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TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

T RIBUNALE DI T ERMINI I MERESE

S EZIONE C IVILE

riunito in camera di consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati dott. Raimondo Loforti Presidente

dott. Daniele Salvatore Abbate Giudice dott. Andrea Quintavalle Giudice

dei quali il secondo relatore ed estensore ha pronunciato la seguente SENTENZA

nella causa iscritta al n. 807 del Ruolo Generale degli Affari civili con- tenziosi dell’anno 2021 vertente

TRA

BONDI’ SALVADOR ROSARIO, nato in Venezuela, in data 05/09/1965, e PORTANOVA ANZALONE ANGELA, nata a Ventimiglia di Sicilia, in data 30.08.1967, entrambi elettivamente domiciliati in Termini Imerese, via Falcone e Borsellino n. 39, presso l’avv. Ficarra Antonio, che li rappresenta e difende per mandato in atti;

– parte ricorrente – CONTRO

ATTARDO CONCETTA, nata a Palermo (PA), in data 04/12/1970;

– parte resistente contumace – ECON L’INTERVENTO

del Pubblico Ministero

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– interveniente necessario – Oggetto: interdizione.

Conclusioni delle parti: all’udienza del 10/11/2021 le parti conclude- vano come da verbale in pari data al quale si rinvia.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

Preliminarmente occorre dichiarare la contumacia di Attardo Concetta regolarmente citata e non costituita in giudizio.

Nel merito deve rammentarsi che, come è noto, la legge 9 gennaio 2004, n. 6, in vigore dal 19.3.2004, con il dichiarato scopo di «tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana» (art. 1 L. 6/2004), non solo ha introdotto nel nostro ordina- mento il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno, ma ha anche si- gnificativamente rimodulato i presupposti per far luogo all’interdizione e all’inabilitazione degli infermi di mente.

Si è così attuata la modifica dei tradizionali istituti della interdizione e della inabilitazione, in un’ottica meno custodialistica e maggiormente orientata al rispetto della dignità umana ed alla cura complessiva della persona e della sua personalità, e non già del solo suo patrimonio.

Sotto quest’ultimo profilo, mentre secondo la previgente formulazione dell’art. 414 cod. civ. all’abituale infermità mentale comportante l’incapacità di provvedere ai propri interessi conseguiva automaticamente ed ineluttabilmente l’interdizione, a seguito della riformulazione del pre- detto art. 414 cod. civ. operata dall’art. 4 L. n. 6 del 2004, in presenza degli stessi presupposti l’interdizione va dichiarata solo quando «ciò è ne-

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cessario per assicurare» all’infermo «adeguata protezione».

La funzione del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno e le in- novazioni apportate dalla L. n. 6 del 2004, agli istituti codicistici in mate- ria di incapacità personale, pongono al centro dell'attenzione non più esclusivamente la cura del patrimonio, ma piuttosto la persona e le sue esigenze, apprestando uno strumento di estrema semplicità procedurale ed elasticità di contenuti, modellato secondo la necessità e le circostanze, e tale da non incidere radicalmente e permanentemente sulla capacità di agire del beneficiario.

L’incapacità di provvedere ai propri interessi, ovvero più in generale di espletare le funzioni della vita quotidiana, non è più di per sé sufficiente per giustificare un intervento integralmente limitativo della capacità di agire.

Nel nuovo sistema, l’orizzonte valutativo da tenere presente si allarga rispetto a tale limitata prospettiva per inquadrare l’effettivo bisogno di protezione del soggetto interessato, la cui natura ed entità finiscono con l’assumere rilievo decisivo ai fini della valutazione che il giudice deve ope- rare nella scelta e nella graduazione (si consideri il totale mutamento di prospettiva sotteso alle previsioni di cui all’art. 405, comma 5, nn. 3) e 4), e 409 cod. civ., ma si consideri anche il nuovo art. 427, comma 1, cod.

civ.) dello strumento protettivo da adottare a tutela dell’incapace.

Ed è ovvio, innanzitutto, che tale valutazione dovrà essere condotta al- la luce del principio generale che deve ispirare gli interventi in materia stabilito dal richiamato art. 1 della L. n. 6 del 2004, ossia quello della

«minore limitazione possibile della capacità di agire».

