• Non ci sono risultati.

1.1.1 Capannoni con travi a doppia pendenza ... 3

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.1.1 Capannoni con travi a doppia pendenza ... 3 "

Copied!
30
0
0

Testo completo

(1)

1

Sommario

CAPITOLO 1: GLI EDIFICI AD USO INDUSTRIALE ... 2

1.1. Aspetti generali e tipologie costruttive ... 2

1.1.1 Capannoni con travi a doppia pendenza ... 3

1.1.2 Capannoni con copertura piana ... 4

1.1.3 Capannoni con doppia orditura... 6

1.1.4 Copertura a tegolo/trave ... 7

1.1.5 Copertura a shed ... 8

1.1.6 Coperture reticolari ... 9

1.1.7 Capannoni multipiano ... 10

1.1.8 Strutture ad arco ... 11

1.2. Problematiche sismiche per gli edifici prefabbricati ... 12

1.1.1 Connessioni ... 13

1.2.2 Tamponatura esterna ... 17

1.2.3 Danneggiamento dei pilastri ... 19

1.2.4 Scaffalature... 23

1.3. Quadro normativo degli edifici prefabbricati ... 25

1.3.1 Excursus storico ... 25

1.3.2 Normativa attuale ... 27

(2)

2

CAPITOLO 1: GLI EDIFICI AD USO INDUSTRIALE

1.1. Aspetti generali e tipologie costruttive

Gli edifici industriali prefabbricati sono realizzati, in genere, con schemi ad ossatura portante di tipologie standard che sono state suddivise e catalogate da numerosi autori: in questo paragrafo, l’illustrazione delle tipologie costruttive degli edifici ad uso industriale farà riferimento, nello specifico, agli studi di V.Capozzi [1] e di C.Bonfanti A.Carabellese e G.Toniolo [2]. Gli edifici industriali prefabbricati possono essere classificati, dal punto di vista della soluzione strutturale, in tre tipologie ben definite, in virtù della luce da coprire:

capannoni o edifici monopiano o pluripiano;

strutture reticolari;

strutture portanti ad arco;

La prima tipologia è preferita per luci fino a circa 30 m, la travatura reticolare è impiegata per luci da 15 a 40 m e più, mentre gli archi sono adatti a luci di circa 60 m.

Una volta stabilita la maglia in base ad esigenze di natura funzionale, la scelta del sistema costruttivo dipende da diversi parametri, quali la luce richiesta, l’interasse delle capriate, l’altezza interna necessaria, il tipo d’illuminazione diurna, le caratteristiche geotecniche in sito, i tempi di realizzazione, gli eventuali problemi di montaggio e di trasporto.

Le problematiche relative alle operazioni di montaggio hanno solitamente sconsigliato l’utilizzo di una struttura composta da più ordini perpendicolari tra loro: in particolare, una volta posate le travi principali e secondarie, diventa difficile posare gli elementi di copertura, a meno che non si ricorra alla posa alternata di travi secondarie e elementi di copertura, con conseguente complicazione della programmazione delle fasi di montaggio.

Per tali ragioni si preferisce quasi sempre realizzare la struttura con soli due ordini di

elementi, e cioè le travi principali e gli elementi di copertura a pannelli, piani o curvi,

appoggiati sulle travi. A questo tipo di soluzione si affidano la maggior parte dei capannoni

industriali nonché le recenti strutture commerciali (sono molti diffusi i casi in cui l’orditura

(3)

secondaria è realizzata con dei pannelli prefabbricati precompressi o non in laterizio armato (ad esempio i solai predalles)), in grado di copr

1.1.1 Capannoni con travi a doppia pendenza

Questa tipologia di strutture prefabbricate risulta molto diffusa per edifici industriali monopiano in pressoché tutte le epoche e regioni

La trave è l’elemento caratt

indicativamente da 10 m a 40 m e con interassi indicativamente da 6 m a 12 m; talvolta essa può essere utilizzata in doppia orditura.

La copertura è completata con lastre impermeabilizzanti di

in fibrocemento o lamiere grecate). La pendenza della falda varia dal 10

qualsiasi tipo di impermeabilizzazione favorendo lo smaltimento delle acque meteoriche La stessa tipologia può prevedere come variante l’inserimento di

(figura 1.2) con sezione a T o I posati sull’estradosso delle travi o su appositi alloggiamenti laterali; tale soluzione risulta impiegata prevalentemente in tettoi

e zootecnico che non richiedono caratteristiche termo

La tipologia degli elementi secondari di copertura non permette di realizzare un diaframma rigido e resta in ogni caso sconnessa.

Figura 1.1.

secondaria è realizzata con dei pannelli prefabbricati precompressi o non in laterizio armato (ad esempio i solai predalles)), in grado di coprire luci dai 6 ai 9 metri circa.

.1 Capannoni con travi a doppia pendenza

Questa tipologia di strutture prefabbricate risulta molto diffusa per edifici industriali monopiano in pressoché tutte le epoche e regioni d’Italia.

La trave è l’elemento caratterizzante della struttura (figura 1.1) ed è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 40 m e con interassi indicativamente da 6 m a 12 m; talvolta essa può essere utilizzata in doppia orditura.

La copertura è completata con lastre impermeabilizzanti di vario tipo (per esempio ondulate in fibrocemento o lamiere grecate). La pendenza della falda varia dal 10

qualsiasi tipo di impermeabilizzazione favorendo lo smaltimento delle acque meteoriche La stessa tipologia può prevedere come variante l’inserimento di arcarecci in c.a. o c.a.p

) con sezione a T o I posati sull’estradosso delle travi o su appositi alloggiamenti laterali; tale soluzione risulta impiegata prevalentemente in tettoie, edifici ad uso industriale e zootecnico che non richiedono caratteristiche termo-isolanti.

La tipologia degli elementi secondari di copertura non permette di realizzare un diaframma rigido e resta in ogni caso sconnessa.

Figura 1.1. Capannone con travi a doppia pendenza

3

secondaria è realizzata con dei pannelli prefabbricati precompressi o non in laterizio armato ire luci dai 6 ai 9 metri circa.

Questa tipologia di strutture prefabbricate risulta molto diffusa per edifici industriali

) ed è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 40 m e con interassi indicativamente da 6 m a 12 m; talvolta essa

vario tipo (per esempio ondulate in fibrocemento o lamiere grecate). La pendenza della falda varia dal 10-15% per consentire qualsiasi tipo di impermeabilizzazione favorendo lo smaltimento delle acque meteoriche.

arcarecci in c.a. o c.a.p.

) con sezione a T o I posati sull’estradosso delle travi o su appositi alloggiamenti e, edifici ad uso industriale

La tipologia degli elementi secondari di copertura non permette di realizzare un diaframma

endenza

(4)

Figura 1.2.

Qualora si voglia ottenere il comportamento a diaframma rigido, tale tipologia strutturale prevede l’inserimento, sopra la trave a doppia pendenza, di

di voltine in c.a. o c.a.p. o di

invece i capannoni con pannelli in laterocemento, a causa dell’elevato peso proprio.

1.1.2 Capannoni con copertura piana

Questa tipologia strutturale

semplicemente appoggiate su due pilastri contigui; tali travi possono presentare forme diverse (travi ad I, L, H, T rovesce).

I capannoni con copertura piana hanno una grande diffusione nel territorio italiano e continuano ad essere preferiti anche in questi ultimi anni.

La trave, a seconda della tipologia, è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 30 m e con interassi indicativamente da 6 m

applicazione quasi esclusivamente per gli orizzontamenti intermedi, mentre risulta pressoché inutilizzata per realizzazioni di coperture.

Le differenze fra questa tipologia e quella con travi a doppia pendenza consiste nel diverso convogliamento delle acque meteoric

realizzato con un massetto superiore di calcestruzzo alleggerito che porta l’acqua al pluviale senza l’utilizzo di travi a conversa; in altri casi viene realizzato un tetto a tenuta stagna e lo smaltimento delle acque avviene senza realizzazioni di pendenze.

