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Automorfismi delle superfici di Godeaux con torsione di ordine 4 e 5

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Università di Pisa

Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali Corso di Laurea in Matematica

Tesi di Laurea Specialistica

Automorfismi delle

superfici di

Godeaux con

torsione di ordine 4 e 5

27giugno 2008 Relatore: Chiar.mo Prof. Rita Pardini Laureando: Stefano Maggiolo Anno accademico 2007–2008

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I N D I C E

i n t r o d u z i o n e v

1 p r e r e q u i s i t i 1

1.1 Varietà intersezione completa 1 1.2 Varietà immerse canonicamente 3 1.3 Gruppo fondamentale algebrico 4

2 c o s t r u z i o n e 9

2.1 Classificazione 9

2.2 Superfici con torsione di ordine 5 14 2.3 Superfici con torsione di ordine 4 19

3 a u t o m o r f i s m i d e l l e s u p e r f i c i c o n t o r s i o n e d i o r -d i n e 5 33

3.1 La superficie di Godeaux classica 33 3.2 Il caso generale 34 3.3 Automorfismi di tipo 1 36 3.4 Automorfismi di tipo 4 37 3.5 Automorfismi di tipo 2 38 3.6 Conclusione 40 4 a u t o m o r f i s m i d e l l e s u p e r f i c i c o n t o r s i o n e d i o r -d i n e 4 41 4.1 Preliminari 41 4.2 Automorfismi di tipo 1 42 4.3 Automorfismi di tipo 3 46 4.4 Conclusione 50 b i b l i o g r a f i a 57 iii

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I N T R O D U Z I O N E

s t o r i a d e l l e s u p e r f i c i d i g o d e a u x

Una superficie di Godeaux è una superficie algebrica liscia, proiettiva e minimale, con genere geometrico pge irregolarità q nulli, e autointer-sezione del divisore canonico K2uguale a 1. Questa importante classe di superfici prende il nome da Lucien Godeaux, che nel 1931 costruì il primo esempio nell’articolo [13]; nel seguito chiameremo questa superficie la superficie di Godeaux classica. L’importanza, per lo meno dal punto di vista storico, della superficie di Godeaux classica risale a una congettura di Max Noether (circa 1870) che ipotizzò che una superficie con irregolarità e genere geometrico nulli fosse razionale. Circa vent’anni più tardi, nel 1894 (pubblicato però nel compendio [10]), Federigo Enriques esibì il primo esempio, che ora porta il suo nome, di superficie non razionale con tali invarianti, contraddicendo la congettura di Noether. Nello stesso anno, Guido Castelnuovo ini-ziò la dimostrazione del famoso Criterio di razionalità, completata in [9]: se una superficie soddisfa le più restrittive ipotesi di irregolarità e secondo plurigenere nulli, allora è razionale.

Nonostante la superficie di Enriques fosse già un controesempio per la congettura di Noether, rimase aperto il problema di scoprire una superficie di tipo generale con irregolarità e genere geometrico nulli; la superficie di Enriques infatti ha dimensione di Kodaira nulla. La superficie di Godeaux classica fu il primo esempio di superficie di tipo generale con q = pg = 0, precedendo di poco la costruzione di un’altra superficie con le stesse caratteristiche da parte di Luigi Campedelli (vedi [8]). Queste due superfici sono distinte da un altro invariante, l’autointersezione del divisore canonico, che per le Go-deaux è 1, mentre per l’esempio di Campedelli è 2. Nel tempo, le superfici lisce e minimali, con pg = q = 0 e K2 = 1 (rispettivamen-te, K2 = 2) sono state chiamate superfici (numeriche) di Godeaux (rispettivamente, di Campedelli). Le due costruzioni sono molto di-verse: Campedelli usò un rivestimento doppio del piano proiettivo, ramificato su opportune curve per ottenere una superficie con i giusti invarianti; Godeaux invece quozientò una superficie quintica di P3 per un’azione libera diZ5.

A riprova della lunga strada ancora da compiere nello studio delle superfici di tipo generale, una classificazione delle superfici di Go-deaux (nonostante dal 1931 siano state studiate da molti autori) an-cora non è completa. Com’è chiaro dalla descrizione, la superficie di

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vi i n t r o d u z i o n e

Godeaux classica ha gruppo fondamentale algebrico isomorfo a Z5. Yoichi Miyaoka, in [22] dimostrò che le superfici di Godeaux con tale gruppo fondamentale algebrico formano uno spazio di moduli irri-ducibile di dimensione otto, e diede la costruzione esplicita di que-ste superfici. Inoltre, dimostrò che il gruppo fondamentale algebrico di una superficie di Godeaux non può avere più di cinque elementi e deve essere ciclico (sostanzialmente, il caso Z22 non può accadere). Appare allora ovvio tentare una classificazione rispetto al gruppo fon-damentale algebrico. In effetti, Miles Reid in [25], calcolando l’anello canonico di una superficie di Godeaux con gruppo fondamentale al-gebrico ciclico di ordine 5, 4 e 3, riuscì a descrivere completamente queste classi (ritrovando il risultato di Miyaoka nel caso di ordine 5), dimostrando che il loro spazio dei moduli è irriducibile e di dimen-sione otto. Invece, per i due casi rimanenti, cioè per le superfici di Go-deaux con gruppo fondamentale algebrico di ordine due, e per quelle algebricamente semplicemente connesse, si conosce molto poco: una classificazione completa non è nota, anzi, ne sono stati costruiti solo sporadici esempi; i primi in ordine temporale sono di Rebecca Barlow: per la prima classe in [2], mentre per la seconda in [3].

a u t o m o r f i s m i d i u n a s u p e r f i c i e d i t i p o g e n e r a l e

Nel 1893, Adolf Hurwitz mostrò che per le curve di genere g ≥ 2, il gruppo di automorfismi è finito e di cardinalità minore o uguale a 42·2(g−1). Inoltre, questo limite è effettivo, nel senso che esistono curve che raggiungono il limite, chiamate ancora oggi curve di Hur-witz. Nella terminologia moderna, le curve con genere maggiore o uguale a due sono quelle con dimensione di Kodaira positiva, cioè le curve di tipo generale; inoltre, 2(g−1) può essere visto come il grado del divisore canonico. Abbastanza sorprendentemente, per le superfici di tipo generale, come sono le superfici di Godeaux, si trova una stima completamente analoga.

Il percorso compiuto per arrivare a questo risultato comincia nella metà del ventesimo secolo, quando Aldo Andreotti in [1] dimostra che per una superficie di tipo generale il gruppo degli automorfismi è finito. In questo articolo viene anche mostrato un limite superiore al numero di automorfismi, esponenziale rispetto al genere geometrico. Negli anni Ottanta, questo limite è stato abbassato per alcune classi di superfici a una dipendenza polinomiale. Successivamente, Alessio Corti in [11] ha dimostrato una stima polinomiale, nell’autointerse-zione del divisore canonico, per tutte le superfici di tipo generale, anche se il polinomio che limita è di grado dieci. Poco dopo, questa stima è stata ancora affinata da Alan T. Hucklebarry e Martin Sauer in [20], arrivando a un limite asintotico a log(K2) · (K2)15/2

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vii

contesto, vengono sviluppati i lavori di Xiao Gang (per le referenze, si veda [27]), che dimostra il limite effettivo 422K2(oltre che un limite per il massimo sottogruppo abeliano del gruppo degli automorfismi per una varietà di tipo generale), raggiunto nelle superfici che sono prodotto di una curva di Hurwitz con sé stessa.

Per quanto riguarda gli automorfismi delle superfici di Godeaux, il limite di Xiao ci permette di dire che il numero di automorfismi è al più 1764, il che non dà moltissime informazioni. Più informazioni invece porta l’articolo [7], che classifica le superfici di Godeaux che ammettono un’involuzione. Recentemente, sulla stessa linea Eleonora Palmieri in [23] ha dimostrato che non esistono superfici di Godeaux dotate di un automorfismo di ordine tre.

Il nostro contributo si pone trasversalmente rispetto a questi lavori. Invece di classificare le superfici di Godeaux che ammettono un auto-morfismo con una particolare proprietà, descriveremo esplicitamente il gruppo di automorfismi delle superfici di Godeaux con torsione di ordine quattro e cinque.

Dopo aver richiamato alcuni risultati e nozioni generali nel Capi-tolo 1, mostreremo nel CapiCapi-tolo 2 la costruzione delle superfici di Godeaux con gruppo fondamentale di ordine quattro e cinque, se-guendo sostanzialmente [25]. La parte originale è contenuta nei due capitoli successivi, dove calcoleremo il gruppo degli automorfismi di queste superfici; in particolare, mostreremo (vedi la tabella 4 a pagi-na 40 e la tabella 7 a pagipagi-na 53) per ogni gruppo possibile le sottova-rietà corrispondenti nello spazio dei moduli. Sia nel caso con torsione di ordine cinque che in quello di ordine quattro, la generica superfi-cie non ammette automorfismi diversi dall’identità; nel primo caso c’è una sola superficie (la superficie di Godeaux classica) che raggiunge il massimo numero di automorfismi, 100; nel secondo caso, il massi-mo numero di automassi-morfismi, 8, viene raggiunto in una sottovarietà di dimensione due dello spazio dei moduli. Grazie a questa classificazio-ne otterremo inoltre che il gruppo di automorfismi di una superficie di Godeaux con torsione isomorfa aZ4è abeliano.

n o t a z i o n i

Per varietà intendiamo sempre una varietà proiettiva definita su C; quando non specificato, sottintenderemo che una varietà è liscia. Se X è una varietà (liscia) indichiamo conΩk

Xil fascio delle k-forme su X, con ωX = Vdim X1 Ω1X il fascio canonico e con KX il divisore canonico. Rispettivamente Hk(X, F)e hk(X, F)sono la k-esima coomologia di X a coefficienti nel fascio F (oppure, se F è un divisore, nel fascio OX(F)) e la sua dimensione comeC-spazio vettoriale. Il genere geometrico di X è pg(X) := h0(X, KX)mentre l’irregolarità è q(X) := h1,0(X), cioè

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viii i n t r o d u z i o n e

la dimensione di H0(X,Ω1

X). Per una superficie, cioè una varietà di dimensione due, h1,0(X) = h0,1(X) = h1(X, OX), di conseguenza la caratteristica di X è χ(OX) =1−q(X) +pg(X). Indichiamo inoltre la caratteristica topologica di X con χtop(X).

