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Sindrome da deficit del trasportatore della creatina: approccio proteomico per la ricerca di biomarcatori precoci in un modello murino

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso Di Laurea Magistrale In Farmacia

TESI DI LAUREA

“SINDROME DA DEFICIT DEL TRASPORTATORE

DELLA CREATINA: APPROCCIO PROTEOMICO PER

LA RICERCA DI BIOMARCATORI PRECOCI IN UN

MODELLO MURINO”

Relatori

:

Prof.ssa Mazzoni Maria Rosa

Prof. Lucacchini Antonio

Correlatore: Candidata:

Dott.ssa Ciregia Federica Grisilda Ahmeti

(2)
(3)

Indice

Capitolo 1 – INTRODUZIONE

5

1.1 La creatina 5 1.1.1 Funzioni 6 1.1.2 Sintesi e metabolismo 7 1.1.3 Il trasportatore di creatina (CRTR) 11

1.1.4 Il caso particolare del cervello 13

1.2 Sindrome da deficit di creatina (CDS) 15

1.2.1 Diagnosi della sindrome 16

1.2.2 AGAT deficiency 17

1.2.3 GAMT deficiency 19

1.2.4 CRTR deficiency 21

1.3 Il deficit primario del trasportatore della creatina 22

1.3.1 Incidenza 22

1.3.2 Fenotipo 22

1.3.3 Elementi Diagnostici 23

1.3.4 Ereditarietà eterosomica recessiva 24

1.3.5 Verso una terapia efficacie 26

1.4 I mitocondri 28

1.4.1 Struttura 28

1.4.2 Funzioni 29

1.4.3 Alterazioni mitocondriali nel deficit di creatina 32

1.5 Modelli Murini 33

1.5.1 Topi CRT-KO e CRT-WT 33

1.6 La proteomica 36

1.6.1 L’elettroforesi bidimensionale (2-DE) 37

1.6.2 La spettrometria di massa (MS) 38

Capitolo 2 – Scopo della tesi

41

Capitolo 3 – Materiali e metodi

42

3.1 Materiali e strumentazioni 42

3.2 Campioni biologici 43

3.2.1 Estrazione dei mitocondri 43

3.2.2 Dosaggio proteico DC Biorad 44

3.3 Elettroforesi bidimensionale 45

3.3.1 Preparazione dei campioni 45

3.3.2 Reidratazione delle strip 46

3.3.3 Prima dimensione - Isoelettrofocalizzazione (IEF) 46

3.3.4 Preparazione del gel 47

3.3.5 Equilibratura delle strip 48

3.3.6 Seconda dimensione – SDS Page 48

(4)

3.3.9 Digestione con tripsina 51

Capitolo 4 – Risultati e discussione

53

4.1 Conclusioni 57

(5)

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 La Creatina

La creatina (dal greco κρέας, krèas, "carne") fu descritta per la prima volta dal chimico francese Michel Eugène Chevreul nel 1832, quando ne riuscì ad ottenere una piccola quantità dal brodo di carne. [1]

Tuttavia, a causa della complessità dei metodi di estrazione della creatina, fu solo nel 1847 che il chimico tedesco Justus von Liebig ne confermò la presenza come normale costituente della carne.

Liebig, inoltre, dopo aver effettuato dei primi esperimenti sulla muscolatura umana, condusse uno studio sulla muscolatura animale. Mettendo in correlazione i dati raccolti su volpi selvatiche e volpi cresciute in cattività scoprì che la concentrazione muscolare della creatina delle prime era dieci volte superiore ed, alla luce di questo risultato, ipotizzò che questo incremento fosse attribuibile alla maggiore attività motoria.

Negli stessi anni Heintz e Pettenkofer evidenziarono nelle urine una sostanza che poi Lieberg confermò essere la creatinina. Sulla base dell'osservazione per cui l'escrezione urinaria della creatinina era correlata all'entità della massa muscolare, fu ipotizzato che la creatinina fosse un diretto prodotto di metabolizzazione dalla creatina localizzata nei muscoli.

Inoltre, Liberg notò che non tutta la creatina somministrata all'animale o all'uomo veniva espulsa tramite le urine, per cui ipotizzò che parte di essa potesse essere trattenuta nell'organismo a scopi energetici.

Da quel momento molti studi sono stati condotti e molte opere sono state pubblicate riguardo al ruolo della creatina nel metabolismo energetico e sui suoi meccanismi di trasporto.

Solamente dal 1994, con la scoperta del primo caso di difetto ereditario di sintesi di creatina, le concentrazioni fisiologiche di creatina e dei suoi metaboliti sono diventati un marker importantissimo per la diagnosi patologica.

(6)

1.1.1 Funzioni

La creatina è nota per il suo ruolo essenziale nel metabolismo energetico cellulare. Essa è localizzata soprattutto nel tessuto muscolare scheletrico ed in quello nervoso, dove la richiesta del fabbisogno energetico è molto elevata.

L’enzima creatina chinasi (CK) catalizza la conversione reversibile della creatina e ATP a fosfocreatina e ADP. In questo modo si crea il sistema creatina-fosfocreatina, che serve come tampone citosolico per la rigenerazione di ATP. [2]

Ad oggi, le conoscenze riguardanti la biologia della creatina ci portano a conferire un insieme di ruoli importanti che essa svolge all’interno dell’organismo, quali:

● Attività energetica [3]

● Attività antiossidanti e anti-apoptotiche: la creatina interagisce direttamente contro i radicali liberi come lo ione superossido [O2]- e il perossinitrito [ONOO]-. [4] [5] ● Azione osmolitica: determinando una ritenzione di acqua a livello muscolare. [6] ● Agente Neurotrasmettitore: la creatina è in grado di modulare l’attività

GABAergica e glutaminergica. [7]

Inoltre, la creatina è diventata un importante integratore nutrizionale nella medicina dello sport e viene intensamente utilizzato come agente terapeutico nei disturbi psichiatrici e in vari condizioni neurologiche, quali: encefalopatia mitocondriale, ictus, lesioni neurologiche traumatiche, disordini neurodegenerativi e muscolari. [8]

(7)

1.1.2 Sintesi e Metabolismo

La creatina o acido metilguanidinoacetico, è un composto azotato non proteico strutturalmente simile ad un amminoacido (Figura n.1). Si tratta di una molecola molto polare e idrofila e ha bisogno di un trasportatore di membrana per poter attraversare le membrane cellulari.

Figura n.1: struttura chimica della creatina

Per citare un esempio, un uomo di 70 kg contiene all’incirca 120 g di creatina totale, di cui il 90% è localizzato nel muscolo scheletrico, mentre reni e fegato ne contengono relativamente poco. [9]

Il nostro organismo consuma quotidianamente 30 mg di creatina, ogni kg del peso corporeo, per un fabbisogno giornaliero di circa 2 grammi.

La creatina e la fosfocreatina vengono convertite in creatinina tramite una reazione di tipo non enzimatica. La fosfocreatina, a sua volta, diffonde attraverso le cellule e viene assimilata a livello renale ed espulsa nelle urine.

Esistono due vie di reintegrazione delle quantità di creatina perse: tramite la dieta o tramite la sintesi de novo. [10]

Tramite la dieta è possibile integrare i contenuti corporei di creatina principalmente assumendo carne e pesce e, in misura minore, latte e prodotti caseari.

Una tipica dieta occidentale, quindi, è in grado di garantire circa la metà del fabbisogno quotidiano di creatina.

Tuttavia, a causa della povertà di creatina dei prodotti vegetali, le diete principalmente vegetariane non riescono a reintegrarne grandi quantità. [11]

L’altra metà del fabbisogno giornaliero di creatina è garantita dalla sintesi de novo, che necessita la presenza di due aminoacidi: glicina e arginina e di due enzimi che catalizzano la reazione.

(8)

La sintesi si svolge attraverso due fasi. Una prima fase, che si verifica principalmente a livello renale, nello spazio intermembrana dei mitocondri, e, in misura minore, nel citoplasma.

Le due isoforme mitocondriali e citosoliche di arginina glicina aminotrasferasi (AGAT) sono codificate dal gene GATM e prodotte da splicing alternativo. A questo livello l’enzima AGAT catalizza reversibilmente il trasferimento di un residuo guanidinico dall’arginina alla glicina con conseguente formazione di L-ornitina e guanidinoacetato (GAA). [7][12]

Questo primo passaggio ha un controllo a feedback negativo, in quanto l’AGAT è inibito dalla creatina e dall’ornitina, mentre è attivato dalla tiroxina e dall’ormone della crescita. [13] Durante la seconda fase, che si verifica principalmente nel fegato, l’enzima guanidinoacetatometiltransferasi (GAMT) catalizza il trasferimento di un gruppo metile proveniente da S- adenosil metionina (SAM), a GAA, portando alla formazione S-adenosil-omocisteina (SAH) e creatina. [14] [15]

Questa fase della biosintesi è fisiologicamente conosciuta per il consumo del 40% dei gruppi metilici, in quanto viene utilizzato per vari substrati biologici come acidi nucleici, proteine e lipidi.

