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Warburg Micro Syndrome: report di due nuove mutazioni del gene RAB3GAP1 scoperte in due sorelle italiane

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

WARBURG MICRO SYNDROME: REPORT DI DUE

NUOVE MUTAZIONI DEL GENE RAB3GAP1

SCOPERTE IN DUE SORELLE ITALIANE

CANDIDATO

RELATORE

Francesco Del Monte Chiar.ma Dott.ssa Maria Cristina Ragone

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INDICE

SOMMARIO ANALITICO 5

1. Warburg Micro Syndrome: definizione, sinonimi e sigle 6

2. Epidemiologia 8

3. Cronistoria della Warburg Micro Syndrome 8

4. Eziologia 13 5. Proteine Rab 16 6. Patogenesi 23 7. Clinica 30 8. Storia naturale 34 9. Metodi diagnostici 34 10. Diagnosi differenziale 35 11. Trattamento e prognosi 37 12. Obiettivo 38

13. Presentazione dei casi clinici 39

14. Indagini e accertamenti diagnostici 43

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16. Conclusioni 50

17. Bibliografia 51

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4 SOMMARIO ANALITICO

La Warburg Micro syndrome (WARBM) è una rara e geneticamente eterogenea sindrome autosomica recessiva.

Finora è stata associata ad almeno quattro geni differenti: RAB3GAP1 (WARBM 1), RAB3GAP2 (WARBM 2), RAB18 (WARBM 3), TBC1D20 (WARBM 4).

Dal punto di vista clinico si caratterizza per la presenza di anomalie a carico di diversi organi: oculari, neurologiche e endocrinologiche.

Le principali caratteristiche cliniche infatti sono: cataratta congenita, microftalmia, microcornea, microcefalia con grave ritardo dello sviluppo, ipotonia, e ipogonadismo ipogonadotropo.

Un quadro clinico simile ma meno frequente e più lieve è rappresentato dalla Martsolf syndrome, che presenta mutazioni a carico degli stessi geni della Warburg Micro syndrome.

Lo scopo dello studio è quello di descrivere la Warburg Micro syndrome, ripercorrendo le tappe storiche che l’hanno caratterizzata, analizzando le più recenti scoperte riguardanti i possibili meccanismi patogenetici e di segnalare la scoperta di due nuove mutazioni che la causano.

Casi clinici: due sorelle italiane sono state indirizzate alla U.O. Oculistica Universitaria di Pisa per una valutazione a fronte di una cataratta congenita bilaterale. Dopo l’esclusione, nel periodo perinatale, di malattie infettive o causate da sostanze teratogene incorse durante la gravidanza, e visti il microftalmo e il severo ritardo dello sviluppo con concomitante ipotonia, si è provveduto ad eseguire una analisi genetica.

Quest’ultima ha permesso di evidenziare due nuove mutazioni eterozigoti a carico del gene RAB3GAP1: c.519G>A, p. (Trp173Ter) e c.2486T>A, p. (Leu829Ter).

Conclusioni: le mutazioni ritrovate non sono mai state descritte prima d’ora ma interessano una regione critica del gene, potendo così definire un nesso causale tra le mutazioni genetiche e il quadro clinico delle pazienti.

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1. WARBURG MICRO SYNDROME:

Definizione, sinonimi e sigle La Warburg Micro syndrome è una rara e geneticamente eterogenea, sindrome autosomica recessiva caratterizzata da anomalie a carico di diversi organi.

Le anomalie neurologiche, oculari ed endocrinologiche sono quelle che ne permettono la definizione.

Oltre a queste con minor frequenza sono state descritte anche anomalie del sistema nervoso periferico, cardiache e del tessuto osseo.(1-3)

Tipicamente i pazienti affetti presentano cataratta congenita bilaterale, microftalmia, micro cornea (diametro < 10 mm), pupilla piccola atonica. Inoltre la percezione visiva rimane scarsa (solo percezione della luce), nonostante il precoce intervento di cataratta, come conseguenza della atrofia del nervo ottico e danneggiamento della corteccia visiva.

Presentano inoltre microcefalia postnatale, grave ritardo dello sviluppo con incapacità di parlare, camminare, gattonare e assumere la posizione seduta.

Fin dalla nascita è presente ipotonia e entro il primo anno di vita si sviluppa spasticità degli arti inferiori.

A causa di un ipogonadismo ipogonadotropo si riscontrano delle anomalie genitali e ritardo puberale. (1)

Un quadro clinico sovrapponibile ma più lieve è rappresentato dalla Martsolf syndrome: quest’ultima è meno frequente ed è stata descritta come associata alle stesse mutazioni che caratterizzano la Warburg Micro syndrome.(1, 4)

I geni ad oggi descritti come causanti Warburg Micro syndrome e Martsolf syndrome sono quattro: RAB3GAP1, RAB3GAP2, RAB18 e TBC1D20. Nonostante dal punto di vista genetico le sindromi suddette risultino essere eterogenee, il quadro clinico non cambia tra le varie mutazioni.

La Warburg Micro syndrome viene definita anche Micro syndrome.

Warburg et al. infatti, quando la descrissero per la prima volta, utilizzarono questo nome per sottolineare le caratteristiche di microftalmia, microcornea e microcefalia.(5)

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Per sottolineare quale mutazione caratterizza la Warburg Micro syndrome, si possono utilizzare le seguenti diciture:

WARBM1 è causata da mutazioni bialleliche del gene RAB3GAP1, WARBM2 da mutazioni del gene RAB3GAP2, WARBM3 da mutazioni del gene RAB18 e infine WARBM4 da mutazioni del gene TBCD1D20.

Nella banca dati MIM (che cataloga tutte le patologie aventi una componente genetica) la Warburg Micro syndrome viene così indicata: WARBM1 (MIM#600118), WARBM2 (MIM#614225), WARBM3 (MIM#614222) e WARBM4 (MIM#615663).(2)

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2. EPIDEMIOLOGIA

La sindrome di Warburg è estremamente rara.

L’esatta incidenza tuttavia non è nota, ma da quando è stata descritta per la prima volta nel 1993 da Warburg et al., si sono contate poco più di 100 famiglie in tutto il mondo.(3)

Come riportato da Handley et al., fino al 2013 erano state identificate 144 famiglie con fenotipo tipico della Warburg Micro syndrome e 9 famiglie con fenotipo della Martsolf syndrome.(1)

Successivamente in letteratura sono stati riportati poco più di una decina di casi .(2, 3, 6-10)

A questi devono aggiungersi le sorelline italiane del nostro studio, nate da genitori italiani non consanguinei.

La maggior parte dei pazienti è di origine Mussulmana, ma soprattutto nasce da genitori consanguinei, come del resto accade per le malattie rare autosomiche recessive.(3)

In paesi con alto tasso di matrimoni tra consanguinei è importante saper riconoscere questa sindrome.(11)

3. CRONISTORIA DELLA WARBURG MICRO SYNDROME

In questo capitolo si ripercorrono le tappe storiche della Warburg Micro syndrome, dalle sue prime descrizioni puramente cliniche, alle successive scoperte genetiche che hanno consentito di delinearla come un preciso quadro sindromico e di permetterne la differenziazione da altre sindromi che condividono con essa alcune manifestazioni cliniche.

Le scoperte genetiche sono state affiancate da studi di laboratorio che hanno permesso di proporre alcune ipotesi patogenetiche.

La Warburg Micro syndrome venne descritta per la prima volta da Warburg et al. nel 1993, in tre bambini di origine Pakistana: due fratelli nati da genitori consanguinei, ed un cugino i cui genitori negarono consanguineità. I bambini in questione presentavano una serie di caratteristiche cliniche e dismorfiche da cui si suppose un possibile quadro sindromico.

Le caratteristiche cliniche di questi tre bambini erano: grave ritardo mentale, microcefalia, cataratta congenita, pupille piccole con sinechie

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posteriori, microcornea, atrofia del nervo ottico, distrofia della retina, anomali potenziali visivi evocati, ipotonia del tronco, paralisi spastica degli arti, incontinenza urinaria e fecale, ipogonadismo su base ipotalamica e agenesia del corpo calloso.

Inoltre le caratteristiche dismorfiche erano: ipertricosi facciale, larghe orecchie anteverse e prominente radice nasale.

L’idea era che questo quadro clinico avesse una base autosomica recessiva. Vennero messi in diagnosi differenziale con sindromi presentanti caratteristiche cliniche simili come la Sindrome cerebro-oculo-facio-scheletrica (COFS), e la sindrome di Martsolf che era stata descritta per la prima volta da Martsolf et al. nel 1978.(5, 12)

Dopo il lavoro di Warburg et al. iniziarono ad essere riportati altri casi simili: si delinearono nel tempo le caratteristiche cliniche principali.

