POLITECNICO DI TORINO
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di
Comunicazione
Tesi di Laurea Magistrale
St rategie di comunicazione digital nell’ambito degli eventi.
Il caso studio Mido Eyewear Show
Relatore
Prof. Nicoletta Gay
Candidata
Silvia Barattini
A.A. 2018/2019
2
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Sommario
Introduzione ... 6
Capitolo 1 – Analisi teorica dell’attuale dimensione digital ... 9
1.1 L’evoluzione del passaparola nelle “piazze” digitali ... 9
1.2 La privacy online ... 16
1.3 Cluetrain Manifesto ... 18
1.4 Il consumatore al centro della business strategy ... 21
1.5 Customer Journey ... 24
1.5.1 Modello del Buy Cicle e comunicazione push/pull ... 25
1.5.2 Modello AIDAS ... 27
1.5.3 Le cinque A di Kotler ... 29
1.5.4 Crisi del tradizionale modello di Customer Journey e nascita del Consumer Decision Journey... 30
1.5.5 Modello a volano o Flywheel ... 37
1.6 New Cluetrain Manifesto ... 40
1.7 I cambiamenti nell’utilizzo dei Social Network ... 41
1.8 Influencer Marketing ... 44
1.9 Il ruolo della pubblicità online e il processo di acquisto nell’era digital ... 45
1.10 Brand Identity ... 48
1.11 Strategia digitale... 50
Capitolo 2 – Studio di settore ... 52
2.1 Analisi degli strumenti di comunicazione digitale: Mido ... 53
2.1.1 Sito web ... 53
2.1.2 App ... 73
2.1.3 Facebook ... 76
2.1.4 Instagram ... 82
2.1.5 Twitter ... 85
2.1.6 LinkedIn ... 90
2.1.7 YouTube ... 93
2.1.8 Pinterest ... 97
2.1.9 Flickr ... 98
2.2 Analisi di settore: competitor ... 100
4
2.2.1 Silmo ... 102
2.2.2 Opti ... 128
2.2.3 Vision Expo ... 144
2.3 Best e Worst Practices dei Competitor ... 160
Tabelle riepilogative della analisi qualitativa ... 165
2.4 Analisi di settore: comparable ... 168
2.5 Best Practices dei Comparable ... 173
Capitolo 3 - Analytics ... 176
3.1 Mido – Analytics relativi alle piattaforme utilizzate ... 176
3.2 Facebook ... 181
3.3 Instagram ... 229
3.4 Gestione delle inserzioni ... 263
3.5 Twitter ... 274
3.6 LinkedIn ... 308
3.7 YouTube ... 316
3.8 Mido e competitor – Analytics relativi alle piattaforme utilizzate ... 324
3.9 DEM ... 330
3.10 App ... 333
3.11 Mido Tv ... 334
3.12 Conclusioni del capitolo ... 336
Capitolo 4 - Proposta di strategia per Mido 2020... 338
4.1 Executive Summary ... 338
4.2 Stato dell’arte ... 339
4.2.1 Comunicazione Aziendale ... 339
4.3 Target di riferimento ... 363
4.4 Obiettivi di comunicazione e Marketing ... 364
4.5 Insights – metodo BOA2RD ... 366
4.6 Key Concept ... 369
4.7 Touchpoint ... 370
4.8 Scelta delle Piattaforme social ... 371
4.9 Strategie di Content Management e Content Curation ... 380
4.10 Proposta di Piano Editoriale ... 382
5
4.11 Fase di controllo e valutazione: KPI ... 389
4.12 Contingency Plan ... 394
Capitolo 5 - Conclusioni ... 402
5.1 Valorizzazione dello storico della Fiera ... 403
5.2 Creazione di contenuti di interesse per gli utenti ... 404
5.3 «Mido 2019 attraverso i vostri occhi» ... 405
5.4 Dimensione fisica e digitale si incontrano ... 406
5.5 Creazione di stories che diano peso alle aree espositive ... 408
5.6 Coinvolgimento di personaggi di spicco ... 409
5.7 Maggior rilevanza alla lavorazione dell’occhiale ... 410
5.8 Organizzazione di eventi ... 410
5.9 Inserimento di nuove funzionalità nell’App ... 413
5.10 Creazione di indagini annuali di settore ... 415
5.11 Aree immersive ... 416
Bibliografia... 417
Sitografia ... 434
6
Introduzione
La tesi vuole entrare nel merito del ruolo sempre più strategico che la digital communication riveste attualmente nell’ambito della comunicazione d’impresa ed esplicitare come una buona gestione delle pagine online e della comunicazione tradizionale siano necessarie per un’efficace azione di marketing.
Mentre nella prima parte di questa tesi verranno eseguite una serie di considerazioni di carattere più generale sull’argomento, nella seconda parte verrà analizzato un caso studio specifico. Si tratta di Mido, Mostra Internazionale B2B, Business to Business, di ottica, optometria e oftalmologia che si tiene ogni anno a Rho Fiera Milano. L’analisi di questo caso studio è nata in sede di tirocinio presso gli uffici di R&D1, agenzia torinese che si occupa della gestione della comunicazione digital per quanto riguarda in particolar modo la promozione online di eventi.
Obiettivo di questa tesi è l’ideazione di una strategia che vada a migliorare la comunicazione e il marketing della Fiera, specialmente nella loro dimensione online, e dunque ad incrementare la riconoscibilità di Mido e la sua notorietà a fronte di un’analisi approfondita del caso studio preso in esame e del mercato a cui esso si rivolge.
Il primo capitolo della tesi affronta approfondimenti teorici relativi al marketing contemporaneo, alla Customer Experience ed al ruolo della strategia. Viene inoltre proposto un inquadramento teorico critico di come cambiano brand, persone e mercati in un contesto in cui il digital assume un ruolo sempre più determinante e di primo piano nella gestione di un evento, nella vendita di un prodotto o servizio, nella comunicazione aziendale, etc. Il capitolo presenta poi un’analisi riguardante l’evoluzione del Customer Journey, che spiega come sia cambiato e come tuttora stia
1 “Relazioni Digitali nasce a Torino dall’esperienza trentennale di Mailander nei settori della comunicazione istituzionale e del marketing del territorio. L’obiettivo è trovare soluzioni innovative partendo dai bisogni delle persone e dei clienti. La prospettiva è quella phygital, di contaminazione tra mondo fisico e mondo digitale.”
Relazioni Digitali, https://www.relazionidigitali.com/ (ultimo accesso: 20 giugno 2019).
7 cambiando l’approccio degli utenti alla dimensione digital e, di conseguenza, come i brand abbiano dovuto rivoluzionare le proprie azioni di marketing in seguito all’acquisizione, da parte del consumatore, di un ruolo sempre più centrale nel processo che lo porterà all’acquisto o utilizzo di un determinato prodotto o servizio.
Nel secondo capitolo viene presentata una analisi approfondita del posizionamento di Mido sulle piattaforme online a seguito dell’edizione 2019. Vengono inoltre analizzati allo stesso modo i competitor della Fiera, ossia altre realtà che operano nello stesso settore, ed individuate le best e worst practices nella loro comunicazione online. Al termine del capitolo sono poi presi in considerazione i comparable, ossia fiere che operano in settori differenti da quello di Mido ma che, come il caso studio preso in esame, risultano essere B2B e presentano una comunicazione svolta non solo tramite canali analogici, ma anche tramite l’utilizzo di piattaforme online.
