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Zonazione aziendale nella DOC Montecucco: Il caso della Colle Massari

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1. Introduzione

1.1 Caratteristiche del territorio della DOC Montecucco

Nel 1994 nasceva la DOC Monteregio di Massa Marittima e nel 1996 quella del Morellino di Scansano, occupando con le loro superfici di vigneti la quasi totalità della zona produttiva viticola maremmana. La DOC Montecucco nasce nel 1998 con l’uscita del Decreto Dirigenziale legislativo dell’allora Ministro dell’Agricoltura, come risultato della volontà di alcuni produttori dopo diversi anni di ricerca e passione.

Quando è nata la denominazione c’era solo un’azienda con vigneti di grandi dimensioni, la fattoria di Montecucco, mentre il resto del territorio era occupato da piccole proprietà che avevano vigneti a conduzione familiare, in gran parte costituiti negli anni ’70.

I vigneti di oltre 35 anni, con sesti d’impianto di m 2,8-3 x 1-1,2, e allevamento a Guyot, sono ormai pochi, infatti, a seguito del riconoscimento della nuova DOC Montecucco sono stati realizzati nuovi impianti.

Attualmente, però, nella zona viticola del Comune di Cinigiano, nella quale si trova l’azienda Colle Massari che è stata oggetto del seguente progetto di zonazione aziendale, si trova un vigneto franco di piede di circa 200 anni di età che, per le sue caratteristiche, è stato nominato “Vigneto Museo”. Tale vigneto, insieme a quelli presenti in tutto il territorio della DOC Montecucco, sono stati oggetto di studio nell’ambito di un lavoro di recupero del germoplasma viticolo nell’area della DOC Montecucco. Tale lavoro ha permesso di raccogliere numerosi biotipi dei vitigni maggiormente coltivati e di quelli minori, parte dei quali ancora sconosciuti, ritenuti meritevoli di attenzione sotto il profilo ampelografico e agronomico. Ciò non deve sorprendere in quanto le notizie sull’intensa coltivazione della vite in questo territorio risalgono al XIV secolo (Scalabrelli G. et al., 2006).

Il percorso seguito dal territorio in questi ultimi anni è stato notevole, sia per quanto riguarda l’ammodernamento delle piccole aziende nel rinnovo dei vigneti e delle cantine, ma anche per i numerosi investimenti di nuovi vigneti, basti pensare alla Colle Massari S.p.a., che da sola possiede 120 ettari vitati nel territorio di Poggi del Sasso, comune di Cinigiano.

Il rinnovamento ha toccato anche gli aspetti gestionali con l’attivazione del Consorzio di Tutela, che svolge compiti importanti per la qualificazione del vino DOC Montecucco. Il consorzio oggi rappresenta 52 aziende su circa 70, oltre 500 ettari di vigneto su una superficie vitata complessiva di 750/800 ettari; e oltre 1,2 milioni di bottiglie su una

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che il potenziale produttivo del Montecucco, se tutti i vigneti fossero dedicati alla DOC, si potrebbe arrivare a quota 5,5 milioni di bottiglie.

Come recita l’art. 3 del Disciplinare di produzione, l’estensione del Montecucco DOC comprende le zone vocate dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico, Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano.

La zona di produzione del vino Montecucco è caratterizzata da condizioni meso-climatiche peculiari, dovute alla sua vicinanza al Monte Amiata e soprattutto al profilo orografico e alla sua altimetria. Si oscilla, infatti, dai 679 m.s.l.m. del comune di Arcidosso, fino ai 275 dell’abitato del comune di Campagnatico, considerando che il limite più basso della coltivazione della vite arriva, in questo comune a poche decine di metri sopra il livello del mare. La maggior parte del territorio interessato dalla DOC è di tipo collinare con vigneti situati ad altitudine oscillante tra i 200 e i 400 metri, toccando punte più alte in prossimità di Castel del Piano e di Seggiano, zone tradizionalmente vitate fin dal 1200, dove ha trovato il suo ambiente di coltivazione soprattutto il Sangiovese, che ha assunto varie denominazioni (Brunello, Brunelletto, Brunellino), ancor prima che raggiungesse la notorietà nel territorio di Montalcino.

La variabilità climatica cresce in modo esponenziale, grazie anche alle diverse esposizioni dei versanti, per cui ci sono zone alla stessa altitudine ma con esposizioni a nord o a sud con notevoli differenze dal punto di vista agronomico ed enologico, che si ripercuotono sul ciclo biologico della vite e sul risultato finale.

Si hanno comunque inverni miti e piovosi, nelle zone più basse e vicine al mare, mentre sui comuni del versante amiatino si riscontrano temperature più rigide. Non sono rari gli inverni con notevoli precipitazioni nevose, che si protraggono fino alla primavera, anche a quote collinari. Le mezze stagioni sono di solito miti e temperate e l’estate risulta molto calda, anche nei territori montani, caratterizzata da una scarsa piovosità e da lunghi periodi di siccità, che a volte creano una condizione di stress idrico alla vite.

Le zone collinari del Montecucco sono caratterizzate da ventilazione frequente e da piogge moderate durante il periodo estivo, due condizioni indispensabili queste per rendere più agevole ed efficace la difesa fitosanitaria; tale condizione, infatti, ha favorito nel territorio la conduzione biologica da parte di molte aziende, compresa la Colle Massari.

La zona del Montecucco non si diversifica solo nel profilo climatico, ma anche in quello geo-pedologico, infatti, fatta eccezione per alcune plaghe di terreno argilloso presenti soprattutto nei pressi di Montenero (comune di Castel del Piano), la maggior parte del territorio è caratterizzata da terreni non calcarei, ricchi di scheletro, poco fertili dal punto di

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vista agronomico, in quanto carenti di sostanza organica, fosforo e talvolta potassio. Va detto però che, nel caso specifico della Colle Massari, i suoli rilevati si presentano nel complesso suoli con ciottoli calcarei e con valori di calcare attivo alti o medio - alti.

Per la scarsa fertilità agronomica sono molto indicati per la coltivazione della vite e dell’olivo (Lizio, 1999).

Le differenze pedologiche e di altimetria, inoltre, determinano una diversa precocità del vitigno Sangiovese che si traducono anche in una variabile potenzialità delle uve.

Si può dire quindi che il territorio della DOC Montecucco è caratterizzato da una buona potenzialità per l’espressione delle peculiarità del vitigno Sangiovese che fornisce vini strutturati, idonei all’affinamento.

1.2 Principi della zonazione e della caratterizzazione viticola

Sia che si tratti di una viticoltura secolare, sia di una pioniera, ogni spazio viticolo è individuato da dei confini. Alcune delimitazioni sono prestabilite, altre da stabilire. Per tale motivo si ricorre a uno strumento indispensabile: la zonazione.

A livello delle Nazioni unite, la Fao definisce la zonazione “Agro - ecologica” (Zae), il cui scopo è quello di “identificare delle zone omogenee in potenziale e in obblighi di sviluppo”, per la pianificazione delle terre in zone rurali. La zonazione dei terroir viticoli può essere vista come un tipo di zonazione agro-ecologica. Nell’ambito della definizione di aree ad indicazione geografica si parla di zonazione di protezione (di un prodotto) e, per il fatto che contribuisce allo sviluppo regionale, è anche una zonazione di sviluppo (Vaudour E., 2005). Per definire la vocazionalità di un territorio si devono individuare parametri come il clima (illuminazione, temperature, regime pluviometrico), il suolo (geologia, pedogenesi, profondità, tessitura e struttura, scheletro, regime idrico, elementi nutritivi, temperatura, colore e pH) e l’interazione tra il genotipo e l’ambiente. In ogni ambiente, infatti, solo pochi vitigni risultano in grado di adattarsi adeguatamente, esprimendo tutto il loro potenziale tecnologico.

Le moderne tecnologie di zonazione si sviluppano partendo dall’approccio integrato plurifattoriale introdotto da Morlat (1989) che definisce il terroir come il risultato di un sistema di interazioni complesse tra diversi fattori, fisici, biologici, e umani. Non si tratta quindi di rapporti di casualità semplice ma relazioni complesse con meccanismi di azione, retroazione, interazione tra i detti fattori. Questa idea di sistema implica l’impossibilità di

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spiegare l’elaborazione della qualità del vino ed il funzionamento del terroir attraverso la semplice misura dell’influenza di una variabile isolata, o di variabili prese singolarmente. Secondo Scienza (1998) i moderni studi del terroir dovevano assumere una visione olistica, interdisciplinare, vi deve essere una compenetrazione tra scienze sociali, umanistiche, storia, filosofia e commercio da una parte e scienze biologiche, naturali e statistiche dall’altra, perché l’ecosistema viticolo vive proprio di questa complessità (Scienza, 1998).