L’inibizione della sintesi de novo a livello di AGAT è anche sensibile alle concentrazioni di creatina esogena, per cui un alto apporto nutrizionale di creatina comporta l'inibizione dell’espressione e dell’attività di AGAT, mentre un basso livello esogeno va a stimolare l’espressione enzimatica.

La creatina, generata tramite la dieta o formata attraverso la sintesi endogena, viene rilasciata nel flusso sanguigno, dove andrà a distribuirsi nei tessuti interessati grazie alla presenza del suo specifico trasportatore transmembrana dipendente (CRTR) che lega la sostanza e la trasporta nelle cellule (Figura n. 2).

(9)

Figura n.2 metabolismo della creatina: biosintesi, trasporto ed eliminazione.

Una volta arrivata nei tessuti ‘’bersaglio’’, la creatina viene temporaneamente trasformata in fosfocreatina dall’enzima CK o fosfochinasi (CPK).

Il donatore del gruppo fosfato è l’ATP che si converte in ADP secondo la seguente reazione (figura n.3) con formazione di ADP + fosfocreatina +

Figura n.3: conversione creatina in fosfocreatina

La reazione è di tipo reversibile e quindi permette di liberare energia sotto forma di ATP sfruttando la defosforilazione della fosfocreatina.

(10)

Ragione per cui la fosfocreatina rappresenta un pool di riserva energetica direttamente utilizzabile attraverso la conversione enzimatica da CK.

Infine, sia la creatina che la fosfocreatina verranno escrete sotto forma di creatinina (Crn). I reni rappresentano il principale organo emuntorio e di fatto l’eliminazione della creatinina avviene prevalentemente a livello renale.

L’inattivazione funzionale delle due sostanze procede con una reazione chimica spontanea che porta a reagire il gruppo carbossile del gruppo acetico ed il gruppo amminico della stessa molecola con formazione di un legame intramolecolare ed eliminazione di acqua nella creatina e di fosfato ed acqua nella fosfocreatina (figura n.4).

(11)

1.1.3 Il trasportatore di creatina (CRTR)

Come già precedentemente riportato, la creatina per poter essere distribuita nei vari tessuti dell’organismo avrà bisogno del suo trasportatore. Questo perché, essendo una molecola abbastanza idrofila e polare, non attraversa facilmente le membrane plasmatiche, data la natura lipofila di quest’ultime.

La creatina entra all’interno della cellula mediante trasporto attivo, contro gradiente di concentrazione. In questi tipi di trasporto viene sempre richiesta la presenza di ATP, con conseguente consumo di energia. Il trasportatore della creatina è di tipo elettrogenico in quanto, per ogni 2 ioni di che entrano nella cellula, permette la fuoriuscita da 1 solo ione

. [16] [17]

Il trasportatore di membrana della creatina è formato da 635 amminoacidi e ha un peso molecolare di 70kDa.

Viene codificato dal gene SLC6A8 (CT1), contiene 13 esoni (porzione del gene che viene trascritta dalle RNA polimerasi) e si trova sul cromosoma Xq28 [18].

Questo trasportatore fa parte della famiglia SLC6, quindi della stessa famiglia dei trasportatori di neurotrasmettitori / dipendenti, trasportatori del GABA, noradrenalina, dopamina, serotonina, glicina, taurina, prolina e betaina.

Come gli altri membri della famiglia SLC6, possiede 12 domini transmembrana (TM), in particolare il numero 1, 3, 6, 8 (ombreggiati in grigio) contribuiscono la permeazione della molecola di creatina. Tra il TM3 e il TM4 è presente un grande anello extracellulare contenente i siti di N-glicosilazione e infine troviamo N- e C- terminali rivolti verso il lato citoplasmatico della membrana (Figura n.5). [19]

(12)

Figura n.5: Trasportatore transmembrana Na+ dipendente

Negli esseri umani, CRTR è espresso prevalentemente nei muscoli, nel rene, nel cuore ma anche in molti altri tessuti compreso il cervello, la retina e l’intestino.

Infine, l’assorbimento di creatina può essere inibito dall’azione di alcune molecole, quali β-guanidinoproprionato (β-GPA), γ-guanidinobutirrato e, in misura minore, dal guanidinoacetato. [20] [21]

(13)

1.1.4 Il caso particolare del cervello

Il cervello, sebbene costituisca solo il 2% del peso totale corporeo, utilizza quasi il 20% delle risorse energetiche di un essere umano.

L’integrità dell’attività cerebrale è fortemente dipendente dalla vascolarizzazione, dove i substrati energetici sono alimentati continuamente dalla circolazione sanguigna. [22]

Un aspetto molto importante è rappresentato dalle cellule del sistema nervoso centrale, in quanto in possesso di proteine tali da consentire la sintesi ed il trasporto della creatina.

In aggiunta, il trasportatore della creatina è fortemente espresso anche nel midollo spinale. [23]

Tuttavia, come mostrato in figura n.6, i percorsi del sistema nervoso centrale che assicurano il contenuto fisiologico della creatina nel cervello maturo richiedono sostegno intercellulare, poiché solo il 12% delle cellule del sistema nervoso centrale possiede l'intera via biosintetica (AGAT più GAMT). [23]

Circa il 43% delle cellule contengono solo uno dei due enzimi biosintetici, mentre la restante parte, pari al 45%, è privo sia di AGAT che di GAMT.

Il fatto che AGAT e GAMT possano essere presenti in cellule diverse comporta che il GAA prodotto in una cellula contenente AGAT debba essere trasportato ad un’altra cellula contenente GAMT per completare la sintesi di creatina. [24][25]

Il passaggio intercellulare è assicurato dal trasportatore CRTR (o SLC6A8 dal nome del gene) che va ad assumere un’importanza decisiva nel processo biosintetico agendo sia come trasportatore della creatina e da intermedio guanidinoacetato.

In aggiunta, le sostanze che arrivano a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC) devono oltrepassare la Barriera Emato-Encefalica (BEE), la cui azione principale è quella di proteggere il cervello da sostanze esogene e/o nocive.

Questa barriera è composta da cellule endoteliali unite tramite giunzioni cellulari occludenti che conferiscono una maggiore compattezza alla sua struttura.

Un ulteriore fattore che contribuisce alla formazione ed al rafforzamento di questa unità anatomo-funzionale è costituito dalle proiezioni delle cellule astrocitarie. [26]

(14)

Figura n.6: Processi fisiologici che portano alla formazione di creatina in un cervello maturo

La creatina, in quanto molecola polare e idrofila, non riesce ad attraversare la BEE a causa delle caratteristiche lipofile di quest’ultima. Inoltre, esiste anche una diversa espressione del gene SLC6A8 a livello delle cellule che costituiscono la BEE.

In conclusione, occorre osservare che:

● Nel cervello di un individuo maturo troviamo una bassa espressione di SLC6A8 a livello degli astrociti, questo comporta una ridotta permeabilità della creatina attraverso la BEE. Al contrario, la modesta permeabilità viene associata alla presenza del trasportatore che sembra essere presente a livello delle cellule endoteliali.

● Il cervello immaturo/in via di sviluppo (durante i primi anni di vita), presenta un’elevata espressione di SLC6A8. Questo spiega il fatto come in questa fase di maturazione riesca sostanzialmente a soddisfare le proprie esigenze di creatina attraverso un assorbimento dalla circolazione sanguigna piuttosto che dalla sintesi endogena.

(15)

1.2 Sindrome da deficit di creatina (CDS)

La sindrome da deficit della creatina (Cr) cerebrale corrisponde ad un gruppo di errori congeniti del metabolismo denominati complessivamente Creatine Deficiency Syndromes (CDS). [27]

Tra questi disturbi rientrano tre tipi di difetti metabolici.

I primi due sono relativi alla sintesi endogena della creatina, affidata agli enzimi AGAT e GAMT. Questi difetti metabolici provocano l’incapacità dell’organismo di sintetizzare il composto.

Il terzo disturbo riguarda il trasportatore della creatina (CRTR). L’incapacità delle cellule di incorporare la creatina causa una diminuzione dell’assorbimento e della distribuzione nei vari tessuti interessati.

