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Analisi strategica nel settore imballaggi: il caso Scatolificio Rinascente Srl

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea in Strategia Management e Controllo – Costi Performance

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Analisi strategica nel settore imballaggi: il caso Scatolificio Rinascente Srl

Candidato: Carol Masoni Relatore: Prof.ssa Lucia Talarico

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3 INDICE

INTRODUZIONE ... 6

CAPITOLO 1. LA STRATEGIA E LE PICCOLE IMPRESE ITALIANE ... 8

1.1 Il concetto di strategia ... 8

1.1.1 L‟idea imprenditoriale dell‟oggi e del domani ... 10

1.2 I diversi approcci della strategia ... 13

1.2.1 Il contributo della scuola harvardiana ... 14

1.2.2 Il contributo di Normann ... 14

1.2.3 Il contributo di Mintzberg ... 15

1.3 La storia di Scatolificio Rinascente Srl ... 16

CAPITOLO 2. ANALISI ECONOMICO – FINANZIARIA DELLE PRINCIPALI COMPARABLES DI SCATOLIFICIO RINASCENTE SRL ... 18

2.1 Il settore imballaggi ... 18

2.1.1 L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” negli anni „90 ... 21

2.1.2 L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” a inizi 2000 ... 22

2.1.3 L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” nel 2013 ... 24

2.1.4 L‟andamento del settore “imballaggi in cata e cartone” nel 2014 ... 25

2.1.5 L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” nel 2015 ... 26

2.1.6 L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” nel 2016 ... 26

2.2 Analisi della concorrenza di Scatolificio Rinascente Srl nel settore “Imballaggi in cartone ondulato” ... 29

2.2.2 Gli andamenti di Franchini C. Srl ... 30

2.2.3 Gli andamenti di imballaggi Industriali Serchio Srl ... 40

2.2.4 Gli andamenti di Artiscatola Pratese Srl ... 49

2.2.5 Gli andamenti di Gadar SpA ... 59

2.2.6 Gli andamenti di Scatolificio Euro Srl ... 68

CAPITOLO 3. LE DINAMICHE DI SETTORE ... 78

3.1 La teoria delle dinamiche di settore ... 78

3.1.1 Le dinamiche congiunturali ... 80

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3.2 Le dinamiche del settore “Imballaggi in cartone ondulato” ... 84

3.2.1 Le dinamiche congiunturali nel settore “Imballaggi in cartone ondulato” ... 84

3.2.2 Le dinamiche permanenti nel settore “Imballaggi in cartone ondulato” ... 87

CAPITOLO 4. ANALISI ECONOMICO – FINANZIARIA DI SCATOLIFICIO RINASCENTE SRL ... 91

4.1 Le performance finanziarie di Scatolificio Rinascente Srl ... 91

4.1.1 Equilibri a livello finanziario per l‟esercizio 2014 ... 91

4.1.2 Equilibri a livello finanziario per l‟esercizio 2015 ... 94

4.1.3 Equilibri a livello finanziario per l‟esercizio 2016 ... 97

4.1.4 Esercizi 2015 e 2016: un confronto completo ... 99

4.2 Le performance reddituali di Scatolificio Rinascente Srl ... 100

4.2.1 La redditività per l‟esercizio 2014 ... 100

4.2.2 La redditività per esercizio 2015 ... 103

4.2.3 La redditività per l‟esercizio 2016 ... 106

4.3 Come si colloca lo Scatolificio Rinascente Srl rispetto ai suoi principali concorrenti ... 109

4.3.1 Confronto fra le performance finanziarie e reddituali di Scatolificio Rinascente Srl e i suoi principali concorrenti ... 113

CAPITOLO 5. IL VANTAGGIO COMPETITIVO, LA MATRICE DELLE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE E IL RAGGIO D’AZIONE... 117

5.1 Il vantaggio competitivo ... 117

5.1.1 Il vantaggio competitivo di costo ... 121

5.1.2 Il vantaggio competitivo di differenziazione ... 126

5.2 Il raggio d’azione ... 131

5.3 La matrice delle strategie competitive di base ... 132

5.3.1. La leadership di costo ... 133

5.3.2 La leadership di differenziazione ... 133

5.3.3 La focalizzazione ... 134

5.4 Vantaggio competitivo: il caso Scatolificio rinascente Srl ... 136

5.4.1 I drivers su cui Scatolificio Rinascente Srl dovrebbe agire per ottenere un vantaggio di costo ... 139

5.5 Il raggio di azione: il caso Scatolificio Rinascente Srl ... 141

5.6 La matrice delle strategie competitive di base: il caso Scatolificio Rinascente Srl ... 143

CAPITOLO 6. LA FORMULA COMPETITIVA E LA MATRICE DIAGNOSTICA .... 145

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6.1.1 La formula competitiva ... 146

6.2 La matrice diagnostica ... 149

6.3 Sostenere i vantaggi competitivi nel tempo ... 152

6.4 La formula competitiva: il caso Scatolificio Rinascente Srl ... 154

6.5 La matrice diagnostica: il caso Scatolificio Rinascente Srl ... 158

6.5.1 Indicatori per i risultati competitivi ... 158

6.5.2 Indicatori per i risultati reddituali ... 163

6.5.3 Rappresentazione della matrice diagnostica ... 168

CAPITOLO 7. L’ANALISI SWOT ... 171

7.1 La SWOT analysis e i suoi elementi ... 171

7.1.1 I punti di forza ... 171 7.1.2 I punti di debolezza ... 172 7.1.3.Le opportunità ... 173 7.1.4 Le minacce ... 173 7.1.5 L‟analisi esterna ... 175 7.1.6 L‟analisi interna ... 177

7.1.7 I limiti dell‟analisi SWOT ... 179

7.2 Mettere in pratica un’analisi SWOT ... 179

7.3 La SWOT analysis: il caso Scatolificio Rinascente Srl ... 181

7.3.1 Le azioni da intraprendere ... 183 CONCLUSIONI ... 186 APPENDICE ... 190 BIBLIOGRAFIA ... 196 SITOGRAFIA ... 200 BILANCI E NORMATIVE ... 202

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6 INTRODUZIONE

Alla base del presente studio si trova il vasto campo della strategia aziendale che non è una materia soltanto teorica e astratta. Si tratta al contrario di una disciplina molto pratica e oggetto di continue innovazioni e ricerche, utile a far sì che organizzazioni aziendali di ogni genere prendano coscienza di sé e delle proprie capacità indirizzandosi verso i migliori traguardi auspicabili.

Ho scelto tale argomento per diverse ragioni. In primis perché si tratta dell’elemento centrale del mio intero percorso di studi, e dunque è un argomento per me di grandissimo interesse. In secondo luogo perché ritengo che sia una materia completa che lascia ampio spazio alle riflessioni personali, nonostante la sua componente di oggettività, stimolando l’immaginazione e lo spirito critico di chi si trova a utilizzare e applicare i suoi modelli a realtà concrete. Infine perché è una materia che si collega anche ad altre discipline aziendali come quella dell’analisi economico – finanziaria o dell’organizzazione aziendale, offrendo quindi una visione a tutto tondo delle aziende oggetto di studio e rendendo l’analisi un lavoro molto più sfidante e multidisciplinare.

L’obiettivo di questa tesi è quello di mostrare ai lettori come la strategia rimanga spesso un concetto molto sfumato e privo di significato per le piccole realtà aziendali, e come invece una semplice analisi strategica possa cambiare completamente la percezione che l’azienda ha di sé stessa, costringendola a riflessioni obiettive sul proprio modo di operare, e arrivando così anche alla definizione di obiettivi a lungo termine, che sfuggano dall’operatività e dalle costrizioni routinarie e che possano portare al raggiungimento di risultati mai nemmeno sperati.

L’elaborazione di questo lavoro ha richiesto una stretta collaborazione con l’azienda oggetto di analisi (Scatolificio Rinascente Srl), iniziata con un periodo di stage servito, tra le varie cose, a prendere coscienza sia del clima competitivo in cui opera l’azienda, sia del suo modo di operare interno, oltreché ad acquisire conoscenze più tecniche circa il settore e i prodotti che vengono realizzati.

