Introduzione ... 4
CAPITOLO 1 ... 6
IL SETTORE IDRICO ITALIANO ... 6
Par. 1.1 ... 6
Par. 1.2 ... 7
CARATTERISTICHE DEL TERRITORIO ITALIANO ... 7
Par. 1.3 ... 9
IL QUADRO NORMATIVO DEL SETTORE IDRICO ... 9
Par. 1.3.1 ... 9
DIRETTIVA 91/271/CE: IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE URBANE ... 9
Par. 1.3.2 ... 11
LA NORMATIVA COMUNITARIA: WATER FRAMEWORK DIRECTIVE ... 11
Par. 1.3.3 ... 13
LA NORMATIVA ITALIANA ... 13
Par. 1.3.4 ... 13
LA LEGGE 36/94: LEGGE GALLI ... 13
Par. 1.3.5 ... 15
DALLA LEGGE GALLI AL REFERENDUM ... 15
Par. 1.4 ... 18
L’AUTORITA’ PER L’ENERGIA ELETTRICA IL GAS ED IL SISTEMA IDRICO-‐AEEG .... 18
Par. 1.4.1 ... 18
Che cosa è e da chi è composta. ... 18
Par. 1.4.2 ... 23
RESPONSABILITA’ COMPLESSIVE ... 23
Par. 1.5 ... 23
REGOLAZIONE TARIFFARIA ... 23
Par. 1.5.1 ... 24
L’ARTICOLAZIONE DELLE TARIFFE ... 24
Par. 1.5.2 ... 27
LE COMPONENTI DELLA TARIFFA ... 27
Par. 1.5.3 ... 31
LA NUOVA DEFINIZIONE TARIFFARIA ... 31
Par. 1.5.4 ... 34
IL NUOVO METODO TARIFFARIO ... 34
Par. 1.6 ... 36
ASSETTI ISTITUZIONALI DEI SERVIZI IDRICI ... 36
Par. 1.6.1 ... 36
ASSETTI ISTITUZIONALI TERRITORIALI E LOCALI ... 36
Par. 1.6.3 ... 42
CARATTERISTICHE DIMENSIONALI DEGLI AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI (ATO) ... 42
Par. 1.6.4 ... 44
ASPETTI TECNICI E DIMENSIONALI-‐PANEL DELLE GESTIONI DI RIFERIMENTO: DATI GENERALI ... 44
Par. 1.7 ... 47
CONCLUSIONI ... 47
CAPITOLO 2 ... 49
La corporate governance delle aziende idriche: letteratura e normativa. ... 49
PROPRIETA’ PUBBLICA E PRIVATA ... 50
Par. 2.2 ... 52
LA DIMENSIONE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE E L’INFLUENZA POLITICA ... 52
Par. 2.3 ... 54
LA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE ... 54
CAPITOLO 3 ... 60
Regole sui consigli di amministrazione e la raccolta delle variabili-‐campione. ... 60
Par. 3.1 ... 61
LEGISLAZIONE ITALIANA IN TEMA DI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLE UTILITIES. ... 61
Par. 3.1.1. ... 61
COMPOSIZIONE DEGLI ORGANI SOCIALI E DELEGHE OPERATIVE ... 61
Par. 3.1.2 ... 64
I LIMITI AI COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI ... 64
Par. 3.2 ... 66
LE AZIENDE CENSITE ... 66
Par. 3.2.1 ... 68
LE VARIABILI CONSIDERATE ... 68
Par. 3.2.2. ... 70
LA RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI ... 70
Par. 3.3 ... 71
IL METODO DEA: DATA ENVELOPMENT ANALYSIS ... 71
Par. 3.3.1 ... 73
LA SCELTA DEL MODELLO ... 73
Par. 3.3.2 ... 74
IL MODELLO CCR ... 74
Par. 3.3.3. ... 75
IL MODELLO BCC ... 75
Par. 3.3.4 ... 76
METODO INPUT-‐ORIENTED E OUTPUT ORIENTED ... 76
Par. 3.4 ... 79
VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA METODOLOGIA DEA ... 79
CAPITOLO 4 ... 81
La ricerca empirica: dati e metodologie. ... 81
Par. 4.1 ... 81
DESCRIZIONE STATISTICA DELLE AZIENDE ... 81
Par. 4.1.1 ... 82
I RISULTATI DEL METODO DEA ... 82
Par. 4.2 ... 85
DEFINIZIONE DEL MODELLO DI REGRESSIONE LINEARE ... 85
Par. 4.2.1 ... 86
STIMA E VERIFICA DI IPOTESI PER UN MODELLO DI REGRESSIONE. ... 86
Par. 4.2.2. ... 87
ANALISI DEI RESIDUI. ... 87
Par. 4.3 ... 88
MODELLO DI REGRESSIONE LINEARE IN R. ... 88
Par. 4.4 ... 88
Par. 4.4.1 ... 91
IL MODELLO COMPLETO ... 91
CAPITOLO 5 ... 92
Discussione e conclusioni. ... 92
Introduzione
Negli ultimi anni la governance dei servizi pubblici è stata sottoposta a molteplici riforme in molti Paesi europei. In particolare, il settore idrico in Europa è stato interessato da numerose iniziative volte a migliorare la performance economica e l’efficienza aziendale.
Di conseguenza, in molti Paesi europei (Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, etc.) la gestione dei servizi idrici è stata in tutto o in parte privatizzata, seppur con risultati contrastanti (si veda a tal proposito l’analisi della letteratura riportata, ad esempio, da Abbott e Cohen (2009) e Berg e Marques (2011).
Storicamente in Italia il settore dei servizi idrici era caratterizzato da una forte frammentazione delle gestioni e da profonde difficoltà nell’assicurare livelli di servizio adeguati alla popolazione; il servizio idropotabile era fornito soprattutto dai comuni con una gestione spesso improntata a modelli burocratici e tecnicamente
inadeguati e con l’applicazione di tariffe politiche assolutamente insufficienti a coprire i costi.
Alla luce di questi squilibri, durante gli anni Novanta la legislazione italiana ha deciso
di trasformare le imprese comunali in società regolate dal diritto privato1.
Così, il settore idrico italiano negli ultimi quindici anni è stato modificato da una serie di riforme che hanno sancito il passaggio da una gestione diretta dei comuni, a quella svolta da imprese pubbliche, private o miste; tuttavia, ancora oggi, la grande maggioranza degli operatori italiani siano comuni o altri enti pubblici, e non aziende (si veda Roamano e Guerrini, 2014).
Nei successivi paragrafi andremo a vedere proprio come queste riforme hanno favorito sia l’integrazione di diversi servizi, come quello della fornitura dell’acqua potabile, la depurazione e quello delle fognature, sia la concentrazione delle industrie,
consentendo la realizzazione di economie di scala e di scopo2.
Nel secondo capitolo andremo poi ad analizzare la composizione dei consigli di amministrazione delle imprese idriche italiane, soffermandoci sull’analisi di alcune variabili ritenute particolarmente significative, alla luce della letteratura internazionale (Romano e Guerrini, 2014) come l’età media degli amministratori, la diversità di sesso e altre variabili demografiche; in particolare, andremo a valutare il loro impatto
sull’efficienza e sui risultati conseguiti dall’impresa3.