Queste sindromi sono causate da mutazioni dei geni codificanti per proteine coinvolte nella sintesi e nel trasporto della creatina:

➢ Le forme causate da difetti di sintesi (deficit di AGAT e GAMT) si trasmettono in modo autosomico recessivo (occorre ereditare due copie alterate del gene da entrambi i genitori per manifestarle)

➢ La forma causata da carenza di trasportatore (SLC6A8), invece, è legato al cromosoma X, ragione per cui solo i maschi ne presentano i sintomi, mentre le femmine sono portatrici sane.

Tuttavia, si può dedurre che i deficit presentano lo stesso ‘’meccanismo’’ patogenetico, ovvero il basso apporto di Cr a livello cerebrale.

I soggetti affetti da tali patologie mostrano sintomi caratteristici di patologie neuropsichiatriche tipiche di persone di età avanzata come ritardo mentale, disturbi del linguaggio, epilessia, disturbi del movimento e della sfera comunicativo-relazionale. [28] L’esatta frequenza di questi disturbi resta da chiarire. A questo proposito, la sindrome da carenza di creatina è stata individuata nel 2,7% dei bambini aventi un ritardo psicomotorio di origine sconosciuta e questa percentuale aumenta al 4,4% quando gli studi sono stati concentrati su bambini di sesso maschile. [29]

(16)

1.2.1 Diagnosi della Sindrome

In presenza di una disabilità intellettiva di origine sconosciuta risulta molto importante l’identificazione della natura e/o della causa scatenante del fenomeno patologico.

Innanzitutto, si procede nell’analisi della storia familiare del paziente, verificando la presenza di eventuali deficit intellettivi o altri tipi di anomalie negli antenati prossimi, allo scopo di facilitare così le indagini biochimiche.

La diagnosi della Creatine Deficiency Syndromes a questo punto procede in varie fasi (Figura n. 7):

1. Determinazione biologica della creatina e dei suoi metaboliti nelle urine e nel sangue. 2. Studi molecolari del gene “sospetto”

3. Valutazione di tipo funzionale dell’attività enzimatica e del trasportatore della creatina

Figura n.7La diagnosi della Creatine Deficiency Syndromes

Nella prima fase di determinazione biologica di anomale concentrazioni di creatina o dei suoi metaboliti a livello plasmatico e urinario, si definiscono eventuali sospetti diagnostici e, in risposta, le misurazioni specifiche della zona cerebrale da condurre.

(17)

L’indagine prosegue utilizzando la spettroscopia all’idrogeno in risonanza magnetica (1H-MRS), che permette di ottenere spettri ad alta risoluzione ed individuare in modo ottimale la presenza o l’assenza di creatina cerebrale.

Questo strumento si basa sul principio chimico-fisico degli atomi di Idrogeno che presentano risonanti differenti in funzione dell'ambiente chimico in cui si trovano.

Ovvero differiscono in base alla molecola che va a legare, che può essere ad esempio acqua, proteine, lipidi ecc.

Il segnale viene rappresentato da un insieme di “picchi” che identificano le diverse molecole, disposti lungo un asse cartesiano in base alle varie frequenze di risonanza di ciascuna molecola. In questo modo, l’assenza o la presenza di picchi relativi alla creatina riesce a dare un’ulteriore conferma all’ipotesi iniziale. L’1H-MRS dovrebbe avere quindi un posto privilegiato nel campo diagnostico, tuttavia, dato che l’interpretazione dei dati richiede una competenza specialistica ed un corposo investimento, questa pratica viene condotta solo occasionalmente.

In conclusione studi molecolari del gene sospetto e analisi funzionali possono confermare la diagnosi andando a specificare il tipo di CDS presente nel paziente. L’attività della proteina può essere eseguita prima o dopo lo studio sui geni. In quest’ultimo caso, il test funzionale convalida o invalida la natura eziologica della mutazione genetiche.

1.2.2 AGAT deficiency

La prima segnalazione di AGAT deficienza (AGAT-D) è stata riportato nel 2001, in due sorelline di 4 e 6 anni, entrambe presentavano disabilità intellettiva, difficoltà nel parlare e camminare. Inoltre, una di loro ha riportato convulsioni febbrili a 18 mesi dalla nascita. [30] L’indagine familiare ha rilevato un altro caso di AGAT-D in un cugino di 2 anni che presentava un ritardo psicomotorio e difficoltà nell’acquisizione del linguaggio. [31]

Il deficit di AGAT è ereditato come carattere autosomico recessivo. Il gene GATM che trascrive l’enzima è localizzato sul cromosoma 15q21.1 ed è essenzialmente espresso nei reni e, in misura minore, nel pancreas, nel fegato e nel SNC. Come accennato in precedenza, l’enzima catalizza il primo passo nella biosintesi della creatina, producendo GAA e ornitina, di conseguenza l'attività enzimatica ridotta si traduce in una marcata diminuzione di GAA plasmatico e quindi una diminuzione dei livelli di creatina. [32]

(18)

Inoltre, quando i livelli di GAA nel plasma e nelle urine risultano molto bassi, le prove a sostegno della diagnosi aumentano di veridicità. Tuttavia, occorre procedere con un’ulteriore misurazione attraverso l’1H-MRS in quanto la sola diminuzione della creatina plasmatica non è un marcatore affidabile della deficienza dell’enzima. Procedendo l’analisi diagnostica, può essere fatta una misurazione dell’attività di AGAT su culture di linfoblasti o linfociti [33] e l'identificazione genetica finale delle mutazioni GATM toglie ogni dubbio in merito alla diagnosi. [23]

Trattamento: Nella AGAT-D si applica una terapia farmacologia. Una prima somministrazione di 300-400 mg/kg/die di creatina per poter ripristinare i livelli cerebrali. Le due sorelle a cui fu diagnosticata la malattia per la prima volta, dopo una cura integrativa di creatina, presentarono lievi miglioramenti nelle performance motorie, mentre le prestazioni visive subirono miglioramento rilevante.

Tuttavia, un handicap intellettivo moderato persisteva anche dopo diversi anni di trattamento. Nel cugino delle due sorelle la somministrazione di creatina è stata avviata all'età di 2 anni e dopo una terapia durata 3 anni il paziente mostrava ancora un moderato ritardo psicomotorio, mentre le difficoltà linguistiche, la sua interazione sociale e la capacità di attenzione erano migliorate. [31]

Un quarto paziente con AGAT-D diagnosticata dalla nascita ha avuto la possibilità di avviare l’integrazione con creatina all'età di 4 mesi ed è interessante notare che il suo sviluppo psicomotorio è risultato essere normale dopo circa un anno. [34]

Questo importante miglioramento potrebbe risiedere nell’alta concentrazione di SLC6A8, sostanza presente nella materia cerebrale, in fase di maturazione nel corso dei primi anni di vita. [35]

Gli incoraggianti risultati osservati nella terapia sostitutiva nei neonati suggeriscono che la diagnosi precoce seguita da un trattamento immediato possano avere un impatto positivo sul ritardo dello sviluppo, mentre una terapia iniziata in ritardo porterebbe solamente ad una lieve attenuazione della sintomatica più aggravata.

(19)

1.2.3 GAMT deficiency

La GAMT deficienza (GAMT-D) è stato il primo errore congenito riconosciuto del metabolismo della creatina, descritto per la prima volta da Stöckler nel 1994 in un bambino di 22 mesi con un grave ritardo dello sviluppo associato ad una sindrome extrapiramidale progressiva. Ad oggi sono stati individuati ben 110 pazienti, con almeno 25 diverse mutazioni a livello dei geni interessati, che presentavano la GAMT-D. [36] [37]

Come AGAT, GAMT-D è ereditata come carattere autosomico recessivo. Il gene GAMT è situato sul braccio corto del cromosoma p13.3, dispone di 6 esoni [38] e viene espresso essenzialmente nel fegato e in misura minore nei reni, nel pancreas e nel SNC. Come descritto in precedenza, l’enzima catalizza la metilazione di GAA, usando SAM come donatore di metile, e generando SAH e creatina.

Un difetto dell’enzima comporta un’inefficace biosintesi del composto guanidinico con conseguente accumulo di GAA. Questo metabolita, derivante dalla sintesi della creatina, risulta essere altamente tossico per il SNC in quanto provoca convulsioni. [39]

Il fenotipo dei pazienti con GAMT-D è relativamente eterogeneo e presenta manifestazioni cliniche più gravi rispetto a AGAT-D. L'insorgenza dei primi segni clinici si verifica di solito tra la prima infanzia (3-6 mesi) e 3 anni e comprendono ritardo nello sviluppo globale, anomalie extrapiramidali del movimento, difficoltà nel parlare, disabilità intellettiva marcata, epilessia farmacoresistente e talvolta comportamento aggressivo e autolesionistico. [40] Inoltre, è interessante notare che pazienti con GAMT-D non sono affetti da neuropatie, disturbi uditivi e visivi. In alcuni casi però il danno neurologico è lieve e la sintomatologia si manifesta in maniera più blanda. [41]

La diagnosi di GAMT-D viene evocata quando si osserva un notevole aumento di GAA nei fluidi corporei: urina, plasma e nel fluido cerebrospinale (CSF).