Per un divisore su una varietà intenderemo un divisore di Weil; l’equivalenza lineare (cioè, l’uguaglianza a meno del divisore di una funzione razionale) è indicata con ≡, mentre l’equivalenza numerica (cioè, l’avere la stessa intersezione con tutti i divisori) con∼.

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1

P R E R E Q U I S I T I

In questo capitolo riassumeremo alcuni risultati non strettamente ine-renti all’argomento centrale della tesi, ma che saranno utili nel pro-sieguo.

1.1 v a r i e t à i n t e r s e z i o n e c o m p l e t a

1.1.1 proposizione. Sia X⊆PN una varietà liscia, intersezione completa delle ipersuperfici H1, . . ., Hrdi grado d1, . . . , dr; allora

ωX ∼=OX r

i=1 di−N−1 ! .

Dimostrazione. Per il Teorema ii.8.17 in [16], se X0 (nel nostro caso X0 = PN) è una varietà liscia e X ⊆ X0 è una sottovarietà chiusa e irriducibile corrispondente al fascio di ideali I, allora X è liscia se e solo se il suo fascio delle 1-forme Ω1

X è localmente libero di rango r =codim(X, X0)e la successione

0→I/I2→Ω1

X0⊗OX →Ω1X→0 è esatta (in generale, è esatta solo a destra).

Nelle nostre ipotesi, X è liscia e quindi la successione è esatta; passando al determinante della successione otteniamo ωX0⊗OX ∼=

ωX⊗VrI/I2; tensorizzando per il duale di VrI/I2, cioè VrNX/X0, dato che duale e massima potenza esterna commutano, otteniamo

ωX0|X⊗VrNX/X0 ∼= ωX.

Poiché X è intersezione completa, I è generato dai polinomi fi che definiscono le ipersuperfici e, componendo con la proiezione, possiamo scrivere l’omomorfismo suriettivo

r M i=1 OX0(−Hi) = r M i=1 OX0(−di) →I →I/I2. 1

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2 p r e r e q u i s i t i

Restringendo i fasci a X, abbiamo un omomorfismo suriettivo r

M

i=1

OX(−di) →I/I2,

che è un isomorfismo dato che entrambi i fasci sono localmente liberi di rango r. Prendendo la massima potenza esterna,

r ^ I/I2 ∼= r ^ r M i=1 OX(−di) ! ∼ =OX − r

i=1 di ! , da cuiVr NX/X0 ∼=OX  ∑r i=1di  . Ora, ωX ∼=ωX0|X⊗ r ^ NX/X0 ∼=OX(−N−1) ⊗OX r

i=1 di ! ∼ = ∼ =OX r

i=1 di−N−1 ! .

1.1.2 proposizione. Sia X ⊆ PN una varietà, intersezione completa di r ipersuperfici; allora, per ogni i tale che 0 < i < N−r e per ogni k, Hi(X, OX(k)) =0.

Dimostrazione. Procediamo per induzione su r. Se r = 0, X = PN e per il Teorema iii.5.1 in [16], Hi(X, OX(k)) =0 per ogni i /∈ {0, N}. Se l’asserto vale per le varietà di codimensione r−1 e X è l’intersezione completa di una ipersuperficie di grado d con una varietà X0 interse-zione completa di r−1 ipersuperfici, allora abbiamo la successione esatta corta

0→OX0(k−d) →OX0(k) →OX(k) →0.

Dalla corrispondente successione esatta lunga possiamo estrarre per ogni i con 0 <i< N−r la successione esatta

0=Hi X0, OX0(k)→Hi X, OX(k)→Hi+1 X0, OX0(k−d)=0, che implica Hi X, OX(k)

 =0.

1.1.3 teorema (della sezione iperpiana di Lefschetz). Sia X una sot-tovarietà liscia di PN di dimensione n e sia H ⊆ PN un iperpiano; allora

πi(X) ∼= πi(X∩H) per ogni i < n, dove πi associa a una varietà il suo i-esimo gruppo di omotopia.

Dimostrazione. Vedi Teorema i.20.4 in [4], oppure sezione 5.1 e seguen-ti in [14].

(11)

1.2 varietà immerse canonicamente 3

1.1.4 proposizione. Un’ipersuperficie liscia X ⊆ PN, con N > 2, è semplicemente connessa.

Dimostrazione. Se X ⊆ PN ha grado d, possiamo considerare l’im-mersione di Veronese d-upla di PN in PM, dove M := (Nd+d); in que-sta immersione, l’immagine di X è liscia ed è una sezione iperpiana dell’immagine di PN. Poiché PN è semplicemente connesso, per il Teorema di Lefschetz anche π1(X) = {1}.

1.2 v a r i e t à i m m e r s e c a n o n i c a m e n t e

Siano X e Y due varietà, e f : X → Y un morfismo dominante; f induce, per il Teorema ii.8.11 in [16], un omomorfismo canonico di fasci f?: f?Ω1Y → Ω1

X, che, prendendo le massime potenze esterne, induce un omomorfismo f?: f?ωY →ωX, dato che potenza esterna e pullback commutano.

Se Y=X e f ∈Aut(X), da una parte il pullback tramite un isomor-fismo del fascio canonico è ancora il fascio canonico, cioè f?ωX =ωX; dall’altra, dato che la corrispondenza f 7→ f?è canonica (e quindi fun-toriale), anche f?è un isomorfismo. Possiamo costruire il diagramma commutativo ωX=f?ωX X ωX X. f? f

Considerando le sezioni globali, a partire da un automorfismo f di X otteniamo un automorfismo dello spazio vettoriale H0(X, KX), che chiameremo ancora f?. Inoltre, poiché la corrispondenza è funtoriale, se f , h ∈ Aut(X) allora (h◦f)? = f?h?. Questo ci permette di dire che se G è un gruppo con un’azione ρ : G → Aut(X), allora non solo ogni ρg induce un automorfismo ρ?g di H0(X, KX), ma che la mappa g 7→ ρ?g−1 è a sua volta un’azione di G su H0(X, KX), cioè

una rappresentazione lineare di G (è necessario prendere g7→ρ?g−1 in

quanto il pullback è un funtore controvariante).

Abbiamo visto che f ∈Aut(X)induce un automorfismo dello spa-zio vettoriale H0(X, KX); considerando il duale e proiettivizzandolo, otteniamo un automorfismo ef diPN, il codominio della mappa cano-nica ϕ|KX| (quando questa è definita, cioè quando|KX|non ha

compo-nenti fisse). Se supponiamo che ϕ|KX| sia un’immersione, la

restrizio-ne di ef a X ha immagine contenuta in X ed è f : infatti, dato x ∈ X, una sezione s ∈ H0(X, KX) si annulla in f(x) se e solo se f?(s) si annulla in x; abbiamo quindi dimostrato la seguente.

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4 p r e r e q u i s i t i

1.2.1 proposizione. Siano X e Y due varietà con divisore canonico molto ampio, ϕX: X → X0 ⊆ PN e ϕY: Y→Y0 ⊆PN le immersioni canoniche; per ogni morfismo dominante f : X →Y esiste un morfismo ef : PN →PN tale che ef(X0) ⊆Y0 e che rende il diagramma

X X0 Y Y0 ϕX f e f|X0 ϕY

commutativo. Inoltre, la corrispondenza f 7→ f è funtoriale.e

Il vantaggio di avere questa proposizione è che gli automorfismi dello spazio proiettivo sono molto semplici.

1.2.2 proposizione. Ogni automorfismo di PN è lineare; in altre parole, fissato un sistema di coordinate(x0, . . . , xN), è rappresentato da una matrice inP GL(N+1).

Dimostrazione. Se PN è il proiettivizzato di uno spazio vettoriale V di dimensione N +1, allora un automorfismo lineare di V scende a un automorfismo di PN lineare, cioè descritto da una matrice in GL(N+1); due automorfismi linearmente dipendenti scendono allo stesso automorfismo di PN, quindi gli automorfismi lineari di PN sono parametrizzati daP GL(N+1).

Viceversa, se ϕ∈Aut PN, sia L := ϕ?O

PN(1); allora:

• dato che PicPN =ZOPN(1), L∼=OPN(k)per qualche k;

• essendo ϕ = ϕ|L| un’immersione inPN, L è molto ampio, cioè

k >0;

• poiché ϕ?: PicPN PicPN è un automorfismo, L è isomorfo a un generatore di PicPN, cioè k∈ {−1, 1}.

Allora L ∼= OPN(1) e di conseguenza ϕ è descritta da polinomi di

primo grado.

1.3 g r u p p o f o n d a m e n t a l e a l g e b r i c o

Sia X uno spazio topologico connesso per archi, localmente connesso e localmente semplicemente connesso; allora X ammette un rivesti-mento universale, cioè un rivestirivesti-mento eX→X con eX semplicemente connesso; il gruppo fondamentale G := π1(X)agisce su eX in modo che, come spazi topologici, eX/G∼=X (denoteremo l’azione di γ su un punto x∈X con γe ·x). Inoltre, per ogni sottogruppo normale N ≤G,

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1.3 gruppo fondamentale algebrico 5

la mappa X0 :=X/Ne →X è un rivestimento tramite l’azione di G/N. Vale anche la seguente proposizione, che ci sarà utile in seguito. 1.3.1 proposizione. Sia f : X → Y una funzione continua con push for-ward f?: π1(X) → π1(Y) è suriettivo; allora per ogni rivestimento con-nesso p : Y0 → Y, il prodotto fibrato X0 := Y0 ×Y X con la proiezione q : X0 → X è un rivestimento connesso di X.