Lo stage, infatti, ha avuto luogo all’interno dell’area commerciale e di quella amministrativa, e mi ha regalato l’opportunità di conoscere l’azienda sotto tutti i suoi aspetti, a partire da quelli più pratici relativi alla gestione del ciclo attivo e passivo, per finire con quelli più astratti riguardanti riflessioni sugli andamenti economico – finanziari e sul sistema di costing.

La collaborazione successiva allo stage, invece, è consistita in un costante confronto con gli amministratori che hanno messo in luce e approfondito alcuni aspetti che non avrebbero potuto altrimenti essere colti da un analista esterno, essendo gli stessi frutto di alcune riflessioni e osservazioni personali derivanti da anni di esperienza all’interno del settore e dell’azienda. La tesi si articola in sette capitoli:

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 Nel primo viene fatta una breve introduzione sul concetto di strategia (esponendo, tra le altre cose, il pensiero di alcuni dei principali studiosi di strategia come Mintzberg, Kotter e Normann), e viene poi presentata l’azienda oggetto di analisi, descrivendone la storia passata, quella attuale e i suoi piani per il futuro;

 Nel secondo capitolo viene descritto il settore degli imballaggi e mostrata un’analisi esaustiva delle principali comparables di Scatolificio Rinascente Srl, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista finanziario;

 Il terzo capitolo è diviso in due parti: la prima a stampo esclusivamente teorico descrive il concetto delle dinamiche di settore, mentre la seconda a stampo pratico ricerca le principali dinamiche riguardanti nello specifico il settore degli imballaggi in cartone ondulato;

 Il quarto capitolo mostra le performance economico – finanziarie di Scatolificio Rinascente Srl, mettendole poi a confronto con le comparables individuate nel capitolo 2;

 Il quinto capitolo, seguendo la stessa impostazione del terzo, è diviso nuovamente in una parte teorica e in una pratica. La prima descrive il concetto di vantaggio competitivo (richiamando soprattutto i contributi offerti dal celebre studioso Porter) e illustra i modelli del raggio di azione e della matrice delle strategie competitive di base, la seconda parte invece analizza la presenza o meno di un effettivo vantaggio competitivo da parte di Scatolificio Rinascente Srl e applica all’azienda gli strumenti del raggio d’azione e della matrice porteriana;

 Nel sesto capitolo, dopo aver descritto teoricamente il modello della formula competitiva e quello della matrice diagnostica, si applicano gli stessi al caso Scatolificio Rinascente Srl;

 Il settimo capitolo, invece, è interamente dedicato allo strumento della SWOT analysis di cui viene data sia una descrizione teorica che una sua applicazione pratica al caso aziendale.

Da questo lavoro sono emersi una serie di risultati interessanti sia sul settore degli imballaggi in cartone ondulato, sia sull’azienda oggetto di analisi, sia sugli strumenti strategici stessi che sono stati applicati, risultati che vengono descritti in maniera esaustiva nel capitolo dedicato alle conclusioni, a cui pertanto si rimanda.

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CAPITOLO 1. LA STRATEGIA E LE PICCOLE IMPRESE ITALIANE

1.1. Il concetto di strategia

L’economia italiana è una realtà caratterizzata da una costellazione di imprese di piccole o medie dimensioni, spesso a gestione familiare.

In questo scenario uno dei maggiori problemi che può venire alla luce è la parziale, e in molti casi anche totale, trascuratezza dell’aspetto strategico che sarebbe invece alla base di un corretto funzionamento dell’azienda.

La possibilità di sopravvivenza di un’impresa è infatti legata alla sua capacità di creare utili, voglia dire alla sua capacità di creare beni o servizi che generino ricavi eccedenti i costi sopportati.

Un’azienda ha sempre la possibilità di apportare delle migliorie al suo operato, andando a modificare le sue relazioni con l’ambiente circostante, oppure andando a focalizzarsi sulla sua struttura interna.

I cambiamenti relativi all’ambiente andranno a pesare in termini di efficacia, mentre i cambiamenti sulla propria struttura interna andranno a pesare in termini di efficienza1.

Fatta questa premessa, diventa evidente come per un’azienda il ricorso alla strategia sia di fondamentale importanza. Per strategia di un’impresa, infatti, possiamo intendere “le caratteristiche fondamentali dell‟interazione che essa stabilisce con il suo ambiente”2

. La strategia, cioè, influisce soprattutto in termini di efficacia, concetto che per molti versi risulta predominante rispetto all’efficienza.

Si può vedere il processo di formulazione di una strategia come il seguente:3

1 Per maggiori approfondimenti si faccia riferimento a Hofer, “La formulazione della strategia

aziendale”, Franco Angeli Editore, 1984, capitolo 1, paragrafo 2.

2 Fonte: Hofer, “La formulazione della strategia aziendale”, Franco Angeli Editore, 1984, pag. 24. 3 Fonte: Hofer, “La formulazione della strategia aziendale”, Franco Angeli Editore, 1984, pag. 26.

Formulaz. obiettivo Individuaz. problema Generaz. alternative Valutazione

alternative Scelta Attuazione

Problema di obiettivi

multipli

Problema di ignoranza Problema di competenze distintive Problema di sinergia

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È possibile anche dare un’ulteriore definizione di strategia, forse più intuitiva e dettagliata e che risulta più appropriata ai fini del presente lavoro4.

La strategia può essere vista, infatti, come “il piano di azione elaborato dal management per la gestione delle operazioni e delle attività di business dell‟impresa. L‟elaborazione strategica rappresenta un impegno manageriale allo svolgimento di una serie di iniziative finalizzate ad accrescere il volume d‟affari, ad attirare e soddisfare i clienti, a competere con successo sul mercato, a svolgere le mansioni operative e a migliorare la performance finanziaria e di mercato dell‟impresa”5

.

L’importanza della strategia naturalmente aumenta con l’aumentare delle dimensioni o della complessità aziendale.

Si pensi alle prime imprese nate nell’Ottocento: si trattava per lo più di imprese di piccole dimensioni dove l’imprenditore svolgeva molteplici ruoli e basava l’intera attività sulle sue intuizioni.

Con il passare degli anni, hanno cominciato a introdursi sul mercato realtà sempre più grandi che abbisognavano di maggiore formalismo sia nella definizione dei ruoli che degli obiettivi e anche di una maggiore coerenza, e tutto ciò ha portato allo sviluppo delle strategie aziendali. È vero che, come già accennato, l’economia italiana è caratterizzata da piccole – medio imprese che per molti versi possono ancora assimilarsi anche alle vecchie realtà aziendali di inizi Ottocento, ma l’ambiente circostante, rispetto a due secoli fa, si è parecchio evoluto ed è diventato, specialmente negli ultimi decenni, sempre più turbolento. Questo sicuramente ha spinto anche le realtà più piccole e meno complesse a sentire l’esigenza di adottare una strategia aziendale che guidi e migliori la loro interazione con l’ambiente stesso.

Il problema, però, è legato al fatto che le piccole aziende in molti casi non hanno il requisito dell’aziendalità e quindi sono costrette a subire tutte le dinamiche dell’ambiente esterno senza avere la possibilità di influirvi. Inoltre, spesso gli imprenditori rappresentano la figura più importante per queste realtà e si ritrovano a gestirle anche con una sorta di miopia manageriale (in genere legata alla mancanza di una vera e propria formazione manageriale o all’impossibilità di poter svolgere contemporaneamente tutti i ruoli di cui si trovano investiti)6.

4 Non si è infatti d’accordo nel ricondurre la strategia aziendale ad un problema esclusivamente legato all’ambiente esterno, ma si ritiene che essa debba concentrarsi anche sul miglioramento interno dell’azienda.

5 Fonte:Dagnino G. B., Faraci R. (a cura di), “Strategia aziendale. Formulazione ed esecuzione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 1.

6 Per maggiori approfondimenti si veda Bettini U. “Scritti di politica aziendale”, Giappichelli Editore, quarta edizione, cap. 1 paragrafo 12.

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1.1.1. L‟idea imprenditoriale dell‟oggi e del domani

La situazione attuale di una certa azienda sotto il suo profilo oggettivo (cioè come l’azienda si presenta oggi in termini di risorse materiali, immateriali, umane, di produzione e di relazioni con i suoi stakeholders) si può definire come “sistema d’azienda attualmente operante” e nasce da un’idea imprenditoriale che sta all’origine7

.