Nel 1999 vennero descritti nuovi casi di Warburg Micro syndrome, da parte di Mégarbané et al. e Rodriguez Criado et al.

Nel primo caso si identificò, in quattro bambini di una famiglia libanese di consanguinei, un quadro clinico simile alla Micro syndrome con assenza di dismorfismi facciali e di ipertricosi, ma con arco palatino alto e in uno dei bambini anche criptorchidismo.(13)

Nel secondo studio, in due sorelle nate da genitori non consanguinei, si identificarono con la risonanza magnetica diverse alterazioni neurologiche: ipoplasia del corpo calloso, ventricolomegalia, ipogenesia del verme cerebellare. Queste si aggiungevano all’ incapacità di parlare, di stare seduti e alle altre caratteristiche già descritte da Warburg et al.

In quest’ultime pazienti erano state escluse anomalie cromosomiche e metaboliche.(14)

Nel 2001 venne condotto uno studio con un numero maggiore di pazienti da parte di Ainsworth et al., che permise di delineare quali fossero le caratteristiche cliniche principali e quali quelle meno frequentemente presenti.

Lo studio riguardò 14 bambini originari del Nord Pakistan, partendo dal riscontro di cataratta congenita eseguendo il test del riflesso rosso.

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Vennero proposti come elementi clinici patognomonici della Warburg Micro syndrome: microftalmia, microcornea, cataratta congenita, pupille atoniche, lieve atrofia del nervo ottico e grave compromissione della corteccia visiva.

I dismorfismi facciali invece erano meno specifici. Inoltre venne sottolineato come le anomalie oculari fossero i segni clinici più affidabili nell’immediato periodo postatale. La microcefalia, l’alterazione della corteccia visiva e il ritardo dello sviluppo non erano sempre presenti fin dall’inizio.

Si sottolineava infine in questo lavoro, come già fatto da Warburg et al. nel 1993, la presenza di altre condizioni che presentavano caratteristiche sovrapponibili con la Micro syndrome: la Sindrome Cerebro-oculo-facio-scheletrica (COFS) e la Martsolf syndrome.

Per questo motivo si ipotizzava che la COFS fosse una variante allelica di entrambe le sindromi di Martsolf e Micro.(11, 15)

Nel 2004 questa ipotesi venne smentita da Graham et al. che delinearono gli elementi clinici e sperimentali per poter distinguere la Micro syndrome da Martsolf syndrome, COFS e Sindrome di Cockayne (CS).

Tutte e quattro presentavano infatti: cataratta congenita, microcornea e microftalmia. Inoltre in nessuna di esse si erano riscontrate infezioni virali congenite o anomalie cromosomiche.

La COFS si distingueva per la maggiore atrofia encefalica con calcificazioni e disturbo neurologico rapidamente progressivo, la CS per fotosensibilità e depositi di calcio encefalici.

Ma l’elemento che permise la distinzione della Micro syndrome da COFS e CS, fu il riscontro in quest’ultime di ipersensibilità nei confronti dei raggi UV per deficit del meccanismo di riparazione per escissione di nucleotidi (NER).

Infatti studi condotti su fibroblasti di pazienti con Micro syndrome non presentavano sensibilità a raggi UV.(16)

Fino a questo momento le informazioni sulla Warburg Micro syndrome erano esclusivamente cliniche, mancavano riscontri genetici che potessero aiutare a distinguere la sindrome da altre sindromi simili.

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Dal 2005 in poi si sono iniziati a descrivere i geni che la causano, che ad oggi sono quattro, e di conseguenza a capire meglio i meccanismi che vi sono alla base.

Nel 2005 Aligianis et al. per la prima volta descrivono come causante la Warburg Micro syndrome, in 12 pazienti, la mutazione del gene RAB3GAP che codifica per la proteina attivante la RAB3 GTPasi.

La stessa mutazione era assente in un gruppo controllo di più di 100 Pakistani, rafforzando così l’idea del nesso causale.

RAB3GAP è una proteina chiave nella regolazione della via molecolare di RAB3 che è implicata nella esocitosi di neurotrasmettitori e ormoni.

Studi di ibridazione in situ condotti su embrioni di topo evidenziarono la distribuzione di RAB3GAP in molti organi e soprattutto a livello retinico, del cristallino e del sistema nervoso centrale e periferico.

Per la prima volta venne evidenziato un ruolo di RAB3 nello sviluppo funzionale e strutturale di occhio ed encefalo, e ipotizzato che alla base della Micro syndrome ci fossero un anomalo trasporto di vescicole di neurotrasmettitori e un’anomala esocitosi.(17)

Nel 2006 Aligianis et al. descrissero una mutazione omozigote del gene RAB3GAP2, la subunità non catalitica della proteina RAB3GAP, come causante la Sindrome di Martsolf.(18)

Nel 2011 le conoscenze genetiche riguardo la Micro syndrome si arricchiscono di un’ulteriore mutazione: dallo studio genetico di 5 famiglie pakistane (tra cui una di quelle riportate da Graham et al. nel 2004) e una turca, emerge la mutazione di RAB18.

Questi pazienti presentavano quadro clinico sovrapponibile a chi presentava mutazione di RAB3GAP1 e 2: dunque si iniziò a pensare ad una possibile regolazione di RAB18 da parte di RAB3GAP.(19)

L’ultimo gene associato alla Warburg Micro syndrome è TBC1D20 (TBC1 domain protein, member 20):la mutazione di questo gene è stata riscontrata in 5 delle 77 famiglie con Micro syndrome analizzate da Liegel et al. nel 2013.

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La ricerca di questa mutazione prese piede da studi condotti su topi, in cui si descriveva una patologia caratterizzata da cataratta e infertilità nei maschi, e per questo definiti blind e sterile. In questi animali si identificò la mutazione del gene TBC1D20 una GAP di RAB1 e 2.

Basandosi sulla funzione di TBC1D20 e sul quadro di cataratta e sterilità dei topi quando questa è mutata, si ipotizzò che la stessa mutazione potesse causare nell’uomo la Warburg Micro syndrome. (20)

Ad oggi non sono stati riscontrati ulteriori geni che se mutati possono causare la Micro syndrome, pur sapendo che in quasi il 40% dei casi non si descrive nessuna delle mutazioni finora studiate.(20)

Negli ultimi anni sono stati fatti studi per cercare di capire come le varie proteine alterate possano interagire tra loro visto che il quadro clinico non cambia nonostante le diverse mutazioni, e ulteriori sforzi sono stati fatti per definire il ruolo di tali proteine nello sviluppo neurologico e oculare che risultano fortemente compromessi nella Micro syndrome.

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4. EZIOLOGIA

La Warburg Micro syndrome è un disordine autosomico recessivo. Si manifesta quindi nel momento in cui, entrambi gli alleli di uno dei geni che la causano, risultano mutati.

La sindrome non è causata per forza dalla medesima mutazione dei due alleli (omozigote), ma può anche essere dovuta ad una mutazione eterozigote: gli alleli del medesimo gene possono presentare un diverso tipo di mutazione, che porta comunque alla perdita della funzione della proteina espressa da quel gene.

Secondo gli studi finora condotti le mutazioni nei seguenti geni sono alla base della Micro syndrome:

RAB3GAP1 localizzato a livello 2q31, codifica per la subunità catalitica di 130 kDa, della proteina RAB3GAP. Quest’ultima è infatti una proteina etero dimerica composta da una subunità catalitica e una non catalitica (RAB3GAP2). Regola l’attività della proteina RAB3 implicata nella esocitosi calcio dipendente di neurotrasmettitori e ormoni. Quando mutato si parla di WARBM1.

Questo gene nella maggior parte dei casi trascrive per una proteina di 24 esoni, ma in altri casi può includere nella trascrizione un’ulteriore esone di piccole dimensioni che codifica per altri sette amminoacidi. Da questo gene si ottengono sette trascrizioni diverse, 3 delle quali codificanti per isoforme della proteina RAB3GAP1 di 981, 988, 935 aa.

L’ attività catalitica di questa proteina è localizzata nella regione C-terminale: tra i codoni 601 e 981.(17, 21)

La maggior parte delle mutazioni di RAB3GAP1 descritte sono state mutazioni frameshift, nonsense, missense e dello splicing.(1)

È stata descritta anche una microdelezione di ben il 45% del gene RAB3GAP1 (circa 50 kb) che tuttavia determina un fenotipo simile a tutte le altre mutazioni che interessano anche solo una base del gene in questione.