Capannone con travi a doppia pendenza con arcarecci

Qualora si voglia ottenere il comportamento a diaframma rigido, tale tipologia strutturale l’inserimento, sopra la trave a doppia pendenza, di pannelli nervati

o di pannelli alveolari in c.a.p. . Di minore diffusione risultano invece i capannoni con pannelli in laterocemento, a causa dell’elevato peso proprio.

on copertura piana

Questa tipologia strutturale (figura 1.3) prevede la presenza di travi orizzontali semplicemente appoggiate su due pilastri contigui; tali travi possono presentare forme diverse (travi ad I, L, H, T rovesce).

I capannoni con copertura piana hanno una grande diffusione nel territorio italiano e continuano ad essere preferiti anche in questi ultimi anni.

La trave, a seconda della tipologia, è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 30 m e con interassi indicativamente da 6 m a 30 m; l’utilizzo invece della trave a T rovescio trova ne quasi esclusivamente per gli orizzontamenti intermedi, mentre risulta pressoché inutilizzata per realizzazioni di coperture.

Le differenze fra questa tipologia e quella con travi a doppia pendenza consiste nel diverso convogliamento delle acque meteoriche di copertura. In certi casi il convogliamento è realizzato con un massetto superiore di calcestruzzo alleggerito che porta l’acqua al pluviale senza l’utilizzo di travi a conversa; in altri casi viene realizzato un tetto a tenuta stagna e lo

delle acque avviene senza realizzazioni di pendenze.

4 Capannone con travi a doppia pendenza con arcarecci

Qualora si voglia ottenere il comportamento a diaframma rigido, tale tipologia strutturale pannelli nervati in c.a. o c.a.p. , Di minore diffusione risultano invece i capannoni con pannelli in laterocemento, a causa dell’elevato peso proprio.

prevede la presenza di travi orizzontali semplicemente appoggiate su due pilastri contigui; tali travi possono presentare forme

I capannoni con copertura piana hanno una grande diffusione nel territorio italiano e

La trave, a seconda della tipologia, è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 30 m e a 30 m; l’utilizzo invece della trave a T rovescio trova ne quasi esclusivamente per gli orizzontamenti intermedi, mentre risulta

Le differenze fra questa tipologia e quella con travi a doppia pendenza consiste nel diverso

he di copertura. In certi casi il convogliamento è

realizzato con un massetto superiore di calcestruzzo alleggerito che porta l’acqua al pluviale

senza l’utilizzo di travi a conversa; in altri casi viene realizzato un tetto a tenuta stagna e lo

(5)

Figura 1.3.

Anche i capannoni piani si prestano all’utilizzo di diversi tipi di elementi di copertura.

La soluzione con pannelli alveolari

garantisce uno spessore contenuto dell’intero pacchetto; essendo però di norma necessario l’inserimento di un getto di completamento fra le nervature dei singoli elementi (larghi 120 cm) e fra questi e le travi, tale soluzione trova una limitata diffusione.

Con l’utilizzo come elementi di copertura di

(figura 1.4), la trave è utilizzata per luci da 10 m a 15 m e con interassi indicativamente da 15 m a 30 m. La copertura

ottenere le adeguate pendenze per lo scarico delle acque e da manti coibentati di vario tipo (polistirene, poliuretano, lana di roccia ecc..) e guaine di impermeabilizzaz

bituminose).

La soluzione con voltine

sull’estradosso delle travi; la trave ad I è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 15 m e con interassi indicativamente da 15 m a 30 m

detti alari, possono essere accostati per formare coperture del tutto cieche, distanziati e alternati con elementi leggeri di completamento, quali lastre traslucide completati o con pannelli sandwich o in lamiera. Gli elementi di copertura possono essere coibentati con polistirolo e impermeabilizzate con membrane o guaine in stabilimento.

Figura 1.3. Capannone con copertura piana

Anche i capannoni piani si prestano all’utilizzo di diversi tipi di elementi di copertura.

pannelli alveolari precompressi posti sull’estradosso piano delle travi garantisce uno spessore contenuto dell’intero pacchetto; essendo però di norma necessario l’inserimento di un getto di completamento fra le nervature dei singoli elementi (larghi 120

le travi, tale soluzione trova una limitata diffusione.

Con l’utilizzo come elementi di copertura di pannelli nervati in c.a. e c.a.p. posti sulle travi è utilizzata per luci da 10 m a 15 m e con interassi indicativamente da a 30 m. La copertura viene completata solitamente con un getto di cls alleggerito per

adeguate pendenze per lo scarico delle acque e da manti coibentati di vario tipo poliuretano, lana di roccia ecc..) e guaine di impermeabilizzaz

prevede elementi speciali per coperture in c.a. o c.a.p posti sull’estradosso delle travi; la trave ad I è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 15 m e con interassi indicativamente da 15 m a 30 m. Generalmente i tegoli con profili particolari, detti alari, possono essere accostati per formare coperture del tutto cieche, distanziati e alternati con elementi leggeri di completamento, quali lastre traslucide completati o con miera. Gli elementi di copertura possono essere coibentati con e impermeabilizzate con membrane o guaine in stabilimento.

5

Anche i capannoni piani si prestano all’utilizzo di diversi tipi di elementi di copertura.

precompressi posti sull’estradosso piano delle travi garantisce uno spessore contenuto dell’intero pacchetto; essendo però di norma necessario l’inserimento di un getto di completamento fra le nervature dei singoli elementi (larghi 120

le travi, tale soluzione trova una limitata diffusione.

in c.a. e c.a.p. posti sulle travi è utilizzata per luci da 10 m a 15 m e con interassi indicativamente da completata solitamente con un getto di cls alleggerito per adeguate pendenze per lo scarico delle acque e da manti coibentati di vario tipo poliuretano, lana di roccia ecc..) e guaine di impermeabilizzazione (guaine

prevede elementi speciali per coperture in c.a. o c.a.p posti

sull’estradosso delle travi; la trave ad I è utilizzata per luci indicativamente da 10 m a 15 m

. Generalmente i tegoli con profili particolari,

detti alari, possono essere accostati per formare coperture del tutto cieche, distanziati e

alternati con elementi leggeri di completamento, quali lastre traslucide completati o con

miera. Gli elementi di copertura possono essere coibentati con

e impermeabilizzate con membrane o guaine in stabilimento.

(6)

Figura 1.4.

1.1.3 Capannoni con doppia orditura

Tale tipologia di strutture prefabbricate

industriali monopiano con grandi maglie strutturali portano all’estradosso o tramite tasche

bordi paralleli o travi ad altezza variabile con all’estradosso degli elementi di completamento. Le travi principali

Queste strutture possono essere completate con diversi sistemi d

L’utilizzo di arcarecci, solai in laterocemento, tegoli nervati o solai alveolari elementi di completamento (

ma ha un peso proprio notevole e per questo risulta poco diffuso.

Le stesse caratteristiche si ripresentano anche nella soluzione che prevede l’utilizzo di coppelle in cemento (figura

Un interessante variazione della tipologia con elementi di solaio prevede

2,5 m dell’ala inferiore della trave dell’orditura secondaria in modo tale da realizzare in opera una superficie intradossale piana di indubbio significato formale ed alta funzionalità.

Figura 1.4. Capannone con copertura piana con pannelli

Capannoni con doppia orditura

ipologia di strutture prefabbricate viene prevalentemente utilizzata con grandi maglie strutturali. Si utilizzano travi a bordi portano all’estradosso o tramite tasche laterali una struttura secondaria costit

paralleli o travi ad altezza variabile con all’estradosso degli elementi di completamento. Le travi principali hanno luci da 15 a 25 m, l’interasse varia da 15 a 30 m . Queste strutture possono essere completate con diversi sistemi di copertura.

arcarecci, solai in laterocemento, tegoli nervati o solai alveolari

elementi di completamento (figura 1.5) ha il pregio di rendere indeformabile la copertura, ma ha un peso proprio notevole e per questo risulta poco diffuso.