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi degli insights relativi al pre, durante e post Fiera dell’edizione 2019.2 I dati sono stati raccolti tramite gli analytics disponibili nelle pagine degli amministratori dei canali social utilizzati. Per alcune piattaforme sono stati impiegati appositi tool di analisi, come per esempio nel caso di Instagram in cui è stato utilizzato Ninjalitics, che fornisce dati più rilevanti sulla gestione del profilo rispetto alla semplice consultazione degli insights resi disponibili dal social network.
Tutti i dati recuperati sono poi stati incrociati con quelli resi disponibili da Talkwalker3, una piattaforma realizzata ad hoc per poter analizzare a livello professionale la propria presenza online e per poter effettuare uno studio di benchmarking comparando la propria strategia con quella attuata dai competitor.
2 Fiera a cui ho partecipato in sede di Tirocinio il 23, 24 e 25 febbraio 2019.
3 Talkwalker, azienda di origine lussemburghese, offre una tra le più usate piattaforme per la social media analytics. Essa monitora ed analizza le conversazioni che avvengono online su social, blog, forum, notizie online e altre fonti in 187 lingue, https://www.talkwalker.com/it (ultimo accesso: 11 giugno 2019).
8 Il quarto capitolo è dedicato all’ideazione di una strategia e di un piano editoriale, pensati per l’edizione 2020 di Mido, che prendano in considerazione le piattaforme più efficaci per il tipo di comunicazione pensata per la Fiera. La scelta dei touchpoint in cui distribuire la comunicazione è stata effettuata prima di tutto tramite un’analisi del settore in cui essa opera ed in secondo luogo tramite lo studio degli algoritmi adottati dai canali social, andando a considerare, piattaforma per piattaforma, tutte quelle feature che migliorano il posizionamento online delle pagine correlate alla Fiera e tutte quelle attività che vengono invece penalizzate dagli algoritmi. È stato poi proposto un possibile Contingency Plan, volto ad evidenziare eventuali rischi in cui può incorrere un brand e possibili soluzioni da attuare caso per caso.
Nel quinto capitolo, è stata eseguita una ricapitolazione generale degli argomenti più importati trattati in tesi e, come diretta conseguenza dell’analisi eseguita, sono state riportate alcune idee creative pensate ad hoc per la prossima edizione di Mido che tengano conto di una dimensione phygital in cui fisico e digitale convergono allo scopo di garantire un’esperienza più completa ed immersiva per gli utenti.
9
Capitolo 1 – Analisi teorica dell’attuale dimensione digital
In questo capitolo si vuole inquadrare a livello teorico l’attuale situazione relativa alla dimensione digital ed a ciò che l’utilizzo della sfera online ha comportato per il marketing e la comunicazione da parte delle aziende, come sia cambiata la Customer Experience e la percezione delle informazioni in tutti i settori, da una semplice recensione ad elementi che potenzialmente possono condizionare i risultati di una campagna elettorale.
1.1 L’evoluzione del passaparola nelle “piazze” digitali
Nell’ultimo decennio i social network, entrando nelle nostre vite quotidiane, sono diventati sempre più piazze virtuali in cui circolano e vengono cercate ogni minuto milioni di informazioni. Si può parlare dunque di una evoluzione del passaparola in spazi digitali, ma con la grande differenza che tutte queste informazioni sono potenzialmente sotto gli occhi di tutti e dunque reperibili da chiunque. In questo senso una notizia divulgata online ha un impatto molto più violento rispetto a ciò a cui eravamo abituati in passato con la sola comunicazione offline. Come afferma Erik Qualman (2011), con il digitale le distanze geografiche non sono più ostacoli alle conversazioni.4 Nel mondo del passaparola offline la diffusione delle informazioni poteva essere rallentata dalle persone e dalle dimensioni di spazio e tempo, le informazioni potevano essere modificate a mano a mano che il messaggio veniva divulgato e alcuni destinatari potevano non fidarsi del mittente. Con l’avvento e la massificazione dell’uso degli strumenti digital si assiste ad alcuni rivoluzionari cambiamenti in questo senso: i tweet e i post sui social media vengono trasmessi in real time, raggiungendo in un istante una moltitudine di utenti ed il messaggio, anche se potenzialmente modificabile, viene letto in un istante da milioni di utenti che
4 Erik Qualman, “Socialnomics, how social media transforms the way we live and do business”, 2011, New Jersey, Ed. John Wiley & Sons Inc.
10 registrano come versione ufficiale la prima pubblicata. Anzi, modificare il messaggio - a causa per esempio di una gaffe - potrebbe addirittura creare maggior dissenso per la contraddittorietà del messaggio lanciato. Si pensi, a tal proposito, a tutti quelli che sono poi diventati casi studio, poiché tramite una frase scritta con leggerezza su una piattaforma online si è scatenata un’ondata di dissensi enorme da parte degli utenti.
Questo è il caso ad esempio di Barilla che, nel 2013, a seguito di una dichiarazione di Guido Barilla, presidente della multinazionale con sede a Parma, ha generato in pochissimo tempo sui social una serie di reazioni contro il brand produttore di pasta.
La dichiarazione fatta durante una trasmissione a radio24 era stata: “Non faremo pubblicità con omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d'accordo, possono sempre mangiare la pasta di un'altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”. La polemica è stata ripresa dalle pagine web di tutto il mondo e si è trasformata in un vero e proprio caso mediatico con importanti ricadute anche in ambito economico per il brand.5 Su Twitter sono stati creati hashtag che andavano contro la dichiarazione fatta dal presidente, come #boicottabarilla, lanciato dall'associazione omosessuale Equality Italia e diventato velocemente internazionale nella versione inglese. Vi sono stati poi boicottaggi nei confronti dei prodotti Barilla, come accaduto da parte dell’associazione Arcigay. Anche la vicepresidente della Commissione Europea si è espressa: “Some of my best friends used to buy your pasta Mr Barilla”.6
5 La Repubblica, Barilla: "No famiglie gay negli spot". È lotta fra marchi. Buitoni: "Da noi posto per tutti”, 26 settembre 2013, https://www.repubblica.it/cronaca/2013/09/26/news/barilla_gay-67332037/ (ultimo accesso 14 giugno 2019).
6 Ibidem.
11
Figura 1 - Tweet di Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea, sullo scandalo Barilla
Vi sono state poi delle prese di posizione a favore del marchio con l’hashtag
#iostoconbarilla fino alla creazione di hashtag ironici e stanchi del caos generatosi online come #adessopasta. Su Facebook la pagina ufficiale è stata intasata da commenti negativi nei confronti del marchio e della dichiarazione espressa da Guido Barilla. La notizia si è divulgata in brevissimo tempo su testate internazionali come Indipendent, Le Monde, Reuters, Huffington Post, etc. In questo contesto le aziende concorrenti hanno preso la palla al balzo per esprimersi contro il marchio e fare pubblicità dei propri prodotti dichiarandosi a favore delle famiglie non tradizionali. Buitoni ha pubblicato su Facebook una foto accompagnata dalla didascalia: “A casa Buitoni c’è posto per tutti”.
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Figura 2 - Post Facebook come reazione, da parte della pagina ufficiale di Buitoni, alle parole provocatorie di Guido Barilla
Garofalo ha invece scritto un post: “Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta”.
Figura 3 – Post Facebook come reazione, da parte della pagina ufficiale di Pasta Garofalo, alle parole provocatorie di Guido Barilla
Anche Ikea si è espressa, essendo stata la prima azienda ad aver inserito famiglie omosessuali negli spot: “Tutti devono essere rispettati. In Ikea stessi incentivi alle famiglie
13 uomo donna o gay”.7 Dopo questa ondata di commenti ed articoli nati online a seguito della dichiarazione, Guido Barilla ha dichiarato: “Con riferimento alle dichiarazioni rese ieri alla 'Zanzara', mi scuso se le mie parole hanno generato fraintendimenti o polemiche, o se hanno urtato la sensibilità di alcune persone”. E ancora: “Nell'intervista volevo semplicemente sottolineare la centralità del ruolo della donna all'interno della famiglia”.