Dimostrazione. Innanzitutto, q è un rivestimento: per ogni x ∈ X, si considera Ux := f−1(Uy), dove Uy è un intorno di y := f(x) ∈Y tale che p−1(Uy) = FUi con Ui omeomorfo a Uy; allora Ux è un intorno di x, q−1(Ux) =FUi×Uy Uxe Ui×UyUx è omeomorfo a Ux.

Per dimostrare la connessione, fissiamo dei punti base per gli spazi coinvolti in modo da avere il diagramma commutativo

(X0, x00) (X, x0) (Y0, y00) (Y, y0) q p f f0

e dimostriamo che il gruppo fondamentale di X agisce transitivamen-te sulla fibra sopra un punto x∈ X. La fibra sopra x0 è

q−1(x0) =  (x0, y0) | p(y0) = f(x0) = (x0, y0) | y0 ∈ p−1(y0) ; fissiamo (x0, y0) ∈ q−1(x0); poiché p è un rivestimento connesso, esi-ste un laccio γπ1(Y) tale che γ·y00 = y0. Per ipotesi, esiste un laccio δπ1(X)tale che f ◦δ =γ. Ora, per la commutatività del

dia-gramma, la composizione con f0 del sollevamento di δ con estremo iniziale y00 coincide con il sollevamento di γ con estremo iniziale y00, da cui δ·x00 = (x0, y0).

Se lo spazio X di partenza è una varietà complessa, possiamo dare una struttura di varietà complessa a ogni rivestimento di X, dato che X0 e X sono localmente isomorfe. Se X è anche algebrica e proiettiva, ci si può chiedere se si ha una tale struttura anche su X0.

La risposta è affermativa per i rivestimenti π : X0 → X di grado finito. Infatti, se X è proiettiva ammette un fibrato in rette L positivo su X; se il rivestimento è finito, π?L è un fibrato in rette positivo su X0, che, grazie al Teorema di immersione di Kodaira, permette di vedere X0 come una sottovarietà analitica di uno spazio proiettivo. Infine, per il Teorema di Chow, una sottospazio analitico chiuso di

PN è algebrico (per i dettagli, vedi [15]). Viceversa, ogni rivestimento étale, di Galois, di grado finito è anche un rivestimento topologico.

(14)

6 p r e r e q u i s i t i

La definizione di gruppo fondamentale a partire dai lacci ha senso su una varietà complessa, ma non su uno schema più generale. Per estendere la nozione di gruppo fondamentale, si definisce il gruppo fondamentale algebrico per uno schema connesso X come

πalg1 (X):=lim←−Gal X0/X,

dove X0 varia tra i rivestimenti étale, di Galois, di grado finito su X. Se X è complessa, si possono confrontare le due definizioni; si dimostra che in questo caso il gruppo fondamentale algebrico è il completamento profinito del gruppo fondamentale, cioè

πalg1 =lim←−π1/N,

dove N varia tra i sottogruppi normali di π1 con indice finito. In particolare, se π1è finito, πalg1 ∼=π1.

Per le superfici di Godeaux, il gruppo fondamentale algebrico è fi-nito e abeliano; grazie a questo fatto, possiamo identificare il gruppo fondamentale algebrico con Tors(X), la torsione di Pic(X). In parti-colare, se D ∈ Tors(X) è un divisore di ordine n, allora possiamo associargli il rivestimento étale, di Galois, con gruppo di Galois Zn costruito come

X0 :=Spec OX⊕OX(D) ⊕ · · · ⊕OX((n−1)D),

dove la struttura di algebra è data fissando un isomorfismo OX(nD) ∼= OX, mentre l’azione diZnper cui il quoziente è X è definita dalla mol-tiplicazione per ξisulla i-esima componente, con ξ una radice n-esima primitiva dell’unità fissata (per i dettagli, vedi [24]).

Nel calcolare gli automorfismi di una superficie di Godeaux con torsione, faremo uso delle seguenti.

1.3.2 proposizione. Siano X := X0/G e Y := Y0/G due superfici, dove G agisce liberamente su X0 e su Y0; sia f : X → Y un isomorfismo tale che l’immagine di f?: π1(X) →π1(Y)è contenuta nell’immagine di π1(Y0)in

π1(Y); allora esiste un isomorfismo f0: X0 →Y0compatibile con l’azione di G.

Dimostrazione. Un isomorfismo f : X →Y è in particolare è un omeo-morfismo, perciò per le proprietà topologiche dei rivestimenti, se è soddisfatta l’ipotesi sui gruppi fondamentali, si solleva almeno a un omeomorfismo f0: X0 →Y0 (fissando dei punti base x00∈ X0 e y00 ∈Y0, f0(x0)è determinato prendendo un cammino γ da x00 a x0, proiettan-dolo in Y e prendendo il punto finale del sollevamento in Y0 a partire da y00); però, possiamo vedere f anche come un biolomorfismo nella categoria degli spazi analitici; dato che per un omeomorfismo

(15)

l’esse-1.3 gruppo fondamentale algebrico 7

re un biolomorfismo è una questione locale (dove “locale” si intende nella topologia usuale), f0 è un biolomorfismo. Per i Teoremi GAGA (vedi [26]), un biolomorfismo di una varietà algebrica, proiettiva e chiusa vista nella categoria analitica è un isomorfismo nella categoria algebrica.

1.3.3 proposizione. Siano ρ : Zn → Aut(X) e τ : Zn → Aut(Y) due azioni libere; allora ϕ : X →Y passa al quoziente se e solo se esiste h∈Z? n tale che τhϕ= ϕρ1.

Dimostrazione. A priori, ϕ passa al quoziente se e solo se, per ogni x ∈ X e per ogni k ∈ Zn, esiste h ∈ Zn tale che τhϕ(x) = ϕρk(x).

Osserviamo innanzitutto che se la condizione è soddisfatta per k=1, lo è per ogni k (prendendo semplicemente τhk). Inoltre, se h esiste, non dipende da x: sia Chl’insieme degli x∈ PN tali che τhϕ(x) =ϕρ1(x); i Ch sono chiusi e per ipotesi coprono X, ma X è irriducibile, quindi almeno uno dei Ch deve essere X. Infine, se τhϕ = ϕρ1, allora τh e

ρ1 hanno lo stesso ordine perché coniugate tramite un elemento di Aut(X); ma un elemento di Zn ha ordine n se e solo se (h, n) = 1, cioè se h∈Z?

n.

In particolare, abbiamo il seguente corollario.

1.3.4 corollario. Sia π : X0 → X un rivestimento étale, di Galois, con gruppo di Galois G∼=Zn; allora Aut(X)è isomorfo al quoziente del norma-lizzatore NAut(X0)(G)per G.

Dimostrazione. Per la Proposizione 1.3.2 e la Proposizione 1.3.3, un automorfismo ϕ di X viene da almeno un automorfismo ϕ0 di X0 e ϕ0 ∈ NAut(X0)(G). Rimane da dimostrare che gli automorfismi del normalizzatore che inducono l’identità al quoziente sono solo quelli di G; ma se ϕ0 induce l’identità, manda x0 ∈ X0 in un suo coniugato tramite G, cioè per ogni x0 ∈ X0, esiste g ∈ G tale che ϕ0(x0) = g(x0); con gli stessi argomenti della dimostrazione precedente, g se esiste è unico e ϕ0 = g.

(16)
(17)

2

C O S T R U Z I O N E

In questo capitolo definiremo le superfici di Godeaux e mostreremo che possono essere divise in cinque classi a seconda del loro gruppo fondamentale algebrico, che può essere {0}, Z2, Z3, Z4 oZ5. Delle superfici delle prime due classi non abbiamo una descrizione com-pleta, tanto meno una costruzione esplicita (anche se sappiamo che esistono degli esempi); le ultime tre classi invece sono ben comprese: conosciamo lo spazio dei moduli e sappiamo dare una costruzione esplicita di tutte le superfici che vi appartengono.

2.1 c l a s s i f i c a z i o n e

2.1.1 definizione. Una superficie di Godeaux è una superficie S di tipo generale, liscia e minimale, con pg(S) =0=q(S)e K2S=1.

Per la definizione del gruppo fondamentale algebrico (vedi Sezio-ne 1.3), una superficie S ha π

alg 1

≥ n se e solo se esiste un rivesti-mento X → S étale, di Galois, di grado maggiore o uguale a n. Il nostro primo scopo è quello di mostrare che se S è una superficie di Godeaux, il suo gruppo fondamentale algebrico ha al più cinque elementi.

Siano quindi S una superficie di Godeaux e π : X → S un rivesti-mento étale, di Galois, finito, di grado n; allora X è liscia e:

K2X= nKS2 =n perché KX= π?KS;

χ(OX) =(OS) =n, per il Lemma vi.3 in [6]; pg(X) =n−1+q(X) da χ(OX) =1−q(X) +pg(X).

Applicando la disuguaglianza di Noether (vedi Teorema vii.3.1 in [4]), K2X ≥2 pg(X) −4, otteniamo

n=K2X ≥2(n−1+q(X)) −4=2 q(X) +2n−6,

da cui n ≤ 6−2 q(X) ≤ 6. Dobbiamo escludere il caso n = 6; per farlo abbiamo bisogno dei lemmi seguenti.

(18)

10 c o s t r u z i o n e

2.1.2 lemma. Sia X una superficie con q(X) > 0; allora X ammette rivestimenti étale, di Galois, finiti di grado n per ogni n >0.

Dimostrazione. Siano n > 0, q := q(X) e A := Alb(X) la varietà di Albanese di X, dotata del morfismo a : X → A. Poiché A è una va-rietà abeliana, possiamo considerare il morfismo µn: A → A dato dalla moltiplicazione per n. Sia X0 := A×AX il prodotto fibrato che completa il diagramma X0 X A A; f µn α α0

il morfismo µn è chiaramente étale e di Galois e, dato che Alb(X)ha dimensione 2q, è di grado n2q. Poiché X0 si ottiene da X per cambia-mento di base tramite un rivesticambia-mento étale, anche f è tale (vedi [21], pagina 44). Rimane da dimostrare che X0è connesso, ma questo segue dalla Proposizione 1.3.1, dato che una proprietà fondamentale della mappa di Albanese è che l’omomorfismo indotto π1(X) → π1(A) è suriettivo.