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Tale criterio, secondo una recente pronuncia della Cassazione, «rap- presenta la "stella polare" destinata ad orientare l'interprete nella esegesi della nuova disciplina, anche con riguardo ai rapporti tra la figura dell'am- ministrazione di sostegno e le altre forme di protezione degli incapaci, e, in particolare, a guidare il Giudice nella impegnativa attività cui la normativa di cui si tratta, come sarà di seguito precisato, lo chiama» (Cass. civile, sez.

I, 12 giugno 2006 , n. 13584).

D’altro canto già la Corte costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 404 e 405 c.c., numeri 3 e 4, e art. 409 c.c., nel testo introdotto dalla L. n. 6 del 2004, sollevata proprio sotto il profilo della mancata indicazione di chiari criteri selettivi per la distinzione dell'amministrazione di sostegno dalla interdizione e dalla inabilitazione, aveva sottolineato che la nuova disciplina affida al Giudice il compito di individuare l'istituto che garantisca la tutela più adeguata, limitando la capacità del soggetto nella minore misura possibi- le, e di ricorrere alla interdizione solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare tale protezione (Corte Cost. n. 440 del 2005).

La Corte di Cassazione, nella pronuncia del giugno 2006, ha inoltre chiarito che occorre tendere alla “massima salvaguardia possibile dell'au- todeterminazione del soggetto in difficoltà, attraverso il superamento con- cettuale del momento autoritativo, consistente nel divieto, tradizionalmente imposto a suo carico, del compimento di una serie, più o meno ampia di at- tività, in correlazione al grado di incapacità, a favore di una effettiva prote- zione della sua persona, che si svolge prestando la massima attenzione al- la sua sfera volitiva, alle sue esigenze, in conformità al principio costituzio-

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nale del rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo”.

In tale ottica, il criterio da adottare al fine di stabilire di volta in volta quale sia, in particolare tra l'amministrazione di sostegno e la interdizio- ne, la misura più idonea alla protezione del soggetto debole non potrebbe essere individuato con riguardo ad un elemento meramente “quantitativo”, e, cioè, tenendo conto del quantum della incapacità dalla quale il soggetto da proteggere è affetto, come sarebbe confermato anche dalla formulazio- ne dell'art. 404 c.c., introdotto dalla L. n. 6 del 2004, che indica come be- neficiario dell'amministrazione di sostegno chi si trovi nella impossibilità, anche parziale e temporanea, di provvedere ai propri interessi, così la- sciando intendere che essa possa essere anche totale e permanente.

Il discrimen consisterebbe piuttosto nella idoneità dell'uno o dell'altro istituto ad assicurare la protezione più adeguata del soggetto cui esso va applicato.

In quest’ottica, l’interdizione si presenta come extrema ratio cui ricorre- re solo quando i meno limitativi strumenti dell’amministrazione di soste- gno e dell’inabilitazione non appaiono idonei ad assicurare la protezione dell’infermo impossibilitato, totalmente o parzialmente, a provvedere ai propri interessi.

Quindi, i confini tra i diversi possibili strumenti di tutela ora previsti dall’ordinamento, non potranno prefigurarsi in astratto e con nettezza, poiché l’individuazione della tecnica giuridica adeguata alla protezione del soggetto impossibilitato alla cura personale dei propri interessi andrà compiuta caso per caso in considerazione delle esigenze personali e pa- trimoniali degli interessati di volta in volta emergenti e di tutte le altre

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circostanze concretamente accertate che possono assumere rilievo per la decisione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, quindi, il criterio quantitativo non sembra, di per sè solo, offrire un utile strumento di di- stinzione tra i presupposti per l'amministrazione di sostegno e quelli per la interdizione.

A tale scopo, occorre piuttosto valorizzare l'inciso contenuto nell'art.

414 c.c., che collega la interdizione alla necessità di assicurare l'adeguata protezione del soggetto maggiore di età che si trovi in condizioni di abitua- le infermità di mente che lo renda incapace di provvedere ai propri inte- ressi, ciò che equivale ad affermare che l'ordito normativo esclude che si faccia luogo alla interdizione tutte le volte in cui la protezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di provvedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento della amministrazione di sostegno (Cass. civile, sez. I, 12 giugno 2006 , n. 13584).

Poste tali premesse, può passarsi all’esame nel merito del caso concre- to all’esame del Collegio.