Le stesse caratteristiche si ripresentano anche nella soluzione che prevede l’utilizzo di 1.6), con la differenza che la superficie intradossale

Un interessante variazione della tipologia con elementi di solaio prevede

2,5 m dell’ala inferiore della trave dell’orditura secondaria in modo tale da realizzare in opera una superficie intradossale piana di indubbio significato formale ed alta funzionalità.

6 pannelli nervati

viene prevalentemente utilizzata per edifici Si utilizzano travi a bordi paralleli che una struttura secondaria costituita da travi a paralleli o travi ad altezza variabile con all’estradosso degli elementi di hanno luci da 15 a 25 m, l’interasse varia da 15 a 30 m .

i copertura.

arcarecci, solai in laterocemento, tegoli nervati o solai alveolari come ha il pregio di rendere indeformabile la copertura,

Le stesse caratteristiche si ripresentano anche nella soluzione che prevede l’utilizzo di ), con la differenza che la superficie intradossale è curva.

Un interessante variazione della tipologia con elementi di solaio prevede l’allargamento a

2,5 m dell’ala inferiore della trave dell’orditura secondaria in modo tale da realizzare in

opera una superficie intradossale piana di indubbio significato formale ed alta funzionalità.

(7)

Figura 1.5.

Figura 1.6.

Una soluzione molto diffusa per questa tipologia di struttura è quella che utilizza come elementi di copertura tegoli a doppia falda

in versione 'lux'. Il tegolo è utilizzato per luci indicativamente da 12 m a 24 m e con interassi indicativamente da 2,4 m a 5 m e generalmente ha profili particolari (ad esempio a T), mentre le travi sono ad I o ad H.

1.1.4 Copertura a tegolo/trave

Questa tipologia di strutture prefabbricate per edifici industriali monopiano abbastanza diffusa in pressoché

Il tegolo è utilizzato per luci indicativamente da 10

da 5 m a 12 m. Generalmente i tegoli di copertura hanno profili speciali (ad esempio e ogni elemento è collegato direttamente al pilastro. La copertura è

impermeabilizzanti di vario tipo (

Figura 1.5. Capannone a doppia orditura con elementi di sola

Figura 1.6. Capannone a doppia orditura con coppelle

Una soluzione molto diffusa per questa tipologia di struttura è quella che utilizza come tegoli a doppia falda intervallati da coppelle in calcestruzzo, cieche o in versione 'lux'. Il tegolo è utilizzato per luci indicativamente da 12 m a 24 m e con interassi indicativamente da 2,4 m a 5 m e generalmente ha profili particolari (ad esempio a

o ad I o ad H.

.4 Copertura a tegolo/trave

ipologia di strutture prefabbricate per edifici industriali monopiano abbastanza diffusa in pressoché tutte le epoche e regioni italiane.

Il tegolo è utilizzato per luci indicativamente da 10 m a 30 m e con interassi

da 5 m a 12 m. Generalmente i tegoli di copertura hanno profili speciali (ad esempio e ogni elemento è collegato direttamente al pilastro. La copertura è

impermeabilizzanti di vario tipo (guaine bituminose, fibrocemento).

7 a doppia orditura con elementi di solaio

a doppia orditura con coppelle

Una soluzione molto diffusa per questa tipologia di struttura è quella che utilizza come intervallati da coppelle in calcestruzzo, cieche o in versione 'lux'. Il tegolo è utilizzato per luci indicativamente da 12 m a 24 m e con interassi indicativamente da 2,4 m a 5 m e generalmente ha profili particolari (ad esempio a

ipologia di strutture prefabbricate per edifici industriali monopiano risulta

m a 30 m e con interassi indicativamente

da 5 m a 12 m. Generalmente i tegoli di copertura hanno profili speciali (ad esempio a T, V)

e ogni elemento è collegato direttamente al pilastro. La copertura è rifinita con manti

(8)

La struttura a tegolo/trave può essere completata con una copertura nella quale ogni tegolo è vincolato direttamente al pilastro e sull’estradosso dell’elemento portante di copertura si possono avere elementi in c.a. o c.a.p., come elementi scatolari di pi

(figura 1.7). La soluzione a solaio nervato invece prevede l’utilizzo di pannelli in c.a.

completati in opera con guaine bituminose o fibrocemento.

Figura 1.7.

1.1.5 Copertura a shed

Le coperture a shed prevedono la presenza di due falde di diversa pendenza

dare luce dall’alto alla costruzione (illuminazione zenitale, distribuita in maniera uniforme negli ambienti): sono costituite da elementi triangolari monodimensionali

essere autoportanti essendo sostenuti direttamente dalla str oppure da strutture orizzontali quali elementi porta

Sull’estradosso delle travi

intradosso piano, pannelli alveolari e pannelli in laterocemento.

I capannoni industriali con copertura a shed si differenziano a seconda degli elementi che consentono di ottenere la doppia pendenza: una prima tipologia prevede la presenza di a ginocchio secondarie con pendenza di falda pari al 35% (

La struttura a tegolo/trave può essere completata con una copertura nella quale ogni tegolo è vincolato direttamente al pilastro e sull’estradosso dell’elemento portante di copertura si possono avere elementi in c.a. o c.a.p., come elementi scatolari di piccolo spessore o

La soluzione a solaio nervato invece prevede l’utilizzo di pannelli in c.a.

completati in opera con guaine bituminose o fibrocemento.

Figura 1.7. Capannone con copertura a tegoli con voltine

Copertura a shed

prevedono la presenza di due falde di diversa pendenza

dare luce dall’alto alla costruzione (illuminazione zenitale, distribuita in maniera uniforme sono costituite da elementi triangolari monodimensionali

autoportanti essendo sostenuti direttamente dalla struttura di elevazione verticale, oppure da strutture orizzontali quali elementi porta-shed.

Sull’estradosso delle travi possono essere posizionati tegoli nervati ad estradosso ed piano, pannelli alveolari e pannelli in laterocemento.

I capannoni industriali con copertura a shed si differenziano a seconda degli elementi che consentono di ottenere la doppia pendenza: una prima tipologia prevede la presenza di

con pendenza di falda pari al 35% (figura 1.

8

La struttura a tegolo/trave può essere completata con una copertura nella quale ogni tegolo è vincolato direttamente al pilastro e sull’estradosso dell’elemento portante di copertura si ccolo spessore o voltine La soluzione a solaio nervato invece prevede l’utilizzo di pannelli in c.a.

con copertura a tegoli con voltine

prevedono la presenza di due falde di diversa pendenza concepite per dare luce dall’alto alla costruzione (illuminazione zenitale, distribuita in maniera uniforme sono costituite da elementi triangolari monodimensionali che possono uttura di elevazione verticale,

posizionati tegoli nervati ad estradosso ed

I capannoni industriali con copertura a shed si differenziano a seconda degli elementi che

consentono di ottenere la doppia pendenza: una prima tipologia prevede la presenza di travi

1.8) collegate alle travi

(9)

principali grazie a degli alloggiamenti laterali a tasca. Quest’ultime, realizzate poggianti su pilastri con testata a forcella

L’inconveniente principale delle travi a ginocchio è che esse risultano spingenti: per questo motivo in zona sismica a volte si realizzano elementi con tiranti inferiori per eliminare la spinta orizzontale. Per risolvere il problema della copertura spingent

travi inclinate in c.a.p. di altezza costante appoggiate su pilastri con imposte a dislivello. Le travi hanno lunghezza variabile da m 12 a 16 ed interasse da 6 m a 15 m, mentre le falde sono realizzate con pannelli in laterocement

coibentati. Un ultima soluzione per i capannoni con copertura a shed prevede l’utilizzo di travi principali di tipo Vierendeel o reticolari

di16-20 m ove si realizzano aperture finestrate; la falda inclinata è realizzata con elementi nervati in cemento armato precompresso di lunghezza da 8 a 12m.

