• Non ci sono risultati.

Il diritto fallimentare

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il diritto fallimentare"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

ISSN 0391-5239

5/2017

Pubblicazione bimestrale Anno XCII

e delle società commerciali

Il diritto fallimentare

Rivista di dottRina e giuRispRudenza

Già diretta da ITALO DE PICCOLI

(1924-1940) RENZO PROVINCIALI (1941-1981) ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003)

Direzione Girolamo Bongiorno Concetto Costa Massimo Di Lauro Elena Frascaroli Santi Bruno Inzitari Giuseppe Terranova Gustavo Visentini

edicolaprofessionale.com/DFSC

€ 55,00i.v.a. inclusa

00217370

5

2017 il diritto fallimentar e

Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 - DCB Milano Pubblicazione bimestrale - Con I.P.

217370_dfall-05.indd 2-4 31/10/17 14:35

(2)

Avvocato in Lecce e Roma

OGGETTO DEL PROCESSO E DIRITTO ALLA DIFESA NEL FALLIMENTO IN ESTENSIONE DEL SOCIO OCCULTO

Abstract: Il principio dettato dall’art. 147, comma 1, legge fallim., secondo cui il falli- mento di una societa` con soci a responsabilita` illimitata produce l’automatico fallimento dei soci illimitatamente responsabili, solleva alcune rilevanti questioni, tanto di ordine sostanziale quanto di carattere processuale. Il presente lavoro esamina tale secondo ordine di problemati- che, concentrando l’attenzione sul fallimento in estensione del socio occulto. In particolare, vengono proposte alcune riflessioni in merito all’orientamento secondo cui il processo di fallimento in estensione c.d. successivo avrebbe ad oggetto soltanto i presupposti del fallimento personale del socio occulto, con la conseguente preclusione per quest’ultimo a sollevare qua- lunque contestazione riguardante i presupposti del fallimento della societa`, al cui processo egli e` rimasto estraneo proprio a causa del carattere occulto della sua partecipazione. Oltre alla non decisivita` degli argomenti generalmente addotti a sostegno di tale assunto (cioe` l’estraneita` dei presupposti del fallimento sociale rispetto all’oggetto del processo di fallimento del socio e l’efficacia erga omnes del giudicato eventualmente formatosi sulla sentenza di fallimento della societa`) viene rilevata l’insufficienza, al fine di garantire il diritto di difesa del socio occulto, della facolta` concessa a qualunque interessato di proporre reclamo avverso la sentenza dichia- rativa del fallimento sociale. Viene inoltre constatata l’impossibilita` di giustificare tale deteriore posizione del socio occulto di societa` palese dando rilievo proprio al carattere occulto della sua partecipazione, rilevando come la piena tutela (cioe` la possibilita` di contraddire tanto sui presupposti del fallimento personale quanto su quelli del fallimento sociale, e sia nella fase prefallimentare che in sede di reclamo) venga riconosciuta non soltanto al socio palese di societa` palese, ma anche al socio occulto di societa` totalmente occulta, la cui meritevolezza e`, semmai, ancora minore rispetto al socio occulto di societa` palese.

SOMMARIO: 1. Il principio dell’automatico fallimento in estensione dei soci illimitatamente responsabili - 2. La partecipazione del socio illimitatamente responsabile nel processo di fallimento - 3. Il fallimento in estensione del socio occulto - 4. L’oggetto del processo di fallimento in estensione successivo e la posizione del socio occulto - 5. Riflessioni critiche.

1. Il principio dell’automatico fallimento in estensione dei soci illimita- tamente responsabili.

Tra le poche norme specificamente dedicate dalla legge fallimentare alla disciplina del fallimento delle societa` ve n’e` una tra le piu` discusse dell’intero ordinamento giuscommercialistico. La norma in questione, gia`

Il dir. fallim. 5/2017

(3)

enunciata nell’originaria formulazione della legge fallimentare e, prima ancora, nell’art. 847 del codice di commercio del 1882, e` quella in virtu`

della quale il fallimento di una societa` con soci a responsabilita` illimitata estende (1) i propri effetti nei confronti dei soci illimitatamente responsa- bili, determinando il fallimento anche di questi ultimi. Piu` in particolare, nella sua attuale formulazione, il comma 1 dell’art. 147 legge fallim., stabilisce che la sentenza che dichiara il fallimento di una societa` in nome collettivo, in accomandita semplice o in accomandita per azioni, “produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”.

Com’e` stato rilevato (2), la regola in commento e` espressione di un principio “tanto antico quanto fin dall’origine discusso”. Si tratta, in effetti, di un principio assai antico, che affonda le proprie radici all’epoca del diritto intermedio e della formazione del diritto commerciale. Gli studi storici hanno rivelato, anzi, che la regola del fallimento in estensione (originariamente non gia` dalla societa` ai soci, ma dal socio insolvente agli altri soci) e` addirittura anteriore rispetto al principio della fallibilita` delle imprese collettive. La societas mercatorum disciplinata negli statuti comu- nali italiani del basso medioevo si configurava, infatti, alla stregua di un mero vincolo obbligatorio tra i plures mercatorum unam mercantiam ge- rentes, senza dare luogo alla costituzione di alcun autonomo centro di imputazione di diritti o obbligazioni; proprio per tale motivo, l’idea stessa del fallimento della societa` era del tutto estranea al diritto intermedio, mentre la repressione giuridica dell’insolvenza trovava necessariamente attuazione nei soli confronti delle persone dei soci (3).

(1) Nel prosieguo si fara` riferimento al concetto di “estensione”, pur nella consapevo- lezza che tale espressione, oltre a non trovare testuale riscontro nel diritto positivo, non e` la piu` idonea dal punto di vista tecnico a descrivere tutte le fattispecie che trovano nell’art. 147 legge fallim. il loro referente normativo; sul punto, si veda, A. BASSI, Il fallimento delle societa` con soci illimitatamente responsabili, in AA.VV., Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. JORIO, Torino, 2016, p. 2773; M. FABIANI, Le nuove regole del procedimento di estensione del fallimento al socio, in Giur. comm., 2009, I, p. 431.

(2) A. NIGRO, I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIEL-

LI, vol. I, I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali, Torino, 2013, p. 104; id., commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A.

JORIO, coordinato da M. FABIANI, Bologna, 2007, p. 2169.

(3) Per tali aspetti si veda, E. FRASCAROLISANTI, Il diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, Padova, 2016, p. 479-480; F. GALGANO, Le societa` in genere. Le societa` di persone, Milano, 2007, p. 410 ss.; id., Gli aspetti sostanziali, in F. GALGANO-A. BONSIGNORI, Il fallimento delle societa`, Padova, 1988, p. 37 ss.; un’accuratissima ricostruzione storica del principio del fallimento in estensione, a partire dal diritto intermedio sino alla riforma

(4)

Sull’origine del principio, dunque, non sembrano esservi molti dubbi.

Al di la` del mero ossequio ai referenti storici cui si e` appena fatto cenno, l’attuale configurazione normativa della regola in esame solleva pero` alcu- ne interessanti questioni.

Quella sulla quale piu` a lungo si e` dibattuto riguarda l’individuazione, ancora molto controversa, della ratio e della giustificazione teorica di una norma (come quella in esame) che tuttora continua ad assoggettare al fallimento la persona del socio prescindendo dalla ricorrenza a suo carico dei normali presupposti soggettivi ed oggettivi per la dichiarazione di fallimento. Data la formulazione letterale della norma, infatti, non vi sono dubbi che il fallimento del socio illimitatamente responsabile costituisca automatica conseguenza del fallimento della societa` cui il socio illimitata- mente responsabile partecipa (4); il fallimento in estensione del socio, dun- que, prescinde del tutto dalla eventuale sussistenza nei suoi confronti del presupposto soggettivo (lo status di imprenditore commerciale “sopra soglia”, ex art. 1, legge fallim.) e di quello oggettivo (lo stato di insolvenza, ex art. 5, legge fallim.), che sono normalmente richiesti per la dichiarazione di fallimento (5).

organica del 2006, e` compiuta da A. DIMUNDO, Interrogativi sull’attualita` del fallimento in ripercussione dei soci, in Fallimento, 2009, p. 1042 ss.