Da questa evidenza si sostiene la teoria che tutti i fenotipi WARBM1 sono causati dalla perdita di funzione della proteina RAB3GAP1 e/o

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dal decadimento mediato da un nonsenso del RNA messaggero (NMD). La proteina codificata sarà tronca e quindi perderà la sua funzione.(2)

A carico di questo gene fino ad oggi sono state individuate circa una settantina di mutazioni, a cui si aggiungono quelle riscontrate nel nostro studio.(6)

Solamente quelle mutazioni di RAB3GAP1 che codificano per una proteina che mantiene un certo livello di attività, possono essere alla base del quadro più lieve di Sindrome di Martsolf.

RAB3GAP2 localizzato a livello 1q41, codifica per la subunità non catalitica di 150 kDa della proteina RAB3GAP, e quando mutato si parla di WARBM2.

Questo gene è composto da 35 esoni e codifica per una proteina di 1393 amminoacidi.

RAB18 localizzato a livello 10p12.1, codifica per la proteina RAB18 una delle tante proteine della grande famiglia delle proteine RAB. Dati circa la sua funzione si stanno accumulando, e si ritiene che tra le varie funzioni svolte, ci sia anche quella di regolare il traffico vescicolare tra Golgi e reticolo endoplasmatico. Quando mutato la Warburg Micro syndrome si definisce come WARBM3.(22)

È un gene costituito da sei esoni che codificano per una proteina di 206 amminoacidi.

TBC1D20 localizzato a livello del locus 20p13, codifica per la proteina TBC1D20: membro numero 20 della grande famiglia di proteine, altamente conservate dal punto di vista della evoluzione, contenenti i domini TBC (Tre-2/Bub2/Cdc16). Queste proteine hanno la funzione di GTPasi nei confronti di RAB1 e 2, e sono localizzate nel reticolo endoplasmatico dove regolano il traffico vescicolare tra quest’ultimo e il Golgi. Inoltre ha ruolo di GTPasi nei confronti di RAB18. La mutazione di questo gene è responsabile della WARBM4.(1, 2, 22)

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Un elemento molto importante è che dal punto di vista clinico i sottotipi di Warburg Micro syndrome, WARBM 1-4, sono indistinguibili.(3)

Le mutazioni sopraindicate tuttavia non spiegano del tutto l’origine genetica della sindrome: infatti una considerevole porzione dei casi di WARBM rimane inspiegata dal punto di vista genetico, facendo ipotizzare ad una ulteriore eterogeneità genetica.

Mutazioni a carico di RAB3GAP1, RAB3GAP2, RAB18 contribuiscono a poco più del 50% dei casi, mentre quelle di TBC1D20 contribuiscono ad un ulteriore 5%. Rimane ancora privo di spiegazione genetica quasi un 40% di casi. Ulteriori studi sono dunque necessari per chiarire la causa genetica di questi ultimi, cercando così di ampliare le conoscenze patogenetiche. (20)

Tabella 1. Geni mutati nella Micro syndrome(2, 20) Gene mutato Localizzazione Frequenza di

mutazione

Tipo di WARBM

RAB3GAP1 2q31

Poco più del 50%

WARBM1

RAB3GAP2 1q41 WARBM2

RAB18 10p12.1 WARBM3

TBC1D20 20p13 5% WARBM4

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15 5. PROTEINE RAB

Nella Warburg Micro syndrome tutte le mutazioni ad oggi riscontrate interessano direttamente o indirettamente la funzione delle proteine RAB. Queste proteine hanno un ruolo fondamentale nelle cellule eucariote e ne esistono di diversi tipi.

Le cellule eucariote infatti presentano al loro interno diversi organelli rivestiti da membrana, che svolgono diverse mansioni e che interagiscono tra loro. Tra le varie interazioni c’è anche quella di trasferire materiale da un organello ad un altro, che deve avvenire in maniera specifica e regolata. Questo trasferimento avviene per mezzo di una serie di passaggi: dopo la gemmazione di trasportatori tubulari o di vescicole dalla membrana donatrice, si assiste al loro trasporto verso la specifica membrana bersaglio e al successivo attracco, che culmina poi con la fusione della membrana del trasportatore con quella dell’organello bersaglio, all’interno del quale viene liberato il materiale trasportato.

Questi stessi passaggi valgono anche per l’esocitosi con la differenza che il materiale trasportato viene liberato all’esterno della cellula.

È necessario che questi passaggi siano ben controllati. Infatti è possibile che una vescicola, nel tragitto verso il suo bersaglio, incontri diverse membrane che possono essere delle potenziali sedi di attracco, e deve saperle evitare.

La regolazione spaziale e temporale del traffico vescicolare è assicurata da diverse proteine: le proteine RAB che funzionano da marcatori dell’origine vescicolare e che dirigono la vescicola stessa verso specifici punti della membrana di attracco, attraverso la interazione con proteine effettrici tra cui quelle motrici, e le proteine recettoriali presenti sulla membrana di attracco che riconoscono solamente gli appropriati marcatori vescicolari. L’ultimo passaggio è quello della fusone delle membrane vescicolare e bersaglio, che è mediato dalle proteine v-SNARE e t-SNARE.(23-25) Le proteine RAB assicurano il corretto funzionamento della cellula regolando diverse vie di trasporto: dall’endocitosi alla transcitosi a quella biosintetico secretoria.

Le proteine RAB sono la più grande famiglia di piccole GTPasi (proteine che hanno un’intrinseca capacità idrolitica nei confronti del GTP) la cui funzione

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è regolata dall’alternanza di legame con GTP e GDP: sulla base di questo legame si modifica l’aspetto conformazionale della proteina e di conseguenza la sua attività. Quando legate a GTP sono in uno stato attivo, quando legate a GDP sono inattive.

Nell’ uomo sono stati descritti più di 60 membri di questa famiglia, che sono dislocati a vario livello nella cellula e che svolgono di conseguenza diverse funzioni, sempre comunque di regolazione del traffico di membrane.

Vediamo alcuni esempi:

RAB1: è localizzata nel reticolo endoplasmatico e nel Golgi e regola il traffico tra questi due organelli

RAB2: è localizzata nel cis-Golgi e svolge la stessa funzione di RAB1

RAB3: è localizzata nelle membrane apicali e laterali del trans Golgi e regola l’esocitosi di granuli secretori e di vescicole sinaptiche che da questo organello originano

RAB5: è localizzata sulla membrana plasmatica, sugli endosomi precoci e sulle vescicole rivestite di clatrina

RAB18: è localizzata nel reticolo endoplasmatico e nel Golgi e media il traffico vescicolare tra di essi.

Le proteine RAB passano dalla attivazione all’inattivazione in base al legame con GTP e GDP rispettivamente, e si caratterizzano per continui passaggi dalle membrane donatrici alle membrane bersaglio e viceversa, come in una sorta di ciclo funzionale.

Questo ciclo è regolato da diverse proteine, tra cui:

GEF (Guanine nucleotide exchange factor) una proteina che stimola lo scambio del nucleotide associato alla proteina RAB, da GDP a GTP determinando così l’attivazione di RAB

GAP (GTPase activating protein) una proteina che invece accelera l’intrinseca attività GTPasica delle RAB

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GDI (GDP dissociation inhibitor) una proteina che favorisce il recupero della RAB dalla membrana bersaglio. Strutturalmente è simile alla proteina REP (26)

GDF (GDI displacement factor) una proteina che svolge un ruolo cruciale nell’indirizzamento delle Rab.(25)

Analizziamo adesso i passaggi chiave di questo ciclo. (figura 1.)

Dopo essere state sintetizzate, le proteine RAB subiscono una modificazione post traduzionale che ne assicura l’ancoraggio alle membrane lipidiche. Infatti dopo il legame con la proteina citosolica REP (RAB escort protein), con cui formano un complesso stabile, subiscono l’azione dell’enzima Rab-GGT (Rab geranil geranil transferasi): questo enzima provvede a legare un gruppo geranilgeranilico ai residui di cisteina nella porzione C-terminale delle Rab. Questa azione viene definita prenilazione, e rendendo le proteine idrofobiche ne consente l’ancoraggio reversibile alle membrane.(27)

A questo punto la proteina Rab prenilata, che si suppone essere legata a GDP, è in grado di raggiungere la membrana donatrice grazie all’azione della proteina REP. Successivamente REP si dissocia e così Rab può ancorarsi alla membrana

In assenza delle proteine REP o di Rab-GTT, Rab resta inattiva nel citoplasma.

Nel momento in cui si rende necessaria l’azione di Rab, si assiste alla sua attivazione per merito delle proteine GEF che determinano la sostituzione del GDP con il GTP.

A questo punto le proteine effettrici vengono reclutate dalle proteine di legame che mediano il legame della vescicola con la membrana bersaglio, dalle fosfatasi, dalle proteine chinasi e motrici.(25)

L’attivazione delle proteine Rab cessa quando le proteine GAP catalizzano l’idrolisi del GTP a GDP.