Figura 1.8. Orditura a shed con travi a ginocchio

1.1.6 Coperture reticolari

Le travature reticolari sono impiegate per luci dai 15 ai 40 m e più, e nel caso in cui si disponga di una sufficiente altezza di copertura: l’altezza i

della luce. Tale tipologia di strutture sono state molto in voga fino col passare del tempo da strutture metalliche in acciaio e alluminio.

La scelta di una copertura in elementi reticolari può portare all’utilizzo di travi reticolari in c.a. o c.a.p. (raramente). Nella

e delle inclinazioni delle travi: queste Un’altra soluzione prevede l’

diversi tipi di capriate, le tipologie più ricorrent

triangolare e sporgenze laterali, capriate reticolari poste sul bulbo inferiore di travi principali grazie a degli alloggiamenti laterali a tasca. Quest’ultime, realizzate

poggianti su pilastri con testata a forcella, sono utilizzate per luci fino a 20 m

’inconveniente principale delle travi a ginocchio è che esse risultano spingenti: per questo motivo in zona sismica a volte si realizzano elementi con tiranti inferiori per eliminare la

Per risolvere il problema della copertura spingent

in c.a.p. di altezza costante appoggiate su pilastri con imposte a dislivello. Le travi hanno lunghezza variabile da m 12 a 16 ed interasse da 6 m a 15 m, mentre le falde sono realizzate con pannelli in laterocemento, alveolari o tegoli nervati opportunamente coibentati. Un ultima soluzione per i capannoni con copertura a shed prevede l’utilizzo di travi principali di tipo Vierendeel o reticolari (figura 1.8): esse hanno solitamente una luce no aperture finestrate; la falda inclinata è realizzata con elementi nervati in cemento armato precompresso di lunghezza da 8 a 12m.

Orditura a shed con travi a ginocchio (sinistra) e con travi reticolari o tipo Vierendeel

.6 Coperture reticolari

travature reticolari sono impiegate per luci dai 15 ai 40 m e più, e nel caso in cui si disponga di una sufficiente altezza di copertura: l’altezza in mezzeria è infatti pari a 1/7 della luce. Tale tipologia di strutture sono state molto in voga fino

col passare del tempo da strutture metalliche in acciaio e alluminio.

La scelta di una copertura in elementi reticolari può portare all’utilizzo di travi reticolari in c.a. o c.a.p. (raramente). Nella figura 1.9 sono proposte alcune varianti a seconda delle luci

delle inclinazioni delle travi: queste sono utilizzate per luci da 12 m a 30 m.

Un’altra soluzione prevede l’utilizzo di una capriata reticolare (

diversi tipi di capriate, le tipologie più ricorrenti sono: capriate reticolari con profilo triangolare e sporgenze laterali, capriate reticolari poste sul bulbo inferiore di travi

9

principali grazie a degli alloggiamenti laterali a tasca. Quest’ultime, realizzate in c.a.p. e sono utilizzate per luci fino a 20 m.

’inconveniente principale delle travi a ginocchio è che esse risultano spingenti: per questo motivo in zona sismica a volte si realizzano elementi con tiranti inferiori per eliminare la Per risolvere il problema della copertura spingente trovano utilizzo delle in c.a.p. di altezza costante appoggiate su pilastri con imposte a dislivello. Le travi hanno lunghezza variabile da m 12 a 16 ed interasse da 6 m a 15 m, mentre le falde o, alveolari o tegoli nervati opportunamente coibentati. Un ultima soluzione per i capannoni con copertura a shed prevede l’utilizzo di ): esse hanno solitamente una luce no aperture finestrate; la falda inclinata è realizzata con elementi

(sinistra) e con travi reticolari o tipo Vierendeel

travature reticolari sono impiegate per luci dai 15 ai 40 m e più, e nel caso in cui si n mezzeria è infatti pari a 1/7 ÷÷÷÷1/8 della luce. Tale tipologia di strutture sono state molto in voga fino agli anni ‘70 sostituite

La scelta di una copertura in elementi reticolari può portare all’utilizzo di travi reticolari in e varianti a seconda delle luci sono utilizzate per luci da 12 m a 30 m.

(figura 1.10). Esistono

i sono: capriate reticolari con profilo

triangolare e sporgenze laterali, capriate reticolari poste sul bulbo inferiore di travi

(10)

principali in c.a.p , capriate con profilo trapezio, lucernai laterali e sbalzi pensilina, capriate reticolari con profili speciali.

lastre in cemento o laterizio posati sull’estradosso delle travi.

Un’ultima tipologia che ha trovato sviluppo in Italia a partire dagli anni ’80 è la copertura a shed reticolari (figura 1.10);

interasse di 12 m, sono munite di travi reticolari a doppio shed.

Figura 1.10. Coperture

1.1.7 Capannoni multipiano

Una prima tipologia è quella dei capannoni con

struttura è intelaiata e formata da pilastri monolitici a tutta altezza, (sezione a T rovescio o ad L, bordi paralleli, trapezoidali ecc..)

copertura. Il sistema risulta molto diffuso in quanto si presta particolarmente alla realizzazione di edifici per il commercio e l’industria c

Per lo specifico impiego, quali componenti degli impalcati intermedi, i tegoli sono completati in opera da getti di calcestruzzo armato, con spessori variabili fra 5 e 10 cm, che, oltre ad incrementare le caratteristic

dei carichi e di solidarizzazione dell’insieme strutturale.

principali in c.a.p , capriate con profilo trapezio, lucernai laterali e sbalzi pensilina, capriate iali. Per la copertura si utilizzano soluzioni con tegoli binervati o lastre in cemento o laterizio posati sull’estradosso delle travi.

Un’ultima tipologia che ha trovato sviluppo in Italia a partire dagli anni ’80 è la copertura a ); in essa le travi in c.a.p. poggianti su pilastri a forcella posti ad interasse di 12 m, sono munite di alloggiamenti laterali a tasca attrezzati per il fissaggio di

shed.

Figura 1.9. Coperture con travi reticolari

Coperture con capriate reticolari (sinistra) e a shed reticolari (destra)

.7 Capannoni multipiano

Una prima tipologia è quella dei capannoni con pilastri a mensola ( struttura è intelaiata e formata da pilastri monolitici a tutta altezza,

(sezione a T rovescio o ad L, bordi paralleli, trapezoidali ecc..), dagli impalcati e dalla Il sistema risulta molto diffuso in quanto si presta particolarmente alla realizzazione di edifici per il commercio e l’industria con esigenze di sovraccarichi elevati Per lo specifico impiego, quali componenti degli impalcati intermedi, i tegoli sono completati in opera da getti di calcestruzzo armato, con spessori variabili fra 5 e 10 cm, che, oltre ad incrementare le caratteristiche meccaniche, adempiono alle funzioni di distribuzione dei carichi e di solidarizzazione dell’insieme strutturale.

10

principali in c.a.p , capriate con profilo trapezio, lucernai laterali e sbalzi pensilina, capriate Per la copertura si utilizzano soluzioni con tegoli binervati o

Un’ultima tipologia che ha trovato sviluppo in Italia a partire dagli anni ’80 è la copertura a e travi in c.a.p. poggianti su pilastri a forcella posti ad alloggiamenti laterali a tasca attrezzati per il fissaggio di

(sinistra) e a shed reticolari (destra)

(figura 1.11): in essi la struttura è intelaiata e formata da pilastri monolitici a tutta altezza, dalle travi portanti , dagli impalcati e dalla Il sistema risulta molto diffuso in quanto si presta particolarmente alla

on esigenze di sovraccarichi elevati.

Per lo specifico impiego, quali componenti degli impalcati intermedi, i tegoli sono

completati in opera da getti di calcestruzzo armato, con spessori variabili fra 5 e 10 cm, che,

he meccaniche, adempiono alle funzioni di distribuzione

(11)

La stessa soluzione può prevedere anche la presenza di realizzati mediante l’inserimento di uno o più v

conferisce maggior rigidezza alla struttura, migliorandone la risposta sismica, specie se vengono inseriti approssimativamente al centro della pianta dell’edificio.

Figura 1.11.

Figura 1.12.

