziente ha sentito dolore nella settimana precedente. La checklist è costituita da 19 aree specifiche. Qualora il punteggio a questo questionario non fosse sufficiente, si può

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comunque porre diagnosi di FM quando sono positivi i sintomi per il disturbo del sonno (sonno non ristoratore), rigidità mattutina, sintomi cognitivi (labilità della memoria a breve termine), eccessiva stanchezza non giustificata dal tipo di attività quotidiane. Inoltre, sono considerati sintomi spesso concomitanti con la FM: colon irritabile (aereofagia, dispepsia, eruttazioni), ansia e depressione e vertigini.

• Tutti questi sintomi sono rilevati con un altro questionario Symptoms Severity (SS), che in italiano definiamo “Questionario della Severità dei Sintomi” (della FM), abbreviato in QSS.

I punteggi sono considerati in questo modo:

a) se i dolori muscolari sono presenti in 7 diverse parti del corpo (negli ultimi 7 giorni) e almeno 5 punti all'altro questionario, il QSS, si pone diagnosi di FM;

b) se il punti dolenti sono tra 3 e 6, allora occorre che il punteggio alla QSS raggiunga almeno il livello di 9 punti.

c) Alcuni criteri rimangono immutati: i sintomi devono essere presenti da almeno 3 mesi e il paziente non deve presentare disturbi che possono giustificare il dolore.

Questi nuovi criteri permettono di diagnosticare 9 pazienti su 10, rispetto ai 6-7 con i vecchi criteri, ma occorre anche dire che per l' American College of Rheumatology non sono ancora definitivi.

Robert S. Katz, uno degli autori dei nuovi criteri e reumatologo al Rush University Medical Center, ha detto che questi nuovi criteri riconoscono che la Fibromialgia non è soltanto dolore fisico ma ci sono anche altri sintomi che vanno presi in considerazione per la diagnosi. Inoltre superano il

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problema della valutazione obiettiva dei tender points e valorizzano sintomi come astenia e disturbi del sonno.

1.1 Epidemiologia

Gli studi epidemiologici non sono molto numerosi per le difficoltà classificative che li rendono non di semplice esecuzione. Si ritiene, in linea di massima, che la fibromialgia sia molto più diffusa di quanto si stimava un tempo, risultando la terza malattia reumatica per diffusione (dopo osteoartrosi ed artrite reumatoide). La prevalenza nei maschi varia tra lo 0% ed il 3,9% mentre nelle donne tra il 2,5% ed il 10,5%. La forma primitiva è più frequente nel sesso femminile (89-90%) con due picchi di insorgenza nelle fasce tra 25-35 anni di età e tra i 45 e 55 anni (Valesi et al, 2008). Tuttavia non vengono esclusi dalla diagnosi i bambini (6,2%) e gli anziani. La motivazione della maggiore prevalenza nel sesso femminile non è chiara.

Senz'altro gli estrogeni hanno un ruolo importante nella modulazione del dolore come pure un ruolo importante lo ha la ridotta produzione del testosterone presente nel sesso femminile. Probabilmente la differenza tra i due sessi va ricercata in una interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e socio culturali diversi nei due sessi.

Ampi studi hanno dimostrato che le donne hanno comunque più dolore cronico degli uomini (Paolazzi, 2008). In parte questa differenza di genere è data dalla maggiore prevalenza di alcune sindromi dolorose nel sesso femminile. Le donne hanno maggiore attenzione al sintomo dolore, maggior sensibilità, riconoscono il dolore più precocemente, hanno un corredo ormonale diverso che ne influenza la recezione e la modulazione, presentano anche sperimentalmente una maggiore sensibilità al dolore;

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nella donna è inoltre differente la modulazione del dolore legata al sistema oppioide per un minore rilascio di oppioidi endogeni con azione inibitrice sullo stimolo doloroso. Anche le differenze anatomiche (vagina ed utero come porta di entrata di agenti esterni che possono causare sensibilizzazione midollare dolorosa) possono giocare un ruolo nella maggior percezione del dolore.

Appare peraltro evidente come le sole conoscenze attuali non possano spiegare il motivo per cui la FM è più frequente nel sesso femminile.

1.2 Sintomi

I sintomi e i segni della fibromialgia possono imitare quelli di almeno altre 30 patologie. I disturbi, infatti, colpiscono il corpo nella sua totalità e possono essere attribuiti a quasi tutti gli apparati organici. A questi si aggiungono anche sintomi psichici.

Il dolore

I dolori cronici dei muscoli e dei tessuti molli sono il sintomo primario della sindrome fibromialgica. Coloro che sono affetti descrivono i loro disturbi con la frase “fa tutto male” e accusano dolori fin dal risveglio mentre durante il corso della giornata i dolori possono diminuire lievemente per poi peggiorare, di nuovo, verso sera. E’ un dolore bruciante, lancinante, a fitte, martellante, profondo, che disturba; è descritto con gli aggettivi più catastrofici e particolari. Spesso il paziente descrive contratture muscolari, fascicolazioni (vibrazioni del muscolo), sensazioni di rigidità, di formicolio, di gonfiore. Non è infrequente che il paziente descriva prima un dolore localizzato (alla colonna, alle spalle, alle gambe, alle ginocchia) per poi riferirne la sua diffusione con sensazione anche di irrigidimento, di deficit

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della funzione, di impegno di tutto il corpo. Il dolore può essere favorito da qualsiasi oggetto che stringa, che schiacci, che avvolga, come calze, maglie, vestiti, gioielli.

Disturbi del sonno

Circa il 90% di pazienti fibromialgici lamenta disturbi del sonno: hanno difficoltà ad addormentarsi oppure si svegliano più volte durante la notte (Bauer, 2009). A questo problema si aggiunge un'ulteriore sfortuna ovvero che i pazienti si svegliano anche molto presto al mattino. Alla lunga questi disturbi del sonno hanno un effetto logorante portando a sonnolenza diurna, spossatezza, stanchezza cronica e diminuzione delle prestazioni fisiche e mentali. Un sonno profondo e indisturbato è importantissimo per la rigenerazione del corpo e, in questo caso, dei muscoli e altri tessuti.

Stanchezza

E' un altro sintomo primario della sindrome fibromialgica. La fatica è presente dal 75% al 90% dei pazienti (Russell, 1992). La fatica del risveglio è tipica della fibromialgia, risultato di un sonno inadeguato derivato dall'uso di alcuni farmaci. La fatica muscolare si riscontra comunemente, mentre la fatica “motivazionale” è solitamente associata alla depressione presente nel 30% o più dei malati di fibromialgia (Jain Ka et al., 2003).

Parestesie

Fra i pazienti fibromialgici, quasi uno su quattro riferisce di disturbi neurologici come sensazione di intorpidimento e formicolio a braccia e gambe. Le mani, i piedi e le articolazioni tibio-tarsali vengono avvertiti dal paziente come sformati e gonfi, sebbene alla palpazione e all'esame visivo non sia possibile riscontrare alcuna tumefazione.

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Cefalee ed emicranie

Oltre il 40% dei pazienti fibromialgici soffre regolarmente, o meglio, quotidianamente, di cefalee, che occasionalmente sono di violenta intensità (Bauer, 2009).

Intestino irritabile e stomaco nervoso

L' intestino irritabile è un disturbo delle funzioni intestinali, per il quale non si può stabilire alcuna causa organica vera e propria. I sintomi sono un'alternanza di stipsi e diarrea.

Dolori articolari

Spesso nei pazienti fibromialgici si riscontrano dolori a mani, polsi, gomiti, nuca, torace, anche, ginocchia, articolazione tibio-tarsale e piedi. Il dolore s'irradia spesso dal punto di intersezione al tendine sull'osso ed il soggetto interessato avverte dolore all'articolazione, benché questa non sia di per sé coinvolta nell'evento doloroso.