Figura 4 - Post di scuse da parte di Guido Barilla
Su Twitter ha poi scritto: “Mi scuso molto per aver urtato la sensibilità di tanti. Ho il più profondo #rispetto per tutte le #persone senza distinzioni. Guido #Barilla”.
7 Corriere della sera, “Barilla: «Mai uno spot con famiglie gay, se a qualcuno non va, mangi un'altra pasta»”, 26 settembre 2013, https://www.corriere.it/cronache/13_settembre_26/barilla-no-spot-omosessuali- famiglia-sacrale_f9506e70-268f-11e3-a1ee-487182bf93b6.shtml (ultimo accesso: 14 giugno 2019).
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Figura 5 - Tweet di scuse da parte di Guido Barilla
Purtroppo, questo non ha placato gli animi infastiditi dalle prime dichiarazioni effettuate dal presidente.
Questo è solo uno dei tanti esempi che possono essere fatti a proposito di ciò che il digitale può fomentare a seguito di affermazioni che esprimano ideologie troppo conservatrici.8 A questo tipo di reazioni, rapide e violente per il loro impatto su un numero enorme di persone a livello nazionale e internazionale certamente non si era abituati con l’analogico.
8 Un esempio recente è quello relativo allo scandalo di Dolce & Gabbana. Tutto è partito a causa di una campagna pubblicitaria studiata per promuovere una sfilata di moda che si sarebbe dovuta svolgere a Shanghai nel novembre 2018. Il video vedeva come soggetto una modella cinese che assaggiava diversi piatti italiani, il tutto arricchito da stereotipi di vario tipo, come l’utilizzo delle bacchette, che risultavano difficili da utilizzare per i piatti italiani proposti, musiche e decorazioni tipiche cinesi, etc. Il video è stato considerato razzista dal popolo cinese. “Nel giro di 24 ore il video ha fatto il giro dei social network, scatenando le reazioni degli utenti e arrivando a occupare quattro dei primi cinque trending topic di Weibo, il social network simil-Twitter cinese, che in breve tempo ha cancellato i video dalla piattaforma.” Il video ha scatenato una serie di dissensi che il marchio non è riuscito a gestire ed anzi, la situazione è peggiorata quando è apparso uno screenshot di una discussione privata svoltasi su Instagram tra Stefano Gabbana e Diet Prada, celebre account di moda, in cui Gabbana insultava il popolo cinese. Nonostante la casa di moda abbia provato a giustificare l’accaduto con un presunto hackeraggio dell’account di Gabbana, diverse celebrità hanno preso posizione contro il marchio, defilandosi dall’evento di Shanghai, che poi è stato annullato. I due stilisti hanno scritto: “Ciò che è accaduto oggi è davvero spiacevole, non solo per noi, ma per tutti coloro che hanno lavorato notte e giorno per dar vita a questo progetto. Il nostro sogno era quello di realizzare a Shanghai un evento che fosse un tributo alla Cina“. Successivamente è arrivato anche il boicottaggio da parte di diverse piattaforme di e-commerce cinesi e di alcune compagnie del lusso. Per maggiori informazioni si rimanda a Simone Fontana, “Che cosa è successo tra Dolce & Gabbana e la Cina”, Wired, 22 novembre 2018, https://www.wired.it/attualita/media/2018/11/22/dolce-gabbana-cina-video- polemiche/ (ultimo accesso: 20 giugno 2019).
15 A differenza dell’era analogica infatti, una notizia si divulga tanto più crea rumor. Gli utenti dunque possono gradire l’immagine di un’azienda, salvo poi scagliarsi violentemente contro quando l’immagine che essa proietta non coincide più con ciò che realmente è o in passato ha promesso di essere.
È perciò necessario, prima di esprimere le opinioni e le ideologie di una azienda, avere una conoscenza più che mai approfondita del proprio target e, più in generale, delle logiche che governano la comunicazione digitale e di ciò che esse possono comportare.
Dunque, è necessario porre attenzione particolare a tutto ciò che viene pubblicato per non incorrere in situazioni analoghe sopra descritte e, nel caso in cui invece si presentasse un problema di questo tipo, sapere come affrontarlo nel migliore dei modi.
In generale, prima di tutto, in questi casi è necessario ammettere l’errore, scusarsi di fronte alla propria community per l’azione poco gradita e promettere, e poi mantenere la promessa, di migliorare.9
Non solo prodotti o servizi offerti sono condizionati sempre più dall’era digital, anche la politica ha visto alcuni netti cambiamenti con la nascita delle piattaforme online. Si pensi per esempio durante le campagne elettorali alla ““densità” delle conversazioni mondiali scambiate su Facebook e Twitter a cui prendono parte cittadini, partiti, politici, giornalisti”.10 Sulle piattaforme si svolgono infatti conversazioni in tempo reale tra i cittadini utenti della Rete a proposito delle campagne elettorali. A tal proposito sono stati presi provvedimenti da AGCOM al fine di garantire forme di tutela riguardante la corretta informazione specialmente sui social network.11 Inoltre:
“Già in occasione delle elezioni politiche del 2018, l'AGCOM, aveva adottato le Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale per
9 Alexia Gattolin, Hootsuite, “Social media crisis management: come gestire una crisi sui social”, 11 ottobre 2016, https://blog.hootsuite.com/it/come-gestire-una-crisi-sui-social/ (ultimo accesso: 14 giugno 2019).
10 Giovanna Boccia Artieri, “La fine delle big conversation”, 11 settembre 2017, https://www.lemacchinevolanti.it/approfondimenti/la-fine-della-big-conversation (ultimo accesso: 13 giugno 2019).
11 Parlamento Italiano, Camera dei deputati – Documentazione parlamentare, “Social network e campagna elettorale”, 13 maggio 2019, https://temi.camera.it/leg18/post/social-network.html (ultimo accesso: 14 giugno 2019).
16 le elezioni politiche 2018 (1° febbraio 2018) in cui affermava la necessità di garantire per tutti i soggetti politici, con imparzialità ed equità e alle medesime condizioni, l'accesso agli strumenti di informazione e comunicazione politica forniti dalle piattaforme digitali.”12
1.2 La privacy online
Oggi ci troviamo ormai nell’era che aveva previsto Qualman (2011), in cui non siamo più noi a cercare i prodotti che ci interessano, ma sono questi ultimi a trovarci tramite i social media.13 Addirittura, mentre in un primo periodo gli utenti erano sorpresi di tutti quei banner pubblicitari che sembravano, ed in effetti erano, creati apposta per loro, ormai gli utenti risultano, sotto questo punto di vista, molto più istruiti. Essi non si stupiscono più di quanto tutti questi annunci rispecchino perfettamente i loro desideri, anzi, hanno acquisito la consapevolezza che ormai i brand sanno tutto degli utenti e di quanto, in questo senso la privacy sia stata violata negli ultimi anni. Ancora oggi si discute infatti a proposito delle violazioni di colossi come Google e Facebook e delle cifre che essi debbano pagare. La multa attribuita a Google per aver tracciato i comportamenti degli utenti di Safari, secondo le stime, si aggirerebbe attorno ai 22,5 milioni di dollari. Quella di Facebook, per aver venduto dati relativi ad 87 milioni di utenti della piattaforma, sarebbe invece molto più alta, sicuramente nell’ordine dei miliardi, considerando anche il fatto che nei mesi successivi un hacker è riuscito ad impadronirsi dei dati di 29 milioni di persone.14 Dopo questi veri e propri scandali relativi alla privacy, i social network, ed in generale il Web, hanno perso l’ingenua fiducia degli albori e un buon numero di utenti sono diventati più attenti a tutto ciò
12 Ibidem.
13 Erik Qualman, “Socialnomics, how social media transforms the way we live and do business”, 2011, New Jersey, Ed. John Wiley & Sons Inc.