1.1.8 Strutture ad arco

L’utilizzo degli archi all’interno degli edifici ad uso industriale applicazione per luci di 60 m ed oltre

La soluzione di copertura utilizza sull’estradosso delle travi arcarecci e/o coppelle in cemento o fibrocemento o laterizi: quando si utilizzano gli arcarecci come elementi secondari di copertura, non si realizza un diaframma rigido e tale tipologia resta sconnessa.

Gli schemi statici con cui si possono realizzare tali strutture imposte fisse, l’arco a due cerniere (l/f

La stessa soluzione può prevedere anche la presenza di controventi

realizzati mediante l’inserimento di uno o più vani scale ed ascensore: la loro presenza , conferisce maggior rigidezza alla struttura, migliorandone la risposta sismica, specie se vengono inseriti approssimativamente al centro della pianta dell’edificio.

Figura 1.11. Capannone multipiano con pilastri a mensola

Figura 1.12. Capannoni multipiano controventati

Strutture ad arco

all’interno degli edifici ad uso industriale per luci di 60 m ed oltre, anche se questa tipologia è caduta

di copertura utilizza sull’estradosso delle travi arcarecci e/o coppelle in cemento o fibrocemento o laterizi: quando si utilizzano gli arcarecci come elementi secondari di copertura, non si realizza un diaframma rigido e tale tipologia resta sconnessa.

i schemi statici con cui si possono realizzare tali strutture sono l’arco a tre cerniere rco a due cerniere (l/f ≤ 10), l’arco ad una cerniera e l’a

11

controventi verticali (figura 1.12) ani scale ed ascensore: la loro presenza , conferisce maggior rigidezza alla struttura, migliorandone la risposta sismica, specie se vengono inseriti approssimativamente al centro della pianta dell’edificio.

multipiano con pilastri a mensola

Capannoni multipiano controventati

all’interno degli edifici ad uso industriale (figura 1.13) trova è caduta oramai in disuso.

di copertura utilizza sull’estradosso delle travi arcarecci e/o coppelle in cemento o fibrocemento o laterizi: quando si utilizzano gli arcarecci come elementi secondari di copertura, non si realizza un diaframma rigido e tale tipologia resta sconnessa.

sono l’arco a tre cerniere su

e l’arco incastrato (l/f ≤ 6).

(12)

La curva d’asse di un arco, per ridurre la caratteristica flettente dei carichi esterni, é solitamente tracciata quale funicolare dell

essendo questo prevalente sul sovraccarico

il peso proprio più metà del sovraccarico esteso in modo uniforme sull’intera luce

La sezione trasversale è dunque sollecitata prevalentemente a sforzo normale: per tale motivo fino a luce di 30 m si adottano sezioni rettangolari, men

ricorre alle sezioni cave o archi reticolari.

Un problema sentito per archi e volte a direttrice curvilinea è quello della spinta orizzontale che nasce all’imposta. Tale spinta, a volte molto elevata, non può essere fatta assorbire elementi verticali: la soluzione maggiormente adottata consiste, quindi, nel realizzare gli archi a spinta eliminata tramite l’inserimento

Le catene sono costituite da barre d’acciaio di grosso diametro collegate alla volta mediante tondi di piccolo diametro ( φ

carichi appesi, e munite di uno o più tenditori.

leggero tiro la catena prima del disarmo della volta, hanno la funzione di permettere la giunzione dei tratti di catena, tratti che con tondi di

massimo sui 10-15 m, a seconda del diametro.

Figura 1.13.

1.2. Problematiche sismiche per gli edifici prefabbricati

Come già illustrato nei paragrafi precedenti

utilizzate in tutta Italia e costituiscono la maggior parte

L’utilizzo di tale tipologia strutturale da più di 60 anni ha portato alla nascita di edifici prefabbricati realizzati in decenni differenti e, quindi, progettati

diverse a questa varietà, si aggiunge

La curva d’asse di un arco, per ridurre la caratteristica flettente dei carichi esterni, é tracciata quale funicolare della condizione di carico con il

essendo questo prevalente sul sovraccarico (un’alternativa può prevedere

peso proprio più metà del sovraccarico esteso in modo uniforme sull’intera luce

La sezione trasversale è dunque sollecitata prevalentemente a sforzo normale: per tale motivo fino a luce di 30 m si adottano sezioni rettangolari, mentre per luci maggiori si ricorre alle sezioni cave o archi reticolari.

Un problema sentito per archi e volte a direttrice curvilinea è quello della spinta orizzontale che nasce all’imposta. Tale spinta, a volte molto elevata, non può essere fatta assorbire elementi verticali: la soluzione maggiormente adottata consiste, quindi, nel realizzare gli

a spinta eliminata tramite l’inserimento di una catena.

Le catene sono costituite da barre d’acciaio di grosso diametro collegate alla volta mediante φ 10 ÷ 12), per ridurre le flessioni da peso proprio e da eventuali carichi appesi, e munite di uno o più tenditori. Quest’ultimi, oltre che servire a mettere in leggero tiro la catena prima del disarmo della volta, hanno la funzione di permettere la giunzione dei tratti di catena, tratti che con tondi di φ 20 ÷ 28 possono essere lunghi al

15 m, a seconda del diametro.

Figura 1.13. Capannoni con struttura ad arco

Problematiche sismiche per gli edifici prefabbricati

nei paragrafi precedenti, le strutture prefabbricate sono largamente utilizzate in tutta Italia e costituiscono la maggior parte del patrimonio edi

L’utilizzo di tale tipologia strutturale da più di 60 anni ha portato alla nascita di edifici prefabbricati realizzati in decenni differenti e, quindi, progettati in accordo a normative

questa varietà, si aggiunge quella legata al sito che ospita tali edifici.

12

La curva d’asse di un arco, per ridurre la caratteristica flettente dei carichi esterni, é con il solo peso proprio, (un’alternativa può prevedere di mettere in conto peso proprio più metà del sovraccarico esteso in modo uniforme sull’intera luce).

La sezione trasversale è dunque sollecitata prevalentemente a sforzo normale: per tale tre per luci maggiori si

Un problema sentito per archi e volte a direttrice curvilinea è quello della spinta orizzontale che nasce all’imposta. Tale spinta, a volte molto elevata, non può essere fatta assorbire agli elementi verticali: la soluzione maggiormente adottata consiste, quindi, nel realizzare gli

Le catene sono costituite da barre d’acciaio di grosso diametro collegate alla volta mediante 12), per ridurre le flessioni da peso proprio e da eventuali , oltre che servire a mettere in leggero tiro la catena prima del disarmo della volta, hanno la funzione di permettere la 28 possono essere lunghi al

Problematiche sismiche per gli edifici prefabbricati

, le strutture prefabbricate sono largamente del patrimonio edilizio industriale.

L’utilizzo di tale tipologia strutturale da più di 60 anni ha portato alla nascita di edifici

in accordo a normative

al sito che ospita tali edifici.

(13)

13

Nonostante ciò, per le strutture prefabbricate è possibile individuare delle carenze comuni, evidenziate e denunciate da diversi eventi sismici che hanno colpito il territorio nazionale.

Si tratta di aspetti non così rilevanti sotto le ordinarie azioni di esercizio, ma che portano invece ad effetti decisivi per la particolare natura dinamica dei terremoti.

Come riportato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri in [3], i collegamenti rappresentano i principali elementi critici in termini di prestazioni sismiche di tali edifici: le loro carenze hanno determinato, infatti, la maggior parte dei crolli e dei danni gravi negli edifici prefabbricati colpiti dagli eventi sismici del 2012 in Emilia Romagna.

Una seconda fonte di vulnerabilità è legata al collasso del sistema di tamponatura esterna degli edifici prefabbricati, costituita da pannelli prefabbricati in c.a. ed alleggeriti, collegati o alla trave di gronda o ai tegoli o al pilastro in vario modo mediante inserti metallici. In questo caso il collasso è ancora legato alle carenze del sistema di connessione dei pannelli alla struttura portante e non ad errori nel progetto e/o realizzazione dei pannelli stessi.