L’idea imprenditoriale, in altre parole, viene recepita e concretizzata, dando vita appunto al sistema d’azienda attualmente operante.

Quest’ultimo non è l’unica concretizzazione possibile, ma solo una delle tante, perché mano a mano che avviene la realizzazione dell’idea possono incombere svariati fattori che portano alla sua conformazione in un modo piuttosto che in un altro.

Anche il modo stesso in cui si realizza l’idea può influenzare il risultato finale, dando vita ad un processo di learning by doing che ne guida la realizzazione e in alcuni casi può portare anche a rivedere la stessa idea imprenditoriale.

Il livello intermedio tra l’idea imprenditoriale e il sistema d’azienda attualmente operante è l’impostazione strategica attuale, che altro non è che l’esplicazione dell’idea imprenditoriale in termini di progetto. L’impostazione strategica attuale porta poi, infatti, alla realizzazione del sistema d’azienda attualmente operante.

La turbolenza dell’ambiente esterno e la sua continua evoluzione, tuttavia, fanno sì che non sia possibile mantenere per sempre un certo sistema d’azienda operante, ma è fondamentale che questo subisca delle modifiche, adattandosi ai cambiamenti circostanti. Da questa necessità si genera quella che è la “formula imprenditoriale per il domani” che ispira un certo intento strategico.

I risultati di un’azienda, infatti, possono sempre essere messi a repentaglio da certe condizioni non necessariamente sfavorevoli, quanto piuttosto anche solo di cambiamento, ed è indispensabile, quindi, che l’azienda si faccia trovare sempre ben preparata rispetto a quello che dovrà affrontare in futuro.

Quando si raggiungono dei risultati positivi si può incombere nel rischio di adagiarsi su quella certa situazione propizia e di cadere nella classica miopia manageriale che non vuol portare a vedere oltre la condizione attuale.

Non c’è niente di più rischioso per un’azienda che nel futuro abbia intenzione non solo di sopravvivere ma anche di crescere. Ecco perché avere in testa sin da oggi l’idea imprenditoriale del domani diventa un requisito necessario.

È chiaro che poi, quando l’intento strategico prenderà forma, potranno sempre sopravvenire circostanze non previste o anche solo banali migliorie che potranno portare ad un distaccamento

7 “Nelle aziende ben governate si tratta di una idea dominante che ha una sua nitida

rappresentazione nelle menti degli uomini che compongono il top management e che è da essi sostanzialmente condivisa quanto meno nei suoi lineamenti centrali”, Bianchi Martini S., “Introduzione all’analisi strategica dell’azienda”, Giappichelli Editore, Torino, 2009, pag. 3.

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più o meno significativo rispetto a quella che era l’idea imprenditoriale del domani originaria. Tuttavia, questa servirà da guida per orientare il cammino che l’azienda è tenuta a intraprendere sin da oggi8.

Creazione di una strategia

Fatte queste premesse, si vedano adesso le fasi di creazione e sviluppo di una strategia aziendale.

1. Sviluppo della visione strategica: la visione strategica altro non indica che il cammino che l’azienda deve intraprendere e dovrebbe essere il più possibile neutrale, cioè “non contenere espressioni di generica positività che potrebbero riferirsi indistintamente a centinaia di organizzazioni”9.

È fondamentale in questa sede il momento della comunicazione, poiché una buona visione strategica potrà concretizzarsi al meglio soltanto attraverso uno sforzo collettivo da parte di tutta l’azienda.

Una visione strategica formulata in modo efficace dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: essere visualizzata, direzionale, specifica, flessibile, fattibile, auspicabile, facilmente comunicabile10.

Diversa dalla vision è invece la mission aziendale, che si differenzia dalla prima perché non presenta un orientamento al futuro, ma piuttosto “è una descrizione formale in grado di identificare i prodotti e servizi dell‟impresa e i bisogni dell‟acquirente che questa si propone di soddisfare, i gruppi di clienti o i mercati che cerca di servire e il suo approccio volto a soddisfare il cliente”11.

Data la forte importanza di una corretta comunicazione della visione strategica all’intera azienda, può risultare conveniente ricorrere ad esempio a slogan di effetto e facile memorizzazione che racchiudano tutto il senso della vision.

2. Definizione degli obiettivi: la visione strategica dovrà essere concretizzata e per fare ciò si ricorrerà agli obiettivi.

Caratteristiche importanti degli obiettivi dovrebbero essere la loro quantificabilità o misurabilità e la loro scadenza temporale.

Inoltre, dei corretti obiettivi dovrebbero essere sfidanti ma non impossibili da raggiungere. Infatti, se fossero troppo facili, il personale potrebbe sentirsi non stimolato

8 Per maggiori approfondimenti si veda Bianchi Martini S., “Introduzione all’analisi strategica

dell’azienda”, G. Giappichelli Editore, 2009.

9 Fonte: “Dagnino G. B., Faraci R. (a cura di), “Strategia aziendale. Formulazione ed esecuzione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 20.

10 Basato in parte su John P. Kotter, “Leading Change”, Harvard Business School Press, Boston, 1996, pag. 72.

11 Fonte:Dagnino G. B., Faraci R. (a cura di), “Strategia aziendale. Formulazione ed esecuzione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 24.

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e potrebbe ridurre la propria produttività. Al contrario, se fossero impossibili da raggiungere, potrebbero dare adito ad una situazione frustrante che, di nuovo, rischierebbe di compromettere la produttività dell’organico.

Gli obiettivi dovrebbero poi essere accompagnati da un adeguato sistema incentivante. Infine, è opportuno precisare che le tipologie di obiettivi che dovrebbero essere fissate sono due: obiettivi a medio – lungo termine e obiettivi a breve termine.

Mentre i primi indicano quali sono i traguardi da raggiungere nel futuro, caratterizzando quella che viene definita fase della pianificazione, i secondi indicano le azioni di breve termine che devono essere compiute per raggiungere in futuro risultati migliori (rappresentano cioè una sorta di sentiero da percorrere per arrivare alla meta finale) e fanno parte della fase della programmazione.

La definizione degli obiettivi può seguire due logiche diverse:

- Logica top down: gli obiettivi vengono scelti dai vertici aziendali e imposti al resto dell’azienda senza possibilità di interazione.

- Logica bottom up: gli obiettivi vengono formati in seguito ad una discussione tra i vertici e chi in concreto dovrà perseguire quegli stessi obiettivi.

3. Formulazione della strategia: questa fase deve tenere conto anche dei cambiamenti futuri che possono interessare il contesto di riferimento ed è pertanto fondamentale che il top management acquisisca una forma mentis estremamente flessibile, che lo spinga, al momento di necessità, anche a invertire totalmente la propria rotta, nonostante che l’azienda in quel determinato momento stia raggiungendo risultati più che soddisfacenti. Quando si formula una strategia si deve rispondere a sei interrogativi:

- Come posso aumentare il mio volume d’affari? - Come posso soddisfare i miei clienti?

- Come posso sormontare i miei competitors?

- Come posso garantire un corretto funzionamento interno dell’azienda? - Come posso spingere l’azienda a reagire ai cambiamenti esterni? - Come posso raggiungere i miei obiettivi strategici e finanziari?12

L’elaborazione della strategia dovrebbe essere in grado di concretizzare obiettivi e vision.

4. Introduzione e implementazione della strategia: è importante a tal proposito che la strategia sia correttamente comunicata e diffusa all’interno di tutta la gerarchia aziendale ed è auspicabile che sia condivisa da tutti.

12 Si tenga presente che “le strategie più azzeccate derivano in parte (o principalmente) da un comportamento diverso rispetto a quello dei concorrenti sui temi più rilevanti: sbaragliare la concorrenza con l’innovazione e dimostrarsi più efficienti e capaci di rispondere più in fretta alle dinamiche competitive invece di limitarsi a seguire la massa”. Fonte:Dagnino G. B., Faraci R. (a cura di), “Strategia aziendale. Formulazione ed esecuzione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 35.

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5. Monitoraggio degli sviluppi: in questa direzione, l’azienda dovrebbe muoversi seguendo la logica del feedforward. In pratica, una volta implementata la strategia all’interno dell’organizzazione, si dovrebbe procedere ad un continuo monitoraggio della stessa onde rilevare eventuali problemi in corso di esecuzione.