Infine, nel terzo e quarto capitolo descriveremo la metodologia ed i risultati di un’analisi empirica che si affianca ai vari studi che già sono stati condotti sul tema e che si inserisce nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio coordinato dalla Prof.ssa Romano in collaborazione con il Prof. Salvati; in particolare, è stato utilizzato il metodo della Data Envelopment Analysis (DEA) per determinare l’efficienza dei gestori e la regressione lineare per individuare le possibili determinanti di tale efficienza su un dataset di 89 imprese che operano nel settore idrico sul territorio nazionale; dopo una breve descrizione del metodo e di come è possibile
1 Bognetti e Robotti, 2007
2 Guerrini et al., 2011; Carrozza 2011
3 Per queste valutazioni faremo riferimento a ciò che è stato detto da studiosi della materia in questione.
applicarlo, mostreremo i risultati della ricerca traendo alcuni spunti conclusivi di riflessione.
CAPITOLO 1
IL SETTORE IDRICO ITALIANO
Par. 1.1
L’industria idrica italiana, conosciuta come “Sistema Idrico Integrato” (SII), comprende società idriche che operano come monopoliste in specifiche aree del paese. Le riforme che interessano il settore idrico, iniziate nel 1994 con la Legge 36 (c.d. Legge Galli), hanno progressivamente modificato le caratteristiche delle imprese. Ogni regione viene definita in base ad aree geografiche ottimali, gli Ambiti Territoriali Ottimali, secondo la localizzazione dei bacini idrici naturali così da evitare un’eccessiva frammentazione del servizio.
La relazione fra l’autorità di regolazione locale, detta Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale, e la regolazione delle imprese soffre di asimmetria informativa che richiede l’implementazione di un sistema di reporting trasparente mirato alla definizione delle
performance delle compagnie e il livello di competizione4.
La legge Galli puntava, fra le altre cose, ad incentivare l’integrazione di più servizi come quello idrico e quello delle fognature, nel tentativo di sfruttare le economie di scala, le economie di scopo, applicare tariffe che coprano sia i costi operativi che gli investimenti; inoltre, mirava ad evitare la fornitura dei servizi idrici esclusivamente da parte di società municipalizzate a favore del possibile ingresso nel settore di soci privati5.
4 Massarutto et al., 2008; Guerrini et al., 2011. 5 Guerrini et al., 2011.
Grazie al susseguirsi di queste innovazioni legislative, dagli anni Novanta abbiamo assistito ad una metamorfosi dell’assetto gestionale e strutturale del servizio idrico grazie in primis, all’emanazione della già citata legge 5 Gennaio 1994, n. 36 che si è posta come obiettivo il recupero dell’efficienza nella gestione delle risorse idriche attraverso l’applicazione di un regime “industriale” al settore; a questa, poi, hanno fatto seguito altre norme che, seppur in alcuni casi contradditorie tra loro, hanno
tentato di innovare il comparto e spingerlo verso una visione manageriale6.
In Italia, studi empirici hanno dimostrato che le società a capitale totalmente pubblico
sono più efficienti di quelle private o miste7; inoltre, le prime investono di più delle
seconde ed applicano tariffe più basse8.
Infine, in termini di popolazione e aree servite, molte imprese hanno cercato di ottenere economie di scala e di scopo per raggiungere soddisfacenti livelli di efficienza e per rimanere competitive all’interno del mercato servendo più comuni contemporaneamente. Sono infatti sorti negli anni grandi gestori (Hera ed Iren, ad esempio) che operano in aree molte estese che travalicano i confini provinciali e regionali.
Par. 1.2
CARATTERISTICHE DEL TERRITORIO ITALIANO
L’Italia presenta caratteristiche geografiche diverse e che sono diretta conseguenza delle differenti condizioni metereologiche che la riguardano: umidità e freddo tipici delle regioni settentrionali, siccità e caldo tipici delle regioni meridionali e delle isole. La disponibilità di risorse naturali sul territorio condiziona in modo determinante l’assetto e il funzionamento del settore e delle imprese. Nel nostro paese vi è uno squilibrio tra la disponibilità delle risorse idriche e il fabbisogno complessivo; questo fenomeno è influenzato sicuramente da diverse variabili cosiddette “esogene” quali, ad esempio, l’apporto globale delle piogge che ha una distribuzione geografica altamente disomogenea.
6 Rossella Romano, “I servizi idrici italiani. Quale relazione tra performance e modelli di governance”, 2012.
7 Romano e Guerrini, 2011.
In ogni caso comunque, l’Italia si posiziona fra i Paesi ricchi di risorse idriche, avendo una disponibilità teorica annua di 155 miliardi di metri cubi, pari ad un volume pro
capite di 2.700 metri cubi; il 97% dell’acqua dolce in Italia è nelle falde acquifere9;
appena il 37% delle risorse sarebbe però disponibile, ma di tale volume la parte effettivamente utilizzabile dipende dalla capacità di invaso dei serbatoi esistenti. Ad oggi è possibile utilizzare realmente circa 42 miliardi di metri cubi l’anno, un valore
davvero significativo10.
L’interazione fra le caratteristiche climatiche, idrologiche ed orografiche e gli insediamenti umani, determina una grande variabilità di situazioni sul territorio; mentre le regioni del Nord possono godere di risorse abbondanti e regolarmente disponibili, nel Sud tale disponibilità è ridotta sia in termini di precipitazioni sia in termini di risorse utilizzabili. Per concretizzare la situazione con alcuni dati, basti pensare che il 50% delle risorse superficiali utilizzabili sono situate nell’Italia settentrionale, il 19% al centro, nel Mezzogiorno il 19% e solo il 10% nelle Isole
maggiori11. Questi fattori hanno reso necessari imponenti investimenti per realizzare
trasferimenti idrici interregionali e invasi artificiali.
A questa difforme distribuzione geografica si aggiunge infine, una diversificata distribuzione delle piogge nell’arco dell’anno, caratterizzata da forte stagionalità. Negli ultimi decenni si è registrata un’alternanza più accentuata di precipitazioni
intense e di periodi di siccità12. Questo fenomeno comporta dei problemi legati al
controllo delle piene e alla difesa idrogeologica e incide significativamente sulla disponibilità di risorse, facendo registrare, soprattutto al Sud e nelle Isole, restrizioni nelle erogazioni, sia irrigue sia potabili. Ciò avviene, però, non solo per un problema di disponibilità, ma anche per un uso irrazionale e per carenze gestionali: basti pensare ai sistemi irrigui poco efficienti o alle perdite degli acquedotti.
9 Green Cross Italia, 2003 10 Green Cross Italia, 2003.
11 CNA e CNR-‐IRSA, rispettivamente “Confederazione Nazione dell’artigianato e della piccola e media impresa” e Istituto per ricerche del settore idrico; “Il settore idrico italiano: strategie e modelli di business” di Gilardoni e Marangoni.
12 Ricerca ANPA su dati CNA e CNR-‐IRSA, “Il settore idrico italiano: strategie e modelli di business” di Gilardoni e Marangoni.
Par. 1.3
IL QUADRO NORMATIVO DEL SETTORE IDRICO
In questo paragrafo andremo ad esaminare i principali aspetti normativi che impattano sui modelli strategici e gestionali degli operatori idrici italiani. La normativa, che ha un’importanza fondamentale in un mercato fortemente regolamentato come quello idrico, ha essenzialmente tre origini: comunitaria, nazionale e regionale.