Altra carenza è legata ai sistemi di scaffalatura tipicamente contenuti negli edifici industriali: in particolare, tali sistemi tendono facilmente a crollare o a causare danni alle strutture in quanto privi di controventamento o perché indotti al collasso dal loro contenuto.

Alle carenze appena descritte, è d’obbligo aggiungere le carenze presenti nei sistemi resistenti verticali e nei sistemi di fondazione di questi ultimi: i pilastri prefabbricati, infatti, possono presentare carenze in termini di resistenza alle sollecitazioni e duttilità; lo stesso dicasi per il sistema di fondazione, solitamente caratterizzato dal plinto isolato a bicchiere.

Si ha infine che la sismicità dei vari siti è andata via via perfezionandosi al seguito dei nuovi eventi sismici e del progresso delle conoscenze scientifiche: costruzioni progettate in epoche passate possono quindi risultare inadeguate in base alle conoscenze d’oggi. Nel seguito, l’analisi specifica delle principali cause di danneggiamento e collasso della struttura sotto azione sismica viene condotta sulla base indicazioni presenti in [1] [2] [3] [4].

1.1.1 Connessioni

Il difetto più frequentemente riscontrato per quanto riguarda le connessioni è l’assenza di

unione meccanica tra gli elementi strutturali, tale da garantire il trasferimento degli sforzi in

regime dinamico: questo significa che per l’assorbimento delle forze orizzontali si ricorre

sovente all’attrito, con un meccanismo fortemente vulnerabile nei confronti delle azioni

(14)

sismiche. La lezione appresa al seguito dei terremoti mostra infatti con

combinazione delle scosse ondulatorie e sussultorie faccia sobbalzare l’elemento portato fuori dall’appoggio, non rendendo affidabile la trasmissione delle forze sismiche tramite l’attrito evocato dai carichi gravitazionali.

In presenza di tali connessioni

sensibili ai fenomeni di perdita di appoggio

elementi orizzontali e verticali (collegamento trave orizzontali (collegamento copertura

Molte costruzioni prefabbricate di ogni epoca

connettore, anche quando realizzate in zona sismica trasmettere le azioni orizzontal

normativa nazionale non forniva alcuna specifica regola al riguardo costruzioni realizzate dopo il terremoto del Friuli del 1976.

dal 1987, con il D.M. LL.PP. 3 dicembre 1987, si vieta l’utilizzo di connessioni attritive, limitatamente alle zone sismi

ampiamente diffusi edifici prefabbricati caratterizza Recentemente, tale divieto è

e nell’Eurocodice 8 [6] .

Figura 1.14. Meccanismi di perdita di appoggio delle travi di copertura Nel seguito, nella figure 1.1

alcuni capannoni industriali, a seguito del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012, dovuti alla perdita di appoggio in connessioni prive di collegamenti meccanici.

La lezione appresa al seguito dei terremoti mostra infatti con

combinazione delle scosse ondulatorie e sussultorie faccia sobbalzare l’elemento portato fuori dall’appoggio, non rendendo affidabile la trasmissione delle forze sismiche tramite l’attrito evocato dai carichi gravitazionali.

di tali connessioni, come indicato nella figura 1.14, le strutture sono fortemente sensibili ai fenomeni di perdita di appoggio: tale carenza riguarda sia la connessione tra elementi orizzontali e verticali (collegamento trave-pilastro) che quella tra

orizzontali (collegamento copertura-trave).

Molte costruzioni prefabbricate di ogni epoca sono però dotate di

connettore, anche quando realizzate in zona sismica (sebbene non siano in grado di trasmettere le azioni orizzontali in assenza di forze gravitazionali),

normativa nazionale non forniva alcuna specifica regola al riguardo:

costruzioni realizzate dopo il terremoto del Friuli del 1976. E’ importante notare che solo con il D.M. LL.PP. 3 dicembre 1987, si vieta l’utilizzo di connessioni attritive, limitatamente alle zone sismiche secondo la mappa dell’epoca: per questo motivo, sono ampiamente diffusi edifici prefabbricati caratterizzati da tale carenza strutturale.

è stato ribadito nelle nuove Norme tecniche per le costruzioni

Meccanismi di perdita di appoggio delle travi di copertura

figure 1.15 ÷ 1.17 vengono proposte delle immagini relative al collasso di alcuni capannoni industriali, a seguito del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012, dovuti alla perdita di appoggio in connessioni prive di collegamenti meccanici.

14

La lezione appresa al seguito dei terremoti mostra infatti con chiarezza come la combinazione delle scosse ondulatorie e sussultorie faccia sobbalzare l’elemento portato fuori dall’appoggio, non rendendo affidabile la trasmissione delle forze sismiche tramite

le strutture sono fortemente ale carenza riguarda sia la connessione tra pilastro) che quella tra elementi

appoggi a secco senza (sebbene non siano in grado di in quanto la pertinente : fanno eccezione molte E’ importante notare che solo con il D.M. LL.PP. 3 dicembre 1987, si vieta l’utilizzo di connessioni attritive, er questo motivo, sono ti da tale carenza strutturale.

ribadito nelle nuove Norme tecniche per le costruzioni [5]

Meccanismi di perdita di appoggio delle travi di copertura

vengono proposte delle immagini relative al collasso di

alcuni capannoni industriali, a seguito del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012, dovuti alla

(15)

15 Figura 1.15. Perdita di appoggio con trave principale trasversale

Figura 1.16. Perdita di appoggio dei tegoli in un edificio monopiano prefabbricato

Figura 1.17. Perdita di appoggio della trave e collasso della copertura

Alle problematiche dovute alla presenza di collegamenti attritivi, si devono aggiungere

quelle che si registrano quando tali collegamenti offrono un vincolo alle azioni orizzontali

(16)

16

che però risulta sottodimensionato o mal concepito: ciò accade quando i dettagli della connessione non sono tali da garantire l’efficacia del sistema di unione predisposto.

Anche nei recenti eventi sismici che hanno interessato L’Aquila e l’Emilia si sono registrati numerosi collassi di capannoni a causa della rottura delle connessioni meccaniche; in alcuni casi, è stato riscontrato il collasso di collegamenti di tipo meccanico trave-pilastro con meccanismo debole, vale a dire con rottura del copriferro ed espulsione dello spinotto.

Di seguito, nella figure 1.18 ÷ 1.19 si riportano delle immagini relative al collasso di alcuni capannoni industriali dovuti alla crisi dei sistemi di appoggio meccanici.

Figura 1.18. Esempi di crisi della forcella in testa ai pilastri per martellamento della trave

Figura 1.19. Vincolo trave-colonna con danneggiamento del pilastro e rotazioni della trave

(17)

17

1.2.2 Tamponatura esterna

Il sistema di chiusura degli edifici monopiano prefabbricati ad uso industriale è costituito nella maggior parte dei casi da pannelli prefabbricati in calcestruzzo armato di tipo orizzontale ed, in un numero minore di strutture, da pannelli verticali prefabbricati.

Nella progettazione degli edifici prefabbricati, tuttavia, nei riguardi delle azioni orizzontali è ancora prassi diffusa eseguire l’analisi strutturale su di un modello a telaio, costituito da pilastri, travi e impalcati, con i pannelli di parete che vengono visti come “massa eccitata”

trascurandone generalmente il loro contributo alla rigidezza laterale dell’assieme strutturale.

I pannelli vengono poi connessi alla struttura con ancoraggi fissi calcolati sulla base della massa del singolo pannello e per forze normali al pannello stesso.

Dato l’approccio, i pannelli di parete, sotto azione dinamica, diventano parte integrante della struttura, condizionandone la risposta sismica, che non è quella del sistema flessibile a telaio, ma quella di un sistema a telaio controventato molto più rigido. Le forze evocate, correlate alla massa di tutto l’impalcato e relative ad un sistema più rigido, risultano molto maggiori di quanto previsto e dirette principalmente nel piano del pannello. Per effetto di tali forze, che risultano essere dunque molto maggiori e diversamente orientate rispetto a quelle per le quali le connessioni vengono normalmente dimensionate, si assiste alla rottura delle connessioni stesse, che provoca il crollo dei pannelli.