Per contrastare la forte tendenza all’omologazione e globalizzazione appare opportuno valorizzare quei vini che difficilmente possono essere riprodotti data l’unicità del binomio vitigno/caratteristiche pedoclimatiche della zona di produzione (Scienza, 2002).

Si può affermare quindi che il termine terroir nel tempo è andato modificandosi e arricchendosi di nuovi significati, soprattutto in conseguenza della intensificazione degli studi e del suo utilizzo da parte di una schiera sempre più ampia di produttori, di ricercatori, di giornalisti di critici del vino e dei consumatori.

Pertanto, comprende oggi almeno quattro specificazioni, vale a dire Origine, Specificità,

Perennità e Tipicità (Vaudour 2005).

Il terroir AGROCULTURALE o Terroir-Materia che è identificato dal gusto (caratteristiche sensoriali) e dalla qualità strumentale, conseguente le complesse relazioni esistenti tra pianta e ambiente.

Il concetto TERRITORIALE o Terroir-Spazio, riguarda la delimitazione di un territorio, con le relative Denominazioni e le specificità delle stesse, identificabili nelle Unità di Paesaggio (UP) che si rifanno anche a una Geografia storica del territorio.

Il terroir IDENTITARIO o Terroir-Coscienza, va a costituire la parte immateriale che è presente in un determinato paese, rappresentata dalla identità e dal senso di appartenenza degli abitanti, in relazione alla loro origine genealogica e alle tradizioni che si sono affermate.

Il terroir PUBBLICITARIO o Terroir-Slogan rappresenta la parte comunicativa del mondo rurale che per affermarsi ha l’esigenza di esprimere specifici valori e trasmettere una determinata immagine. Si tratta di ricercare i significati che sono patrimonio dei produttori e che devono essere resi comprensibili attraverso la comunicazione, per offrire una migliore comprensione dell’ essenza della specificità e del lavoro dei viticoltori (Scalabrelli, 2008). I moderni studi del terroir, o per meglio dire le zonazioni, devono essere considerate uno strumento di valutazione della vocazione viticola di un territorio, con l’obiettivo di mettere in evidenza le eventuali limitazioni ma anche e soprattutto di proporre strategie in grado di migliorarne il livello espressivo.

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Mentre un tempo la scoperta dei terroir avveniva a posteriori, oggi gli studi di zonazione sono strumenti scientifici che mirano a identificare i terroir a priori (Fregoni, 2003). Concretamente le zonazioni operano delle suddivisioni del territorio, rappresentato a scale diverse, in zone che possono essere considerate sufficientemente omogenee in relazione al comportamento vegeto-produttivo della vite (Failla et al., 1999).

Con questi studi territoriali si deve inoltre riuscire a:

• Approfondire la conoscenza dei fattori che partecipano alla qualità di un vino con l’obiettivo di proporre strategie e tecniche agronomiche atte a migliorarla;

• Evidenziare quei contesti ambientali dove è possibile ottenere produzioni tipiche e peculiari, con l’intento di valorizzare la zona;

• Mettere in luce quelle situazioni ambientali non favorevoli, proponendo eventualmente strategie alternative;

• Difendere l’originalità e la tipicità delle aree ad alta vocazione viticola;

• Proteggere da interventi urbanistici peggiorativi del paesaggio nelle zone viticole più prestigiose.

Il sistema terroir/vite/vino può essere rappresentato da una piramide costituita da variabili di stato semplici e composite, parametri di funzionamento, variabili di funzionamento, vendemmia e vino. L’insieme di questi aspetti, messi in relazione, definisce il sistema terroir/vite/vino. Proprio questa idea di sistema implica l’impossibilità di esplicare l’elaborazione della qualità del vino e il funzionamento del terroir attraverso la semplice misura dell’influenza di un singolo fattore (Morlat, 2001). Le variabili di stato del sistema-terroir sono le sole che possono essere cartografate direttamente e quindi utilizzate per identificare e differenziare le zone tipiche a livello regionale (Guilbault et al., 1998). Possiamo distinguere tra:

Variabili di stato iniziali (altitudine, geomorfologia, granulometria, profilo pedologico,

composizione chimica). Queste variabili possono essere studiate sia tramite cartografie sia direttamente in campo, al tatto e con analisi chimiche. Esse sono stabili nel tempo e pertanto, possono essere cartografate, ma non sono legate direttamente al funzionamento della vite.

Variabili di stato composite (permeabilità, porosità). Tali variabili sono intermedie e si

collocano tra le variabili di stato iniziali e i parametri di funzionamento. Esse possono essere cartografate: questo è il caso del drenaggio dipendente dalla tessitura del suolo e dalla topografia. Ci sono casi in cui questo non è possibile come nel caso della porosità del suolo.

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temperatura del suolo). I parametri di funzionamento sono il risultato di un insieme di variabili di stato. Dalle loro funzioni congiunte dipendono le variabili di funzionamento.

Variabili di funzionamento o ecofisiologiche (precocità del ciclo, funzionamento idrico,

vigore, resa). Queste variabili possono essere misurate direttamente sulla pianta. Esse agiscono sulla composizione e sulla qualità del prodotto. Come per i parametri di funzionamento, queste variabili non possono essere cartografate, ma possono essere valutate sia con metodi di calcolo basati su accertamenti, che attraverso una modellizzazione più precisa ma a breve scadenza (Asselin, 2001).

L’insieme delle variabili di funzionamento concorre, a seconda del clima e dell’annata, a definire il potenziale viticolo annuale della zona. In base al vitigno e al portinnesto utilizzato dal potenziale viticolo, si passa al potenziale di vendemmia. Secondo le tecniche di vinificazione invece arriviamo al potenziale enologico.

Il funzionamento del sistema terroir/vite/vino dipende dalla somma di effetti combinati e addizionati delle variabili di funzionamento e delle variabili di stato che li compongono. La gerarchia delle variabili di funzionamento, dette “favorevoli”, cambia da una regione viticola all’altra (Riou et al., 1995). Le variabili e i parametri di funzionamento sono dedotti dalle variabili di stato iniziali e composite tramite l’intermediazione di algoritmi specifici. È importante, a questo punto, l’elaborazione di regole di gerarchizzazione delle variabili e dei parametri enunciati.

R. Morlat e i collaboratori dell’INRA di Angers (1989) hanno definito il concetto scientifico di terroir a partire dall’unità terroir di base (Utb). L’approccio integrato definisce l’Utb come la “più piccola superficie di vigneto utilizzabile dal viticoltore nella pratica e nella quale la risposta della vite è riproducibile attraverso il vino” o come “la più piccola unità fisica omogenea (eco-geo-pedologica) che si può utilmente differenziare, sia per scopi pratici sia per scopi scientifici, e che costituisce un’entità di funzionamento unitario dell’agro-ecosistema luogo fisico x vite” (Riou, 1995).

Le Unità di terroir di base vengono individuate in un primo momento attraverso un’indagine climatica e un’indagine geo-pedologica. Si procede poi alla validazione dei risultati con i dati di risposta viticola ed enologica. Nell’ultima fase i dati di campo e di laboratorio vengono elaborati secondo una metodologia statistica multivariata concludendosi con la redazione delle carte tematiche e vocazionali.

L’Utb può contenere diverse unità topografiche; infatti, il criterio principale della cartografia Utb è lo studio della struttura e la litologia del substrato in loco, alterato o meno. L’ordine di grandezza dell’Utb varia di solito da qualche ettaro ad alcune centinaia di ettari.

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A. Carbonneau (1993) propose di utilizzare l’Utb come maglia elementare dell’ unità di

terroir viticolo o Utv, vale a dire l’Utb unitamente alle tecnologie e ai genotipi, definita a

livello locale particellare. Egli definì il terroir viticolo come un raggruppamento di alcune Utb, insieme alle quali deve essere considerata anche la tipicità del prodotto.