2.1.3 lemma. Siano X una superficie di tipo generale, liscia e minimale,

α∈Aut(X)un automorfismo di ordine r tale chehαiagisce liberamente su

X e f : X → P1 una fibrazione in curve di genere g compatibile con α, nel senso che esiste β ∈Aut(P1)che fa commutare il diagramma

X P1 X P1; f α β f allora r |g−1.

Dimostrazione. L’automorfismo β è rappresentato da una matrice di

P GL(2) ed è facile vedere che ha almeno un punto fisso; sia quindi x ∈ P1 un punto tale che β(x) = x e sia F := f?(x), la fibra sopra x. Dato che F è una fibra, F2 = 0; d’altra parte, per la formula di aggiunzione, KF= (KX+F)|F, da cui KX·F=KF·F−F2=2(g−1). Ora, sia S il quoziente X/hαi; il morfismo di proiezione π : X →S è

un rivestimento étale e di Galois; abbiamo KX =π?KS, ma anche F è il pullback tramite π di un divisore F0 di S, essendo F invariante per

α. Allora,

(19)

2.1 classificazione 11

Inoltre, da F = π?F0 abbiamo 0 = F2 = rF02; di conseguenza, per la

formula del genere, KS·F0 è pari, quindi r|g−1. 2.1.4 teorema. Sia S una superficie di Godeaux; allora π

alg 1

≤5.

Dimostrazione. Escludiamo il caso πalg

1 (S)

= 6 mostrando che non esiste una superficie di tipo generale X, liscia e minimale, con K2X=6 e pg(X) =5+q(X), dotata di un gruppo G di automorfismi di ordine sei che agisce in modo libero. In questo caso, 6 ≤ 6−2 q(X) ≤ 6, da cui q(X) =0.

Per assurdo, siano X e G una superficie e un gruppo con le ca-ratteristiche elencate precedentemente. Il quoziente S := X/G è una superficie di Godeaux e abbiamo un rivestimento étale, di Galois, di grado sei, π : X → S. Per X abbiamo K2X = 2 pg(X) −4. Le superfici con q = 0 e K2 = 2 pg −4 o K2 = 2 pg −3 sono dette superfici di Ho-rikawa, il quale le ha studiate estensivamente (per delle referenze, si veda [19]). In particolare, per le superfici con K2=2 pg−4, è noto che la mappa indotta dal sistema lineare canonico è un morfismo ed è un rivestimento doppio su una superficie di grado pg −2 inPpg−1. Nel nostro caso, abbiamo ϕ|KX|: X,→P

4; l’immagine di questo morfismo è la superficie di HirzebruchF1immersa in P4come scroll razionale normale. Se componiamo ϕ|KX|con la proiezioneF1→P

1, otteniamo una fibrazione f : X →P1 che ha come fibre curve di genere due (ve-di Teorema 1.6 e Corollario 1.7 in [18]); poiché è stata costruita solo a partire da KX, è invariante rispetto a G. Per il Lemma 2.1.3, questo implica che l’ordine di ogni elemento di G divide 1, assurdo.

Grazie a questo teorema, rimangono sei possibilità per π1alg(S): i gruppi ciclici di ordine n, 1 ≤n ≤5, eZZ2; dobbiamo escludere quest’ultimo. Dimostriamo alcuni lemmi preliminari.

2.1.5 lemma. Sia D = ∑

i∈ImiCi un divisore numericamente equivalente a 0 su una superficie S di tipo generale, minimale e tale che KS·Ci =0 per ogni i ∈ I; allora D=0.

Dimostrazione. Poiché S è di tipo generale, KS è nef e big. Sia J ⊆ I l’insieme degli indici corrispondenti a coefficienti mj negativi e ponia-mo D1 := ∑i∈I\JmiCi e D2 := ∑j∈J−mjCj. Allora D1 e D2 sono due divisori effettivi, numericamente equivalenti e senza componenti co-muni. Ora, Di2= D1·D2≥0; d’altra parte, per il Teorema dell’indice (vedi Corollario 2.16, [4]), K2S > 0 implica D2i ≤ 0 con l’uguaglianza se e solo se Di =0.

(20)

12 c o s t r u z i o n e

2.1.6 lemma. Sia S una superficie di Godeaux; allora per ogni divisore D∈Tors(S)e per ogni n≥1 a meno del caso n=1, D=0,

h0(S, nKS+D) =1+n 2 

.

Dimostrazione. Per il Teorema di Riemann-Roch, abbiamo

χ(nKS+D) =χ(OS) + 1 2(nKS+D) · (nKS+D−KS) = = χ(OS) + n 2  K2S =1+n 2  ,

dato che un divisore di torsione ha intersezione nulla con ogni altro divisore. Dimostriamo che h1(S, nKS+D) =0=h2(S, nKS+D). Per n ≥ 2, (n−1)KS+D è nef e big, dato che lo è KS in quanto S è di tipo generale, e D non influisce nelle intersezioni, quindi possiamo applicare il Teorema di annullamento di Kawamata-Viehweg (vedi [12]):

hi(S, KS+L) =0 ∀L nef e big,∀i>0.

Rimane da dimostrare che le due coomologie si annullano per n =1 e D 6= 0; se D è di torsione, anche−D lo è e h2(S, KS+D) = h0(S,−D) = 0, perché un divisore non nullo in H0(S,−D)dovrebbe essere effettivo, ma numericamente equivalente a 0, e questo è impos-sibile per il Lemma 2.1.5 (poiché KSè nef, se ha intersezione nulla con un divisore effettivo, deve avere intersezione nulla con ogni sua com-ponente). Consideriamo il rivestimento X→S corrispondente a D: il pullback di un elemento non nullo di H1(S, KS+D) è un elemento non nullo di H1(X, KX), perciò se h1(S, KS+D) >0, anche q(X) >0. Questo però non può accadere: se q(X) > 0, per il Lemma 2.1.2 X avrebbe rivestimenti étale, di Galois, di ogni grado e così S, ma S è una superficie di Godeaux, che abbiamo dimostrato non ammettere tali rivestimenti con grado maggiore di cinque.

2.1.7 lemma. Sia S una superficie di Godeaux e siano D1e D2due divisori distinti, effettivi e numericamente equivalenti a KS. Allora, D1 e D2 non hanno componenti comuni.

Dimostrazione. Poiché S è di tipo generale, KS è nef e big, quindi grazie a KS·Di =1 e Di ≥0 possiamo scrivere

Di =Bi+

j

mi,jCi,j

con KS·Bi =1, Bi irriducibili e KS·Ci,j = 0. Se B1= B2, la differenza tra D1 e D2 è numericamente equivalente a 0 ed è una combinazione

(21)

2.1 classificazione 13

lineare di curve irriducibili con intersezione nulla col divisore cano-nico; per il Lemma 2.1.5, la combinazione lineare deve essere banale, cioè D1 =D2, che va contro le ipotesi.

Allora B1 6= B2; sia E il più grande divisore tale che E ≤ D1 ed E ≤ D2. Da K2S > 0, per il Teorema dell’indice, C2i,j < 0, e poiché S è minimale, C2i,j ≤ −2; d’altra parte C2i,j ≥ −2−KS·Ci,j = −2, cioè Ci,j2 = −2. Otteniamo che la forma d’intersezione delle curve Ci,j è definita negativa e pari; allora E2 ≤ −2. Ora, da un lato D1−E e D2−E sono effettivi e non hanno componenti comuni, quindi il loro prodotto è non negativo; dall’altro,

(D1−E) · (D2−E) = (KS−E)2=KS2+E2− 

2KS·E≤ −1, assurdo.

2.1.8 teorema. Sia S una superficie di Godeaux; allora πalg

1 (S)è un grup-po ciclico di ordine minore o uguale a cinque.

Dimostrazione. Dobbiamo escludere il caso π1alg(S) ∼=ZZ2; suppo-niamo per assurdo che esista una superficie di Godeaux S con questo gruppo fondamentale algebrico.

Per il Lemma 2.1.6, abbiamo tre sezioni non nulle xi,j appartenen-ti a H0(S, KS+Di,j) per (i, j) ∈ ZZ2 non entrambi nulli, dove Di,j è un divisore di torsione in Pic(S), con Di,j2 ≡ 0 e D1,0+D0,1 ≡ D1,1. In particolare, x2i,j sono tre sezioni non nulle in H0(S, 2KS), ma h0(S, 2KS) =2; di conseguenza, esiste una relazione non banale tra le sezioni x2i,j.

Sia ora π : X→S il rivestimento étale e di Galois ottenuto dalla tor-sione di S; allora K2

X = (π?KS)2 = 4, χ(OX) =(OS) = 4. Usando come prima il Lemma 2.1.2 otteniamo q(X) =0 e quindi pg(X) =3.

Denotiamo ancora con xi,j i pullback a X delle sezioni xi,j; i tre pull-back sono indipendenti perché autovettori per l’azione di ZZ2 relativi a caratteri distinti, quindi formano una base di H0(X, KX); hanno però una relazione di secondo grado proveniente dalla rela-zione in H0(S, 2KS). Se |KX| = F+ |M|, con F la parte fissa e M la parte mobile di KX, consideriamo la mappa ϕ|M|. Poiché ogni punto dell’immagine deve soddisfare la relazione di secondo grado, la sua immagine è una conica diP2. Dato che una conica è isomorfa aP1, un punto è linearmente equivalente a un qualsiasi altro punto; quindi la controimmagine di un iperpiano, cioè la controimmagine di due pun-ti, è linearmente equivalente al doppio della fibra T di ϕ|M|: M =2T e|KX| =F+ |2T|.

A questo punto, 4 = K2X = KX·F+2KX·T; in particolare, X è di tipo generale quindi KX è nef e big, perciò abbiamo KX·F ≥ 0 e

(22)

14 c o s t r u z i o n e

0 ≤ 2KX·T ≤ 4, cioè 0 ≤ KX·T ≤ 2. Se F fosse il divisore nullo, avremmo 4=K2X= (2T)2 =4T2, cioè T2 =1; ma allora,

KX·T=2T2 =2,

mentre la formula di aggiunzione darebbe KX·T= (KT−T) ·T=2(g(T) −1) −1, un numero dispari.