Sensibilità al freddo

Molti pazienti soffrono di una particolare sensibilità al freddo e in circa il 40% di essi sono riscontrabili disturbi che somigliano alla sindrome di Raynaud.

Le tre caratteristiche “chiave” dolore, fatica e disturbi del sonno sono presenti pressoché in ogni paziente con fibromialgia e il sintomo “marchio di garanzia” è l'allodinia, cioè un impulso doloroso sentito dalla persona evocabile da una lievissima palpazione o a volte solo da un tocco.

E’ ovvia quindi la preoccupazione del paziente e dei familiari di fronte a tale insieme di sintomi con la successiva richiesta di continui esami di laboratorio e strumentali, spesso ripetuti, fonte di errori diagnostici e di

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terapie inutili.

Il tutto è aggravato dallo scetticismo di molti medici verso l’effettiva presenza di questa sindrome (una malattia che non c’è) con giudizi sommari di tipo “psichiatrico”, “nevrotico” nei confronti di questi pazienti e conseguente frustrazione e sensazione di nullità generata negli stessi.

1.3 Diagnosi differenziale

Molti dei sintomi, scheletrici ed extra-scheletrici, caratteristici della FM possono essere riscontrati in numerose malattie per cui è di fondamentale importanza la diagnosi differenziale con altre cause di dolore cronico. La FM, inoltre, può coesistere in associazione con patologie diverse, reumatiche e non reumatiche (FM concomitante), inducendo ad errori diagnostici. In un recente studio è stata riscontrata una sostanziale inaccuratezza diagnostica in una coorte di pazienti, ai quali era stata posta diagnosi di FM, inviati per un consulto reumatologico; la FM è stata confermata solo nel 34% dei pazienti che lamentavano dolore muscoloscheletrico, con una percentuale di errore del 66% (Fitzcharles, 2003). Un punteggio elevato all'indice del dolore diffuso (WPI) e l'astenia sono fattori discriminanti tra pazienti fibromialgici e non fibromialgici mentre una prolungata rigidità mattutina, sarebbe riferita da un quarto dei pazienti con FM, è risultata essere una caratteristica clinica più frequentemente riportata da pazienti effetti da patologie differenti. Data l'elevata percentuale di errori diagnostici nell'algoritmo diagnostico differenziale della FM, dovrebbero essere incluse numerose patologie caratterizzate, tra l'altro, da una sintomatologia dolorosa a carico dell'apparato muscoloscheletrico. Numerose malattie reumatiche autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico (LES), la sindrome di

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Sjögren (SS), l'artrite reumatoide (AR) e le malattie non reumatologiche quali ipotiroidismo, l'anemia, la malattia di Lyme, l'infezione da virus dell'epatite C, la sindrome da fatica cronica e le neoplasie occulte sono possibili cause di algie a carico dell'apparato muscoloscheletrico e di astenia intensa (Schneider, 2006). La diagnosi differenziale tra LES e FM può rappresentare un dilemma clinico poiché i pazienti affetti da queste due malattie possono lamentare molti sintomi comuni (Bennet, 1994). Oltre al dolore, all'astenia ed alla rigidità, infatti, in entrambi i casi possono essere presenti fenomeno di Reynaud, alterazioni cognitive e deflessione del tono dell'umore.

Allo stato attuale delle conoscenze possiamo definire la FM come “una sindrome da sensibilizzazione centrale caratterizzata dalla disfunzione dei neurocircuiti preposti alla percezione, trasmissione e processazione delle afferenze nocicettive, con prevalente estrinsecazione del dolore a livello dell'apparato muscoloscheletrico”.

Molte malattie, non solo reumatiche, si possono manifestare con sintomi del tutto sovrapponibili a quelli della FM per cui è necessario, prima di porre diagnosi, escludere la presenza di diverse patologie. Un approccio semplice e razionale per valutare questi pazienti dovrebbe includere una raccolta anamnestica accurata, un esame obiettivo completo e l'esecuzione, in prima istanza, di alcuni esami di laboratorio.

1.4 Eziopatogenesi

L'agente eziologico responsabile della FM non è in genere identificabile e appare difficile riconoscere una singola causa: si parla infatti di eziopatogenesi multifattoriale. Questo vuol dire che fattori genetici, biologici, sociali e psicologici interagiscono tra loro nel determinare la

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genesi e la prognosi della Fibromialgia.

Fattori genetici

Studi epidemiologici hanno dimostrato che, in tutto il mondo, un enorme numero di persone è affetto da sindrome fibromialgica. Si ritiene che per ogni 100 persone vi sia una percentuale stimabile tra l'1% ed il 5% che soffre di questa patologia (Bauer, 2009). Circa il 40% dei soggetti colpiti da fibromialgia riferiscono di familiari che lamentano sintomi simili a loro (Bauer, 2009). Recenti evidenze ci dicono che i fattori genetici sembrano giocare un ruolo nella patogenesi, insieme a stimoli ambientali.

E' possibile che l'ereditarietà della fibromialgia sia autosomica dominante. Poiché la fibromialgia colpisce prevalentemente le donne, si sospetta che sul cromosoma Y, presente solo nei maschi, possa esserci una gene che protegge da questa patologia.

Inoltre, studi sui makers genetici hanno dimostrato un ruolo nel polimorfismo genetico dei sistemi dopaminergici, catecolaminergici e serotoninergici nella patogenesi della malattia (Offenbaecher, 1999).

Fattori biologici

- Sesso: Oltre alla maggiore prevalenza nel sesso femminile della fibromialgia, con rapporto f/m 4-8/1, le donne presentano maggiore dolorabilità, usano più farmaci analgesici, sono più sensibili agli stimoli dolorosi ed il loro sistema di modulazione centrale del dolore viene influenzato dalle alterazioni fasiche dei livelli ormonali.

- Età: La patologia aumenta di frequenza con il crescere dell'età (con picco tra 45-55 anni).

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- Disturbi del sonno: La presenza di alterazioni del sonno non-REM (Rapid Eye Movement), in particolare negli stadi III e IV, è stata ipotizzata da alcuni autori come elemento causale della FM; infatti una sintomatologia simil-fibromialgica può essere indotta in soggetti sani mediante privazione della fase 4 del sonno, ottenibile sperimentalmente. Quindi, alterazioni qualitative e quantitative del sonno sono grado di generare la fibromialgia e di dare origine ad un circolo vizioso, responsabile di un ulteriore danno della qualità del riposo notturno.

- Traumi fisici: Non si dispone di studi convincenti a riguardo di questo punto. Ci sono casi in cui la fibromialgia può essere preesistente (ma non diagnosticata) al trauma, oppure che pazienti coinvolti in incidenti stradali o sul lavoro dichiarino l'insorgenza di questa malattia per motivi di tipo legali-assicurativi (Bauer, 2009).

- Alterazione sistema nocicettivo: Studi orientati sui meccanismi biochimici e neurologici della fibromialgia hanno fatto nascere il sospetto che questa patologia possa provenire dal sistema nervoso centrale. Grazie ai progressi fatti nella conoscenza dei meccanismi del dolore cronico, alla base della percezione dolorosa amplificata nella fibromialgia ci sarebbe una facilitazione dolorosa ascendente con partenza dai muscoli e la presenza di una sensibilizzazione dolorosa discendente del sistema nervoso centrale, con un disequilibrio di quasi tutti i neuro mediatori del dolore. Questo ci spiega la presenza contemporanea di iperalgesia (stimoli dolorosi vengono percepiti più forti) e di allodinia (dolore percepito anche in presenza di stimoli potenzialmente non dolorosi).