La normativa comunitaria fissa innanzitutto i principi cardine della regolamentazione del settore: copertura dei costi tramite tariffa, logica di bacino, armonizzazione delle discipline dei paesi membri. In secondo luogo, un’altra serie di Direttive sono finalizzate a tutelare l’ambiente fisico, soprattutto dagli scarichi inquinanti. Sono stati così varati ingenti investimenti in depuratori di grandi dimensioni, in vista delle scadenze imposte dalla Direttiva 91/271/CE.
Per quanto riguarda la normativa italiana, è stata soprattutto la Legge Galli a innovare il settore: il territorio nazionale è stato suddiviso in 91 distretti geografici secondo criteri amministrativi ed economici e le leggi regionali di recepimento hanno formalizzato il processo. Dopo uno stentato avvio, comunque, la legge sembra essere giunta all’ultimo stadio con l’affidamento della gestione idrica in ben 44 ambiti.
Par. 1.3.1
DIRETTIVA 91/271/CE: IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE URBANE
La direttiva 91/271/CE mira a proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi delle acque reflue urbane ed ha, quindi, come obiettivo quello di armonizzare a livello comunitario le misure relative al trattamento di tali acque ed ha lo scopo di precisare i requisiti per gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane per mettere dei termini alle differenze di interpretazione degli Stati membri.
La presente direttiva riguarda la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane nonché il trattamento e lo scarico di quelle originate da taluni settori industriali; in particolare, le acque reflue industriali che confluiscono in reti fognarie e lo smaltimento delle acque reflue urbane e dei fanghi provenienti dagli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane sono soggetti a regolamentazioni e/o a autorizzazioni specifiche da parte delle autorità competenti.
Inoltre, la direttiva stabilisce uno scadenzario che gli Stati membri devono rispettare per attrezzare gli agglomerati urbani che corrispondono ai criteri stabiliti dalla direttiva, con reti fognarie e sistemi di trattamento delle acque reflue; sempre gli Stati
membri devono elaborare elenchi, da rivedere regolarmente, delle zone sensibili e
meno sensibili che ricevono le acque trattate.
Infine, gli Stati membri sono ritenuti responsabili del controllo degli scarichi provenienti da impianti di trattamento e delle acque recipienti e devono provvedere affinché ogni due anni le autorità nazionali competenti pubblichino un rapporto di
valutazione che deve essere trasmesso alla Commissione.13
Ad oggi, l’Italia rischia una sanzione per non aver dato correttamente attuazione a questa direttiva; recentemente si è svolta l’udienza dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee e la Commissione, secondo quanto hanno spiegato i servizi della Corte UE di Lussemburgo in una nota, ha fatto valere che l’Italia ha omesso di:
Ø prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati aventi un numero di abitanti equivalente superiore a diecimila e scaricanti in acque recipienti considerate “acque sensibili” siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane;
Ø prendere le disposizioni necessarie per garantire che negli agglomerati aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a diecimila, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente;
Ø prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 della direttiva 91/271/CEE siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti
nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli
impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico14.
Par. 1.3.2
LA NORMATIVA COMUNITARIA: WATER FRAMEWORK DIRECTIVE15
Degna di nota è la EU Water Framework Directive (d’ora in poi WFD), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 22 Dicembre 2000 ed entrata in vigore lo stesso giorno. Questa direttiva è stata fortemente richiesta da tutti i Paesi dell’Unione Europea: secondo un sondaggio, il problema principale per il 47% degli intervistati è
l’inquinamento acquifero16. Così, la nuova normativa europea mira a soddisfare questo
ingente bisogno dei cittadini e delle organizzazioni garantendo il mantenimento delle acque pulite.
Nel 1975 è iniziato un percorso normativa nel settore idrico che ha coinvolto inizialmente il segmento dell’uso dell’acqua per l’agricoltura e il trattamento delle acque reflue, e successivamente, è stata emanata una nuova direttiva sull’acqua potabile; nel 1995, la Commissione su richiesta della Commissione ambientale europea e del Consiglio dei ministri, ha deciso di migliorare la politica del settore idrico coinvolgendo tutte le parti interessate, compreso quindi anche i cittadini stessi.
14 Sito La Stampa, “Commissione a Corte UE: Italia inadempiente su acque reflue”, 23 Gennaio 2014.
15 Sito European Commission.
La commissione ha così inviato una comunicazione scritta non solo al Consiglio e al Parlamento Europeo, ma anche alle autorità locali e regionali, agli utenti dell’acqua e alle organizzazioni non governative. Nel Maggio 1996 è stata fatta una conferenza di due giorni cui hanno partecipato circa 250 delegati, tra cui rappresentanti degli Stati membri, le autorità locali e regionali, i fornitori di acqua alle industrie e, infine, ambientalisti e consumatori. Il risultato di questo incontro è stato la proposta di un unico quadro normativo, valido per tutti i paesi, in materia di tutela delle acque.
Fonte: European Commission.
Nella tabella sono riportate le tappe principali della direttiva, con le rispettive scadenze.
Al termine di questo incontro la Commissione ha presentato una serie di obiettivi che la nuova direttiva dovrebbe raggiungere:
• Estendere la tutela delle acque a tutti i tipi di utilizzo di questo bene, da quelle sotterranee a quelle superficiali;
• Il raggiungimento di una buona qualità dell’acqua entro un termine stabilito;
Anno Questione Riferimento
normativo
2000 La direttiva è entrata in vigore Art. 25
2003 Recepimento nella legislazione nazionale
Identificazione dei distretti idrografici e le Autorità
Art. 23 Art. 3 2004 Caratterizzazione del bacino idrografico: pressioni, impatti e analisi
economica
Art. 5 2006 Istituzione della rete di monitoraggio
Avviare una consultazione pubblica
Art. 8 Art. 14 2008 Progetto attuale di un piano di gestione del bacino idrografico Art. 13
2009 Avviare un piano di gestione dei fiumi Art. 13 & 11
2010 Introdurre politiche di pricing Art. 9
2012 Fare programmi operativi delle variabili da considerare Art. 11 2015 Soddisfare obiettivi ambientali
Fine del primo ciclo di gestione
Secondo piano di gestione dei fiumi e primo piano di gestione del rischio di alluvione.
Art. 4
2021 Fine secondo ciclo di gestione Art. 4 & 13
• Gestire le acque attraverso bacini idrografici; • Coinvolgere il cittadino sempre più da vicino; • Raggiungere e mantenere una tariffa adeguata.
Par. 1.3.3
LA NORMATIVA ITALIANA
Prima della Legge Galli, le funzioni di gestione dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione erano svolte principalmente in maniera separata, da una molteplicità di soggetti pubblici e privati. La riforma si pose l’obiettivo di superare la frammentazione delle gestioni in economia effettuate dai singoli comuni e di adottare un modello organizzativo di tipo imprenditoriale in grado di garantire la gestione integrata ad una scala ottimale (ATO).