Inoltre, l'abbassamento dei livelli di creatina è più drastico nel plasma che nell'urina. [106] L’analisi biochimica della GAMT, che viene effettuata su culture di linfoblasti o di fibroblasti, indica un calo dell'attività enzimatica. [42]

La ricerca di mutazioni nel gene completa l'esplorazione diagnostica di pazienti GAMT-D, e fino ad ora sono stati segnalati circa 50 mutazioni differenti del gene che lo codifica. Le mutazioni predominanti che vengono riscontrate nella maggior parte dei pazienti sono

(20)

essenzialmente due: una mutazione missenso c.59G> C, in cui un triptofano è sostituito da una serina nella posizione 20 della proteina matura, e un mutazione c.327G > che induce un splicing anomalo. [43]

Un’altra tecnica è l’Elettroencefalografia (EEG), tipicamente utilizzata soprattutto per studiare il sonno e per registrare l’attività elettrica dell’encefalo. Si è constatato attraverso elettroencefalogramma, che i pazienti con GAMT-D presentavano durante la registrazione delle anomalie sia dei picchi che delle onde, con conseguenza di diagnosi errate. [44]

In conclusione, l’osservazione cerebrale attraverso 1H-MRS rimane sempre uno strumento diagnostico di prima scelta e permette di visualizzare con precisione la deficienza di creatina nel cervello e inoltre, è molto utile per monitorare le variazioni dei depositi cerebrali di creatina nei pazienti in cura attraverso la somministrazione per via orale.

La terapia in GAMT-D ha un duplice obiettivo metabolico: il normale ripristino dei depositi cerebrale di creatina e il prevenire l’accumulo del metabolita tossico GAA.

La creatina viene somministrata per via orale alla dose di 0.35 e 2 g / kg / die; questo ha portato a un ripristino dei normali valori cerebrali di creatina e ha ridotto i livelli tossici di GAA, in quanto l’attività metabolica dell’enzima AGAT è soggetta a un meccanismo di controllo a feedback negativo, esercitato da alte concentrazioni di creatina.

Infine, sono in fase di sperimentazione clinica [45] la somministrazione concomitante delle proteine a diversi dosaggi, quali:

❖ arginina 15 mg/kg/die ❖ ornitina 100 mg/kg/die

❖ creatina 1.1 g/kg che corrisponde alla dose massima giornaliera

Gli effetti terapeutici riportati in tutti e due i casi includono il miglioramento dell’ipotonia, dell’attenzione e del comportamento e una risoluzione della discinesia e dell’epilessia (figura n.7).

(21)

Figura n.7: immagine del cervello maturo ottenuta mediante 1H-MRS in un paziente GAMT-D prima (A) e dopo (B) una cura a base di creatina.

1.2.4 CRTR deficiency

Il deficit del trasportatore ha una prevalenza di 0,3- 3,5% nei maschi affetti da disabilità intellettiva di origine ignota. Le femmine sono portatrici sane e possono mostrare una lieve compromissione neuropsicologica [46].

Riguardo la CRTR-D, manca ancora di un protocollo terapeutico consolidato. Al momento sono ancora in corso diversi studi volti ad identificare la terapia adatta.

A tal proposito, il deficit del trasportatore, essendo oggetto della parte sperimentale del nostro studio, verrà analizzato in maniera più approfondita nel capitolo successivo.

(22)

1.3 IL DEFICIT PRIMARIO DEL TRASPORTATORE DELLA CREATINA

Il deficit del trasportatore della creatina (CRTR-D), malattia metabolica ereditaria legata al cromosoma X, è stato diagnosticato per la prima volta nel 2001.

Questa perdita di funzionalità di CRTR è causata per lo più da mutazioni missenso del gene SLC6A8 e da piccole delezioni concentrate nei domini transmembrana 7 e 8 (TM7 e TM8) della proteina. [47]

1.3.1 Incidenza

Il primo studio fu condotto da Rosenberg nel 2004 e consistette nell’analisi di 288 pazienti di sesso maschile che presentavano un ritardo mentale. I test scientifici condotti identificarono ben 6 mutazioni del gene SLC6A8, 5 delle quali del tutto nuove (una mutazione nonsenso e 4 missenso), con una prevalenza stimata del 2,1% (6 su 288). [48]

Questa stima è stata ridimensionata dalla tesi di Clark nel 2006. Dopo uno studio condotto su 478 maschi con ritardo mentale di origine sconosciuta, provenienti per lo più da famiglie in cui era stata riconosciuta una ereditarietà legata al cromosoma X. Clark identificò sei nuove mutazioni potenzialmente patogene non riscontrabili nella popolazione di controllo. Quattro di queste patologie vennero certificate come causa della sindrome stessa. Tutto lo portò a concludere chela prevalenza del deficit del trasportatore affligge circa l’1% di maschi colpiti da ritardo mentale di origine ignota.

1.3.2 Fenotipo

I segni clinici in CRTR-D sono caratterizzati da: disabilità intellettiva, gravi invalidità motorie, difficoltà nell’apprendimento del linguaggio, convulsioni e comportamento autistico. Questa disabilità intellettiva diventa più pronunciata con l’età e la maggior parte degli individui adulti presenta una regressione cognitiva.

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Anche se il ritardo nell’apprendimento del linguaggio può essere particolarmente marcato, alcuni pazienti sviluppano una certa, seppur non completa, forma di comunicazione.

Il deficit motorio, invece, può essere lieve e con l’età si può acquisire una camminata regolare già attorno ai 2 anni, anche per individui che, inizialmente, presentavano un’andatura rigida.

Per quanto riguarda i problemi gastrointestinali come nausea e vomito, questi sono molto frequenti soprattutto nei primi anni di vita; in questi casi i pazienti sviluppano problemi legati all'alimentazione con gravi difetti nella crescita. Quest’ultima pregiudicata dal deficitario apporto nutrizionale.

In fase adulta, invece, alcuni pazienti sviluppano forme di costipazione e difficoltà nello svuotamento della vescica. [46]

1.3.3 Elementi diagnostici

La diagnosi di CRTR-D viene eseguita attraverso un iniziale dosaggio della creatinina nelle urine.

Successivamente si ricorre al rapporto di diverse concentrazioni Cr/Crn per dimostrare l’eventuale presenza della patologia.

Tuttavia queste analisi possono rilevare dei falsi positivi. Per scongiurare questo pericolo è consigliabile eseguire la raccolta delle urine il giorno dopo che il paziente ha eseguito una dieta a base di alimenti che contengono la creatina. [49]

Un altro fattore importante è rappresentato dalla concentrazione di GAA a livello plasmatico e urinario, in quanto conferma o esclude l’ipotesi di alterazioni nella biosintesi della creatina. La diagnosi può proseguire con 1H-MRS che avvalora ulteriormente l’ipotesi patologica, mostrando un calo del picco di assorbimento relativo alla creatina cerebrale. Tuttavia, la dotazione di questa apparecchiatura non è alla portata di tutti.

La conferma finale viene garantita da un’analisi molecolare del gene SLC6A8, oppure da un test funzionale della capacità di assorbire creatina su colture di fibroblasti dei pazienti.

Con il rapido sviluppo del sequenziamento genetico di nuova generazione lo screening molecolare genetico diventerà sempre più comune e sarà possibile catalogare nuove varianti non classificate tramite la caratterizzazione funzionale ottenuta attraverso lo studio dei fibroblasti del paziente.

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TABELLA N.1

Segni clinici

Concentrazioni

plasmatiche

diagnostici

Test

AGAT-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel linguaggio -Diminuzione dei livelli di Cr nel cervello,plasma e urina -Diminuzione dei livelli di Crn nel plasma e urine -H-MRS cerebrale -Dosaggio GAA -Dosaggio Cr -Dosaggio Crn

GAMT-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel linguaggio -Epilessia Farmacoresistente -Segni extrapiramidali -Diminuione dei livelli di Cr/Crn nel plasma e urine -Aumento dei livelli di GAA -Diminuzione di Cr nel cervello -H-MRS cerebrale -Dosaggio GAA -Dosaggio Cr -Dosaggio Crn

CRTR-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel linguaggio -Epilessia trattabile -Diminuzione dei livelli di Cr nel cervello

-Aumento dei livelli di Cr/Crn nelle urine

-H-MRS cerebrale -Dosaggio Cr/Crn nel plasma e nelle urine

Tabella 1: Schema riassuntivo delle caratteristiche cliniche e biochimiche e dei test diagnostici nelle CDS

1.3.4 Ereditarietà eterosomica recessiva

La CRTR-D è una patologia X-linked recessiva. Le malattie X-linked seguono una trasmissione legata al sesso, chiamata anche ereditarietà eterosomica (figura n.8). Gli eterosomi, X e Y, sono cromosomi sessuali, in quanto determinano il sesso in un individuo. Come le altre malattie recessive, la CRTR-D si manifesta in modo diverso a seconda del sesso: i maschi risultano sempre malati se sul loro cromosoma X è presente l’allele mutato, mentre le femmine risulteranno malate solo ed esclusivamente in presenza di una condizione di omozigosi. Tuttavia, difficoltà di apprendimento e lieve ritardo mentale sono state osservate anche su donne eterozigoti.

