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Valutazione delle alterazioni clinico-patologiche in cani affetti da IMHA e utilità dell'emotrasfusione: studio retrospettivo

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Tesi di Laurea A.A. 2017-2018

Valutazione delle alterazioni clinico-patologiche

in cani affetti da IMHA e utilità

dell’emotrasfusione: studio retrospettivo

Relatore Correlatore

Prof. George Lubas Dott.ssa Alessandra Gavazza

Candidata

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~ 3 ~

A Bambi

“Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere”

(Madre Teresa di Calcutta)

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~ 5 ~

Sommario

RIASSUNTO ANALITICO ... 11 ABSTRACT ... 13 INTRODUZIONE ... 15 Parte Generale ... 17 CAPITOLO 1 ... 18

ANEMIA EMOLITICA IMMUNO-MEDIATA (IMHA) ... 18

1.1.1 - Definizione e classificazione dell’IMHA ... 18

1.1.2 - Cause dell’IMHA ... 20

1.1.3 - Eziopatogenesi ... 22

1.1.4 - Fisiopatologia dell’emolisi ... 25

1.1.5 - Emolisi intravascolare ... 27

1.1.6 - Emolisi Extravascolare... 27

1.2 - CARATTERISTICHE CLINICHE DELL’IMHA PRIMARIA ... 28

1.2.1 - Segnalamento e predisposizione ... 28

1.2.2 - Reperti anamnestici ... 30

1.2.3 - Esame clinico ... 31

1.2.4 - Alterazioni ematologiche in corso di IMHA ... 32

1.2.5 - Alterazioni del profilo coagulativo in corso di IMHA ... 34

1.2.6 - Alterazioni del profilo biochimico ed esame delle urine in corso di IMHA ... 35

1.3 - DIAGNOSI DI IMHA PRIMARIA ... 37

1.3.1 - Esame microscopico dello striscio ematico ... 37

1.3.2 - Test di Coombs ... 42

1.3.3 - Citometria a Flusso ... 44

1.3.4 - Gel Test in Microcolonne ... 45

1.3.5 - Immunocromatografia ... 45

(6)

~ 6 ~

1.4.1 - Esame del midollo osseo ... 45

1.4.2 - Diagnostica per immagini ... 46

1.5 - ALTERAZIONE COAGULATIVE IN CORSO DI IMHA ... 46

1.6 - PROGNOSI E TASSO DI MORTALITA’ ... 48

1.7 - FATTORI PROGNOSTICI ... 50

1.7.1 - Autoagglutinazione ... 50

1.7.2 - Gravità dell’anemia ... 50

1.7.3 - Trombocitopenia ... 51

1.7.4 - Assenza di rigenerazione eritroide ... 51

1.7.5 - Leucocitosi con shift a sinistra ... 51

1.7.6 - Iperbilirubinemia ... 52

1.7.7 - Ipoalbuminemia ... 52

1.7.8 - Ipokaliemia ... 52

1.7.9 - Aumentata attività sierica della creatininchinasi ... 53

1.7.10 - Aumentata concentrazione sierica di urea e/o creatinina ... 53

1.7.11 - Aumentata attività sierica della fosfatasi alcalina ... 53

1.7.12 - Alterazione dei parametri della coagulazione ... 54

1.8 - SISTEMI DI STADIAZIONE ... 54

1.8.1 - Sistema CHAOS ... 54

1.8.2 - Sistema Tokyo Score ... 55

1.9 - TRATTAMENTO DELL’IMHA ... 55

1.9.1 - Controllo dell’emolisi ... 56

1.9.2 - Prevenzione dei danni tissutali dovuti all’anemia ... 61

1.9.3 - Prevenzione del tromboembolismo... 62

1.10 - ALTERAZIONI DELLO STRISCIO EMATICO IN CORSO DI IMHA ... 63

CAPITOLO 2 ... 66

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~ 7 ~

2.1 - Tipizzazione dei gruppi sanguigni... 66

2.2 - Prove di compatibilità crociata ... 67

2.3 - Scelta del prodotto trasfusionale ... 68

2.4 - Scelta di trasfondere ... 69 CAPITOLO 3 ... 71 RATIO LEUCOCITARI ... 71 Parte Sperimentale ... 77 CAPITOLO 4 ... 79 OBIETTIVI ... 79 CAPITOLO 5 ... 80 MATERIALI E METODI ... 80 5.1 – CASI CLINICI ... 80 5.1.1 – Informazioni raccolte ... 81

5.2 – STRUMENTI E TECNICHE IMPIEGATI PER GLI ESAMI DI LABORATORIO (in uso nel laboratorio di Patologia Clinica Veterinaria, PCV)... 82

5.2.1 – Emocromo ed esame microscopico dello striscio ematico ... 82

5.2.2 – Profilo biochimico... 84

5.2.3 – Profilo coagulativo ... 85

5.2.4 – Esame delle urine ... 85

5.3 – CLASSIFICAZIONE DELL’ANEMIA ... 86

5.4 – STADIAZIONE DELLA MALATTIA ... 87

5.5 – FATTORI PROGNOSTICI ... 87

5.6 – ORGANIZZAZIONE DEI DATI ... 88

5.7- ANALISI STATISTICHE... 90

CAPITOLO 6 ... 92

RISULTATI ... 92

(8)

~ 8 ~

6.2 – ALTERAZIONI CLINICO-PATOLOGICHE ... 96

6.2.1 –Emogramma ... 96

6.2.2 – Alterazioni Morfologiche Eritrocitarie ... 104

6.2.3 – Ratio ... 107

6.2.4 – Profilo Biochimico ... 110

6.2.5 – Profilo Coagulativo ... 118

6.2.6 – Esame delle urine ... 120

6.3 – SOPRAVVIVENZA ... 123

CAPITOLO7 ... 127

DISCUSSIONI ... 127

7.1 – PAZIENTI ... 127

7.1.1 – Criteri di inclusione ed esclusione ... 127

7.1.2 – Raccolta delle informazioni ... 128

7.2 - SEGNALAMENTO ... 128 7.3 – ALTERAZIONI CLINICO-PATOLOGICHE ... 130 7.3.1 - Emogramma completo ... 130 7.3.2 – Ratio Leucocitari ... 135 7.3.3 – Profilo Biochimico ... 137 7.3.4 - Profilo coagulativo ... 146

7.3.5 – Esame delle urine ... 148

7.4 - TASSI DI SOPRAVVIVENZA ... 151

CAPITOLO 8 ... 154

CONCLUSIONI ... 154

INDICE DELLE FIGURE ... 159

INDICE DELLE TABELLE ... 160

INDICE DEI GRAFICI ... 162

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~ 9 ~

(10)
(11)

~ 11 ~

RIASSUNTO ANALITICO

Valutazione delle alterazioni clinico-patologiche in cani affetti da IMHA e utilità dell’emotrasfusione: studio retrospettivo

Background: L’anemia emolitica immunomediata (IMHA) primaria e secondaria è la

malattia immunoematologica più comune del cane ed è caratterizzata dalla produzione di anticorpi antieritrocitari. La IMHA richiede un articolato percorso diagnostico e un approccio terapeutico multi-integrato. Infine, presenta un tasso di mortalità elevato soprattutto nei primi 15 giorni dall’insorgenza.

Obiettivi: Questo studio retrospettivo si propone di valutare: a) come avviene la scelta di

emotrasfondere in un paziente affetto da IMHA, considerando le sue alterazioni cliniche e clinico-patologiche; b) se la trasfusione può essere considerata un supporto terapeutico vantaggioso, paragonando i tempi di sopravvivenza dei pazienti trasfusi con quelli trattati con la sola terapia immunosoppressiva.

Materiali e metodi: Sono stati inclusi 67 casi di IMHA, primaria e secondaria, esaminati nel

periodo tra Maggio 2010 e Luglio 2018. Sono state raccolte ed analizzate informazioni relative a: segnalamento, anamnesi, principali dati clinici, esami di laboratorio e tempi di sopravvivenza. La popolazione è stata suddivisa in due gruppi: 44 pazienti non trasfusi e 23 che hanno subito, in aggiunta al classico piano terapeutico, l’emotrasfusione. Essi sono stati comparati statisticamente per tutti i parametri raccolti.

Risultati: I pazienti trasfusi rispetto a quelli non trasfusi presentavano: un punteggio peggiore

secondo il sistema Tokyo Score (P=0,003), una inferiore conta eritrocitaria (P=0,039), tasso di emoglobina (P=0,029) e conta piastrinica (P= 0,008); un valore più elevato dei neutrofili banda (P= 0,022), del band neutrophil to lymphocyte ratio (P= 0,005), del (band n./neutrophil) to lymphocyte ratio (P= 0,006) ed un valore più basso del lymphocyte to monocyte ratio (P= 0,013); un valore più elevato della proteina C reattiva (P=0,011) e del tempo di tromboplastina parziale attivata (P= 0,014), un valore più basso dei trigliceridi (P= 0,013) e un tasso di sopravvivenza a 120 giorni minore (P= 0,004).