Accanto alla normativa di settore è utile ricordare sinteticamente la normativa che ha riguardato l’intero comparto utilities, in particolare la riforma del Titolo V della
Costituzione, l’art. 35 della L. 448/200117, e l’art. 14 D.L 269/2003. Queste
disposizioni hanno influenzato soprattutto la modalità di affidamento del servizio idrico, con rilevanti conseguenze sui modelli organizzativi e gestionali adottati.
Par. 1.3.4
LA LEGGE 36/94: LEGGE GALLI
La legge Galli rappresenta la pietra miliare nel processo di riforma del settore idrico italiano, essendo finalizzata alla modernizzazione e all’industrializzazione del settore. I punti cardine della riforma sono sostanzialmente cinque:
1. L’integrazione territoriale, al fine di raggiungere una dimensione efficiente, mediante la definizione di bacini di utenza minimi definiti Ambiti Territoriali Ottimali (ATO);
2. L’integrazione funzionale delle diverse attività del ciclo per il superamento della frammentazione gestionale;
17 L’art.35 stabilisce, infatti, che “l’erogazione del servizio, da svolgersi in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline del settore, con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica”.
3. La netta separazione tra le funzioni d’indirizzo e controllo e quelle gestionali, mediante la creazione di Enti d’Ambito e l’affidamento del servizio ad un gestore aziendale, con l’eliminazione delle gestioni dirette da parte dei comuni, non funzionale alle caratteristiche industriali del servizio;
4. La riforma del sistema tariffario e l’introduzione di una tariffa idonea a
finanziare gli investimenti necessari al miglioramento delle infrastrutture,
nonché in grado di garantire elevati livelli di efficienza e qualità;
5. La creazione del Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche
(Coviri), un organo di supervisione indipendente.
La Legge ha così suddiviso le responsabilità per l’adempimento alla normativa tra: • Le Regioni, che approvano le norme di applicazione, definiscono la
delimitazione territoriale e la forma istituzionale degli ATO e regolano i rapporti fra gli Enti Locali e i soggetti gestori;
• I Comuni e le Province, che organizzano il Servizio Idrico Integrato (SII), procedendo alla costituzione degli Ambiti;
• L’Autorità d’Ambito, che effettua la ricognizione delle opere preesistenti, definisce il Piano per l’adeguamento delle infrastrutture e il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento del servizio; affida il Servizio idrico integrato al gestore mediante una convenzione o un contratto ed, infine, effettua l’attività di controllo sull’attività del gestore rispetto alla realizzazione del Piano.
In questo contesto è fondamentale richiamare l’attenzione anche all’art.35 della Legge 448/2001 che introduce l’obbligo a conferire la titolarità di ogni servizio pubblico locale di rilevanza industriale, come è il Sistema Idrico Integrato, mediante gare con procedure ad evidenza pubblica (anche multiutilities), e limita la possibilità di partecipare alle gare per le aziende che beneficino di affidamenti diretti.
La gara diventa dunque, l’unica modalità di affidamento del servizio, e la società di capitali diventa l’unica forma giuridica possibile. L’articolo prescrive, in sostanza, il superamento delle aziende speciali e dei consorzi, con la loro trasformazione in società di capitali entro il 31 Dicembre 2003. Si prevede, così, un’accelerazione del processo di trasformazione, che pare auspicabile soprattutto per le gestioni in economia, che in
numerose realtà costituiscono ancora impedimento all’organizzazione del Sevizio Idrico Integrato secondo principi industriali e di efficienza.
In conclusione, l’art. 35 della Finanziaria 2002 si caratterizza soprattutto per la filosofia di affidare al mercato l’erogazione di servizi, chiudendo la fase dei servizi
prodotti direttamente dai comuni che ha caratterizzato il Novecento18.
Par. 1.3.5
DALLA LEGGE GALLI AL REFERENDUM
La legge 5 gennaio 1994 n. 36 "Disposizioni in materia di risorse idriche" (cd legge Galli) ha aperto la strada al riordino dei servizi idrici e all'industrializzazione del sistema, stabilendo una netta separazione di ruoli tra l'attività di indirizzo e controllo e quella più propriamente gestionale. La Legge Galli è stata abrogata dal Decreto Legislativo 152/06 che ha ripreso, riorganizzato e aggiornato i contenuti della L 36/94 proponendo una costruttiva e sostanziale continuità della riforma del Servizio Idrico
Integrato19, il quale viene ridefinito come “costituito dall’insieme dei servizi pubblici
di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza,
efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie"20. Il gestore
di tale servizio dovrà quindi curare la gestione, nel proprio territorio di competenza, di acquedotto, fognatura e depurazione.
Una grande svolta normativa avviene nel 2009 quando il governo Berlusconi IV pone la fiducia sulla conversione in legge del Decreto Ronchi, che recepisce i principi comunitari di “economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento” per l’affidamento ai privati dei servizi
pubblici locali o la scelta del partner privato nelle aziende miste21. Il decreto, aprendo
al mercato e quindi alla concorrenza, modifica la legislazione precedente nella modalità d’individuazione del gestore delle reti idriche, con introduzione dell’obbligo di indire gare di appalto per tutti i servizi pubblici, compreso quindi anche quello
18 Fonte: AEEG
19 Sito ATO Brenta
20 Gazzetta Ufficiale numero 88 del 14 Aprile 2006-‐supplemento ordinario numero 96 21 Alessandro Penati, “La guerra dell’acqua tra pubblico e privato”, La Repubblica, 21 Novembre 2009
idrico. Il decreto, pertanto, non privatizza l’acqua, ma cambia esclusivamente il modo con cui verrà individuato dai Comuni il gestore del servizio. Non più gestione diretta da parte degli enti locali o di loro emanazioni, ma in via ordinaria, affidamenti solo attraverso pubbliche gare, a cui potranno partecipare le stesse società pubbliche e private. Questo significa che l'estromissione degli operatori pubblici dal settore non è assolutamente contemplata dalla legge. Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alla gara per l’affidamento del servizio; naturalmente esse dovranno dimostrare di poter garantire il miglior servizio al cittadino, una gestione efficiente e non dovranno godere di ingiustificati vantaggi competitivi (quindi non sarà consentito loro di scaricare le proprie inefficienze sulla fiscalità generale). Per quanto riguarda il modello di gestione delle società miste (c.d. partenariato pubblico/privato), il socio privato, che sarà scelto mediante gara pubblica, dovrà essere un’impresa operativa: non è, quindi, consentita la partecipazione di un socio che si limiti ad apportare solo capitali.