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In uno studio su una coorte di 9 donne eterozigoti, di età compresa tra i 35 e i 77 anni, sono stati riscontrati disabilità intellettiva lieve o moderata, problemi comportamentali, convulsioni e difficoltà nell’apprendimento della parola, confermando come anche pazienti di questo tipo possano essere affetti da tali caratteristiche sintomatiche. [50]

La manifestazione della sintomatologia della malattia è causata da un fenomeno che prende il nome di inattivazione del cromosoma X. Questo normale processo biologico, detto anche effetto Lyon o Lyonizzazione, consiste nella disattivazione o perdita di funzione di uno dei due cromosomi sessuali X presenti nelle loro cellule.

Tale cromosoma viene "silenziato", ovvero reso inerte dal punto di vista trascrizionale, causando una diminuzione di espressione in tutte le cellule.

La disattivazione di uno dei due cromosomi X in ciascuna cellula causa di fatto monozigosi degli alleli presenti sul cromosoma non silenziato, che vengono dunque espressi in quella cellula, anche se recessivi. Si viene così a creare una popolazione di cellule doppie, che possono presentare o meno una normale espressione di SLC6A8, a seconda di quale cromosoma X è stato silenziato.

Solitamente il processo che porta alla scelta di quale cromosoma X debba essere inattivato avviene in modo casuale ma in alcuni casi il silenziamento può essere preferenziale. Questo fa sì che una linea cellulare che esprime il cromosoma X sano sia predominante rispetto ad una linea cellulare che esprime il cromosoma X alterato, permettendo all’organismo di avere livelli quasi normali di creatina ma rendendo la diagnosi di difficile interpretazione.

Infatti, nella coorte di 9 donne eterozigoti il rapporto Cr/Crn era aumentato in solo 3 pazienti, mentre le restanti presentavano livelli urinari e plasmatici di GAA regolari e la 1H-MRS mostrava solamente lievi abbassamenti dei livelli cerebrali di Cr.

Perfino l’analisi della capacità di assorbimento della creatina su fibroblasti in cultura ha dato risultati discordanti, definendo quindi l’analisi del DNA del gene SLC6A8 come unica opzione affidabile per lo screening per la CRTR-D nelle donne che presentano lieve disabilità intellettiva. [46]

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Figura n.8: Meccanismi genetici di trasmissione nella X-linked recessive

1.3.5 Verso una terapia efficace

La cura dei pazienti che presentano la CRTR-D rimane ancora una vera e propria sfida in quanto un'integrazione dei livelli di creatina non comporta alcun effetto curativo. Questo è dovuto al fatto che la creatina, non riuscendo a raggiungere i tessuti “bersaglio”, non riesce a rilasciare i suoi effetti benefici nell'organismo.

Al fine di trovare una giusta terapia sono stati progettati e sperimentati alcuni analoghi della creatina. Si tratta di composti che presentano quasi la stessa struttura chimica della creatina e che possono essere metabolizzati attraverso gli enzimi fosfochinasi per ottenere la creatina come prodotto finale. Si è visto però che anche questo tipo di terapia non portava alcun miglioramento nella sintomatologia provocata da CRTR-D. [1]

Una recente svolta si è avuta dopo i primi utilizzi di profarmaci. Si tratta di esteri grassi della creatina che hanno la capacità di attraversare la barriera ematoencefalica e le membrane delle Cellule, indipendentemente dalla presenza del trasportatore. Una volta entrate nell’organismo vengono, finalmente, metabolizzate e trasformate in creatina.

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Esempi di profarmaci sono Creatina-benzil-estere e estere-dodecil-creatina. Questi profarmaci hanno portato ad aumenti variabili di creatina in porzioni di cervello di topo CRTR-D e in fibroblasti umani CRTR-D. Tuttavia, questi composti sono soggetti a rapida degradazione in creatinina, rendendoli incapaci di garantire effetti positivi duraturi. [51] [52]

Recentemente è stato scoperto un secondo trasportatore della creatina, il monocarboxylate transporter 12 (MCT12), che viene codificato dal gene SLC16A12.

Contrariamente al CRTR, il MCT12 effettua un trasporto facilitato della creatina e senza spesa di ATP [53]. Questo trasportatore è altamente espresso nei reni, nella retina, nei polmoni e nei testicoli. E’ presente anche, in quantità di gran lunga inferiori, nel cuore, nel fegato e nel cervello.

E’ giusto considerare che, allo stato attuale, sono ancora necessari ulteriori indagini per approfondire il ruolo del MCT12 nel trasporto e nel metabolismo della creatina.

Nonostante la ricerca di composti farmacologicamente attivi sia ancora in corso, la CRTR-D manca ancora di un trattamento efficace in grado di ristabilire le normali concentrazioni cerebrali di Cr.

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1.4 I mitocondri

I mitocondri sono organelli cellulari presenti in tutte le cellule eucariote, occupano fino al 20% del volume citoplasmatico e sono spesso associati al citoscheletro microtubulare che ne determina l’orientamento e la distribuzione in tipi cellulari diversi.

Vantano, inoltre, un proprio genoma, costituito da una molecola circolare di DNA a doppio filamento (mtDNA), un proprio RNA ed un sistema completo di trascrizione e traduzione che porta alla sintesi di poche proteine fondamentali per la funzione mitocondriale. [54]

1.4.1 Struttura

I mitocondri sono delimitati da una doppia membrana che si compone di una componente interna ed una esterna. La membrana interna possiede strutture fortemente ripiegate che prendono il nome di creste. E’ caratterizzata da un’elevata impermeabilità dovuta alla presenza di numerosi fosfolipidi, tra cui la cardiolipina, e da proteine deputate alla fosforilazione ossidativa e dal trasporto di proteine e di sostanze di scambio.

La membrana esterna del mitocondrio, invece, ha la funzione di filtro poiché presenta delle porine (proteine di trasporto transmembrana) che costituiscono dei canali acquosi che attraversano la barriera lipidica e permettono il passaggio di numerose molecole.

Inoltre, è possibile notare la matrice del mitocondrio che ha una consistenza più viscosa del citoplasma. Essa contiene enzimi solubili, che catalizzano reazioni di ossidazione di piccole molecole organiche, ribosomi e molecole di DNA circolare.

Infine, i mitocondri sono dotati di uno spazio intermembrana, compreso tra la membrana esterna e quella interna, contenente proteine coinvolte nei processi di apoptosi e di produzione di energia (Figura n.9).

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1.4.2 Funzioni

Il mitocondrio è in grado di svolgere molteplici funzioni. Tramite la Fosforilazione ossidativa, ad esempio, i mitocondri generano energia sotto forma di ATP (adenosina trifosfato) come processo finale di altre vie metaboliche quali la glicolisi e il ciclo di Krebs. In particolare, il piruvato prodotto dalla glicolisi viene trasportato all’interno della matrice mitocondriale dove viene decarbossilato e coniugato al coenzima A per formare acetilCoenzimaA. Quest’ultima, entrando nella matrice dei mitocondri è responsabile dell’inizio del ciclo di Krebs. Al termine di ogni ciclo vengono generate molecole di NADH (nicotinammide adenina trinucleotide) e (flavina adenina dinucleotide). Gli elettroni trasportati da queste due molecole vengono scambiati nella catena di trasporto degli elettroni, costituita da 4 complessi proteici posizionati sulla membrana mitocondriale interna.

I complessi responsabili del trasporto di elettroni sono: ● NADH deidrogenasi (COMPLESSO I)

● Succinato deidrogenasi (COMPLESSO II) ● Citocromo C reduttasi (COMPLESSO III) ● Citocromo C ossidasi (COMPLESSO IV)

L’energia prodotta dal trasporto degli elettroni è sfruttata per produrre una concentrazione di protoni nello spazio tra le due membrane molto più elevata rispetto a quella presente nella matrice del mitocondrio. I protoni non possono diffondere attraverso la membrana interna spontaneamente ma devono attraversare una proteina trasportatrice, l’ATP-sintetasi, che è in grado di sfruttare la corrente di protoni per sintetizzare ATP a partire da ADP.