6. Valutazione delle performance: questa fase implica un confronto tra i risultati raggiunti e gli obiettivi prefissati, con la relativa analisi degli scostamenti che, se correttamente interpretata, può mettere in luce aspetti (positivi o negativi) che l’azienda dovrebbe prendere in considerazione per migliorare le performance future.

7. Introduzione delle misure correttive: le due fasi precedenti stanno alla base di quest’ultima fase che conclude l’intero processo. Sempre secondo una logica di feedforward, se si compie un monitoraggio in corso d’opera, è possibile introdurre fin da subito azioni correttive in grado di ripristinare la rotta e di permettere quindi il raggiungimento degli obiettivi finali.

Le misure correttive si renderanno necessarie nel momento in cui si sono verificati degli scostamenti negativi tra obiettivi prefissati e risultati raggiunti.

Per concludere, si può osservare che è vero che certe strategie nel lungo termine possono rivelarsi migliori di altre in relazione ai risultati che apportano, ma è anche vero che bisogna prendere in considerazione il contesto ambientale in cui queste strategie vengono implementate. Non ci sono, infatti, per definizione strategie migliori di altre. Ci sono piuttosto strategie che in alcuni contesti possono semplicemente funzionare meglio.

Inoltre, è interessante precisare che molte realtà aziendali di successo (in genere piccole imprese) non hanno una strategia formalizzata, ma comunque riescono a raggiungere risultati importanti. Altre imprese, invece, scelgono di focalizzare la formalizzazione esclusivamente nella fase di attuazione della strategia a discapito della fase di formulazione.

Se questo è vero per realtà di ridotte dimensioni, è opportuno considerare però che con l’aumentare delle dimensioni e della complessità aziendale, si rende sempre più necessario ricorrere a dei sistemi formalizzati sin dalla fase della formulazione e a maggior ragione nella fase di attuazione della strategia.

1.2. I diversi approcci alla strategia (cenni storici)

Si è già accennato sopra come molte aziende perseguano determinati percorsi strategici senza in realtà averne coscienza, e in tante circostanze può essere lo stesso mercato a suggerire all’azienda la strategia giusta da adottare dopo che questa ha compiuto svariati errori strategici. Il modo con cui le aziende fanno strategia è da sempre oggetto di grande interesse.

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1.2.1. il contributo della scuola harvardiana

Andrew, uno degli studiosi della Harvard Business School, ha formulato una distinzione tra il processo di formulazione e quello di attuazione della strategia.

Durante il processo di formulazione, il vertice aziendale svolge un’accurata analisi dell’azienda (attraverso lo strumento dell’analisi SWOT), formula varie alternative strategiche, le valuta e seleziona, infine, la strategia da attuare.

La strategia che risulterà da questo processo, dunque, sarà frutto di un’idea concreta alla base che permette di intervenire preliminarmente sulla struttura organizzativa e sui sistemi operativi dell’impresa, prima di sfociare nella sua effettiva realizzazione.

Le aziende allora richiedono degli staff di pianificazione a medio – lungo termine che si occupino dell’elaborazione della strategia.

Tuttavia, negli anni Settanta e Ottanta questo modo di concepire il processo di formulazione strategica è entrato in crisi a causa dei cambiamenti nell’ambiente di riferimento (che è diventato sempre più turbolento e sempre meno adatto a garantire stabilità e continuità alle fasi di elaborazione e successiva implementazione della strategia stessa), a causa della maggiore complessità nei rapporti competitivi tra imprese (che ha influito negativamente sulla tempestività delle scelte e sulla profondità di analisi svolta), a causa dei numerosi successi ottenuti in Giappone grazie a modelli diversi rispetto a quelli riconosciuti fino a quel momento in Occidente (modelli che puntano più a creare un contesto organizzativo predisposto a imparare bene e in fretta piuttosto che a fare le scelte giuste)13.

1.2.2. Il contributo di Normann

Verso la fine degli anni Settanta, date le numerose critiche ricevute da Harvard per la sua teoria legata ai modelli strategici, lo studioso scandinavo Normann propose la gestione strategica come un processo di apprendimento continuo guidato da una visione strategica elaborata inizialmente da un vertice aziendale.

L’apprendimento che scaturisce dall’applicazione di una visione strategica iniziale può portare a fasi di adattamento che conducono ad un distacco anche netto rispetto all’idea originaria. Dunque, Normann disconosce i due momenti distinti di formulazione della strategia e realizzazione della stessa proposti dalla scuola harvardiana, ritenendo che questi due momenti debbano invece intrecciarsi tra loro e che la formulazione della strategia debba essere migliorata da un costante processo di apprendimento.

13 Per ulteriori approfondimenti si consulti Invernizzi G. (a cura di), “Le strategie competitive”, McGraw-Hill, Milano, 2014.

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1.2.3. Il contributo di Mintzberg

Lo studioso Henry Mintzberg e i colleghi della McGill University hanno definito tre concetti distinti di strategia:

 La strategia deliberata: è quella che viene pensata dal top management “a tavolino”, frutto anche del coinvolgimento di più gruppi organizzativi.

 Strategia emergente: si tratta della strategia che di fatto si sta plasmando dal complesso di decisioni prese dai diversi manager che “interpretano la strategia deliberata e la adattano ai cambiamenti delle circostanze esterne”14.

 Strategia realizzata: cioè la strategia di fatto implementata (che in genere si discosta molto da quella deliberata).

In particolare è rimasta famosa la metafora del vasaio di Mintzberg: la formulazione della strategia può essere paragonata all’attività di un vasaio che nel momento in cui vuole realizzare un’opera ha in testa un’idea iniziale. Successivamente, però, il vaso può assumere una forma diversa da quella pensata a causa della spinta di eventi fortuiti.

Secondo Mintzberg “la creazione di una strategia procede per due vie: quella deliberata e quella emergente. Se infatti, da un lato, un processo esclusivamente deliberato preclude l‟apprendimento, dall‟altro, un processo puramente spontaneo prelude il controllo”15

.

Dunque, la bravura dei manager sta anche nel cercare di creare le condizioni proficue per la manifestazione delle strategie emergenti e nel saper scegliere tra quelle migliori.

14 Fonte: Grant R. M., “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”, il Mulino, Bologna, terza edizione, 2006, pag. 40.

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16 1.3. La storia di Scatolificio Rinascente Srl

L’azienda presa come oggetto di analisi nel presente elaborato, di cui si andranno a indagare i principali aspetti strategici, è un piccolo scatolificio a gestione familiare collocato nelle suggestive colline del comune di Vinci, una zona molto dedita all’agricoltura e famosa soprattutto per la ricca produzione di olio e di vino.

Affacciandosi dalle finestre degli uffici commerciale e amministrativo è possibile ammirare ampie distese di verde e godere di tutta la bellezza e della tranquillità della zona. L’azienda attualmente occupa 16 impiegati e opera principalmente sul perimetro toscano. Riguardo alla sua storia, si è scelto di fare ascoltare direttamente la voce della Proprietà, riportando di seguito il loro racconto.

“Nel 1962, con il sostegno dell‟intera famiglia, il Sig. Bagnoli Brunero insieme al fratello Enzo iniziò l‟attività di produzione in un piccolo laboratorio di 30 mq.

L‟attività nacque quindi come impresa artigiana e con gli anni si sviluppò sempre di più, accogliendo in un primo momento quelle che furono le esigenze di mercato della zona, soprattutto nel tessile (confezioni) e nelle ceramiche.

Pian piano, con il passare degli anni, l‟azienda iniziò a crescere e, traslocando in un locale più ampio, riuscì ad abbracciare una più vasta clientela servendo sia il settore dei prodotti per la pulizia della casa sia il settore dell‟abbigliamento (maglifici, lanifici, ecc.).

Si è dinnanzi ad una storia ultra – cinquantennale, durante la quale l‟azienda, pur mantenendo negli anni una gestione familiare, con la presenza dei generi e delle figlie del Sig. Bagnoli Brunero, si è trasformata da una realtà artigianale ad una realtà industriale, sviluppandosi fino a raggiungere una rispettabile posizione nel settore.