(4) Sul carattere di automaticita` del fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile, E. FRASCAROLISANTI, Il diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, cit., p.

484; M. SCIUTO, Il fallimento delle societa`, in AA.VV., Diritto commerciale, a cura di M.

CIAN, Torino, 2013, vol. I, p. 440; P. PISCITELLO, Modelli organizzativi dell’impresa e falli- mento: le imprese societarie, in AA.VV, Diritto fallimentare, Manuale breve, Milano, 2013, p.

111; A. NIGRO, I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimen- tare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. I, I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali, cit., p. 107; id., commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M.

FABIANI, cit., p. 2172; A. MAFFEIALBERTI-G. GUERRIERI, Procedure concorsuali, in AA.VV., Diritto commerciale, Bologna, 2010, p. 575; F. GALGANO, Le societa` in genere. Le societa` di persone, cit., p. 399; id., Gli aspetti sostanziali, in F. GALGANO-A. BONSIGNORI, Il fallimento delle societa`, cit., p. 43.

(5) Con particolare riguardo all’irrilevanza del presupposto oggettivo dell’insolvenza nei confronti del socio, le ipotesi ricostruttive sono state molteplici. Tentando una sintesi, in un primo filone si collocano tutte quelle tesi che, seguendo percorsi argomentativi piu` o meno differenziati tra loro, nella sostanza finiscono per individuare una correlazione neces- saria tra insolvenza della societa` e insolvenza dei soci illimitatamente responsabili. In tale ottica e` stato affermato, ad esempio, che l’insolvenza della societa` presupporrebbe l’insol- venza, cumulativamente e complessivamente, di tutti i suoi soci illimitatamente responsabili, poiche´ la solvibilita` anche di uno solo di essi impedirebbe di poter prefigurare l’insolvenza della societa` (e` questa la tesi dell’insolvenza c.d. “globale”, sostenuta da V. BUONOCORE, Fallimento e impresa, Napoli, 1969, p. 195 ss.; nello stesso senso, F. VASSALLI, Responsabilita`

d’impresa e potere di amministrazione nelle societa` personali, Milano, 1973, p. 72-73, il quale afferma che “lo stato di insolvenza della societa` non puo` valutarsi se non tenendo conto

(5)

dell’intera sua capacita` economica e, percio` stesso, del credito costituito dai patrimoni personali dei soci. Cio` non vuol dire certo che si dovra` accertare il personale stato di insolvenza dei soci, per dichiararne il fallimento [...] bensı`, piu` semplicemente, che lo stesso fallimento sociale sara`

indichiarabile, o, comunque, revocabile a seguito di giudizio di opposizione, finche´ i soci saranno in grado di far fronte alle obbligazioni sociali. E cio` perche´, se essi si trovano in tale condizione, la societa` stessa non versa in stato di insolvenza, nel senso proprio in cui la legge ha inteso questa espressione”; gia` in precedenza, F. VASSALLI, Problemi di legittimita` costituzio- nale dell’art. 147 l.f. dopo la sentenza n. 142, 1970, della Corte Costituzionale, in Riv. dir.

comm., 1971, I, p. 344, ove si rilevava come tale interpretazione della norma dovesse ritenersi l’unica in grado di scongiurarne la declaratoria di illegittimita` costituzionale; piu`

recentemente, id, commento all’art. 147 legge fallim. in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. NIGRO-M. SANDULLI-V. SANTORO, Torino, 2010, t. II, p. 1929); ancora, sempre nell’ambito di tale orientamento, e` stato affermato che l’insolvenza della societa` dovrebbe ritenersi il prodotto dell’insolvenza dei singoli soci (e` la tesi dell’insolvenza c.d. “reale”, sostenuta da G. AULETTA, Fallimento dell’ex socio con responsabilita` illimitata, in Riv. trim.

dir. proc. civ., 1954, p. 546, ed ora in G. AULETTA, Scritti giuridici, Milano, 2001, vol. VI, p.

82, dove si legge: “per pronunciare il fallimento dei soci ill. r. non si richiede l’accertamento della loro insolvenza, perche´ questa e` necessariamente connessa con l’insolvenza della societa`;

tale connessione non e` frutto di una valutazione legislativa, bensı` di un intervento legislativo, consistente nell’imporre ai soci l’obbligo di soddisfare le obbligazioni sociali, quando la societa`

non sia in grado di soddisfarle regolarmente; in tal modo, se la societa` e` insolvente, cio` e` perche´

nemmeno i soci sono in condizioni di soddisfare, mediante il loro patrimonio, le obbligazioni sociali”); infine, secondo un altro orientamento, la dichiarazione di insolvenza della societa`

farebbe presumere, con presunzione iuris et de iure, l’insolvenza anche di tutti i soci illimi- tatamente responsabili (questa la tesi di S. SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, Roma, 1964, p. 371 ss.; nello stesso senso pare orientato, piu` recentemente, R. AMATORE, Le dichiarazioni di fallimento, Milano, 2014, p. 469). Come si vede, seppure in declinazioni molto diverse tra loro, tutte le tesi appena sinteticamente illustrate si fondano sul medesimo sillogismo logico: attesa la responsabilita` illimitata dei soci per le obbligazioni assunte dalla societa`, l’impossibilita` per la stessa a provvedere con mezzi normali al pagamento di dette obbligazioni non potrebbe che presupporre, o comunque dimostrare, che anche tutti i soci illimitatamente responsabili si trovino nel medesimo stato di insolvenza. Il fallimento in estensione di questi ultimi, dunque, non rappresenterebbe una deroga al principio generale secondo cui il fallimento riguarda soltanto debitori insolventi, ma ne costituirebbe una coerente applicazione. Secondo altra parte della dottrina la regola dell’automatico fallimento in estensione dei soci illimitatamente responsabili, pur non presentando alcun connotato di necessarieta` e rispondendo invece ad una semplice scelta del legislatore, troverebbe la sua ratio nel fatto che il fallimento costituirebbe lo strumento “tecnicamente piu` idoneo” per la disciplina “dei particolari conflitti di interessi fra categorie di creditori e all’interno delle stesse che l’insolvenza di una societa` con soci illimitatamente responsabili determina o accentua”

(cosı`, A NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M. FABIANI, cit., p. 2172; id., I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. I, I presupposti dell’apertura delle pro- cedure concorsuali, cit., p. 108; la tesi e` ripresa da U. DECRESCIENZO, Il fallimento delle societa` di persone, in AA.VV., Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. FAUCE- GLIA-L. PANZANI, Torino, 2009, vol. II, p. 1506; nello stesso senso paiono orientati anche, M.

PIZZIGATI, Fallimento del socio e tutela dei creditori, Padova, 1996, p. 163 ss.; R. RORDORF, La fallibilita` del socio, in Fallimento, 2004, p. 479). Un ulteriore tentativo di spiegare la ratio

(6)

Non minore interesse sembrano pero` rivestire alcune tematiche, che verranno esaminate nel prosieguo, riguardanti il modulo processuale median- te il quale tale principio trova concreta attuazione, soprattutto in talune particolari situazioni in cui la regola in oggetto e` destinata ad essere applicata.