Gli elettroni una volta percorsa la catena di trasporto si combinano con gli ioni e con le molecole di per formare una molecola d’acqua. Nella fosforilazione ossidativa l’ossigeno è l’accettore finale degli elettroni.

La resa energetica della fosforilazione ossidativa è molto superiore a quella degli altri passaggi della respirazione cellulare, produce infatti 28 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio. Oltre che dal glucosio e dagli zuccheri semplici, le cellule sono in grado di ricavare energia anche a partire da acidi grassi, glicerolo e amminoacidi. Le reazioni che portano alla demolizione (catabolismo) di queste molecole convergono infatti nella respirazione cellulare.

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Regolazione dell’apoptosi: il poro di transizione mitocondriale (mtPTP), un canale non specifico sulla membrana interna mitocondriale, permette il passaggio di molecole con massa inferiore a 1.5 KDa. L’apertura del canale provoca un massiccio rigonfiamento del mitocondrio con conseguente rottura della membrana mitocondriale esterna e la fuoriuscita di componenti intermembrana. Questa fuoriuscita porta all’apoptosi (morte cellulare programmata). L’apertura del poro è accompagnata da un elevato livello di nella matrice e da situazioni di stress ossidativo.

Sintesi e controllo delle specie reattive dell’ossigeno: la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) da parte del mitocondrio può portare al danno ossidativo delle proteine mitocondriali, delle membrane e del DNA, diminuendo l’abilità dei mitocondri di svolgere le loro normali funzioni. Il danno ossidativo incrementa la tendenza del mitocondrio a rilasciare proteine appartenenti allo spazio intermembrana nel citosol attraverso il passaggio dalla MOMP (mitochondrial outer membrane permeabilization).

Durante la catena di trasferimento degli elettroni possono formarsi ed essere rilasciati i seguenti intermedi, parzialmente ridotti, dell’ossigeno:

● : anione superossido, formato dalla reazione spontanea dell’ossigeno con un

singolo elettrone. Questa molecola reattiva agisce da riducente

● : acqua ossigenata o perossido di idrogeno. Questa molecola viene prodotta

dalla riduzione di due elettroni dell’ossigeno molecolare. In presenza di metalli come (Reazione di Fenton) e Cu+ si ha la sua conversione nel radicale ossidrilico ● OH°: radicale ossidrilico. E’ il componente più reattivo e dannoso

Le ROS possono interagire con le molecole biologiche causando ossidazione della membrana lipidica e mutazioni del DNA (figura n.10). Infatti, il danno ossidativo contribuisce allo sviluppo di numerose patologie.

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1.4.3 Alterazioni mitocondriali nel deficit di creatina

Vari studi hanno evidenziato una correlazione tra patologie da deficit di creatina e alterazioni mitocondriali che possono essere di tipo strutturale, molecolare e funzionale. Ad esempio, è stato riscontrato la perdita acuta di creatina usando agenti farmacologici che bloccano il trasportatore di creatina nel cuore. Questo fenomeno conduce a insufficienza mitocondriale e di conseguenza a insufficienza di ATP, fondamentale per svolgere i normali processi cellulari. Inoltre, la disfunzione mitocondriale conduce ad eccesiva produzione dei ROS che provocano danno ossidativo a livello di macromolecole cellulari e portano a instabilità della membrana, accumulo di proteine modificate e mutazioni al DNA.

È stato inoltre notato che la somministrazione di acido guanidino-propionico (GPA) ha aumentato la densità mitocondriale nel muscolo striato di topi [55].

L’alterato metabolismo energetico, causato da un esaurimento prolungato e consistente di creatina, può mettere in moto l'attivazione precoce del meccanismo di invecchiamento cellulare che porterebbe ad una progressiva regressione cognitiva. La mancanza di attività antiossidante della Creatina in CCDS1(Cerebral Creatine Deficiency Syndrome-1) potrebbe quindi contribuire anche a questo processo: questa ipotesi spiegherebbe l'osservazione che il ritardo mentale nei pazienti affetti da CCDS1 sembra diventare più pronunciato con l'età. Questa supposizione potrebbe anche essere rilevante per il normale invecchiamento cerebrale come suggerito dai recenti dati che mostrano che i livelli di creatina cerebrale sono più bassi nei pazienti anziani. [55]

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1.5 MODELLI MURINI

Per modello murino (dal latino mus, topo) si intende un topo di laboratorio il cui studio consente di chiarire i meccanismi patogenetici alla base di malattie umane in quanto le sviluppa esso stesso, talvolta con un elevato grado di somiglianza con la patologia umana. Il topo presenta molte similitudini (quasi il 98%) con l’uomo sia sull’organizzazione del DNA che sull’espressione dei geni. Infatti si considerano come ‘’candidati ideali’’ poiché presentano molti lati positivi, quali:

 basso costo di acquisto

 facilità di allevamento

 rapido tasso riproduttivo

Si tratta quindi di ‘’strumenti’’ cruciali per analizzare e sviluppare nuove strategie terapeutiche. Attualmente la maggior parte dei modelli murini viene prodotta artificialmente in laboratorio mediante manipolazione genetica.

1.5.1 Topi CRT-KO e CRT-WT

I topi knock–out sono divenuti molto utili nel contribuire a capire il genoma umano ed il relativo ruolo nelle malattie. Generando un knock-out è stato dimostrato che è possibile mirare l’inserimento del gene in una posizione precisa del genoma del topo; ciò dà la possibilità di eliminare un gene specifico con un allele inattivo o mutato. Questi animali vengono creati con una tecnica conosciuta con il nome di “gene targeting” che è stata ideata dal genetista italiano Mario Capecchi nel 1989.

La fase iniziale consiste nello studio approfondito del gene e nella ricerca dei suoi esoni critici; non è infatti possibile distruggere un intero gene in eucarioti superiori e si deve quindi agire facendo delezione di zone critiche. Si prosegue poi con la scelta del tipo di vettore di inserzione, generalmente si utilizza un plasmide cioè una molecola di DNA circolare a doppio filamento che è capace di replicarsi indipendentemente dal cromosoma. Il vettore è così introdotto in cellule staminali embrionali (ES), precedentemente prelevate e fatte crescere in vitro, in cui il gene, per omologia di sequenza, una volta entrato nel nucleo, potrà essere sostituito a quello originario attivo tramite ricombinazione omologa.

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A questo punto vengono individuate le cellule staminali che hanno integrato nel loro genoma il DNA ricombinato e vengono iniettate in un embrione isolato in stadio precoce di sviluppo che a sua volta viene inserito nell’utero di una femmina di topo pseudogravida.

Il topo “chimera” cosi creato verrà incrociato con un topo WT e solo alcuni discendenti, (essenzialmente 2 su 10) presenteranno una condizione eterozigotica del gene.

Infine incrociando tra loro questi topi si ottiene qualche discendente omozigote con silenziamento del gene in tutti i tessuti che prende il nome di Knock-Out (Figura n.11).

Figura n.11: Meccanismo genetico di creazione del topo Knock-out.

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L’analisi comportamentale dei topi CRT-KO ha evidenziato una disabilità intellettiva, alterazione della memoria e un deficit cognitivo generale. Tuttavia, in contrasto con il fenotipo umano di CRTR-D, il modello murino CRT-KO ha mostrato una marcata riduzione di Cr anche nei tessuti periferici [56].

Allo scopo di aumentare il numero di modelli e quindi creare un confronto del contenuto mitocondriale in CRTR-D, è stata inseritala condizione CRT-WT, rappresentante la versione del gene più comune in natura.

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1.6 LA PROTEOMICA

Negli ultimi anni, lo sviluppo di nuove tecniche ha aumentato la nostra capacità di studiare la componente proteica della cellula e ha portato l’introduzione di nuovi termini come proteoma e proteomica. Di fatto, la composizione del DNA totale di una cellula è indicata come genoma e lo studio della struttura e funzione del DNA è chiamata genomica [58].

Con il termine proteoma si intende l’insieme completo delle proteine codificate dal genoma ed espresse in una cellula, in un tessuto o in un organismo. Mentre il genoma è costante per una data cellula e identico in tutte le cellule dell’organismo, il proteoma è altamente variabile nel tempo e può cambiare in risposta a svariati fattori esterni.

Lo scopo della proteomica è quella di catalogare l’identità e la quantità di ogni proteina in una cellula e determinarne la funzione. Essa prende in considerazione la diversità delle isoforme proteiche, le modifiche post-traduzionali che le proteine possono subire, le quali spesso risultano particolarmente importanti negli eventi di trasduzione del segnale, l’alterazione nella loro espressione in termini quantitativi e qualitativi, la loro funzione e attività e le eventuali interazioni molecolari [59] [60].