Nel caso in cui le Utv alla base del raggruppamento siano identiche o simili e associate ad una forte personalità dei vini (talvolta senza complessità), esse danno origine ad un terroir viticolo omogeneo. Se invece le Utv sono differenti formano un terroir viticolo composito: questa volta la personalità dei prodotti si fonda sulla diversità, l’assemblaggio e la regolarità in relazione all’annata.

Concludendo, la conoscenza della vocazione del territorio si acquisisce mediante studi interdisciplinari di zonazione, che mediante un approccio integrato (Morlat et al., 1989) mirano a comprendere i meccanismi d’interazione ambiente edafico x macromesoclima che agiscono sulla fisiologia della vite (Asselin 2001, Asselin et al., 2003). Si può quindi affermare che è importante sviluppare una strategia di ottimizzazione dei rapporti

vite-terroir.

Gli strumenti operativi utili per conseguire questi risultati sono: elaborare e trasferire le conoscenze acquisite attraverso la zonazione in un manuale d’uso della viticoltura della zona indagata e valutare l’interazione su scala aziendale o per singola vigna. Le scelte che permettono di incrementare la qualità innata, che è legata alle condizioni genetiche, ambientali e colturali del vigneto, sono molteplici e tra questi la scelta clonale, i portinnesti, le forme di allevamento, le tecniche di gestione del suolo (Pisani et al. 2000) e della chioma sono quelle che possono determinare un miglioramento dell’espressione dell’ interazione tra vitigno e ambiente (Scalabrelli G., 2008).

1.3 Zonazione aziendale

Nella realizzazione di un progetto di zonazione viticola è possibile individuare diversi livelli di approfondimento. Le micro-zonazioni a scala aziendale costituiscono un supporto alle decisioni tecniche dell’impresa vitivinicola. Le meso-zonazioni possono interessare il territorio di un’intera zona a denominazione di origine controllata, oppure quello che fa riferimento ad una o più cantine sociali; si rivolge ad un interlocutore tecnico che ha come suo compito istituzionale il miglioramento della produzione in forma estesa su un determinato territorio. Infine, le macro-zonazioni, a livello nazionale o comunitario, possono

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Secondo Scienza (2004) la zonazione aziendale è da considerarsi ancora più utile di quella comprensoriale, perché è in grado di fornire indicazioni specifiche del terreno, in particolare in quelle situazioni in cui esiste un’ampia variabilità dei suoli. Le maggiori ricadute sulla qualità si hanno a fronte delle zonazioni a livello aziendale, in cui la maglia dei controlli pedologici e di profilo è ristretta. È sulle zonazioni aziendali che c’è il vero salto di qualità, non su quelle comprensoriali. In un periodo come quello odierno, dove la competizione tra le aziende è così accentuata, risulta indispensabile effettuare in maniera oculata le scelte tecniche di base così da ottenere le massime performance possibili dal proprio terroir (Lizio Bruno).

La metodologia di zonazione prevede:

Indagine climatica

L’indagine climatica, fondamentale per lo studio di conoscenza dei terroir, si propone di predisporre una carta climatica del territorio organizzata in livelli spaziali incastrati, in modo da individuare i microclimi della coltura, i meso-topoclimi locali, i (meso)-climi regionali e il macroclima regionale (Zamboni, 2003; Carbonneau, 2003; Orlandini et al., 2003).

Negli studi climatici si possono utilizzare alcuni indici bioclimatici (Falcetti, 1994) questi sono calcolati tramite i dati raccolti, nel periodo che va dal germogliamento alla maturazione, dalle varie stazioni delle reti agrometeorologiche regionali dislocate sul territorio. Questi indici in origine sono nati per individuare areali omogenei dal punto di vista climatico, in territori di dimensioni regionali (Turri et al., 1991). Proprio per questo motivo il loro utilizzo all’interno di un comprensorio viticolo di dimensioni limitate risulta difficoltoso, se non si dispone di sistemi informativi cartografici e di stazioni meteorologiche capillarmente diffuse sul territorio (Fregoni et al., 1992).

Per tale motivo, nella zonazione aziendale, si fa riferimento ai dati climatici rilevati da una stazione agrometereologica presente nel territorio in cui ricade l’azienda, in modo da avere una visuale più ristretta rispetto alla situazione su scala provinciale o regionale, ma senza la pretesa di utilizzare i dati climatici per la caratterizzazione dei diversi vigneti oggetto di studio e la loro differenziazione. Per lo studio della variabilità della qualità delle produzioni nelle diverse annate, non si può prescindere, infatti, dalla caratterizzazione climatica dell’area in zonazione: inoltre è importante che questa venga eseguita attraverso l’uso contemporaneo di più indici che prendano in considerazione le temperature, le precipitazioni

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e l’insolazione o altre caratteristiche (Falcetti, 1994). È inoltre particolarmente utile conoscere le condizioni termiche in cui avviene la maturazione (Jackson et al., 1993).

Indagine geopedologica

L’indagine geopedologica si accompagna all’indagine climatica e si rivela fondamentale in un moderno studio di zonazione. Da questa seconda fase scaturiscono la carta delle Unità di

terroir di base (unità di paesaggio) e la Carta dei Suoli (Costantini, 2006). La variabilità

dell’ambiente naturale, la natura complessa della relazione suolo/pianta e la risposta della vite di difficile interpretazione, costringono ad utilizzare un metodo di studio specifico che prende in esame una cartografia a scala elevata (1/10.000). Per questi scopi, le carte pedologiche classiche sono generalmente insufficienti a causa delle scale troppo piccole con cui sono realizzate (1/50.000, 1/100.000). Inoltre, per natura, queste privilegiano spesso gli aspetti della genetica dei suoli a discapito delle informazioni agronomiche (Asselin, 2003). L’applicazione della pedologia nella viticoltura di precisione ed in altre discipline con le quali si interfaccia attraverso una relazione tra ambiente e territorio scaturisce dall’esigenza di conoscere, per definirle, le qualità o anche le limitazioni di un territorio.

Uno studio geopedologico di un territorio è da considerare come il punto di partenza di un lavoro professionale ed interdisciplinare, dove le conoscenze geologiche ed agronomiche vengono finalizzate alla salvaguardia ed alla valorizzazione di un patrimonio già esistente o anche alla ricerca ed allo sviluppo di un nuovo territorio in divenire.

La redazione di una carta pedologica assume dei risultati peculiari in quanto si tratta di applicare la pedologia ad un contesto specifico come è quello vitivinicolo dove più che in altri settori si è chiamati a fornire delle risposte concrete ed immediate: l’esigenza da rispettare in primis è quella di redigere una carta non rappresentativa di un semplice campionamento di terra, ma in grado di fornire consigli concreti, ad esempio su come e dove eseguire le sistemazioni agrarie in rispetto del suolo e dei vincoli paesaggistici e idrogeologici, come e dove eseguire i drenaggi anche in funzione dei costi per metro lineare di scavo, come e se conviene eseguire movimenti di terra e soprattutto con quali macchine operatrici. In sintesi in una carta geopedologica vengono elaborati dei dati per il potenziamento delle qualità di un territorio anche perché la redazione di questa carta presuppone lo studio di un suolo che presenta una sua tipicità che deve essere prima di tutto riconosciuta poi salvaguardata e valorizzata (Lizio B., 1999).

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Un territorio può essere studiato come l’insieme di piccoli ambienti, di cui ciascuno è costituito dall’associazione di tre componenti maggiori, studiate congiuntamente alla stessa scala:

- Una componente geologica, definita in termini di stadio evolutivo e di natura litologica;

- Una componente pedologica, ad essa associata e che si definisce mediante una catena di suoli e le loro caratteristiche;

- Una componente paesaggistica, affrontata studiando la geomorfologia,

l’orientamento delle pendenze, l’altitudine e i diversi tipi di componenti del paesaggio (topografici, vegetali, antropici).

Le prime due componenti costituiscono l’ambiente pedoclimatico.

I dati sono raccolti con i metodi d’analisi classici della scienza del suolo (secondo una densità dipendente dalla complessità dell’ambiente) come anche mediante il telerilevamento. La terza componente interviene in interazione fra la natura del suolo e il clima locale (mesoclima) che ha influenza sullo sviluppo aereo della vite. L’insieme formato da queste tre componenti è denominata Unité Terroir de Base (Utb) (Morlat, 2001). La redazione di carte pedologiche e vocazionali sono il fine ultimo del lavoro di indagine operato sui suoli.

