UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
Dottorato di Ricerca in Tecnologie dell’Informazione XXIV Ciclo
Andrea Rossi
REALIZZAZIONE DIGITALE DI
ALGORITMI DI CONTROLLO DIRETTO DI COPPIA PER MOTORI ASINCRONI
DISSERTAZIONE PRESENTATA PER IL CONSEGUIMENTO DEL TITOLO DI DOTTORE DI RICERCA
Gennaio 2012
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
Dottorato di Ricerca in Tecnologie dell’Informazione XXIV Ciclo
REALIZZAZIONE DIGITALE DI
ALGORITMI DI CONTROLLO DIRETTO DI COPPIA PER MOTORI ASINCRONI
Coordinatore:
Chiar.mo prof Marco Locatelli Tutor:
Dott. Ing. Carlo Concari
Dottorando: Andrea Rossi
Gennaio 2012
Ai ragazzi del laboratorio
Indice.
Indice. 7
Prefazione. 9
Capitolo 1.
Il motore asincrono 11
1.1. Storia e principio di funzionamento del Motore Asincrono 11 1.2. Caratteristiche costruttive del Motore Asincrono 13
1.2.1. Lo statore 13
1.2.2. Il rotore 18
1.3. Schema elettrico equivalente del Motore Asincrono 19 1.4. Caratterizzazione del Motore Asincrono 22
1.4.1. La prova a vuoto 23
1.4.2. La prova in corto circuito 24
1.4.3. La misura della resistenza degli avvolgimenti di statore 26
1.4.4. La prova di diseccitazione 26
1.5. Espressione della Coppia e della Potenza nel Motore Asincrono 27 Capitolo 2.
Le tecniche più diffuse di controllo del Motore Asincrono 31
2.1. I controlli scalari 32
2.1.1. Il controllo V/f 33
2.2. I controlli vettoriali 38
2.2.1. Il controllo ad orientamento di campo indiretto 39 2.2.2. Il controllo ad orientamento di campo diretto 41
2.2.3. Il controllo diretto di coppia DTC 46
2.2.4. Il controllo del tipo DB-DTC 48
Capitolo 3.
Controllo diretto di coppia semplificato per microcontrollori
digitali 51
3.1. Le necessità di sviluppare un nuovo controllo 52
3.2. Concetti di base del DTC 56
3.3. Innovazione del controllo: DTC semplificato per microcontrollori
digitali 58
3.4. Il parallelismo con il controllo di un brushless DC 61 Capitolo 4.
Hardware impiegato per la realizzazione del controllo 63
4.1. L’alimentazione e l’inverter 64
4.2. Misura delle grandezze d’interesse 66
4.3. Ingressi ed uscite della scheda 67
4.4. L’unità di controllo 68
4.5. Cenni sulla struttura del software 69
Capitolo 5.
Risultati sperimentali 71
5.1. Regolazione di flusso e tensione al motore 71
5.2. Prove sperimentali 76
5.3. Valutazioni conclusive 82
Bibliografia. 85
Testi e pubblicazioni scientifiche 85
Documentazione tecnica 87
Internet 88
Prefazione.
Nel passato il motore in corrente continua, per la sua semplicità di regolazione, era il tipo di motore maggiormente utilizzato nei campi dove era richiesta velocità variabile o il controllo separato di flusso e coppia.
Tuttavia essi presentano numerosi svantaggi rispetto ai motori in corrente alternata, fra cui la necessità di manutenzione periodica di collettore e spazzole, la velocità di rotazione limitata, una bassa sovraccaricabilità, un elevato momento d’inerzia, elevate dimensioni in rapporto alla potenza.
I motori in corrente alternata risolvono buona parte di questi problemi a fronte, tuttavia, di una maggiore difficoltà di controllo. La possibilità di impiegare motori asincroni, inizialmente usati sempre a velocità costante, come attuatori negli azionamenti a velocità variabile, è nota da molti anni.
Già nella prima metà del ventesimo secolo, infatti, furono compiuti i primi studi per analizzare la possibilità di impiegare, per queste applicazioni, motori in corrente alternata al posto del motore in corrente continua.
Lo sviluppo di azionamenti efficienti con motori asincroni ha, però, dovuto attendere la metà degli anni ’80, a seguito di un rapido sviluppo della tecnologia elettronica. In questi anni, infatti, si è assistito ad una profonda trasformazione dell’elettronica di potenza, dovuta allo sviluppo di nuovi transistor BJT, MOS, IGBT.
Fra le macchine in corrente alternata, il motore asincrono è quello che nel passato è stato utilizzato in modo prevalente per moltissime applicazioni industriali che non avevano necessità di controllo di velocità o di coppia.
Esso può essere alimentato direttamente dalla corrente alternata di rete monofase o trifase senza alcuna apparecchiatura elettronica di controllo, e
nella diffusissima versione con rotore a “gabbia di scoiattolo”, non richiede la minima manutenzione.
Il motore asincrono ha sempre rappresentato il migliore compromesso tra caratteristiche di funzionamento, efficienza e costi per un azionamento in catena aperta per diverse applicazioni come: pompe, ventilatori, compressori, macchinari per l’edilizia, lavorazione del legno, impianti di sollevamento.
Recentemente il motore asincrono sta vivendo una “seconda giovinezza”
grazie alla possibilità di funzionare a velocità variabile con controlli che permettono di ottenere elevate prestazioni dinamiche ed affidabilità, tanto da eguagliare i più moderni azionamenti con motori brushless.
Tra le tecniche di controllo ad elevate prestazioni, la principale è quella denominata Controllo ad Orientamento di Campo (acronimo inglese FOC, Field Oriented Control) la quale ha lo scopo di regolare il flusso e la coppia della macchina controllandone le correnti. Una valida alternativa, anche se meno diffusa, è il controllo diretto di coppia (acronimo inglese DTC, Direct Torque Control) il quale calcola i vettori di tensione da applicare ai capi del motore direttamente in funzione delle stime di errori di coppia e di flusso.
Questo lavoro descrive lo sviluppo di un nuovo algoritmo di controllo per motori asincroni, derivato e basato sul DTC, ed i risultati ottenuti con tale tecnica. L’algoritmo presentato garantisce le elevate prestazioni e il funzionamento silenzioso del FOC, pur mantenendo la semplicità realizzativa del più elementare DTC.
Capitolo 1.
Il motore asincrono
Il motore propriamente detto ad induzione, ma più noto come motore asincrono, costituisce la categoria più diffusa di motori elettrici. Esso rappresenta la più importante utilizzazione dei campi rotanti generati mediante un sistema trifase di correnti. Questo capitolo descrive brevemente la storia, il principio di funzionamento, la costruzione e la caratterizzazione del motore asincrono.
1.1. Storia e principio di funzionamento del Motore Asincrono
Il motore asincrono fu realizzato la prima volta da Galileo Ferraris (1847- 1897, ingegnere italiano vissuto a Torino) nel 1885, quale immediata conseguenza della sua scoperta del campo magnetico rotante [1].