Conclusioni: Secondo il sistema Tokyo Score, i pazienti trasfusi presentavano una forma

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~ 12 ~

i pazienti trasfusi presentavano una percentuale maggiore di decessi, rispetto agli altri e i loro tassi di sopravvivenza a 120 giorni erano differenti statisticamente. In conclusione, la scelta di trasfondere è ricaduta su quei pazienti che presentavano un quadro clinico e clinico-patologico più grave, in presenza di un quadro infiammatorio più acuto e con maggiori difetti coagulativi. La percentuale così elevata dei soggetti deceduti tra i cani trasfusi, evidenzia che l’emotrasfusione sia stata fatta soltanto in pazienti molto critici, senza poter documentare il beneficio sperato. Non si può escludere, altresì, che la trasfusione possa aver peggiorato la loro condizione clinica. Infine, per la prima volta, sono stati valutati i ratio leucocitari nell’IMHA nel cane e si sono dimostrati utili markers di infiammazione acuta.

Parole chiave: studio retrospettivo, cane, anemia emolitica immunomediata, emotrasfusione,

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~ 13 ~

ABSTRACT

Evaluation of clinical-pathological alterations in dogs with IMHA and benefits of a blood transfusion: a retrospective study

Introduction: The most common type of immune-haematological disease in dogs is

Immune-Mediated Hemolytic Anaemia (IMHA). It can be primary or secondary and it is characterized by the production of anti-RBC antibodies. IMHA requires a detailed diagnostic pathway as well as a complex therapeutic approach. Unfortunately, IMHA presents a high mortality rate, especially in the first 15 days of development.

Objectives: This retrospective study will be aimed to evaluate: a) how the choice to perform

a blood transfusion in an IMHA patient is made, considering the clinical and clinical-pathological alterations; b) if blood transfusion could be considered a appropriate additional therapeutic approach, comparing the average survival rate of transfused patients with the patients treated with immunosuppressive therapy alone.

Materials and Methods: Sixty-seven cases of IMHA, primary and secondary, collected

between May 2010 and July 2018 were included. Signalment, history, clinical signs, laboratory tests and survival rate were collected and analyzed. The IMHA patients were divided in two groups: 44 patients treated with immunosuppressive therapy alone and 23 patients, which in addition to a classical therapeutic approach, received a blood transfusion. For all collected parameters, both groups were statistically compared.

Results: The transfused patients compared to patients without any blood transfusion,

presented: a worse mark (P=0,003) according to Tokio Score System, a lower erythrocyte count (P=0,039),hemoglobin concentration (P=0,029) and platelet count (P=0,008); a higher value count of band neutrophils (P=0,022), band neutrophil to lymphocyte ratio (P=0,005), (band neutrophil/neutrophil) to lymphocyte ratio (P=0,006) and a lower value of lymphocyte to monocyte ratio (P=0,013); a higher value of C-reactive protein (P=0,011) and activated partial thromboplastin time (P=0,014), a lower value of triglycerides (P=0,013) and a lower survival rate at day 120 (P=0,004).

Conclusions: According to the Tokyo Score System, transfused patients had a more severe

form of IMHA, compared to the non-transfused patients. Furthermore, the transfused patients had a higher rate of fatalities, compared to the non-transfused patients and also were shown statistically different survival rates after 120 days.

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In conclusion, the selected patients for blood transfusion were those with a more severe disease, with a greater acute inflammatory state and more coagulative defects. The high death rate among transfused patients was strictly related to their critical condition, which is probably why the desired benefit wasn't reached. A link between blood transfusion and the related worsening of clinical signs could not be ruled out.Finally, the leukocyte ratios in dogs affected by IMHA were assessed for the first time so far and they were proven to be useful markers of acute inflammation.

Keywords: Retrospective Study, Dog; Canine Immune-Mediated Hemolytic Anemia, Blood

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~ 15 ~

INTRODUZIONE

L’anemia è una condizione patologica caratterizzata dalla diminuzione della conta eritrocitaria (RBC), il valore dell’ematocrito (Hct) e/o la concentrazione di emoglobina (Hb) rispetto al range di riferimento tipico per ciascuna specie. L’anemia rappresenta un segno clinico che necessita di essere caratterizzato al fine di trovarne la causa e scegliere l’adeguata terapia. Infatti, essa può essere la conseguenza di una perdita ematica, di un’aumentata distruzione dei globuli rossi o di una diminuita produzione di quest’ultimi a livello midollare. L’anemia dovuta a fenomeni emolitici è un riscontro piuttosto frequente nei piccoli animali. In base all’età di insorgenza, inoltre, essa può essere classifica come congenita o acquisita. Nella maggior parte dei casi si tratta di un’emolisi extravascolare acquisita (Couto et al. 2015). Tra le molteplici cause di un’accelerata distruzione degli eritrociti possiamo evidenziare le infezioni batteriche (ad es. Clostridium spp., Leptospira spp.), le infezioni protozoarie (ad es. Babesia spp., Anaplasma spp.), gli agenti chimici e tossici (ad es. paracetamolo, veleno di serpente, cipolle, rame, zinco, piombo, piante velenose), i danni meccanici come le alterazioni microangiopatiche e la sindrome della vena cava, i disordini metabolici (ad es. ipofosfatemia, carenza di piruvato chinasi) e la distruzione mediata da anticorpi (anemia emolitica immunomediata) (Couto et al. 2015).

L’anemia emolitica immunomediata (IMHA) rappresenta la causa più comune di anemia emolitica nel cane (Scott-Moncrieff et al. 2015). Essa può essere primaria (autoimmune, idiopatica) o secondaria quando la produzione di anticorpi è innescata da infezioni, neoplasie, farmaci, veleni o vaccini. La maggior parte degli studi suggerisce che la forma primaria sia più comune della secondaria, sebbene la frequenza con cui quest’ultima viene identificata dipenda dalla completezza della valutazione diagnostica, considerando che la diagnosi di IMHA primaria si raggiunge escludendo le cause secondarie (Scott-Moncrieff et al. 2015). Nonostante i numerosi studi condotti, l’IMHA del cane rappresenta, ancora oggi, una patologia difficile da diagnosticare e da trattare, caratterizzata da un elevato tasso di mortalità, soprattutto nelle prime due settimane dall’insorgenza (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Grundy and Barton 2001; Weinkle et al. 2005; Piek et al. 2008).

Nella parte generale del presente studio sono descritte le caratteristiche eziopatogenetiche, cliniche, clinico-patologiche, diagnostiche e terapeutiche dell’IMHA, riportate nella letteratura scientifica veterinaria. Sono citati anche studi svolti in medicina umana al fine di

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confrontare i vari aspetti della malattia, considerando che le conoscenze in ambito veterinario sono più limitate.

Inoltre, questo studio descrive in maniera più approfondita l’emotrasfusione, ritenuta un “salva vita” in quei pazienti critici caratterizzati da danni da ipossia tissutale, reperto clinico comune dell’IMHA. Sono riportate informazioni di carattere generale relative alla tecnica dell’emotrasfusione e, nel dettaglio, le particolarità in corso di IMHA.

Infine, il presente studio descrive i cosiddetti Ratio Leucocitari. Essi sono il neutrophil to lymphocyte ratio (NLR), il neutrophil to eosinophil ratio (NER), il lymphocyte to monocyte ratio (LMR), il band neutrophil to lymphocyte ratio (BLR), il (band n. to neutrophil) to lymphocyte ratio (BNLR) e infine, il platelet to lymphocyte ratio (PLR). Questi sono dei ratio originati dall’esigenza di eliminare la variabilità individuale dei parametri leucocitari, al fine di fornire un’informazione più compiuta del leucogramma. Il loro uso è limitato in medicina umana e ancor più in medicina veterinaria, sebbene si stiano dimostrando utili come markers predittivi di alcune patologie, soprattutto di carattere neoplastico.

Nella parte sperimentale, invece, è articolato uno studio retrospettivo condotto su 67 casi canini di IMHA primaria e secondaria, visitati presso l’Ospedale Didattico Veterinario (ODV) dell’Università di Pisa. Essi sono stati divisi in due gruppi: 44 soggetti trattati con la sola terapia immunosoppressiva e 23 soggetti che in aggiunta hanno richiesto una trasfusione. Il presente studio si è proposto di valutare quali siano i parametri presi in considerazione dal clinico nella scelta di trasfondere un paziente affetto da IMHA, confrontando le alterazioni cliniche e clinico-patologiche due gruppi in esame. Inoltre si è proposto di valutare l’utilità di questo approccio terapeutico valutando i loro tempi di sopravvivenza.