Quindi F 6= 0, cioè i divisori corrispondenti alle tre sezioni x0,1, x1,0, x1,1 hanno almeno una componente in comune su X e così i corrispondenti divisori su S; ma questo è impossibile a causa del Lemma 2.1.7.

2.2 s u p e r f i c i c o n t o r s i o n e d i o r d i n e 5

Mostreremo che, fissata una specifica azione ρ diZ5 suP3, le super-fici di Godeaux con torsione isomorfa a Z5 sono in corrispondenza con le ipersuperfici quintiche invarianti diP3 con al più punti doppi razionali, su cui l’azione è libera. La corrispondenza associa a una su-perficie di Godeaux il modello canonico di un rivestimento relativo a un divisore di ordine cinque, mentre a una quintica diP3 associa la risoluzione minimale delle singolarità del quoziente rispetto a ρ. 2.2.1 proposizione. Sia S una superficie di Godeaux con πalg

1 (S) ∼= Z5; allora S è il quoziente rispetto a un’azione libera di Z5 della risoluzione minimale delle singolarità di una ipersuperficie quintica di P3 con al più punti doppi razionali.

Dimostrazione. Consideriamo il rivestimento π : X → S relativo a un divisore che genera la torsione di S; π è un rivestimento étale, di Ga-lois, di grado cinque. Grazie a questo possiamo calcolare gli invarianti di X:

K2X=5K2S=5, perché KX =π?KS;

χ(OX) =(OS) =5, per il Lemma vi.3 in [6];

q(X) =0, per il Lemma 2.1.2;

pg(X) =4, da χ(OX) =1−q(X) +pg(X). Inoltre, poiché KX = π?KS, KX è nef e big, quindi X è minimale. Quindi, X ricade ancora tra le superfici di Horikawa, dato che K2X = 2 pg(X) −3. Per il Teorema 1 in [17], abbiamo due possibilità:

(23)

2.2 superfici con torsione di ordine 5 15

• |KX| è libero e la mappa indotta ϕ|KX| è un morfismo

birazio-nale su un’ipersuperficie quintica di P3 con al più punti doppi razionali.

Il primo caso non può accadere: poiché KX è invariante per l’azione di Z5, se |KX| avesse un unico punto fisso questo dovrebbe essere fisso anche per l’azione, che però è libera.

2.2.2 proposizione. Siano X ⊆ P3 un’ipersuperficie quintica con al più punti doppi razionali e ρ : Z5 → Aut(X), con ρi := ρ(i)un’azione libera;

posto G := ρ(Z5), la risoluzione minimale delle singolarità di R :=X/G è una superficie di Godeaux S con πalg1 (S) ∼=Z5.

Dimostrazione. Nonostante questa proposizione valga anche per X singolare, per semplicità dimostreremo solo il caso in cui X è liscia; in questo caso, R è liscia e quindi uguale a S; inoltre possiamo calcolare con facilità gli invarianti di X:

KX∼=OX(1), per la Proposizione 1.1.1,

(cioè X è immersa inP3 tramite il canonico); q(X) =0, per la Proposizione 1.1.2;

K2X=5, perché 5 è il grado dell’immersione; pg(X) =4, perché l’immersione è inP3;

inoltre, per la Proposizione 1.1.4, X è semplicemente connessa, cioè X è il rivestimento universale di S e in particolare π1(S) ∼=Z5. Essendo un gruppo finito, π1(S) è isomorfo al suo completamento profinito,

πalg1 (S), che quindi è ancora isomorfo aZ5. Gli invarianti di S sono: K2S=1/5K2X =1 e

χ(OS) =1/5χ(OX) =1, per il Lemma vi.3 in [6];

q(S) =0, perché q(X) =0;

pg(S) =0, da χ(OS) =1−q(X) +pg(X); S è di tipo generale perché il canonico è nef e big, infatti

KS·C=1/5KX·π?C≥0

per ogni curva irriducibile C ⊆ S e K2S = 1 > 0; inoltre è minimale: una (−1)-curva intersecherebbe KS in −1, ma KS è nef. Quindi S è una superficie liscia, minimale, di tipo generale, con K2S=1 e pg(S) = 0=q(S), cioè è una superficie di Godeaux; inoltre, πalg1 (S) ∼=Z5.

Siano X una quintica di P3 con al più punti doppi razionali e

ρ: Z5 → Aut(X) con ρi := ρ(i) un’azione libera. Per le due

(24)

16 c o s t r u z i o n e

del quoziente di X rispetto a ρ è una superficie di Godeaux, e tutte le superfici di Godeaux con torsione isomorfa a Z5 si ottengono in questo modo.

Per la Proposizione 1.2.1, ρ induce un’azione canonica (che chiame-remo ancora ρ) di Z5 su P3, tale che la restrizione a X è l’azione di partenza. Nella dimostrazione di quella proposizione, abbiamo visto anche che questa azione proveniva in realtà da una rappresentazione

ρ? di Z5 su H0(X, KX); essendo Z5 un gruppo abeliano finito, ogni sua rappresentazione si decompone come somma di rappresentazioni irriducibili di dimensione uno, cioè possiamo scrivere

H0(X, KX) ∼= Zi1⊕Zi2⊕Zi3⊕Zi4

come rappresentazioni, dove, fissata una radice quinta primitiva del-l’unità ξ, Zi è la rappresentazione su cui 1 ∈ Z5 agisce come la moltiplicazione per ξi. Quindi, a meno di cambiare base, l’azione è diagonale, e ρ?1 =diag(ξi1, ξi2, ξi3, ξi4). Inoltre, gli ij devono essere tut-ti distut-tintut-ti: se ce ne fossero due uguali, allora l’azione fisserebbe un piano di H0(X, KX), cioè una retta diP3, ma questo è impossibile per-ché allora i punti d’intersezione della retta con X sarebbero fissi per l’azione ρ.

Potremmo dimostrare anche che gli esponenti sono tutti non nulli (cioè, la rappresentazione è somma di tutte e sole le rappresentazioni irriducibili di Z5 non banali), ma questo non è necessario, dato che a meno di permutare la base e prendere un multiplo della matrice in P GL(4), l’azione ρ di Z5 in P3 è diagonale e definita da ρ1 = diag(ξ, ξ2, ξ3, ξ4).

Questo significa che tutte le superfici di Godeaux sono birazionali al quoziente di una quintica di P3 con al più punti doppi razionali per un’azione fissata. Dobbiamo solo determinare tutte le quintiche X di questo tipo per cui l’azione suP3si restringe a un’azione libera, cioè quelle fissate da ρ e non passanti per i suoi punti fissi.

l’azione è libera se X non passa per i punti fissi di ρ, che sono so-lo i punti coordinati; perciò, il polinomio f che definisce X non può annullarsi in questi punti, il che significa che i coefficienti di x5i sono non nulli per ogni i∈ {1, 2, 3, 4}. A meno di riscalare le coordinate, possiamo supporre che questi coefficienti siano unitari.

l a q u i n t i c a è i n v a r i a n t e se f lo è, a meno di una costante, per l’applicazione di ρ1 (è sufficiente controllarlo per ρ1 dato che

Z5 è ciclico); poiché abbiamo visto che x5i compare in f con un coefficiente unitario che viene preservato dall’applicazione di

(25)

2.2 superfici con torsione di ordine 5 17

ρ1, è necessario che ogni monomio con coefficiente non nullo sia invariante. Abbiamo

xi1 1x i2 2x i3 3x i4 4 ρi 7−→ξi1+2i2+3i3+4i4x1i1xi22xi33x4i4,

quindi perché la quintica sia invariante è necessario e sufficiente che i monomi che compaiono in f siano quelli di peso nullo modulo 5, dove per peso di un monomio∏4j=1x

ij

j intendiamo il numero4j=1jij. I monomi di quinto grado e peso multiplo di 5 sono 12:

x5

1, x52, x35, x54, x2x33x4, x31x3x4, x1x2x34, x1x32x3, x22x3x42, x1x23x24, x12x22x4, x21x2x23,

quindi f deve essere combinazione lineare di questi monomi con i coefficienti dei primi quattro unitari.

Otteniamo quindi il seguente teorema di costruzione delle superfici di Godeaux con torsione di ordine cinque.

2.2.3 teorema. Tutte e sole le superfici di Godeaux con torsione isomorfa a Z5 si ottengono come risoluzioni minimali delle singolarità del quoziente per l’azione diZ5 definita da ρ1 :=diag(ξ, ξ2, ξ3, ξ4)di una ipersuperficie

quintica X ⊆P3, definita dal polinomio f := x51+x52+x53+x54+

+b1x2x33x4+b2x31x3x4+b3x1x2x34+b4x1x32x3+ +c1x22x3x42+c2x1x23x42+c3x21x22x4+c4x21x2x23 e con al più punti doppi razionali.

La quintica generica di questa famiglia è liscia per il teorema di Bertini; d’altra parte, equazioni diverse potrebbero dare superfici iso-morfe. In effetti abbiamo il seguente teorema che descrive lo spa-zio dei moduli delle superfici di Godeaux con gruppo fondamentale isomorfo aZ5.

2.2.4 teorema. Lo spazio dei moduli M5 delle superfici di Godeaux con gruppo fondamentale isomorfo a Z5 è il quoziente di un aperto fM5 ⊆ A8 per l’azione di un sottogruppo finito T ≤ P GL(4), generato dalle

(26)

matri-18 c o s t r u z i o n e

ci diag(1, ξi2, ξi3, ξi4) e M

k per k ∈ {1, 2, 3, 4}, dove Mσ è la matrice di

permutazione relativa a σ e 1 :=Id,

2 := (2, 1, 3, 4), 3 := (1, 2, 4, 3), 4 := (1, 4)(3, 2).