L’apparecchio costruito da Galileo Ferraris era costituito da due bobine uguali disposte con assi normali fra loro come indicato in Figura 1.1.1, all’interno era imperniato un leggero cilindro di rame vuoto.
Alimentando le bobine con due correnti alternate tra loro sfasate di un quarto di periodo, si genera un campo rotante d’intensità costante. Il funzionamento di questo dispositivo come motore deriva dal fatto che il campo rotante induce correnti nel cilindro. Queste a loro volta, immerse in
un campo magnetico, creano un complesso di forze magnetoelettriche (Legge di Lorentz F =il ×B o Regola della mano sinistra [2]) costituenti nel loro insieme una coppia che trascina in rotazione il cilindro.
Figura 1.1.1 – Motore asincrono secondo lo schema di Galileo Ferraris [1].
Nella sua rotazione il sistema indotto non può mai raggiungere la velocità del campo rotante, perché in tal caso cesserebbe il moto relativo tra il campo induttore ed il sistema indotto. Questo scorrimento per la legge di Lenz (1.1):
dt
e=−dφ (1.1)
genera le correnti indotte nel rotore, e qualora mancasse si avrebbe corrispondentemente la loro estinzione e perciò anche l’annullamento dell’azione motrice.
1.2. Caratteristiche costruttive del Motore Asincrono
La macchina asincrona è costituita principalmente da uno statore cavo e da un rotore cilindrico coassiale al precedente [3]. L’albero è sostenuto da due calotte che chiudono le estremità dello statore. Può eventualmente essere presente anche una ventola per il raffreddamento, direttamente calettata su una delle estremità dell’albero motore come si vede in Figura 1.2.1
Figura 1.2.1 - Lo statore cavo è chiuso alle estremità dalle calotte nelle quali sono inseriti, per forzamento, i cuscinetti volventi che sostengono l’albero. Ad una delle estremità dell’albero, ricoperta da una cuffia di protezione, è di sovente calettata una ventola per il raffreddamento ad aria forzata.
1.2.1. Lo statore
Modernamente le carcasse dei motori sono realizzate in alluminio come in Figura 1.2.2, ed al loro interno è alloggiato il pacco di lamierini isolati con verniciatura, sede del circuito magnetico. Lo spessore delle lamiere è
generalmente di 0.5 mm, la sua riduzione fino a 0.2 o 0.3 mm porta a ridurre le perdite nel ferro (schematizzate in Figura 1.2.3), il riscaldamento del nucleo è minore, ma tuttavia aumentano i costi dei materiali e delle lavorazioni di punzonatura.
Le lamiere sono costituite da Ferro al Carbonio con una considerevole componente di Silicio, generalmente 1-2%, fino al 3% qualora si desideri ridurre ulteriormente la resistenza elettrica e le correnti di Foucault, con la conseguenza di rendere molto fragile il materiale.
Figura 1.2.2 - Carcassa alettata in alluminio presso fusa sul pacco, per motore tipo MEC, standardizzazione europea del 1963 su dimensioni, ingombro e potenza dei motori [4].
Perdite nel ferro
Perdite per isteresi
Perdite per correnti parassite
(Foucault)
P
cp= k
cp⋅ f
2⋅ δ
2⋅ B
M2⋅ M
FeFe .
M ist
ist
k f B M
P = ⋅ ⋅
16⋅
Figura 1.2.3 - Schema riassuntivo delle perdite nel ferro del motore asincrono secondo [5]. Le perdite nel ferro dipendono sempre dalla frequenza di alimentazione f, dall’induzione massima BM e dalla massa di ferro interessata da variazione di induzione MFe. Come descritto sopra le perdite per correnti parassite aumentano anche all’aumentare dello spessore della lamiera δ.
All’interno delle cave realizzate nel pacco statorico sono alloggiati i conduttori del circuito induttore. Gli avvolgimenti statorici di queste macchine si dicono distribuiti perché costituiti da conduttori attivi entro le cave e collegati in modo appropriato.
Due conduttori attivi collegati da una connessione frontale costituiscono una spira. L’insieme delle spire in serie tra loro e riunite costituiscono la matassa, i suoi 2 lati vengono situati in 2 cave a distanza opportuna [3]. I lati di matassa esterni alle cave sono chiamati teste. La disposizione delle teste definisce il tipo d’avvolgimento concentrico (matasse concentriche di diverse dimensioni) o embricato (matasse identiche parzialmente sovrapposte, come gli embrici di un tetto). È opportuno notare che il comportamento elettromagnetico di un avvolgimento dipende dalla distribuzione dei lati attivi delle matasse nelle cave, mentre l’aspetto esteriore dipende dalla forma e dalla disposizione esteriore delle teste. La forma e la disposizione delle teste non influenzano il comportamento magnetico, tuttavia può caratterizzare un’agevole operazione d’infilaggio delle matasse.
Tre avvolgimenti identici sfasati tra loro di 120° elettrici, formati da uno stesso numero di matasse, costituiscono un avvolgimento trifase simmetrico.
Un elemento importante per la costruzione materiale delle matasse è il cosiddetto passo, esso è definito come il numero di cave di cui distano tra loro i lati attivi della stessa matassa, si veda la Figura 1.2.4.
Figura 1.2.4 - Rappresentazione di una matassa alloggiata nelle cave statoriche. Passo 8, detto anche 1÷9.
Un altro elemento indispensabile nella definizione dello schema di avvolgimento è dato dal numero di cave per polo e per fase q (1.2):
p q c
⋅
= ⋅ 2
3 (1.2) c = numero di cave dello statore
p = paia poli.
Un avvolgimento con un numero di cave per polo e per fase alto (da 4 a 8) è un avvolgimento con una migliore “forma” del campo magnetico e quindi silenzioso e regolare nel funzionamento. L’approssimazione sta nella forma della sinusoide che descrive l’andamento del flusso in funzione dello sviluppo angolare del traferro.
Nella Figura 1.2.5 e Figura 1.2.6 sono mostrati due esempi di schemi di collegamento di una fase di avvolgimento simmetrico trifase a passo intero.
Figura 1.2.5 – Avvolgimento di una macchina a 36 cave, 4 poli (2 paia), avvolgimento tipo concentrico q = 3; passo 7-9-11, le matasse sono di 3 dimensioni diverse in ogni gruppo;
collegamento ondulato delle matasse.
Figura 1.2.6 – Avvolgimento di una macchina a 24 cave, 2 poli, avvolgimento embricato q = 4;
passo 12, la matasse sono tutte identiche; collegamento a spirale delle matasse.
1.2.2. Il rotore
Il rotore di un motore asincrono, rappresentato in Figura 1.2.7, come lo statore, è costituito da un nucleo magnetico, e da un circuito elettrico. Da una similitudine con il trasformatore, si può dire che il motore elettrico possiede il circuito secondario sempre in corto circuito. Questo serve per ottenere correnti di rotore maggiori e quindi più coppia.