Infine, per la prima volta, sono stati calcolati e valutati i Ratio Leucocitari nell’IMHA nel cane, con lo scopo di avere informazioni più razionali sul quadro infiammatorio acuto, di frequente riscontro nella malattia.

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~ 17 ~

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CAPITOLO 1

ANEMIA EMOLITICA IMMUNO-MEDIATA (IMHA)

1.1.1 - Definizione e classificazione dell’IMHA

L'anemia emolitica immuno-mediata (IMHA) è la sindrome in cui l'anemia è causata da un'accelerata distruzione dei globuli rossi, mediante meccanismi immunomediati.

L’IMHA si evidenzia quando gli eritrociti o i precursori eritroidi vengono distrutti prematuramente, mediante un meccanismo di ipersensibilità di tipo II (citotossicità mediata da anticorpi), in seguito al legame di immunoglobuline alla membrana eritrocitaria, che determina conseguentemente la deposizione di componenti del complemento sulla membrana cellulare stessa. L’attivazione del complemento conduce alla formazione di canali transmembrana, e l’eritrocita viene distrutto mediante lisi osmotica, manifestandosi come emolisi intravascolare. In alternativa, le immunoglobuline di superficie e il complemento possono interagire con i frammenti Fc e recettori del complemento, espressi sulle membrane delle cellule macrofagiche, con conseguente danneggiamento o rimozione degli eritrociti da parte di quest’ultime, all’interno di milza e fegato, traducendosi in un’emolisi extravascolare(Day et al. 2010).

L’IMHA può essere primaria o secondaria. L’IMHA secondaria è causata da una risposta immunologica nei confronti di antigeni non-self che hanno modificato le membrane eritrocitarie o che si trovano associati ad esse(Balch and Mackin 2007).

Si parla di IMHA primaria, idiopatica, quando non è possibile identificare una malattia sottostante o una recente somministrazione di farmaci o vaccini, e gli anticorpi sono considerati veri auto-anticorpi, diretti verso antigeni propri della membrana eritrocitaria. Solo questa forma di malattia è la vera anemia emolitica autoimmune (Auto-Immune Hemolytic Anemia, AIHA), perciò i termini IMHA e AIHA non devono essere utilizzati come sinonimi. L’AIHA può verificarsi come singola entità clinica o può presentarsi insieme alla trombocitopenia autoimmune, nella sindrome di Evans, o alla neutropenia autoimmune o, ancora, può rappresentare una manifestazione del lupus eritematoso sistemico(Day et al. 2010). In alcuni casi, la risposta autoimmune è diretta contro i precursori eritroidi del midollo osseo, con conseguente IMHA non rigenerativa (NRIMHA) ed aplasia eritroide pura acquisita

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(PRCA). Gli anticorpi diretti verso i precursori possono essere associati o meno ad auto-anticorpi diretti verso gli eritrociti circolanti(Day et al. 2010).

Nell'IMHA primaria, gli antigeni bersaglio non sono stati ben caratterizzati nel cane e nel gatto, ma in alcuni cani sono stati identificati anticorpi diretti contro la spettrina, banda 3, e la famiglia delle glicoproteine di membrana eritrocitarie, conosciute come glicoforine(Richard W. and C. Guillermo 2014).

Nella forma secondaria di IMHA, una malattia di base è considerata il fattore scatenante. Le cause dell'IMHA secondaria includono infezioni e malattie neoplastiche. Essa può verificarsi anche dopo l'esposizione a determinati farmaci, veleni e vaccini. La maggior parte degli studi condotti su cani, suggerisce che l'anemia emolitica immuno-mediata primaria è più comune della forma secondaria. La diagnosi di IMHA primaria, di solito, viene fatta escludendo le cause secondarie, anche se la frequenza della loro identificazione dipende, probabilmente, dalla completezza delle valutazioni diagnostiche(Richard W. and C. Guillermo 2014).

Quindi l’incidenza della malattia primaria riflette probabilmente un'inadeguatezza nell’identificazione della causa responsabile, piuttosto che una reale elevata incidenza di emolisi autoimmune(Balch and Mackin 2007).

Nell’uomo, infatti, i casi di IMHA primaria ricoprono una percentuale molto più bassa, pari al 25-30% contro il 60-75% del cane(Jackson and Kruth 1985).

Distinguere tra una IMHA primaria e secondaria è di fondamentale importanza per il trattamento e per la prognosi. (Balch and Mackin 2007; Jackson and Kruth 1985).

La malattia primaria è trattata generalmente con una terapia immunosoppressiva aggressiva, mentre la secondaria, una volta identificata ed eliminata la causa sottostante, risponde a trattamenti immunosoppressivi meno invasivi. Se la causa non viene curata, la terapia immunosoppressiva può addirittura aggravare il quadro clinico. È evidente che la mancata identificazione della causa scatenante può contribuire all’elevato tasso di mortalità che caratterizza l’IMHA canina(Balch and Mackin 2007).

Nei pazienti con IMHA, la risposta immunitaria può avere anche come bersaglio i precursori eritroidi del midollo osseo, anziché i globuli rossi circolanti, o entrambi. In questo caso non si osserva una risposta rigenerativa, e diventa un elemento essenziale ai fini diagnostici l'esame del midollo, negli animali con IMHA che non presentano reticolocitosi dopo 5 giorni. Alcuni distinguono l’eritropoiesi compromessa con la presenza dei precursori eritroidi (IMHA non rigenerativa, NRIMHA) dalla reale assenza di eritropoiesi (aplasia eritroide pura acquisita, PRCA)(Stokol, Blue and French 2000).

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Nella NRIMHA, si può evidenziare sia iperplasia dei precursori eritroidi che un arresto della loro maturazione in uno specifico punto dello sviluppo(Gilmour, Lappin and Thrall 1991; Weiss et al. 2002).

I cani colpiti da PRCA possono risultare Coombs negativi, se l'anticorpo diretto verso i precursori midollari non cross-reagisce con gli antigeni espressi dagli eritrociti maturi. In uno studio retrospettivo volto ad indagare l’IMHA non rigenerativa nel cane, il test di Coombs è risultato positivo nel 57% dei casi ed il 23% di questi pazienti è risultato positivo anche al test ANA (anticorpi antinucleo)(Stokol, Blue and French 2000).

Non esiste un test diagnostico per il rilevamento degli anticorpi o del complemento associati ai precursori, anche se nel siero di questi cani è stata dimostrata la presenza di anticorpi in grado di inibire l’eritropoiesi in vitro(Weiss et al. 1986). Inoltre, nella PRCA sono state descritte diverse patologie del midollo osseo, oltre l’inibizione dell’eritropoiesi mediata da anticorpi: la dismielopoiesi, la mielofibrosi, l’edema interstiziale, l’emorragia, l’infiammazione acuta, la sindrome emofagocitica, l’aggregazione linfoide e l’iperplasia delle cellule plasmatiche. Queste alterazioni sono state riscontrate più frequentemente nel midollo di animali con NRIMHA, caratterizzata da iperplasia eritroide, rispetto a quelli con NRIMHA caratterizzata da arresto della maturazione o con PRCA. I primi hanno presentato anche un tempo di sopravvivenza inferiore rispetto agli altri due(Weiss et al. 2008).

1.1.2 - Cause dell’IMHA

Tra le principali cause annoveriamo le malattie neoplastiche. È documentata l’associazione tra IMHA e linfoma(Keller et al. 1992), malattie mieloproliferative, sarcoma anaplastico (Mellanby et al. 2004) ed emangiosarcoma, ma i meccanismi immunologici con cui le neoplasie innescano la patologia, non sono ancora del tutto compresi(Day et al. 2010).

Un’altra importante causa di IMHA è rappresentata dalle malattie infettive, in modo particolare, quelle trasmesse da vettori, come babesiosi, erlichiosi, leishmaniosi, rickettsiosi, e probabilmente anaplasmosi e bartonellosi. Esse possono includere l’IMHA nella loro complessa patogenesi(Bexfield, Villiers and Herrtage 2005; Goodman and Breitschwerdt 2005). Gli organismi responsabili di queste malattie, infatti, interagiscono con il sistema immunitario dell'ospite, esitando in fenomeni immunomediati secondari, non direttamente associati all'infezione(Shaw et al. 2001). L’IMHA causata dalle malattie trasmesse da vettori è da tempo osservata nelle aree tradizionalmente endemiche, ma le odierne usuali

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movimentazioni internazionali degli animali da compagnia e i cambiamenti climatici hanno reso la patologia degna di considerazione anche nelle regioni geografiche non endemiche. Per questo motivo, si rende necessaria la valutazione dello storico degli eventuali viaggi di qualsiasi cane che presenti anemia. Uno studio ha osservato una possibile associazione tra l’infezione da Ancylostoma caninum e l’insorgenza di IMHA in tre cani(Lobetti and Schoeman 2001). Uno studio caso-controllo ha ipotizzato il coinvolgimento della batteriemia tra le potenziali cause di IMHA, ma non l’ha evidenziata in nessuno dei campioni di sangue prelevati da 12 cani con IMHA, sottoposti a coltura batterica(Miller, Hohenhaus and Hale 2004).