Una rewiew di Staud del 2001 analizza il meccanismo di percezione abnorme del dolore dei fibromialgici. È possibile riconoscere anomalie nella processazione sensoriale dolorosa, in particolare: una

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sensibilizzazione periferica, riferibile ad un'aumentata risposta a stimoli dolorosi; una sensibilizzazione centrale, riportabile a una riduzione della soglia individuale del dolore per coinvolgimento delle strutture percettive dolorose a livello delle corna dorsali del midollo.

La sensibilizzazione centrale può svilupparsi utilizzando principalmente i meccanismi recettoriali della corna dorsali del midollo, coinvolgendo i recettori del N-metil-D-aspartato (NMDA). In qualsiasi situazione dolorosa gli impulsi sono inviati dai nocicettori periferici del SNC attraverso le fibre Aδ milieniche (primo dolore) e C amielimiche (secondo dolore). L'amplificazione e la persistenza dolorosa è stata studiata con il modello della sommazione termica temporale o wind-up, che rileva la sensibilità delle fibre non mielinizzate C e lo stato del sistema recettoriale NMDA del midollo.

- Alterazioni del sistema neuro-endocrino: il sistema neuroendocrino, insieme al sistema immunitario e al sistema nervoso autonomo ha un ruolo fondamentale nel mantenimento dell'omeostasi, in particolare in presenza di eventi stressanti di origine sia fisica che psicologica. Questi sistemi sono interconnessi e chiamati, nel loro insieme, “sistema dello stress” (Martinez-Lavin,2007). Nella FM c'è un'alterazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene riscontrabile nella ridotta secrezione di cortisolo nelle 24 ore, nell'anormalità del ritmo circadiano della produzione di cortisolo e nella ridotta risposta cortisolemica allo stimolo dell'ormone stimolante la secrezione di corticotropina (CRH). Quando l'ipotalamo rilascia CRH, si determina un rilascio molto alto di corticotropina (ACTH) da parte della ghiandola pituitaria e una rilascio molto basso di cortisolo da parte della ghiandola surrenalica.

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essere strutturali, metaboliche e/o funzionali, possono essere causate da alterazioni del sistema endocrino, che si tradurrebbero in una diminuzione dell'ormone della crescita, fondamentale per la riparazione dei tessuti muscolari.

- Infezioni: Le infezioni virali o batteriche possono causare la malattia. L’epatite C, l’HIV e la malattia di Lyme sono stati associati con la Fibromialgia e ci sono prove che certi vaccini possono causare il disturbo. - Alterazioni del flusso sanguigno: La Fibromialgia potrebbe essere correlata a flusso di sangue anormale in due aree del cervello. Le donne con FM hanno un flusso di sangue maggiore nella zona del cervello che interpreta l'intensità del dolore. Al contrario, hanno un piccolo flusso di sangue nella zona del cervello coinvolte nella risposta al dolore. I ricercatori hanno anche scoperto che se i sintomi sono più intensi, il flusso anormale di sangue è più marcato (Sarzi Puttini et al, 2010).

Fattori socio-culturali ed ambientali:

- Ambiente lavorativo: un ambiente lavorativo ostile facilita la cronicizzazione dei disturbi. Al contrario, la soddisfazione sul lavoro ed ambienti di lavoro “sani” abbassano gli stress emotivi associati al dolore cronico.

- Fattori sociali: è stato visto che la tolleranza al dolore cambia radicalmente a seconda della cultura. Per esempio i paesi anglosassoni hanno una tolleranza maggiore rispetto ai pazienti italiani o ebraici. Inoltre il 93% dei pazienti con Fibromialgia è di razza caucasica (Sarzi-Puttini,

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2010).

- Ambiente familiare: Il supporto familiare è fondamentale per i pazienti con dolore cronico. Situazioni di incomprensione e infelicità familiare portano ad un peggioramento della malattia, mentre se i familiari vengono addestrati ad influenzare positivamente le strategie di coping del paziente, si ottengono importanti risultati sulla capacità di controllo del dolore.

Fattori psicologici:

L'elevata influenza dell'ansia e dello stress sull'andamento della sintomatologia indica il ruolo dello status psicologico del paziente nella genesi della fibromialgia.

Si parla infatti di “personalità fibromialgica” caratterizzata da aspetti di perfezionismo, iper-controllo della rabbia, bassa autostima, tendenza all’ipocondria, strategie di coping passive, dipendenza nei rapporti interpersonali (Martellotti, 2011). Si tratta di individui con scarse capacità di regolare i propri affetti, con una tendenza a reprimere la propria rabbia. I soggetti con fibromialgia tendono a sviluppare relazioni di dipendenza, preferendo un ruolo passivo e una modalità passivo-aggressiva per gestire i conflitti interpersonali.

- Traumi psicologici durante l'infanzia: Alcuni studi suggeriscono una possibile implicazione dei traumi psichici nell'insorgere della fibromialgia. In particolare, sono stati riscontrati, con frequenza superiore e significativa rispetto al resto della popolazione, traumi psichici derivanti da molestie sessuali in età infantile (Bauer, 2009). Attualmente non è possibile affermare che i traumi psichici causano la fibromialgia: senza dubbio, i traumi psichici come incidenti, episodi di molestie e violenza o anche la

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perdita di persone care possono agire da fattore scatenate (Bauer, 2009).

1.5 Prognosi

La prognosi dei pazienti con fibromialgia dipende dalla terapia che si mette in atto per eliminare o modificare i fattori prognostici negativi (sociali, biologici e psicologici). Inoltre quanto più il paziente si comporta in maniera attiva nei confronti della malattia, tanto più riesce a ridurne il decorso complessivo. E’ difficile prevedere la durata della malattia in ogni singolo caso perché sono molto differenti tra loro. Fattori prognostici negativi sono: il dolore cronico, la depressione, la stanchezza, che portano ad un generale abbandono delle attività lavorative ma anche quotidiane. La fibromialgia dovrebbe essere una malattia potenzialmente reversibile se curata in modo adeguato.

1.6 Qualità della vita nei pazienti fibromialgici

Un elemento fondamentale non solo in ambito valutativo ma anche in chiave prognostica è la misura della qualità della vita nella Fibromialgia. I dolori cronici, l'affaticamento ed i sintomi psichiatrici che accompagnano i pazienti fibromialgici hanno un importante impatto sulle attività quotidiane di tali soggetti, incidendo pesantemente sulla QoL, in modo particolare nel lavoro e nelle relazioni interpersonali, con gravi limitazioni alla salute fisica e mentale del soggetto. L'analisi della qualità della vita nei pazienti fibromialgici serve quindi per identificare e quantificare quando è invalidante da Fibromialgia.

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quello che ha trovato più impiego nella Fibromialgia è il Medical Outcomes Study (MOS) e il 36- Items Short-Form Healthy Survey (SF-36) e, in particolare quest'ultimo ha consentito di documentare gli effetti negativi della malattia sui vari domini della salute fisica e psicologica. Le ripercussioni sulla sfera della salute mentale rappresentano un elemento caratterizzante la fibromialgia. E' noto che lo “stress psicologico” possa precedere la comparsa del dolore muscoloscheletrico o, al contrario, la presenza di dolore cronico può determinare l'insorgenza di sintomi della sfera psico-affettiva.

In uno studio condotto dal Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia, Biotecniche, insieme a Medicina Interna e l'Unità Reumatologica dell'Università di Pisa del 2011 è stato dimostrato come i sintomi depressivi sottosoglia sono molto presenti sia in pazienti con FM che con artrite reumatoide e questa correlazione gioca un ruolo nella cattiva qualità della vita. Sono stati esaminati 660 pazienti ambulatoriali di almeno 18 anni dell'Unità Reumatologica di Pisa valutati per un periodo di un anno, 68 pazienti fibromialgici e 51 con artrite reumatoide. I criteri di inclusione sono: i criteri diagnostici dell'ACR , la volontà a compilare un questionario in modo autonomo, sottoporsi a valutazione psichiatrica, il consenso a mantenere sotto controllo la malattia, la disponibilità a comunicare la presenza di disturbi o gravidanza o l'assenza di disturbi psichiatrici di Asse I. I soggetti scelti devo fornire un consenso informato scritto dopo aver ricevuto una completa descrizione dello studio e avuta l'opportunità di fare domande.