Ad oggi l‟azienda opera su un‟area di 6000 mq, che permette una facile movimentazione delle merci fino alla destinazione di consegna richiesta dal cliente. Grazie soprattutto anche alla affiliata società di trasporti, che vanta di ben 6 automezzi di proprietà, riesce ad essere celere e garantire alla clientela la massima flessibilità nelle consegne.

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Attraverso un percorso professionale, una più ampia esperienza e un impegno costante maturato negli anni, siamo attualmente in grado di produrre articoli personalizzati, in virtù anche di macchinari di moderna concezione, in particolare di due casemaker di ultima generazione, stampa a 4 colori con fustellatori, che realizzano una vasta gamma di packaging, rispondendo efficacemente alle più differenziate e scrupolose richieste di mercato dei vari settori commerciali come, oltre a quelli menzionati precedentemente, quello alimentare e dell‟imbottigliamento di vini, bibite e liquori.

Il mercato su cui prevalentemente operiamo è quello regionale, che in considerazione del particolare momento difficile e caratterizzato da un‟elevata competitività, ci esorta nel continuare il progetto iniziato anni fa di investire in tecnologia ed innovazioni per offrire prodotti di alta qualità con caratteristiche che attirino le attenzioni dei consumatori.

Da qui un‟accurata concentrazione e premura nel realizzare un packaging che, oltre a racchiudere tutte le caratteristiche di resistenza e sicurezza per l‟arrivo a destinazione dell‟integrità del prodotto che è finalizzato a contenere, colpisca anche l‟attenzione del consumatore finale per il lancio sul mercato del prodotto stesso.

È questa senza dubbio la strategia principale dell‟azienda, portavoce del valore dell‟impresa con il prioritario obiettivo di non deludere mai il cliente e il consumatore finale”.

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CAPITOLO 2. ANALISI ECONOMICO FINANZIARIA DELLE PRINCIPALI COMPARABLES DI SCATOLIFICIO RINASCENTE SRL

2.1. Il settore imballaggi

“L’imballaggio genera ricchezza”. Questa premessa è un’affermazione che trova un fondamento empirico in quanto si può osservare una relazione diretta tra la crescita economica di un paese industrializzato e lo sviluppo dell’industria dell’imballaggio in quello stesso paese.

Ciò è abbastanza logico se si pensa che lo sviluppo economico di un certo territorio implica una crescita della produzione realizzata che è necessariamente accompagnata dall’esigenza di imballaggi in grado di consentirne il trasporto e la corretta conservazione.

Nei paesi dove il settore degli imballaggi rimane poco sviluppato si assiste anche a un’economia che tende a non decollare a causa della diffusa povertà e degli sprechi. Ed è proprio l’assenza degli imballaggi a determinare gli sprechi, non garantendo una corretta distribuzione e una corretta conservazione delle merci e generando, quindi, un circolo vizioso che sfocia nella povertà che a sua volta porta a uno scarso sviluppo economico.

L’imballaggio, allora, serve a generare ricchezza sia per le imprese che operano nel settore stesso degli imballaggi sia per le imprese appartenenti agli altri settori utilizzatori (ad esempio, un corretto confezionamento di un certo alimento può influire positivamente sulle sue vendite). E se in genere è il settore degli imballaggi ad essere trainato dalla domanda, in alcune circostanze può essere esso stesso a trainare gli altri settori, sviluppandone il raggio di azione (si pensi alla possibilità di garantire una corretta conservazione degli alimenti freschi: questo ne faciliterà anche l’esportazione in zone più o meno lontane senza che essi si deteriorino)16

.

Secondo il D. Lgs. 152/2006, all’art. 218, per imballaggio si intende “il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo”.

Gli imballaggi, sempre secondo la norma, possono essere classificati in tre categorie distinte:

-

Imballaggi primari: “imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita,

un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore”;

-

Imballaggi secondari: “imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva

16 Per maggiori approfondimenti si consulti Rea A. (a cura di), “L’industria dell’imballaggio. Analisi

delle concorrenze in un sistema competitivo intersettoriale”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1995, prefazione.

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19

soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche”;

-

Imballaggi terziari: “imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei”.

Gli imballaggi in cartone ondulato fanno parte della terza categoria, nonostante si possano ritrovare esempi di utilizzo che li fanno rientrare anche nelle altre due categorie, come il caso degli espositori utilizzati direttamente nel punto vendita o delle confezioni adibite al contenimento dei piccoli elettrodomestici17.

Gli imballaggi in cartone risultano una valida alternativa rispetto a quelli realizzati con altri materiali, anche in relazione alla loro possibilità di recupero e ai bassi danni provocati all’ambiente (poiché si tratta di materiale biodegradabile che non presenta gravi problemi di smaltimento)18.

Inoltre, le scatole in cartone possono essere realizzate anche attraverso carta da macero e fibre di recupero (o riciclate), dando ulteriori benefici all’ambiente anche in termini di risparmio energetico.

Fino agli anni ’90 si assisteva ad una netta preferenza da parte dei consumatori degli imballaggi in plastica, preferenza che non trovava un riscontro logico.

Tuttavia, oggigiorno la tendenza è quella di una sempre maggiore responsabilizzazione anche dei consumatori sulle questioni ambientali, e molte aziende riconducono a motivo di vanto la riduzione della plastica, considerato un materiale altamente inquinante.

È anche vero però che negli ultimi anni la situazione per i produttori di imballaggi cellulosici si è notevolmente complicata. La competizione da parte delle altre categorie di imballaggi, infatti, si è fatta sempre più aggressiva19 e il settore del cartone ondulato, presentandosi come fortemente frammentato, non è attualmente in grado di dare una risposta forte.

17 “L’intensit{ e la diffusione del cartone ondulato sconta la sua versatilit{ in termini di impiego non solo come imballaggio da trasporto, funzione d’uso per antonomasia del cartone ondulato, ma anche in qualità di imballaggio secondario e sempre più frequentemente anche come imballaggio primario e imballaggio di presentazione”, Iascone P., “Gli imballaggi in carta, cartone e cartoncino”, Istituto Italiano Imballaggio, Milano, 1997, pag. 3.

18 “A parit{ di prestazioni d’uso gli imballaggi plastici risultano socialmente più costosi poiché comportano maggiori costi esterni a causa della loro non degradabilit{ attraverso l’ambiente. Se la tecnologia lo permette, tali imballaggi dovrebbero essere sostituiti, per quanto possibile, da altri, a loro succedanei, che siano degradabili. Gli imballaggi di plastica, invece, dovrebbero essere riservati a quei prodotti o a quegli utilizzi che si possono definire “nobili”, per minimizzare il loro impatto sull’ambiente”, Gerelli E. (a cura di), “Gli imballaggi: ambiente ed economia”, FrancoAngeli, Milano, 1991, pag. 30.

19 “L’industria degli imballaggi alternativi al cartone ondulato in Europa è molto forte, è organizzata e coordinata, mentre l’industria del cartone ondulato molto più frammentata. Come produttori di

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Inoltre, rimangono anche dei problemi puramente tecnici che a volte rendono l’utilizzo di questo tipo di imballi non troppo conveniente, e il principale è riconducibile alla loro deteriorabilità in certe condizioni ambientali. Anche se questo è spesso compensato dai vantaggi legati alla loro leggerezza e facilità nel trasporto.

L’obiettivo per i produttori di cartone ondulato è quindi quello di lavorare più a stretto contatto unendosi contro il nemico comune dei RPC e di far passare il chiaro messaggio che il cartone ondulato è per la moderna logistica la risposta più ottimale in termini di sostenibilità, costi e possibilità di rinnovo.

È necessario, infine, fare un’ultima osservazione riguardante l’incidenza della carta sui costi di produzione. La carta, infatti, è la materia prima che influisce per circa il 60% sul costo di produzione delle scatole in cartone ondulato e il settore cartario è quindi legato indissolubilmente al settore degli imballaggi in cartone.

Questa premessa risulterà utile anche nei capitoli successivi del presente elaborato, quando si tratteranno, ad esempio, le dinamiche di settore.

La domanda della carta, infatti, in rari casi è una domanda finale (solo quando siamo in presenza di prodotti per usi igienici e domestici), e molto più spesso si tratta di una domanda derivata cioè finalizzata a trasformazioni industriali successive come quelle inerenti all’editoria, alla grafica e cartotecnica e agli imballaggi.