2. La partecipazione del socio illimitatamente responsabile nel processo di fallimento.

In linea di principio, il processo per la dichiarazione di fallimento della societa` personale e dei soci illimitatamente responsabili e` soggetto alla medesima disciplina dettata dall’art. 15 legge fallim. In occasione della riforma del 2006, peraltro, il legislatore ha ribadito quanto gia` in prece- denza sancito dalla Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato l’ille- gittimita` costituzionale dell’originario comma 1 dell’art. 147 legge fallim., nella parte in cui non prevedeva “che prima della dichiarazione del falli- mento della societa` con soci a responsabilita` illimitata, il Tribunale debba ordinare la comparizione in Camera di Consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la detta sentenza” (6); l’attuale art. 147, comma 3, legge fallim., precisa, infatti, che “il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15”.

E` bene precisare che il diritto dei soci illimitatamente responsabili di esercitare il proprio diritto di difesa, seppure compatibilmente “con le esigenze di urgenza e tempestivita` proprie della procedura fallimentare”

(in questi termini si esprimeva la Corte Costituzionale nella pronuncia richiamata in precedenza), ha ad oggetto non soltanto i presupposti del loro personale fallimento (cioe` la loro qualita` di soci illimitatamente re- sponsabili e l’esistenza di debiti sociali di cui gli stessi debbano essere chiamati a rispondere), ma anche i presupposti oggettivi e soggettivi per il fallimento della societa` (cioe`, in primis, la commercialita` e l’insolvenza

della norma in esame ha portato ad individuarne l’interesse protetto non gia` in quello dei creditori sociali, ma in quello dei soci nei loro rapporti reciproci. Piu` in particolare, secondo tale ultima ricostruzione, la norma tutelerebbe l’interesse del socio insolvente ad essere salvato dal fallimento per intervento del socio solvibile, prospettando anche nei confronti di quest’ultimo il fallimento in caso di accertamento dell’insolvenza della societa` (per tale tesi si veda, F. GALGANO, Le societa` in genere. Le societa` di persone, cit., p. 401; id., Gli aspetti sostanziali, in F. GALGANO-A. BONSIGNORI, Il fallimento delle societa`, cit., p. 45; la tesi sembra sviluppare la prospettiva indicata, nel vigore dell’art. 847 cod. comm., da G. BO- NELLI, Del fallimento, a cura di V. ANDRIOLI, Milano, 1939, Vol. III, p. 235).

(6) Cosı`, Corte cost., 27 giugno 1972, n. 110; nello stesso senso, in precedenza, si era pronunciata anche Corte cost., sent. 16 luglio 1970, n. 140.

(7)

della stessa). A tal proposito occorre ricordare come nella citata sentenza n. 110 del 1972 la Corte Costituzionale rimarcasse espressamente la ne- cessita` di “dar modo ai soci illimitatamente responsabili di contrastare con l’eventuale ausilio di difensori, in confronto della societa` e dei creditori istanti (ed a ciascuno dei soci in confronto degli altri), la veridicita` dell’asse- rito stato di insolvenza e l’assoggettabilita` all’esecuzione fallimentare”; posto che, secondo la letterale formulazione della norma, il fallimento del socio non si fonda sull’accertamento della sua personale insolvenza ma sull’ac- certamento dell’insolvenza della societa`, eventuali contestazioni da parte del socio circa “la veridicita` dell’asserito stato di insolvenza” non possono che ritenersi dirette, nell’impostazione seguita dalla Consulta, avverso lo stato di insolvenza della societa` medesima.

In definitiva, il socio illimitatamente responsabile nei cui confronti e`

destinato ad estendersi il fallimento sociale deve essere messo in condizio- ne di “contrastare”, in contraddittorio con gli istanti, con la societa` e con gli altri soci, la domanda di fallimento proposta contro la societa`, con l’effetto che in mancanza di tale convocazione la dichiarazione di fallimen- to della societa` non potra` produrre effetti nei suoi confronti (7).

Il diritto di difesa dei soci illimitatamente responsabili e` assicurato anche nella fase di reclamo ex art. 18 legge fallim., la cui proponibilita`

avverso la sentenza di fallimento ex art. 147, comma 1, legge fallim., gia`

pacifica prima della riforma del 2006 (8), e` oggi espressamente confermata dal successivo comma 6 del medesimo articolo (9).

(7) In tal senso, nel vigore della precedente formulazione dell’art. 147 legge fallim., Cass., sez. I, sent. 6 febbraio 2003, n. 1751, non pienamente condivisa da F. DESANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, Padova, 2012, p. 417, nota n. 85, sul presupposto che il socio illimitatamente responsabile dovrebbe ritenersi litisconsorte necessario nel pro- cesso per il fallimento della societa`, con l’effetto che la sua mancata convocazione compor- terebbe addirittura la nullita` anche della sentenza di fallimento della societa`; nel senso che i soci sarebbero litisconsorti necessari nel processo di fallimento della societa` con soci illimi- tatamente responsabili, in tutti i gradi di giudizio, anche, A. NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M.

FABIANI, cit., p. 2187, nota n. 80; F. VASSALLI, commento all’art. 147 legge fallim., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. NIGRO-M. SANDULLI-V. SANTORO, cit., t. II, p. 1939;

in giurisprudenza, Cass., sez. I, sent. 17 febbraio 2006, n. 3535, in Fallimento, 2006, p.

1208.

(8) Sul punto si veda, A. BONSIGNORI, Gli aspetti processuali, in F. GALGANO-A. BONSI- GNORI, Il fallimento delle societa`, cit., p. 214; per tale ragione la precisazione effettuata dal nuovo comma 6 e` giudicata assolutamente superflua, da A. NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M.

FABIANI, cit., p. 2187.

(9) Il citato comma 6 dell’art. 147 legge fallim. stabilisce che “Contro la sentenza del tribunale e` ammesso reclamo a norma dell’articolo 18”.

(8)

Piu` in particolare, il socio illimitatamente responsabile potra` impugna- re la sentenza dichiarativa del fallimento sociale, che a norma del comma 1 dell’art. 147 legge fallim. “produce” anche il suo fallimento personale, tanto nella parte attinente al fallimento della societa` quanto nella parte relativa al proprio fallimento in estensione. Correlativamente, nel giudizio di reclamo ex art. 18 legge fallim., il socio dichiarato fallito in estensione ai sensi dell’art. 147, comma 1, legge fallim., potra` contestare sia l’insussi- stenza dei presupposti per il fallimento della societa` sia l’insussistenza dei presupposti per la sua dichiarazione di fallimento (ad esempio, la qualita`

di socio illimitatamente responsabile).

In definitiva, nell’attuale assetto processuale delineato dal combinato disposto degli artt. 15, 18 e 147 legge fallim., il socio illimitatamente responsabile sembrerebbe posto in condizione di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, tanto nella fase prefallimentare quanto nelle eventuali fasi di impugnazione avverso la dichiarazione di fallimento.

3. Il fallimento in estensione del socio occulto.

La conclusione cui si e` giunti nel paragrafo precedente vale, a ben vedere, soltanto nei confronti di quei soci la cui esistenza e la cui respon- sabilita` illimitata siano state accertate nel corso della fase prefallimentare e che, per tale ragione, vengono assoggettati al fallimento contestualmente alla societa`. Maggiori problemi sorgono, invece, nell’ipotesi del fallimento in estensione c.d. successivo, cioe` relativo al socio illimitatamente respon- sabile la cui esistenza sia emersa in un momento successivo rispetto alla dichiarazione di fallimento della societa`: in breve, avendo riguardo al fallimento in estensione del socio occulto.