14 Il sole 24 ore, “Facebook rischia multa da diversi miliardi per lo scandalo privacy”, 15 febbraio 2019, https://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2019-02-15/lo-scandalo-privacy-costera-caro-Facebook- vista-multa-miliardi-dollari-131112.shtml?uuid=ABWmKkUB (ultimo accesso: 14 giugno 2019).
17 che può potenzialmente violare i propri dati. In tal senso i brand hanno cominciato a porre maggior attenzione nei confronti del rispetto della privacy degli utenti per far sì che essi riacquisissero la fiducia.
Il 6 marzo 2019 Mark Zuckerberg ha scritto un post relativo alla sua visione futura del social networking con un occhio attento al rispetto dei dati degli utenti.15 Egli ha voluto evidenziare come l’era delle piattaforme aperte sia ormai terminata e come invece gli utenti richiedano sempre più spazi privati. Ecco perché, come ha voluto sottolineare, l’obiettivo sarà quello di ripensare a tutti i servizi offerti con un’attenzione particolare sulla privacy.
“People's private communications should be secure. End-to-end encryption prevents anyone -- including us -- from seeing what people share on our services” […] ”People should expect that we will do everything we can to keep them safe on our services within the limits of what's possible in an encrypted service.”16
Inoltre, sempre nello stesso post, Mark Zuckerberg ha assicurato che verranno conservate in futuro meno informazioni e per un periodo di tempo più ridotto. Ha poi reso noto che non verranno conservati tutti quei dati scambiati in server ospitati in nazioni poco attente al tema della privacy e alla libertà di espressione.17
Parallelamente, BigG ha preso analoghi provvedimenti: su Google l’utente, oltre a poter cancellare immediatamente i propri dati relativi alla cronologia della posizione e all’attività svolte sulle applicazioni, potrà impostare un periodo dai 3 ai 18 mesi per
15 Mark Zuckerberg, “A privacy-Focused Vision for Social networking”, 6 marzo, 2019, https://www.Facebook.com/notes/mark-zuckerberg/a-privacy-focused-vision-for-social-
networking/10156700570096634/ (ultimo accesso: 13 giugno 2019).
16 Ibidem.
17 Vincenzo Cosenza, Vincos Blos, “Zuckerberg: verso servizi ripensati per salvaguardare la privacy”, 6 marzo 2019, https://vincos.it/2019/03/06/zuckerberg-verso-servizi-ripensati-per-salvaguardare-la-privacy/
(ultimo accesso: 13 giugno 2019).
18 eseguire un’auto cancellazione.18 La modalità in incognito verrà poi resa disponibile anche su Maps, YouTube e Search.19
1.3 Cluetrain Manifesto
Nel 1999 ha visto la luce il Cluetrain Manifesto, un saggio rivoluzionario per l’epoca che, con 95 tesi elaborate, sulla falsa riga della pubblicazione di Martin Lutero, voleva spiegare alle aziende come il marketing avesse subìto una svolta epocale con l’avvento di Internet ed invitarle dunque a considerare il nuovo contesto di mercato come maggiormente interconnesso.20 Gli ideatori di questo Manifesto, estremamente all’avanguardia per l’epoca, affermavano:
È cominciata a livello mondiale una conversazione vigorosa. Attraverso Internet, le persone stanno scoprendo e inventando nuovi modi di condividere le conoscenze pertinenti con incredibile rapidità. Come diretta conseguenza, i mercati stanno diventando più intelligenti e più velocemente della maggior parte delle aziende.”
18 Cosimo Vestito, Engage, “Da Google una nuova funzione per la cancellazione automatica dei dati personali”, 2 maggio 2019, https://www.engage.it/tecnologia/google-nuova-funzione-cancellazione- dati/185559#8w98XeG5r8gz1Swl.97 (ultimo accesso: 20 giugno 2019). Raquel Baptista, Inside Marketing,
“Google consentirà di cancellare la cronologia delle posizioni e dell’attività online automaticamente”, 3 maggio 2019, https://www.insidemarketing.it/cancellare-la-cronologia-delle-posizioni-google/ (ultimo accesso:
24 giugno 2019).
19 Cristiano Ghidotti, Punto Informatico, “I/O 2019: la modalità in incognito per Maps e YouTube”, 8 maggio 2019, https://www.punto-informatico.it/io-2019-modalita-incognito-maps-YouTube/ (ultimo accesso:
24 giugno 2019).
20 Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberg, “The Cluetrain manifesto, the end of business as usual”, 24 marzo 1999, http://www.cluetrain.com/cluetrain.pdf (ultimo accesso: 11 giugno 2019).
19 La prima tesi del manifesto citava “I mercati sono conversazioni”.21 È incredibile notare come questa affermazione sia risultata estremamente attuale con la nascita e l’affermarsi di Social Network e blog. L’accesso sempre più massiccio ai canali social e la visibilità, assunta in quegli anni, dai blog hanno infatti reso possibile un incremento di conversazioni.22 Inoltre queste piazze pubbliche hanno permesso scambi di informazioni su scala globale. Questi strumenti hanno dato e ancora offrono la possibilità a chiunque di esprimersi, arricchire le proprie conoscenze e venire a contatto con idee diverse dalla propria in maniera più rapida rispetto ad un tempo.23 Nelle tesi successive si sottolinea con forza il concetto che queste conversazioni si svolgono tra e con esseri umani, non con segmenti demografici. Le aziende devono dunque imparare ad ascoltare e a rispondere ai bisogni del singolo, facendolo sentire unico in tutto il processo d’acquisto di un prodotto, di abbonamento ad un servizio, etc.24
Si afferma, più avanti nel manifesto, il ruolo dei link ipertestuali, che hanno la capacità di sovvertire o aggirare le ‘gerarchie formali’.25 I link infatti rendono le informazioni ancora più connesse e contribuiscono a dare una visione di insieme a coloro che vi hanno accesso. Essi, esattamente come la mente umana procedono per associazioni.26
21 Fare riferimento alla tesi 1 del “Cluetrain Manifesto, the end of business as usual”, 13 maggio 2014, Trad.
di Luisa Carrada, http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
22 Giovanna Boccia Artieri, “La fine delle big conversation”, 11 settembre 2017, https://www.lemacchinevolanti.it/approfondimenti/la-fine-della-big-conversation (ultimo accesso: 13 giugno 2019).
23 Jérôme Wallut,“Le Cluetrain Manifesto a 20 ans n’a jamais ètè ausii moderne!”, 7 marzo 2019, https://medium.com/le-blog-dicp-consulting-transformation-digitale/le-cluetrain-manifesto-%C3%A0- 20-ans-et-na-jamais-%C3%A9t%C3%A9-aussi-moderne-435819884f2f (ultimo accesso: 13 giugno 2019).
24 Fare riferimento alla tesi 2 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as usual”,
13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
25 Fare riferimento alla tesi 7 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as usual”,
13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
26 Nel 1945 Vannevar Bush, direttore capo dell’ufficio per la ricerca e lo sviluppo scientifico americano, scrisse un breve saggio “As we may think”, pubblicato per la prima volta sulla rivista ‘The Atlantic Monthly’. Egli fece una riflessione a proposito della conoscenza affermando che per essere utile alla
20 Inoltre, le reti creano un mercato ed un consumatore più informati e l’informazione disponibile sul mercato è superiore a quella a disposizione delle organizzazioni stesse.