Figura 1.2.7 - Rotore a gabbia di scoiattolo per motore asincrono [3], gli anelli di cortocircuito uniscono i conduttori costituiti da delle sbarrette di rame o alluminio.
Data la bassa frequenza che interessa le correnti di rotore, spesso i lamierini del suo nucleo magnetico non sono isolati.
Esistono fondamentalmente 2 tipi di rotori:
• il rotore avvolto
• il rotore a gabbia di scoiattolo
La prima soluzione è quella più complessa e costosa e presenta un avvolgimento del tutto simile a quello dello statore, ma con le fasi in corto. Il rotore avvolto permette controllare le correnti di rotore. In passato trovava applicazione nella riduzione della corrente di avvolgimento che segue ad un aumento della resistenza rotorica. Attualmente, invece, trova applicazione nel campo della generazione di energia da fonte eolica negli aerogeneratori di grandi dimensioni a velocità di rotazione variabile (Doubly Fed Induction Generators [6]).
La soluzione a gabbia di scoiattolo (rappresentata in Figura 1.2.8) è quella notevolmente più adottata e che permette i migliori rendimenti sotto carico, bassi scorrimenti per la ridotta resistenza del secondario, tuttavia le correnti d’avviamento sono elevate. Nelle cave sono infilate delle sbarrette di rame o di alluminio unite alle estremità del rotore con degli anelli di corto circuito.
Per ridurre problemi d’impuntamento e per migliorare la regolarità dell’erogazione di coppia le cave sono leggermente inclinate (Figura 1.2.8), per lo stesso motivo i numeri di cave statoriche e rotoriche per polo devono essere primi tra loro.
Figura 1.2.8 - Pacco lamiere di un rotore per motore asincrono con cave inclinate (“skeewing”) per l’alloggiamento dei conduttori.
1.3. Schema elettrico equivalente del Motore Asincrono
L’avvolgimento statorico descritto sopra, percorso da corrente alternata trifase di frequenza f, genera un campo magnetico rotante alla velocità angolare:
p π f ω0 = 2
La velocità ω0 è detta velocità di sincronismo. Immaginiamo che il rotore ruoti ad una velocità pari ad ω, il rotore vedrà il campo magnetico statorico ruotare ad una velocità angolare pari a:
ω ω −
= 0 S
La quantità S è detta velocità di scorrimento o scorrimento assoluto. Lo scorrimento relativo o semplicemente scorrimento è invece definito come:
0 0
0 ω
ω ω ω
= −
= S
s .
Ai capi d’ogni spira rotorica s’indurrà una forza elettromotrice di frequenza
π 2
S e di valore efficace:
φ φ
S dt K
er = d = 1
dove K1 è una costante dipendente da fattori costruttivi della macchina [2], e vuole solo sottolineare la proporzionalità della f.e.m. indotta a flusso e scorrimento. Questa tensione fa circolare nel rotore una corrente efficace:
2 2 2
1 r r
r R S L
S I K
= + φ
Rr e Lr sono rispettivamente la resistenza e l’induttanza del rotore. Dato che questi conduttori sono immersi in un campo magnetico, su di essi si generano delle forze proporzionali al flusso ed alla corrente che li attraversa;
la coppia vale:
rφ I K C= 2 Essendo K2 una costante opportuna.
La corrente di rotore creerà a sua volta un campo rotante alla pulsazione S, ed anche sullo statore s’indurranno delle forze contro elettromotrici es.
Con K si indicherà il rapporto spire equivalente:
s
r K I
n I n e
K = e = = ⋅
2 1 2 1
Facendo riferimento alla Figura 1.3.1, indicando la tensione d’alimentazione di fase con Vf, e la corrente di statore con Is, si può scrivere la legge sulla circuitazione delle tensioni di Kirchhoff (KVL) per lo statore:
2 2 0 2 2
s s
s s
f e I R p L
V = + + ω
Figura 1.3.1 - Schema di principio di una fase dei circuiti elettrici di rotore e statore.
• Rs = resistenza di una fase di statore
• Ls = induttanza di una fase di statore
• R0 = resistenza associata alle perdite nel ferro
• LM = induttanza di magnetizzazione
• R(s) = resistenza equivalente, si dimostra che rappresenta il carico meccanico dovuto alla coppia resistente, non esiste in pratica, ma è solo un artificio per tenere conto in maniera semplice della potenza meccanica
• es = forza contro elettromotrice
• er = forza elettromotrice
• Rr= resistenza di una fase di rotore
• Lr= induttanza di una fase di rotore
Di fatto per controllare il motore con i metodi descritti nei capitoli successivi non è necessario conoscere i valori dei parametri al secondario (è
sufficiente infatti conoscere i parametri di rotore riportati a statore), e nemmeno del rapporto spire equivalente, e ci si accontenta dello schema elettrico equivalente rappresentato in Figura 1.3.2. Le prove di caratterizzazione del motore asincrono permettono di determinare tutti i coefficienti che compaiono in questo circuito equivalente.
Figura 1.3.2 - Circuito equivalente di una fase del motore, le grandezze al circuito secondario (rotore) sono riportate al primario (statore).
1.4. Caratterizzazione del Motore Asincrono
Caratterizzare il Motore Asincrono consiste nella determinazione delle sue caratteristiche, ovvero dei parametri presenti nel circuito equivalente appena visto. È necessario ricavare questi dati per realizzare controlli di vario tipo, come quelli descritti nei capitoli successivi. Per caratterizzare il motore asincrono occorrono 4 prove sperimentali [7]:
• La prova a vuoto
• La prova in corto circuito
• La misura delle resistenza degli avvolgimenti statorici
• La prova di diseccitazione
1.4.1. La prova a vuoto
La prova a vuoto è eseguita inserendo a monte del motore due wattmetri secondo lo schema di collegamento Aron, ognuno formato da un voltmetro ed un amperometro. Si avvia quindi il motore alimentandolo alla tensione e frequenza nominali lasciandolo girare a vuoto. L’amperometro fornisce la lettura della corrente di fase e la somma (di fatto si farà la differenza delle due letture perché l’angolo di sfasamento tra corrente e tensione φ sarà sicuramente inferiore a 30° [1]) delle letture dei due wattmetri fornisce la potenza attiva assorbita a vuoto.
Il fattore di potenza (fasi collegate a stella, Vf = tensione stellata) risulta:
0 0
0 3
cos V I
P
f ⋅
= ⋅ ϕ
Non essendoci carico si trascura la resistenza fittizia che lo rappresenta (scorrimento s≈0) considerando un circuito aperto. Il seno di φ è immediatamente determinato, e si può calcolare la potenza apparente:
2 0 0
0 3 V I sen 3 X I
Q = ⋅ f ⋅ ⋅ ϕ = ⋅ ⋅
L’induttanza di magnetizzazione è determinata ipotizzando LM>>Ls:
2 0 0 0
3 p I
LM Q
⋅
⋅
= ⋅
ω
Per semplificare la prova a vuoto (in questo caso non sono necessari i wattmetri) è possibile trascurare con buon’approssimazione anche resistenza e reattanza di statore essendo molto bassa la corrente che attraversa lo statore; si considera in questo caso un corto circuito come rappresentato in Figura 1.4.1. La resistenza Ra s’ipotizza molto alta, Iμ>>Ia, quindi tutta la corrente percorrere l’induttanza di magnetizzazione.