Come noto, la valida costituzione delle societa` personali non richiede alcun particolare requisito di forma, ne´ ad substantiam ne´ ad probatio- nem (salvo nel caso di conferimenti aventi ad oggetto beni immobili), mentre il regime pubblicitario applicabile alle stesse ha efficacia meramen- te dichiarativa. Ed infatti, la mancata formalizzazione del contratto sociale, come anche la sua mancata pubblicazione, comporta soltanto l’assogget- tamento della societa` al regime delle societa` semplici o, trattandosi di societa` esercenti attivita` commerciali, delle societa` irregolari ex artt.

2297 e 2317 cod. civ. Da tali premesse discende la concreta possibilita`

che un soggetto possa validamente partecipare ad una societa` di persone esercente attivita` commerciale senza che i terzi abbiano contezza di tale partecipazione, cioe` senza che sappiano che egli e` socio illimitatamente responsabile della societa` nei confronti della quale, in ipotesi, hanno ac- quisito un credito.

(9)

Quella appena delineata e` la fattispecie della societa` palese con soci occulti; in questa ipotesi la societa` agisce verso l’esterno come tale (cioe`

come societa`), ma i terzi creditori non sono in grado di individuare l’ef- fettiva composizione della compagine sociale, cioe` di individuare i soggetti responsabili per l’adempimento delle obbligazioni contratte in nome della societa` (10).

(10) Analoga alla fattispecie del socio occulto descritta nel testo, agli effetti della disciplina in discussione, e` quella del socio palese di cui sia ignota ai terzi l’assunzione di responsabilita` illimitata per le obbligazioni sociali. Il caso tipico e` quello del socio accoman- date della societa` in accomandita semplice che abbia violato il divieto di compiere atti di amministrazione e che, per tale motivo, abbia assunto la responsabilita` illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali, a norma dell’art. 2320, comma 1, cod. civ.. In effetti, considerato che il divieto di immistione sancito dalla norma citata riguarda tanto gli atti di amministrazione esterna quanto quelli di amministrazione interna (in tal senso, G.F.

CAMPOBASSO, Diritto commerciale 2, Diritto delle societa`, a cura di M. CAMPOBASSO, Torino, 2015, p. 129; F. FERRARA,JR.-F. CORSI, Gli imprenditori e le societa`, Milano, 2011, p. 280; si veda anche, V. SANTORO, Il divieto di immistione negli affari sociali, in AA.VV., Trattato societa` di persone, diretto da F. PREITE, a cura di F. PREITE-C.A. BUSI, Torino, 2015, t. II, p.

2103-2104, da cui ulteriori rinvii a dottrina e giurisprudenza), e` ben possibile che l’acco- mandate violi il divieto di immistione suddetto senza che i terzi ne vengano a conoscenza; al pari dell’esistenza di un socio prima ignoto ai terzi, dunque, anche il compimento da parte del socio accomandante palese di atti d’immistione tali da comportarne l’assunzione della responsabilita` illimitata per le obbligazioni sociali potrebbe venire alla luce dopo la dichia- razione di fallimento della societa`. L’applicabilita` della regola del fallimento in estensione ex art. 147 legge fallim. anche a tale fattispecie, pur non pacifica (in senso contrario, P.

PISCITELLO, Modelli organizzativi dell’impresa e fallimento: le imprese societarie, in AA.VV, Diritto fallimentare, Manuale breve, cit., p. 112; L. ABETE, Il fallimento degli imprenditori collettivi, in AA.VV., Le riforme della legge fallimentare, a cura di A. DIDONE, Torino, 2009, vol. II, p. 1497; esprime dubbi in proposito, a seguito della riforma del 2006, anche A.

NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M. FABIANI, cit., p. 2180; id. I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F.

VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. I, I presupposti dell’apertura delle procedure concor- suali, cit., p. 116), e` riconosciuta da altra parte della dottrina (tra gli altri, L. GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, a cura di F. PADOVINI, Torino, 2017, p. 313; AND. DIDONE, Il fallimento del socio accomandante, in AA.VV., Trattato societa` di persone, diretto da F. PREITE, a cura di F. PREITE-C.A. BUSI, cit., t. II, p. 2346; G. CAVALLI, Il fallimento delle societa`, in AA.VV., Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. JORIO-B. SASSANI, vol. I, Introduzione generale. Il fallimento, Milano, 2014, p. 214-215; F.S. COSTANTINO, Il fallimento delle societa`:

profili generali, in AA.VV., Trattato delle procedure concorsuali, vol. I, La dichiarazione di fallimento, a cura di L. GHIA-C. PICCININNI-F. SEVERINI, Torino, 2010, p. 55) e dalla costante giurisprudenza di legittimita` (tra le piu` recenti, cfr., Cass., sez. I, sent. 28 febbraio 2017;

Cass., sez. I, sent. 6 novembre 2014, n. 23651; Cass., sez. I, sent. 19 dicembre 2008, n.

29794). In tale ipotesi, quindi, nei confronti del socio (palese, ma di cui era ignota l’assun- zione della responsabilita` limitata) potra` essere chiesto il fallimento in estensione successivo ai sensi dell’art. 147, comma 4, legge fallim., al pari di quanto avviene nei confronti del socio occulto tout court. Per tale ragione, salvo che sia diversamente indicato, nel prosieguo della trattazione ogni riferimento al socio occulto deve ritenersi effettuato anche al socio palese di cui non era nota ai terzi l’assunzione della responsabilita` illimitata per i debiti sociali.

(10)

In dottrina non si e` mai dubitato che anche il socio occulto di una societa` palese, una volta che la sua partecipazione alla societa` sia venuta alla luce, debba rispondere dei debiti sociali; atteso che in questo caso le obbligazioni sono state ab origine assunte a nome della societa`, la cui esistenza e` palese agli occhi dei terzi, “si comprende che tutti i soci, sia quelli palesi (noti o notori) che quelli occulti debbano rispondere verso i terzi” (11).

La fattispecie della societa` palese con soci occulti e` quella nei confronti della quale era ed e` tuttora destinata ad applicarsi la regola del fallimento

E` bene infine precisare che, a seguito della riforma del 2006 e della riformulazione dell’art. 147, comma 1, legge fallim., e` definitivamente escluso che possano essere assogget- tati al fallimento in estensione soci di societa` per azioni e di societa` a responsabilita` limitata, ancorche´ gli stessi potrebbero aver assunto la responsabilita` illimitata per le obbligazioni sociali (ai sensi degli artt. 2325, comma 2 e 2462, comma 2, cod. civ.; sul punto, tra gli altri, cfr., A. NIGRO, I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimen- tare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. I, I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali, cit., p. 108; L. Abete, Il fallimento degli imprenditori collettivi, in AA.VV., Le riforme della legge fallimentare, a cura di A.

DIDONE, cit., vol. II, p. 1495).