Il settore cartario ha presentato nel corso degli anni significative oscillazioni nei consumi, assumendo un andamento quasi ciclico.

Il consumo individuale di carta, infatti, in genere viene correlato al reddito medio pro – capite di un paese ma va poi relativizzato rispetto ad alcuni fattori come:

-

L’influenza dei settori forti utilizzatori di prodotti cartari (come quelli richiamati sopra dell’editoria, degli imballaggi, della grafica, ecc.);

-

La disponibilità di materie prime legnose che favoriscano l’integrazione verticale e quindi una competitività interna;

-

La propensione all’interno di un paese alla lettura di quotidiani e periodici e alla domanda di pubblicità sulla stampa. Oggi, va precisato, questo aspetto è messo fortemente in crisi dalla presenza oltreché dei telegiornali, anche delle applicazioni di notizie per smartphone, che vengono in genere preferite rispetto ai tradizionali periodici20.

cartone ondulato però abbiamo soluzioni più in linea con le priorità politiche europee, ma non è semplice condividere prestazioni e valori sia con il legislatore, sia con i nostri clienti, distributori in primis” ha affermato il chairman del comitato Market and Environment durante il secondo summit continentale di FEFCO. Fonte: Maria De Nardo L., “Il cartone ondulato contro l’onda lunga dei RPC”, Packaging Observer, 06 maggio 2012.

20 Per ulteriori approfondimenti sull’industria cartaria si consulti Farinet A., “Il settore cartario

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2.1.1. L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” negli anni „9021

Alla fine degli anni ’90 l’Italia era il terzo paese CEE, dopo Germania e Francia, e l’ottavo al mondo per la produzione di carta e cartone. Gli imballaggi in questo materiale rappresentavano circa il 10% della produzione Europea e ad essi corrispondeva un fatturato di 6.000 MLD di Lire circa.

Fra le diverse famiglie di packaging, inoltre, gli imballaggi in carta e cartone erano rispettivamente al primo e al secondo posto nella graduatoria.

Sempre negli anni ’90, l’orientamento che emergeva era quello di un incremento della vendita delle scatole finite. A determinare tale tendenza, infatti, influiva l’aumento di scatolifici di ridotte dimensioni che installavano una propria linea di ondulazione.

Nel 1995 il settore del cartone ondulato aveva raggiunto una produzione di tonn/000 2.470 (a cui si aggiungevano tonn/000 250 di micro ondulato).

Inoltre, il settore presentava una concentrazione piuttosto elevata, dato che le aziende che operavano in Italia erano solo 85, di cui 12 gruppi (tutti quanti integrati nella produzione dell’ondulato per ottenere le scatole finite) rappresentavano il 67% della produzione globale. Le regioni con la più alta concentrazione produttiva erano la Toscana (23%) e la Lombardia (20%).

Per quanto riguarda la tipologia di scatole, avevamo la seguente produzione:

-

Scatole a tripla onda: ca. 47% del mercato;

-

Scatole a onda bassa: ca. 28%;

-

Scatole a onda alta: ca. 15%;

-

Scatole in micro onda e micro triplo: ca. 10%.

Il cartone ondulato e gli imballaggi in carta in generale venivano utilizzati nel settore agro – alimentare per il 57% circa e nei settori non alimentari per il restante 43%.

GLI IMBALLAGGI IN CARTA – CARTONCINO – CARTONE ONDULATO IN ITALIA. STIMA PRODUZIONE GLOBALE ANNO 1996 (preconsuntivo)22

Tonn/000

SCATOLE CARTONE ONDULATO 2.770

ASTUCCI E SCATOLE PIEGHEVOLI 445

21 Dati presentati dall’Istituto Italiano Imballaggi, 1997.

Si tenga presenta che il settore nazionale degli imballaggi in carta e cartone, sempre secondo l’Istituto Italiano Imballaggi, comprende: scatole in cartone ondulato, astucci pieghevoli in

cartoncino, sacchi di carta di grandi dimensioni, shoppers, fusti di cellulosa e cartone tubo, scatole di cartoncino di medio/alto spessore, carta da avvolgere.

22 Fonte: Iascone P., “Gli imballaggi in carta, cartone e cartoncino”, Istituto Italiano Imballaggio, Milano, 1997, pag. 12.

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22

SACCHI DI CARTA DI GRANDI

DIMENSIONI

136

SHOPPERS 20

FUSTI CELLULOSA 40

SCATOLE CARTONCINO MEDIO/ALTO SPESSORE (escluso pieghevole) +

CONTENITORI CARTONE – TUBO 30

CARTA DA INCARTO 280

TOTALE 3.721

2.1.2. L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” a inizi 2000

Nel triennio 2003 – 2005, il settore degli imballaggi cellulosici ha vissuto una congiuntura negativa, ma a partire dal 2006 si è assistito ad un’inversione di tendenza.

Le tonnellate di carte per avvolgere e da imballo prodotte in quell’anno si sono infatti aggirate intorno ai 4.661.000. Si è assistito anche ad una crescita delle esportazioni che ha incrementato del 25% la stessa produzione.

Gli imballaggi cellulosici rappresentano un’importante percentuale rispetto al totale degli imballaggi da trasporto (in peso il 32% della produzione italiana di imballaggi è costituito da imballaggi cellulosici).

Inoltre esiste un trend positivo tra l’industria manifatturiera in genere e il settore imballaggi23

. Si può osservare, sempre relativamente al settore degli imballaggi cellulosici in senso stretto, che nel 2006 si è avuto un incremento della produzione e del fatturato rispettivamente del 2% e del 3%, con una produzione pari a 5.270.000 t corrispondente ad un fatturato di circa 6.495 milioni di euro. Inoltre, la domanda estera è cresciuta di circa il 5,1% (meno significativo è invece il tasso di importazioni che si aggira intorno al 2%).

Il sottosettore di punta, all’interno del più ampio settore degli imballaggi cellulosici, è quello del cartone ondulato, seguito dal settore degli astucci pieghevoli:

Cartone ondulato 72%

Astucci pieghevoli e scatole di cartoncino teso

15%

Sacchi di grandi dimensioni 4%

Altro 9%

23 Infatti, “nel 2006 il tasso di sviluppo dell’industria manifatturiera ha sostanzialmente coinciso con quello della produzione di imballaggi cellulosici, rispettivamente del 2,1% e 2%”, Iascone P., “Report. Carta, cartone e cartoncino”, Italia Imballaggio.

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23 Il cartone ondulato

Nel 2006 la produzione di cartone ondulato è stata di 3.791.000 t, con un aumento del 2,2% rispetto all’anno precedente.

Nel triennio precedente i tassi di crescita erano molto contenuti e questo rifletteva la stagnazione che caratterizzava il settore manifatturiero in stretta correlazione con il settore degli imballaggi in cartone ondulato.

Si considerino, infatti, i seguenti andamenti dell’industria manifatturiera e del cartone ondulato:

Correlazione tra l’attività manifatturiera e la produzione di cartone ondulato24

2003 2004 2005 2006 Industria manifatturiera 0,2% 0,3% -1,3% 2,1% Manufacturing industry Cartone ondulato 0,4% 0,2% 0% 2,2% Corrugated carboad

È vero, dunque, che il cartone ondulato ha subito una flessione negativa in relazione con il cattivo andamento dell’economia italiana nel triennio 2003 – 2005, ma ha conservato comunque buone possibilità di sviluppo grazie anche al fatto che si stavano ricercando nuove modalità per il suo impiego (non più solo impiego di semplice imballaggio terziario, ma duplice funzione di imballaggio da trasporto/espositore).

Per quanto riguarda invece la tipologia di scatola, i dati relativi al 2006 erano i seguenti:

-

Scatole a tripla onda: 43% del mercato;

-

Scatole a onda bassa: 26% del mercato;

-

Scatole a onda alta: 14% del mercato;

-

Scatole a micro onda e microtriplo: 12% del mercato.

Relativamente, invece, ai settori di impiego del cartone ondulato, si può osservare che il settore agroalimentare richiedeva il 48% della produzione, mentre il restante 52% apparteneva agli altri settori.