I dati socio-demografici sono stati raccolti con un questionario somministrato tramite intervista strutturata per la registrazione del sesso, età, livello di istruzione, stato civile, l'impiego e la durata della malattia. La diagnosi di FM o RA è stata fatta in accordo con i criteri ACR. I disturbi psichiatrici di Asse I diagnosticati sono stati esclusi usando l'Intervista

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Clinica Strutturata per i disturbi di Asse I del DSM-IV (SCID-I/P), somministrato da psichiatri qualificati. E' stata somministrata anche la versione “lifetime” del MOOD-SR, ovvero un questionario validato per la valutazione della sintomatologia dello spettro depressivo. Include 161 item che registrano la presenza o l'assenza del sintomo, per uno o più periodi di almeno 3-5 giorni nel corso della vita. Gli item sono organizzati in 3 domini maniacali e 3 depressivi che analizzano l'umore, l'energia e le attività cognitive, più un dominio che investiga i disturbi della ritmicità e delle funzioni vegetative. La somma dei punteggi del dominio maniacale costituisce la “componente maniacale” (62 items), invece i domini depressivi costituiscono la “componente depressiva” (63 items).

Analizzando i risultati e comparandoli con il Mann-Whitney Test, significative differenze statistiche sono state rilevate nei domini “umore depresso” e “ cognizioni depressive” che nei pazienti con FM avevano punteggi alti. Inoltre, il punteggio totale della componente depressiva e il punteggio totale del MOOD-SR risulta significativamente alto nei pazienti con Fibromialgia rispetto a quelli con Artrite Reumatoide.

I risultati del presente studio quindi ci mostrano maggiori sintomi affettivi sottosoglia, in particolare sintomi depressivi . Questa caratteristica potrebbe parzialmente spiegare perché la Fibromialgia è stata correlata a una maggiore disabilità nelle attività quotidiane e a molti altri aspetti negativi della vita ordinaria che in altre condizione reumatiche, compresa l' Artrite Reumatoide. Questo è in linea con un altro recente studio nel quale gli autori hanno comparato il punteggio della qualità della vita in 30 pazienti con FM, 30 con RA e 30 pazienti di controllo. Tutti i domini della qualità della vita sono peggiori nei pazienti con FM che nel gruppo di controllo, mentre nei pazienti con RA non sono buoni il ruolo fisico, funzionamento sociale e sofferenza corporea.

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sottosoglia che sono più presenti in pazienti con FM che con RA. Questo fatto potrebbe svolgere un ruolo nella cattiva qualità della vita e della maggiore percezione del dolore che caratterizza la FM.

1.7 Comorbilità psichiatrica

La fibromialgia si associa frequentemente ad altre malattie disfunzionali. Berger e coll. (2007) hanno condotto uno studio su pazienti maggiorenni affetti da FM consultando i data-base degli Istituti assicurativi USA per gli anni 2002- 2005. Gli autori esaminarono ben 33.176 casi di FM ed un gruppo di controllo di pari numero. L' età media era di 46 anni, il 75% era di sesso femminile. I pazienti affetti da FM mostravano varie comorbilità quali la Sindrome del tunnel carpale (23% vs. 3% controlli), l'ansia (5% vs. 1%), la depressione (12% vs. 3%). Significativa appariva l'associazione con cefalea emicranica e tensiva cronica e altri disturbi neurologici, disturbi del sonno, artrite e colon irritabile (Marsico, 1991). Per quel che riguarda le comorbilità della FM nelle malattie reumatiche, citiamo lo studio di Ostuni e coll. (2002) che ha evidenziato una prevalenza del 22% in pazienti affetti da Sindrome di Sjögren , dell 1% nel LES e del 2% nella Sclerodermia. Staud ha invece dimostrato la prevalenza del LES addirittura al 47% .

Quello che per noi è importante è soffermarci sul fatto che nella FM sono presenti sia sintomi somatici che psicologici. Oltre il 70% dei pazienti con FM manifestano una significativa comorbilità con disturbi psichiatrici, soprattutto Disturbi dell'Umore e Disturbi d'Ansia. Con particolare frequenza si osserva la presenza di Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTDS) in comorbidità, che è stato osservato nel corso della vita dei soggetti fibromialgici con percentuali variabili tra 17 e 27% (Cohen et al., 2002). Pur essendo stato diagnosticato con minore frequenza del PTSD in

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popolazioni di soggetti con Fibromialgia, almeno negli studi fino ad ora pubblicati è proprio nell'ambito del Disturbo di Panico che le analogie con la Fibromialgia emergono con particolare evidenza. Le aree di sovrapposizione sono numerose e riguardano aspetti epidemiologici, clinici, cognitivi, anatomici e neurofisiologici. Sono inoltre analoghi i fattori predisponenti e la risposta agli interventi terapeutici. I pazienti fibromialgici con depressione percepiscono il dolore come invalidante al punto di impedire le normali attività quotidiane (Okifuji e coll., 2000) con una compromissione dell'abilità a livello fisico. La presenza di disturbi d'ansia influisce negativamente sulla percezione del dolore, determinandone un abbassamento della soglia (McBeth e coll., 2001). Fietta e coll. hanno postulato tre ipotesi per spiegare la relazione tra Fibromialgia e disturbi psichiatrici:

a) I disturbi psichiatrici potrebbero essere una conseguenza della FM;

b) la FM potrebbe essere la conseguenza di un sottostante disturbo psichiatrico (come la depressione);

c) sia i disturbi psichiatrici che la FM potrebbero essere causate da un'alterazione comune.

La prima ipotesi è da escludere in quanto il disturbo può precedere la fibromialgia e talvolta vi è anche un alto tasso di familiarità tra i parenti e il paziente. La seconda ipotesi ci direbbe che la FM è una conseguenza a un disturbo psichiatrico, ma in alcuni casi non sono sempre in comorbilità alla Fibromialgia. La terza ipotesi è quella che merita più attenzione: a scatenare la FM e disturbi psichiatrici potrebbe essere un'alterazione neurotrasmettitoriale comune, osservata sia in pazienti fibromialgici che depressi.

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• Disturbi d'Ansia

La prevalenza della sindrome fibromialgica nella popolazione generale è stimata intorno al 2-3%. La prevalenza nell'arco della vita del Disturbo di Panico è simile in tutti i paesi del mondo ed è sovrapponibile a quella della Fibromialgia. Entrambi i disturbi sono più frequenti nel sesso femminile. L'età di esordio della fibromialgia è generalmente tra 13 e 15 anni nella forma giovanile e tra i 40 e 60 anni in quella dell'adulto. Anche nel Disturbo di Panico, si osservano due picchi, uno nella tarda adolescenza (16-18 anni) e l'altro tra i 25-40 anni. Oltre ai sintomi individuali dell'American College of Rheumathology (ACR) per la diagnosi di Fibromialgia, è molto frequente riscontrare dei sintomi addizionali che presentano una larga sovrapponibilità con quelli descritti nell'attacco di panico, come per esempio le palpitazioni/ tachicardia, il nodo alla gola, la nausea ed i dolori addominali.

Elevati traumi infantili, come l'abbandono, l'abuso emotivo e il maltrattamento fisico, possono influire nella comparsa della Fibromialgia, così anche gli adulti con Disturbo di Panico riferiscono con maggiore frequenza rispetto ai controlli abuso sessuale e fisico durante l'infanzia. La Fibromialgia e il Disturbo di Panico presentano numerose aree di sovrapposizione a livello epidemiologico e clinico. I modelli teorici biopsicosociali utilizzati nell'interpretazione del percorso patogenetico e gli interventi terapeutici, farmacologici e non farmacologici si caratterizzano anch'essi per numerosi elementi di similarità.