Inoltre per descrivere i suoli è importante operare osservazioni morfologiche su: la successione in orizzonti; l’eterogeneità interna degli orizzonti; la tessitura e la struttura degli orizzonti; lo stato di umidità; il cromatismo (notazione Munsell, stato umido e stato secco) e le macchie; l’effervescenza all’HCl ed i carbonati; gli elementi grossolani (percentuale, dimensioni); le radici, la materia organica, le forme d’humus e le tracce di attività biologica e di antica occupazione umana (Costantini, 1999, 2006).

Concludendo è necessario ricordare l’importanza dell’analisi del pedoclima inteso, in questo caso, come il clima del suolo preso da solo, vale a dire il suo regime termico ed idrico (Storchi et al. 2005). A livello pratico nello studio dei suoli vengono effettuate diverse tipologie di osservazioni. Quelle di tipo speditivo sono sezioni naturali o artificiali (sbancamenti del terreno) che si incontrano durante il rilevamento e che vengono descritte senza campionamento. Si eseguono poi trivellate, pozzetti e profili per osservare simultaneamente tutti gli aspetti caratteristici del suolo e gli elementi necessari alla sua classificazione. Le descrizioni delle sezioni sono approfondite tramite le analisi chimico-fisiche di laboratorio dei campioni prelevati indispensabili per l’interpretazione esatta della pedogenesi e la descrizione delle diverse unità di paesaggio (Storchi et al., 2005).

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cationico, ferro totale, tenore in carbonio organico e in materie organiche, calcare totale e attivo (Vaudour E., 2005). La caratterizzazione dei suoli può essere condotta mediante determinazioni analitiche come la ritenzione idrica, la massa volumica apparente, la massa volumica reale, la stabilità strutturale degli aggregati e il coefficiente di estensibilità lineare (Storchi et al., 2005).

Indagine viticolo-enologica

Quando si opera una microzonazione, quindi a livello aziendale (scale da 1: 10.000 a 1: 2.000), le unità da caratterizzare sono i singoli vigneti. In questo caso è importante mettere in evidenza gli eventuali campi di variazione delle grandezze pedologiche e climatiche più significative (Bogoni, 1998). Per rivelare l’interazione esistente tra il vitigno e l’ambiente sono necessari controlli su parametri come: la successione delle principali fasi fenologiche (germogliamento, fioritura, ecc.), l’evoluzione della maturazione, lo stato nutrizionale attraverso la diagnostica fogliare ed una serie di controlli sulla vegetazione e sulla produzione (produttività, fertilità e composizione chimica delle uve, in particolare il corredo polifenolico, per le uve rosse). I protocolli di raccolta dati devono rispondere a requisiti di praticità e al contempo consentire il rilevamento di informazioni sufficienti per caratterizzare il potenziale qualitativo della parcella e la sua fisiologia. Operativamente è utile caratterizzare il potenziale produttivo e quello qualitativo rilevando la produzione media per ceppo, da riferire all’unità di superficie, ed i livelli di maturazione tecnologica (per le uve rosse i livelli di maturazione fenolica, raggiunti dall’uva alla vendemmia) anche mediante l’analisi sensoriale delle uve. Per ottimizzare ulteriormente la qualità delle informazioni è opportuno raccogliere i dati riguardanti le caratteristiche della chioma e della curva di maturazione delle uve. Essa è fondamentale perché è espressione della fenologia e della sua interazione con le condizioni climatiche che si verificano durante la maturazione (Brancadoro et al., 2002) permettendo di valutare sinteticamente le caratteristiche del sito in merito alle possibilità che esso possiede di influenzare la precocità degli accumuli e la velocità di degradazione degli acidi (Iacono et al., 1990).

Validazione tecnologica

Alla vendemmia viene inoltre prelevato un campione di uva (30-50 Kg) per l’esecuzione della microvinificazione (uno per ogni Utb), effettuata con trafile standardizzate per ciascun

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differenze percepibili tra i vini di ciascuna Utb. In questa fase vengono anche descritte le caratteristiche visive, aromatiche e gustative con il supporto di profili sensoriali derivati da schede descrittive che riportano le note sensoriali peculiari fornite dal vitigno nell’ambiente in studio. In base al profilo è possibile discriminare le tipologie di vini ottenibili nei diversi ambienti di un territorio (Falcetti et al., 1991). Lo scopo delle degustazioni dei vini quindi non è quello di una loro classificazione, bensì di una loro differenziazione (Colugnati et al., 2000). Appare così determinante il ruolo dell’analisi sensoriale come strumento efficace per stimare il risultato dell’interazione genotipo x ambiente e genotipo x anno nei vini microvinificati provenienti dai vigneti-guida. Per poter utilizzare vantaggiosamente questo strumento è però necessario, oltre che microvinificare correttamente le uve, disporre di una scheda descrittiva diversa da vitigno a vitigno. Essa, come risultato dell’attività collegiale del gruppo di analisi sensoriale, deve riportare le note sensoriali peculiari di ogni varietà (Iacono

et al., 1999; Scalabrelli e Di Collalto 1999). I due tipi di test sensoriali più usati nei lavori di

zonazione sono i test descrittivi e i test ad alta utilità informativa (Trialtest).

Concludendo possiamo dire che l’analisi sensoriale nella zonazione ha l’obiettivo di: 1. rilevare le differenze statisticamente rappresentative o similitudini tra vini provenienti da terroir differenti; 2. discriminare i vini in funzione delle differenti Utb; 3. ordinare i vini in funzione di varietà, forme di allevamento, pratiche colturali (Odello, 2003). La valutazione dell’interazione tra vitigno ed ambiente, ai fini della valutazione della vocazionalità viticola di ogni Unità di terroir di base, deve essere infine completata dalla stima della stabilità delle caratteristiche produttive delle piante e qualitative delle uve, nonchè dei vini, nei diversi anni e nei diversi ambienti pedoclimatici del comprensorio. Tale valutazione viene effettuata con metodologia statistica multivariata (Colugnati et al., 2000).

Carte vocazionali

L’ultima fase di uno studio di zonazione consiste nell’unione e nella rielaborazione delle conoscenze e dei dati ottenuti dalle precedenti fasi di lavoro e si conclude con la redazione delle carte tematiche e vocazionali (Zamboni, 2003). I dati di campo e di laboratorio vengono elaborati secondo una metodologia statistica multivariata (in Italia viene spesso utilizzato il metodo ANOVA). Queste metodologie, attraverso regressione semplice e multipla, permettono di riunire i vini degustati in funzione dei diversi suoli, delle annate e delle relative interazioni tra le condizioni climatiche del millesimo ed il comportamento del terreno nel determinismo delle risposte vegeto-produttive del vitigno (Asselin et al., 2003;

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Bogoni et al., 1992).

A questo punto è possibile redigere la Carta dei Suoli, la Carta delle Unità di Paesaggio (Utb) e le Carte vocazionali ove sono indicati gli usi del suolo più opportuni, le varietà da adottare e i principali interventi agronomici necessari per ridurre l’effetto dei fattori limitanti la qualità. Tali carte risultano molto utili in fase di pianificazione di nuovi impianti, di gestione del vigneto, di promozione dei vini ottenibili (Bogoni, 1998). Infine è opportuno associare alle carte vocazionali un manuale d’uso del territorio che dia indicazioni pratiche e di facile lettura per il viticoltore per quanto riguarda le scelte di impianto (vitigno, portinnesto, forma di allevamento, sesti e densità di impianto), di tecnica colturale e di vinificazione (Failla et al., 1999).

2. Metodologia utilizzata

2.1 Analisi del suolo e caratteristiche geopedologiche

Per quanto riguarda le caratteristiche fisico-chimiche del suolo, sono state effettuate mediante prelievo di campioni analizzati da un laboratorio specializzato seguendo i metodi approvati dalla Società Italiana di Scienza del Suolo, facendo riferimento ai dati acquisiti attraverso uno studio geopedologico condotto su terreni siti in località Colle Massari, nel comune di Cinigiano (GR). Il lavoro, svolto nel Novembre 1999, si è esteso per una superficie di circa 200 ha, nella quale ricadono i 6 vigneti guida, ed è stato preceduto da un rilevamento geologico generale a cui è seguito un rilevamento geopedologico.