Di recente, è risultata particolarmente interessante la potenziale capacità dei micoplasmi emotropici di innescare l’IMHA(Warman et al. 2010; Huebner, Vahlenkamp and Muller 2006; Wengi et al. 2008).

Un’ulteriore causa ben documentata dell’IMHA canina è l’assunzione di farmaci. Sono incriminati, in molte razze, i sulfamidici potenziati(Trepanier et al. 2003; Trepanier et al. 2004), ma è stato documentato anche un caso associato all’assunzione di cefalosporine(Bloom et al. 1988). Uno studio ha inoltre indicato il carprofene quale possibile causa di anemia emolitica e trombocitopenia immunomediate(Mellor et al. 2005).

Anche la vaccinazione è stata implicata nella patogenesi di IMHA. La comparsa della patologia entro 2-4 settimane successive ad una vaccinazione è stata osservata da molti proprietari e veterinari, ed è motivo di preoccupazione. In uno studio, effettuato su 58 cani affetti da IMHA, il 26% dei questi era stato vaccinato entro 4 settimane precedentemente all’insorgenza della patologia, rispetto ad un gruppo di controllo, in cui solo il 5% era stato vaccinato nelle 4 settimane precedenti (Duval and Giger 1996). Il tasso di mortalità, tra i cani vaccinati recentemente e quelli che non lo erano, non era molto diverso. Tuttavia, in un altro studio successivo che ha confrontato 72 cani con IMHA con un gruppo di controllo, non è stata identificata l’associazione temporale tra la vaccinazione e lo sviluppo di IMHA (Carr. Panciera and Kidd 2002). L'importanza della vaccinazione nell'eziologia di IMHA rimane, quindi, poco chiara(Richard W. and C. Guillermo 2014; Day et al. 2006).

Per un certo periodo di tempo sono state disponibili solo aneddoti di questa correlazione(Doods et al. 1983). In numerosi studi, comunque, è risultato che circa un quarto dei pazienti con IMHA erano stati vaccinati entro 30 giorni dalla presentazione della malattia(Balch and Mackin 2007), sebbene sembra che si verifichi nei cani con bassa incidenza pari allo 0.001 per 10.000 dosi di vaccino venduti (Gaskell et al. 2002). Non si

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conoscono esattamente i meccanismi immunologici con cui queste reazioni si sviluppano, né tanto meno sono stati identificati i vaccini coinvolti(Day et al. 2010). Si può solo ipotizzare che la vaccinazione possa attivare, in maniera aspecifica, i macrofagi, accrescendo lo stato infiammatorio e rompendo l'equilibrio del sistema immunitario(Balch and Mackin 2007). A volte, può risultare difficile differenziare un’anemia emolitica immuno-mediata da una forma emolitica di altra natura. Ad esempio, uno studio ha mostrato l’insorgenza di una forma di IMHA secondaria ad un avvelenamento da puntura d’ape in due cani(Noble and Armstrong 1999). Poiché il veleno d'ape contiene emolisine, può essere difficile distinguere la distruzione degli eritrociti mediata da anticorpi dall’emolisi diretta causata dalla tossina(Balch and Mackin 2007).

1.1.3 - Eziopatogenesi

Non sono ancora del tutto noti i complessi fattori che stanno alla base dello sviluppo di una vera e propria risposta autoimmune. Una combinazione di fattori può sviluppare un’alterazione immunologica, la quale si traduce poi nella malattia autoimmune osservata. Queste alterazioni immunologiche sono state sperimentalmente studiate su modelli murini di AIHA. L’AIHA può essere indotta in particolari ceppi di topi immunizzati con i globuli rossi di ratti(Day et al. 1989) o che sono transgenici per alta espressione di interleuchina IL-4(Erb et al. 1997) o per espressione di un autoanticorpo diretto contro gli eritrociti(Murakami et al. 1992). Dopo aver eliminato il gene responsabile della produzione di IL-2 in alcuni topi, si è osservato lo sviluppo di una sindrome linfoproliferativa con autoimmunità multiorgano, inclusa un’anemia emolitica positiva al test di Coombs(Sadlack et al. 1995). I topi di razza New Zealand Black (NZB) sviluppano spontaneamente malattie autoimmuni, tra cui l’AIHA e una malattia LES-simile. L’AIHA è mediata dai linfociti Th1 CD4+ attivati inizialmente nei topi molto giovani, prima della comparsa degli autoanticorpi e dell’anemia(Shen et al. 1996). Inoltre, si è osservato lo sviluppo di un’anemia emolitica Coombs-positiva, in un ceppo di topi diabetici non obesi, successivamente alla distruzione autoimmune delle cellule beta pancreatiche mediata dalle cellule T(Baxter and Mandel 1991).

L'eziologia della maggior parte degli autoanticorpi anti-eritrociti non è ancora del tutto compresa. L'associazione tra IMHA e altre malattie autoimmuni, lascia presupporre che giochi un ruolo piuttosto importante la generalizzata disfunzione del sistema immunitario. In uguale misura, il rapporto tra AIHA e malattie linfoproliferative ed altre neoplasie, suggerisce

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una mancanza della sorveglianza immunitaria. Infatti, questo complesso sistema ha molti punti di controllo, deputati al mantenimento di un’omeostasi tra la tolleranza degli auto-antigeni e la necessità di rispondere appropriatamente a quelli estranei. L’alterazione di uno di questi processi può rappresentare una potenziale causa di malattia autoimmune(Gehrs and Friedberg 2002).

Sono previsti diversi meccanismi di regolazione. I meccanismi di tolleranza centrale consistono nella eliminazione dei linfociti B e T autoreattivi durante lo sviluppo. Ciò nonostante, persistono cellule T e B sfuggite ai meccanismi di tolleranza centrale anche negli individui normali, consentendo una possibile reazione agli auto-antigeni. Esistono perciò diversi meccanismi di tolleranza periferica, atti ad impedire l’attivazione di queste cellule e/o a tenerle sotto controllo nel caso fossero già funzionanti(Kidd et al. 2015).

All’attivazione dei linfociti autoreattivi, generalmente, corrisponde il fallimento della loro regolazione naturale, intesa come una vera e propria soppressione. Essa viene effettuata per le cellule T nel timo e per le cellule B nel midollo osseo(durante lo sviluppo), oppure a livello periferico al momento dell’esposizione al peptide self, o infine, grazie all’attività dei linfociti regolatori. Infatti, fa parte del sistema immunitario una popolazione di linfociti T “suppressor”, che esprime sulla membrana CD4 e CD25, atta a sopprimere i linfociti T patogeni per gli autoantigeni o allergeni. Sebbene i linfociti T suppressor anche se secernano la citochina IL-10, necessitano del contatto diretto con le cellule bersaglio. Nel cane, sono state identificate le cellule “Treg”(Biller et al. 2007), deputate al controllo delle risposte immunitarie dirette verso i tessuti self, ed è ipotizzabile che la loro mancanza sia determinante nell’autoimmunità canina(Day et al. 2010).

Anche le cellule dendritiche svolgono un ruolo importante nella tolleranza periferica. Esse sono cellule presentanti l'antigene, lo processano e lo presentano alle cellule T naive attraverso il complesso MHC di classe I e II, promuovendo la differenziazione dei vati sottotipi linfocitari, in presenza di un segnale di costimolazione.

Le cellule dendritiche esprimono questo segnale di costimolazione solo quando sono attivate da particolari antigeni, come i PAMPs (Pathogen-Associated Molecular Patterns), i LPS batterici e gli RNA virali. In assenza di questa costimolazione, la cellula T è resa anergica o va incontro ad apoptosi. Anche alcune citochine, come la IL-12, sono responsabili della proliferazione e della differenziazione delle cellule T, modulando risposte immunitarie diverse. Le cellule Th-1 promuovono la risposta cellulo-mediata, le Th-2 la risposta anticorpale e le Th-17 reclutano i neutrofili, con lo scopo di combattere i batteri extracellulari.

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L’attivazione di determinati sottotipi di linfociti T sembra sia associata allo sviluppo di malattie immuno-mediate: ecco come le cellule dendritiche possono influenzare la tolleranza ed essere quindi importanti nei meccanismi coinvolti nell’autoimmunità(Kidd et al. 2015). Una malattia autoimmune può innescarsi anche dalla risposta ad un antigene estraneo avente un'omologia con un autoantigene, secondo il cosiddetto “mimetismo molecolare”. Un'altra fonte di autoanticorpi potrebbe essere rappresentata da un clone di cellule B maligne, sebbene gli autoanticorpi anti-eritrociti siano prevalentemente policlonali. Inoltre, secondo alcuni studi svolti su altre patologie autoimmuni, contribuiscono anche fattori genetici ed ambientali alla produzione di autoanticorpi anti-eritrociti (Gehrs and Friedberg 2002).