In generale, il Decreto Ronchi esercita una forte spinta verso l’aumento delle gestioni dei servizi pubblici in regime di monopolio privato; questa spinta è rafforzata poi dall’intervento del sistema delle deroghe alla gara che, seppur differenziate fra società
quotate in borsa e non quotate, risultano univoche in quanto a risultati22. Il
meccanismo è relativamente semplice: per le società non quotate, la gara sul servizio può essere evitata nei casi in cui l’amministrazione pubblica ceda il 40% della società
che opera in house23. Per quanto riguarda le quotate, invece, si stabilisce che la società
potrà mantenere la gestione del servizio fino alla scadenza dei contratti (di norma pluridecennali) se e solo se entro il 30 giugno 2013 sarà ridotta fino al 40% la quota pubblica nell’azionariato (da ridurre ulteriormente al 30% entro il 31 dicembre 2015). La maggior potenza dell’incentivo ad utilizzare la deroga sta tutta nelle seguenti disposizioni; per un qualunque sindaco, infatti, la privatizzazione parziale dell’azienda (sia essa quotata o meno) è di gran lunga preferibile perché consente:
a. Di ottenere liquidità in cambio di azioni, che può essere utilizzata nel corso del mandato elettorale;
22 Sito Dipartimento Politiche Europee: “Il Decreto Ronchi privatizza l’acqua”, 2010 23 Le società in house sono società a capitale interamente pubblico
b. Di mantenere l’affidamento diretto del servizio alla propria azienda anche se parzialmente privatizzata, evitando così di generare tensioni occupazionali; c. Di continuare a nominare rappresentanti nel consiglio di amministrazione
dell’azienda, anche se in numero inferiore a prima;
d. Di avviare una negoziazione per la scelta del socio che, nel caso di società
quotate, può avvenire anche per trattativa privata.24
Questa serie di provvedimenti introdotti dal Decreto hanno suscitato dure reazioni da parte di chi ritiene che con la privatizzazione i prezzi possano in realtà anche
aumentare2526. In particolare, la norma del decreto che stabiliva la determinazione
della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito, è stata abrogata dal referendum del 12 e 13 Giugno 2011.
Grazie a questo referendum popolare gli Enti locali hanno nuovamente la possibilità di
utilizzare proprie strutture per la gestione dei servizi pubblici locali. La gestione può
quindi essere affidata mediante gara ad evidenza pubblica, può essere data ad una società mista in cui il socio privato venga selezionato mediante gara ed infine può essere in house. Dunque, l’autorità pubblica può decidere di erogare in proprio i servizi oppure di affidarli ad altri soggetti, pubblici o privati.
E’ stato sancito uno stop alle procedure di gara per l’affidamento dei servizi idrici che sarebbero dovute essere avviate alla fine del 2011 e proseguire fino al 2015, con lo scopo di rimediare alla scadenza anticipata delle gestioni non conformi (ossia di quelle assegnate a privati senza gara ed a quelle in house). Restano dunque valide le scadenze già verificatesi di tutti gli affidamenti non conformi al quadro normativo, di contro continuano a rimanere in vita le gestioni conformi a quanto prescritto dalla giurisprudenza, siano esse in house o società miste. Viene anche escluso l’obbligo di ridurre la partecipazione pubblica entro il 31 dicembre 2015 al 30% nel caso di
24 Sito Italianieuropei (Fondazione di cultura politica), “Dal Decreto Ronchi ai referendum: quale futuro per l’industria idrica italiana?”, di Bernardo Pizzetti, 2011 25 “Acqua privatizzata, via alla fiducia. L’opposizione: Saliranno i prezzi”, La Repubblica, 17 Novembre 2009
26 “Privatizzazioni dell’acqua. Il governo pone la fiducia”, Il Sole 24 Ore, 17 Novembre 2009
imprese quotate in borsa, e di cedere entro il 31 dicembre 2011 almeno il 40% ai privati nel caso di società non quotate.
In questo quadro occorre infine citare anche la sentenza n. 199/2012 della Corte Costituzionale con la quale la Corte, pronunciandosi sui ricorsi presentati da diverse regioni, ha annullato l’art. 4 del Dl n. 138/2011, con il quale il Governo rilanciava il processo di liberalizzazione nel settore dei servizi pubblici a pochissima distanza dall’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis con il referendum popolare. L’art. 4 del Dl n. 138/2011 dettava una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, operando fondamentalmente una drastica riduzione delle ipotesi di affidamento in house, andando al di là delle previsioni comunitarie, e riproducendo svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e del suo regolamento attuativo. Secondo la Corte la disposizione violava il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare e per tale motivo - e dunque per evitare che l’esito della
consultazione popolare non venisse rispettato - andava annullata27.
Par. 1.4
L’AUTORITA’ PER L’ENERGIA ELETTRICA IL GAS
ED IL SISTEMA
IDRICO-‐AEEG
Par. 1.4.1
Che cosa è e da chi è composta.
L'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico è un organismo indipendente, istituito con la legge 14 Novembre 1995, n. 481 con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo. L'Autorità svolge inoltre una funzione consultiva nei confronti di Parlamento e Governo ai quali può formulare segnalazioni e proposte; presenta annualmente una Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta.
Con il decreto 201/11, convertito nella legge n. 214/11, all'Autorità sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici. Infatti, l'articolo 21, comma 19, prevede che: "con riguardo all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza
27 Intesa Sanpaolo, “L’industria dei servizi idrici”, servizio studi e ricercche e SRM, Febbraio 2013
in materia di acqua, sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481".
In particolare, l'Autorità deve "garantire la promozione della concorrenza e
dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché assicurare "la fruibilità e la diffusione [dei servizi] in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, ...". Il
sistema tariffario deve inoltre "armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei
soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse".
L'Autorità è un organo collegiale costituito dal Presidente e da quattro membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica. La procedura di nomina prevede il parere vincolante, a maggioranza dei 2/3 dei componenti delle Commissioni parlamentari competenti, sui nomi proposti dal Ministro dello Sviluppo economico e approvati dal Consiglio dei Ministri. Dall'11 febbraio 2011, i Componenti in carica sono Guido Pier Paolo Bortoni, Presidente, Alberto Biancardi, Luigi Carbone, Rocco Colicchio e Valeria Termini. I Componenti restano in carica 7 anni; nel corso del mandato, si applica un regime di incompatibilità con altre attività lavorative esteso anche ai 4 anni successivi la fine dell'incarico.
INDIPENDENZA E AUTONOMIA
L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nel quadro degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo e dal Parlamento e delle normative dell'Unione europea. L'indipendenza e l'autonomia sono state rafforzate dal Terzo Pacchetto Energia europeo anche per quanto riguarda l'organizzazione, il funzionamento ed il finanziamento.
L'Autorità adotta le proprie decisioni sulla base della legge istitutiva e definisce le procedure ed i regolamenti per l'organizzazione interna, il funzionamento e la contabilità.