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24

GLI IMBALLAGGI IN CARTA – CARTONCINO – CARTONE ONDULATO IN ITALIA. PRODUZIONE GLOBALE ANNO 2006

Tonn/000

SCATOLE CARTONE ONDULATO 3.791

ASTUCCI E SCATOLE PIEGHEVOLI 630

SACCHI DI CARTA DI GRANDI

DIMENSIONI

209

SCATOLE IN CARTONCINO TESO 170

ALTRI IMBALLAGGI 470

TOT. 5.270

Si nota un generale aumento dei prodotti in carta, cartoncino e cartone ondulato rispetto agli anni ’90, segno che il settore è comunque in crescita nonostante le congiunture negative subite in particolari anni25.

2.1.3. L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” nel 2013

Dopo la ripresa del settore imballaggi avvenuta nel 2006, si sono verificate ulteriori contrazioni negative e nel 2012 sia la domanda interna che quella estera sono scese rispettivamente del -5,1% e del -4,6%.

Tuttavia, anche se il bilancio per il 2013 non appare dei più rosei, l’arretramento risulta in progressiva riduzione e si auspica una lenta ma costante ripresa.

Infatti, il 2013 si è concluso con una produzione in superficie del cartone ondulato del +1% rispetto all’anno precedente, con oltre 6,2 miliardi di metri quadri prodotti nel corso dell’anno26. Bisogna precisare, però, che la crescita in fogli è stata nettamente superiore rispetto a quella delle casse.

Per quanto concerne la grammatura media, è risultata in diminuzione (in particolare la grammatura media delle casse, parzialmente compensata invece da un aumento della grammatura media dei fogli).

Dunque, si osserva come il 2013 sia stato un anno di ripresa, specialmente nel primo semestre.

25 I dati sono stati estrapolati dal seguente articolo: Iascone P., “Report. Carta, cartone e cartoncino”, Italia Imballaggio Magazine, 2007.

26 “Quello del 2013 è il secondo risultato positivo degli ultimi sei anni, durante i quali il comparto non è mai sceso sotto la soglia dei 6 miliardi nonostante alcuni stabilimenti abbiano cessato l’attivit{, segno che il mercato ha ancora la capacit{ di assorbire la maggiore offerta produttiva di packaging”, dal sito www.italiagrafica.com, Italia C., “Il cartone ondulato torna a crescere, secondo i dati del recente convegno romano Gifco”, 2014.

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Relativamente alle regioni che hanno registrato un più alto volume produttivo, si possono mettere in primo piano l’Emilia Romagna e le Marche, seguite a ruota da Lombardia e Toscana. In crescita il Triveneto, il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta. All’ultimo posto, invece, Lazio, Umbria, Abruzzo e il Sud.

Da notare che il comparto agroalimentare continua ad essere il mercato di sbocco preferito per gli imballaggi in cartone ondulato, anche se ha subito un calo rispetto al 2012: nel 2013 il numero di imballaggi destinati al food è stato del 58,6%, mentre nel 2012 la quota ammontava al 59,8%. Questo decremento è però legato ad una minore produzione che ha interessato lo stesso settore alimentare.

2.1.4. L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” dal 2014

Da una ricerca effettuata da SDA Bocconi per conto dell’Associazione Italiana Scatolifici, sono emersi i seguenti dati27:

Cartone ondulato nel 2014 6.346.474.799 𝑚2 ca.

Utilizzo di carta riciclata 71% (in aumento negli ultimi 6 anni di un punto percentuale annuo)

Fatturato dei trasformatori suddiviso per settori: Industria automobilistica 7% Bevande 11% Industria farmaceutica 9% Abbigliamento 11%

27 Dati reperiti dal sito www.italiagrafica.com, “Un’analisi del settore dei produttori di imballaggio in

cartone ondulato”, 2015 e dal sito www.packagingevolution.it

Piemonte Liguria -V.A. 6% Lombardia 22% Triveneto 16% Emilia Romagna -Marche 23% Toscana 18% Lazio Abruzzo -Umbria 6% Sud -isole 9%

Produzione

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26

Cibo e nutrizione 21% Tecnologia elettronica 14% Altro 27%

L’andamento è quindi abbastanza stabile rispetto al 2013.

2.1.5. L‟andamento del settore imballaggi in carta e cartone nel 2015

Il 2015 è stato un anno contornato da una serie di problematiche che hanno visto un rallentamento generale della ripresa economica, specialmente in Europa.

Queste problematiche si riferiscono a fattori come il terrorismo, la frenata delle economie emergenti e l’escalation militare in Siria.

Il PIL, infatti, nel corso del 2015 è aumentato ma con un ritmo molto attenuato: +0,4% nel primo trimestre, +0,3% nel secondo trimestre, +0,2% nel terzo trimestre.

Per quanto riguarda il settore manifatturiero nello specifico, nei mesi centrali dell’anno pare che abbia mantenuto un profilo di crescita (+1,4%) nonostante il rallentamento nel ciclo economico mondiale.

Anche il settore degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva nel 2015, pari a circa il +1,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia pare che questa crescita sia dovuta per lo più agli imballaggi in plastica.

Il volume di produzione del cartone ondulato, invece, si è attestato sui 6.455.574.000 di metri quadri (circa l’1,69% in più rispetto all’anno precedente)28

.

2.1.6. L‟andamento del settore “imballaggi in carta e cartone” nel 2016

Il 2016 è stato un anno caratterizzato dalla crescita, soprattutto legata al mercato interno (le esportazioni, infatti, risultano ferme). A tale riguardo, si è registrato un aumento della produzione di imballaggi in tonnellate pari al +3,2%.

Il dato, però, si riferisce a tutta la famiglia di imballaggi e non soltanto a quelli cellulosici. Fondamentale per questo trend di crescita è stato anche il contributo apportato dagli acquisti on line che hanno comportato una sempre più alta richiesta di packaging adatto a trasportare le merci nella maniera più adeguata per evitare il loro deterioramento29.

Sebbene si parli di crescita, è importante sottolineare che si tratta di una crescita comunque contenuta che riflette la situazione economica nazionale e internazionale, dove la ripresa risulta essere più rallentata rispetto alle aspettative.

28 Dati reperiti da Iascone P., “Rapporto sullo stato dell’imballaggio”, Italia Imballaggio Magazine, 2015, e dal sito www.packagingevolution.it

29 “Secondo una ricerca della Casaleggio Associati, nel 2016 le vendite online sono cresciute del 10%, raggiungendo un fatturato di 31,7 miliardi di euro”, B. Iascone, “Il settore imballaggi”, Italia Imballaggio Magazine, 2017.

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27

Per quanto riguarda la modesta crescita del PIL italiano, questa può essere ricondotta al clima di incertezza che ha penalizzato la domanda interna.

Tuttavia, le previsioni evolutive per il 2017 dell’industria manifatturiera prevedono una produzione in crescita del +1,4%, un export in aumento del +2,2% e un import in crescita del +3%. Per il consumo invece si prevede un trend positivo del +1,5%.30

Relativamente ai rischi percepiti nel settore del packaging, i più interessanti riguardano:  Il clima concorrenziale sempre più aggressivo;

 I fattori macroeconomici incidenti a vario titolo sulle vendite;  L’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia;  Il costo del lavoro;

 I cambiamenti avversi del regime tributario;

 L’accesso al credito e il relativo costo (anche se in misura minore).

Bilancio del settore imballaggi. Valori di fatturato espressi in milioni di euro31

2015 2016 (1) Var. % 16/15 Fatturato (Stime) 31.118 31.711 1,9% Turnover (est) Produzione (t/000) 15.368 15.866 3,2% Production (t/000) Esportazione (t/000) 2.707 2.708 0,0% Exports (t/000) Importazione (t/000) 1.786 1.920 7,5% Imports (t/000) Utilizzo apparente (t/000) 14.447 15.078 4,4% Apparent Use (t/000) (1) I dati potrebbero essere oggetto di rettifiche

La produzione del settore imballaggi: suddivisione per materiali32 (Tonn/000)

2014 2015 Var% 15/14 2016 (1) Var % 16/15

Acciaio 765 783 2,4% 796 1,7%

Alluminio 116 148 27,4% 123 - 17,2%

30 Dati reperiti dai report Iascone P., Iascone B., “Il settore degli imballaggi”. Italia Imballaggio Magazine. 2016 e 2017.