Nel caso di specie, come emerso dalle risultanze istruttorie e documen- tali le condizioni di salute di Attardo Concetta sono di tale gravità da comportare una severa alterazione delle facoltà mentali e da rendere il soggetto totalmente incapace di provvedere ai propri interessi, con riferi- mento non solo agli atti di indole economica e patrimoniale, ma anche a tutti gli atti della vita ordinaria.

L’interdicenda, sottoposta ad esame dal Giudice Istruttore, sebbene abbia risposto alle domande formulatele, tuttavia ha manifestato un seve-

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ro stato di immaturità che non lascia margine di dubbio circa l’assoluta incapacità della medesima ad assolvere autonomamente alle funzioni del- la propria vita. Parte resistente risulta, infatti, affetta da « sindrome di Down», secondo quanto è dato riscontrare nelle valutazioni diagnostiche espresse dalla Commissione Medica Integrata per l’invalidità civile, istitui- ta presso l’ASP Palermo, in data 12 maggio 2015, all'esito della relativa visita collegiale, che ha accertato, in seno al verbale di verifica, la sussi- stenza dei requisiti sanitari per il riconoscimento dell'invalidità della At- tardo.

A causa di tali condizioni psicofisiche l’odierna interdicenda risulta aver necessità di assistenza continuativa da parte di terzi, non essendo risultato in grado di compiere gli ordinari atti della vita.

Appaiono pertanto, nella fattispecie, soddisfatti i presupposti richiesti dall'art. 414 cod. civ. per la sua pronunzia di interdizione, in quanto la medesima presenta un'alterazione delle facoltà mentali tale da far luogo a una totale incapacità di provvedere ai propri interessi.

In particolare, la rilevante gravità della patologia summenzionata e la sua natura irreversibile inducono a formulare una prognosi sfavorevole rispetto ad una possibile evoluzione in senso migliorativo del quadro pa- tologico e la sussistenza di consistenti esigenze di protezione e di assi- stenza continuativa della resistente, inducono a ritenere impraticabile, nel caso di specie, il ricorso a forme di tutela meno pregiudizievoli della pronunzia di interdizione, quale l’amministrazione di sostegno, anche in considerazione della possibilità non remota di dover esprimere consensi per la sottoposizione a terapie mediche.

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Per come emerge anche dallo stesso esame diretto dell’interdicenda ad opera del giudice istruttore, la stessa è del tutto incapace di compiere gli atti quotidiani della propria vita e non c’è dubbio che versi in uno stato di costante incapacità di provvedere ai propri interessi causato dalla cronici- tà della patologia che la affligge, dall’incoscienza della stessa e dalla colle- gata impossibilità di esprimere una volontà consapevole.

Alla luce di quanto esposto, quindi, non è dato ravvisare alcuna mi- gliore o più adeguata protezione della pronuncia di interdizione.

Si rileva inoltre che la madre dell’interdicenda, ascoltata dal G.I., non si è opposta alla chiesta interdizione della figlia.

Alla luce delle osservazioni che precedono, la domanda di interdizione deve essere accolta.

Attesa la natura del presente procedimento, le spese del presente pro- cedimento vanno interamente lasciate a carico dei ricorrenti, che le hanno anticipate.

PER QUESTI MOTIVI

Il Tribunale, come sopra composto, uditi i procuratori delle parti costi- tuite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa definitivamente pronunciando nella contumacia di Attardo Concetta;

dichiara la contumacia di Attardo Concetta, nata a Palermo (PA), in da- ta 04/12/1970, citata e non costituitosi nel presente giudizio;

dichiara l'interdizione di Attardo Concetta, nata a Palermo (PA), in data 04/12/1970;

dispone che la presente sentenza sia immediatamente annotata, a cura del Cancelliere, nell'apposito registro e che entro dieci giorni sia comuni-

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cata all'Ufficiale dello Stato Civile del competente comune per le annota- zioni a margine dell'atto di nascita dell'interessata, nonchè trasmessa in carta libera al Giudice Tutelare;

dichiara non ripetibili le spese del giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio della sezione civile del Tribunale di Termini Imerese, , in data 21/12/2021.

Il Presidente Il Giudice Estensore Raimondo Loforti Daniele Salvatore Abbate

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