Queste osservazioni portano a ipotizzare che entrambi i disturbi condividano comuni alterazioni, probabilmente a livello delle aree cerebrali che permettono di interpretare e codificare il significato e la risonanza emotiva di percezione enterocettive o di eventi esterni (Sarzi Puttini, et al, 2010).

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• Depressione

L'associazione tra Fibromialgia e Depressione risulta subito evidente, infatti nel 71% dei pazienti fibromialgici viene diagnosticata anche depressione (Sarzi Puttini et al, 2010). Molto spesso sia la depressione che l’ansia sono reattive, secondarie, al dolore cronico, alla presenza di un dolore persistente in grado di peggiorare a volte anche drammaticamente la qualità di vita. Si crea così un circolo vizioso tra depressione- ansia- maggior dolore-maggior ansia e depressione invalidante per il paziente. Il paziente sta male ed ha la sensazione di non essere, ed il più delle volte non lo è, compreso. Il paziente vive la consapevolezza che è inutile spiegare, perché la percezione del proprio vissuto è negata dal mondo esterno. Anche i cambiamenti del tono dell’umore o del pensiero sono comuni nella fibromialgia. I pazienti affetti da fibromialgia possono riportare difficoltà a concentrarsi oppure ad eseguire semplici elaborazioni mentali (Sarzi Puttini et al, 2010).

Si può dire in sintesi che le situazioni psicologiche-psichiatriche rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo della fibromialgia vista la loro reale presenza in un buon numero di pazienti anche se in alcuni pazienti possono peraltro essere conseguenza della malattia.

Che lo stress psicologico abbia una importanza causale in alcuni pazienti mentre in altri sia la conseguenza della malattia è comunque accertato.

Disturbo Post-Traumatico da Stress

Esiste un legame molto significativo tra disturbo post-traumatico da stress e sindromi dolorose croniche e, più in generale, tra stress e sensibilizzazione al dolore (Van Houdenove, 2007). Una sindrome da stress post-traumatico (o una condizione cronica di significativo distress) crea evidentemente una condizione di sensibilizzazione allo stress ed al dolore. Pare che questa sindrome inneschi una condizione psico-biologica predisponente rispetto

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alle sindromi da dolore cronico, indipendentemente dal fatto che il trauma abbia comportato o meno un’esperienza di dolore fisico (Stam, 2007). L'ereditarietà e eventi traumatici infantili potrebbero quindi influire nell'insorgenza della fibromialgia. Eventi traumatici successivi non potrebbero, dunque, essere “superati” ed innescherebbero spirali affettive e cognitive che spesso si configurerebbero in un vero e proprio PTSD. A questo punto, modificazioni progressive di tipo psicologico e, allo stesso tempo neuroendocrino, neuroimmunologico e neurobiologico, creerebbero una modificazione stabile dei sistemi di risposta allo stress e di quelli implicati nella percezione, trasmissione ed elaborazione del dolore. Tale condizione psicobiologica sfocerebbe, infine, in un disturbo da sensibilizzazione centrale, con il contributo di fattori precipitanti quali infezioni, prolungato affaticamento fisico, stress psico-sociali (Van Houdenhove et al, 2004). Si tratta, naturalmente, di una ricostruzione ipotetica che richiederebbe ulteriori indagini, specie di tipo prospettico. Haviland Mark e coll. (2010) hanno preso in esame l'ipotetico legame fra eventi traumatici, o stressanti, e fibromialgia. Dal suo studio che ha preso in considerazione 10.000 persone, di cui i due terzi sono donne ha evidenziato come due tipi di esperienza traumatica siano associati in misura statisticamente significativa alla diagnosi di fibromialgia: l'abuso sessuale e l'aggressione fisica. Gli autori precisano che l'evento traumatico non provoca direttamente fibromialgia ma un trauma o uno stress intenso e prolungato modificherebbe i circuiti cerebrali che modulano le emozioni e la percezione del dolore, il che spiegherebbe la iperattività dei/delle pazienti agli stimoli algici e le comorbilità osservate. Ciò di cui gli autori non parlano è il ruolo giocato dall'infiammazione nella patogenesi traumatica della fibromialgia. Quando una persona viene sottoposta a un grave trauma di natura fisica o sessuale tende a sviluppare la “sindrome post-trauamtica da stress”. Una delle caratteristiche di questa patologia è che, negli incubi

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notturni che rievocano l'evento, la persona rivive a livello biologico tutte le emozioni negative che l'hanno contraddistinta, e riattiva la risposta neurovegetativa provocata dal pericolo corso, con il suo carico di paura e di angoscia di morte. L'attivazione del sistema di allarme determina un picco di valore negli ormoni dello stress (adrenalina e cortisolo), della pressione arteriosa, nella tensione muscolare e nelle citochine pro-infiammatorie. Il ripetersi di queste rievocazioni porta a un'infiammazione cronica del sistema muscolare, con fibromialgia, astenia, disturbi del sonno e dell'umore. In questo senso, la fibromialgia e le sue comorbilità possono essere lette come un epifenomeno somatico di una sofferenza sistemica dovuta a traumi pregressi. Si può quindi ipotizzare che il dolore morale e le alterazioni cerebrali ad esso conseguente possono modificare sistemi neuroendocrini così come aree di percezione del dolore.

Settanta pazienti con FM, diagnosticata secondo i criteri dell'American College of Rheumatology, sono stati arruolati consecutivamente presso l'Unità di Reumatologia dell'Università di Pisa. Lo scopo di questo studio è quello di studiare il potenziale impatto nel ciclo di vita di eventi traumatici, tra cui perdite e dei sintomi di stress post-traumatico, sulla gravità della malattia e la salute connessi alla qualità della vita nei pazienti con fibromialgia.

I pazienti con Fibromialgia sono stati valutati con il Structured Clinical Interview per i disordini di Asse I del DSM- IV (SCIDI-I/P), il Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), il Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ) e il Medical Outcomes Study Short Form-36 Health Survey ( MOS-SF-36).

Lo SCID-I/P è somministrato da psichiatri che sono addestrati e certificati per l'uso degli strumenti di studio presso il Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie dell'Università di Pisa.

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Il TALS-SR è un questionario che esplora l' esperienza di vita di una serie di perdite e / o eventi potenzialmente traumatici , come pure una serie di sintomi che si verificano a seguito dell'evento traumatico. E' composto di 116 items raggruppati in nove domini: il dominio di eventi di perdita, reazione al dolore, eventi potenzialmente traumatici, reazioni alla perdita o a eventi sconvolgenti, rivivere il trauma, avoidance, ipereccitazione, coping maladattivo e caratteristiche personali- fattori di rischio.

Il FIQ è un breve strumento di auto-somministrato, progettato per valutare l'impatto complessivo di FM tra le tante dimensioni della qualità di vita correlata alla salute (HRQoL). Le dimensioni dolore e la fatica sono misurati con una scala analogica visiva (VAS), in cui i pazienti hanno riferito la gravità del dolore o di fatica come un punteggio da 0 (corrisponde s "assenza") a 10 (corrisponde a "molto grave").

Il MOS SF-36 è un questionario auto-somministrato utilizzato per valutare lo stato di salute generale e la HRQoL . Si compone di 36 articoli , di cui 35 sono raggruppati in 8 multi- elemento scale che misurano : funzione fisica, ruolo fisico, sofferenza corporea, salute generale, vitalità, funzionamento sociale, ruolo emozionale e salute mentale.

I punteggi totali FIQ erano significativamente correlati al dominio TALS-EL I (eventi di perdita) , II (sofferenza reazioni) e V (eventi potenzialmente traumatici).