Le persone si sono dunque rese conto che possono aiutarsi le une con le altre per far fronte a ciò che i venditori dicono del loro prodotto. Il mercato online conosce ormai i prodotti meglio delle aziende stesse, grazie alla condivisione tra gli utenti di recensioni in merito alla loro personale esperienza del prodotto. I servizi scadenti hanno perciò vita ogni giorno più breve. 27
Più avanti nel Manifesto si afferma come, seguendo le logiche tradizionali di comunicazione e marketing, le aziende non riescano più ad essere efficaci. Per rafforzare il proprio posizionamento competitivo è dunque necessario che le imprese riescano a mettersi in gioco rispettando il nuovo contesto e le nuove tipologie di consumatori con cui necessariamente si trovano a relazionarsi.28
Inoltre, emerge il fatto che gli utenti vogliano sempre più vedere lo sforzo creativo e contenuti originali da parte delle aziende. “Se volete che parliamo con voi, diteci qualcosa.
scienza essa deve essere ampliata, archiviata e soprattutto consultata. Egli affermò inoltre che la conoscenza umana è una rete universale tra scienziati che collaborano per unire l’intero patrimonio delle conoscenze umane. Nell’articolo egli si concentrò poi su un nuovo modo di concepire i sistemi informativi e descrisse il Memex, un calcolatore analogico, pensato da lui già negli anni 30, dotato di un sistema di archiviazione. Il calcolatore non venne mai realizzato ma fu considerato da molti il precursore del personal computer e degli ipertesti, andando ad influenzare alcuni dei padri fondatori dell’informatica. Per maggiori informazioni si rimanda a The Atlantic, “As we may think”, luglio 1945, https://www.theatlantic.com/magazine/archive/1945/07/as-we-may-think/303881/ (ultimo accesso: 25 giugno 2019).
27 Fare riferimento alle tesi 9, 10 e 12 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as
usual”, 13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
28 Fare riferimento alle tesi 14 – 25 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as
usual”, 13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
21 Tanto per cambiare, fate qualcosa di interessante”29. A tal proposito si è cominciato a parlare di permission marketing30, in contrapposizione con l’interruption marketing31. Nella parte finale del Manifesto vengono descritti bisogni, aspettative e caratteristiche del nuovo mercato conversazionale, in cui gli utenti valutano la propria posizione come più centrale rispetto alla valutazione fatta dalle aziende.32
Queste 95 tesi sono state pubblicate 20 anni fa e tuttavia risultano essere ancora attuali, questo ad indicare quanto fossero rivoluzionarie quando sono state scritte e quanto gli autori siano riusciti a creare una prospettiva di lungo periodo.
1.4 Il consumatore al centro della business strategy
La centralità dell’utente, descritta nell’ultima parte del Manifesto, emerge per la prima volta a livello globale nel 2006, quando viene proclamato sul Time, come persona dell’anno, l’utente stesso. Addirittura, ci si rivolge direttamente a lui facendogli sentire l’importanza del ruolo che assume in quest’epoca in cui l’informazione passa ormai essenzialmente dal digitale. L’immagine di copertina ritrae infatti un monitor di un
29 Fare riferimento alla tesi 75 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as usual”,
13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
30 “Permission marketing: strategia di marketing che prevede la richiesta del consenso del consumatore a ricevere comunicazioni informative, promozionali o pubblicitarie sulla base dei dati personali che egli stesso ha fornito.”
Per maggiori informazioni fare riferimento a Glossario Marketing, “Permission Marketing”, 4 giugno 2016, https://www.glossariomarketing.it/significato/permission-marketing/ (ultimo accesso: 25 giugno 2019).
31 È il “marketing dell’interruzione , ovvero una tipologia di comunicazione pubblicitaria, promozionale o di vendita che interrompe l’interlocutore mentre sta svolgendo una qualche attività.” Per maggiori informazioni fare riferimento a Inside Marketing, “Interruption Marketing definizione”, 27 aprile 2019, https://www.insidemarketing.it/glossario-marketing-comunicazione/interruption-marketing/ (ultimo accesso: 25 giugno 2019).
32 Fare riferimento alla tesi 72 - 95 di Il Cluetrain Manifesto, “Cluetrain Manifesto, the end of business as
usual”, 13 maggio 2014, Trad. di Luisa Carrada,
http://www.dea.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid277005.pdf (ultimo accesso: 25 maggio 2019).
22 computer in cui al centro vi è solo la scritta “You.” Ed in basso nella copertina viene riportato: “Yes, you. You control the Information Age. Welcome to your world.”
Figura 6 – Persona dell’anno eletta dal Time, 2006
In questo contesto, in cui l’utente assume sempre più un ruolo predominante esce, nel 2008, il libro “Societing”33, in cui per la prima volta si parla di una nuova classe creativa, dunque non più solo di consumatore, ma di vero e proprio creatore. Ossia, i consumatori non sono soltanto degli individui passivi, ma sono sempre più consumatori - produttori di idee. Si parla dunque in questo senso di ConsumAttore, ConsumAutore, Prosumer. Prosumer è un neologismo proposto da Alvin Toffler34 negli anni Ottanta che vuole essere una crasi tra i termini ‘Producer’ e ‘Consumer’ per identificare tutti coloro che producono contenuti digitali, prodotti o servizi distribuiti ed indicare come essi partecipino attivamente alle diverse fasi del processo produttivo.
33 Giampaolo Fabris, “Societing. Il marketing nella società postmoderna”, 2008, Milano, Egea.
34 Alvin Toffler, “The Third Wave”, 1980, New York, Bantam Books,.
23 Questa parola identifica inoltre l’unione di caratteristiche tecniche del mondo professionale con quelle del mondo amatoriale. Nascono dunque nuovi intermediari
“dal basso”: ossia utenti che non si accontentano più di essere semplici consumer ma che partecipano alla produzione di contenuti creativi, quasi a voler entrare in competizione con i professionisti del settore. Nascono infatti in questo periodo smartphone con funzionalità sempre più avanzate che permettono anche ad i semplici utenti di creare contenuti vicini a quelli professionali grazie all’utilizzo di strumenti disponibili in un unico device, strumenti che invece prima erano separati in differenti dispositivi ed utilizzabili solo dagli addetti ai lavori. Si pensi ad esempio alla fotocamera, che fino ad una decina di anni fa rappresentava uno strumento a sé e ben diverso dal cellulare, mentre invece ora fotocamere sempre più ottimizzate vengono integrate all’interno degli smartphone. Essi stanno diventando sempre più completi ed inglobano funzionalità proprie di altri device entrando in competizione con essi.
Anche gli strumenti di editing professionali sono stati integrati negli smartphone, diventando sempre più alla portata di tutti e stravolgendo il concetto di un montaggio effettuabile esclusivamente da desktop.
In un’epoca in cui gli utenti prendono parte sempre più attiva nel processo di ricezione - produzione di contenuti le aziende cercano di creare un vero e proprio dialogo con il consumatore, abbandonando il monologo della marca, proprio della comunicazione pre - digital. Per le aziende essere presente online o non esserlo non è infatti più una scelta perché online ci sono consumatori che parlano di loro in spazi pubblici o privati.
Si pensi al ruolo che le recensioni, i forum, i canali social assumono in questo contesto.