Il ciclo funzionale delle Rab prevede un ultimo passaggio: la loro estrazione dalla membrana bersaglio e passaggio nel citoplasma operati dalla proteina GDI, che ne consente il successivo indirizzamento verso uno specifico organello. Si ritiene che a questo indirizzamento e alla successiva dissociazione di Rab da GDI, contribuisca anche GDF: un fattore di rimozione del GDI associato alla membrana. (25, 28-30)

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Figura 1. Ciclo funzionale delle proteine RAB

Vediamo adesso come le proteine Rab intervengono nei principali passaggi del traffico vescicolare: formazione di vescicole, trasporto vescicolare, legame e fusione della membrana della vescicola con il compartimento bersaglio. Il tutto attraverso l’interazione con le proteine effettrici.

Formazione di vescicole: la formazione delle vescicole è un passaggio fondamentale, ed è mediato da proteine trans-membrana che interagiscono con complessi di rivestimento citosolici.

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L’assemblaggio della membrana inoltre è specifico per il tipo di materiale trasportato, e anche le proteine Rab contribuiscono ad assicurare la specificità della vescicola.

Trasporto vescicolare: questo passaggio è dovuto all’interazione di proteine Rab con proteine motrici e strutture citoscheletriche che funzionano da binari molecolari, come i filamenti di actina e i microtubuli.

I filamenti di actina consentono il trasporto locale delle vescicole, mentre i microtubuli favoriscono quello a maggiore distanza.

Il trasporto lungo una precisa direzione delle vescicole richiede l’azione delle proteine motrici che sono in grado di trasformare l’energia chimica di alcuni substrati in energia meccanica.

Tra queste proteine si descrive la famiglia V della miosina che è una sottofamiglia della famiglia delle miosine ed è composta da proteine motrici che sono in grado di scorrere lungo i filamenti di actina e così facendo, trasportare le vescicole dal centro alla periferia della cellula. Affinché questo trasporto vada a buon fine, è fondamentale il ruolo delle Rab: infatti si è dimostrato come le proteine motrici si associano alle vescicole attraverso la mediazione delle proteine Rab.(31)

Un esempio è rappresentato dalla proteina RAB27 nei melanociti: essa reclutando la proteina melanofillina nella membrana dei melanosomi, ne consente il legame con la miosina Va che a sua volta consente il trasporto dei melanosomi verso la periferia della cellula, assicurando così la corretta funzione di queste cellule.(25, 32)

Attracco delle vescicole: i primi studi che dimostrarono il ruolo delle proteine Rab nell’ attracco delle vescicole furono quelli condotti da Salminen et al., che dimostrarono come nei lieviti che presentavano mutazione a carico dalla proteina Rab Sec4, si accumulavano vescicole di derivazione dal Golgi che erano destinate alla membrana cellulare.(33)

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Questa idea è stata comprovata: le proteine Rab sono in grado di favorire l’attracco della vescicola alla membrana bersaglio attraverso il legame con degli effettori, i complessi di attracco.

Questi ultimi spesso hanno dei lunghi domini filiformi che possono collegare membrane distanti anche più di 200 nm. (23, 25)

Fusione delle vescicole: il passaggio conclusivo del traffico vescicolare prevede la fusione delle vescicole con la membrana bersaglio. A questo punto entrano in gioco delle importanti proteine, le proteine transmembrana SNARE. Se ne distinguono diversi tipi, ognuno associato ad uno specifico organello, per questo oltre a favorire il processo di fusione, forniscono un ulteriore elemento di specificità nel processo di trasporto vescicolare.

La principale distinzione comunque è tra le SNARE localizzate sulla vescicola e quelle localizzate sulla membrana di attracco, indicate rispettivamente come v-SNARE e t-SNARE.

Entrambe presentano dei domini elicoidali. Quando le proteine SNARE interagiscono tra loro, i domini elicoidali di v-SNARE si avvolgono attorno a quelli di t-SNARE, determinando la formazione di un fascio stabile: si ottiene così il trans-SNARE.

È evidente il ruolo fondamentale delle proteine Rab nell’assicurare il corretto traffico vescicale e di conseguenza il corretto funzionamento cellulare.

Infatti nel momento in cui la funzione di queste proteine risulta direttamente o indirettamente compromessa, si possono sviluppare diverse patologie.

Tra queste si ritrovano:

Sindrome di Griscelli: caratterizzata dalla mutazione della proteina Rab27a che determina un quadro di parziale albinismo cutaneo e immunodeficienza. Vengono infatti compromesse le funzioni di trasporto dei melanosomi e di esocitosi dei granuli citotossici.(34, 35)

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Malattia di Charcot Marie Tooth tipo 2B: è una neuropatia periferica caratterizzata da un danno assonale che compromette sia la sensibilità che la funzione motoria, evolvendo verso l’atrofia degli arti inferiori e lo sviluppo di ulcere. Alla base di questa malattia sono state riscontrate mutazioni a carico del gene Rab7.(29, 36, 37)

Coroideremia: è una forma di degenerazione retinica X-linked, caratterizzata da una progressiva cecità notturna e compromissione della visione periferica, dovute alla degenerazione dell’epitelio pigmentato retinico e dei due strati di cellule adiacenti: coriode e fotorecettori della retina. Anche in questo caso è ritrovata alterata la proteina Rab27.(38)

Cancro: la proteina Rab 25 è stata indicata come proteina implicata nella progressione di alcuni tumori come quello della mammella, vescicale e della prostata.(28, 39)

Warburg Micro syndrome: fino ad ora tutte le mutazioni associate a questa sindrome sono collegate alla funzione delle proteine Rab.

Studi recenti hanno dimostrato come buona parte del genoma umano sia implicato nel regolare il traffico di membrane e proteine, e che centinaia di patologie sono causate direttamente o indirettamente da alterazioni proprio a carico delle proteine che regolano il traffico di membrana.

Tra queste patologie si ritrova pure la Warburg Micro syndrome.

Tra le grandi sfide farmacologiche del futuro c’è quella di cercare di ristabilire la corretta funzione di tali proteine, tramite tecniche di terapia genetica o molecolare.(28, 40)

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22 6. PATOGENESI

La Warburg Micro syndrome è una patologia geneticamente eterogenea, e ad oggi alcuni quadri clinici così definibili non hanno alla base nessuna mutazione dei quattro geni che la possono causare: RAB3GAP1, RAB3GAP2, RAB18 e TBC1D20.

Tutte le mutazioni descritte causano un fenotipo simile, e proprio per questo motivo negli anni si è cercato di capire, di fronte alla scoperta delle nuove mutazioni, come le proteine codificate da tali geni mutati potessero interagire tra loro.

Sono stati utili a tal proposito gli studi condotti su animali di laboratorio. Risulta difficile definire chiaramente la patogenesi di questa sindrome, sia perché è estremamente rara, sia perché sono almeno quattro i geni mutati e perché in alcuni casi non si evidenziano mutazioni.

Vediamo adesso qual è il ruolo dei vari geni mutati e quali sono state le ipotesi patogenetiche proposte per spiegare questa sindrome nel corso degli anni, mano a mano che si scoprivano nuove mutazioni genetiche, partendo dal primo lavoro di Aligianis et al. del 2005.

RAB3GAP1 e RAB3GAP2: questi due geni codificano rispettivamente per la subunità catalitica di 130 kDa e non catalitica di 150 kDa che costituiscono la proteina eterodimerica RAB3GAP. Questa proteine catalizza l’attività idrolitica di RAB3 sul GTP, regolandone quindi lo stato di attività: RAB3 è attivo quando è legato a GTP.

RAB3 costituisce una famiglia di proteine, infatti se ne descrivono 4 membri: RAB3A, RAB3B, RAB3C, RAB3D.

Queste proteine sono espresse nel trans-Golgi e regolano l’esocitosi di neurotrasmettitori e di ormoni.(17, 41-43)

Rab3D ha un ruolo importante nel riassorbimento osseo operato dagli osteoclasti, dato che modula il traffico vescicolare post-Golgi. Questo spiegherebbe perché tra i sintomi meno frequenti della Micro syndrome, è stata riportata anche osteopenia.(2, 44)

Per capire che ruolo potesse avere RAB3GAP1 nello sviluppo neurologico e oculare che sono fortemente compromessi nella Warburg Micro syndrome, Aligianis et al. valutarono, tramite studi di ibridazione in situ su embrioni di topo, le sedi di espressione di questa proteina.

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Riscontrarono una forte espressione in tanti tessuti, tra cui il sistema nervoso centrale e periferico, il cristallino e la retina.

Da questo pattern di espressione nel occhio e nell’encefalo in via di sviluppo dell’embrione di topo, si suppose per la prima volta che RAB3GAP avesse un ruolo importate nel loro sviluppo e che le anomalie riscontrate dipendessero da compromissione dell’esocitosi e del trasporto sinaptico di neurotrasmettitori.