Attualmente la proteomica è suddivisa in diversi rami, quali:

❖ Proteomica sistematica: che si occupa dell’identificazione e la caratterizzazione delle proteine.

❖ Proteomica differenziale: si propone lo scopo di differenziare e quantificare le proteine espresse in determinate condizioni fisiologiche, patologiche o in condizioni di trattamento farmacologico.

❖ Proteomica funzionale: ha come scopo quello di definire la funzione biologica di proteine il cui ruolo è ancora sconosciuto, di identificare le interazioni proteina-proteina che si instaurano in vivo e di descrivere a livello molecolare i meccanismi molecolari in cui sono coinvolte.

Il proteoma viene analizzato attraverso due metodiche analitiche consecutive: mediante la tecnica dell’elettroforesi bidimensionale che separa le proteine che costituiscono il proteoma e mediante la tecnica della spettrometria di massa che identifica la struttura delle proteine [61][62].

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1.6.1 L’elettroforesi bidimensionale (2-DE)

L’elettroforesi bidimensionale è una tecnica analitica che ha lo scopo di separare le proteine di un certo campione sulla base del loro punto isoelettrico e del loro peso molecolare. Essa prevede l'accoppiamento di due tecniche elettroforetiche e quindi l’utilizzo di due corse distinte, chiamate rispettivamente prima e seconda dimensione.

La prima dimensione corrisponde alla isoelettrofocalizzazione (IEF), secondo cui le proteine si separano in base al loro punto isoelettrico (Figura n.12). Il punto isoelettrico di una proteina è definito come il valore di pH al quale la molecola non presenta alcuna carica netta. Per eseguire questa tecnica è necessario un supporto in gel di poliacrilammide, su cui viene creato un gradiente di pH grazie a miscele di carrier anfolitici. Gli anfoliti sono miscele di polimeri di amminoacidi dotati di cariche superficiali corrispondenti ai diversi range di pH e sono disponibili sotto forma di strip prefabbricate, contenenti gradienti immobilizzati di pH reperibili in commercio in varie lunghezze e con vari intervalli di pH, di tipo lineari (L) e non lineari (NL).

Dopo aver caricato il campione proteico sul gel, si collega l’elettrodo positivo (anodo) all’estremità acida del gradiente, e l’elettrodo negativo (catodo) all’estremità basica. Quando si sottopone la strip ad un campo elettrico si provoca il movimento delle proteine, in particolare quelle dotate di carica netta positiva migrano verso il catodo, mentre quelle dotate di carica netta negativa si spostano verso l’anodo. Le proteine continuano la corsa finché non raggiungono la zona del gradiente di pH in cui la loro carica netta equivale a zero, che rappresenta il loro punto isoelettrico. Esse si focalizzano in una zona molto ristretta e ciò rende la IEF una tecnica ad alta risoluzione.

Figura n. 12: meccanismo della prima dimensione elettroforetica, migrazione sotto campo elettrico fino al raggiungimento del punto isoelettrico

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La seconda dimensione è una classica SDS-PAGE (Figura n.13); con questa tecnica, le bande proteiche focalizzate nella prima dimensione vengono risolte in base al loro peso molecolare (PM). Il campione viene dapprima trattato con sodio dodecilsolfato (SDS), che conferisce a tutte le proteine una carica netta negativa, mascherando la loro carica intrinseca. Si tratta di un detergente anionico che si lega alle proteine e le ‘’denatura’’ conferendogli una struttura filamentosa. In media viene legata una molecola di SDS ogni due residui amminoacidici. Segue la corsa elettroforetica su gel di poliacrilammide; dopo l’applicazione della corrente, le proteine cominciano a migrare in funzione della loro massa. La polimerizzazione dei monomeri di acrilamide è di tipo testa-coda, il che porta alla formazione di legami crociati in presenza di N,N-metilene bisacrilammide [58]. A fare la differenza nella mobilità elettroforetica delle proteine sono le forze di attrito, con il gel che funge da “setaccio molecolare” separando le molecole solo sulla base del peso molecolare: proteine più grosse subiranno maggiore attrito e migreranno più lentamente verso il lato positivo rispetto alle proteine più piccole, che riusciranno a passare più facilmente attraverso le maglie del gel e quindi, migreranno più velocemente. [63] [64] [65]

Figura n. 13: meccanismo della seconda dimensione, migrazione in base al PM

1.6.2 La spettrometria di massa (MS)

La spettrometria di massa è una tecnica analitica potente usata per identificare prodotti incogniti, per determinazioni quantitative di composti noti e per chiarire le proprietà strutturali e chimiche delle molecole [66].

L’identificazione di una proteina mediante spettrometria di massa avviene attraverso l’analisi di peptidi generati utilizzando proteasi specifiche. Proteine con diversa sequenza

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amminoacidica, in seguito all’azione di una proteasi specifica, generano un insieme di peptidi, definiti dalla loro massa, che è unico per quella proteina. Lo spot proteico di un gel bidimensionale, colorato secondo una tecnica che non interferisce con l’analisi spettroscopica, viene direttamente trattata con proteasi e la miscela peptidica ottenuta viene analizzata con lo spettrometro di massa, che ne misura il peso molecolare. Il rapporto m/z rilevato dallo strumento viene confrontato con standard di molecole già riconosciute in laboratorio, per poter essere identificato. Il principio su cui si basa la MS è la possibilità di separare una miscela di ioni secondo il loro rapporto massa/carica (m/z), generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti. Per poter essere separati secondo questa tecnica, atomi e molecole devono essere volatilizzate e ionizzate, in modo da formare ioni con carica positiva o negativa che si possano muovere liberamente nel vuoto. La ionizzazione del campione avviene facendo loro attraversare un fascio di elettroni ad energia nota generati dalla sorgente, che può essere di diverso tipo. Spesso per l’analisi in proteomica viene utilizzato come sistema di ionizzazione il MALDI (Matrix Assisted Laser Desorption/Ionization), in cui si sfrutta un brevissimo ma intenso impulso di luce laser ultravioletta per indurre la produzione di ioni molecolari protonati degli analiti. La tecnica MALDI è indicata per l'analisi di composti termolabili e ad alto peso molecolare, ad esempio alcune classi di molecole di origine biologica (quali proteine, peptidi e zuccheri) particolarmente fragili e soggette a distruzione troppo rapida con le tecniche di ionizzazione convenzionali.

Di solito le sorgenti MALDI sono accoppiate ad analizzatori a tempo di volo (TOF – Time Of Flight), che misurano il rapporto m/z degli ioni generati nella sorgente, sulla base del tempo che questi impiegano per percorrere uno spazio definito. Gli ioni provenienti dalla sorgente vengono accelerati da un forte campo elettrico, di 20 kV, all’uscita del quale hanno tutti la stessa energia cinetica, ma una differente velocità, a seconda della loro massa. L’analizzatore TOF si basa su un principio molto semplice: poiché tutti gli ioni sono sottoposti ad uno stesso campo elettrico, gli ioni con rapporto m/z maggiore (più pesanti) raggiungono una velocità minore rispetto agli ioni con rapporto m/z minore. Gli ioni, una volta separati dall’analizzatore sulla base del loro rapporto m/z, vengono raccolti da un rivelatore. Questo è costituito da una serie di elettrodi che ha lo scopo di amplificare il segnale, il quale è proporzionale al numero degli ioni presenti. Il sistema di elaborazione dati registra questi segnali elettrici in funzione del rapporto m/z e li converte in uno spettro di massa. I picchi mostrati nello spettro di massa dovranno poi essere interpretati o confrontati

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Riassumendo le varie fasi della procedura mediante MS, abbiamo (Figura n.14): ● Introduzione del campione da analizzare

● Vaporizzazione del campione a bassa pressione ● Ionizzazione del campione

● Separazione degli ioni in base al loro rapporto massa/carica (m/z) tramite l’azione di un campo elettrico combinato o con un campo magnetico

● Rilevazione degli ioni e misura della loro massa relativa, con registrazione del conseguente spettro di massa

● Analisi dello spettro: dai dati ottenuti si risale alla struttura iniziale della molecola

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Capitolo 2

Scopo della tesi

La sindrome da deficit della creatina cerebrale corrisponde ad un gruppo di errori congeniti del metabolismo denominati complessivamente CDS. Tra questi disturbi rientrano tre tipi di difetti metabolici. I primi due sono relativi alla sintesi endogena della creatina, affidata agli enzimi AGAT e GAMT. Questi difetti metabolici provocano l’incapacità dell’organismo di sintetizzare il composto. Il terzo disturbo riguarda il CRTR. Tutti e tre le condizioni presentano lo stesso meccanismo patogenetico, ovvero la deplezione di creatina cerebrale, caratterizzato da disabilità intellettiva, disturbi del movimento, comportamento simil-autistico, deficit di apprendimento del linguaggio, epilessia e disturbi del movimento.