Le risorse per il funzionamento dell'Autorità non provengono dal bilancio dello Stato ma da un contributo sui ricavi degli operatori regolati: tale contributo è stato ridotto (volontariamente dall'Autorità) allo 0,3 per mille rispetto all'1 per mille previsto dalla legge. Affari regolatori internazionali Collegio dei Revisori Dipartimento PER LA REGOLAZIONE Direzione OSSERVATORIO, VIGILANZA E CONTROLLI Direzione CONSUMATORI E UTENTI Direzione SANZIONI E IMPEGNI Dipartimento PER L’ENFORCEMENT E GLI AFFARI DEI CONSUMATORI
Nucleo di valutazione e controllo strategico Direzione SISTEMI IDRICI Consiglieri Assistenti dei Componenti Segreteria di Presidenza
Staff Legali per la Gestione del Contenzioso
Dipartimento PER IL COORDINAMENTO, GLI AFFARI GIURIDICI E LE RELAZIONI ISTITUZIONALI
Strategia e studi pre-regolatori Affari regolatori internazionali Ufficio speciale SEGRETERIA COLLEGIO E PROGRAMMAZIONE Direzione COMUNICAZIONE E STAMPA Qualità ambientale della risorsa idrica e misura Regolazione tariffaria dell’erogazione dei servizi idrici Assetti, relazioni con il territorio, ricerca e innovazione Violazioni regolazione dei mercati energetici Violazioni regolazione infrastrutture energetiche e idriche Direzione MERCATI ELETTRICITÀ E GAS Direzione AFFARI GENERALI E RISORSE Direzione SICUREZZA, INFORMATICA E LOGISTICA Direzione INFRASTRUTTURE, UNBUNDLING E CERTIFICAZIONE Affari giuridici e consulenza Controllo di gestione e rendicontazione istituzionale Direzione
RELAZIONI ISTITUZIONALI E ARBITRATI
Arbitrati, controversie tra operatori e affari legislativi Relazioni istituzionali nazionali Relazioni istituzionali internazionali COLLEGIO Presidente e Componenti Garante del Codice Etico Mercati elettrici all’ingrosso Mercati gas all’ingrosso Mercati retail Condiz. econ. di tutela e perequazione e monitoragg. Processi e flussi informativi tra operatori Produzione di energia, fonti rinnovabili ed effic. energ. Infrastrutture nazionali Infrastrutture locali gas Regolazioni caratteristiche e innovative Qualità del servizio e monitoraggio Unbundling e certificazione Infrastrutture locali elettriche Gare e contratti Protocollo e dematerializ- azione Gestione e sviluppo del personale Entrate e trattamento economico del personale Sicurezza e logistica Infrastrutture informatiche e servizi di base Avvocatura del consumatore Sportello consumatori e valutazione reclami Conciliazioni e risoluzione stragiudiz.le controversie Vigilanza degli operatori regolati Controlli e ispezioni Osservatorio Vigilanza sul divieto traslaz maggior. IRES e sulll’analisi investimenti Sviluppo e monitoraggio della comunicazione Rapporti con la stampa e gestione della comunicazione Contabilità e bilancio Affari regolatori internazionali
LE COMPETENZE
L'Autorità regola i settori di competenza, attraverso provvedimenti (deliberazioni) e, in particolare:
• Stabilisce le tariffe per l'utilizzo delle infrastrutture, garantisce la parità d'accesso, promuove, attraverso la regolazione incentivante gli investimenti con particolare riferimento all'adeguatezza, l'efficienza e la sicurezza;
• Assicura la pubblicità e la trasparenza delle condizioni di servizio;
• Promuove più alti livelli di concorrenza e più adeguati standard di sicurezza negli approvvigionamenti, con particolare attenzione all'armonizzazione della regolazione per l'integrazione dei mercati e delle reti a livello internazionale; • Definisce i livelli minimi di qualità dei servizi per gli aspetti tecnici, contrattuali e
per gli standard di servizio;
• Promuove l'uso razionale dell'energia, con particolare riferimento alla diffusione dell'efficienza energetica e all'adozione di misure per uno sviluppo sostenibile; • Aggiorna trimestralmente le condizioni economiche di riferimento per i clienti che
non hanno scelto il mercato libero;
• Accresce i livelli di tutela, di consapevolezza e l'informazione ai consumatori;
• Adotta provvedimenti tariffari e provvede all'attività di raccolta dati e informazioni in materia di servizi idrici;
• Svolge attività di monitoraggio, di vigilanza e controllo anche in collaborazione con la Guardia di Finanza e altri organismi, fra i quali la Cassa Conguaglio per il settore elettrico, il GSE, su qualità del servizio, sicurezza, accesso alle reti, tariffe, incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate e in materia di Robin Hood Tax.
• Può imporre sanzioni e valutare ed eventualmente accettare impegni delle imprese a ripristinare gli interessi lesi (d.lgs. 93/11).
TRASPARENZA DEL PROCESSO DECISIONALE E L’ATTIVITA’
INTERNAZIONALE
I provvedimenti dell'Autorità vengono adottati secondo procedure disciplinate dai propri regolamenti interni e da regolamenti sul funzionamento generale della Pubblica
amministrazione, sulla base di criteri di efficienza e trasparenza. Ampio spazio viene dato alla consultazione con tutti i soggetti interessati, attraverso la diffusione di documenti, la raccolta di osservazioni scritte e eventuali audizioni collettive e individuali.
La pubblicità legale degli atti e dei provvedimenti di carattere normativo ed a contenuto generale, è assicurata attraverso la pubblicazione sul sito internet dell'Autorità ('art. 32, comma 1, della legge 69/09).
Contro i provvedimenti dell'Autorità può essere fatto ricorso al TAR Lombardia che rappresenta il primo grado di giudizio del processo amministrativo.
Dal 2005, l'Autorità ha introdotto l'analisi di impatto regolatorio (Air) su provvedimenti di particolare rilievo, quale ulteriore strumento per una miglior qualità della regolazione.
L'Autorità ha avviato fin dalla sua istituzione un'intensa attività di collaborazione internazionale con i regolatori dei paesi europei ed extra europei, al fine di promuovere l'integrazione con i mercati dell'energia dei paesi limitrofi e raggiungere gli obiettivi di effettivo ed efficace funzionamento del mercato nazionale. Il primo ambito di intervento dell'Autorità in tale contesto è il processo di formazione del nuovo quadro regolatorio dei mercati europei di energia elettrica e gas previsto dal cosiddetto Terzo Pacchetto (codici di rete europei) ed a tal fine partecipa ai lavori dell'Agenzia per il coordinamento dei regolatori dell'energia-ACER. L'Autorità è inoltre membro fondatore del Council of European Energy Regulators- CEER, associazione volontaria che ha il compito di consolidare la collaborazione tra i regolatori dell'Unione europea nei settori di comune interesse. Dal marzo 2012 un componente del Collegio dell'Autorità ricopre la carica di Vice-presidente del CEER. L'Autorità è fra i principali promotori dell'Associazione dei regolatori del
Mediterraneo- MEDREG, di cui detiene la vicepresidenza permanente, dopo due
mandati da Presidente; ha anche un ruolo di primo piano nell'Energy Community Regulatory Board -ECREB, organismo sempre più allineato alle competenze dell'ACER per l'area balcanica, in virtù dell'Energy Community Treaty firmato fra l'Unione europea e i Paesi di tale regione.
L'Autorità, attraverso il CEER e il MEDREG, assicura un supporto anche alle attività dell' International Confederation of Energy Regulators volta a istituzionalizzare sempre di più il ruolo della regolazione a livello mondiale.
Negli anni, il ruolo dell'Autorità in ambito internazionale si è consolidato non solo in ambito associativo, ma anche attraverso il rafforzamento di relazioni bilaterali con regolatori di altri paesi che hanno portato all'avvio di accordi formali di collaborazione e di progetti di gemellaggio finanziati dalla Commissione Europea.
Par. 1.4.2
RESPONSABILITA’ COMPLESSIVE
La Direzione nel suo complesso, tramite tutte le proprie Unità e il personale direttamente assegnato alla Direzione:
• Gestisce le relazioni, in collaborazione con la Direzione DRIA, con gli
Organismi istituzionali a cui sono attribuite funzioni relative ai servizi idrici, curando in particolare i rapporti con il MATTM, la Conferenza Unificata, con la Conferenza Stato Regioni, l’ANCI, l’UPI, le Regioni e gli enti locali e, in generale, con tutte le forme associative di istituzioni nazionali e locali;
• coordina la redazione di pareri e segnalazioni da rendere a soggetti istituzionali
nazionali, regionali e locali, in materia di servizi idrici;
• collabora con l’Unità Affari regolatori internazionali in relazione alle iniziative
previste dalla Direttiva quadro 2000/60/CE e dalla strategia “Blue Print per la salvaguardia delle risorse idriche”.