Infatti si proponeva l’idea che i neurotrasmettitori potessero influenzare i processi di neurosviluppo quali la migrazione, la proliferazione e la differenziazione neurali prima della formazione delle sinapsi.(17, 45) Sakane et al. nel 2008 sottolineano il ruolo di RAB3GAP nella plasticità sinaptica, di come mutazioni a carico della subunità p130 compromettano la plasticità a breve termine a livello dell’ippocampo.(43, 46)

RAB18: per la prima volta si identificò questa mutazione in un gruppo di pazienti affetti da Micro syndrome, nel 2011 per merito d i Bem et al. (19) RAB18 codifica per una proteina di 206 amminoacidi ubiquitaria, ma soprattutto espressa a livello epiteliale e encefalico.

Ha una funzione simile alle altre Rab, lega GDP e GTP nelle sue conformazioni inattiva e attiva rispettivamente.

Bem et al. dimostrarono come in caso di mutazione di Rab 18, venisse meno la sua capacità di legare GDP e GTP.

Per capirne meglio le funzioni, vennero condotti studi sul pesce zebra knockdown per RAB 18 e si evidenziarono una serie di anomalie: microcefalia, microftalmia, ritardo dello sviluppo, residuali cellule nucleate nel cristallino.

Fino a quel momento il ruolo di RAB18 all’interno della cellula stava emergendo, e si proponevano come funzioni quella di regolatore dei processi di esocitosi e di esocitosi.

Si sapeva solo che era l’unica proteina Rab riscontrata all’interno delle goccioline lipidiche, organelli che si formano nel reticolo endoplasmatico e che si muovono all’interno della cellula distribuendo materiale lipidico. Tra questo il principale è il colesterolo che ha un ruolo importante nella composizione delle membrane neuronali, membrane sinaptiche e nella

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plasticità neuronale. Si ipotizzava che per questo potesse avere un ruolo nella patogenesi della Micro syndrome.(47)

La cosa interessante era che i quadri clinici dei pazienti che presentavano mutazioni di RAB3GAP e di RAB 18 fossero identici: per cui si iniziava ad ipotizzare che le vie di queste proteine si sovrapponessero, che RAB3GAP potesse regolare l’attività di RAB18. (19)

Successivamente Carpanini et al. (2013), evidenziarono come i difetti neurologici sembrassero meno legati a perturbazioni della funzione delle vescicole sinaptiche a livello del sistema nervoso centrale e periferico, quanto piuttosto ad alterazioni del citoscheletro tra cui l’anomalo accumulo di microtubuli e neurofilamenti nei terminali sinaptici.(48)

Nel 2014 Gerondopoulos et al., ampliarono le conoscenze riguardo RAB18.

RAB18 era stato precedentemente associato ad ulteriori funzioni: oltre a formare le goccioline lipidiche, regolare il traffico tra Golgi e reticolo endoplasmatico, provvede a regolare il rilascio di granuli di secrezione.(22, 49)

Dimostrarono attraverso studi di biochimica, che effettivamente le vie molecolari di RAB3GAP e RAB18 si sovrapponevano, in quanto RAB3GAP funzionava nei confronti di RAB18 come una GEF, e che la compromissione della funzione di RAB18 aveva un ruolo patogenetico centrale.

Fino ad allora si era a conoscenza della sola funzione GTPasica di RAB3GAP nei confronti di RAB3.

La cosa interessante fu valutare quali effetti avessero alcune mutazioni causanti la Warburg Micro syndrome sulla funzione di RAB3 e RAB18. Si riscontrò che le medesime mutazioni del complesso RAB3GAP non modificavano tanto l’attività di GAP nei confronti di RAB3, quanto piuttosto l’attività di GEF su RAB18.

Dunque veniva meno l’attivazione di RAB18.

Da queste evidenze si ipotizzò che il principale cambiamento nella Micro syndrome, non fosse la perdita di attività GTPasica nei confronti di RAB3, a differenza di quanto ipotizzato precedentemente, quanto la compromissione della funzione di RAB18.

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Quest’ultima poteva essere dovuta alla mutazione diretta di RAB18 e indirettamente alla mutazione di RAB3GAP.

Inoltre dimostrarono che RAB18 aveva un ruolo importante nel mantenimento della corretta struttura del reticolo endoplasmatico, e che questa dipendeva dalla funzione di RAB3GAP che consentiva la localizzazione di RAB18 nel reticolo endoplasmatico stesso.

Nei pazienti affetti da Warburg Micro syndrome si assiste ad una alterazione della struttura del reticolo endoplasmatico:

il reticolo infatti si allontana dalla regione perinucleare e va verso la periferia della cellula, e gli stessi tubuli di reticolo endoplasmatico vengono persi.(22)

Si concluse sottolineando il ruolo centrale di RAB18 nella Micro syndrome, che poteva essere causata dalla perdita di funzione di RAB18, direttamente per una sua mutazione, o indirettamente per mutazione di RAB3GAP che funziona da sua GEF.

Infine si proponeva di studiare la relazione tra la funzione e la struttura del reticolo endoplasmatico e le cellule neuronali.

Effettivamente si ritiene che RAB18, e quindi anche le proteine che lo regolano come RAB3GAP e TBC1D20, influenzino la migrazione neuronale: infatti tra le caratteristiche della Warburg Micro syndrome si ritrovano la polimicrogiria e la microcefalia, che si ipotizza siano causate dal deficit delle proteine sopracitate.(50)

TBC1D20: nel 2013 venne descritta per la prima volta la mutazione di questo gene nella Warburg Micro syndrome.

Anche questa proteina ha una funzione di regolazione delle RAB. Si comporta da GAP nei confronti di RAB1 e così controlla il traffico vescicolare tra reticolo endoplasmatico e Golgi.

L’unica cosa che risaltava fino a quel periodo, era che le mutazioni di RAB3GAP, RAB18 e TBC1D20, erano accomunate dal fatto di presentare alterazioni delle goccioline lipidiche ma non si sapeva se questo potesse avere un significato patogenetico: se potesse cioè rappresentare una via molecolare comune a tutte le forme di Micro syndrome.(20)

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Nel 2015 Handley et al. riuscirono a dimostrare un modello di regolazione di RAB 18 in cui intervengono

sia RAB3GAP che

TBC1D20, ponendo

ulteriormente al centro del meccanismo patogenetico della Warburg Micro syndrome, RAB18.

Tutto questo studiando i fibroblasti dei pazienti affetti da Micro syndrome. Venne proposto un meccanismo di regolazione ciclico della proteina RAB18:

TBC1D20 si comporta da GAP nei confronti di RAB18. Favorisce la dissociazione di quest’ultima dal reticolo endoplasmatico, il suo passaggio nel citosol e il suo indirizzamento verso il Golgi.

RAB3GAP invece si comporta da GEF nei confronti di RAB18 e provvede a stabilizzarla sul Golgi stesso. (figura 2.)

Nel momento in cui RAB3GAP e TBC1D20 sono alterate, si assiste all’accumulo di RAB18 nella cellula.

Alla fine questo studio sottolinea che la Warburg Micro syndrome, quando causata da mutazioni a carico di RAB3GAP1, RAB3GAP2, TBC1D20 o RAB18, è conseguenza della disfunzione di RAB18.

Dunque la Micro syndrome è causata direttamente dalla perdita di funzione di RAB18, o indirettamente da una sua alterata funzione per compromissione di RAB3GAP o TBC1D20.

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Resta tuttavia da definire come questa compromissione dell’attività di RAB18, contribuisca allo sviluppo della sindrome da un punto di vista molecolare.(51)

In un recente studio del 2016, Qinwei Wu et al., sottolineano il ruolo di RAB 18 nel controllo della migrazione neuronale e nello sviluppo della corteccia cerebrale.

Infatti da studi condotti su topi, si evidenzia come la mancata espressione di RAB18 determini una compromissione nella migrazione radiale dei neuroni corticali, mentre la distruzione di RAB3GAP determina un ritardo di migrazione degli stessi.

Topi knockdown per RAB18 hanno una ridotta espressione di N-caderina sulla loro superficie, infatti si assiste ad un’accelerazione nella degradazione di N-caderina.

Questo si pensa possa accadere perché N-caderina è bersaglio della via di degradazione lisosomiale dipendente da RAB7 che è situato nelle vicinanze di RAB18.(52)

Tuttavia valutando gli stessi topi knockdown per RAB18 in cui veniva aumentata l’espressione di N-caderina tramite un plasmide, il difetto di migrazione neuronale risultava ridotto.

Dunque N-caderina è necessaria per la migrazione neuronale.