Durante l’evento sismico che ha colpito l’Emilia nel 2012, molte strutture “secondarie”

sono crollate, perché non considerate nel nostro ordinamento come “elementi strutturali”, cioè senza obbligo di progettazione e verifica, indipendentemente dal materiale utilizzato per costruirle e nonostante avessero, a tutti gli effetti, una funzione strutturale.

In alcuni casi il collasso di pannelli è stato probabilmente determinato dal martellamento degli elementi di copertura o degli stessi pilastri o ancora, in corrispondenza degli spigoli, dei pannelli ortogonali; in altri casi i pannelli orizzontali sono vincolati da una parte a pilastri che portano la copertura e dall’altra a pilastri rompitratta: il differente spostamento dei due pilastri può aver rappresentato un’altra causa di crollo.

Nell’indagine post-sisma si è, inoltre, riscontrata la presenza di strutture prefabbricate

monopiano di meno recente costruzione, che presentano tamponatura in laterizio. Anche in

questo caso, la tamponatura ha spesso subito gravi danni (fessurazioni importanti per

meccanismi in piano) oppure è collassata per ribaltamento (meccanismi fuori dal piano).

(18)

Nella figura 1.20 si mostra un

figura 1.21 di tamponature verticali e nella

Figura 1.20. a) Crollo dei pannelli orizzontali di tamponamento: (b) dettagli profili slabbrati o disconnessi in corrispondenza del pilastro e (c) dettag

Figura 1.21. (a) Crollo di pannelli verticali di tamponamento: (b) dettagli profili squadretta e bullone ancora inserito nel profilo a C del pannello crollato e (c) dettaglio del pannello verticale,

Figura 1.22. Collasso e fessurazione del pannello di tamponatura in laterizio in una struttura prefabbricata monopiano di non recente costruzione

a un esempio di collasso delle tamponature orizzontali, nella di tamponature verticali e nella figura 1.22 di tamponature in laterizio

a) Crollo dei pannelli orizzontali di tamponamento: (b) dettagli profili slabbrati o disconnessi in corrispondenza del pilastro e (c) dettaglio profilo di acciaio slabbrato sul pannello

(a) Crollo di pannelli verticali di tamponamento: (b) dettagli profili squadretta e bullone ancora inserito nel profilo a C del pannello crollato e (c) dettaglio del pannello verticale,

fessurazione del pannello di tamponatura in laterizio in una struttura prefabbricata monopiano di non recente costruzione

18

onature orizzontali, nella di tamponature in laterizio.

a) Crollo dei pannelli orizzontali di tamponamento: (b) dettagli profili slabbrati o lio profilo di acciaio slabbrato sul pannello

(a) Crollo di pannelli verticali di tamponamento: (b) dettagli profili squadretta e bullone ancora inserito nel profilo a C del pannello crollato e (c) dettaglio del pannello verticale,

fessurazione del pannello di tamponatura in laterizio in una struttura

prefabbricata monopiano di non recente costruzione

(19)

1.2.3 Danneggiamento dei pilastri

Nelle strutture monopiano prefabbricate gli elementi resistenti verticali, ossia i pilastri, generalmente elementi prefabbricati vincolati al piede tramite un plinto a bicchiere, che costituisce per il pilastro un vincolo d’incastro, mentre in testa sono collegati alle travi tramite vincoli a cerniera o carrello. Pertanto lo schema statico de

mensola incastrata all’estradosso del bicchiere.

In presenza di forti sollecitazioni, come quelle indotte da un terremoto, può accadere che il pilastro perda la verticalità a causa di una rotazione dell’intero elemento di fondazi

tuttavia, non è facilmente accertabile, a meno di un’analisi accurata delle fondazioni.

Evidente, invece, è l’incipiente formazione di cerniera plastica che molti pilastri hanno mostrato alla base, in alcuni casi solo con formazione di fessure,

copriferro ed instabilizzazione delle barre, in carenza di armatura trasversale. I rilievi visivi in sito hanno anche permesso di constatare che in numerosissimi casi il danneggiamento dei pilastri è stato indotto dall’impatto de

per perdita di appoggio; si hanno inoltre esempi di danneggiamenti a causa della liquefazione del terreno. Nelle

Figura 1.23.

Figura 1.24. Incipiente formazione di cerniera plastica alla base del pilastro con fessurazione

.3 Danneggiamento dei pilastri

Nelle strutture monopiano prefabbricate gli elementi resistenti verticali, ossia i pilastri, generalmente elementi prefabbricati vincolati al piede tramite un plinto a bicchiere, che costituisce per il pilastro un vincolo d’incastro, mentre in testa sono collegati alle travi tramite vincoli a cerniera o carrello. Pertanto lo schema statico del pilastro è quello di una mensola incastrata all’estradosso del bicchiere.

In presenza di forti sollecitazioni, come quelle indotte da un terremoto, può accadere che il pilastro perda la verticalità a causa di una rotazione dell’intero elemento di fondazi

tuttavia, non è facilmente accertabile, a meno di un’analisi accurata delle fondazioni.

Evidente, invece, è l’incipiente formazione di cerniera plastica che molti pilastri hanno mostrato alla base, in alcuni casi solo con formazione di fessure, in altri con espulsione

ione delle barre, in carenza di armatura trasversale. I rilievi visivi in sito hanno anche permesso di constatare che in numerosissimi casi il danneggiamento dei pilastri è stato indotto dall’impatto degli elementi orizzontali, quali travi e tegoli, collassati

; si hanno inoltre esempi di danneggiamenti a causa della liquefazione del terreno. Nelle figure 1.23÷1.27 si riportano alcuni esempi di teli fenomeni.

Figura 1.23. Esempi di perdita di verticalità dei pilastri

Incipiente formazione di cerniera plastica alla base del pilastro con fessurazione 19

Nelle strutture monopiano prefabbricate gli elementi resistenti verticali, ossia i pilastri, sono generalmente elementi prefabbricati vincolati al piede tramite un plinto a bicchiere, che costituisce per il pilastro un vincolo d’incastro, mentre in testa sono collegati alle travi l pilastro è quello di una

In presenza di forti sollecitazioni, come quelle indotte da un terremoto, può accadere che il pilastro perda la verticalità a causa di una rotazione dell’intero elemento di fondazione: ciò, tuttavia, non è facilmente accertabile, a meno di un’analisi accurata delle fondazioni.

Evidente, invece, è l’incipiente formazione di cerniera plastica che molti pilastri hanno in altri con espulsione di ione delle barre, in carenza di armatura trasversale. I rilievi visivi in sito hanno anche permesso di constatare che in numerosissimi casi il danneggiamento dei gli elementi orizzontali, quali travi e tegoli, collassati

; si hanno inoltre esempi di danneggiamenti a causa della si riportano alcuni esempi di teli fenomeni.

di perdita di verticalità dei pilastri

Incipiente formazione di cerniera plastica alla base del pilastro con fessurazione

(20)

Figura 1.25. (a) Formazione cerniera plastica alla base del pilastro (b) con instabilizzazione delle barre causata da carenza di armature tr

Figura 1.26.