Par. 1.5
REGOLAZIONE TARIFFARIA
L’AEEG è dotata di un’unità competente in materia: la cosiddetta “Unità di Regolazione Tariffaria dell’Erogazione dei servizi Idrici”(TSI).
Essa definisce le modalità di riconoscimento dei costi per la determinazione delle tariffe; inoltre assolve tutta una serie di altre funzioni, tra cui la predisposizione della metodologia tariffaria per i servizi idrici, la verifica delle proposte tariffarie elaborate da soggetti competenti procedendo con l’eventuale approvazione, l’individuazione di
interventi atti a promuovere lo sviluppo e l’uso efficiente delle infrastrutture dei servizi idrici e la predisposizione di standard di qualità tecnica.
Con il decreto legge 201/2011, il cosiddetto “Salva-Italia”, sono state attribuite proprio all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG) “le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici” in precedenza affidate all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua.
In sostanza, obiettivo dell’AEEG è definire attraverso una regolazione stabile, certa e condivisa, un sistema tariffario equo e trasparente che garantisca gli investimenti necessari, un servizio efficiente e di qualità e la tutela dei clienti finali, anche salvaguardando le utenze economicamente disagiate.
Nella costruzione delle nuove tariffe l’AEEG intende rispettare i seguenti principi: Ø assicurare meccanismi di salvaguardia per gli utenti economicamente disagiati; Ø collegare le tariffe alla qualità del servizio offerto così da evitare che i gestori
lo peggiorino aumentando comunque i loro margini;
Ø riconoscere il costo dei soli investimenti effettivamente realizzati;
Ø promuovere la tempestiva messa in funzione delle infrastrutture oggetto di investimento.
Par. 1.5.1
L’ARTICOLAZIONE DELLE TARIFFE
La disciplina concernente l’articolazione della tariffa da applicare all’utenza è stata definita a partire dai provvedimenti sperimentali approvati dal Comitato interministeriale dei prezzi (CIP) negli anni Settanta (cui rimandava espressamente il Metodo normalizzato - art. 7, comma 1, del decreto ministeriale 1 agosto 1996 - previgente alle regole tariffarie transitorie adottate dall’Autorità), e poi progressivamente delegata a livello locale dalle riforme successive.
Differenti sono i criteri di articolazione che sono emersi con l’evoluzione della
normativa28:
• articolazione per fasce di utenza: consiste nella diversificazione della tariffa in
funzione degli usi della risorsa, per esempio, domestici, industriali, agricoli,
28 Sito Gruppo HERA
pubblici ecc. (cfr. provvedimenti CIP n. 45/74, n. 46/74, n. 26/75; art. 7, comma 1, del decreto ministeriale 1 agosto 1996 e art. 154, comma 6, del decreto legislativo n. 152/06 );
• articolazione per livelli di consumo: consiste nella diversificazione della tariffa
in funzione del livello di consumo effettuato dall’utente, per esempio, la tariffa agevolata, la tariffa base, la tariffa relativa alle eccedenze (cfr. provvedimenti CIP n. 45/74, n. 46/74, n. 26/75);
• articolazione per fasce territoriali: consiste nella diversificazione della tariffa
in base alla zona nella quale questa viene applicata, per esempio, in riferimento alla stessa fascia di utenza e agli stessi livelli di consumo, è possibile adottare tariffe diverse in due aree contigue o in comuni limitrofi (cfr. art. 7, comma 1, del decreto ministeriale 1 agosto 1996);
• articolazione per comuni: consiste nella diversificazione della tariffa in
funzione del comune che compone l’ATO, considerando anche gli investimenti
pro capite precedentemente effettuati in tali zone (cfr. art. 154, comma 7, del
decreto legislativo n. 152/06);
• articolazione per categorie di reddito: con riferimento alla fascia di utenza
domestica, consiste nella diversificazione della tariffa in funzione del reddito degli utenti, per esempio, l’adozione di una tariffa agevolata per gli utenti che dichiarano un reddito inferiore a una determinata soglia (cfr. art. 154, comma 7, del decreto legislativo n. 152/06).
In base a suddetti criteri, è possibile riscontrare un utilizzo prevalente dell’articolazione tariffaria per fasce di utenza, seguita da quella per fasce territoriali e per livelli di consumo, anche se ci sono dei casi particolari in cui vengono tutelate le
utenze a basso reddito in base all’appartenenza a una delle categorie ISEE29.
L’articolazione tariffaria per comuni, che tenga conto «degli investimenti pro capite
per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato», è stata poco utilizzata,
probabilmente in ragione della volontà di giungere in tempi rapidi a una tariffa d’ambito unica. In alcune realtà, in aggiunta ai criteri sopra descritti, sono stati
29 Gruppo HERA
proposti tentativi di articolazione in base alla dimensione della famiglia, modalità però poco adottata per la difficoltà di aggiornare costantemente le banche dati riguardanti la composizione delle utenze domestiche.
Con riferimento alla struttura assunta dalla tariffa articolata per fasce di utenza, le principali indicazioni che sono state fino a oggi seguite dalle AATO si rinvengono nei citati provvedimenti CIP n. 45 e n. 46 del 1974 e nel successivo provvedimento n. 26 del 1975:
• la tariffa deve essere binomia, cioè costituita da una parte fissa e da una parte
variabile proporzionale al consumo, suddivisa in scaglioni - ai quali applicare tariffe unitarie crescenti - e differenziata a seconda degli usi;
• le tariffe devono essere articolate a blocchi, prevedendo:
• una tariffa agevolata, per i consumi di tipo essenziale (da applicarsi alle
sole utenze domestiche);
• una tariffa base (pari al costo unitario medio);
• da uno a tre scaglioni tariffari di eccedenza, la cui entità è finalizzata a
penalizzare i consumi superiori alla fascia base.
Si noti come le disposizioni sinteticamente richiamate sono carenti nel definire: • le categorie di utilizzatori cui applicare tariffe differenziate;
• la dimensione e il numero degli scaglioni di consumo progressivi; • i criteri di dimensionamento delle quote fisse rispetto alla parte tariffaria variabile; • eventuali modalità finalizzate a limitare la progressività tariffaria per le c.d. “famiglie numerose”;
• eventuali modalità di articolazione per fasce territoriali e per capacità contributiva. Le carenze nel quadro di regole alla base della definizione dell’articolazione tariffaria all’utenza attualmente si riflettono in un’ampia eterogeneità dei criteri adottati, venutasi a determinare sulla base di complesse valutazioni equitative e redistributive operate sul territorio. Dal punto di vista dell’efficienza, emerge la necessità di verificare con attenzione le caratteristiche delle scelte adottate. Soffermandoci sul solo uso domestico, detta disomogeneità emerge sia per quanto riguarda la quota fissa del servizio idrico integrato (indipendentemente dal consumo nella maggioranza dei casi,
pur rilevandosi situazioni in cui la stessa è differenziata per fasce di consumo, arrivando fino a sei scaglioni), sia per quanto riguarda la quota variabile.