Questo studio dimostra che RAB18 ha ruolo chiave nello sviluppo encefalico dei topi, e potrebbe dimostrare un ruolo essenziale di questo gene nella patogenesi della Warburg Micro syndrome. Restano da definire ancora i dettagli molecolari, di come la disfunzione di RAB18 contribuisca al suo sviluppo.

Per la prima volta si descrive un meccanismo cellulare in grado di spiegare il fenotipo della Micro syndrome: microcefalia, atrofia del corpo calloso e grave ritardo mentale.(53)

Queste sono le conoscenze riguardo la patogenesi della sindrome, che non è stata del tutto spiegata dal punto di vista genetico dato che il 40% dei pazienti affetti da Micro syndrome non ha mutato nessuno dei quattro geni finora descritti in letteratura.

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La speranza è che la ricerca possa continuare e possa fare luce sui passaggi molecolari che vi sono alla base.(51)

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7. CLINICA

La Warburg Micro syndrome è caratterizzata da anomalie a carico di diversi organi, alcune più frequenti e quindi più specifiche e altre meno.

Questa anomalie si manifestano con tempistiche differenti: alcune presenti fin dalla nascita e altre che invece si evidenziano durante lo sviluppo somatico e neurologico dei bambini affetti.

Le principali alterazioni sono oculari, neurologiche e endocrinologiche a cui si aggiungono dismorfismi facciali e altre manifestazioni cliniche molto meno frequenti che sono state descritte solo in alcuni pazienti. Dunque esiste una certa variabilità fenotipica dei pazienti affetti da questa sindrome.

Manifestazioni oculari: le alterazioni oculari sono, secondo quanto riportato da Asahina et al., le manifestazioni cliniche più specifiche di questa sindrome e sono molto precoci. Infatti partendo da queste ultime si potrebbe avere il sospetto di Micro syndrome. (6)

La Warburg Micro syndrome si caratterizza per le seguenti alterazioni dell’apparato visivo:

1. cataratta congenita bilaterale 2. microftalmia

3. microcornea, cioè diametro corneale < 10 mm

4. pupilla piccola, non reagente alla luce o all’agente midriatico 5. progressiva atrofia del nervo ottico

6. alterazione della corteccia visiva, che viene evidenziata da un normale tracciato elettroencefalografico ma assenti potenziali visivi evocati

Questi ultimi elementi sono responsabili della severa compromissione visiva dei pazienti affetti da Micro syndrome: infatti nonostante il precoce intervento chirurgico di cataratta, la percezione visiva sarà limitata solamente alla percezione della luce.(1)

Manifestazioni neurologiche centrali: il sistema nervoso centrale è fortemente compromesso in questa Sindrome, e lo si può evidenziare sia

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da alcune manifestazioni cliniche che dalle immagini di risonanza magnetica.

Le principali manifestazioni cliniche neurologiche presenti nei bambini affetti da Micro syndrome sono di seguito elencate.

1. Microcefalia postnatale: l’elemento caratterizzante è che la microcefalia sia postnatale, in alcuni casi è descritta anche come congenita.(54)

2. Grave ritardo mentale e dello sviluppo: infatti nonostante questi bambini possano raggiungere delle precoci tappe dello sviluppo come la capacità di sorridere, non ne sviluppano altre successivamente ai 4 mesi di vita: non imparano a gattonare, a mantenere la posizione eretta, a camminare e a parlare.

3. Ipotonia congenita: presentano una grave ipotonia assiale e degli arti fino a circa 8-12 mesi di vita. Poi compare spasticità degli arti inferiori.

Questa spasticità col passare degli anni può eventualmente coinvolgere anche gli arti superiori, determinando un quadro di quadriplegia spastica.

L’ipotonia cronica porta poi allo sviluppo di anomalie scheletriche come la cifoscoliosi, deformità toraciche e rigidità articolari.(3)

Attraverso l’acquisizione di immagini del sistema nervoso centrale con la risonanza magnetica (RMI), è stato possibile definire come caratterizzanti la Micro syndrome le seguenti alterazioni.

1. Polimicrogiria (PMG) dei lobi frontale e parietale , e talvolta anche temporale(54). Questa anomalia consiste nella presenza di un numero eccessivo di giri piccoli e fusi, separati da solchi superficiali, in confronto ad una superficie encefalica normale.(50)

2. Ipogenesia del corpo calloso

3. Scissura laterale di Silvio più larga del normale 4. Ipoplasia del verme cerebellare

5. Ritardo di mielinizzazione e displasia corticale

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31 7. ventricolomegalia(14)

Manifestazioni neurologiche periferiche: si descrive anche un una progressiva neuropatia assonale periferica, evidenziabile con gli studi di conduzione nervosa: può compromettere sia la funzione motoria che sensitiva del nervo.(1, 3)

Inoltre nella descrizione di Criado et al. del 1999 si riportava anche l’incontinenza urinaria e fecale.(14)

Manifestazioni genitali: si ritiene che siano una conseguenza dell’ipogonadismo ipogonadotropo che si sviluppa per un difetto ipotalamico.

Nei bambini si riscontrano criptorchidismo e micropene

Nelle bambine invece si evidenziano ipoplasia delle piccole labbra, ipoplasia clitoridea, piccolo introito

Successivamente si avrà anche ritardo di sviluppo puberale.

Dismorfismi facciali.si riscontrano anche le seguenti caratteristiche: bocca relativamente stretta, ponte nasale largo, ipertricosi, ptosi palpebrale, grandi orecchie sporgenti in avanti, micrognazia, fessure palpebrali strette e occhi infossati.(1, 6, 7, 10, 20)

Accanto alle manifestazioni cliniche sopracitate che sono le più frequenti, ne sono state descritte altre meno frequenti.

Ad esempio è stato riportato il caso di due sorelline polacche che presentavano cardiomiopatia ipertrofica oltre a neuropatia periferica e le altre classiche manifestazioni della sindrome.(3)

Inoltre si descrivono pazienti con epilessia, ed è stato descritto anche lo sviluppo di osteopenia: quest’ultima potrebbe essere causata dalla disfunzione di RAB3D che regola la attività degli osteoclasti.(2)

In uno dei primi casi descritti di Warburg Micro syndrome, si erano identificate anche anomalie renali: ectopia renale, fusione dei poli inferiori.(11)

Tipicamente i bambini affetti da Micro syndrome hanno un normale peso alla nascita, e anche normale lunghezza: queste invece non subiranno il corretto incremento durante la crescita.

Di seguito si riporta una tabella con le principali manifestazioni cliniche riportate da vari autori.

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Tabella 2. Manifestazioni cliniche Micro syndrome (6, 54)

Warburg (1993) Rodriguez (1999) Ainsworth (2001) Graham (2004) Asahina (2016) Normale dimensione alla nascita + + + + + Microcefalia postnatale + + + + + Cataratta congenita + + + + + Microcornea + + + + + Pupilla piccola ristrette + + + + + Fessure palpebrali strette + + + + Non riportato Atrofia ottica + + + + + Grave ritardo mentale + + + + + Ipotonia congenita + + + + + Spasticità successiva + + + + + Ipoplasia corpo calloso + + + + + Ritardo di crescita + + + + + Anomalie genitali + + + + + Orecchie prominenti + - + + +

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33 8. STORIA NATURALE

Tipicamente i bambini affetti da Micro syndrome hanno un normale peso alla nascita, mentre presentano un ritardo di crescita postnatale.(6)

La presenza di cataratta congenita si apprezza nell’immediato periodo postnatale, con l’esecuzione del test del riflesso rosso, ed è accompagnata da microcornea e microftalmia.(16)

La microcefalia si presenta durante il primo anno di vita, cioè nel periodo postnatale. (54)

Durante l’infanzia risultano evidenti i ritardi mentale e motorio, e l’ipotonia: per questo i bambini affetti da Micro syndrome sono incapaci di parlare, oppure riescono a pronunciare solo poche parole, e sono incapaci di camminare e stare seduti.

A partire da 8-12 mesi di vita inizia a comparire spasticità degli arti inferiori che può eventualmente e progressivamente interessare anche gli arti superiori determinando un quadro di quadriplegia spastica.(1)

L’atrofia del nervo ottico diventa più evidente col passare degli anni. A fronte dell’ipogonadismo ipogonadotropo si possono evidenziare anomalie dei genitali e ritardo puberale.(6, 13-16)

9. METODI DIAGNOSTICI

I segni più affidabili nell’immediato periodo postnatale, sono quelli oculari: cataratta congenita, microftalmia, microcornea e pupille atoniche. Per questo motivo la valutazione oftalmologica ha un ruolo cruciale nell’identificazione precoce di questa sindrome.

Inizialmente infatti la natura e la severità delle caratteristiche non oculari, sono meno evidenti.