Figura 1.27. Rotazione dei pilastri in fondazione causata da fenomeni di liquefazione In aggiunta a quanto presentato

caso in cui gli edifici prefabbricati presentino

Il primo esempio riguarda il cedimento a taglio del pilastro corto progettuale degli edifici prefabbricati industriali, l’analisi sismica viene

“nuda” trascurando l’effetto irrigidente dei tamponamenti. Questo effetto in realtà è rilevante e conduce spesso ad una maggiore resistenza. Vi sono situazioni però in cui la

(a) Formazione cerniera plastica alla base del pilastro (b) con instabilizzazione delle barre causata da carenza di armature trasversali

Figura 1.26. Formazione di cerniera plastica alla base del pilastro

Rotazione dei pilastri in fondazione causata da fenomeni di liquefazione

In aggiunta a quanto presentato in precedenza, i pilastri possono subire danneggiamenti nel edifici prefabbricati presentino casi di deficienze.

riguarda il cedimento a taglio del pilastro corto progettuale degli edifici prefabbricati industriali, l’analisi sismica viene

urando l’effetto irrigidente dei tamponamenti. Questo effetto in realtà è rilevante e conduce spesso ad una maggiore resistenza. Vi sono situazioni però in cui la

20 (a) Formazione cerniera plastica alla base del pilastro (b) con instabilizzazione delle

asversali

Formazione di cerniera plastica alla base del pilastro

Rotazione dei pilastri in fondazione causata da fenomeni di liquefazione i pilastri possono subire danneggiamenti nel

riguarda il cedimento a taglio del pilastro corto: nella normale prassi

progettuale degli edifici prefabbricati industriali, l’analisi sismica viene riferita alla struttura

urando l’effetto irrigidente dei tamponamenti. Questo effetto in realtà è

rilevante e conduce spesso ad una maggiore resistenza. Vi sono situazioni però in cui la

(21)

presenza di tamponamenti porta ad una diversa risposta strutturale caratterizzata da una minore duttilità.

E’ il caso rappresentato in figura 1.

arrestato ad una parziale altezza sotto la fascia finestrata. La parte libera di sommità dei pilastri resta molto tozza, con una maggiore rigidezza

un comportamento locale con rottura fragile a taglio. Se disgiunti dal tam stessi pilastri avrebbero avuto

Nelle figure 1.29÷1.30 sono r

causa del danneggiamento di sezioni di pilastri resi tozzi.

Figura 1.28.

Figura 1.29. Perdita di appoggio dalla

tamponamenti porta ad una diversa risposta strutturale caratterizzata da una

figura 1.28 di un tamponamento, rigidamente connesso ai pilastri, arrestato ad una parziale altezza sotto la fascia finestrata. La parte libera di sommità dei

molto tozza, con una maggiore rigidezza che evoca maggiori forze sismiche ed locale con rottura fragile a taglio. Se disgiunti dal tam

avuto invece un adeguato comportamento di tipo flessionale duttile.

sono riportati degli esempi di collasso di strutture prefabbricate a causa del danneggiamento di sezioni di pilastri resi tozzi.

Figura 1.28. Cedimento a taglio del pilastro tozzo

Perdita di appoggio causata dalla crisi a taglio del pilastro di appoggio dalla configurazione del pannello di tamponatura

21

tamponamenti porta ad una diversa risposta strutturale caratterizzata da una

di un tamponamento, rigidamente connesso ai pilastri, arrestato ad una parziale altezza sotto la fascia finestrata. La parte libera di sommità dei che evoca maggiori forze sismiche ed locale con rottura fragile a taglio. Se disgiunti dal tamponamento, gli invece un adeguato comportamento di tipo flessionale duttile.

i degli esempi di collasso di strutture prefabbricate a

ento a taglio del pilastro tozzo

dalla crisi a taglio del pilastro di appoggio reso tozzo

configurazione del pannello di tamponatura

(22)

Figura 1.30. Danneggiamento del pilastro tozzo causa interazione con la tamponatura Un altro causa di danneggiamento riguarda

che hanno condotto ad estesi collassi strut

una progettazione senza espliciti limiti di spostamento e effetti “P- Δ ” del 2° ordine (

sismica, rappresentano la causa determinante del collasso strutturale.

Nella prassi nazionale la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non sismiche, come quelle derivanti dal vento o dai carroponte, porta a ridotte snellezze dei pilastri con limitata incidenza degli effetti del 2° ordine

spostamenti resta comunque necessaria per una corretta progettazione delle strutture.

Il terzo caso riguarda l’eccessivo sforzo di compressione nei pilastri che ha condotto al collasso di alcuni tipi di strutture.

La presenza di elevati sforzi assiali diminuisce fortemente la duttilità flessionale delle sezioni in cemento armato:

azioni orizzontali primariamente ai pilas

globale della struttura con inadeguato comportamento sotto terremoto.

Nella prassi nazionale ancora una volta la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non sismiche, come quelle derivanti dal v

per momento flettente delle sezioni che risulta esuberante nei riguardi dello sforzo assiale.

In genere, nei comuni edifici prefabbricati a telaio, il valore dell’azione assiale sui pilastri non supera il 20% della loro

assiale non produce alcuna sensibile

Danneggiamento del pilastro tozzo causa interazione con la tamponatura

causa di danneggiamento riguarda gli effetti del 2° ordine su pilastri snelli, effetti estesi collassi strutturali: a questo tipo di collasso

una progettazione senza espliciti limiti di spostamento e senza considerare appunto gli

” del 2° ordine (figura 1.31) che, per i grandi spostamenti attesi la causa determinante del collasso strutturale.

Nella prassi nazionale la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non sismiche, come quelle derivanti dal vento o dai carroponte, porta a ridotte snellezze dei pilastri con limitata

etti del 2° ordine: La loro presa in conto in condizione sismica con grandi comunque necessaria per una corretta progettazione delle strutture.

Il terzo caso riguarda l’eccessivo sforzo di compressione nei pilastri che ha condotto al asso di alcuni tipi di strutture.

La presenza di elevati sforzi assiali diminuisce fortemente la duttilità flessionale delle : nei sistemi a telaio, che affidano la loro resistenza verso le primariamente ai pilastri, questo porta ad una altrettanto ridotta duttilità

inadeguato comportamento sotto terremoto.

Nella prassi nazionale ancora una volta la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non sismiche, come quelle derivanti dal vento o dai carroponte, conduce ad un dimensionamento

momento flettente delle sezioni che risulta esuberante nei riguardi dello sforzo assiale.

comuni edifici prefabbricati a telaio, il valore dell’azione assiale sui pilastri l 20% della loro corrispondente resistenza. Ed entro a questi livelli lo sforzo assiale non produce alcuna sensibile riduzione della duttilità.

22 Danneggiamento del pilastro tozzo causa interazione con la tamponatura

gli effetti del 2° ordine su pilastri snelli, effetti questo tipo di collasso porta solitamente senza considerare appunto gli ) che, per i grandi spostamenti attesi sotto azione

Nella prassi nazionale la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non sismiche, come quelle derivanti dal vento o dai carroponte, porta a ridotte snellezze dei pilastri con limitata a loro presa in conto in condizione sismica con grandi comunque necessaria per una corretta progettazione delle strutture.

Il terzo caso riguarda l’eccessivo sforzo di compressione nei pilastri che ha condotto al

La presenza di elevati sforzi assiali diminuisce fortemente la duttilità flessionale delle ei sistemi a telaio, che affidano la loro resistenza verso le tri, questo porta ad una altrettanto ridotta duttilità inadeguato comportamento sotto terremoto.

Nella prassi nazionale ancora una volta la sola progettazione sotto le azioni orizzontali non ento o dai carroponte, conduce ad un dimensionamento momento flettente delle sezioni che risulta esuberante nei riguardi dello sforzo assiale.

comuni edifici prefabbricati a telaio, il valore dell’azione assiale sui pilastri

corrispondente resistenza. Ed entro a questi livelli lo sforzo

Riferimenti

Documenti correlati

Osservazione: la sintesi del circuito a partire dalla tavola delle verità non è praticabile senza strumentazione adeguata. (la tavola ha

Si ricordi che tra due numeri in complemento a due rappresentati sullo stesso numero di bit e entrambi negativi il maggiore e quello che ha la parte positiva

Collaboratori professionisti: Ingg.ri Cristina Villani - Lorenzo Rattini - Rita Federici Via San Donato n°106,. 40057 - Granarolo

[r]

[r]

[r]

[r]

Essa, infatti, si inserisce perfettamente nel contesto urbano circostante permettendo e favorendo la valorizzazione del quartiere, promuovendo la creazione di un nuovo luogo