Anche un'infezione microbica può rivestire un ruolo nella patogenesi delle malattie autoimmuni, rompendo quella che è la tolleranza immunologica di un individuo sano(Day et al. 2010). Uno studio, infatti, ha dimostrato una transitoria AIHA in topi infettati con il virus della coriomeningite linfocitaria, in presenza di veri autoanticorpi diretti contro gli eritrociti, e non di anticorpi che reagiscono contro un epitopo comune al virus ed agli eritrociti(Mazza et al. 1997). L’autoimmunità sembra essere causata dalla presenza di peptidi di derivazione virale simili a quelli eritrocitari. Questi ultimi, fisiologicamente, non vengono presentati dalle cellule presentanti l'antigene, e quindi i linfociti T autoreattivi sono mantenuti in uno stato di “ignoranza immunologica”(Day et al. 2010).

Il mimetismo molecolare è stato proposto come meccanismo eziopatogenetico delle malattie autoimmuni sia nell’uomo che negli animali, sulla base di abbondanti prove epidemiologiche, cliniche e sperimentali. Esso, essenzialmente, permette che una risposta immunitaria diretta contro un determinante antigenico, condiviso dall’ospite e dal virus, causi distruzione cellulare e tissutale. Alla base di questo meccanismo vengono generati linfociti citotossici o anticorpi cross-reattivi(Cunningham et al. 2009). La patologia immuno-mediata può anche essere successiva alla rimozione dell’agente immunogeno, e questo rappresenta uno svantaggio per la diagnosi: l'infezione virale o batterica, responsabile del fenomeno autoimmune, potrebbe non essere presente all’insorgenza della patologia(Oldstone et al. 1998; Cusck, Libbey and Fujinami 2012).

Gli autoanticorpi dell’IMHA canina sono eterogenei per classe e specificità.

Questo avvalora l’ipotesi che esistano molti meccanismi ad innescare la patologia. Si riscontrano autoanticorpi di classe IgG, in particolare IgG1 e IgG4, e classe IgM(Day et al. 1996). Quantità significative di IgA possono essere associate alla membrana eritrocitaria, sebbene sia di dubbia importanza(Day et al. 2010). Gli anticorpi di classe IgG, sono stati

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separati dalla superficie eritrocitaria del paziente, marcati con la biotina, ed incubati con eritrociti di cani sani, con la tecnica di immunoprecipitazione, ed è stato possibile dimostrarne, in questo modo, la specificità (Barker et al. 1991; Day, 1996). Il bersaglio di questi autoanticorpi sono svariati componenti eritrocitari: glicoforine, le proteine integrali di membrana della banda 3, la spettrina (proteina del citoscheletro) (Barker et al. 1991; Day et al. 1999; Barker and Elson 1995). La proteina di membrana banda 3 è stata identificata sia nell’ AIHA di cani che in umana, e rappresenta il bersaglio della risposta autoimmune anche in alcuni modelli di malattia nei topi da esperimento (Shen et al. 1996; Mazza et al 1997). Altri studi hanno inoltre identificato, in cani con IMHA, una reattività nei confronti della calpaina, del componente C3 del complemento e della perossiredossina 2, sebbene non sia ancora chiaro se queste proteine abbiano un ruolo nell’induzione dell’autoimmunità o se gli anticorpi contro di esse si sviluppino in seguito (Tan et al. 2012).

Inoltre, nei cani affetti, è stata indagata la reattività delle cellule T. Quest’ultime, se messe a contatto con antigeni eritrocitari, proliferano in vitro e reagiscono più intensamente se ottenute da cani guariti dall’AIHA o strettamente correlati a casi di AIHA. Ciò suggerisce la presenza di una memoria immunologica e una suscettibilità genetica all’AIHA, nei cani (Day et al. 2010; Corato et al. 1997).

1.1.4 - Fisiopatologia dell’emolisi

Fisiologicamente, gli eritrociti, rilasciati dal midollo osseo, circolano nel sistema vascolare per un determinato periodo di tempo (100-115 giorni), prima di essere rimossi e distrutti da parte del sistema monocito-macrofagico (Christian J. A. 2010). Il danno ossidativo, sembra determinare il normale invecchiamento degli eritrociti ed è responsabile della loro rimozione (Harvey J. W. 2012). La distruzione intracellulare avviene grazie all’attività di cellule del sistema monocito-macrofagico, nel midollo osseo, nella milza, nel fegato e nei linfonodi. Tuttavia, in uno stato emolitico, può verificarsi una distruzione quantitativamente più significativa nella milza rispetto a quanto si verifica nel midollo (Valli et al. 2007). Gli eritrociti, una volta fagocitati, subiscono una digestione nei fagolisosomi dei macrofagi e l'emoglobina viene scissa nei due componenti principali, eme e globina. La globina viene scomposta in aminoacidi, diretti a far parte del pool aminoacidico dell’organismo, e l'eme, invece, viene scisso in ferro, biliverdina e piccole quantità di ossido di carbonio. Il ferro può essere conservato nei macrofagi o immesso nella circolazione legato alla transferrina

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(Christian et al. 2010; Delaby et al. 2005; Lutz et al. 1987). Nei macrofagi, la biliverdina viene convertita in bilirubina non coniugata. Nello spazio extracellulare, questa si lega all'albumina, diventando più solubile, e si lascia trasportare sino al fegato. Gli epatociti la assorbono, la associano a glucuronidi, trasformandola in bilirubina coniugata, solubile in acqua, e la riversano nei canalicoli biliari grazie ad un trasporto attivo. Nel lume intestinale, la bilirubina coniugata viene catabolizzata ad urobilinogeno. Questo in parte viene riassorbito ed in parte convertito in stercobilinogeno, escreto con le feci. L'urobilinogeno riassorbito, captato nuovamente dagli epatociti, viene riescreto con la bile, oppure viene eliminato attraverso le urine (Christian et al.2010).

L’emolisi intravascolare rappresenta un evento raro, in conseguenza a traumi meccanici dei piccoli vasi. Quando si verifica in maniera superiore alla norma, mediata dalla fissazione del complemento, esita in emoglobinemia ed emoglobinuria (Valli et al. 2007).

Si sviluppa un’anemia da emolisi nel caso in cui il tasso di distruzione degli eritrociti, extra o intravascolare, supera quello della loro produzione ad opera del midollo osseo. L’anemia è intensamente rigenerativa, caratterizzata da reticolocitosi e da un incremento del volume medio corpuscolare (Valli et al. 2007). L’emivita degli eritrociti ricoperti da anticorpi si riduce a meno di 10 giorni (Valli, Kiupel and Bienzle 2016). Sia nell’uomo che nel cane è stata dimostrata un’alta capacità rigenerativa con un incremento della produzione eritrocitaria fino a 6 volte, in corso di anemia emolitica. Questo suggerisce che l’anemia si palesa in maniera evidente successivamente alla lisi di un numero rilevante di cellule (Couto et al. 2015).

Gli anticorpi adesi sulla membrana non danneggiano gli eritrociti da soli, ma inducono la loro distruzione, attivando il complemento e/o interagendo con le cellule del sistema reticoloendoteliale.

L’emolisi è extravascolare nella maggior parte dei casi e coinvolge i fagociti mononucleati, i quali reagiscono contro gli eritrociti rivestiti da anticorpi di classe IgG o IgM e dal componente C3b del complemento (Sokol and Hewitt 1985). L’emolisi extravascolare avviene di solito nella milza, sebbene possa verificarsi in qualsiasi parte del sistema fagocitico mononucleato quando sono presenti molti anticorpi. Meno frequentemente, l’emolisi avviene in sede intravascolare, mediato dall'attivazione del complemento o delle cellule linfoidi e granulocitarie. Tuttavia il ruolo di queste ultime due classi leucocitarie è controverso (Sokol and Hewitt 1985).

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1.1.5 - Emolisi intravascolare

Nell’uomo, l’emolisi intravascolare è riscontrata in meno del 20% dei pazienti con AIHA (Sokol and Hewitt 1985). Nelle forme a carattere acuto, molti anticorpi aderiscono alla membrana eritrocitaria, attivando la cascata del complemento. Il risultato di quest’ultima è un complesso proteico di attacco sulla membrana, responsabile del suo danneggiamento, mediante la formazione di canali transmembrana. Essi permettono l’ingresso del fluido extracellulare all’interno dell’eritrocita inducendo così la sua lisi osmotica, con rilascio di emoglobina libera in circolo (Balch and Mackin 2007; Day et al. 2010). L’emolisi intravascolare si verifica, probabilmente, nell’AIHA IgM-mediata, considerata la migliore capacità di fissare il complemento, rispetto alle IgG (Giger, 2005).Tuttavia, esistono anche emolisine di classe IgG (Sokol and Hewitt 1985). L’attacco del componente terminale C5b-9 del complemento sulla membrana eritrocitaria, nei pazienti con AIHA, è stato dimostrato mediante l’utilizzo di radioisotopi(Sokol and Hewitt 1985). La lisi indotta dal complemento causa una grave anemia e fortunatamente rappresenta un evento raro, poiché la temperatura ottimale per l’attività delle emolisine risulta essere inferiore ai 37°C. Altrettanto fortunatamente l’emolisi non è mai completa, grazie alla presenza di inibitori operativi a diversi livelli della cascata del complemento, sebbene sia stata descritta una loro diminuzione nei pazienti con AIHA (Barros, Blajchman and Bordin 2010).