Oltre alle periodiche valutazioni pediatriche, molto importante è anche l’anamnesi familiare riguardo l’etnia dei genitori, l’eventuale consanguineità e la presenza di altri figli con quadro clinico simile. Infatti essendo la patologia autosomica recessiva, è più frequente che si sviluppi in bambini nati da genitori consanguinei, ed è stata maggiormente descritta in famiglie mussulmane. Questo non esclude però la nascita di un bambino affetto da Micro syndrome anche da genitori non consanguinei, o di un’ altra etnia.(15)

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Per poter identificare le tipiche alterazioni neurologiche centrali dei pazienti affetti da Warburg Micro syndrome, si ricorre all’acquisizione di immagini di risonanza magnetica (RMI).

In questo modo si evidenzino delle modificazioni caratteristiche come: atrofia del corpo calloso, polimicrogiria frontale e parietale, anomalie di mielinizzazione, ipoplasia del verme cerebellare.(1)

Infine, grazie alla scoperta negli anni di alcuni dei geni che sono alla base della Micro syndrome, l’analisi genetica ha acquisito un ruolo molto importante. Permette di ridurre il disagio nei pazienti affetti e nei loro genitori, legato al lungo processo diagnostico in cui si cerca di definire l’origine della patologia.(3)

Un’adeguata consulenza genetica è possibile dopo la nascita del primo bambino affetto, per valutare se effettivamente i genitori siano portatori sani del gene mutato, essendo una patologia autosomica recessiva.

In caso così fosse, il rischio di avere un altro bambino affetto da Micro syndrome sarebbe del 25%.

10. DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Diverse sindromi vengono poste in diagnosi differenziale con la Micro syndrome, tra queste abbiamo la Sindrome Cerebro-oculo-facio-scheletrica (COFS), la Cockayne syndrome (CS) e la Sindrome di Martsolf. Tutte queste sindromi presentano microcefalia, grave ritardo mentale e cataratta.

La Micro syndrome differisce clinicamente da COFS e CS per il minor deficit di crescita prenatale e postnatale, la normale funzione uditiva, la percezione visiva deficitaria nonostante il precoce intervento di rimozione della cataratta congenita, e la migliore prognosi per quanto riguarda lo sviluppo e la sopravvivenza.

Inoltre COFS e CS si caratterizzano per l’ipersensibilità ai raggi ultravioletti, conseguente al deficit del sistema di riparazione per escissione di nucleotidi (NER), delle cellule in coltura prelevate dai pazienti affetti da queste sindromi.

La Cockayne syndrome è una sindrome che interessa diversi organi ed è progressiva. Si caratterizza per ritardo dello sviluppo, deficit di crescita,

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microcefalia, fotosensibilità cutanea, perdita progressiva dell’udito, retinopatia pigmentaria, cataratta e enoftalmo.

Questa sindrome può esordire in età adulta con prognosi migliore, oppure in età più giovane, definendo diversi sottotipi che fanno parte di uno spettro continuo.

Alla base di questa sindrome vi sono mutazioni a carico dei geni ERCC6 (CSB) e ERCC8 (CSA).(56-58)

La sindrome Cerebro-oculo-facio-scheletrica è un disordine autosomico recessivo caratterizzato da microcefalia, cataratta, microftalmia e artrogriposi che insorgono molto precocemente, già nel feto.

Alla base di questa sindrome ci sono mutazioni a carico dei geni CSB, XPD, XPG e ERCC1.(59)

La diagnosi differenziale più difficile probabilmente è quella con la sindrome di Martsolf, che prima di tutto si distingue per la migliore aspettativa di vita.(54)

Inoltre risulta essere meno frequente e meno severa. Dal punto di vista oculare sono presenti la cataratta congenita bilaterale e la microftalmia mentre mancano l’atrofia del nervo ottico e la compromissione della corteccia visiva, così da avere un minore deficit funzionale visivo.

Anche la microcefalia e il ritardo mentale sono meno pronunciati e la spasticità rimane spesso confinata ai soli arti inferiori.(1)

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36 11. TRATTAMENTO E PROGNOSI

Una specifica terapia per la Micro syndrome non esiste, la gestione di questa patologia è di tipo sintomatico multidisciplinare: è richiesta infatti la collaborazione di più specialisti per far fronte ai bisogni speciali di questi bambini.

Si raccomanda l’intervento chirurgico per risolvere la cataratta congenita, cui devono seguire periodici controlli oftalmologici e un percorso di riabilitazione visiva.

Molto importante è il lavoro di fisioterapia per far fronte all’ipotonia, alla successiva spasticità degli arti e alla rigidità articolare. A questo si associa un percorso di riabilitazione neuropsichiatrica volto a favorire lo sviluppo cognitivo e la comunicazione.

È richiesta un’assistenza permanente e si avrà dipendenza dalla sedia a rotelle.

Per i pazienti che hanno epilessia, viene raccomandata una consulenza da un neurologo pediatrico ed eventuale terapia antiepilettica.

A fronte dell’ipogonadismo ipogonadotropo la terapia sostitutiva con ormoni sessuali è indicata a partire dal periodo puberale per mantenere in buone condizioni il corpo e ottenere una buona densità minerale ossea.(6, 15, 16)

Per quanto riguarda la prognosi, a fronte di una certa variabilità fenotipica e quindi di storia naturale, si riportano diverse aspettative di vita: da bambini che non superano la prima decade di vita, a bambini che raggiungono e superano la seconda decade di vita.(15, 19)

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37 12. OBIETTIVO

Lo scopo del nostro lavoro è quello di segnalare la scoperta di due nuove mutazioni del gene RAB3GAP1 che causano la Warburg Micro syndrome, e di paragonare il quadro clinico che da esse deriva con quello riportato in letteratura.

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38 13. PRESENTAZIONE DEI CASI CLINICI

Si descrive la storia clinica di due sorelline italiane nate da genitori non consanguinei a cui è stata diagnosticata, dopo l’esecuzione di indagini genetiche, la Warburg Micro syndrome.

La prima bambina, R.B, nata a termine dopo una normale gravidanza, è stata indirizzata, al secondo giorno di vita, alla U.O. Oculistica Universitaria di Pisa per una valutazione a fronte di una cataratta congenita bilaterale. Il suo peso era di 2,3 kg, lunghezza e circonferenza cranica non erano state registrate.

Dall’esame oftalmologico sono emersi cataratta congenita bilaterale e microftalmia.

Di conseguenza è stata sottoposta all’intervento di cataratta con lensectomia via pars plana e vitrectomia anteriore durante il primo mese di vita e per questo motivo risulta afachica.

Il medesimo intervento è stato eseguito a tre mesi di vita sull’altro occhio, dunque risulta afachica da entrambi gli occhi.

Per via dell’assenza del cristallino porta lenti a contatto in silicone che alterna con lenti a tempiale.

Dalla valutazione postoperatoria è emersa esotropia dell’occhio sinistro che faceva supporre un maggior utilizzo dell’occhio destro, e per questo veniva prescritta occlusione dell’occhio destro per tre ore al giorno

All’età di tre mesi, pesava 4,2 kg (tra il terzo e quindicesimo percentile), aveva una lunghezza di 57,7 cm (quindicesimo- cinquantesimo percentile) e una circonferenza cranica di 37 cm (terzo-quindicesimo percentile). Mostrava una lieve reazione agli stimoli ambientali, soprattutto a quelli acustici, modificando di conseguenza la posizione della testa e muovendo gli occhi.

Presentava ipotonia assiale e degli arti, scarso controllo verticale della testa, le mani tendevano a rimanere con il pollice addotto e posto al di sotto delle altre dita chiuse a pugno.

Le immagini encefaliche ottenute con la risonanza magnetica evidenziavano un ingrandimento dei ventricoli laterali, del terzo ventricolo, e ipoplasia del corpo calloso.

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La bambina ha intrapreso un percorso riabilitativo motorio e visivo, mostrando lievi miglioramenti.

Otto mesi dopo l’intervento di cataratta, è stata riscontrata la comparsa di cataratta secondaria per cui ha eseguito la pulizia della capsula posteriore in OO.

A 21 mesi di età aveva una circonferenza cranica di 44 cm e sviluppo somatico nei limiti della norma. Era in grado di mantenere la posizione seduta, seppur con tronco leggermente antiflesso, in alcuni momenti grazie all’appoggio laterale delle mani, e per qualche istante senza appoggio. Le rotazioni del tronco per raggiungere l’oggetto erano iniziali e non veniva segnalata la possibilità di passaggi interposturali: né da seduta a prona e viceversa, né di rotolamento.

Da prona era in grado di sollevare il capo e di strisciare sfruttando la spinta degli arti superiori, mentre quelli inferiori si mantenevano estesi.