Dopo lo studio della geologia dell’area si è passati a quello sulla tipologia dei suoli, realizzato anche attraverso l’uso di una trivella spinta manualmente fino alla profondità di 80-100 cm ove possibile, visto che spesso si sono incontrati livelli di ciottoli ed argille marnose compatte. I limiti tra suoli diversi non sono mai netti ma il passaggio avviene sempre attraverso forme di transizione. I profili aperti sono stati ubicati su una carta topografica in scala 1:5000, ottenuta per ingrandimento dalla base topografica in scala 1:25.000 dell’IGM.

Durante questo rilevamento geopedologico è stata utilizzata la World Reference Base for Soil Resources (WRB), che ha permesso di adottare una classificazione dei suoli molto innovativa, già codificata ed utilizzata a livello internazionale per i rilevamenti geopedologici: è infatti una classificazione che tiene in particolare considerazione i caratteri

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evidentemente, dovranno entrare a far parte degli scopi interpretativi (carta vocazionale) di un progetto di zonazione ma non devono necessariamente far parte della definizione geopedologica del modello interpretativo del suolo esaminato e tanto meno subordinarlo (Costantini e Lizio, 1996).

La trascrizione delle osservazioni nella classificazione mondiale dei suoli (WRB) della Fao, la cui ultima versione è stata pubblicata nel 2001, è conforme alla prospettiva della geoviticoltura. (Vaudour E., 2005). I dati analizzati vengono sempre reinterpretati alla luce di quei processi modificativi che avvengono sul suolo, durante l’anno; pertanto sarebbe buona norma ispezionare i suoli in periodi dell’anno diversi: così è stato fatto con questa indagine. Studiare il suolo vuol dire anche porre esso in rapporto al paesaggio in cui si trova per comprendere come agiscono i fattori della pedogenesi, cioè i processi climatici, biologici, antropici e geomorfologici che avvengono nel territorio (Costantini e Lizio, 1996).

Per una migliore comprensione dei dati pedologici viene riportato un elenco dei suffissi usati per descrivere gli orizzonti (strati di suolo) che ricalca in massima parte le indicazioni fornite dalle “chiavi della Soil Taxonomy ed. 1992”:

ORIZZONTI Ap: orizzonti minerali che si formano in superfici interessate dalle lavorazioni agricole (scasso – aratura).

ORIZZONTI B: orizzonti che si formano al di sotto dell’orizzonte Ap e sono ben strutturati. ORIZZONTI o STRATI C: orizzonti che sono poco influenzati dai processi pedogenetici e mancano delle caratteristiche degli orizzonti Ap e B, ma che non sono costituiti da roccia dura.

ORIZZONTI o STRATI R: indica la prsenza di roccia dura ed inpenetrabile dalle radici delle piante; la roccia non è scavabile con una vanga.

Suffissi degli orizzonti:

g (gley) idromorfia legata a limitazioni nel drenaggio interno dei suoli, o a saturazione

dell’orizzonte con acqua stagnante;

w (weathering) usata per designare un orizzonte B di alterazione nel quale il materiale di

origine del suolo si è differenziato per colore, per struttura o per entrambi;

t orizzonte di accumulo di argilla illuviale; k orizzonte di accumulo di carbonato di calcio;

r (roccia) simbolo usato per caratterizzare gli orizzonti C, costituiti da roccia tenera,

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con una vanga, ma non possono essere penetrati dalle radici delle piante se non attraverso le loro fratture.;

n accumulo di sodio scambiabile.;

AWC (acqua utilizzabile): differenze tra capacità di campo e punto di appassimento.

Classi di riserva idrica (A.W.C. in mm): - molto elevata > 200 mm;

- elevata 150-200 mm; - moderata 100-150 mm; - bassa 50-100 mm; - molto bassa < 50 mm

(cito il Suolo, 1991); (Lizio Bruno, 1999)

2.2 Aspetti climatici

Il rilievo dei dati metereologici nella zona studiata viene garantito dalla stazione agrometereologica Colle Massari Sernum 00000785, di proprietà dell’azienda Colle Massari. Va precisato che i dati climatici inseriti nella presente tesi fanno riferimento al periodo compreso tra il 1° Gennaio 2009 ed il 31 Dicembre 2010, anche se viene fatta una breve descrizione del clima della zona Montecucco che prende in considerazione un periodo più lungo.

In linea generale il clima della zona è caratterizzato da primavere abbastanza precoci ed estati lunghe e calde, con temperature che spesso superano i 36°C, durante i mesi di luglio e agosto. Tale fenomeno si ripercuote sul ciclo biologico della vite provocandone l’arresto. Si notano allora, oltre ai fenomeni di disseccamento delle foglie basali, anche i ben noti sintomi di mancata maturazione fenolica della buccia. Le piogge sono concentrate soprattutto nei mesi da ottobre a febbraio, con un picco a novembre. Esaminando i valori degli ultimi due anni si nota che non si raggiungono mai i 200 mm (Fig. 1).

Anche dopo un’abbondante precipitazione il terreno si asciuga rapidamente, il pedoclima dell’area infatti è risultato essere XERICO. Questo rappresenta un elemento importante ai fini della vendemmia, in quanto l’uva, specialmente se sana, non teme l’attacco delle muffe e può tranquillamente terminare la sua maturazione.

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Il grafico in Figura 2 mostra le temperature medie mensili, nel periodo da aprile a settembre, per il biennio 2009/2010. In linea generale, nell’anno 2009 si sono verificate temperature medie più alte fino a luglio, talvolta anche con scarti di 6°C. A settembre, invece, la temperatura media è stata più bassa rispetto al 2010. Il grafico in Figura 3 mostra i valori di escursione termica, nel periodo da aprile a settembre, per il biennio 2009/2010. Come si può notare, tranne che per i mesi di maggio e giugno, i valori del 2010 sono più alti di quelli dell’anno precedente.

Caratteristica della zona presa in esame è la frequente ventilazione che garantisce bassi livelli di umidità, condizione indispensabile questa per impedire lo sviluppo di muffe a carico della vegetazione e dei grappoli.

Il pedoclima dell’area è risultato essere XERICO; questo genera un regime idrico xerico in cui la sezione di controllo si presenta asciutta in ogni sua parte per 45 o più giorni consecutivi nei 4 mesi successivi al solstizio estivo; è stato inoltre valutato il regime termico dei suoli che è risultato essere TERMICO con temperatura del suolo maggiore di 15°C, ma minore di 22°C. (Lizio, 1999).

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Figura 2. Temperature medie mensili, nel periodo da aprile a settembre, nel biennio

2009/2010 nella zona Colle Massari

Figura 3. Escursione termica, nel periodo da aprile a settembre, nel biennio 2009/2010 nella

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2.3 Individuazione e caratteristiche dei vigneti guida

Sono stati eseguiti sopralluoghi e analisi preliminari nei vigneti di proprietà della Soc. Agricola Colle Massari (Poggi del Sasso – Cinigiano), nella zona a Denominazione di Origine Controllata Montecucco, allo scopo di inidividuare dei vigneti da monitorare, che sono stati complessivamente 6. La loro scelta è avvenuta in base alla preliminare indagine pedologica e seguendo 3 criteri oggettivi a identificazione della variabilità viticola del territorio ovvero:

- rappresentatività del territorio; - rappresentatività viticola; - affidabilità del produttore.

Tali vigneti sono abbastanza omogenei dal punto di vista della gestione, delle forme di allevamento, dei portinnesti utilizzati e dell’età. Soltanto in un caso, cambia la forma di allevamento che è a cordone speronato, rispetto a quella più usata che è il Guyot. Tutti i vigneti hanno da 6 a 10 anni di età, tranne in un caso in cui l’anno d’impianto risale al 1974. Quest’ultimo vigneto, nonostante la notevole differenza di età rispetto agli altri cinque, è stato comunque preso in considerazione perché è l’unico presente in una particolare unità pedologica, considerata d’indubbia importanza per la zonazione aziendale della Colle Massari. I portinnesti dei vigneti sono diversi e si va da quelli medio-vigorosi come il 420 A, 161-49 Couderc, 157/11 Couderc a quelli più vigorosi quali il 110 R e il 775 P. La distanza d’impianto è 2,80 x 0,80 m tranne che in un caso, nel vigneto più vecchio, dove le distanze sono di 3 x 1,50 m e la densità d’impianto è di 5400 piante/ha, tranne nel caso sopra citato dove è di 2200 piante/ha.