1.1.6 - Emolisi Extravascolare

Gli eritrociti ricoperti dalla frazione C3b del complemento possono essere distrutti anche in sede extravascolare dalle cellule del sistema reticoloendoteliale (Sokol and Hewitt 1985). Il legame tra eritrocita e fagocita è un processo nel quale giocano un ruolo importante diversi fattori: la classe e la sottoclasse delle immunoglobuline, il range termico, il numero delle molecole adese all’eritrocita, la capacità di attivare il complemento, la quantità di molecole libere nell'ambiente circostante e fattori relativi all'attività dei macrofagi. Di solito, gli eritrociti sono rivestiti da autoanticorpi IgG, i quali inducono emolisi attraverso l’adesione della loro porzione Fc a specifici siti recettoriali macrofagici. Questo legame danneggia la membrana eritrocitaria, mediante una citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente e una successiva eritrofagocitosi, sebbene non sia del tutto chiaro quale sia il principale processo di distruzione, l'ADCC o la fagocitosi (Sokol and Hewitt 1985). L’entità della fagocitosi è

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inversamente proporzionale al grado di sensibilizzazione. Infatti, essa diventa più importante dell’ADCC con un basso livello di sensibilizzazione, soprattutto per la sottoclasse delle IgG4, rispetto a quella delle IgG1. Questo dimostra quanto sia importante la quantità di anticorpo legato all’eritrocita.

Inoltre, l'adesione ai macrofagi può anche portare ad una fagocitosi parziale degli eritrociti, dalla quale può originare uno sferocita.

In genere, i macrofagi più coinvolti sono quelli splenici e le cellule del Kupffer epatiche, in minor misura i monociti circolanti. Di solito, gli eritrociti rivestiti da IgG sono distrutti nella milza mentre quelli ricoperti dalla frazione C3b del complemento vengono distrutti essenzialmente nel fegato, mediante una parziale fagocitosi, con la liberazione in circolo di sferociti (Sokol and Hewitt 1985).

Sia nell’uomo che nel cane, è più comune riscontrare l’emolisi extravascolare rispetto a quella intravascolare. La prima rappresenta, fortunatamente, un processo meno acuto, spesso caratterizzato da sferocitosi e iperbilirubinemia (Scott-Moncrieff et al. 2015). Infatti, l'emoglobina contenuta negli eritrociti si introduce nella via metabolica della bilirubina senza riversarsi nella circolazione, motivo per il quale nell'emolisi extravascolare è meno frequente riscontrare emoglobinemia ed emoglobinuria (Balch and Mackin 2007).

1.2 - CARATTERISTICHE CLINICHE DELL’IMHA PRIMARIA

1.2.1 - Segnalamento e predisposizione

Sono stati identificati svariati fattori predisponenti allo sviluppo di AIHA, nel cane. Sembra esserci una forte influenza genetica, considerando la maggiore prevalenza della malattia in alcune determinate razze, come Bobtail, Cocker Spaniel, Border Collie, Barboncino, Springer Spaniel inglese, Setter irlandese, Schnauzer nano. Inoltre, all'interno della razza, è stata osservata una prevalenza maggiore in particolari linee di sangue (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Weinkle et al. 2005; Scott-Moncrieff et al. 2001; Jackson and Kruth 1985; Miller, Hohenhaus and Hale 2004; Dodds et al. 1983; Carr, Panciera and Kidd 2002; Day and Penhale 1992; Dodds et al. 1995; Day et al. 1996; Klag, Giger and Shofer 1993). I cani più colpiti sembrano essere i Cocker Spaniel Americani, in quanto rappresentano circa un terzo dei cani affetti da IMHA (Giger et al. 2005). Inoltre, alcune razze sensibili possono anche presentare una predisposizione per più di una malattia immunomediata (Day

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and Penhale 1992; Day et al. 1996; Wilbe et al. 2010). Alcuni studi hanno inoltre evidenziato associazioni con allotipi e aplotipi di geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), maggiormente nel Cocker e Springer Spaniel inglese: in particolare alcuni aplotipi MHC aumentano la sensibilità all’IMHA, mentre altri sembrano conferire protezione (Kennedy et al. 2006). In uno studio, sembra sia stata osservata una riduzione della suscettibilità all’IMHA, in cani Cocker Spaniel che esprimono il gruppo sanguigno DEA7 (Miller, Hohenhaus and Hale 2004).

Molti studi hanno rilevato una predisposizione nelle femmine e nei soggetti sterilizzati, anche se non è stato effettivamente dimostrato (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Weinkle et al. 2005; Scott-Moncrieff et al. 2001; Miller, Hohenhaus and Hale 2004; Carr, Panciera and Kidd 2002; Klag, Giger and Shofer 1993; Mason et al. 2003; Bennett et al. 1981) e sembra che lo stress del parto e l'estro giochino un ruolo nell’innesco della malattia (Dodds et al.1977). I maschi interi sono meno rappresentati e alcuni studi lasciano ipotizzare una possibile protezione da parte dagli androgeni nei confronti della malattia (Valli et al. 2007).

L’età media di insorgenza della malattia è di circa 6 anni (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Duval and Giger 1996; Klag, Giger and Shofer 1993; McAlees et al. 2010), tuttavia è stata riscontrata in cani di qualsiasi età. La maggior parte degli studi descrivono l’esordio dopo il primo anno ((Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Scott-Moncrieff et al. 2001; Balch and Mackin 2007; Klag, Giger and Shofer 1993), ma uno studio ha riscontrato la malattia anche in 8 cuccioli su un totale di 222 cani (Piek et al. 2011).

Alcuni studi hanno evidenziato una maggiore incidenza della malattia durante i mesi caldi (Klag, Giger and Shofer 1993; Kidd et al. 2014), mentre altri non hanno notato alcuna associazione con la stagione (Burgess et al. 2000; Weiss and Brazzell 2006), perciò al momento le osservazioni sono contrastanti.

L’elevata temperatura ambientale, il maggiore rischio di disidratazione o distress respiratorio nei mesi più caldi, la presenza di potenziali agenti infettivi, le zecche maggiormente attive nella stagione estiva e la tempistica delle vaccinazioni, possono essere fattori che inducono a pensare quanto possa incidere la stagionalità (Day et al. 2010; Duval and Giger 1996; Swann and Skelly 2015).

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1.2.2 - Reperti anamnestici

Un’anamnesi accurata è fondamentale per iniziare il percorso diagnostico dell’IMHA, al fine di poter individuare possibili cause di emolisi, come le malattie trasmesse da zecche o l’esposizione a tossine o farmaci (Kidd et al. 2015). I segni clinici non differiscono nell’IMHA primaria e secondaria. Solitamente si rendono evidenti segni di ipossia tissutale causati dall’anemia, e/o segni dell’eccessiva emolisi come bilirubina o emoglobina libera, e/o segni di un processo infiammatorio generalizzato. Se l'insorgenza dell’anemia è lenta, i segni clinici si rendono evidenti con l’aggravarsi della patologia(Balch and Mackin 2007).

Esistono due principali manifestazioni cliniche dell’IMHA canina: una forma con esordio acuto ed una con esordio cronico(giorni o settimane). La seconda è quella più frequentemente osservata ed è caratterizzata da segni riferibili all’anemia, all’eritrofagocitosi e allo stato infiammatorio: debolezza, letargia, intolleranza all'esercizio, anoressia, febbre, pallore delle mucose, tachipnea, tachicardia, epato-splenomegalia, linfoadenomegalia. Invece, la forma caratterizzata da un esordio acuto (1-2 giorni) è meno riscontrata ed è associata a grave emolisi intravascolare con presenza di ittero, emoglobinemia ed emoglobinuria, febbre e vomito( Day et al. 2010).

I cani vengono spesso condotti dal veterinario a causa di un possibile collasso, debolezza, intolleranza all'esercizio, letargia, anoressia, tachipnea, dispnea, vomito e diarrea e, occasionalmente, poliuria e polidipsia. Spesso è riferito dai proprietari un peggioramento in seguito a stress e/o esercizio fisico (Balch and Mackin 2007). I sintomi più comuni, debolezza, anoressia e letargia(Piek et al. 2008) si osservano nell’80-95% dei casi e vomito e/o diarrea nel 15-30% dei casi, ma essendo aspecifici assumono uno scarso valore diagnostico (Piek et al. 2008; Piek et al. 2011; Mason et al. 2003).