(11) Cosı`, M. GHIDINI, Societa` personali, Padova, 1972, p. 255. E` opportuno chiarire che la natura occulta del rapporto sociale non determina necessariamente l’assunzione di responsabilita` illimitata in capo al socio occulto. Cio` avverra` senz’altro nell’ipotesi di parte- cipazione occulta ad una societa` in nome collettivo, dovendosi qualificare tale anche la societa` di fatto (secondo la dottrina prevalente, infatti, non e` logicamente concepibile l’accomandita di fatto, in quanto la condotta di un socio di societa` di persone che si sia limitato ad effettuare un conferimento senza compiere alcun atto di gestione sarebbe com- patibile tanto con il tipo dell’accomandita quanto con il tipo della societa` in nome collettivo;

in tal senso, P. MONTALENTI, Il socio accomandante, Milano, 1985, p. 279, da cui il rinvio a precedente dottrina; L. PISANI, Societa` in accomandita semplice, in AA.VV., Diritto commer- ciale, a cura di M. CIAN, cit., vol. II, p. 143). Nell’ipotesi di partecipazione occulta ad una societa` in accomandita semplice, invece, e` necessario stabilire se il partecipe occulto debba essere assoggettato al regime applicabile all’accomandatario (dunque, con assunzione di responsabilita` illimitata) piuttosto che all’accomandante (responsabile soltanto nei limiti della quota conferita). Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte puo` ritenersi ormai consolidata nel ritenere priva di fondamento la presunzione che riconnette alla qualita` di socio occulto di un’accomandita l’automatica attribuzione della qualita` di accomandatario illimitatamente responsabile, ritenendo invece necessario accertare di volta in volta la posi- zione in concreto assunta dal socio occulto, il quale assumera` la responsabilita` illimitata per le obbligazioni sociali soltanto ove abbia contravvenuto al divieto di compiere atti di am- ministrazione o di trattare o concludere affari in nome della societa`; mancando la prova di tali circostanze (il cui onere incombe su chi intende far valere la responsabilita` illimitata), il socio occulto assumera` dunque la qualita` di socio accomandante, responsabile verso i creditori sociali esclusivamente nei limiti della quota conferita (in tal senso, in giurispru- denza, Cass., sez. I, sent. 17 dicembre 2012, n. 23211, in Giur. comm., 2014, II, p. 217, con nota di N. MICHIELI, Il fallimento del socio occulto; Cass., sez. I, sent. 23 dicembre 2016, n.

26944; in dottrina, V. SANTORO, Il divieto di immistione negli affari sociali, in AA.VV., Trattato societa` di persone, diretto da F. PREITE, a cura di F. PREITE-C.A. BUSI, cit., t. II, p. 2113-2114).

(11)

in estensione del socio illimitatamente responsabile la cui esistenza (o la cui responsabilita` illimitata) sia emersa dopo la dichiarazione di fallimento della societa`, originariamente dettata dall’art. 147, comma 2, legge fal- lim. (12), ed attualmente ribadita dal comma 4 del medesimo articolo, secondo il quale “se dopo la dichiarazione di fallimento della societa` risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi”.

Ovviamente, anche la dichiarazione di fallimento in estensione del socio occulto non puo` che costituire l’esito finale di un processo; l’assenza di contestualita` tra dichiarazione di fallimento della societa` e dichiarazione

(12) Proprio la norma recata dall’originario comma 2 dell’art. 147, legge fallim. ha costituito la base argomentativa della tesi della rilevanza esterna della societa` totalmente occulta, cioe` della societa` che, per accordo di tutti i soci, opera nei confronti dei terzi spendendo esclusivamente il nome di uno dei soci o di un terzo, il quale agisce apparente- mente nella qualita` di imprenditore individuale ma in realta` per conto della societa`. La tesi della rilevanza esterna della societa` occulta e` stata proposta inizialmente, argomentando come detto principalmente sulla base dell’allora vigente art. 147, comma 2, legge fallim., da W. BIGIAVI, Societa` occulta e imprenditore occulta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1949, p. 1, e poi in numerosi altri scritti che l’Autore ha dedicato al tema; per una ricostruzione del dibattito dottrinale e giurisprudenziale concernente tale questione si vedano R. COSTI-G. DI

CHIO, Societa` in generale - Societa` di persone - Associazioni in partecipazione, Torino, 1980, p.

115 ss.; piu` recentemente, F. GALGANO, Le societa` in genere. Le societa` di persone, cit., p.

181, secondo il quale: “il contratto di societa` ha sempre e comunque efficacia esterna, anche quando le parti si fossero proposte, con le interne pattuizioni, di tenerlo occulto agli occhi dei terzi”; C. CARBONE, La societa` occulta, in AA.VV., Trattato societa` di persone, diretto da F.

PREITE, a cura di F. PREITE-C.A. BUSI, cit., t. I, p. 91 ss. La tesi, inizialmente contrastata in dottrina, e` stata successivamente accolta dalla prevalente giurisprudenza (tra le piu` chiare, si veda, Cass., sez. I, sent. 17 gennaio 1998, n. 366: “presupposto imprescindibile per l’identi- ficazione di una societa` occulta e` la mancata esteriorizzazione del rapporto sociale. Ma questo non toglie che l’impresa sia, sotto ogni aspetto, sociale e che, quindi, che tutti i soci partecipino, secondo le regole dell’ordinamento interno, all’esercizio dell’attivita` sociale in vista di un risultato unitario e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio “comune”, sottratto alla libera disponibilita` dei soci (art. 2256 c.c.) e alle azioni esecutive dei loro creditori personali (artt. 2270 e 2305 c.c.): l’unica particolarita` e` data dal fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce (non gia` nel nome della societa`, vale a dire del gruppo complessivo dei soci, ma) in nome proprio: di qui il problema, che tanto travaglio ha suscitato in dottrina e in giurisprudenza, della possibilita` di far ricadere, in deroga ai principi desumibili dagli artt. 1388, 1705 e 1706 c.c., la responsabilita` verso i terzi, per il compimento di tali operazioni, su coloro nel cui interesse esse siano state compiute senza tuttavia spenderne il nome. La giurisprudenza di questa Corte e` ormai da tempo consolidata nel senso di ammettere questa possibilita` (da ultimo, Cass., 30 gennaio 1995, n. 1106)”; nello stesso senso, ex multis, Cass., sez. I, sent. 10 febbraio 2006, n. 2975) e, da ultimo, ha trovato definitiva conferma da parte del legislatore della riforma del diritto fallimentare mediante l’introduzione del nuovo comma 5 del me- desimo art. 147 legge fallim., in forza del quale, “Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa e` riferibile ad una societa` di cui il fallito e` socio illimitatamente responsabile”.

(12)

di fallimento del socio, necessariamente derivante dalla natura occulta della partecipazione del socio alla societa`, pone pero` alcune delicate que- stioni in ordine all’oggetto di tale processo ed ai limiti entro cui il socio destinatario della domanda di fallimento puo` sviluppare il contraddittorio ed esercitare il proprio diritto di difesa. Proprio su tali questioni sembra interessante svolgere alcune considerazioni.

4. L’oggetto del processo di fallimento in estensione successivo e la posizione del socio occulto.

Secondo un orientamento assai consolidato, nel processo per l’esten- sione del fallimento al socio la cui esistenza (o la cui responsabilita` illimi- tata) sia venuta alla luce successivamente alla dichiarazione di fallimento della societa`, il diritto di difesa di tale soggetto potra` esercitarsi soltanto con riguardo alla dichiarazione del suo personale fallimento, senza alcuna possibilita` di rimettere in discussione la dichiarazione di fallimento della societa`, al cui procedimento egli e` rimasto estraneo proprio a causa della natura occulta della sua partecipazione. Cio` vuol dire che anche il socio occulto, una volta che sia stato “scoperto” (o che sia stata “scoperta” la sua responsabilita` illimitata), prima di poter essere dichiarato fallito dovra`

essere convocato a norma degli artt. 15 e 147, comma 3, legge fallim., e che potra` successivamente reclamare la “sua” sentenza di fallimento in estensione ai sensi degli artt. 18 e 147, comma 6, legge fallim.; tuttavia, tanto nella fase prefallimentare quanto nel successivo reclamo, i soci oc- culti (che ormai non saranno piu` tali) potrebbero sollevare soltanto conte- stazioni inerenti ai presupposti del loro personale fallimento (tra i quali, come visto, non e` inclusa la loro insolvenza), senza il diritto di sollevare alcuna questione inerente ai presupposti per il fallimento della societa` (13).

(13) In tal senso, G. GARESIO, Il fallimento in estensione, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. CAGNASSO-L. PANZANI, Torino, 2016, t. II, p. 2808; F. DESANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, cit., p. 427; F. VASSALLI, commento all’art. 147 legge fallim., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. NIGRO-M. SANDULLI-V.