Per ogni vigneto guida sono state selezionate 12 piante rappresentative e con caratteristiche uniformi per sviluppo, portamento eretto del ceppo, linearità del capo a frutto e altezza del cordone a livello del filo portante. Le piante sono state segnate con del nastro colorato e da queste sono stati fatti tutti i rilievi previsti dallo studio di caratterizzazione viticola.

La notevole variabilità dei suoli dell’azienda Colle Massari e le numerose forme di transizione tra suoli diversi, non consenteno di assegnare ad ogni vigneto guida una e una sola unità cartografica, ma piuttosto si verifica spesso che un vigneto ricada tra due diverse unità di suolo e che diversi vigneti si trovino sulle medesime unità di suolo. Tutto ciò è comprensibile se si osserva la carta geopedologica dell’azienda redatta dal Dr. Geol. Lizio Bruno. (Fig. 4 e Fig. 5) e la relativa Legenda (Fig. 6).

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Figura 5. Carta geologica con ubicazione profili pedologici; Scala 1:10000;

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2.4 Rilievi fenologici e vegeto produttivi

Sono stati effettuati per stabilire le epoche di germogliamento, invaiatura e maturazione. Per tutti i vigneti guida sono stati effettuati dei sopralluoghi in campo per stabilire l’inizio della fase di germogliamento, le fasi in cui erano visibili le foglie distese, la fase in cui è possibile osservare i grappoli separati, l’inizio o comunque lo stadio del processo di fioritura, l’invaiatura e la maturazione completa. Di ogni vigneto si conosce il numero di gemme lasciate con la potatura, allo scopo di valutare, solo alla fine dei rilievi, la fertilità delle gemme.

In particolare è stato rilevato il numero di germogli prodotti da ogni gemma, il numero totale di germogli e di abbozzi di grappoli per pianta, il numero di germogli e di grappoli totali lasciati dopo la potatura verde per pianta, la lunghezza media dei germogli ed il numero medio di foglie per germoglio, nonché la percentuale di fioritura al momento del rilievo. In fase di vendemmia, infine, sono stati rilevati la produzione media per pianta, il peso medio del grappolo, il peso medio 100 acini e ovviamente la data in cui è stata effettuata la vendemmia in ogni vigneto. Altro rilievo di indubbia importanza per rilevare degli indici significativi per la vigoria della pianta è stato il peso del legno di potatura che, correlato al peso dei grappoli prodotti per pianta, ha permesso di ricavare l’indice di Ravaz, per stabilire il rapporto vigoria/qualità da cui dipende l’equilibrio vegeto-produttivo di un vigneto.

2.5 Analisi sensoriali delle uve

Per le analisi sensoriali delle uve, così come per quelle dei vini, sono stati costituiti due distinti panel test, uno aziendale di cui ha fatto parte il sottoscritto (panel 1), ed uno del Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose Sezione Coltivazione Arboree della Facoltà di Agraria di Pisa, di cui ha fatto parte anche il Prof. Giancarlo Scalabrelli (panel 2).

Valutare la qualità dell’uva prima della vendemmia rappresenta un’opportunità importante per le decisioni del tecnico viticolo e dell’enologo, in quanto da un lato si possono indirizzare meglio le tecniche colturali in vigneto e dall’altro destinare meglio le uve alla vinificazione sulla base del loro potenziale qualitativo e l’idoneità a produrre determinati vini. Inoltre è possibile adeguare la tecnologia di vinificazione sulla base delle caratteristiche della materia prima.

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A questo proposito è opportuno ricordare che presso l’ICV è stato messo a punto, a partire da circa 10 anni, un metodo di analisi sensoriale con lo scopo di rispondere alle esigenze sopra indicate. Questo metodo con il tempo è stato sviluppato e perfezionato e ad oggi può offrire una buona ripetibilità a costi contenuti, soprattutto in funzione del fatto che può rappresentare una tecnica complementare alle analisi chimico-fisiche dell’uva (zuccheri, acidità, maturità fenolica ecc.).

L’analisi sensoriale delle uve consiste nella valutazione delle caratteristiche visibili e tattili dell’acino integro secondo un assaggio sequenziale della buccia, della polpa e dei vinaccioli. La metodica utilizzata consente di valutare mediante un solo esame: a) le caratteristiche meccaniche degli acini, l’equilibrio acido, la potenzialità aromatica, la quantità e la qualità dei polifenoli e la rispettiva localizzazione; b) eventuali squilibri nel grado di maturazione delle diverse parti dell’acino; c) la variazione della maturità tecnologica in periodi diversi e nelle annate. La procedura prevede che ogni degustatore facente parte del panel, esprima per ogni singolo descrittore, un giudizio da 1 a 4, corrispondente ad un livello di maturazione crescente (tabb. 1-2).

Tale esigenza dal punto di vista tecnico è importante in quanto in funzione del vitigno e delle condizioni in cui si svolge la maturazione possono verificarsi delle sfasature che possono essere di particolare rilievo dal punto di vista tecnologico. Infatti, con l’analisi sensoriale eseguita da un panel addestrato, si possono percepire le differenze nello stadio di maturazione delle varie parti dell’acino, che difficilmente possono essere determinate per via analitica. Ad esempio le sensazioni di astringenza, di amaro e le note aromatiche possono essere quantificate immediatamente, senza dover ricorrere all’analisi di laboratorio, mentre per la sensazione di dolce e di acido l’analisi del mosto può fornire un valido completamento. I valori medi dei risultati ottenuti dalle osservazioni effettuate sui 16 descrittori sono stati riportati su spider plot per ciascun vitigno e successivamente aggregati per ogni organo, dove i valori più elevati dei codici numerici corrispondono a stadi di maturazione tecnologica più avanzati (Scalabrelli et al., 2010).

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Tabella 1. Scheda sintetica dei descrittori sensoriali e relativo punteggio attribuito per ogni livello

percepito durante la degustazione separata delle varie parti dell’acino alla vendemmia

(Scalabrelli et al., 2010).

Organo Descrittori sensoriali

Buccia Colore buccia Attitudine triturazione Astringenza tannini Aromi dominanti Sensazione di amaro

1 rosa molto dura forte erbaceo amaro

2 rosso dura media neutro medio

3 rosso scuro poco dura leggera fruttato leggero

4 Nero/blu tenera nessuna confettura poco

Polpa Facilità di separazione polpa Sensazione di dolce Sensazione di acido Aromi dominanti 1 molto

aderente poco molto erbaceo

2 media

aderente media media neutro

3 aderente dolce poco fruttato

4 facile molto dolce assenza marmellata

Vinacciolo Colore vinaccioli Durezza vinacciolo Astringenza tannini Aromi dominanti Sensazione di amaro

1 verde molle forte erbaceo amaro

2

verde-marrone poco molle media neutro medio

3 marrone duro leggera tostato leggero

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Tabella 2. Analisi sensoriale delle parti costituenti l’acino a bacca nera durante la

maturazione: valori numerici e descrizione sommaria delle sensazioni percepite.

Codice Colore

Buccia Buccia Polpa Vinaccioli

Giudizio tecnologico 1 Poco colorata Aderente alla polpa, sapore erbaceo, astringente Dura, acida, e di sapore erbaceo Verdi, consistenza gommosa, astringenti ed amari Acerbo , inadatto alla vinificazione 2 Colorazio ne incomplet a con striature verdi Aderente alla polpa, spessa e consistente, sapore legg. erbaceo, astringente Consistente, acida, di sapore erbaceo

Marroni con striature verdi, di consistenza semilegnosa astringenti ed amari In corso di maturazione: da non raccogliere 3 Rosso abbastanz a uniforme Poco Consistente, un po' fragile legg. fruttata con finale erbaceo Poco consistente leggermente acida Marrone chiaro, legnosi, un poco astringenti Quasi maturo – vinificabile solo con particolari accorgimenti 4 Bleu-nero Facilmente distaccabile, friabile, note fruttate intense senza finale erbaceo Polpa succosa dolce, con aroma di fruttato e o di confettura Marrone scuro, legnosi, speziati o leggermente

piccanti, con sapore di mandorla, non amari non astringenti

Maturo: idoneo alla vinificazione (per vini di alta gamma)

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2.6 Analisi fisico-chimica delle uve