I risultati di questo studio confermano l'impatto dell'esposizione al trauma durante la vita, comprese le perdite e i sintomi di spettro post-traumatico, sulla gravità del dolore e della fatica, nei pazienti con fibromialgia. C'è una correlazione significativa tra l'impatto globale sulla HRQoL di FM, misurata mediante il punteggio totale FIQ, e il numero di perdite e i sintomi di dolore non risolto, codificati nel TALS - SR, che i pazienti possono riscontrare nella vita. Il lutto infatti è uno degli eventi più angoscianti della vita di una persona e la perdita di una persona cara è stata associata a

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significativa morbilità e mortalità, e con disturbi dell'umore e d'ansia . La letteratura mette in evidenza l'importanza dei sintomi irrisolti o di un dolore complicato, che si può sviluppare in percentuali tra il 10 e il 20 % dei soggetti in lutto e sono relativi a significati disagi e svalutazioni.

Per questi motivi, il dolore complicato era stato preso in considerazione per l'inclusione nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DMS - V) e Classificazione Statistica Interna delle Malattie e problemi correlati alla salute , undicesima revisione (ICD - 11) . I nostri risultati confermano l'impatto delle perdite e dei sintomi di dolore complicato sulla HRQoL dei pazienti con FM . Nel discutere questo risultato c'è una limitazione importante dello studio che dovrebbe essere preso in considerazione ovvero che il nostro campione comprendeva solo donne. Questo risultato però è in accordo con la letteratura della FM, mostrando tassi significativamente più elevati della malattia tra le donne con percentuali fino al 90 %. Similmente, il dolore complicato colpisce soprattutto le donne in lutto rispetto agli uomini , quindi può avere un impatto sui tassi elevati dei sintomi di dolore complicato segnalati.

In conclusione, i risultati del presente studio sembrano confermare una relazione tra stress e FM, in particolare suggeriscono il ruolo importante che ha anche il minor trauma, compresi eventi di perdita e di sintomatologia sottosoglia da stress post-traumatico . Pertanto, sono necessari ulteriori studi per approfondire questa relazione su campioni di maggiore dimensione.

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2. LA SCHEMA THERAPY

La Schema Therapy è stata sviluppata da Jeffrey E. Young e colleghi (1990-1999), e consiste in un modello teorico e approccio terapeutico innovativo che integra e amplia la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Le teorie su cui si basa prendono spunto da diversi modelli teorici come l'attaccamento, la teoria costruttivista, la scuola psicoanalitica e quella della Gestalt.

Questo tipo di approccio è rivolto in particolare ai pazienti affetti da problematiche psicologiche ben radicate, come ad esempio i disturbi di personalità.

Si differenzia dalla CBT per alcuni presupposti che vengono a mancare in coloro che presentano tratti patologici di personalità come:

– la capacità del paziente di aderire al protocollo di trattamento. In terapia cognitivo-comportamentale, si parte dal principio che il paziente sia motivato ad affrontare il percorso di riduzione dei sintomi e capace di seguire il percorso terapeutico.

– la capacità di imparare tempestivamente a riconoscere, e riferire al terapeuta, i pensieri e le emozioni.

– essere in grado di modificare i comportamenti disfunzionali e i pensieri negativi attraverso l'applicazione di tecniche come l'ABC, la ristrutturazione cognitiva, l'esposizione alle situazioni temute.

– Infine, l'ultimo fattore da prendere in esame è la relazione terapeutica che non è considerato un “elemento attivo” del trattamento. L'assunto di base è che, trovandoci di fronte un paziente motivato e collaborativo, si possa sviluppare anche una buona intesa in poche sedute, cosa che non avviene dei disturbi di personalità, a causa della difficoltà cronica che hanno nelle

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relazioni interpersonali (Millon, 1981).

In conclusione, la CBT è stata concepita per trattare quei casi che presentano una sintomatologia facilmente identificabile.

2.1 Lo sviluppo della Schema Therapy

Young (1991-1999) ha sviluppato la Schema Therapy per allargare i confini della CBT tradizionale, per tutte le ragioni che abbiamo fin qui analizzato. A differenza della CBT, la Schema Therapy, dà molta più importanza all'analisi delle diverse fasi dello sviluppo del disturbo, alla sfera emotiva, alla relazione terapeutica e alle modalità di coping disfunzionali.

Si è dimostrata efficace nei trattamento dei problemi cronici di ansia e depressione, dei disturbi alimentari, problematiche di coppia e delle difficoltà razionali, oltre che al percorso di riabilitazione dei criminali e prevenzione di ricaduta nei tossicodipendenti.

Questo nuovo approccio terapeutico è centrato sulla individuazione e la modificazione di alcuni aspetti psicologici, chiamati “schemi maladattivi precoci” (SMP). Il terapeuta che applica la Schema Therapy cerca di ricostruire lo sviluppo di questi schemi della prima infanzia e al presente, facendo particolare attenzione, alle relazioni interpersonali del paziente. Il paziente, con questo modello, riesce a rendere egodistonici i propri tratti di personalità disfunzionali e di conseguenza a modificarli.

2.2 Gli Schemi Maladattivi Precoci (SMP)

In psicologia, il concetto di schema rappresenta la struttura che l'individuo utilizza per interpretare la realtà e le esperienze vissute e di cui si avvale per

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trovare delle spiegazioni, per filtrare le percezioni e per guidare le proprie emozioni. È dunque una rappresentazione astratta delle caratteristiche di un evento, una sorta di traccia dei suoi elementi più rilevanti (Young, 1990-1999). Lo schema, in psicologia, è comunemente associato a Piaget, che ha descritto gli schemi che caratterizzano le diverse fasi dello sviluppo cognitivo infantile.

In ambito cognitivista, è definito come un piano cognitivo astratto teso all'interpretazione delle informazioni e risoluzioni dei problemi. Anche Beck (1967) ha utilizzato il concetto di schema fin dall'inizio.

Ad ogni modo, si tende a definire schema qualunque principio organizzativo tramite il quale l'individuo può interpretare le esperienze vissute. É noto che, gli schemi che si formano solitamente durante l'infanzia, tendono a riattivarsi durante le esperienze vissute in età adulta. Questo fenomeno ha la funzione di mantenere una certa stabilità nella visione di se stessi e del mondo, anche quando questa visione risulta inappropriata o distorta.

Secondo Young (1990,1999), gli schemi maladattivi, che si svilupperebbero in seguito ad un'esperienza negativa vissuta durante l'infanzia, potrebbero essere all'origine dei tratti di personalità patologica o dei veri e propri disturbi di personalità, nonché di molte patologie croniche, inquadrabili nel vecchio Asse I del DSM IV. Per sviluppare questa teoria, Young ha individuato un gruppo di schemi che ha classificato come schemi maladattivi precoci (SMP).

Uno schema maladattivo precoce è:

• un concetto o un modello omnicomprensivo;

• formato di ricordi, emozioni, pensieri e sensazioni somatiche; • sviluppato durante l'infanzia o nell'adolescenza;

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• utilizzato per comprendere se stessi e il rapporto con gli altri; • presente in tutte le fasi della vita;

• poco funzionale.

Un SMP, in sintesi, è una struttura emotiva e cognitiva disfunzionale, che si consolida nelle prime fasi dello sviluppo e si mantiene per tutta la vita. È importante notare, come in questa definizione, il comportamento di un individuo non faccia parte dello schema. Young considera i comportamenti maladattivi delle risposte ad uno schema che sono innescate dallo schema ma non ne fanno parte.

Gli schemi hanno la caratteristica di riattivarsi in età adulta di fronte a situazioni che ritiene inconsciamente simili alle esperienze traumatiche vissute nell'infanzia. Non tutti gli schemi però hanno origine da un trauma o da un maltrattamento, la maggior parte sono causati da esperienze nocive che si protraggono per tutta la durata dell'infanzia e adolescenza.