Inoltre, si segnala che in molti casi la circostanza di avere un’ampia fascia agevolata viene addotta come giustificazione del fatto di non aver predisposto meccanismi
tariffari sociali specifici, a prescindere dal relativo ammontare30.
Par. 1.5.2
LE COMPONENTI DELLA TARIFFA
Il metodo normalizzato definito dal Decreto Ministeriale del 1996 individua la composizione della tariffa del servizio idrico integrato come sommatoria delle
seguenti componenti31:
30 Sito AEEG
dove:
T è la tariffa del servizio idrico integrato
C è la componente dei costi operativi
A è la componente del costo di ammortamento
R è la componente per la remunerazione del capitale investito
P è il tasso di inflazione programmato per l'anno corrente K è il limite di prezzo.
La somma di queste componenti viene divisa per i volumi di acqua che si prevede di erogare, ottenendo in questo modo la tariffa media unitaria espressa in euro/m3.
Andiamo adesso ad analizzare ogni singola voce.
I costi operativi (C) riguardano le spese sostenute dal gestore per garantire che sia effettuato l’intero servizio di gestione dell’acqua; comprendono i costi per l’acquisto della materia prima e delle componenti energetiche, per il personale, per l’acquisto di
materiali e servizi e per gli accantonamenti32. Tra i costi operativi sono, inoltre, inclusi
i canoni di concessione che rappresentano il corrispettivo pagato dal gestore per l’utilizzo di tutte le dotazioni patrimoniali non di sua proprietà, necessarie ai fini dell’erogazione del servizio. La normativa prevede che la proprietà delle reti e degli impianti del servizio idrico sia pubblica; nei casi in cui il gestore è tenuto a pagare un corrispettivo per l’uso dei beni del servizio idrico, questa quota viene versata al comune e quindi ritorna al cittadino.
L’Autorità di ambito (AATO), per la definizione dei costi operativi, determina i costi operativi ottimali relativi alla gestione del servizio nel proprio territorio e allo stesso tempo, sulla base di alcune grandezze tecniche, calcola i costi operativi di riferimento. Rispetto a questi ultimi, l’AATO deve verificare due vincoli:
v i costi operativi da riconoscere in tariffa non devono superare i costi operativi di riferimento maggiorati del 30%;
v la dinamica dei costi operativi da riconoscere in tariffa, ovvero il riconoscimento di una progressiva riduzione percentuale della distanza dei
32 L’accantonamento è un metodo di stima contabile che viene utilizzato per stanziare in bilancio fondi a copertura di impegni e rischi futuri incerti sia nell’ammontare che nella scadenza.
costi operativi dai costi operativi di riferimento: quanto più è elevata la distanza, tanto maggiore sarà la riduzione percentuale annua.
Gli ammortamenti (A), rappresentano la quota del costo degli investimenti sulla rete e sugli impianti, attribuita ai vari anni: gli investimenti, infatti, contribuiscono per molti anni alle attività dell’impresa ed è quindi necessario ripartire i costi sostenuti in un anno anche in quelli successivi in base agli anni di vita utile del bene realizzato attraverso l’investimento stesso.
Gli investimenti sono definiti dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale all’interno del Piano economico-finanziario e possono derivare, per esempio, dalla necessità di nuove infrastrutture nell’ambito dell’acquedotto, del sistema fognario o della depurazione delle acque, di sostituzione di materiale obsoleto. Il gestore è tenuto a realizzare gli investimenti secondo il piano definito, in caso contrario, dovrà pagare una penale all’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale. Per completare il quadro generale degli investimenti è necessario sottolineare che più sono necessarie nuove infrastrutture, più aumentano gli investimenti, gli ammortamenti e di conseguenza la tariffa e quindi, la bolletta.
La remunerazione del capitale investito (R), è quella parte della tariffa che permette il rientro del costo del capitale preso a prestito da terzi o finanziato tramite mezzi propri dell’azienda senza ricorre all’indebitamento esterno. Se gli investimenti vengono effettuati ricorrendo proprio a fonti esterne, il gestore dovrà pagare degli interessi su questo debito; in questo caso la remunerazione del capitale investito va a coprire questi costi. Se invece, gli investimenti vengono autofinanziati dal gestore ricorrendo a fonti interne all’azienda, sottrarrà quelle risorse ad impieghi alternativi che gli garantirebbero dei proventi: in questo caso, R va a ripagare questo mancato guadagno del gestore.
La remunerazione viene calcolata come percentuale del capitale investito dal gestore ed è quindi tanto maggiore quanto più alti sono gli investimenti effettuati. In particolare, con la delibera 585/2012/R/IDR del 28 dicembre 2012, l’AEEG ha approvato il Metodo Tariffario Transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 -2013; il metodo tariffario transitorio si applica a tutte le gestioni (conformi e non al d.lgs.152/2006) che al 31 Luglio 2012 applicavano il Metodo
Normalizzato, il metodo tariffario Emilia Romagna e altri Metodi difforme al CIPE e ai soggetti che, a qualunque titolo, svolgono esclusivamente uno o più servizi tra quelli di cui all’Articolo 1, comma 1.1, anche per una pluralità di ATO, e che applicano un
metodo tariffario difforme dal metodo tariffario CIPE. Nello specifico sono esclusi
dall’aggiornamento tariffario33:
• i gestori del servizio idrico integrato il cui titolo ad esercire il servizio è stato dichiarato invalido con sentenza passata in giudicato, ovvero ritirato o annullato in via amministrativa;
• le gestioni sul cui titolo ad esercire il servizio è pendente un contenzioso giurisdizionale e in cui sia stata emanata dall’autorità giudiziaria una misura cautelare sospensiva o limitativa del titolo stesso, per tutta la durata dell’efficacia della misura medesima, ovvero in cui sia stata emanata dall’autorità giudiziaria una sentenza, anche di primo grado se non successivamente sospesa, che abbia accertato l’invalidità del titolo medesimo; • I gestori che, sebbene affidati, non hanno effettuato, alla data del 31 dicembre
2012, la prevista consegna degli impianti;
• le gestioni che, alla data del 31 luglio 2012, non avevano adottato la Carta dei servizi o applicavano alle utenze domestiche la fatturazione di un consumo
minimo impegnato.34
Proprio su questo tema, ci sono state recenti evoluzioni: il 27 Marzo 2014 il tribunale amministrativo lombardo ha respinto il ricorso presentato da Federconsumatori e dall'Associazione Acqua Bene Comune contro l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG). Le due associazioni contestavano all’Autorità di aver reintrodotto, sotto falso nome, la remunerazione del capitale che il referendum aveva abrogato. Il riferimento era a una delibera con cui l'Autorità, a fine dicembre del 2012, aveva approvato il cosiddetto «metodo tariffario transitorio». Una delibera che, sostengono le associazioni, va annullata. Per i giudici però, la decisione non ha contraddetto ciò che è stato stabilito col referendum del 2011; per il Tar il servizio idrico deve essere visto come un servizio di interesse economico caratterizzato dalla necessità di copertura
33 Art. 3 del decreto legislativo