Sono stati prelevati campioni di 10-12 grappoli per tesi che sono stati sottoposti ad analisi macrostrutturali (zuccheri, acidi, pH) e microstrutturali (antociani e polifenoli totali) secondo una procedura messa a punto in precedenza. Le analisi macrostrutturali (zuccheri, acidi e pH) sono state ripetute 3-4 volte, a distanza di una settimana circa l’una dall’altra, durante il periodo della maturazione per seguire la cinetica della maturazione delle uve di ogni singolo vigneto guida. A fine vendemmia, invece, sugli acini campionati sono state condotte estrazioni di polifenoli e antociani dalle buccie e flavonoidi dai vinaccioli seguendo il metodo di Di Stefano e Cravero (1991) modificato da Di Stefano et al., (2008). Allo scopo di determinare la maturità fenolica delle uve e dunque il loro contenuto in antociani, flavonoidi e polifenoli totali, per ciascun biotipo sono stati prelevati dal vigneto e pesati 200 acini provvisti di pedicello. Successivamente la procedura prevedeva di formare gruppi di 20 acini e di prelevare due gruppi casualmente (ripetizioni). Dopo aver pesato i 20 acini di ciascuna ripetizione, si sono separate le bucce dalla polpa, sono state asciugate sommariamente con carta assorbente, pesate e immerse in 25 ml di soluzione tampone a pH 3.2. Anche i vinaccioli sono stati estratti dalla polpa, lavati, asciugati, pesati e posti anch’essi in 25 ml di soluzione tampone a pH 3.2. Dopo essere stati in soluzione tampone per 4 ore a temperatura ambiente, bucce e vinaccioli sono stati separatamente pestati in mortaio e sottoposti a centrifugazione a 3000 giri per 10 min., allo scopo di separare la parte solida da quella liquida. Il precipitato è stato poi lavato per 5 min. con 20 ml di tampone. Infine il liquido di lavaggio è stato aggiunto a quello ottenuto dalla prima centrifugazione e quindi portato a 50 ml con la soluzione tampone. Tutti gli estratti sono stati mantenuti a -20°C fino al momento dell’analisi. La determinazione di antociani e flavonoidi si effettua tramite lettura allo spettrofotometro (preventivamente azzerato con il bianco) rispettivamente a 540 nm per gli antociani e a 280 nm per i flavonoidi. Il campione di 20 ml su cui si è fatta la determinazione è stato ottenuto aggiungendo a 0.5 ml di estratto 19.5 ml di etanolo cloridrico. Quest’ultimo viene solitamente aggiunto per riportare gli antociani nelle stesse condizioni del vino.

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La quantità di antociani (come Malvidina monoglucoside) è stata ricavata dalla relazione:

Ant.= E(540)*16.17*d

con E(540) = lettura a 540 nm

d=diluizione (nel nostro caso, 40)

Per i flavonoidi la relazione utilizzata è: Flav.= E(280)*82.4*d

I risultati espressi in mg/l sono stati poi rapportati a mg/kg di bucce, vinaccioli e acini.

La determinazione dei polifenoli totali è stata effettuata invece su un campione costituito da: 0.1 ml di estratto, 6 ml acqua, 1 ml di reattivo di Folin Ciocalteu, a cui si sono aggiunti, dopo 5 min., 4 ml di Carbonato di Sodio al 10% e acqua distillata fino ad un volume di 20 ml. La lettura allo spettrofotometro, a 750 nm, è stata eseguita dopo 1 ora e 30 minuti dopo aver preventivamente azzerato lo strumento con una soluzione ottenuta da: 0.1 ml di soluzione tampone a pH 3.2, 1ml di reattivo di Folin, 4 ml di Carbonato di Sodio e acqua distillata fino ad un volume di 20 ml.

La quantità di polifenoli espressi in (+) catechina, si ricava dalla relazione:

PolTOT = E(750)*186.5*1/V

con E = lettura a 750 nm

V = volume di estratto utilizzato

Anche in questo caso i mg/l sono stati trasformati in mg/kg per rapportarsi ai kg di bucce, di vinaccioli e di acini.

Infine, avendo a disposizione due ripetizioni di campioni a pH 3.2 è stata calcolata la media dei risultati e il contributo percentuale di polifenoli totali apportati rispettivamente da bucce e vinaccioli. Mediante i risultati ottenuti è possibile valutare la diversa ricchezza delle uve nei componenti, in relazione alle condizioni fisiologiche della maturazione. Tali dati dovrebbero essere abbastanza in linea con quelli dei vini, anche se con le tecniche di vinificazione (durata e temperatura di macerazione, rimontaggio, delestage ed uso d’enzimi) è possibile modulare l’estrazione e la stabilità dei componenti fino ad amplificare o ad annullare alcune differenze esistenti nell’uva di partenza. I polifenoli estratti dalla buccia ed espressi come quantità di catechine per kg di acini, rappresentano la frazione fenolica più

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importante, dalla quale dipendono le caratteristiche del vino, soprattutto per quanto concerne le caratteristiche d’attitudine all’affinamento. Gli antociani estratti dalla buccia, espressi in Malvina per kg d’uva, esprimono la quantità di colore che può essere ottenuta nel vino e sono importanti per definire il colore e la stabilità del vino, soprattutto nella formazione di composti stabili ottenuti per reazione con i tannini.

Un ulteriore osservazione va fatta sul contenuto in sostanze polifenoliche (flavonoidi, ovvero dei tannini) nei vinaccioli, che si presentano particolarmente ricchi di queste sostanze, ma la cui composizione è ancora oggetto di studio, al punto che vengono comunemente fatte delle considerazioni alla luce delle attuali conoscenze e supposizioni, mancando in alcuni casi la conferma analitica del loro destino e del ruolo svolto nelle diverse fasi di sviluppo dell’acino e di maturazione del vino. Si assume, infatti, che tali composti, assai concentrati nel vinacciolo, divengano sempre più difficilmente estraibili man mano che l’acino matura e il vinacciolo diventa più legnoso, mentre, durante la maturazione, aumenterebbero di peso molecolare per effetto dei fenomeni di polimerizzazione, resi possibili dalla notevole reattività dei punti di attacco delle molecole. Tale polimerizzaizone conferirebbe loro minore astringenza, dovuta alla reazione dei punti d’attacco con le papille gustative. In sostanza diventa difficile stabilire un giudizio sui contenuti dei tannini dei vinaccioli, prescindendo dal grado di maturazione delle uve, in quanto, con uve immature, una quantità elevata di tannini astringenti porterebbe ad effetti negativi sul vino in caso di estrazione importante. Viceversa, in presenza di uve mature e tannini polimerizzati (maturi), il contributo alla stabilità del vino è da considerarsi un fattore positivo. Ecco quindi la necessità di conoscere la qualità dei tannini dei vinaccioli per esprimere un giudizio imparziale e utile dal punto di vista tecnologico (Scalabrelli, 2010).

2.7 Caratteristiche delle vinificazioni aziendali

Le uve provenienti da ciascuno dei 6 vigneti guida di Sangiovese sono state vinificate secondo una trafila standard di vinificazione. In tutti i casi sono state usate vasche in acciaio inox da 50-100 hl per la fermentazione, che è durata 2-3 settimane, tranne che per le uve della tesi Orto del prete, dove la macerazione è durata 1 settimana nel 2010. La fermentazione malo lattica è avvenuta in acciao inox dopo la svinatura grazie al controllo termico attuato su ogni tino. L’affinamento è avvenuto sempre in Tonneaux o botti grandi, tranne che per la tesi Orto del prete, dove è avvenuto in acciaio inox. La durata

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dell’affinamento è variabile, da 6-12 mesi a 18 e 18-24 mesi, a seconda delle caratteristiche delle uve, del loro grado di maturazione e soprattutto della loro qualità.