Essi sono resistenti al cambiamento; questo è dovuto al bisogno di coerenza insito nell'essere umano: sono infatti qualcosa di ben conosciuto dal soggetto e, pur essendo fonte di sofferenza, risultano sicuri, familiari, verità assolute. Le persone sono attratte proprio dalle situazioni che attivano gli SMP ed è per questo che sono difficili da modificare.

Gli schemi giocano, quindi, un ruolo fondamentale nel modo di pensare, sentire e relazionarsi con gli altri e, paradossalmente, inducono il paziente a ricreare senza volere lo stesso tipo di situazioni che lo hanno ferito maggiormente da bambino. La natura invalidante degli schemi, abitualmente, si fa notare in età adulta, quando il paziente inizia a manifestarli nei rapporti interpersonali; essi infatti sono all'origine di disturbi cronici come ansia, depressione, tossicodipendenza e disturbi psicosomatici.

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La gravità di uno schema è direttamente proporzionale al numero di situazioni capaci di riattivarlo. Ad esempio critiche aspre e ricorrenti da parte di entrambi i genitori, tenderà ad esperire lo schema di Inadeguatezza ogni qual volta si troverà a contatto con le altre persone.

2.3 Come si sviluppano i bisogni primari 2.3.1 I bisogni primari

Il presupposto è che gli schemi derivino dalla frustrazione, durante l'infanzia, di almeno uno dei cinque bisogni primari1 dell'individuo. Young li suddivide in cinque gruppi:

• attaccamento sicuro con gli altri (bisogno di protezione, stabilità cura e accettazione);

• autonomia, senso di competenza e di identità;

• libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali; • spontaneità e gioco;

• limiti realistici e autocontrollo.

A ciascuno di questi gruppi corrisponde un dominio, dove per dominio si intende un insieme di schemi disfunzionali che originano frustrazione dei bisogni corrispondenti.

1 La presente lista è supportata da svariate teorie e osservazioni condotte da A.Carrozza,

N.Marsigli e G.Melli, (curatori dell'edizione italiana di “Schema Therapy” edita da Eclipsi.). Anche l'elenco dei domini degli schemi, spiegati successivamente, rimane aperto ad eventuali modifiche.

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La tabella mostra i domini e i rispettivi bisogni non soddisfatti.

Bisogni emotivi Dominio

Attaccamento sicuro con gli altri I: Distacco e Rifiuto Autonomia, senso di competenza e

di identità

II: Mancanza di autonomia e abilità Limiti realistici e autocontrollo III: Mancanza di regole

Libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali

IV: Eccessiva attenzione ai bisogni degli altri

Spontaneità e gioco V: Ipercontrollo e inibizione

Una persona con buona salute mentale è capace di trovare strategie funzionali per il soddisfacimento dei propri bisogni emotivi primari.

L'interazione tra l'ambiente in cui cresce e il temperamento del bambino può portare alla frustrazione, piuttosto che alla soddisfazione dei suoi bisogni primari.

2.3.2 Le esperienze della prima infanzia

Gli SMP si associano alle esperienze negative vissute durante l'infanzia. Generalmente le modalità con cui il bambino si approccia al mondo esterno coincidono con le dinamiche che ha vissuto nel contesto familiare, in particolare nella relazione con i genitori. Altri fattori, come le amicizie, l'ambiente scolastico, il gruppo dei pari e i condizionamenti sociali, diventano importanti quando il bambino cresce e possono diventare responsabili dello sviluppo di alcuni schemi.

Sono stati individuati quattro tipi di esperienze che forniscono la formazione di SMP (Young, Klosko e Weishaar, 2003):

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- Frustrazione dei bisogni primari; porta allo sviluppo di schemi come quello della Deprivazione emotiva o dell'Abbandono.

- Trauma o maltrattamento; il bambino viene ferito emotivamente o maltrattato e svilupperà schemi del tipo Sfiducia/Abuso, Inadeguatezza/Vergogna o Vulnerabilità.

- Eccessive attenzioni; i genitori riversano su di lui eccessive manifestazioni d'affetto e di stima, contribuendo allo sviluppo di schemi come Dipendenza/Incompetenza o Petrese/ Grandiosità.

- Interiorizzazione con un familiare; il bambino sceglie il genitore con cui identificarsi e ne introietta i pensieri, emozioni, esperienze e comportamenti.

Un bambino che ha vissuto almeno una di queste esperienze non necessariamente svilupperà lo schema, diventando per esempio un bambino poco affettuoso. Come vedremo più avanti, questi bambini potrebbero reagire, per esempio, alla deprivazione emotiva diventando premurosi o al contrario esigenti e autoritario.

2.3.3 Il temperamento

Lo sviluppo di uno schema non è determinato esclusivamente dall'ambiente nel quale trascorre i primi anni dell'infanzia. Il suo temperamento di base può giocare un ruolo fondamentale. L'importanza dei fattori biologici nello sviluppo della personalità è documentata da Kagan (Kagan, Reznick e Snidman, 1988), che ha messo in evidenza come i tratti distintivi del temperamento siano indiscutibilmente stabili nel corso di tutta la vita di un individuo.

Esistono alcuni aspetti del temperamento che sembrano essere innati e che la psicoterapia, da sola, difficilmente può modificare:

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• pessimismo/ottimismo • emotività/mancanza di emotività • ansia/calma • passività/aggressività • irritabilità/pacatezza • introversione/estroversione • ossessività/superficialità

A seconda del temperamento di base, un bambino sarà più esposto di un altro a determinate situazioni; ad esempio un bambino agitato sarà più capace di suscitare la rabbia di un genitore violento, piuttosto che un bambino calmo. Il temperamento può determinare anche il grado di sensibilità di un bambino di fronte a determinati avvenimenti o, al contrario, sarà il contesto familiare particolarmente favorevole/ avverso ad influenzare il temperamento.

2.4 Classificazione degli Schemi Maladattivi Precoci

Nel modello a cui si fa riferimento, sono stati individuati diciotto schemi, classificati in cinque categorie, chiamate “domini degli schemi”, per indicare i bisogni frustrati che sottostanno allo schema.

Dominio Schemi disfunzionali

Distacco e rifiuto Abbandono /Instabilità Sfiducia/Abuso

Deprivazione emotiva Inadeguatezza/Vergogna

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Mancanza di autonomia e abilità Dipendenza/Incompetenza

Vulnerabilità al pericolo o alle malattie

Invischiamento/Sé poco sviluppato Fallimento

Mancanza di regole Pretese/Grandiosità

Autocontrollo o autodisciplina insufficienti

Eccessiva attenzione ai bisogni altrui

Sottomissione Autosacrificio

Ricerca di approvazione o riconoscimento

Ipercontrollo e inibizione Negatività/Pessimismo Inibizione emotiva

Standard severi/ Ipercriticismo Punizione

Dominio I: Distacco e rifiuto

Le persone che presentano gli schemi di questa categoria sono incapaci di stabilire relazioni sicure e appaganti, perché sono convinti che il loro bisogno di cura, amore, empatia, accettazione e stabilità non sarà mai soddisfatto. La tipica famiglia di origine di questi soggetti è distaccata, fredda, rifiutante, poco socievole o abusante.

Da questo dominio, in particolare dai primi quattro schemi, si originano alcune tra le più gravi malattie, in quanto la maggior parte delle persone con questi schemi ha subito un trauma nell'infanzia e tende a passare da una relazione disastrosa all'altra o evitare qualsiasi tipo di rapporto. In questi

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casi, il rapporto terapeuta-paziente è uno strumento terapeutico molto importante.