In questi spazi gli utenti comunicano tra di loro, leggono e scrivono consigli a proposito di un brand piuttosto che di un altro. Diventa perciò sempre più fondamentale per le aziende riuscire ad intercettare i pareri degli utenti e fare una comunicazione quanto più completa e chiara possibile, instaurando dunque un rapporto one to one con il consumatore.
24 Nel 2011 il Time assegna il riconoscimento di persona dell’anno al “Manifestante”, ossia a tutti coloro che, attraverso i social media, hanno aggirato le censure con la propria voce.
Figura 7 - Persona dell’anno eletta dal Time, 2011
Il digitale vede dunque l’utente sempre più al centro della fruizione e della creazione di un contenuto, si parla in questo senso di “Customer Centricity”. Questi esempi fatti finora vogliono far capire, in termini concreti, come sia cambiata la percezione dell’utente durante gli anni.
1.5 Customer Journey
In questa sezione del capitolo verrà affrontato il tema della canalizzazione di marketing. Con l’avvento del digitale il modo di comunicare è cambiato e con esso il
25 processo che l’utente compie nel passaggio dalla nascita di interesse nei confronti di un prodotto all’acquisto del prodotto stesso.
1.5.1 Modello del Buy Cicle e comunicazione push/pull
Un modello teorico in cui si può analizzare il Buy Cicle è quello visibile nella figura riportata di seguito. Questo schema mette in luce molti step compiuti dai potenziali clienti. Alcuni di questi passaggi a volte possono essere saltati per passare direttamente ad una fase successiva o per interrompere il processo.
Figura 8 - Modello di Buy Cicle
All’inizio del processo la comunicazione viene definita push, ossia è, come vedremo in seguito, ‘spinta’ dall’azienda.35
35 La comunicazione pull è resa disponibile senza alcuna richiesta da parte del ricevente. Si inserisce nel push advertising invece tutta quella comunicazione commerciale televisiva o radiofonica che
“interrompe il flusso di fruizione dei contenuti mediatici”. Nel caso del digital marketing “rientra nel push advertising ogni comunicazione pubblicitaria inserita nel normale flusso del contenuto tra l’utente e un sito web”.
Per approfondimenti a riguardo si rimanda a Glossario Marketing, “Push Advertising”, 5 giugno 2016, https://www.glossariomarketing.it/significato/push-advertising/ (ultimo accesso: 3 giugno 2019).
26 Il possibile cliente inizia il suo percorso, spontaneamente o tramite l’invito di terze parti, con una fase di Awareness, ossia nasce in lui la consapevolezza di un problema o di un’opportunità. In questo primo step risulta particolarmente importante per le aziende riuscire a stimolare la conoscenza del prodotto o servizio offerto. Giocano un ruolo di primo piano le campagne di adv pensate per promuovere il prodotto, il passaparola e i consigli di influencer.
Il secondo step avviene quando il cliente ha già raggiunto l’awareness e si rende conto che il problema riscontrato ha una rilevanza concreta e possa essere risolto tramite l’utilizzo di un determinato servizio o l’acquisto di un prodotto. A questo punto è necessario che l’azienda rinforzi la comunicazione in modo da suscitare nel potenziale futuro cliente il bisogno di informazioni a riguardo ed un Interesse concreto.
Se a questo punto il processo non si interrompe, si può passare ad una fase di Enquiry, ossia il possibile cliente comincia a raccogliere informazioni a riguardo. Come nella fase precedente anche qui il ruolo della comunicazione spinta dall’azienda è fondamentale nelle decisioni che il cliente prenderà in seguito. In questo contesto la pubblicità suggerita che compare quando l’utente visita siti web influenzerà le future scelte del potenziale cliente.
A questo punto la comunicazione diventa pull, ossia il controllo del flusso di comunicazione non è più solo nelle mani dell’azienda: è infatti l’utente stesso che compie uno sforzo maggiore nel reperire informazioni a riguardo.36 Egli diventa sempre più un protagonista attivo. Risulta fondamentale dunque che l’azienda sia rintracciabile e che goda di buona reputazione sul web.
Talvolta l’utente/consumatore può decidere di stilare una Short list per annotarsi tutte le soluzioni possibili e rendere la scelta più semplice. In questo contesto può essere decisivo il punto vendita come strumento di persuasione e conversione.
36 Per approfondimenti a riguardo si rimanda a Glossario Marketing, “Pull Advertising”, 5 giugno 2016, https://www.glossariomarketing.it/significato/pull-advertising/ (ultimo accesso: 3 giugno 2019).
27 Se il processo non è ancora terminato, a questo punto l’utente arriva alla fase di Acquisto del prodotto. Cominciano dunque le Esperienze d’uso ed il cliente diventa un media a tutti gli effetti. Egli, tramite il passaparola spontaneo, offline o online, influenza il mercato del prodotto.
Ad un certo punto, seguendo il modello del Buy Cicle, il prodotto diventa invisibile.
Dunque si interrompe il processo relazionale tra cliente e prodotto ed esso entra a far parte della quotidianità.
Quando il prodotto, o servizio, non risponde più alle esigenze del cliente egli entra in una fase di insoddisfazione. A questo punto, se il cliente è stato fidelizzato può avvenire un nuovo acquisto del prodotto, se invece egli è rimasto deluso dall’esperienza del prodotto fatta fino a quel momento tutto verrà messo in discussione.
1.5.2 Modello AIDAS
Dopo aver eseguito una analisi di questo processo è possibile fare un focus più chiaro sul Customer Journey prima dell’avvento del digitale per capire come esso si sia rivoluzionato in questi anni. Inizialmente, sulla falsa riga del modello AIDA (Attention/Awareness, Interest, Desire, Action) sono stati teorizzati cinque momenti chiave che ripercorrono questo processo: Awareness, Familiarity o Interest, Consideration o Desire, Purchase o Action e Loyalty o Satisfaction. Si può parlare in questo caso di modello AIDAS. Rispetto al modello precedente si tiene qui conto anche del momento post – vendita.37
37 Vincenzo Cosenza, Vincos Blog, “Dal funnel al volano del marketing”, 14 novembre 2018, https://vincos.it/2018/11/14/dal-funnel-al-volano-del-marketing/ (ultimo accesso: 3 giugno 2019).
28
Figura 9 - Customer Journey (modello AIDAS)
Come si può notare dalla figura sopra riportata questo percorso ha una forma a imbuto. Questo “oltre a rappresentare il naturale assottigliamento dei soggetti raggiunti durante il percorso, permette di forzare i marketer a progettare azioni differenziate a seconda della fase e quindi dell’obiettivo della stessa.”38 Dunque inizialmente molti clienti potenziali si affacciano alla prima fase, mentre poi pochissimi compiono il processo fino in fondo diventando clienti effettivi.
Come si può vedere il primo step riguarda l’Awareness, che, come già detto precedentemente è la fase fondamentale per cominciare il processo. Qui infatti vi è la presa di consapevolezza di un problema ed il fatto che esso sia risolvibile attraverso l’acquisto di un prodotto. In questa fase può avvenire la conoscenza del brand.39 Il secondo step, chiamato qui Familiarity, avviene quando il prodotto diventa familiare e riconoscibile nella gamma di prodotti offerti. Dunque il brand, tramite comunicazione push, cerca di catturare l’interesse degli utenti in maniera più concreta.40
A questo punto il consumatore si trova a scegliere tra le diverse marche, hanno qui un ruolo fondamentale le caratteristiche ed il prezzo del prodotto. In questa fase egli è alla
38 Ibidem.
39 Vincenzo Cosenza, “Social Media ROI”, 2014, Milano, Apogeo.
40 Ibidem.
29 ricerca di informazioni e l’azienda con la propria strategia tenta di accendere nell’utente il desiderio di acquisto.41 Questa fase viene dunque denominata Consideration.