SANTORO, cit., t. II, p. 1939; A. NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M. FABIANI, cit., p. 2187; A.

BONSIGNORI, Gli aspetti processuali, in F. GALGANO-A. BONSIGNORI, Il fallimento delle societa`, cit., p. 214; molto chiaramente, anche, M. FABIANI, Le nuove regole del procedimento di estensione del fallimento al socio, cit., p. 440, che con riguardo al processo per la dichiara- zione di fallimento in estensione al socio occulto afferma: “si tratta di accertare se al mo- mento della dichiarazione di fallimento esisteva un altro socio cui deve essere esteso il fal- limento, cio` che imporra` di verificare l’esistenza del vincolo associativo, l’essere trascorso un tempo non superiore all’anno se si tratta di cessazione del rapporto sociale ed infine l’essere l’insolvenza della societa` riferibile ad obbligazioni contratte nel periodo in cui tale rapporto

(13)

Gli effetti concreti di tale impostazione sono evidenti: il socio, in definitiva, puo` essere dichiarato fallito a prescindere dalla sua personale insolvenza e senza nemmeno potere in qualche modo contestare l’insol- venza (o gli altri presupposti di fallibilita`) della societa` della quale egli, in ipotesi, e` (o e` stato in passato) partecipe occulto (14).

Oltre che in dottrina, di tale principio si trova ricorrente affermazione nella giurisprudenza di legittimita`. Da ultimo, in una recente sentenza della Suprema Corte e` stato ribadito come costituisca “principio consolidato, affermato tra le ultime nella pronuncia di questa Corte n. 17098/2013, che nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento propo- sto dal socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito ai sensi della L.

Fall., art. 147, questi non e` legittimato a contestare il fondamento della dichiarazione di fallimento della societa`, in relazione al quale la sentenza dichiarativa di fallimento fa stato “erga omnes”, e quindi anche nei confronti dei soci, attuali e precedenti se fallibili; la sua opposizione puo` avere, dun- que, ad oggetto solo le condizioni che attengono alla sussistenza del vincolo sociale, e, quindi, alla sua personale fallibilita` (e cfr. anche la successiva pronuncia Cass., n. 17765/2016)”; nella stessa sentenza, la Corte ha inoltre affermato che “Tale delimitazione del giudizio di reclamo da parte del socio dichiarato fallito in estensione L. Fall., ex art. 147 consegue al piano rilievo

non era ancora cessato. Se questo e` l’oggetto del procedimento, si capisce quanto cio` che e`

accaduto in precedenza sia del tutto estraneo al giudizio. La dichiarazione di fallimento della societa` non e` piu` materia di contestazione, salvo che il socio (nei cui confronti si procede per l’estensione) abbia proposto reclamo ai sensi dell’art. 18 l. fall. contro il fallimento della societa`”, e con riguardo all’eventuale fase di reclamo ribadisce, a p. 442-443, che: “l’oggetto del procedimento di reclamo, necessariamente, si sovrappone a quello che e` stato l’oggetto del giudizio davanti al tribunale e dunque si puo` discutere, solamente, di tutte le questioni che attengono alla estensione, senza nessuna intromissione nella contestazione dei presupposti per la dichiarazione del fallimento principale”.

(14) Rileva la criticita` di tale situazione anche, A. BASSI, Il fallimento delle societa` con soci illimitatamente responsabili, in AA.VV., Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. JORIO, cit., p. 2767, nota n. 2, dove si legge: “vi sarebbe poi da segnalare la poca consi- derazione che ha il delicato tema del diritto di difesa del socio occulto o del socio di societa`

occulta, quando l’estensione sia successiva alla dichiarazione di fallimento della societa` o dell’imprenditore “apparente” passata in giudicato: l’“estendendo”, come talora e` definito, con orribile neologismo, il malcapitato, oltre a non poter far valere la sua solvibilita`: - non potra`, se la “prima” sentenza e` passata in giudicato, esercitare una difesa a tutto campo, provando fatti impeditivi del fallimento della societa` o dell’impresa: non potra` provare che la societa` non e` insolvente [...], che essa ha sede altrove, che e` cessata da piu` di un anno, che esercitata attivita` agricola, che sarebbe stata assoggettabile a liquidazione coatta con esclusione del fallimento, e cosı`via”. Contrariamente a quanto riferisce l’Autore citato, e come si vedra`

meglio di seguito, la limitazione al diritto di difesa di cui si discute sembra interessare soltanto il socio occulto di societa` palese, e non anche il socio occulto di societa` occulta, e cio` peraltro aggrava i sospetti di irragionevolezza di tale limitazione.

(14)

che le contestazioni relative al fallimento della societa` possono essere pro- spettate e fatte valere nel giudizio di impugnazione del fallimento sociale, per cui, ove venga dichiarato, come nel caso, il fallimento del socio occulto in estensione del fallimento sociale, e divenuta definitiva la dichiarazione di fallimento della societa`, il socio potra` opporsi all’estensione facendo valere l’eventuale estraneita` al rapporto sociale, ma non gia` contestare il fondamen- to della dichiarazione di fallimento della societa`” (15).

La Cassazione, dunque, individua nell’efficacia erga omnes della di- chiarazione di fallimento della societa` la ragione giustificativa della pre- clusione, per il socio illimitatamente responsabile, a poter rimettere in discussione anche i presupposti del fallimento della stessa.

Nella medesima sentenza, peraltro, la Corte ha indicato anche le ra- gioni per le quali, a suo giudizio, tale assetto non inciderebbe sul diritto di difesa del socio, individuando nel reclamo avverso la sentenza di fallimento della societa` il rimedio mediante il quale anche il socio occulto puo` sol- levare eventuali contestazioni avverso detta pronuncia. In particolare, se- condo i giudici di legittimita`, “nell’ordinamento e` assicurata la possibilita` di difendersi anche al socio occulto di societa` di persone, essendo a questi riconosciuta la facolta` del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento della societa`, L. Fall., ex art. 18, quale “interessato”, in quanto titolare di posizione giuridica che puo` ricevere pregiudizio dalla pronuncia del fallimen- to sociale. Ne´ puo` sostenersi che il T. abbia acquisito l’interesse concreto ed attuale al reclamo solo a seguito del riconoscimento da parte del Tribunale della propria posizione di socio occulto-amministratore: tale individuazione non tiene infatti conto dell’esplicita attribuzione da parte della L. Fall., art.

18 della facolta` di reclamo anche “a qualunque interessato”, dizione specifica e piu` ampia di quella di carattere generale dell’art. 100 c.p.c., e che si inserisce nello specifico procedimento fallimentare”.

5. Riflessioni critiche.

L’orientamento dottrinale e giurisprudenziale di cui si e` dato conto nel paragrafo precedente sembra meritare alcune riflessioni, al fine di verifi- care se davvero le conclusioni cui giunge rappresentino un coerente e necessario sviluppo dei principi generali in materia di processo fallimen- tare e se dalle stesse non derivi alcuna sostanziale lesione del diritto di difesa che dovrebbe essere riconosciuto anche al socio occulto.

(15) Cosı`, Cass., sez. I, sent. 27 marzo 2017, n. 7769.

(15)

Quanto al primo aspetto, tanto in dottrina quanto nella giurisprudenza si afferma costantemente che il processo per l’estensione del fallimento al socio occulto avrebbe ad oggetto soltanto l’accertamento dei presupposti del suo personale fallimento, e non anche di quelli del fallimento della societa`, gia` oggetto nel processo “principale”. Da cio` deriverebbe la totale estraneita` di dette questioni rispetto all’oggetto del successivo processo di fallimento in estensione del socio occulto (16).