M
f p L
I
Z =V ≅ ⋅ 0⋅
0
ω
Quindi l’induttanza di magnetizzazione ha valore:
0 0 I p LM Vf
⋅
= ⋅ ω
Figura 1.4.1 - Circuito equivalente semplificato di una fase del motore durante il funzionamento a vuoto.
1.4.2. La prova in corto circuito
La prova in corto circuito è eseguita con la strumentazione sopra elencata, ma le misure devono essere svolte con il rotore bloccato per impedirgli di girare. Siccome la corrente di corto circuito Icc, che si ottiene applicando la tensione nominale, risulta eccessiva e non può essere sopportata a lungo dal motore, la prova è eseguita a tensione ridotta. La frequenza della prova deve essere quella nominale. All’atto pratico si applica precisamente quella tensione V1cc che occorre per fare assorbire al motore col rotore bloccato la corrente nominale di pieno carico In [1]. La tensione da applicare è tipicamente dell’ordine del 15÷30% di quella nominale.
Quando il rotore è bloccato, s=1, la resistenza di carico
s R s s
R r −
= 1
' ) (
' è
nulla, e l’impedenza Z =R'r+pω0L'r risulta abbastanza bassa da considerare trascurabile la corrente di magnetizzazione. I rami di Ra ed M sono sostituiti perciò con dei circuiti aperti.
Figura 1.4.2 - Circuito equivalente approssimato del motore asincrono durante la prova in corto-circuito (a rotore bloccato).
In Figura 1.4.2 è riportato il circuito equivalente per la prova in corto.
La potenza risultante, dalla somma delle letture dei wattmetri, Pcc
corrisponde essenzialmente alle perdite nel rame per effetto Joule nello statore e nel rotore.
(
s 'r)
cc2cc R R I
P = +
Da cui si ricava:
(
')
2cc cc r s
cc I
R P R
R = + =
Ora trovando l’impedenza, si calcola la reattanza
cc cc
cc I
Z =V1 e Xcc = Zcc2 −Rcc2
Per ottenere infine l’induttanza
0
' = ⋅ω +
= p
L X L
Lcc s r cc
Tipicamente per trovare i valori Ls da L’r, ottenuta Lcc, s’impone quanto segue:
'r 2cc
s
L L
L = = .
1.4.3. La misura della resistenza degli avvolgimenti di statore
Per separare i contributi di Rs e R’r, si fa la misura della resistenza degli avvolgimenti di statore con il metodo voltamperometrico. Questa prova si compie in corrente continua, per considerare solamente le resistenze in luogo delle impedenze. Occorre fare percorrere gli avvolgimenti dalla corrente nominale InDC, e quindi si misura la tensione ai capi dei morsetti VDC. La resistenza dell’avvolgimento di statore varrà:
nDC DC
s I
R = V .
L’approssimazione di questo metodo è data dal fatto che in realtà la corrente alternata, per effetto pelle, tende a scorrere soltanto nella periferia della sezione trasversale del conduttore. La resistenza stimata con il metodo voltamperometrico, ed usando corrente continua, sarà quindi sottostimata di qualche punto percentuale.
1.4.4. La prova di diseccitazione
Con la prova di diseccitazione si determina la costante di tempo rotorica
r r
r R
L '
= '
τ . Il motore è alimentato a tensione nominale senza carico, ed è soggetto al flusso magnetico nominale. Togliendo istantaneamente l’alimentazione, le f.e.m. sugli avvolgimenti non si annulleranno immediatamente, ma seguiranno l’andamento decrescente del flusso magnetico. Questo diminuirà con una dinamica legata alla costante di tempo rotorica τr. Registrando con un oscilloscopio l’andamento della scarica delle f.e.m. è possibile trovare τr. Nel caso in cui la dinamica elettrica fosse simile alla dinamica meccanica, la misura sarebbe disturbata, è possibile quindi applicare all’albero motore un volano che diminuisce la decelerazione angolare. La dinamica elettrica e quella meccanica divengono differenti di alcuni ordini di grandezza, e perciò non sono più interferenti.
1.5. Espressione della Coppia e della Potenza nel Motore Asincrono
Per chiarezza si descrive il bilancio di potenza riportato in Figura 1.5.1.
Figura 1.5.1- Schema rappresentativo delle perdite di potenza nel motore ad induzione.
• P1 = 3⋅Vf ⋅Is ⋅cosϕ1 potenza assorbita alla rete dal primario
• Pj1 =3⋅Rs ⋅Is2 potenze perse per effetto Joule nel rame sullo statore
• PFe = 3⋅Vf ⋅I0 ⋅cosϕ0 = P0 le perdite a vuoto coincidono con le perdite nel ferro
• s
I C R
Ps r r
2 0
3⋅
=
⋅
=ω potenza sincrona, trasmessa attraverso il campo magnetico dallo statore al rotore
• Pj2 =s⋅Ps =3⋅Rr ⋅Ir2 perdite per effetto Joule nel rame sul rotore
• PM =ω⋅C =
(
1−s)
⋅Ps potenza meccanica totale• Pm potenza meccanica persa per attrito sui cuscinetti e per ventilazione
• PR =ω⋅CR potenza resa, utile all’albero
L’espressione della corrente in una fase del rotore è la seguente:
2 2 2
2 2 2
2 0 2 2
r r
r
r r
r
r r
r r
X s R
e s s X
R e L
s p R I e
+
= ⋅
⎟ +
⎠
⎜ ⎞
⎝
⎛
=
⎟ +
⎠
⎜ ⎞
⎝
⎛
=
ω
In Figura 1.5.2 è riportato un andamento qualitativo della corrente di rotore al variare della sua velocità angolare.
Figura 1.5.2 - Andamento della corrente rotorica in funzione della velocità angolare.
Unendo le definizioni delle potenze e l’espressione della corrente di rotore è possibile calcolare l’espressione della coppia motrice [8]:
( )
2 2 2 02 22 2 0
2 0
2 1 3
1 3 1
3
r r
r r
r r r
r M
L p s R
e s s
I R s R
s I s
s R P s
C ω ω ω ω ⋅ + ω
= ⋅
− ⋅
− ⋅
=
− ⋅
⋅
=
=
La seguente è un’espressione rigorosa:
2 2 0 2 2 2
2 0
1 3
r r
r r
L p s R
e s C R
ω + ω
⋅ ⋅
=
Considerando la resistenza rotorica riportata al primario R'r→Rr, trascurando le perdite nel ferro e quelle nel rame dello statore (perché i parametri di resistenza e reattanza di rotore divengono prevalenti, quando trasportati allo statore), si ottiene la seguente espressione semplificata:
2 2 2 0 2 2
2
0 ' '
3 '
r r
f r
L p s R
V R C s
ω
ω +
⋅ ⋅
=
L’espressione della potenza meccanica si ricava ora facilmente come:
( )
2 2 0 2 2 2
2
' '
' 1
3
r r
f r
M R s p L
V R s P s
⋅ +
⋅
⋅
−
= ⋅
ω
In figura Figura 1.5.3 sono rappresentati gli andamenti qualitativi della coppia e della potenza in funzione della velocità angolare.