In alcuni studi, il 5% dei soggetti presentava anche petecchie, probabilmente dovute ad una concomitante trombocitopenia immunomediata (Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008; Piek et al. 2011). I segni più specifici di emolisi sono rappresentati dal colore giallo-arancio delle feci e da quello rossastro delle urine (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008; Piek et al. 2011; Mason et al. 2003).

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1.2.3 - Esame clinico

L'esame fisico mette in evidenza i segni clinici causati dall’anemia, dall’emolisi e/o dal processo infiammatorio immunomediato. L’anemia può determinare tachicardia, tachipnea, polso rapido, mucose pallide e un soffio sistolico(Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000). Le mucose pallide, in particolare, sono evidenziate nel 98% dei pazienti (Piek et al 2008). Le alterazioni cardiovascolari quali la tachicardia, il ritmo di galoppo S3 e il soffio sistolico sono reperti comuni nei pazienti anemici. In particolare, il soffio sistolico di II o III grado, causato dalla turbolenza ematica associata all’anemia, è frequentemente riscontrato in animali con ematocrito inferiore al 15-20% (Balch and Mackin 2007).

L’emolisi, invece, si evidenzia frequentemente all’esame obiettivo come ittero, notato a livello mucosale (con la bilirubina sierica > 2-3 mg/dl) e poi sulla cute con concentrazioni di bilirubina sierica maggiori (Balch and Mackin 2007).

Il processo immunomediato e l’infiammazione, si rendono evidenti con la febbre (Mellet, Nakamura and Bianco 2010), riscontrata nel 46% dei cani (Piek et al. 2008; Piek et al. 2011), con epato-splenomegalia, riscontrata nel 40% dei casi (Reimer, Troy and Warnick 1999; Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008; Klag, Giger and Shofer 1993) e con la linfoadenopatia, più comune nella forma cronica della malattia (Weinkle 2005; Day et al. 2010; Klag, Giger and Shofer 1993).

Circa il 50-70% dei cani con IMHA presenta una concomitante trombocitopenia immunomediata (sindrome di Evans) (Scott-Moncrieff et al. 2001; Carr, Panciera and Kidd 2002; Klag, Giger and Shofer 1993; Weiss and Brazzell 2006). Inoltre, la trombocitopenia, in corso di IMHA, può essere anche dovuta al consumo piastrinico da CID. Se la trombocitopenia è grave si rende manifesta con petecchie, ecchimosi e melena. Le petecchie sono evidenziate nel 2-5% dei casi di IMHA (Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008).

Inoltre, possono essere identificati segni sistemici legati alla presenza di immuno-complessi, tra cui poliartriti e glomerulonefriti (Day et al 2010).

Infine, alcuni cani affetti da IMHA possono manifestare dispnea a causa dell’insorgenza di tromboembolismo polmonare (Johnson, Lappin and Baker 1999; Klein, Dow and Rosychuk 1989), il quale rappresenta la più comune complicazione di questa malattia.

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1.2.4 - Alterazioni ematologiche in corso di IMHA

Il profilo ematologico di un paziente affetto da IMHA è caratterizzato tipicamente da un’anemia moderata/grave, macrocitica ipocromica, rigenerativa, con la presenza di sferocitosi ed auto agglutinazione (Weinkle et al. 2005; Piek et al. 2008; Balch and Mackin 2007; Day et al. 2010; Klag, Giger and Shofer 1993; Piek, 2011; Weiss and Tvedten 2012; Ke, Anderson and Connolly 2015). Altri riscontri frequenti all’esame dello striscio ematico sono i policromatofili, i globuli rossi nucleati e l’anisocitosi (Day et al. 2010), a confermare il carattere rigenerativo dell’anemia e i reticolociti (colorazione nuovo bleu di metilene).

Per quanto riguarda la gravità dell’anemia, Piek nel 2011 ha svolto uno studio su un totale di 614 cani, ed ha osservato un ematocrito con un valore medio del 14,8%, un valore mediano del 12-14,5% ed un range del 4-32% (Piek C. J. 2011). Uno studio ha riscontrato che l’88% dei cani affetti da IMHA presentava un ematocrito inferiore al 20% (Klein, Dow and Rosychuk 1989). Con un valore inferiore al 10% l’ossigenazione dei tessuti risulta gravemente compromessa (Cain et al. 1977) e il paziente può necessitare di una trasfusione di sangue (Piek C. J. 2011).

Un recente studio ha riferito che l’anemia emolitica nasce come normocitica normocromica, in uno stato pre-rigenerativo e solo dopo, diventa macrocitica ipocromica, quando il numero dei reticolociti diventa rilevante (Paltrinieri et al. 2014). Inoltre, un’anemia rigenerativa può presentare un numero di macrociti tale da aumentare il valore MCV ma non abbastanza ipocromia da ridurre il valore MCHC al di sotto del range, mostrandosi quindi come un’anemia macrocitica normocromica (Weiss and Tvedten 2012).

È stata dimostrata in due terzi dei pazienti, al momento della prima visita, una rigenerazione eritrocitaria da lieve a marcata (Weinkle et al. 2005; Piek et al. 2008; Klag, Giger and Shofer 1993; Ke, Anderson and Connolly 2015). L’assenza della rigenerazione al momento della presentazione, riscontrata nell’altro terzo dei pazienti, può essere legata all’insorgenza acuta della malattia oppure alla presenza di anticorpi diretti contro i precursori eritroidi nel midollo osseo (Giger et al. 2005).

La sferocitosi è la principale alterazione morfologica riscontrata all’esame dello striscio ematico, osservata nel 89-95% dei cani affetti da IMHA (Weinkle et al. 2005; Scott-Moncrieff et al. 2001; Carr, Panciera and Kidd 2002). Gli sferociti, appaiono come eritrociti rotondeggianti, dalle dimensioni ridotte e dal colore più intenso senza pallore centrale. Originano dal processo di eritrofagocitosi extravascolare, dove i macrofagi ne determinano

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una parziale perdita della membrana cellulare (Balch and Mackin 2007). La presenza di sferociti è fortemente indicativa di IMHA (Piek et al 2008; Balch and Mackin 2007), soprattutto quando accompagnata da auto agglutinazione (Day et al. 2010). La sferocitosi può anche essere identificata mediante il test di fragilità osmotica: la superficie degli eritrociti è ridotta in relazione al loro volume e gli impedisce di dilatarsi prima di raggiungere il punto di rottura (Emerson C. P. 1956).

Per quanto riguarda l’autoagglutinazione, a volte è sufficiente solo ruotare la provetta per osservarla, oppure è necessario mettere una goccia di sangue su un vetrino e identificarla al microscopio ottico. L’autoagglutinazione può avvenire solo a 4°C, quindi il sangue deve essere refrigerato prima di poterla valutare. La vera autoagglutinazione mediata da anticorpi, può essere distinta dalla formazione di rouleaux (impilamento non immunomediato di globuli rossi) aggiungendo alla goccia di sangue una determinata quantità di soluzione salina: il rouleaux scompare e l’agglutinazione persiste. Il rapporto tra la soluzione salina e gli eritrociti da utilizzare differisce tra i vari protocolli da 1:1 fino a 10:11 (Giger et al. 2005; Day and Mackin 2008). È raccomandato un accurato lavaggio degli eritrociti con la soluzione salina per essere certi che l’autoagglutinazione non sia artefattuale. L’agglutinazione può anche essere visualizzata macroscopicamente su un vetrino, ma è consigliato confermare l'assenza di aggregati mediante l’esame microscopico. L’assenza degli aggregati eritrocitari in soluzione salina non esclude l’IMHA, poiché i ripetuti lavaggi degli eritrociti possono rompere gli aggregati eritrocitari (Day and Mackin 2008). Un risultato positivo a questo test è stato riscontrato nel 40-89% dei cani con IMHA da numerosi studi (Burgess et al. 2000; Weinkle et al. 2005; Scott-Moncrieff et al. 2001; Carr, Panciera and Kidd 2002), ed è generalmente considerato un criterio distintivo con cui identificare l’IMHA (Couto et al. 2015; Giger et al. 2005; Day and Mackin 2008).

La sua persistenza sembra essere correlata ad una elevata gravità della malattia e ad un alto tasso di mortalità (Balch and Mackin 2007; Bennett et al. 1981).