Gli arti inferiori si presentavano infatti in iperestensione che si manifestava maggiormente in posizione antigravitaria. Si evidenziavano ipertono prossimale e soprattutto distale di entrambi gli arti inferiori, con iper-riflessia e clono esauribile del piede che presentava un cavismo bilaterale importante.

Gli arti superiori invece presentavano una motricità migliore rispetto a quelli inferiori e infatti la bambina era in grado di afferrare degli oggetti di grandi dimensioni.

Dal punto di vista percettivo appariva migliorata: era in grado di fissare, inseguire il volto dell’esaminatore e oggetti anche a media distanza. Presentava inoltre sensibilità ai suoni, marcato ritardo cognitivo e del linguaggio, con una buona disponibilità alla relazione.

Continuava la riabilitazione visiva presso il Centro di Riabilitazione Visiva della AOUP, la riabilitazione motoria in piscina e la fisioterapia due volte alla settimana. La fisioterapia è volta tra l’altro allo stretching dolce della articolazione tibio-tarsica e ad un lavoro sul piede vista la tendenza ingravescente del cavismo.

A 24 mesi esegue sondaggio delle vie lacrimali bilateralmente per ostruzione delle stesse.

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A 3 anni e un mese di vita è in grado di afferrare gli oggetti posti a 20 cm di distanza e, se stimolata, di seguire relativamente gli oggetti nel campo visivo alla distanza di 50 cm.

Presenta esotropia fissando preferibilmente con l’occhio destro e per questo motivo continua l’occlusione dell’occhio destro per 3 ore al giorno. Gli arti inferiori risultano ipertonici, e a fronte di ciò sono stati applicati dei tutori.

Non ha mai acquisito la capacità di parlare e di gattonare, ma viene riferita la possibilità di striscio con spinta prevalentemente degli arti superiori.

Sua sorella, F.B, che è un anno più piccola, è nata con cataratta congenita bilaterale e presenta lo stesso quadro clinico.

Nelle prime settimane di vita ha eseguito l’intervento di cataratta con lensectomia via pars plana e vitrectomia anteriore in OO.

A 4 mesi di vita si descriveva una esotropia alternante e a 10 mesi si notava che fissava in maniera preferenziale con l’occhio sinistro: per questo motivo veniva consigliata l’occlusione dell’occhio sinistro per quattro ore consecutive tutti i giorni.

A 15 mesi di vita veniva segnalata la presenza di cataratta secondaria bilateralmente.

Per questo motivo è stato necessario un successivo intervento chirurgico di rimozione di sinechie irido capsulari e dell’opacità secondaria, a 17 mesi di vita.

Nella stessa data durante la narcosi per l’intervento chirurgico, si descrivevano: retina aderente e polo posteriore morfologicamente nella norma e tono oculare nella norma.

Dal punto di vista motorio e di ritardo dello sviluppo neurologico il quadro clinico è simile a quello della sorella maggiore.

Una volta a settimana la bambina è sottoposta a fisioterapia, e svolge attività motoria in piscina

Inoltre esegue un training di motricità oculare, che prevede la fissazione di oggetti fermi e in movimento. Gli oggetti utilizzati sono sia bianchi e neri che colorati, e riesce a fissarli fino a un range di 70-90 cm di distanza.

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Essendo il linguaggio assente, si riesce a capire fino a quale distanza è in grado di percepire gli oggetti, perché oltre tale distanza, distoglie lo sguardo dall’oggetto.

È in grado di seguire gli oggetti in tutte le direzioni, da destra a sinistra e dall’alto in basso.

Durante la riabilitazione tiene bendato l’occhio sinistro e quando si posizionano oggetti nel campo visivo di sinistra, la bambina ruota il tronco per seguirli.

Nel corso dell’ultimo anno, in parte anche perché cresciuta, è migliorata. Infatti pur avendo sempre avuto la capacità di fissare gli oggetti, è migliorata in questo, mostrando una maggiore partecipazione nell’esecuzione degli esercizi.

È molto attratta da oggetti riflettenti, come gli specchi, e dal display dei cellulari che tende ad avvicinare all’occhio di destra con cui lavora.

È in grado di mantenere la posizione seduta grazie all’ausilio di un cuscino rigido e appoggiando le braccia. Da prona non riesce a muoversi molto. Attualmente tiene le mani aperte ed utilizza in maniera alternata una delle due per esplorare l’ambiente. Non riesce per ora ad esplorare l’ambiente in maniera bimanuale.

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14. INDAGINI E ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI

La grave ipotonia e la concomitante cataratta congenita riscontrate nella primogenita, avevano posto il sospetto di un’origine genetica del quadro clinico.

Tuttavia, inizialmente, non vennero eseguite le analisi genetiche per il mancato consenso da parte dei genitori.

A seguito della nascita della seconda figlia a poco più di un anno di distanza dalla prima, con cataratta congenita e ipotonia come la sorella maggiore, l’ipotesi dell’origine genetica divenne più forte e i genitori diedero il consenso per le analisi genetiche.

Questa ipotesi veniva formulata anche perché le indagini perinatali risultavano negative per qualsiasi malattia infettiva, o causata da fattori teratogeni, sviluppata durante la gravidanza. Tra queste sono state eseguite le indagini di screening per toxoplasmosi, rosolia, infezioni da parte di citomegalovirus e herpes virus.

Un ulteriore esame eseguito è stata la risonanza magnetica dell’encefalo che ha permesso di evidenziare ipoplasia del corpo calloso in entrambe le sorelle e ingrandimento dei ventricoli laterali e terzo nella maggiore. Dopo aver ottenuto il consenso informato, sono state eseguite le analisi genetiche su campioni di sangue delle bambine e dei loro genitori.

Un totale di 114 geni (vedi tabella 3) sono stati analizzati tramite il kit Agilent SureSelect Custom Target enrichment (congenital cataract v2) e sequenziati tramite il macchinario HiSeq 2500 (Illumina, San Diego, CA, USA).

Quest’ultimo utilizza le tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS) e a differenza del sequenziamento tradizionale col metodo Sanger, consente di sequenziare moltissimi frammenti di DNA in parallelo.

Il DNA viene frammentato in maniera casuale, e i frammenti così ottenuti vengono ancorati al supporto, su cui avverrà il sequenziamento, tramite delle sequenze predefinite dette adattatori.

Ogni frammento di DNA viene amplificato più volte, generando così dei cluster.

Il sequenziamento vero e proprio prevede l’utilizzo di deossiribonucleotidi marcati, ognuno con un gruppo fluorescente di colore diverso: in base a

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quale nucleotide viene inserito nella sequenza, viene generata una fluorescenza di colore diverso che viene letta da un’apposita telecamera.(60)

Con questa tecnica di sequenziamento sono state identificate due mutazioni eterozigoti del gene RAB3GAP1, che sono state confermate successivamente col sequenziamento bidirezionale di Sanger.

La tecnica ideata da Sanger prevede l’utilizzo di deossinucleotidi e di dideossinucleotidi marcati (radioattivamente o per fluorescenza) che se incorporati nel filamento di DNA in trascrizione, ne determinano la terminazione prima della fine della sequenza stampo.

Il campione di DNA da sequenziare viene diviso in quattro reazioni diverse, ognuna delle quali presenta tutti e quattro i deossinucleotidi, uno solo dei dideossinucleotidi marcati e la DNA polimerasi.

Si originano in questo modo frammenti di DNA di lunghezza diversa, interrotti nel punto di incorporazione del dideossinucleotide al posto del deossinucleotide.

Successivamente viene fatta una corsa elettroforetica su gel: ognuna delle 4 reazioni è corsa su pozzetti vicini, dopodiché le bande sono visualizzate su lastra autoradiografica o sotto luce UV, e la sequenza viene letta direttamente sulla lastra o sul gel, a seconda del tipo di marcatura dei dideossinucleotidi.(61, 62)

Tabella 3. Geni testati e numero di collocazione della sequenza

Nome del gene Numero di collocazione della sequenza

ADAMTSIO NM_030957.2 LTBP2 NM_000428.2 ADAMTSL4 NM_019032.4 MAF NM_005360.4 AGK NM_0113238.3 MAN2A NM_002372.2 AGPS NM_003659.3 MAN2B1 NM_000528 AKR1E2 NM_001040177.1 MFSDBL NM_152599.3 ALDH18A1 NM_002&30.3 MIP NM_012064.3 B3GALTL NM_194318.3 MIR1B4 NR 029705.1 BOOR NM_017745.5, NM_C011233&5.1, NM 001123384.1 MYH9 NM_002473.4 BFSP1 NM_001195.3 NDP NM_000266.3 BFSP2 NM_003571.2 NF2 NM_000268.3 ,NM_016418.5, NM_181832.2

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