Figura 1.5.3 - a) andamenti della coppia e della potenza meccanica a confronto per un generico motore asincrono. b) Curva di coppia, confrontata con tipiche coppie resistenti relative al pompaggio di fluidi. La zona del grafico di coppia con pendenza negativa è quella stabile, ed in questa zona di lavoro è indispensabile porsi negli azionamenti in catena aperta.
Capitolo 2.
Le tecniche più diffuse di controllo del Motore Asincrono
Esistono varie modalità per effettuare il controllo della velocità di un motore asincrono. Alcune permettono di fare funzionare il motore con buon rendimento solo in un piccolo campo di variazione della velocità, altre, invece, consentono escursioni di velocità più ampie.
Nei paragrafi successivi sono descritte le seguenti tecniche tradizionali di regolazione del motore asincrono:
1. Variazione della resistenza degli avvolgimenti rotorici 2. Variazione del numero di poli
3. Variazione dell’ampiezza della tensione di alimentazione 4. Variazione della frequenza della tensione di alimentazione 5. Controllo di scorrimento a corrente impressa
6. Controllo ad orientamento di campo 7. Controllo predittivo
Le prime quattro modalità sono individuate con la dizione di controllo scalare, in quanto il dispositivo di controllo si limita a variare semplicemente l’ampiezza della grandezze elettriche [9]. Le altre tre modalità sono invece indicate con la nozione di controllo vettoriale in quanto il dispositivo di controllo determina il valore del modulo e della direzione del vettore di
tensione o di corrente da applicare alla macchina o, equivalentemente, le sue componenti secondo un sistema di riferimento opportuno.
2.1. I controlli scalari
La (2.1) evidenzia i parametri da cui dipende la velocità di rotazione del motore asincrono. I vari metodi di controllo scalari agiscono diversamente su tali parametri.
(
s)
p f
r =2⋅π⋅ 1−
ω (2.1)
Alcuni dei controlli scalari elencati in precedenza sono rapidamente caduti in disuso durante gli anni ’80. Si tratta dei controlli a variazione della resistenza rotorica ed a variazione della tensione di alimentazione, che regolano la velocità basandosi sullo scorrimento s. I loro principali inconvenienti sono legati alla scarsa efficienza elettrica al di fuori dalle condizioni nominali di funzionamento del motore. L’unico controllo che permette di variare la velocità senza perdita di efficienza è la variazione del numero di poli p secondo lo schema Dahlander, di cui si vede un esempio nella Figura 2.1.1. Questa tecnica di regolazione di velocità consente comunque di lavorare soltanto a due velocità di rotazione fisse, e questo inconveniente ha reso obsoleta anche questa soluzione.
L’evoluzione della tecnologia e la diffusione della conoscenza hanno permesso la diffusione dei cosiddetti “inverter” commerciali per controllo motori (dispositivi costituiti da valvole elettroniche controllate, tipicamente di tipo MOS o IGBT). Questi sono basati principalmente su controlli scalari, ma a volte anche vettoriali, e nell’ultimo ventennio hanno completamente soppiantato gli altri controlli scalari permettendo di lavorare con buona efficienza per un ampio range di velocità di rotazione.
La possibilità di alimentare un carico trifase con una forma d’onda a frequenza variabile ha aperto la strada all’impiego del motore asincrono, come attuatore a velocità variabile, in diversi campi applicativi, migliorandone l’efficienza e la versatilità.
Figura 2.1.1 - Rappresentazione di una fase di avvolgimento di statore con connessione Dahlander che consente la commutazione da 4 ad 8 poli semplicemente cambiando le connessioni all’esterno del motore. P1/F1 sono principio e fine di una parte di fase [1].
2.1.1. Il controllo V/f
La relazione (2.1) evidenzia la possibilità di variare la velocità agendo anche sulla frequenza f della tensione di alimentazione del motore mediante un inverter.
Per regolazioni di questo tipo non si necessita di rotori avvolti, e si impiegano rotori a gabbia aventi basso valore di scorrimento nominale ed elevato rendimento.
Per poter realizzare un buon azionamento occorre tenere conto delle seguenti considerazioni:
1) Il flusso al traferro Φ deve essere mantenuto, per quanto possibile al suo valore nominale, in modo da consentire un ottimo sfruttamento magnetico della macchina;
2) La corrente assorbita dal motore non deve superare il valore nominale fissato dal costruttore, per non incorrere in surriscaldamenti o sovradimensionamenti dell’inverter.
Rifacendosi allo schema elettrico equivalente con le grandezze riportate allo statore di Figura 1.3.2, è possibile notare che:
• per V≈Vnom la caduta di tensione sull’impedenza di statore è trascurabile, l’induttanza di magnetizzazione LM è sottoposta alla tensione in ingresso ed il flusso può considerarsi
M f K V Z K V I
K⋅ = ⋅ = ⋅ ⋅
= ' 0 ' ''
φ da cui si vede che per mantenere
costante il flusso deve mantenersi il rapporto tra tensione e frequenza f
K V = ⋅ .
• Per V≈0 si fanno sentire le cadute di tensione sulla resistenza di statore, perciò non si può continuare a ridurre la tensione assieme alla frequenza, e si applica una funzione simile a quella di Figura 2.1.2.
V
f
Figura 2.1.2 – Ampiezza della tensione di alimentazione al fine di mantenere il flusso costante.
Alle basse tensioni occorre incrementare il rapporto V/f per compensare le cadute di tensione statoriche legate alla corrente magnetizzante del motore.
In Figura 2.1.3 sono mostrate tre diverse zone di funzionamento al variare della frequenza di alimentazione:
1) Funzionamento a coppia costante: la corrente di magnetizzazione si mantiene costante, e così pure la coppia, la potenza cresce linearmente.
2) Funzionamento a potenza costante: la tensione non è più aumentata per non danneggiare inverter o motore, o semplicemente perché non è disponibile tensione maggiore, la frequenza continua ad aumentare e la corrente di magnetizzazione ed il flusso diminuiscono. La coppia diminuisce secondo un’iperbole
f
1 , e la potenza si mantiene costante.
3) Funzionamento a potenza decrescente: (detto anche a corrente limitata):
se la tensione si mantiene costante e la frequenza continua a crescere le reattanze del circuito elettrico del motore si elevano talmente da impedire il passaggio della corrente nominale anche negli avvolgimenti rotorici. La potenza diminuisce secondo
f
1 , la coppia
diminuisce secondo
2
1
f ; si veda Figura 2.1.3.