2.8Analisi fisico-chimica e sensoriale dei vini

Accanto a queste indagini è stato allestito del panel per l’analisi sensoriale dei vini presso il Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose. Una volta individuata la composizione del panel (di almeno 16 elementi) si è provveduto inizialmente al suo addestramento. La fase iniziale del training consiste nella conoscenza e nel riconoscimento dei gusti principali, dopodiché tramite l’applicazione dei più comuni test differenziali è stata eseguita la normalizzazione del panel dei giudici, per poi passare al riconoscimento di alcuni degli aromi che più frequentemente si riscontrano nei vini. In seguito, dopo l’assaggio di vini di ”Sangiovese” reperiti dal commercio utilizzando i descrittori aromatici e gustativi fino ad allora valutati, è stata definita collegialmente una scheda descrittiva non parametrica già descritta in precedenza (Scalabrelli e Di Collalto, 1999; Iacono et al., 2001; Scalabrelli et al., 2002), in grado di ben rappresentare il profilo del vino Sangiovese. Tale scheda, utilizzata quindi per la valutazione dei sei tipi di vini provenienti dai rispettivi vigneti guida, è costituita da descrittori di primo ordine (colore, aroma e gusto) e descrittori di secondo ordine per l’aroma e per il gusto, ed uno complessivo definito con il termine di gradevolezza (Tab. 3). In seguito sono state eseguite le analisi fisico-chimiche dei vini, allo scopo di rilevare le eventuali differenze, attraverso la determinazione del contenuto in alcool, zuccheri, acidità totale, acidità volatile, pH, contenuto in acido malico e lattico, contenuto in sostanze polifenoliche totali e contenuto espresso come antociani.

2.9 Analisi statistica dei dati

I risultati dell’analisi sensoriale delle uve sono stati ottenuti dalle osservazioni effettuate su 16 descrittori. Mediante l’analisi fattoriale è stato possibile riunire tutte queste variabili in tre variabili complesse (metodo delle componenti principali) in grado di rappresentare il 100% della variabilità complessiva delle caratteristiche sensoriali degli acini. Mediante l’analisi della regressione lineare multipla tra le tre nuove componenti e la maturità complessiva dell’acino è stato possibile verificare se esiste o meno una correlazione significativa. Per quanto riguarda i vini, invece, questi sono stati sottoposti ad analisi sensoriale, suddivisi in più sedute e i dati sottoposti a standardizzazione per singolo

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degustatore al fine di ridurre l'effetto del diverso uso della scala ordinale (media uguale a 0 e deviazione standard uguale ad 1). I giudizi espressi nell’analisi sensoriale sono stati riportati su una scala da zero a dieci e, dopo standardizzazione, sono stati sottoposti ad analisi statistica (ANOVA) fattoriale, al fine di ridurre l’ampia variabilità dei descrittori e costituire variabili complesse, ma in grado di ben rappresentare i vini e far emergere le differenze sostanziali esistenti tra di essi, e, in seguito, a regressione lineare multipla, allo scopo di evidenziare eventuali correlazioni tra i descrittori sensoriali con la gradevolezza.

Tabella 3. Scheda parametrica non strutturata con descrittori di I e II ordine.

I II < min Max > Aspetto Intensità colore Rosso rubino Riflessi viola Riflessi granata Odore Intensità Franchezza Floreale Vegetale fresco Vegetale secco Fruttato Frutti rossi Frutti neri Surmaturo Spezie Altri aromi Gusto Acido Amaro Astringenza Alcool Percezione sferica Struttura Armonia Pers. aroma Giudizio Gradevolezza

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3. Risultati

Caratteristiche dei siti e comportamento vegeto produttivo dei vigneti

Per quanto riguarda le caratteristiche del suolo, nel seguente capitolo si fa riferimento a dati del ’99, ottenuti con un’indagine geopedologica condotta per conto della Colle Massari, dallo studio diretto dal Dott. Geol. Lizio Bruno. Le unità pedologiche a cui si fa riferimento nella descrizione dei sei vigneti sono riportate nella carta geopedologica (Figure 4, 5 e 6). L’ambiente di Colle Massari è stato suddiviso in Paesaggi, a cui appartengono unità pedologiche diverse. Campo la mora, Orto del prete e Vigna vecchia appartengono al medesimo Paesaggio (Unità Colle Massari, Variante sottile e ciottolosa della Colle Massari

e Bocca nera); Le cerrete appartiene ad un altro Paesaggio (unità Poggi del Sasso e Fonte Fabbri); infine Poggio Barbone appartiene ad un Paesaggio che si trova dalla parte opposta

del Castello di Colle Massari e denominato Unità Poggio la Commare. In quest’ultimo caso, poiché tale unità pedologica è oggetto di interesse per l’azienda e perciò considerata nel progetto di zonazione aziendale, si è scelto comunque di studiare il vigneto Poggio barbone, nonostante l’anno d’impianto (1974) lo renda meno uniforme alle altre tesi oggetto di studio, in quanto risulta essere l’unico vigneto presente in detta unità.

Campo la mora

Con la denominazione Campo la mora s’intende un unico vigneto che per motivi di studio è stato diviso in due parcelle, una costituita da 49 filari di Sangiovese selezione Salustri e l’altra costituita dai restanti filari di Sangiovese clone F9. Le due parcelle sono state oggetto di studio e perciò trattate come due distinte tesi.

Nonostante lo studio sia stato eseguito separatamente rilevando i dati in entrambe le parcelle, la vendemmia dell’anno 2010 è stata eseguita contemporaneamente, per ovvi motivi legati alla gestione aziendale e senza vinificare separatamente le uve provenienti dai due vigneti. In ogni caso si dispone dei dati ottenuti dalle vinificazioni delle due tesi, che sono state eseguite nella vendemmia 2009.

Il suolo che ospita i vigneti oggetto di tesi e denominato “Campo la mora” rientra nell’unità cartografica denominata “Unità Bocca Nera” che occupa i versanti convessi a pendenza moderata, con drenaggio interno piuttosto eccessivamente drenato (Fig. 7).

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Figura 7. Campo la mora; Unità pedologica Bocca nera;

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Il substrato è costituito da ciottoli in matrice sabbiosa con aree in cui la frazione grossolana (ciottoli) prevale sulla parte fine di sabbia. I suoli presentano una sequenza Ap/C (Profili di riferimento P15-P16), sono suoli moderatamente profondi con scheletro abbondante dal 35% al 40%. L’orizzonte da 0 a 40 cm di colore bruno giallastro chiaro presenta una struttura che tende ad essere sciolta; a tessitura franco argilloso sabbiosa, scheletro abbondante, calcareo a pH 7,9; l’orizzonte da 40 cm a 110 cm di colore bruno pallido, massivo, a tessitura franca scheletro abbondante; molto calcareo con pH 8,1. La sostanza organica è bassa e media la C.S.C., su tutto il profilo pedologico. La densità apparente è di 1,4 gr/cmc, l’acqua utile calcolata AWC è di 95 mm, appartenente alla classe di riserva idrica bassa (50-100 mm). Per quanto riguarda la tassonomia, i suoli appartengono ai Xerorthents tipici scheletrico franchi. Le analisi chimico-fisiche del terreno (Tab. 4) si riferiscono alla porzione di suolo compresa tra 0 e 40 cm, che rappresenta lo strato attivo più interessato dalle radici.

Tabella 4. Analisi fisico-chimiche del suolo; vigneti guida Campo la mora sel. Salustri e clone F9; Unità pedologica Bocca nera

N° campione JG0140 L2613 Profilo di riferimento P 15 0-40 cm TIPA

ANALISI CHIMICO-FISICA VALORE GIUDIZIO

SCHELETRO SEN sensibile

SABBIA 49%

LIMO 26%

ARGILLA 25%

TESSITURA FRANCO ARGILLOSO SABBIOSA

REAZIONE 1:2.5 pH 7,9 sub. Alcalina

E.C. 1:2.5 0,159 mS normale

CALCARE totale 5.9% leg. calcareo

CALCARE attivo 1,9 medio

SOSTANZA ORGANCA 1,46 bassa

ANALISI NUTRIENTI VALORE GIUDIZIO

AZOTO totale 0,093% basso

FOSFORO ass. 4 ppm m. basso

FERRO ass. 6,8 ppm medio

MANGANESE ass. 30,6 ppm alto

RAME ass. 0,7 ppm basso

ZINCO ass. 0,5 ppm m. basso

BORO sol. 0,5 basso

CALCIO scam. 3050 ppm m. alto

MAGNESIO scam. 130 ppm medio

POTASSIO scam. 125 ppm medio

SODIO scam. 90 ppm basso

ANALISI C.S.C. VALORE per 100 gr. / SATURAZIONE GIUDIZIO

C.S.C. 17,4 meq media CALCIO 15,25 meq 89,5% alta MAGNESIO 1,08 meq 6,3% media POTASSIO 0,32 meq 1,9% bassa SODIO 0,39 meq 2,3 % normale

SATURAZIONE BASICA 100% alta

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