I deficit di AGAT e GAMT se trattati con una supplementazione di creatina sono suscettibili ad una parziale remissione della sintomatologia, o ad una sua totale prevenzione nel caso di diagnosi nei primi mesi di vita.

Poiché la sindrome da CRTR-D manca ancora di un protocollo terapeutico consolidato, sarebbe utile riuscire ad identificare delle proteine marker significative per comprendere le cause delle alterazioni alla base della patologia.

Per lo studio delle sindromi da deficit di creatina sono stati creati dei modelli murini in cui manca il trasportatore della creatina sia a livello centrale che periferico.

Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di analizzare, utilizzando un approccio proteomico, i patterns proteici di mitocondri ottenuti da cervello di topi Wild Type e Knock out per il trasportatore della creatina a 12 giorni di età. Precedentemente infatti nel nostro laboratorio, sono state identificate variazioni nei livelli di espressione di proteine mitocondriali in animali a 30 giorni di età. Con questo studio si vuole individuare se queste alterazioni si manifestano in una fase in cui il cervello non si è ancora completamente sviluppato. Abbiamo utilizzato l’elettroforesi bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa e l’utilizzo di un programma dedicato per l’analisi comparativa.

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Capitolo 3

Materiali e metodi

3.1 MATERIALI E STRUMENTAZIONI

Prima di illustrare dettagli e risultati dell’esperimento, saranno illustrate brevemente caratteristiche e peculiarità dei materiali e delle strumentazioni.

Tutti i reagenti e i solventi sono stati acquistati dalle più comuni fonti commerciali. L’acqua, di grado analitico, è stata filtrata mediante l’apparecchio MilliQ1.

Le misure del pH per la preparazione delle soluzioni tampone utilizzate sono state eseguite utilizzando un pH-metro modello pH5102.

La concentrazione proteica totale dei campioni plasmatici è stata valutata mediante il dosaggio proteico della Bio-Rad.

La determinazione della concentrazione proteica dei campioni è stata valutata utilizzando uno spettrofotometro LAMBDA 25 UV/Vis Systems3controllato dal software LAMBDA 254.

Sono state utilizzate strip Immobiline TM DryStrip, pH 3-10, 18 cm, della GE Healthcare. L’Apparecchio usato per la isoelettrofocalizzazione è l’Ettan TM IPG-phor TM IsoelectricFocusin System5.

L’apparecchio usato per l’elettroforesi è il Protean II XL Ready Gel (Bio-Rad) con alimentatore EPS 601 Power Supply6.

Le immagini sono state acquisite tramite lo strumento ImageQuant LAS 4010, anch’esso comelo strip Immobiline TM DryStrip, di proprietà della GE Healthcare Bio – Sciences AB. Infine, il programma utilizzato per le immagini è il Same Spot7.

1Milliq è un marchio registrato da PS Whatman®, Millipore Corporation, Maid Stone, England 2XS instruments

3Perkin Elmer, USA 4Perkin Elmer, USA 5AmershamBioscience

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3.2 CAMPIONI BIOLOGICI

I Topi wild type e knock out per il trasportatore della creatina sono stati sacrificati all’età di 12 giorni ed i cervelli, una volta prelevati, sono stati conservati in una soluzione fisiologica in ghiaccio.

3.2.1 ESTRAZIONE DEI MITOCONDRI

I cervelli di topo oggetto dell’analisi, sono stati opportunamente pesati, sminuzzati, inseriti nell’omogeneizzatore potter e diluiti 1:10 (peso/volume) con un isolation Buffer (IB) formato da:

 Hepes 10 mM, pH 7.5  EDTA 1 mM

 Saccarosio 250 mM

A cui si aggiungono inibitori delle proteasi IP. L’omogenato è stato ottenuto mediante l’uso di un pestello in teflon.

 L’omogenato è stato trasferito in una corex e centrifugato a 1000 g per 10 minuti a 4°C. Una volta conclusa la centrifugazione, il sovranantante (S1) viene trasferito in una nuova corex; il pellet viene risospeso con 3 ml di IB. Si ottiene una nuova sospensione che viene nuovamente omogenizzata (10 strokes).

 L’omogenato ottenuto viene trasferito nella corex e centrifugato a 1000 g a 4°C per 10 minuti.

 Terminata la centrifugazione, si ricava il sovranatante (S2) e lo si unisce al precedente S1 all’interno della corex. Si centrifuga tutto (S1+S2) a 1000 g a 4°C per 8 minuti, così da rimuovere gli eventuali nuclei e/o cellule non rotte. A questo punto si ottiene un nuovo sovranatante (S3) che viene sottoposto a centrifugazione a 10000 g per 10 minuti a 4°C.

 Al termine di quest’ultima centrifugazione, si recupera il sovranatante (S4), che rappresenta la frazione citosolica e il pellet, che costituisce la frazione mitocondriale arricchita. I mitocondri così ricavati, subiscono un lavaggio con 2 ml di IB, seguito da centrifugazione a 10000 g a 4°C per 10 minuti.

(44)

 Questo lavaggio viene nuovamente ripetuto per due volte.

 I pellet mitocondriali, ottenuti dopo il termine dell’ultima centrifugazione, vengono sospesi in IB e dosati per il successivo dosaggio proteico.

 Le preparazioni mitocondriali così ottenute vengono conservate a -80°C fino al loro utilizzo.

3.2.2 DOSAGGIO PROTEICO DC BIORAD

Il DC proteinassay è un dosaggio colorimetrico basato come principio sul saggio di Lowry. Il dosaggio è basato sulla reazione delle proteine con diversi reagenti di seguito elencati, che vanno a comporre il kit Bio-Rad:

● Reagente A: soluzione alcalina di tartrato di rame ● Reagente B: che rappresenta il reagente Folin ● Reagente S: soluzione surfactante

Si procede ad eseguirei due steps che portano alla colorazione: la reazione tra le proteine ed il rame che avviene a pH alcalino e la conseguente riduzione attuata da queste sul reagente Folin. Lo sviluppo della colorazione è dovuto inizialmente agli amminoacidi tirosina e triptofano ed in seguito alla successiva estensione ai residui amminoacidici cistina, cisteina ed istidina presenti a livello proteico. Questi amminoacidi riducono il reagente Folin producendo diverse specie riducenti che hanno una caratteristica colorazione blu (con un massimo di assorbimento a 750 nm ed un minimo a 405 nm). L’assorbanza può essere misurata con sicurezza nell’intervallo tra 650 e 750 nm.

La curva di riferimento dovrà essere preparata nello stesso tampone del campione proteico di interesse. Nel nostro caso la proteina standard albumina bovina (BSA), è risospesa in acqua milliQ.

Vengono preparate cinque concentrazioni (con un volume di 20 µl) di proteina standard (0,3-0,6-1,2-1,8-2 mg/ml) che abbracciano l’intervallo di sensibilità del metodo (Tabella n.2). Per il dosaggio proteico del campione incognito si procede con una diluizione 1:5 dello stesso con acqua per avere 20 µl di volume finale. Il dosaggio viene effettuato in doppio, a temperatura ambiente. Agli standards ed al campione sono aggiunti 100 µl di soluzione A*, si vortexa, quindi si aggiungono 800 µl della soluzione B, si vortexa nuovamente e si attendono

(45)

TABELLA N.2

Acqua BSA [BSA] µg/ml µg BSA

BIANCO 20 µl / / / 1 17µl 3µl 0,3 6 2 14µl 6µl 0,6 12 3 8µl 12 µl 1,2 24 4 2 µl 18µl 1,8 36 5 / 20 µl 2 36

I valori di assorbanza ottenuti per le concentrazioni note di proteina standard saranno utilizzati per costruire la retta di taratura. Quest’ultima si basa sulla legge di Lambert-Beer, che stabilisce una proporzionalità diretta tra assorbanza e concentrazione proteica di un campione.

L’equazione della retta è: y = mx, dove ‘’y’’ corrisponde al valore di assorbanza ed ‘’m’’ alla pendenza della retta.

Tramite questa equazione si procede al calcolo della concentrazione proteica del campione incognito tramite la seguente formula:

( − )

=

3.3 ELETTROFORESI BIDIMENSIONALE

3.3.1 Preparazione dei campioni

Aliquote di campioni corrispondenti a 200 µg vengono solubilizzati, fino a un volume finale di 450 µl, nella soluzione di reidratazione composta da: Urea 7 M, Tiourea 2M, Chaps 4%, Blu di bromofenolo e acqua MilliQ contenente DTT 0,1%. Questa soluzione ha il compito di completare la denaturazione delle proteine riducendole alla loro struttura primaria ma

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