Figura 2.1.3 - Andamento della coppia disponibile del motore asincrono alimentato con inverter con controllo V/f [10]. Nella prima zona a coppia costante si mantengono flusso e coppia nominale, nella zona a potenza costante viene ridotto il flusso, alle alte velocità angolari l’elevata frequenza di alimentazione provoca la riduzione delle correnti, con conseguente più veloce decrescita della coppia disponibile.
Il controllo V/f offre sempre la massima coppia disponibile al variare della velocità (Figura 2.1.3). Infatti a fronte di un aumento del carico presente, il motore risponde aumentando lo scorrimento, ovvero riducendo la velocità, la corrente aumenta ed il carico è sostenuto.
Il controllo V/f grazie a:
• la semplicità del suo algoritmo in quanto basta mantenere il rapporto tensione frequenza, non ci sono retroazioni da gestire, né implementazione di modelli matematici
• la sua affidabilità in quanto funziona sempre, a tutte le velocità, nei limiti della coppia disponibile alle varie frequenze di alimentazione
• l’indipendenza dalle variazioni dei parametri di motore, in quanto non presenta algoritmi di calcolo basati sui parametri elettrici della macchina
rappresenta ad oggi la tecnica di controllo più utilizzata per l’azionamento di motori asincroni, nonostante l’ampia ricerca degli ultimi decenni su temi relativi ai controlli vettoriali.
L’affidabilità e la ripetibilità delle prestazioni di un azionamento rivestono una caratteristica irrinunciabile e di fondamentale importanza sia in ambito industriale che, in particolare, in applicazioni comuni di mass-market come il caso degli elettrodomestici (settore del bianco).
Questo controllo, d’altro canto mostra limiti che fanno sì che per alcune particolari applicazioni, il V/f non sia la scelta migliore.
1. L’assenza di controllo sullo scorrimento limita la precisione di velocità, in quanto l’errore può arrivare in condizioni normali fino ad un 6 o 7%.
2. Se lo scorrimento cresce oltre quello di coppia massima il motore si ferma a causa del passaggio nella zona a funzionamento instabile rappresentata in Figura 1.5.3 b). Per la sua semplicità infatti questo algoritmo non presenta variabili di controllo che permettono di applicare regolatori ed anelli in retroazione.
3. Alle bassissime velocità (generalmente sotto il 10% di quella nominale), non conoscendo i dati di resistenza statorica, non è garantito il flusso nominale e quindi la massima coppia disponibile.
4. L’assenza di un sistema in retroazione limita anche la dinamica del sistema, ovvero la capacità di inseguire un set point con rapide variazioni di velocità. Infatti per mantenere valori bassi di scorrimento chi programma l’inverter imposterà uno stringente rate limiter sulla velocità, al fine di permettere sempre l’inseguimento del set point a basso scorrimento, ma di conseguenza le accelerazioni saranno sempre lente.
Per soddisfare questo seppur piccolo sottoinsieme di casi in cui il controllo V/f dell’asincrono non riesce a far fronte alle richieste, sono stati studiati i controlli vettoriali, di cui il Controllo ad Orientamento di Campo è il
capostipite, seguito dai controlli predittivi. Il nuovo controllo realizzato in occasione di questo lavoro, vuole unire le caratteristiche migliori di queste due tipologie di controlli, ovvero la semplicità realizzativa e l’affidabilità del V/f insieme alle performance dei sistemi in retroazione.
2.2. I controlli vettoriali
Queste tecniche di regolazione permettono di controllare il motore asincrono in coppia, ottenendo prestazioni poco inferiori a quelle dei moderni motori brushless. Per potere essere realizzate richiedono un opportuno convertitore elettronico di potenza, ed un modulo di controllo con un microcontrollore, che tipicamente contiene anche un’unità DSP. Si sottolinea che il controllo V/f richiede un hardware simile a quello appena menzionato anche se la potenza di calcolo necessaria è inferiore.
Il controllo di scorrimento con alimentazione a corrente impressa rappresenta il più semplice approccio al controllo vettoriale; infatti il dispositivo di controllo dell’azionamento determina i valori desiderati del modulo e della direzione del vettore di corrente [9]. Attualmente è stato praticamente soppiantato dalla tecnica nota come Controllo ad Orientamento di Campo (Field Oriented Control, FOC), che in alcune realizzazioni risulta di poco più complessa del controllo di scorrimento, ed attualmente è la tecnica di controllo vettoriale più utilizzata. Lo studio della quinta tecnica di controllo è stato perciò omesso data anche la somiglianza con il FOC, e si rimanda a testi specializzati come quelli riportati in bibliografia [9].
Il controllo ad orientamento di campo può essere di tipo:
• Indiretto
• Diretto con:
o Stimatore di flusso con equazioni di statore o Stimatore di flusso con equazioni di rotore o Stimatore di flusso dinamico
Il controlli di tipo predittivo [11] al contrario del FOC, si propongono di calcolare le tensioni da applicare in funzione direttamente della coppia e del flusso richiesti, senza passare attraverso le correnti. Questo permette di raggiungere il punto di lavoro desiderato in tempi molto brevi. Come si intuisce dal nome, sono caratterizzati dal controllo diretto della coppia senza passare per il controllo della corrente. I calcoli al fine di ottenere i vettori di tensione da applicare al motore sono basati sul cosiddetto modello inverso del motore.
I controlli predittivi principali sono:
• Il controllo diretto di coppia DTC
• Il Dead-Beat DTC
2.2.1. Il controllo ad orientamento di campo indiretto
Il controllo ad orientamento di campo indiretto è un metodo semplificato, ed è utilizzato nel caso si voglia utilizzare una potenzialità di calcolo inferiore al controllo ad orientamento di campo diretto.
Si considerino le equazioni seguenti del flusso su assi d-q (asse d detto anche asse della corrente di flusso isd flusso, asse q detto anche asse della corrente di coppia isq) originate dallo studio del modello dinamico del motore asincrono:
( )
⎪⎪
⎩
⎪⎪⎨
⎧
⋅
−
⋅
⋅
−
=
⋅ +
⋅
−
=
sq M r r r
r r sd M r
i L
dt i d
L q
asse d asse
τ φ ω ω
τ φ φ
0 0
0 (2.2)
essendo:
• φr Vettore del flusso di rotore
• τrCostante di tempo rotorica
• ω0Velocità di rotazione di sincronismo
• ωrVelocità di rotazione effettiva
• isdCorrente di statore lungo l’asse d
• isqCorrente di statore lungo l’asse q
• L Induttanza di magnetizzazione M dalla prima delle (2.2) si ottiene:
sd r
r M i
s
L ⋅
⋅
= + φ τ
1 (2.3);
dalla seconda, sfruttando la definizione di velocità di scorrimento ωs, si ha:
sq M r r
s ⋅ ⋅ −L ⋅i
=ω φ τ
0 da cui:
r r
sq M s
i L
τ ω φ
⋅
= ⋅ (2.4).