Dimostrazione. Se ψ : S1 → S2 è un isomorfismo tra due superfici di Godeaux con torsione di ordine 5, provenienti dalle superfici quin-tiche X1 e X2, allora per la Proposizione 1.3.2 (dato che π1(X1) e

π1(X2)sono banali), esiste un isomorfismo ϕ : X1 → X2 che passa al quoziente.

Assumendo per semplicità che X1 e X2 siano lisce, entrambe so-no immerse caso-nonicamente inP3. Allora, possiamo estendere ϕ a un automorfismo di P3 che chiameremo ancora ϕ; inoltre, dato che l’a-zione è fissata, il passaggio al quoziente di questo isomorfismo non dipende né dall’equazione di X1 né da quella di X2.

Abbiamo già visto che i punti fissi di ρ sono i punti coordinati et; se

ϕ è un automorfismo di P3 che passa al quoziente, deve permutare

le orbite, e in particolare i punti fissi. Questo significa che la matrice di P GL(4)che rappresenta ϕ è la permutazione di una matrice dia-gonale, cioè possiamo scrivere ϕ =σd, dove σ permuta le coordinate

mentre d le riscala.

Poiché ϕ è permutazione di una matrice diagonale, deve fissare la parte ∑4i=1x5i del polinomio che definisce X1; questo implica che se si normalizza uno dei quattro coefficienti non nulli della matrice di

ϕa 1, gli altri possono essere solo radici quinte dell’unità. Non tutte

le permutazioni passano al quoziente: per la Proposizione 1.3.3, deve esistere h ∈ Z?

5 tale che ρhϕ = ϕρ1 e poiché d commuta con tutte le matrici diagonali, ϕ passa al quoziente se e solo se esiste h tale che

ρh =σρ1σ−1. La matrice di ρh è diag(ξh, ξ2h, ξ3h, ξ4h), mentre quella di σρ1σ−1 è diag(ξσ −1(1) , ξσ−1(2), ξσ−1(3), ξσ−1(4));

perché definiscano la stessa proiettività, devono essere uguali a meno di un coefficiente moltiplicativo λ6=0; osserviamo però che nelle due matrici gli elementi diagonali sono tutte e sole le radici quinte primi-tive dell’unità, quindi λ deve essere a sua volta una radice quinta del-l’unità; inoltre dev’essere proprio 1, altrimenti comparirebbe un 1 che nell’altra matrice non c’è. Allora le sole permutazioni che possiamo

(27)

2.3 superfici con torsione di ordine 4 19

avere sono quelle con σ−1(i) ≡ ih per un h fissato, che si verificano essere quelle dell’enunciato; osserviamo che gli automorfismi ϕ che sono permutazione secondo h di una matrice diagonale sono quelli che soddisfano ρhϕ= ϕρ1.

Infine, il sottogruppo delle matrici diagonali con radici quinte del-l’unità sulla diagonale e quello delle matrici che sono permutazio-ne mediante k dell’identità gepermutazio-nerano T come prodotto semidiretto, in quanto il primo è normale in T e interseca il secondo solo nella matrice identità.

2.3 s u p e r f i c i c o n t o r s i o n e d i o r d i n e 4

Le superfici di Godeaux con torsione di ordine 4 (cioè, quelle con gruppo fondamentale algebrico isomorfo a Z4, dato che per il Teore-ma 2.1.8 non può essere isomorfo aZZ2) sono in corrispondenza con le intersezioni complete di due quadriche (di cui specificheremo le possibili equazioni) nel cono V0 di dimensione quattro sulla super-ficie di Veronese (l’immersione diP2inP5mediante il sistema lineare |OP2(2)|), con al più punti doppi razionali. La corrispondenza associa

a una superficie di Godeaux con gruppo fondamentale algebrico Z4 il modello bicanonico del suo rivestimento relativo a un divisore di ordine quattro, mentre a una varietà come quelle descritte in prece-denza associa la risoluzione delle singolarità del quoziente rispetto a un’azione libera e fissata diZ4. Dimostreremo questa corrispondenza solo nel caso che l’immagine bicanonica sia liscia.

Prima di affrontare le dimostrazioni, osserviamo che V0 è singolare lungo tutto il vertice. Dato che dalle dimostrazioni seguirà che l’im-magine bicanonica del rivestimento non interseca il vertice di questo cono, sarà molto comodo considerare una risoluzione V → V0, dato che questa mappa sarà un isomorfismo sopra l’immagine bicanoni-ca. Per costruire questa risoluzione, consideriamo il fascio localmente libero

E :=OP2 ⊕OP2⊕OP2(2)

su P2; il corrispondente fibrato proiettivo V := PP2(E)è una varietà

di dimensione quattro con un morfismo di proiezione p : V →P2; su V possiamo prendere due fasci invertibili:

M :=OV(1), il fascio tautologico, con p?M=E, e L := p?OP2(1).

Possiamo denotare con t0, t1, t2 le coordinate su P2 e, almeno local-mente, con r0, r1, r2 quelle sulla fibra; L è descritto da un’equazione lineare nelle ti, mentre M da una del tipo λ0r0+λ1r1+λ2r2=0, dove

(28)

20 c o s t r u z i o n e

λ0 e λ1, corrispondendo ai fasci OP2, sono costanti, mentre λ2,

corri-spondendo al fascio OP2(2) è un polinomio omogeneo di secondo

grado nelle ti. Inoltre, se denotiamo con B il divisore dato da r2=0 e osserviamo che il divisore descritto da t2

0r0=0 appartiene alla classe di M, è evidente che sussiste la relazione M=B+2L.

Questa descrizione implica che la mappa ϕ|M| manda V inP7; l’im-magine di un punto di V secondo ϕ|M| si ottiene sostituendo il punto nell’equazione generica di M e prendendo i coefficienti di λ0, λ1 e

λ2,i,j, cioè

[r0, r1, r2t20, r2t21, r2t22, r2t1t2, r2t0t2, r2t0t1].

Gli ultimi sei coefficienti soddisfano le equazioni della superficie di Veronese inP5, quindi l’immagine di ϕ|M| è contenuta nel cono sulla Veronese, V0 ⊆P7. Inoltre, se r

2 6=0, ϕ|M| è uno a uno, invece manda la sottovarietà B (descritta da r2 = 0) sulla retta data dall’annullarsi degli ultimi sei coefficienti, che non è altro che il vertice di V0.

Possiamo calcolare il canonico di V tramite la seguente formula, valida per i fibrati proiettivi:

KV= −(dim F+1)M+p?(det E+KP2),

dove F è la fibra di p, P2 è la base del fibrato e V è lo spazio totale. Dato che det E = V3

E∼=OP2(2), la formula dà

KV= −3M+ (2L−3L) = −3M−L.

Dimostriamo anche il seguente lemma riguardo la coomologia su un fibrato proiettivo.

2.3.1 lemma. Sia p :PPn(E) →PN un fibrato proiettivo, con E un fascio

localmente libero su PN di rango r; siano inoltre M := OV(1) il fascio tautologico su V := PPN(E)e L := p?OPN(1). Allora, per ogni k > −r,

per ogni j ∈Z e per ogni iN,

Hi(V, k(M+jL)) ∼= (

0 se k<0,

Hi(PN, Symk(EO

PN(j))) se k≥0.

Dimostrazione. Useremo i seguenti fatti:

a. poiché p è la proiezione da un fibrato proiettivo al suo spazio base, se k > r allora Hi(V, OV(k)) ∼=Hi(PN, p?OV(k))per ogni

(29)

2.3 superfici con torsione di ordine 4 21

b. per la Proposizione ii.7.11 in [16],

p?OV(k) = (

0 se k<0,

SymkE se k≥0.

Sia p0: PPN(E⊗OPN(j)) →PN; dato che stiamo tensorizzando per

un fascio invertibile, il fibrato che si ottiene è isomorfo a V, e ha fascio tautologico uguale a M+jL; applicando i due fatti a p0 otteniamo la tesi.

Proseguiamo nella dimostrazione della corrispondenza con un al-tro lemma.

2.3.2 lemma. Siano X una superficie liscia, ϕ : X99KX0 una mappa razio-nale definita intrinsecamente e due a uno su una superficie raziorazio-nale; se G è un gruppo che agisce liberamente su X, allora G ∼=Zr2per qualche r ≥0. Dimostrazione. Poiché ϕ è definita intrinsecamente, i punti in cui non è definita sono invarianti per l’azione di G; possiamo allora scoppiare simultaneamente questi punti, ottenendo una superficie su cui G agi-sce ancora. Grazie a ciò, possiamo assumere che ϕ sia un morfismo.

Ora, G agisce anche su X0, tramite l’intrinseco morfismo ϕ; vorrem-mo sfruttare il fatto che un autovorrem-morfisvorrem-mo di una superficie razionale liscia ha almeno un punto fisso, ma X0 potrebbe essere anche singola-re. Per continuare la dimostrazione, dobbiamo sostituire X0 con una superficie razionale liscia.

Siano ϑ : XX l’involuzione determinata da ϕ e π : X → W la proiezione, dove W := X/hϑi; per costruzione, ϕ fattorizza per π e

dato che entrambe sono due a uno, X0 e W sono birazionali, cioè W è razionale. Ora, W è il quoziente di una superficie liscia per un’in-voluzione; non è detto che sia liscia, dato che ϑ potrebbe avere punti fissi. Un punto fisso p di ϑ può avere due comportamenti: localmen-te, ϑ può mandare una coppia di parametri locali (x, y)in (x,−y) o in (−x,−y). Nel primo caso, p appartiene a una curva di punti fissi liscia in p, descritta da y = 0: il quoziente rimane liscio in p. Nel secondo caso invece si crea una singolarità, tuttavia si può risolverla scoppiando un’unica volta su X; andiamo a dimostrare che la curva eccezionale diventa una curva di punti fissi di ϑ che non dà singola-rità su W. Prendendo intorno al punto(p,∞)della curva eccezionale le coordinate (x0, y0), con x0 =x e y0 =y/x, si ottiene

ϑ(x0) = −x0, ϑ(y0) =y0,

(30)

22 c o s t r u z i o n e

Quindi, a meno di scoppiare ulteriormente X, possiamo suppor-re che W sia una superficie liscia, razionale e, in particolasuppor-re, con la proprietà che ogni suo automorfismo ha un punto fisso. Come detto, G agisce anche su W; di conseguenza, per ogni g ∈ G\ {e}, esiste un punto π(xg) ∈ W tale che gπ(xg) = π(xg). Per costru-zione, gπ(xg) = π(gxg), da cui π(xg) = π(gxg), cioè gxg = xg o gxg = ϑ(xg); ma dato che g non ha punti fissi su X, la prima pos-sibilità non può accadere e di conseguenza gxg = ϑ(xg). Lo stesso argomento permette di dire che gϑ(xg) =xg; allora,

g2xg =(xg) =x:

g2 ha un punto fisso su X, quindi deve essere l’identità perché per ipotesi l’azione di G su X è libera per ipotesi.