Tale assunto non sembra, pero`, condivisibile. In effetti, l’affermazione secondo cui i presupposti del fallimento in estensione del socio occulto sarebbero costituiti soltanto dall’esistenza del rapporto sociale e dall’esi- stenza di debiti sociali per i quali egli debba rispondere, pare costituire una semplificazione forse eccessiva: il primo ed il principale tra i presup- posti per il fallimento in estensione (tanto dei soci palesi quanto di quelli occulti) e` in realta` costituito proprio dal fallimento della societa`. E` il fallimento della societa`, secondo quanto afferma testualmente l’art. 147, comma 1, legge fallim., a “produrre” il fallimento del socio. Pertanto, non sembra seriamente sostenibile che dall’oggetto del giudizio di fallimento in estensione esuli qualunque questione riguardante il fallimento della socie- ta`; tanto cio` e` vero, come visto in precedenza, che la stessa Corte Costi- tuzionale ebbe a dichiarare l’illegittimita` costituzionale dell’originaria for- mulazione dell’art. 147 legge fallim. nella parte in cui non ammetteva il socio ad esercitare il proprio diritto di difesa anche con riguardo alla sussistenza dei presupposti per il fallimento sociale.

Non sembra poi molto coerente la posizione di quella parte della dottrina secondo cui il fallimento della societa` dovrebbe essere dichiarato nel litisconsorzio necessario con tutti i soci che potrebbero essere pregiu- dicati dalla sentenza di fallimento della societa` medesima (producendo detta sentenza il loro automatico fallimento), giungendo addirittura a pre- dicare la nullita` della sentenza dichiarativa del fallimento sociale pronun- ciata a contraddittorio non integro con tutti i soci illimitatamente respon- sabili, salvo limitare la necessarieta` di tale litisconsorzio ai soli soci palesi al momento della pronuncia di fallimento della societa` (17). Se il fondamento

(16) In tal senso, esplicitamente, M. FABIANI, Le nuove regole del procedimento di estensione del fallimento al socio, cit., p. 440; nello stesso senso, pero`, anche tutti gli altri Autori citati nella precedente nota n. 13.

(17) In tal senso, F. DESANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, cit., p. 417;

A. NIGRO, commento all’art. 147 legge fallim., in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. JORIO, coordinato da M. FABIANI, cit., p. 2187, nota n. 80; F. VASSALLI, commento all’art. 147 legge fallim., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A.

NIGRO-M. SANDULLI-V. SANTORO, cit., t. II, p. 1939.

(16)

dell’asserito litisconsorzio necessario viene individuato nel fatto che tutti i soggetti che potrebbero direttamente essere incisi dalla dichiarazione di fallimento della societa` devono essere messi in condizione di contraddire nel relativo processo, la limitazione del litisconsorzio necessario ai soli soci noti ai terzi al momento della pronuncia non sembra trovare alcuna giu- stificazione sistematica. Ovviamente, il mancato coinvolgimento del socio occulto nel processo di fallimento della societa` deriva proprio dalla natura occulta della sua partecipazione; ciononostante, nell’irrilevanza dei motivi per il quali il litisconsorzio necessario non sia stato integrato, il socio occulto dovrebbe comunque essere considerato alla stregua di un litiscon- sorte pretermesso nei cui confronti, in ossequio ai principi generali del processo, la sentenza di fallimento della societa` dovrebbe reputarsi inuti- liter data.

Pertanto, ove si affermi che il fallimento della societa` debba essere dichiarato nel litisconsorzio necessario di tutti i soci, dovrebbe coeren- temente ritenersi che detta sentenza non sia affatto opponibile al socio di cui sia successivamente emersa l’esistenza (o di cui sia stata successiva- mente accertata l’assunzione di responsabilita` illimitata), con l’ulteriore effetto che il socio occulto contro cui sia chiesto il fallimento in esten- sione dovrebbe poter essere ammesso a contraddire anche su tali pre- supposti.

Mettendo da parte l’ipotesi della sussistenza di un litisconsorzio ne- cessario, si potrebbe semmai tentare di dimostrare che l’esame di qua- lunque questione inerente il fallimento della societa` sia preclusa dall’es- sersi su questo pronunciata un’altra sentenza, che nel frattempo potreb- be anche essere passata in giudicato. Proprio in tale direzione sembra muoversi la Suprema Corte nella sentenza citata in precedenza, in parti- colare laddove afferma che “la sentenza dichiarativa di fallimento fa stato

‘erga omnes’, e quindi anche nei confronti dei soci, attuali e precedenti se fallibili”.

Anche in ordine a tale affermazione, tuttavia, sorgono alcune perples- sita`. Come messo in rilievo dalla piu` attenta giurisprudenza della stessa Cassazione con riferimento ad altri provvedimenti analogamente aventi ad oggetto status giuridici in senso ampio, infatti, l’efficacia erga omnes di simili pronunce non comporta affatto l’assoluta intangibilita` delle stessa da parte di qualunque soggetto (ivi compresi quelli rimasti estranei al giudizio nel quale detta decisione e` stata assunta); piu` semplicemente, l’efficacia erga omnes che caratterizza simili provvedimenti comporta che “il soggetto estraneo [...] non puo` ignorare il giudicato formatosi su di essa una volta che

(17)

si e` formato e deve, pertanto, nel promuovere il nuovo giudizio postulare la rimozione della decisione stessa” (18).

In definitiva, nessuna ragione sembra davvero ostare al riconoscimen- to, in capo al socio di cui sia chiesto il fallimento in estensione successivo, del diritto a sollevare contestazioni riguardanti anche i presupposti sui quali si fonda il fallimento della societa`.

D’altro canto, se davvero il rimedio rappresentato dal reclamo ex art.

18, comma 1, legge fallim. (19) fosse in grado di tutelare adeguatamente il diritto di difesa del socio occulto, non vi sarebbe ragione di criticare eccessivamente la tesi in commento. A tal proposito, pero`, occorre sgom- brare il campo da un equivoco nel quale sembra essere incorsa la Cassa- zione nella sentenza richiamata in precedenza, e cioe` che l’attribuzione da parte dell’art. 18 legge fallim. della facolta` di impugnare la dichiarazione di fallimento (o di intervenire nel relativo giudizio) a “qualunque interessato”

sarebbe intervenuta sulla condizione dell’azione rappresentata dall’interes- se ad agire.

In realta`, la norma riguarda piuttosto la diversa condizione della le- gittimazione ad agire; l’art. 18 legge fallim. introduce, infatti, una deroga al principio generale vigente in materia processuale civile secondo cui la legittimazione ad impugnare appartiene alle sole parti del giudizio conclu- sosi, stabilendo che la sentenza che dichiara il fallimento puo` essere impu- gnata anche da quanti non abbiano preso parte al processo per la dichia- razione di fallimento (20). L’art. 18 legge fallim., dunque, non esclude

(18) Cosı`, Cass., sez. III, ord. 3 ottobre 2005, n. 19293, con riferimento al decreto di messa in liquidazione coatta amministrativa di una societa`, richiamata anche da F. DE SANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, cit., p. 545; nello stesso senso, con riguardo alla nomina giudiziale di un liquidatore di societa`, Cass., sez. II, sent. 28 gennaio 2004, n. 1561.

(19) Oppure, in limine, dalla possibilita` del socio occulto di intervenire, ex art. 18, comma 9, legge fallim., nel giudizio per reclamo avverso la dichiarazione di fallimento della societa` gia` instaurato da altri, qualora detto giudizio fosse ancora pendente.

(20) In tal senso, F. MARELLI, Il sistema delle impugnazioni. La revoca del fallimento, in AA.VV., Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. JORIO, cit., vol. I, p. 775-776; C.