Abbandono/Instabilità

Questo schema comporta la sensazione che i legami affettivi con le persone fondamentali siano instabili; pensano che, prima o poi, l'altro lo abbandonerà o sostituirà con qualcuno migliore di loro, considerano tutte le relazioni imprevedibili, destinate a morire.

Sfiducia/Abuso

Chi presenta questo schema ha la convinzione che gli altri si approfitteranno di loro, lo umilieranno e feriranno oppure gli mentiranno. Il soggetto crede che il danno causato dagli altri sia intenzionale o che scaturisca da una loro ingiustificata ed eccessiva negligenza. Si può sentire ferito o credere di essere sempre l'unica a rimetterci.

Deprivazione emotiva

Questi soggetti hanno la sensazione che i propri bisogni emotivi non verranno adeguatamente soddisfatti nelle relazioni con gli altri. Le tre principali forme di deprivazione sono:

1. carenza di cure (mancanza di affetto o attenzione)

2. carenza di empatia (mancanza di ascolto e comprensione)

3. carenza di protezione (mancanza di persone forti o capaci di fungere da guida).

Inadeguatezza/Vergogna

Chi presenta questo schema ha sensazione di essere sbagliato, inadeguato, poco desiderato e carente in alcuni ambiti fondamentali della propria vita ed è convinto che, se si mostrasse veramente per quello che è, le persone a lui

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care non lo amerebbero più. Di solito si vergogna dei difetti che sono convinti di avere, nascosti (egoismo, impulsi aggressivi) o manifesti (aspetto fisico, difficoltà a socializzare) che siano.

Esclusione sociale/Alienazione

Al di fuori del contesto familiare, questi soggetti si sentono diversi o incompatibili con gli altri e questo gli impedisce di sentirsi parte di qualsiasi gruppo o comunità.

Dominio II: Mancanza di autonomia e abilità

Per autonomia si intende la capacità di una persona di staccarsi dalla famiglia d'origine e di crearsi un vita indipendente, in relazione all'età. I soggetti che presentano questi schemi hanno delle aspettative nei confronti di se stessi e del mondo che interferiscono con la capacità di differenziarsi dalle figure genitoriali e crearsi autosufficienza. In linea di massima queste persone crescono in famiglie invischiate o iperprotettive, intervenendo in ogni situazione al loro posto. Molto raramente, ritroviamo soggetti che hanno vissuto l'esperienza opposta, ovvero di una famiglia che li trascurava e a stento si curava di loro.

I genitori di queste persone, nel passato, sono stati inadeguati a fornire stimoli sufficienti per consentire loro di vivere in modo opportuno all'esterno dell'ambito familiare, minacciando la loro autostima. Di conseguenza questi soggetti non sono capaci di crearsi un'identità, a porsi degli obiettivi né di acquisire attitudini necessarie al loro conseguimento: essi rimangono, in effetti, dei bambini.

Dipendenza/Incompetenza

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giorni senza un aiuto determinante da parte degli altri. Si sentono incompetenti nel gestire il denaro, i problemi pratici, assumere impegni o decisioni. Spesso lo schema è accompagnato da un senso di impotenza o eccesso di dipendenza.

Vulnerabilità al pericolo o alle malattie

Consiste nel timore eccessivo che possa accedere, da un momento all'altro, qualcosa di catastrofico e nella convinzione di non essere in grado di gestire la situazione. Le paure sono generalmente incentrate sulle seguenti tipologie di catastrofi: emotive (perdita di controllo o ragione, ecc.), mediche (infarto, malattie come l'Aids, ecc.) o esterne (catastrofi naturali, incidenti, atti criminali, ecc.).

Invischiamento/Sé poco sviluppato

I soggetti con questo schema non riescono a sviluppare una piena identità ed a raggiungere un adeguato inserimento sociale a causa del coinvolgimento eccessivo in una o più relazioni affettive con persone care (per lo più con i genitori). Talvolta, lo schema, porta ad una sensazione di immedesimazione con gli altri e a ritenere di non poter vivere senza l'altra persona. Tendono a sviluppare sensazioni vuoto, a sentirsi disorientate e, in casi estremi, a dubitare della propria esistenza.

Fallimento

Lo schema si fonda con la convinzione che qualsiasi tentativo di raggiungere un obiettivo (professionale, sportivo, scolastico) finirà con un insuccesso. I soggetti hanno la sensazione di essere inferiori ai propri pari nel raggiungere gli obiettivi, ritenersi poco intelligenti, privi di talento e, di conseguenza, destinati al fallimento.

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Dominio III: Mancanza di regole

Chi rientra in questo dominio non ha sviluppato regole adeguate in ambito relazionale e interpersonale. Hanno problemi a rispettare gli altri, ad assolvere gli impegni e a raggiungere obiettivi a lungo termine. Appaiono come persone egoiste o narcisiste.

Di solito sono cresciuti in una famiglia indulgente e permissiva2, esonerati dal seguire le regole generali di comportamento. Così, da adulti non sono in grado di frenare gli impulsi e a rinunciare a gratificazioni immediate.

Pretese/ grandiosità

Chi presenta questo schema è caratterizzato da una sensazione di superiorità, che porta a prendersi dei privilegi speciali senza rispettare le regole di reciprocità che sono alla base dei rapporti sociali. È convinto di poter fare tutto, anche a discapito degli altri, ha spesso un atteggiamento esigente o dominante ed è evidentemente poco empatico.

Autocontrollo o autodisciplina insufficienti

I pazienti con questo schema non esercitano un autocontrollo sufficiente e non riescono a tollerare la frustrazione e gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano nel raggiungimento degli obiettivi personali. Esprimono senza nessun controllo emozioni e impulsi e, quando lo schema è poco marcato, tendono ad evitare ogni disagio, cercando di sfuggire alla maggior parte dei confronti e responsabilità.

Dominio IV: Eccessiva attenzione ai bisogni degli altri

Chi ha uno o più schemi di questo dominio, mostra un'eccessiva attenzione 2 L'atteggiamento pretenzioso può anche provenire da un meccanismo di ipercompensazione

derivato da un altro schema, come quello della Deprivazione Emotiva. In questo caso l'eccessiva indulgenza della famiglia non è un fattore determinante.

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ai sentimenti, desideri e reazioni degli altri, trascurando i propri, con l'obiettivo di conquistare l'approvazione degli altri e mantenere le relazioni interpersonali. Da bambini, è stato negata la libertà di seguire le proprie inclinazioni e sono stati iperprotetti da una famiglia che interveniva in ogni situazione, sostituendosi a loro, e dotata di un accettazione incondizionata: per ricevere amore o essere approvato, il bambino è indotto ad enfatizzare alcuni aspetti principali della sua personalità.

Sottomissione

I pazienti con questo schema lasciano altri la capacità di controllo poiché si sentono obbligati a farlo e si sottomettono, allo scopo di evitare le reazioni aggressive o l'abbandono dell'altro. Le due forme principali sono: la sottomissione dei bisogni, che consiste nel sopprimere le preferenze e i desideri; la sottomissione delle emozioni, dove sono le reazioni emotive, in particolare la rabbia, ad essere represse.

Questa impostazione porta le persone a considerare i propri bisogni sbagliati e privi di valore che a sua volta si trasforma in un'eccessiva disponibilità, nell'ansia di piacere ed a forzarsi a fare ciò che vogliono gli altri. In conclusione, tutto ciò si trasforma in una sensazione di rabbia che si manifesta attraverso sintomi maladattivi.

Autosacrificio

Questi soggetti rinunciano spontaneamente alle gratificazioni personali per soddisfare le esigenze altrui. Il loro scopo è quello di non far soffrire gli altri, evitare i sensi di colpa, rinforzare l'autostima e difendere il legame affettivo con le persone importanti. Non soddisfano i propri bisogni per occuparsi delle sofferenze altrui, e questo creano un profondo risentimento.

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