2.3.3 proposizione. Sia S una superficie di Godeaux con torsione di ordine quattro; allora S è la risoluzione minimale delle singolarità del quoziente per un’azione libera di Z4 di una varietà X0 ⊆ P7, dove X0 è l’intersezione completa di due quadriche della forma

(2.1)

q0= a1x21,1+a2x22,2+a3x3,32 +a1,3x21,3+a1,2,3x1,3x2,2+ +b1,3y1y3+b1,2y1x1,2+b2,3y3x2,3,

q2= c1,3x1,1x1,3+c3,1x1,3x3,3+c1,2x21,2+c2,3x22,3+ +d1y21+d3y23+d2,3y1x2,3+d1,2y3x1,2;

sul cono V0. Inoltre, X0può avere al più punti doppi razionali e non interseca il vertice di V0 (cioè, b1,3, d1e d3sono non nulli).

Dimostrazione. Siano D ∈ Pic(S) di ordine quattro e π : X → S il rivestimento associato, étale, di Galois, di quarto grado. Per il Lem-ma 2.1.6 e perché pg(S) =0, abbiamo

h0(S, KS+iD) = (

0 per i=0, 1 per i6=0;

sia quindi xi una sezione non nulla di h0(S, KS+iD)per ogni i 6=0. Sempre per il Lemma 2.1.6, otteniamo h0(S, 2KS+iD) =2 per ogni i; a partire dagli xi otteniamo sei sezioni:

x22, x1x3 ∈H0(S, 2KS), x2x3 ∈H0(S, 2KS+D), x21, x23 ∈H0(S, 2KS+2D),

(31)

2.3 superfici con torsione di ordine 4 23

Dove ne compaiono due, queste sono linearmente indipendenti: per esempio, una relazione del tipo ax22+bx1x3 = 0 implica che il divisore degli zeri della sezione x22 è uguale a quello della sezione x1x3; se denotiamo con Di il divisore degli zeri di xi, 2D2= D1+D3, ma allora deve esserci almeno una componente comune tra D1e D2o tra D3e D2. Questo però è in contraddizione con il Lemma 2.1.7, dato che Di è numericamente equivalente a KS. Si possono quindi scegliere y1 ∈ H0(S, 2KS+D)e y3 ∈ H0(S, 2KS+3D)in modo da avere delle basi per ogni H0(2KS+iD).

Ora, h0(S, 4KS+iD) =7 per ogni i; moltiplicando tra loro le sezioni di grado due otteniamo sette monomi distinti in H0(S, 4KS+iD)per i ∈ {1, 3}, mentre ne otteniamo otto per i ∈ {0, 2}. Questo significa che tra i monomi nelle xje nelle yj sussistono due relazioni di quarto grado (se si pone deg yj = 2). In particolare, scrivendo i monomi in H0(S, 4KS+iD), le due relazioni risultano del tipo

q0 =a1x41+a2x42+a3x43+a1,3x21x32+a1,2,3x1x22x3+ +b1,3y1y3+b1,2y1x1x2+b2,3y3x2x3,

q2 =c1,3x13x3+c3,1x1x33+c1,2x21x22+c2,3x22x23+ +d1y21+d3y23+d2,3y1x2x3+d1,2y3x1x2.

Consideriamo X: per costruzione, H0(X, nKX)è generato dai pull-back delle sezioni (che chiameremo con gli stessi nomi) di tutti gli H0(S, nKS+iD) al variare di i in Z4; inoltre, ancora per il Lem-ma 2.1.7, i pullback di due sezioni linearmente indipendenti su S non possono avere zeri comuni (e quindi neppure essere dipendenti) in H0(X, nKX). Gli altri invarianti sono:

K2X=4K2S=4, perché KX=π?KS;

χ(OX) =(OS) =4, per il Lemma vi.3 in [6];

q(X) =0 per il Lemma 2.1.2,

pg(X) =3 da χ(OX) =1−q(X) +pg(X). Inoltre, X è minimale perché KX =π?KS è nef e big.

Consideriamo la mappa bicanonica ϕ|2KX|: X 99KX

0 P7, dove su

P7denotiamo la coordinata relativa a x

ixjcon xi,j e con yiquella relati-va a yi. La mappa bicanonica in realtà è un morfismo: il sistema linea-re |2KX|non può avere punti base poiché i pullback delle sezioni di H0(S, 2KS+iD)non hanno zeri comuni. Poiché H0(X, 2KX)contiene Sym2(H0(X, KX)), X0è contenuta in V0, il cono di dimensione quattro sulla superficie di Veronese, e più precisamente nella varietà tagliata da due quadriche su di essa, dato che le relazioni q0 e q2 scritte sulle sezioni bicanoniche assumono la forma vista in (2.1). Osserviamo che nel sostituire prodotti di sezioni canoniche con sezioni bicanoniche

(32)

24 c o s t r u z i o n e

dobbiamo fare una scelta (almeno di nomenclatura): per esempio, si può sostituire x1x22x3 con x1,2x2,3 o con x1,3x2,2. Precisamente, questa scelta viene dal fatto che due quadriche tagliano la stessa sottovarie-tà di V0 se e solo se differiscono per una combinazione lineare delle equazioni che definiscono la superficie di Veronese:

0= x2,2x3,3−x22,3, 0= x1,2x3,3−x1,3x2,3, 0= x1,2x2,3−x1,3x2,2, 0= x1,1x3,3−x21,3, 0= x1,1x2,3−x1,2x1,3, 0= x1,1x2,2−x21,2.

In realtà, se si considera come spazio ambiente V0, questa non è una scelta: entrambe le due possibilità si restringono alla stessa sezione di|OV0(2)|. In ogni caso, per poter scrivere univocamente questi poli-nomi, fissiamo un sottospazio lineare W di|OP7(2)|, che sia isomorfo

(tramite la restrizione) a|OV0(2)|. Proprio perché Sym2(H0(X, KX))è contenuto canonicamente in H0(X, 2KX), se ψ è una mappa definita canonicamente, ψ? manderà W in sé.

Osserviamo inoltre che X0 non interseca il vertice di V0: il vertice corrisponde all’annullarsi di tutte le sezioni nelle xi, quindi un punto p ∈ X mandato nel vertice dovrebbe soddisfare x1(p) = x2(p) = x3(p) = 0 e abbiamo già mostrato che questo non può accadere. In particolare, questo significa che i coefficienti b1,3, d1 e d3 sono non nulli e che possiamo considerare X0 dentro la desingolarizzazione V, dato che V e V0 sono isomorfe fuori dal vertice.

Rimangono da dimostrare tre cose: che ϕ|2KX| è birazionale, che X

0 ha al più punti doppi razionali e che l’immagine di ϕ|2KX| è

l’interse-zione completa delle due quadriche su V0.

l a m a p p a b i c a n o n i c a è b i r a z i o n a l e. Vogliamo dimostrare che deg ϕ|2KX| =1. Poiché K

2 X =4,

16= (2KX)2=deg ϕ|2KX|·deg X

0.

D’altra parte, X0 non può essere degenere inP7perché immagi-ne di una mappa data da un sistema liimmagi-neare, allora, per il Lem-ma 1.4 in [5], il suo grado deve essere almeno dimP7−1 = 6; rimane quindi una sola possibilità da escludere, cioè che ϕ|2KX|

sia una mappa due a uno su una superficie di ottavo grado. Se per assurdo deg X0 = 8, ancora per il Lemma 1.4 in [5], X0 è rigata, avendo grado minore o uguale a 2 dimP7−2; inoltre, dato che X0 è dominata da X, una superficie con irregolarità nulla, deve valere anche q(X0) = 0, dato che il pullback di una

(33)

2.3 superfici con torsione di ordine 4 25

1-forma non nulla è ancora una 1-forma non nulla. Per una su-perficie rigata, l’irregolarità coincide con il genere della curva base, quindi X0 è razionale. Ma per il Lemma 2.3.2, questo non può accadere, dato che abbiamo un’azione libera diZ4 su X.

l’immagine è intersezione completa delle due quadriche. Di-mostriamo innanzitutto che le quadriche non hanno una com-ponente comune. Se per assurdo l’avessero, i polinomi che le definiscono si spezzerebbero in polinomi lineari di cui uno co-mune; considerando q0 e q2 in C[x1,1, x3,3, x2,3, x1,3, x1,2, y3][y1], usiamo il fatto che un polinomio è irriducibile in A[t]se e solo se è primitivo e irriducibile in K[t], dove A è un dominio e K è il suo campo dei quozienti. Dato che q0 è di primo grado ri-spetto a y1, se q0 è riducibile allora non deve essere primitivo; poiché in q0 il coefficiente di y1 è di primo grado, questo deve dividere il termine noto; in particolare, nel termine noto il solo coefficiente b2,3può non annullarsi, cioè

q0 =b1,3y3y1+b2,3y3x2,3 =y3(b1,3y1+b2,3x2,3).

Ma y3 non può dividere q2 (perché d1 6= 0), di conseguenza b1,3y1+b2,3x2,3 divide q2, ma questo è assurdo perché d3 6=0.