Conoscendo i (si utilizza il valore imposto) e *sq φr , si può ottenere ωs. Un semplice sensore di velocità, per esempio una dinamo tachimetrica, può fornire il valore di ωr, ed ω0 è facilmente determinata:
r
s ω
ω ω0 = +
L’angolo θ0 col quale ruota il sistema di riferimento degli assi (d, q) può essere calcolato per integrazione della ω0.
Figura 2.2.1 - Schema a blocchi del controllo ad orientamento di campo indiretto. I blocchi A(θ) e B contengono delle matrici, la prima è una matrice di rotazione da assi fissi ad assi rotanti, la seconda è una matrice di trasformazione da sistema di riferimento trifase a bifase.
Questo metodo ha come inconveniente la sensibilità alle variazioni dei parametri LM e τr a seguito dei cambiamenti delle condizioni di lavoro (principalmente della temperatura) o da diverse caratteristiche dei motori fabbricati. Inoltre l’utilizzo della i (valore imposto) invece del valore isq* sq
reale può portare ad errori nella stima di ωs. Da un confronto fra questo controllo (Figura 2.2.1) e quello descritto nel prossimo paragrafo si riscontra comunque una riduzione di oneri computazionali per l’assenza dell’osservatore di flusso.
2.2.2. Il controllo ad orientamento di campo diretto
La prima importante differenza che si vede mettendo a confronto lo schema a blocchi del controllo ad orientamento di campo indiretto di Figura 2.2.1 con quello del controllo ad orientamento di campo diretto di Figura 2.2.2 è l’aggiunta di due moltiplicazioni matriciali. La differenza nella stima del flusso dipende invece dal tipo di stimatore adottato con conseguente diversa accuratezza. Tuttavia come conseguenza dello sviluppo dei processori digitali ci si è concentrati maggiormente sul controllo ad
orientamento di campo diretto con il quale si riescono ad ottenere prestazioni migliori.
Figura 2.2.2 - Schema a blocchi del controllo ad orientamento di campo diretto. Sono presenti due anelli di corrente, uno per ogni componente. Il blocco Flux Observer, rappresenta una parte considerevole degli oneri computazionali complessivi.
Questo controllo è caratterizzato dalla chiusura di quattro anelli (due per le correnti, uno per il flusso e uno per la velocità) ognuno con il suo regolatore, dando così molta stabilità al controllo. Il flusso viene stimato dalle correnti lette ed è quindi più affidabile rispetto al controllo indiretto.
Questo è un fatto fondamentale in quanto le prestazioni del controllo dipendono fortemente dalla stima del flusso.
Le due componenti della corrente di statore, in quadratura tra loro, sono controllate indipendentemente l’una dall’altra tramite due controllori PI (Proporzionale Integrale) separati, come si vede in Figura 2.2.2. Le uscite di questi controllori sono riportate in un sistema di riferimento stazionario mediante la matrice di rotazione trasposta, i due segnali così ottenuti non sono altro che le componenti (α, β) del vettore di tensione da trasformare in componenti (u, v, w) e da applicare allo statore.
I blocchi A e AT rappresentano rispettivamente la matrice di rotazione diretta (trasformata di Park) e inversa, mentre i blocchi B e BT indicano
rispettivamente le trasformazioni trifase-bifase (trasformata di Clarke) e bifase-trifase.
Il blocco Flux Observer è fondamentale nel controllo a orientamento di campo, infatti, la trasformazione da sistema di riferimento stazionario a rotante, e viceversa, necessita di un’informazione fondamentale: l’angolo θ0(t) del sistema di riferimento scelto. Ricordando che il vettore flusso giace sull’asse d del sistema di riferimento rotante l’angolo θ0(t) sarà la fase del vettore flusso. Sfruttando le equazioni del modello dinamico del motore a induzione si può ricavare una stima del vettore di flusso in modulo e fase, procedendo alla misura di alcune grandezze, come tensioni e correnti di statore e velocità di rotazione.
Come accennato all’inizio del presente capitolo lo stimatore di flusso può essere basato su:
• equazioni di statore
• equazioni di rotore
• modello misto (stimatore di flusso dinamico)
Il vettore del flusso è una grandezza che per motivi di costo e di praticità non può essere misurata. Per questo motivo occorre realizzare uno stimatore. Si descrivono nel seguito alcune tipologie di stimatori in ordine di complessità crescente.
Lo stimatore di flusso che sfrutta le equazioni di statore è basato sulla seguente relazione:
K dt
dt i L d i
R V
r
s s s
s s
r =
∫
− ⋅ −σ
⋅ ⋅φ
(2.5)dove:
•
φ
r è il vettore del fusso di rotore•
V
s è il vettore delle tensioni di statore (su assi α-β)•
i
s è il vettore delle correnti di statore (su assi α-β)• Rsè la resistenza di statore
• Lsè l’induttanza di statore
•
r M
r L
K = L è il rapporto tra l’induttanza di magnetizzazione e l’induttanza di rotore
• σ = 1−Ks⋅Kr è il coefficiente di dispersione totale, ovvero il complemento a 1 del prodotto dei rapporti tra l’induttanza di magnetizzazione e le induttanze di statore e rotore
Lo schema a blocchi di Figura 2.2.3 riassume il funzionamento dello stimatore di flusso rotorico basato su equazioni di statore.
Figura 2.2.3 - Schema a blocchi riassuntivo dell’osservatore di flusso con equazioni di statore.
Lo stimatore di flusso che sfrutta equazioni di rotore è basato sulla seguente relazione:
[ ]
( )
{
M s r r r}
r
r
L i J
dt
d τ ω φ
τ
φ = ⋅ ⋅ + − + ⋅ ⋅ ⋅
1 1
(2.5)
dove:
•
r r
r R
= L
τ rappresenta la costante di tempo rotorica, come da paragrafo 1.4.4
• [J] è una matrice avente la seguente proprietà
[ ] [ ] [ ] [ ]
J 2 = J ⋅ J =− I• le altre grandezze corrispondono a quelle elencate nella pagina precedente.
Lo schema a blocchi di Figura 2.2.4 riassume il funzionamento dello stimatore di flusso rotorico basato su equazioni di rotore.
Figura 2.2.4 - Schema a blocchi riassuntivo dell’osservatore di flusso con equazioni di rotore.
Lo stimatore di flusso basato su equazioni di statore fornirà una buona stima per alti regimi di rotazione. In questi casi le f.e.m sono elevate, quasi fino ad approssimare il vettore delle tensioni Vrs
. Il sistema risulterà meno sensibile agli errori di misura sulle correnti, al rumore di fondo, ed all’imprecisione sulla conoscenza dei parametri del motore.
L’equazione di statore fornisce una stima imprecisa di Φrr
alle basse velocità perché in questi casi il risultato dipende fortemente dalla conoscenza dei parametri interni della macchina.