CECCHELLA, Le impugnazioni, in AA.VV., Trattato di diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. II, Il processo di fallimento, Torino, 2014, p. 142, il quale afferma che “la legittimazione si misura sull’interesse ad agire”;

F. DESANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, cit., p. 305-306; N. RASCIO-C.

DELLEDONNE, Le impugnazioni dei provvedimenti che decidono sull’istanza di fallimento, in AA.VV., Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. JORIO-B. SASSANI, vol. I, Intro- duzione generale. Il fallimento, cit., p. 578; A. SCALA, commento all’art. 18 legge fallim., in AA.VV., Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. CAVALLINI, Milano, 2010, vol. I, p. 376, il quale afferma che il riferimento a qualunque interessato attribuirebbe “legittima- zione diffusa” all’impugnazione; G. BONGIORNO, La riforma del procedimento dichiarativo del

(18)

affatto che il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento debba fondarsi su un interesse del reclamante, potendosi al piu` dubitare se l’interesse richiesto dall’art. 18 legge fallim. debba necessariamente essere concreto ed attuale, alla stregua di quanto generalmente affermato con riguardo all’art. 100 cod. proc. civ., oppure se le particolarita` del processo di fallimento consentano di agire anche sulla base di un interesse meramente potenziale e futuro, ampliando in sostanza lo spettro dei soggetti dotati di interesse al reclamo (21).

E` quindi certo che il reclamante ex art. 18 legge fallim. (e quindi anche quello ex art. 147, comma 6, legge fallim.) sia legittimato anche se non e`

stato parte del giudizio concluso con la sentenza di fallimento, come fisiologicamente accade per il socio occulto scoperto dopo il fallimento della societa`; e` pero` altrettanto certo che egli debba dimostrare il proprio interesse ad agire in sede di reclamo, pena l’inammissibilita` della sua iniziativa processuale.

Tale circostanza da luogo ad una rilevante conseguenza proprio con riguardo alla posizione del socio occulto che sia ancora tale al momento della dichiarazione di fallimento della societa` (22). Appare infatti plausibile ritenere che, nel proporre reclamo ex art. 18 legge fallim. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento sociale (o nell’intervenire nel relativo giudizio gia` instaurato da altri), il socio occulto debba quanto meno de- durre di avere un interesse a tale impugnazione; assumendo che non tenti di accreditare il proprio interesse deducendo circostanze non rispondenti al vero (ad esempio, sostenendo di essere un semplice creditore della societa`), egli dovrebbe dunque allegare la sua qualita` di socio occulto illimitatamente responsabile o, per lo meno, la fondata prospettiva di poter essere individuato quale socio occulto illimitatamente responsabile della societa` fallita. Con cio`, pero`, il medesimo soggetto darebbe verosimilmente luogo all’avvio del procedimento per la sua dichiarazione di fallimento in estensione ex art. 147, comma 4, legge fallim. Laddove poi il suo fallimen-

fallimento, in AA.VV., Le riforme della legge fallimentare, a cura di A. DIDONE, cit., vol. I, p. 351.

(21) Nel primo senso, cfr., A. SCALA, commento all’art. 18 legge fallim., in AA.VV., Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. CAVALLINI, cit., vol. I, p. 376; di opinione contraria, S. CHIMENTI, La sentenza dichiarativa di fallimento. I mezzi di gravame. Revoca del fallimento: effetti, in AA.VV., Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. FAUCE- GLIA-L. PANZANI, cit., vol. I, p. 256.

(22) In caso contrario, la sentenza di fallimento della societa` dovra` dichiarare conte- stualmente anche il fallimento del socio, previa sua convocazione ex art. 147, comma 3, legge fallim.

(19)

to in estensione venisse effettivamente dichiarato, lo stesso non potrebbe piu` seriamente contestare i presupposti del suo personale fallimento, dato che proprio egli ne avrebbe affermato l’esistenza con lo scopo di dimo- strare l’interesse al reclamo avverso la sentenza di fallimento della societa`.

In definitiva, dinanzi alla dichiarazione di fallimento della societa`, il socio occulto potrebbe essere costretto a dover scegliere tra proporre immediatamente il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento della societa` (in tal modo sostanzialmente rinunciando ad impugnare l’eventuale dichiarazione di fallimento in estensione nei suoi confronti) oppure atten- dere l’eventuale sua dichiarazione di fallimento in estensione ed impugnare tale pronuncia (rinunciando pero` a contraddire sui presupposti del falli- mento sociale).

Non si puo` certamente affermare che tale alternativa sia in grado di assicurare al socio occulto la pienezza di tutele che, pur compatibilmente con le caratteristiche del procedimento fallimentare, la Corte Costituzio- nale ha ritenuto necessaria anche in favore del socio illimitatamente re- sponsabile di societa` personali.

Ad una prima analisi si potrebbe comunque ritenere che il diverso grado di tutela garantito al socio palese rispetto a quello (di minore inten- sita`) accordato al socio occulto trovi giustificazione proprio nel carattere occulto della sua partecipazione alla societa` insolvente; sarebbe insomma la minore “meritevolezza” del socio occulto rispetto al socio palese a giustificare il suo deteriore trattamento. A tal proposito occorre pero`

rilevare che il regime di tutela “piena” applicabile ai soci palesi e` applica- bile anche ai soci occulti di societa` occulta.

Come insegna la dottrina unanime, se dopo il fallimento di un im- prenditore si scopre che il fallito e` in realta` socio di una societa` occulta (o ha comunque operato per conto di detta societa`), non puo` farsi auto- maticamente luogo alla dichiarazione di fallimento in estensione dei relativi soci occulti ai sensi dell’art. 147, comma 5, legge fallim., poiche´ l’insol- venza del socio che ha apparentemente agito come imprenditore indivi- duale potrebbe non comportare necessariamente l’insolvenza della societa`.

In questo caso occorrera` dunque accertare autonomamente l’insolvenza della societa` occulta e, soltanto compiuto tale accertamento, si potra` di- chiarare il fallimento della societa` e dei relativi soci (23). Da cio` deriva che

(23) In tal senso, G. GARESIO, Il fallimento in estensione, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. CAGNASSO-L. PANZANI, cit., t. II, p. 2786; A. NIGRO, I soggetti delle procedure concorsuali, in AA.VV., Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. VASSALLI-F.P. LUISO-E. GABRIELLI, vol. I, I presupposti dell’apertura

Riferimenti

Documenti correlati

Il lotto oggetto di stima è situato nel Comune di Fino Mornasco, in via Leonardo Da Vinci snc (senza numero civico) ed è parte di un complesso residenziale composto da

 Il metodo tipologico di tipo privatistico che qualifica sempre e comunque le società in mano pubblica come soggetti di diritto privato, pecca per difetto, in quanto

Tutte le province meridionali sono caratterizzate da istituzioni deboli: il Sud costa di più per pensioni di invalidità (rimedio all’inoccupazione); le regioni e i comuni del

- Il pilastro presente in una delle camera è addossato alla parete e non libero; L’elaborato planimetrico catastale, parte dell’allegato 11, non risulta

La Suprema Corte, quale incipit di una breve ma incisiva motivazione, afferma “il ricorso è infondato, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, questo

Punibilità (Condizioni obiettive di), in Dig. 53 La letteratura in merito è vastissima sia sufficiente ricordare, a titolo meramente esemplificativo: P. P AGLIARO

La questione ruota intorno alla legittimazione del tribunale fallimentare (come di qualsiasi altro giudice che la rilevi nel corso di un procedimento civile) a

in caso di pluralità di offerte irrevocabili di ammontare uguale o diverso tra loro indicanti un importo pari o superiore al prezzo base o inferiore al prezzo base in misura non