31 Fonte: B. Iascone, “Il settore Imballaggi”, Italia Imballaggio Magazine, 2017. 32 Fonte: B. Iascone, “Il settore imballaggi”, Italia Imballaggio Magazine, 2017.

(28)

28 Cellulosici 4.849 4.942 1,9% 5.063 2% Contenitori rigidi poliaccoppiati 136 139 2,2% 139 0,0% Legno 2.390 2.408 0,8% 2.520 4,7% Plastica 2.663 2.754 3,4% 2.889 4,9% Imballaggi flessibili 350 365 4,3% 373 2,2% Vetro 3.719 3.811 2,5% 3.935 3,3% Altro 28 28 0,0% 28 0% Totale 15.016 15.378 2,4% 15.866 3,2%

(1) I dati potrebbero essere oggetto di rettifiche

Relativamente al volume produttivo del cartone ondulato suddiviso per regioni, si hanno i seguenti dati33:

Il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta presentano una crescita del +4,3% rispetto all’anno precedente, la Lombardia del +1,2%, il Triveneto del +4,3%, l’Emilia Romagna e le Marche del +1,6%, il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo del +4,9%, il Sud e le Isole del +7,8%.

L’unica nota dolente è per la Toscana che presenta invece una decrescita pari al -5,2%. Infine, relativamente alle quote del mercato europeo, emergono le seguenti suddivisioni34:

33 Fonte: Cecchini A., “Relazione sulla gestione dell’anno 2016”, GIFCO, 2017. 34 Fonte: FEFCO. Piemonte Liguria -V.A. 6% Lombardia 24% Triveneto 17% Emilia Romagna -Marche 23% Toscana 14% Lazio Umbria -Abruzzo 7% Sud e Isole 9%

Produzione

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29

2.2. Analisi della concorrenza di Scatolificio Rinascente Srl nel settore imballaggi

Lo Scatolificio Rinascente ha la sua attività prevalente in Toscana, nonostante che in piccola parte serva anche la Liguria, l’Emilia Romagna e alcuni paesi CEE (come il Belgio, la Bulgaria e la Croazia). Possiede attualmente un totale di 16 dipendenti, collocandosi nella fascia delle piccole imprese.

I suoi concorrenti più diretti in base alle zone servite e alla struttura interna sono, secondo quanto dichiarato dall’azienda:

-

Franchini C. Srl  operante prevalentemente in Toscana, possiede secondo gli ultimi dati 21 dipendenti;

-

Imballaggi Industriali Serchio Srl  il perimetro è circa lo stesso della Franchini C. Srl e possiede secondo gli ultimi dati un solo dipendente;

-

Artiscatola Pratese Srl  operante in Toscana, possiede secondo gli ultimi dati 11 dipendenti;

-

Gadar SpA  operante prevalentemente in Toscana, possiede secondo gli ultimi dati 21 dipendenti;

-

Scatolificio Euro Srl  operante prevalentemente in Toscana, possiede secondo gli ultimi dati 17 dipendenti.

Queste aziende, lo si ribadisce, oltre a coprire circa gli stessi territori dello Scatolificio Rinascente hanno anche un fatturato e una struttura molto simile oltre che la stessa ragione sociale (ad eccezione di Gadar SpA).

Francia 11% Germania 21% Italia 17% Polonia 9% Spagna 10% Gran Bretagna 10% Altri 22%

Produzione

(30)

30

Si analizza di seguito l’andamento di queste realtà aziendali a partire dai bilanci pubblici degli anni passati, tenendo presente che i bilanci del 2016, in molti casi, non sono ancora disponibili e che, quindi, per rendere l’analisi il più omogenea possibile, si è preferito fare riferimento solo agli esercizi 2014 e 2015.

Si precisa, inoltre, che sono stati scelti specifici criteri per quanto riguarda la riclassificazione del bilancio (in particolare per quanto riguarda la riclassificazione secondo il criterio di pertinenza gestionale):

-

Quando non è stata specificata la natura dei crediti in nota integrativa si sono ipotizzati tutti quanti operativi;

-

Quando non è stata specificata la natura dei debiti, invece, la parte a breve si è ipotizzata operativa mentre quella a lungo finanziaria;

-

Si è scelto per ragioni legate alla semplicità di questi bilanci e alla loro scarsa strutturazione, di inserire nell’area extracaratteristica tutti i crediti finanziari sia di breve che di lungo termine e di considerare tutte le partecipazioni come strategiche;

-

Si sono ipotizzati gli “Altri ricavi e proventi” e gli “Oneri diversi di gestione” come appartenenti all’area caratteristica.

2.2.1. Gli andamenti di Franchini C. Srl

Esercizio 2014 per Franchini C. Srl

Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario: STATO PATRIMONIALE

esercizio 2014

ATTIVO IMMOBILIZZATO CAPITALE PERMANENTE

Immobilizzazioni immateriali Patrimonio netto

tot. Immobilizzaz. Immateriali € 450.945 Capitale sociale € 101.490

Riserva legale € 4.248

Immobilizzazioni materiali Altre riserve € 95.870

tot. Immobilizzaz. Materiali € 264.420 Utile di esercizio € 81.258

tot. Patrimonio netto € 282.866

Immobilizzazioni finanziarie

Partecipazioni a lungo € 156.954 Passivo consolidato

F.do rischi e oneri € 74.250

Crediti oltre l'esercizio € 58.712 F.do TFR € 103.234

tot. Immobilizzaz. Finanziarie € 215.666 Debiti esigibili oltre l'esercizio € 0

tot. Passivo consolidato € 177.484

TOT. CAPITALE PERMANENTE € 460.350

(31)

31 IMMOBILIZZATO

Passivo corrente

ATTIVO CORRENTE Debiti esigibili entro l'esercizio € 2.936.371

Rimanenze Ratei e risconti passivi € 58.398

tot. Rimanenze € 120.887 tot. Passivo corrente € 2.994.769

TOT. PASSIVO CORRENTE € 2.994.769

Liquidità differite

Crediti entro l'esercizio € 2.213.911

PASSIVO E PATRIMONIO

NETTO € 3.455.119

Ratei e risconti attivi € 74.610

tot. Liquidità differite € 2.288.521

Liquidità immediate

Disponibilità liquide

tot. Dispon. Liquide € 114.680

TOT. ATTIVO CORRENTE € 2.524.088

ATTIVO NETTO € 3.455.119

Indicatori dell’equilibrio prospettico del breve termine:

CCNF -470681

Indice di disponibilità 0,84283229

Mg. Di tesoreria secondario -591568 Indice di tesoreria secondario 0,80246623 Mg. Di tesoreria primario -2880089 € 0 € 500.000 € 1.000.000 € 1.500.000 € 2.000.000 € 2.500.000 € 3.000.000 ATTIVO IMMOBIL IZZATO ATTIVO CORRENT E CAPITALE PERMAN ENTE PASSIVO CORRENT E Importi € 931.031 € 2.524.08 € 460.350 € 2.994.76 Ti to lo asse

Importi

(32)

32 Indice di tesoreria primario 0,03829344 Indicatori dell’equilibrio prospettico nel m/l termine:

Mg. Di struttura secondario -470681 Indice di struttura secondario 0,49445185

Mg. Di struttura primario -648165 Indice di struttura primario 0,30382017 Indicatori di composizione degli impieghi:

Indice di rigidità 0,26946424

Indice di elasticità 0,73053576

Indice di liquidità immediata 0,03319133 Indice di liquidità differita 0,66235664 Indice di liquidità totale 0,69554797 Indice esprimente il peso del magazz. 0,0349878 Indicatori di composizione delle fonti:

Quoziente di indebitamento 11,2146847 Indice di autonomia finanziaria 0,08186867 Indice di indebitamento 0,91813133 Indice di indebitamento corrente 0,86676291 Indice di indebitamento consolidato 0,05136842 Indici di velocità:

Indici di durata:

Bilancio riclassificato secondo il metodo di pertinenza gestionale: ATTIVO: capitale investito netto (CIN)

Attivo immobilizzato operativo

Immobilizzazioni materiali nette € 264.420

Immobilizzazioni immateriali nette € 450.954

Partecipazioni strategiche € 156.954

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