La stima del flusso basata sull’equazione di rotore (2.5) è anch’essa sensibile alle variazioni parametriche perché
r r
r R
= L
τ può cambiare al variare di carico e velocità. Nemmeno questo stimatore viene usato singolarmente.
Viste le limitazioni legate ai due metodi di stima del flusso, la scelta migliore risiede nell’utilizzo di un osservatore dinamico che sfrutta entrambe le equazioni. Ad esempio dall’equazione di rotore si può ottenere una stima di Φr r
che sostituita all’interno dell’equazione di statore determina
un’ulteriore stima di una grandezza che sia facilmente misurabile (ad es. Vrs );
cosi facendo si può calcolare l’errore fra la grandezza misurata e quella stimata ed utilizzare quest’ultimo per fare convergere la stima di Φrr
al valore vero nell’equazione di rotore (come schematizzato in Figura 2.2.5).
Figura 2.2.5 - Schema a blocchi riassuntivo dello stimatore dinamico di flusso rotorico.
2.2.3. Il controllo diretto di coppia DTC
Il controllo diretto di coppia DTC [12] è stato concepito a metà degli anni ’80 dai giapponesi Isao Takahashi e Toshihiko Noguchi (1986) [13] e dal tedesco Depenbrock (1985) [14], [15].
Figura 2.2.6 - Schema a blocchi che descrive il controllo diretto di coppia DTC. I blocchi che agiscono sugli errori di flusso e di coppia sono saturatori ad isteresi che hanno come uscita dei valori discreti. La switching table dà il valore dello stato di conduzione in funzione degli errori e della posizione del flusso.
Il DTC appartiene all’insieme dei controlli predittivi per motori asincroni ed è il più semplice di essi (Figura 2.2.6). I controlli predittivi determinano il vettore di tensione da applicare al motore sulla base dei set point di flusso e coppia senza svolgere il controllo di corrente come visto per il FOC. Infatti, il DTC non necessita di trasformazioni trigonometriche, in quanto non prevede l’impiego di una schematizzazione ad assi rotanti, ed il suo unico regolatore è indispensabile solo in caso di chiusura dell’anello di velocità. La switching table determina direttamente la configurazione dei sei interruttori dell’inverter trifase (si consideri un inverter a tensione impressa, VSI Voltage Source Inverter come quello di Figura 3.1.1) sulla base di tre ingressi, che corrispondono ad errori discretizzati di coppia e flusso e direzione del flusso.
Ulteriore semplificazione è data dal fatto che il DTC non richiede propriamente l’angolo del vettore del flusso, ma semplicemente a quale dei 6 settori angolari di 60° (angolo giro elettrico 360°) appartiene il flusso. Tale operazione si può determinare dal semplice confronto delle componenti di flusso trifase stimate, evitando di svolgere calcoli trigonometrici.
I principali svantaggi che tuttavia mantiene questa tecnica sono:
• La necessità di avere stimatori di flusso e di coppia che introducono errori nelle funzioni di controllo
• L’imprecisione allo spunto ed alle basse velocità a causa della difficoltà (che sussiste come nel controllo vettoriale) ad avere una stima precisa della posizione angolare del flusso
• L’elevato ripple di coppia che causa rumore acustico [16] e la necessità di aumentare la frequenza di switching per migliorare la situazione.
Nel presente capitolo i vari blocchi che compongono uno schema di controllo DTC sono stati brevemente introdotti; essi saranno trattati nel dettaglio nel capitolo 3 che descrive un nuovo algoritmo di controllo basato su DTC.
2.2.4. Il controllo del tipo DB-DTC
Il controllo deadbeat è un algoritmo predittivo a modello inverso utilizzato anche per il controllo ad elevata dinamica del motore asincrono [17], [18].
Al contrario del FOC, calcola direttamente le tensioni in funzione della coppia e del flusso richiesti senza passare attraverso il controllo delle correnti. Questo algoritmo permette di raggiungere il punto di lavoro desiderato in tempi molto brevi.
Dalla Figura 2.2.7 si vede che le tensioni Vd e Vq sono calcolate con il modello inverso del motore mostrato in Figura 2.2.8.
Figura 2.2.7 - Schema a blocchi del controllo Deadbeat per motore asincrono.
Come per il DTC, si adotta un solo regolatore PI che in base all’errore di velocità determina il set point di coppia.
È da notare il fatto che in questa tipologia di controllo è necessario conoscere sia il flusso di rotore che quello di statore. Per questo motivo non è sufficiente utilizzare l’osservatore dinamico visto per il FOC in Figura 2.2.5, ma è necessario aggiungere una parte che, partendo dal flusso di rotore, calcola il flusso di statore. In pratica è sufficiente aggiungere la seguente equazione:
r r s M s
s L
i L
L ⋅ ⋅ + ⋅Φ
=
Φr σ r r
Figura 2.2.8 – Il blocco Deadbeat Controller corrisponde al modello inverso del motore.
In sostanza il Deadbeat-DTC ed il FOC hanno tutto sommato caratteristiche simili sia in termini di prestazioni ottenibili, sia di oneri computazionali, sia di sensibilità nei confronti delle variazioni parametriche (come al solito queste ultime vanno ad influenzare la stima del flusso alle basse velocità) [19]. Diverso è invece il discorso per il DTC che rispetto alle altre due tecniche appena citate, mostra alcune importanti differenze migliorative in termini di semplificazione dell’algoritmo ma peggiorative in termini di ripple di coppia. Nel capitolo successivo verrà proposta una nuova soluzione per la riduzione del ripple di coppia e quindi della rumorosità di funzionamento di un motore asincrono controllato con DTC.
Capitolo 3.
Controllo diretto di coppia
semplificato per microcontrollori digitali
Il controllo diretto di coppia per motori asincroni è una tecnica nota dagli anni ‘80 ad applicata ad inverter commerciali per il controllo motori a partire dagli anni ’90 (serie ACS600 uscita nel ‘95 dalla finlandese ABB).
Fin dai primi anni sono state presentate in letteratura varie implementazioni dell’algoritmo. Le prime pubblicazioni scientifiche riguardano la teoria del controllo DTC nella sua versione più semplice [13], altri successivi riguardano il deadbeat-DTC [11], [20], ed il DTC con logica “fuzzy” [21]. Esistono anche molte pubblicazioni di studi relativi all’adozione di vari supporti per la realizzazione del controllo DTC con elevata frequenza di commutazione. In questi casi si utilizzano DSP a virgola mobile [22], e FPGA (Field Programmable Gate Arrays) [23], [24]. Infatti aumentando la frequenza di commutazione si riducono notevolmente il ripple di corrente e di coppia e quindi la rumorosità.
Nella trattazione del presente capitolo sarà invece descritta una tecnica che permette di ridurre la rumorosità di funzionamento, mantenendo una frequenza di commutazione tipica (10 kHz) ed avvalendosi di un comune ed economico DSP a virgola fissa per controllo motori.