Nel leucogramma dei cani affetti da IMHA è frequente riscontrare una marcata leucocitosi neutrofilica con shift a sinistra (Balch and Mackin 2007; Day et al. 2010; Piek C.J. 2011; Mitchell et al. 2009; Webb and Latimer 2011), causata da diversi fattori: l’aumentato rilascio di neutrofili da parte del midollo osseo durante la risposta rigenerativa, l’iperplasia mieloide stimolata da citochine pro-infiammatorie, la demarginazione dei neutrofili e la loro ridotta migrazione nei tessuti ipoperfusi (Balch and Mackin 2007; Day et al. 2010; McManus and Craig 2001). Nel 2001, uno studio ha identificato nella leucocitosi un campanello di allarme

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per una potenziale necrosi tissutale secondaria all'ipossia anemica (McManus and Craig 2001), confermato da un altro studio dove essa è stata riconosciuta come indicatore prognostico negativo, senza aver valutato il valore del left shift (Reimer, Troy and Warnick 1999). Molti cani presentano anche monocitosi (Couto et al. 2015; Jackson and Kruth 1985; Thompson, Scott-Moncrieff and Brooks 2004; Brockus C. W. 2011). Una percentuale minore di cani mostra una conta leucocitaria normale o raramente leucopenia (Piek et al. 2008). Inoltre, il 67-85% dei pazienti affetti da IMHA mostra trombocitopenia (Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008; Scott-Moncrieff et al. 2001; Carr, Panciera and Kidd 2002; Klag, Giger and Shofer 1993) e nel 20% circa la conta piastrinica è addirittura inferiore a 50000/µl (Piek C.J. 2011). Questa alterazione, nei cani affetti da IMHA, può svilupparsi in seguito a diversi fenomeni: una coagulopatia da consumo (CID), concomitante distruzione immunomediata delle piastrine (sindrome di Evans), sequestro splenico delle piastrine o una ridotta produzione delle piastrine (immunomediata o da tossicità ai chemioterapici) (Weinkle et al 2005).

La presenza di CID è supportata dal riscontro di una bassa concentrazione di fibrinogeno nel 20% dei cani, ma soprattutto dalla presenza di aumentate concentrazioni di D-dimero, FDP e di una diminuita attività antitrombinica (Piek et al. 2008; Scott-Moncrieff et al. 2001). Uno studio ha riscontrato, al contrario, un aumento della concentrazione di fibrinogeno nel 30-90% dei casi, probabilmente perchè il fibrinogeno è una proteina della fase acuta positiva dell’infiammazione (Piek C.J 2011; Murata, Shimada and Yoshioka 2004).

La sindrome di Evans (cioè la patologia immunomediata che coinvolge sia gli RBC che le PLT) si verifica nel 20-45% dei casi di IMHA nel cane (Piek et al. 2008; Jackson and Kruth 1985). Essa sembra avere una prognosi peggiore rispetto alle singole malattie immuno-mediate che la compongono (Piek et al. 2008; Jackson and Kruth 1985; Carr, Panciera and Kidd 2002; Goggs, Boag and Chan 2008), o prognosi simile (Orcutt, Lee and Bianco 2010).

1.2.5 - Alterazioni del profilo coagulativo in corso di IMHA

I cani con IMHA possono presentare difetti emostatici come PT e aPTT prolungati, FDP e D-dimero aumentati e attività antitrombinica ridotta (Scott-Moncrieff et al. 2001; Carr, Panciera and Kidd 2002) e un'attivazione delle piastrine circolanti (Weiss and Brazzell 2006). Il tempo di protrombina risulta aumentato nel 50% dei casi e il tempo di tromboplastina parziale attivata nel 50-60% dei casi (Burgess et al. 2000; Piek et al. 2008; Scott-Moncrieff et al.

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2001; Carr, Panciera and Kidd 2002). L’IMHA predispone gli animali all’ipercoagulabilità e alla CID, per questo è fondamentale la valutazione del profilo coagulativo in tutti i pazienti con sospetta IMHA (Scott-Moncrieff et al. 2001).

I cani con IMHA possono presentare ipofibrinogenemia da consumo, normofibrinogenemia o iperfibrinogenemia da infiammazione acuta. Uno studio ha osservato un 18% di cani con ipofibrinogenemia, un 48% di cani con normofibrinogenemia ed un 34% di cani con iperfibrinogenemia (Piek et al. 2008).

Non è facile discriminare se la conta piastrinica ridotta sia causata dalla sindrome di Evans o da una iniziale CID. Tuttavia, una trombocitopenia associata a PT e aPTT prolungati e incremento di D-dimero o FDP suggerisce la presenza di una CID e di un possibile tromboembolismo polmonare (Balch and Mackin 2007).

1.2.6 - Alterazioni del profilo biochimico ed esame delle urine in corso di IMHA

Nei pazienti affetti da IMHA è possibile riscontrare un incremento della concentrazione della proteina C reattiva (PCR) (Griebsch et al. 2009; Nakamura et al. 2008). Un recente studio ha osservato una concentrazione sierica di PCR notevolmente più elevata nei cani affetti da IMHA rispetto ai cani sani. Essa non differiva tra i vari pazienti rispetto alla sopravvivenza, tuttavia potrebbe rappresentare un buon marker da prendere in considerazione nel monitoraggio di questi pazienti (Griebsch et al. 2009).

Un’altra alterazione evidenziata comunemente è l'iperbilirubinemia (Weinkle et al. 2005; Piek et al.2008; Valli et al. 2007; Goggs et al. 2015), di origine pre-epatica o epatobiliare. La prima è causata dall'aumentata emolisi e quindi dall’aumentata velocità di degradazione dell'emoglobina con un eccessivo accumulo di bilirubina non coniugata nel sangue. L’accumulo avviene quando la bilirubina prodotta dalla distruzione degli eritrociti supera la capacità del fegato di metabolizzarla, perciò può non essere evidente nelle forme lievi o croniche di IMHA. L’iperbilirubinemia di origine epatocellulare, invece, è secondaria all’ipossia, al potenziale tromboembolismo e all’ischemia (Balch and Mackin 2007). Inoltre, potrebbe esserci un difetto nella clearance epatica della bilirubina, causata dell’aumentata domanda metabolica e dalla necrosi centrolobulare ipossica, tipica delle malattie emolitiche (Rothuizen and Van Den Brom 1987). Uno studio condotto su 42 cani affetti da IMHA, ha riportato: una concentrazione media di bilirubina di 10,4 mg/dl ed un valore mediano di 2,2 mg/dl, un 14% circa di cani con livelli normali di bilirubina ma con bilirubinuria, un 10%

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circa di cani con emoglobinemia ed emoglobinuria (Klag, Giger and Shofer 1993). La bilirubinuria può rendersi evidente prima dell’iperbilirubinemia, soprattutto se di origine epatica e post-epatica (Brockus et al. 2011).

Emoglobinuria ed emoglobinemia si riscontrano in caso di una significativa emolisi intravascolare (Couto et al. 2015; Brockus et al. 2011) e sono le responsabili della colorazione rossastra delle urine e del plasma. L’emoglobinemia può alterare alcuni parametri dell’emogramma, come il MCH e MCHC (aumentati) e del profilo biochimico, come le proteine totali (aumentate) (Brockus et al. 2011). L’iperproteinemia può essere causata sia dall’emolisi intravascolare, sia dall’aumentata concentrazione sierica di gamma-globuline e delle proteine di fase acuta (siero amiloide A, proteina C-reattiva e fibrinogeno), tipica dei danni tissutali o dell’infiammazione (Evans et al. 2011).

Per quanto riguarda il danno epatico ipossico e/o ischemico, tipico dell’IMHA (Balch and Mackin 2007), sono stati descritti livelli di ALP ed ALT sieriche lievemente o moderatamente elevati (Weinkle et al. 2005; Carr, Panciera and Kidd 2002; Klag, Giger and Shofer 1993). Non è raro anche riscontrare un incremento della CK nei cani affetti da IMHA, associato probabilmente a: danno ipossico a carico dei tessuti contenenti l'enzima, come muscoli scheletrici, miocardio, cervello e intestino (Aktas et al. 1993); danno muscolare secondario all’ipoperfusione o alle complicanze tromboemboliche; posizionamento ripetuto del catetere intravenoso; somministrazione sottocutanea o intramuscolare dei medicamenti (Frank et al. 1978).

Alcuni studi hanno riscontrato la presenza di ipoalbuminemia, potenzialmente spiegata con la riduzione della sintesi epatica di albumina durante il processo infiammatorio generalizzato tipico dei cani affetti IMHA. Infatti, essa è una proteina della fase acuta negativa dell’infiammazione (Weinkle et al. 2005).

Infine, nei cani con IMHA è stata descritta l’ipokaliemia (Weinkle et al.2005), potenzialmente dovuta all’anoressia prolungata e/o ad uno stato diarroico, se presente. Tuttavia, l’ipokaliemia rappresenta un'anomalia elettrolitica molto frequente nei pazienti umani ricoverati (Gennari F. J. 1998), perciò non può essere considerata specifica per l’IMHA.

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