A questo punto si passa alla fase di Purchase. Questo rappresenta il primo traguardo dell’azienda, che è riuscita a convertire un bisogno in un acquisto.
L’ultimo step di questo Customer Journey è rappresentato dalla Loyalty. Qui i clienti che sono rimasti soddisfatti del prodotto diventano fedeli al brand. Questo rappresenta il secondo obiettivo dell’azienda. In questo senso rivestono un ruolo chiave i servizi post-vendita, come l’assistenza clienti, e la capacità di suscitare interesse con prodotti correlati.
1.5.3 Le cinque A di Kotler
Considerando sempre il Customer Journey compiuto dall’utente vi sono state altre suddivisioni prese in considerazione da vari studiosi di marketing. Quella che vale la pena esporre in questa tesi è la proposta di Philip Kotler, un luminare del marketing che è stato indicato come il quarto "guru del management" di tutti i tempi dal Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e acclamato come "il maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing" dal Management Centre Europe.42
“Philip Kotler nel suo Marketing 4.0, considerando gli effetti che la rete esercita sul processo decisionale di acquisto, preferisce parlare di 5 A ossia Aware, Appeal, Ask, Act, Advocate. Se ben eseguita, ogni singola fase risponderà ad un bisogno specifico del potenziale cliente.”43
41 Ibidem.
42 Digital Revolution, “Philip Kotler”, https://www.digitalrevo.it/philip-kotler/ (ultimo acceso: 4 giugno 2019).
43 Vincenzo Cosenza, Vincos Blog, “Dal funnel al volano del marketing”, 14 novembre 2018, https://vincos.it/2018/11/14/dal-funnel-al-volano-del-marketing/ (ultimo accesso: 3 giugno 2019).
30 In questo modello si parla dunque di Aware nel momento in cui avviene una prima conoscenza del brand, l’Appeal fa riferimento invece all’istante in cui l’utente comincia a provare interesse per il brand, segue poi la fase di Ask in cui vengono valutate le alternative chiedendo consigli e consultando recensioni, successivamente l’utente che decide di comprare il prodotto o servizio si trova in una fase denominata Act e coloro che si fanno promotori del brand e lo consigliano hanno invece attraversato la fase di Advocate.
Figura 10 - Le cinque A di Philip Kotler44
1.5.4 Crisi del tradizionale modello di Customer Journey e nascita del Consumer Decision Journey
Questo modello visto finora, e valido fino a qualche anno fa, presenta oggi alcuni problemi. Esso infatti non tiene conto del fatto che il consumatore, con l’avvento del digitale, possieda una pluralità di strumenti ormai per informarsi, e non possa essere più considerato un soggetto passivo.
44 Ibidem.
31 Inoltre, i brand sono sempre più posti sotto giudizio. Il consumatore non prende più solo come riferimento ciò che il brand dice di se stesso attraverso l’advertising. Egli infatti, prima di acquistare un prodotto, si informa tramite le opinioni di chi lo ha già provato. In questo contesto il passaparola, i forum, i giudizi posti sui social network, le recensioni online ed i suggerimenti dettati da eventuali influencer del settore hanno un ruolo predominante. Inoltre, si dà un peso sempre maggiore alle diverse prese di posizione fatte dai brand.
Vi sono sempre più canali in cui effettuare l’acquisto ed in questo contesto nascono realtà non previste dai modelli sopra descritti tra cui la pratica del Webrooming/Showrooming ed il Research Online/Purchase Offline. Il primo a cui si è accennato fa riferimento al fenomeno, piuttosto comune, in cui il prodotto viene provato e scelto in negozio e comprato online per i prezzi più bassi che piattaforme quali per esempio Amazon possono garantire. Il secondo vede viceversa una prima ricerca online ed il conseguente acquisto in negozio, per poter godere di un’esperienza d’acquisto con cui il digital, per molti consumatori, ancora non può competere.
Inoltre, non è detto che questo processo venga compiuto in un solo momento. Alcuni consumatori possono manifestare interesse per un prodotto e arrivare all’acquisto solo mesi dopo o alcuni possono invece compiere l’intero processo molto velocemente. In questo senso non si dovrebbe più parlare di Customer Journey ma di un Consumer Decision Journey, un processo caratterizzato dunque da momenti di interesse e momenti di decisione.
L’azienda non ha poi un controllo complessivo di tutti i touchpoint. Può gestire infatti le campagne adv o i punti vendita ma poco può sulle recensioni, il passaparola e i commenti nei forum o nelle community.
Il modello che invece più si avvicinerebbe alla reale esperienza di un consumatore è riportato nella figura successiva. Innanzitutto con l’avvento del digital le aziende possono promuovere il proprio prodotto ed in generale il proprio brand su un numero sempre maggiore di canali online. È poi possibile gestire in maniera più consona un
32 elenco di contatti potenzialmente interessati. Inoltre emerge sempre più la figura degli advocates, ossia coloro che diventano promotori di un determinato brand. Questo ruolo è ricoperto da tutti coloro che consigliano la marca o lo specifico prodotto sulle piattaforme online tramite recensioni o video ad hoc.
Oltre a queste nuove concezioni emerse con l’avvento del digitale e riportate nel modello in figura vengono introdotti, tra una fase e l’altra, diversi processi intermedi che spiegano come possano esserci diversi touchpoint ed essi possano essere online e offline.
“Da un percorso lineare si è passati ad un percorso contorto e difficilmente prevedibile.”
[..] “oggi il processo decisionale diventa più lungo e complesso, perché costellato da una miriade di stimoli, provenienti da molteplici touchpoint, che le aziende dovrebbero studiare per capire come governare.”45
Figura 11 – Modello di Consumer Decision Journey
45 Vincenzo Cosenza, Vincos Blog, “L’intelligenza artificiale per migliorare la Customer Experience”, 12 marzo 2019, https://vincos.it/2019/03/12/lintelligenza-artificiale-per-migliorare-la-customer-experience/
(ultimo accesso: 3 giugno 2019).
33 Questa analisi risultava piuttosto precisa, fino a che Google non decise di eseguire una ricerca per studiare meglio il comportamento dei consumer. Queste le parole di chi ha preso parte al progetto:
“Utilizzando i mass media, i fattori determinanti per la crescita erano la copertura e la frequenza. Ricorrevamo ai dati demografici per farci un'idea approssimativa dell'intenzione degli utenti, definire il nostro targeting e dare forma alla creatività. Ma questo modello non è più applicabile ai percorsi dei clienti di oggi.”46
Google ha dunque preso in esame un campione di migliaia di utenti per far emergere le abitudini d’acquisto di questi consumer. È stato dunque analizzato questo campione enorme di consumatori dall’inizio del processo all’acquisto del prodotto finale.
Studiando poi i dati emersi si è riscontrato come in realtà ogni consumer eseguisse un percorso diverso nel processo di acquisto di un prodotto.
“Abbiamo riscontrato che non c'è un percorso uguale all'altro. Inoltre, la maggior parte dei percorsi non assomiglia affatto a un imbuto, bensì a una piramide, un rombo, una clessidra e quant'altro. La tecnologia digitale e i dispositivi mobili hanno trasferito il controllo nelle mani degli utenti.”47
Si afferma infatti il ruolo sempre più determinante che la tecnologia digitale ed in particolar modo i dispositivi mobile hanno avuto nel trasferire il controllo nelle mani del consumer. Adesso ogni possibile futuro cliente si aspetta una risposta immediata
46 Think with Google, “Oltre la canalizzazione di marketing tradizionale: una nuova formula per la crescita”, https://www.thinkwithgoogle.com/intl/it-it/tendenze-e-insight/oltre-la-canalizzazione-di-marketing- tradizionale-una-nuova-formula-la-crescita/ (ultimo accesso 3 giugno 2019).