Sappiamo dell’esistenza delle due relazioni quadratiche in P7, tuttavia a priori potrebbero esserci altre relazioni in grado più alto tra le sezioni pluricanoniche; X0 è intersezione completa delle due quadriche se e solo se non esistono ulteriori relazioni oltre le due quadriche e loro combinazioni. Per assurdo, possia-mo scrivere Q0∩Q2∩V0 = X0+R, con R una superficie e Qi il luogo degli zeri di qi. Per il punto precedente, ϕ|2KX|è

biraziona-le a una superficie inP7di grado 16, ma anche V0∩Q0∩Q2ha grado 16 (perché possiamo tagliare con due iperpiani ottenendo la superficie di Veronese in P5, di quarto grado, e tagliare ulte-riormente con due quadriche). Leggendo tutto su V, otteniamo M·M· (Q0∩Q2) =16 = M·M· (X0+R), da cui M·M·R=0. Non essendo vista dal divisore che dà l’immersione in P7, R deve essere contenuta in B, ma questo non è possibile perché le quadriche non si intersecano sul vertice di V0.

l’immagine ha al più punti doppi razionali. Per dimostrar-lo, è sufficiente dire che ωX = ϕ|2KX|ωX0. Consideriamo X

(34)

den-26 c o s t r u z i o n e

tro la desingolarizzazione V, allora per il Teorema iii.7.11 in [16], dato che X0 è intersezione completa in V,

ωX0 =ωV|X0⊗ 2 ^

I/I2∨ = (−3M−L)|X0+ (2M)|X0 = = (M−L)|X0 = (B+L)|X0,

dove I è il fascio di ideali di X0 in V. Inoltre, B|X0 =0 perché X0 non interseca il vertice, quindi ωX0 = L|X0. Allora,

ω2X = ϕ?|2K X|OX0(1) =ϕ ? |2KX|(2L), cioè KX = ϕ?|2K X|L= ϕ ? |2KX|ωX0.

2.3.4 proposizione. Sia X⊆ P7 un’ipersuperficie con al più punti doppi razionali, intersezione completa di due quadriche nel cono V0 della forma vista nell’equazione (2.1) e tali che l’intersezione non interseca il vertice di V0, e sia ρ : Z4 → Aut(X) con ρi := ρ(i) un’azione libera; ponendo

G := ρ(Z4), la risoluzione minimale delle singolarità di R := X/G è una superficie di Godeaux S con πalg1 (S) ∼=Z4.

Dimostrazione. Anche in questa dimostrazione supporremo che X sia liscia, cioè che R=S.

Per calcolare gli invarianti di X, è conveniente vedere questa su-perficie immersa in V, che rispetto a V0 ha il pregio di essere liscia. Possiamo farlo dato che per ipotesi X non interseca il vertice di V0. Le quadriche di V0 sono linearmente equivalenti a 2M, dato che M è la sezione iperpiana in V0, quindi per aggiunzione otteniamo

KX= (KV+2M+2M)|X= (M−L)|X = (B+L)|X;

inoltre, B|X=0, dato che B è la controimmagine del vertice di V0, che non interseca X. Quindi, KX= L|X.

Possiamo calcolare gli invarianti di X: l’autointersezione di KX è il numero di punti di X contenuti in una generica fibra della mappa di proiezione p : V→P2, cioè K2

X =4.

Per calcolare χ(OX), consideriamo la successione esatta (2.2) 0→IX →OV→OX→0,

dove IXè il fascio di ideali di X; allora χ(OX) =χ(OV) −χ(IX). Per il Lemma 2.3.1, χ(OV) =χ(OP2) =1; per calcolare χ(IX)consideriamo

un altra successione, data dal fatto che X è intersezione completa di due quadriche:

(35)

2.3 superfici con torsione di ordine 4 27

Da questa, abbiamo χ(IX) =(OV(−2M)) −χ(OV(−4M)); usiamo nuovamente il Teorema di annullamento di Kawamata-Viehweg: poi-ché il fascio tautologico M è nef e big, hi(V,−kM) =0 per ogni k>0 e i<4. Quindi, grazie alla dualità di Serre e al Lemma 2.3.1, abbiamo

χ(OV(−2M)) =h4(V,−2M) =h0(V,−M−L) = =h0(P2, 0) =0, χ(OV(−4M)) =h4(V,−4M) =h0(V, M−L) = =h0(P2, E ⊗OP2(−1)) =3; di conseguenza, χ(OX) =χ(OV) −χ(IX) =1−(OV(−2M)) +χ(OV(−4M)) =4. Sappiamo che pg(X) = χ(OX) −1+q(X) = 3+q(X) ≥ 3; se dimostriamo che pg(X) ≤ 3, possiamo concludere che pg(X) = 3 e q(X) = 0. Tensorizzando per OV(L) la successione esatta (2.2), otteniamo

0→IX⊗OV(L) →OV(L) →KX →0,

dato che L|X ≡ KX. Gli spazi vettoriali che circondano H0(X, KX) nella corrispondente successione esatta lunga sono H0(V, OV(L)) e H1(V, IX⊗OV(L)); il primo ha dimensione tre, dato che OV(L) = p?OP2(1); per il secondo, consideriamo la successione esatta (2.3)

ten-sorizzata per OV(L). Se riusciamo a dimostrare l’annullamento di H1(V, OV(−2M+L)) e di H2(V, OV(−4M+L)) abbiamo concluso. Ma, grazie alla dualità di Serre e al Lemma 2.3.1, abbiamo

h1(V, OV(−2M+L)) =h3(V, OV(−M−2L)) = =h3(P2, 0) =0,

h2(V, OV(−4M+L)) =h2(V, OV(M−2L)) = =h2(P2, E⊗OP2(−2)) =

=h0(P2, E∨⊗OP2(−1)) =0.

A questo punto, il quoziente di X tramite G è una superficie liscia S, perché abbiamo supposto X liscia e l’azione è libera, con le proprietà seguenti:

K2S=1/4K2X =1 e

χ(OS) =1/4χ(OX) =1, per il Lemma vi.3 in [6];

q(S) =0, perché q(X) =0;

(36)

28 c o s t r u z i o n e

inoltre KS è nef, perché lo è KX e KS·C= KX·π?C (dove π : X → S

è la proiezione), e S è minimale, perché KS è nef e una (−1)-curva avrebbe intersezione con KSpari a−1.

Quindi S è una superficie di Godeaux; ammettendo un rivestimen-to étale, di Galois, di ordine quattro, πalg1 (S)contiene un sottogruppo di quattro elementi; per il Teorema 2.1.4, πalg1 (S)ha meno di sei ele-menti e quindi può essere solo Z4 oZZ2, e quest’ultimo caso è stato escluso con il Teorema 2.1.8.

Sia S una superficie di Godeaux con πalg1 (S) ∼= Z4; per le propo-sizioni appena dimostrate, il rivestimento relativo a un divisore di ordine quattro è una risoluzione delle singolarità, tramite la mappa bicanonica, dell’intersezione completa di due quadriche inP7con V0, non intersecante il vertice del cono.

Osserviamo che possiamo considerare i termini δ2,3y1x2,3e δ1,2y3x1,2 come i doppi prodotti relativi ai quadrati dei binomi y1+1/2δ2,3x2,3 e y3+1/2δ1,2x1,2; scegliendo yi in tal modo, si possono subito eliminare due monomi dall’equazione q2.

Per costruzione, su X agisceZ4 con l’azione ρ : Z4 →Aut(X)con

ρi := ρ(i), ma per la Proposizione 1.2.1, ρ si estende a un’azione su

P7, lo spazio ambiente dell’immagine bicanonica di X. In realtà, Z 4 agisce su ogni spazio vettoriale H0(X, nKX), com’è facile vedere dalla dimostrazione della stessa proposizione. Dato che Z4 è un gruppo abeliano, H0(X, nKX)si decompone in sottospazi di dimensione uni-taria come rappresentazione diZ4, cioè come somma diretta di copie delle rappresentazioni Zi per i∈Z4, dove Ziè la rappresentazione su cui 1∈Z4agisce come la moltiplicazione per ξi, dove ξ è una fissata radice quarta primitiva dell’unità.

In realtà, la suddivisione in sottorappresentazioni irriducibili pro-viene da S: se x ∈H0(S, nKS+iD)(dove D è un fissato divisore che genera la torsione di S), allora il pullback di x genera una rappresen-tazione di dimensione unitaria isomorfa a Zi, per come è costruito il rivestimento relativo a D. Cioè,hxiiè isomorfa comeZ4-modulo a Zi, per i∈ {1, 2, 3}e allo stesso modo agisce come Zi su yi per i∈ {1, 3}. Ma allora, xi1 1x i2 2x i3 3y j1 1y j3 3 ρ1 7−→ξi1+2i2+3i3+j1+3j3x1i1xi22xi33y1j1y3j3.

Questa caratterizzazione permette di fissare l’azione ρ su P7: l’auto-morfismo ρ1sarà rappresentato sulla base

Figura

Tabella 1: Automorfismi di tipo 1 e V ⊆ Mf 5 Aut 1 ( S )  Aut 1 ( S )  dim eV  { Ve i }  e O Z 2 5 25 0 1 e H \ Oe Z 5 5 2 4 f M 5 \ He { Id } 1 8 1 3 .3 a u t o m o r f i s m i d i t i p o 1
Tabella 2: Automorfismi di tipo 4 e V ⊆ Mf 5  Aut 4 ( S )  dim eV  { Ve i }  e O 25 0 1 e Q \ Oe 1 4 5 f M 5 \ Qe 0 8 1
Tabella 3: Automorfismi di tipo 2 e V ⊆ Mf 5  Aut 2 ( S )  dim eV  { Ve i }  e O 25 0 1 e P \ Oe 1 2 25 f M 5 \ P e 0 8 1
Tabella 4: Automorfismi delle superfici con π alg 1 ∼ = Z 5 Aut ( S ) V ⊆ M 5 dim V  { Ve i }   { V i }  Z 2 5 n Z 4 { 0 } 0 1 1 Z 5 H \ { 0 } 2 4 1 Z 4 P \ { 0 } 2 25 1 Z 2 Q \ P 4 5 1 { Id } M 5 \( H ∪ Q ) 8 1 1 3 .6 c o n c l u s i o n e
+4

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