47 Ibidem.
34 quando decide di informarsi o comprare. L’azienda deve sempre più essere al servizio dei consumer e proporgli il prodotto che pensa possa essere più di tutti di suo gradimento per invogliarlo a compiere il processo che lo condurrà all’acquisto del prodotto.
“E tutti questi momenti in cui manifestiamo un'intenzione evidente creano tanti percorsi che sono specifici di ciascuno di noi. Per molti aspetti, l'intenzione sta ridefinendo la canalizzazione di marketing.”48
Nel modello a imbuto, chiamato anche Funnel Marketing, di cui si è parlato fino ad ora si tende a veicolare un’audience verso un percorso sempre più impegnativo e raffinato in modo da trasformare una persona sconosciuta in un cliente fedele.
Figura 12 – Percorso compiuto dal consumer, Fonte Hub
In questo percorso, come si può vedere in figura, ciò che oggi un’azienda fa per trasformare un gruppo di persone che non conoscono il prodotto in visitatori del sito
48 Ibidem.
35 e delle altre piattaforme online è attrarre queste persone tramite una comunicazione push, offrendo dunque contenuti informativi interessanti e pertinenti per il target. Si parla qui di TOFU, ossia Top Of the Funnel. I contenuti prodotti dall’azienda mirano qui ad attrarre l’interesse del maggior numero possibile di utenti. A tal scopo vengono di solito utilizzati blog, SEO e social media per una comunicazione ad hoc per il target.
In seguito tra questo gruppo di persone che visitano il sito emergeranno coloro che sono potenzialmente interessati. Si parla dunque di micro-conversioni, se l’interesse emerge dalla visita di una pagina del sito per esempio, o macro-conversioni se invece l’utente è disposto a rilasciare i propri dati per essere ricontattato e ricevere più informazioni sul prodotto. Si parla qui di MOFU, Middle Of the Funnel. In questa fase i contenuti vogliono coinvolgere coloro che manifestano un reale interesse, ossia i leads, tramite contenuti più dettagliati. A questo punto si giunge nella parte più stretta dell’imbuto e si può parlare di BOFU, Bottom Of the Funnel. Qui i contenuti sono ancor più personalizzati e vengono fornite per esempio prove gratuite, test, etc. Questi contenuti mirano a trasformare il maggior numero di leads in clienti. I venditori dovranno a questo punto gestire i contatti tramite E-mail marketing o CRM, Customer Relationship Management. L’azienda si impegnerà dunque affinché i clienti ricevano la miglior esperienza d’uso possibile e possano diventare essi stessi promotori del prodotto.
36
Figura 13 – I diversi momenti del Funnel
Figura 14 - Suddivisione del Funnel
Negli ultimi anni, però, gli utenti sono diventati sempre più consapevoli di questo sistema adottato dalle aziende. Essi hanno dunque cominciato a perdere fiducia nei brand e a fidarsi sempre più nel passaparola spontaneo online e offline prodotto da altri utenti. Questo per le aziende ha rappresentato un problema enorme perché il numero di coloro che compivano il processo fino all’acquisizione del prodotto finale è stato sempre più basso e di conseguenza è risultato sempre più difficile riuscire ad intercettare il reale interesse e la fiducia degli utenti.
37 1.5.5 Modello a volano o Flywheel
Per riuscire ad emergere in un’epoca in cui gli utenti vogliono poter esprimersi come mai prima d’ora e si fidano sempre meno dei brand, un modello a imbuto come quello precedente non funziona più. Le aziende si sono sempre più rese conto che l’importante non era solo acquisire un nuovo cliente, e dunque tenere sotto controllo il costo per convertire un semplice utente in consumatore, bensì valorizzare coloro che sono già clienti ed investire sulla loro fiducia nei confronti del brand stesso. È nato in questo senso un nuovo modello di business, modello a volano o Flywheel, che mette al centro il consumatore49. Sulla circonferenza del volano sono riportati tre concetti chiave: Attract, Engage e Delight. L’obiettivo iniziale è sempre quello di attirare, Attract, l’attenzione del potenziale cliente con contenuti utili, informazioni, approfondimenti, consigli. Questo serve per incuriosire gli utenti, per far capire come si lavora, per presentare i propri prodotti e così via. In questa fase iniziale può essere utile tener d’occhio le visite al sito web, il tasso di crescita dei follower sui social media, etc. A questo punto si passa all’Engage, ossia al momento di entrare in contatto con il pubblico interessato. È necessario però farlo secondo i suoi modi, luoghi e tempi.
Intrattenendolo e rispondendo alle sue curiosità, ma anche rendendo semplice la ricerca delle informazioni e l’acquisto. In questa seconda fase è necessario considerare le interazioni generate, il numero di messaggi ricevuti dai potenziali clienti, le conversioni. Si passa dunque alla fase di Delight, nella quale è necessario puntare alla massima soddisfazione del cliente durante e dopo la vendita, ad esempio semplificando l’accesso al supporto. Se ben eseguita porterà a fidelizzare il cliente e a trasformarlo in promotore del brand. In questa terza e ultima fase si dovrà considerare il grado di soddisfazione, le recensioni, le menzioni positive. “L’idea è di porre enfasi
49 Michael Redbord, Hubspot, “The Hard Truth About Acquisition Costs (and How Your Customers Can Save You)”, 16 febbraio 2019, https://blog.hubspot.com/news-trends/customer-acquisition-study (ultimo accesso: 18 giugno 2019).
38 sulla circolarità del processo, nel quale l’efficacia di ogni fase sprigiona energia per il successo delle successive.”50
In quest’ottica il consumatore è visto come la risorsa fondamentale di crescita
“I clienti soddisfatti del loro acquisto promuovono il marchio contribuendo in questo modo con l’azienda ad accrescere l’attenzione attorno al prodotto. Ciò crea un volano in cui gli investimenti post-vendita come il servizio clienti alimentano effettivamente le attività "top of the funnel".”51
Si è dunque entrati nell’ottica che investendo sul grado di soddisfazione e dunque anche sulle esperienze post vendita, come possono essere tutte quelle dedicate alla Customer Experience, i clienti sono maggiormente orientati a mantenere il medesimo brand e farsi portavoce del prodotto stesso. Le aziende hanno dunque capito sempre di più che gli sforzi per mantenere alto l’interesse di un cliente erano più bassi di quelli spesi per acquisirne uno nuovo.
Ciò che cambia totalmente è dunque il concetto di consumatore, non più visto come output bensì al centro della comunicazione stessa.52
“Prevedo una crescente importanza dei contenuti a supporto delle fasi di fidelizzazione e advocacy: strategie di content marketing con iniziative dedicate non solo all’acquisizione di nuovi lead quanto alla cura di chi è arrivato all’acquisto. Con la crescente importanza della reputazione e del passaparola, anche in contesti B2B, le imprese si stanno rendendo
50 Vincenzo Cosenza, Vincos Blog, “Dal Funnel al volano del marketing”, 14 novembre 2018, https://vincos.it/2018/11/14/dal-funnel-al-volano-del-marketing/ (ultimo accesso: 3 giugno 2019)
51 Redbord M., Hubspot, “The Hard Truth About Acquisition Costs (and How Your Customers Can Save You)”, 16 febbraio 2019, https://blog.hubspot.com/news-trends/customer-acquisition-study (ultimo accesso: 18 giugno 2019).
52 Ibidem.