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S OCIETA’

I TALIANA DI

DE RMATOLOGIA

V ETERINARIA

………....

Cremona, Palazzo Trecchi 23 Marzo 2014

ATTI

Il confine tra dermatologia e

neurologia

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SOCIETA’ ITALIANA DI

DERMATOLOGIA VETERINARIA

23 MARZO 2014

PALAZZO TRECCHI, CREMONA

………..

Sponsor

La SIDEV e’ grata alla SCIVAC per la collaborazione organizzativa

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Relatori

Carlo Cantile, Med Vet, Pisa

Cristian Falzone, Med Vet, Dipl ECVN, MRCVS, Zugliano (VI)

Rosanna Marsella, Met Vet, Dipl ACVD, Gainesville, Florida (USA)

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PROGRAMMA SCIENTIFICO

8.30 Registrazione dei partecipanti 9.00– 9.45 Fisiopatologia del prurito

R. Marsella

9.45-10.30 Nuove frontiere terapeutiche nel controllo del prurito R. Marsella

10.30-11.00 Pausa caffè

11.00-11.45 Automutilazione acrale di origine neurologica nel cane C. Cantile

11.45-12.30 Grattamento nel Cavalier King Charles Spaniel: non solo siringomielia

C. Falzone

12.30-13.30 Assemblea annuale soci SIDEV 13.30-14.30 Pausa pranzo

14.30-15.15 Sindromi iperestesiche nel cane e nel gatto C. Falzone

15.15-16.00 Quando si incontrano la neurologia e la dermatologia: casi clinici

C. Falzone

16.30-17.30 Casi clinici presentati dai soci Sidev

17.30 Consegna degli attestati di partecipazione e termine dei lavori

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INDICE

Fisiopatologia del prurito Pag. 6

Nuove frontiere terapeutiche nel controllo del prurito “ 12

Automutilazione acrale di origine neurologica nel cane “ 19

Grattamento nel Cavalier King Charles Spaniel: non solo siringomielia “ 27

Sindromi iperestesiche nel cane e nel gatto “ 31

Quando si incontrano la neurologia e la dermatologia: casi clinici “ 36

Casi clinici presentati dai soci SIDEV “ 39

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FISIOPATOLOGIA DEL PRURITO

Rosanna Marsella

Diplomata del College Americano di Dermatologia Veterinaria Professore di Dermatologia Veterinaria

Facoltà di Medicina Veterinaria, Università della Florida, Gainesville, FL, USA

Prurito e dolore

Il prurito è definito come una sensazione cutanea spiacevole che induce il desiderio di grattarsi. La patogenesi del prurito è complessa e non ancora completamente definita.1 In passato, il prurito è stato considerato una forma di dolore di bassa intensità. Oggi sappiamo che, anche se il prurito e il dolore presentano alcuni meccanismi sovrapposti, per la percezione del prurito esiste un sistema sensoriale distinto da quello del dolore. Infatti, nonostante la presenza di una via neuronale specifica per il prurito, l’interazione tra prurito e dolore è complessa, a livello dei mediatori dell’infiammazione che attivano sia il prurito che il dolore (serotonina, prostaglandine), a livello dei recettori (PAR-2 o protease-activated receptor e TRP o transient receptor potential) e a livello dei fattori di crescita che sensibilizzano le vie periferiche sia nel prurito che nel dolore cronico. È noto anche che, a volte, l’inibizione del dolore può portare al prurito e viceversa. È pertanto possibile che l’attivazione relativa delle due vie determini il tipo di sensazione percepita.

Stimolazione del prurito

Il prurito può essere suscitato da vari stimoli che possono essere cutanei e/o del sistema nervoso centrale. Dato che la pelle costituisce una barriera deputata a proteggere l’organismo dagli stimoli dannosi, la cute è munita di un sistema di recettori e fibre nervose che trasmettono informazioni sensoriali al sistema nervoso centrale. Gli stimoli pruritogeni vengono poi trasmessi dalle fibre nervose periferiche ai gangli della radice dorsale e al midollo spinale. I gangli dorsali possono modulare gli stimoli pruritogeni e similmente può farlo anche il midollo spinale. Dalla lamina 1, un’area specifica del corno dorsale del midollo spinale, il segnale viene poi trasmesso al sistema nervoso centrale.

Ruolo della cute Cheratinociti

Per i dermatologi il prurito è una delle manifestazioni cliniche più comuni di molte malattie cutanee e la ricerca si è concentrata sulle varie cellule deputate allo stimolo iniziale del prurito e alla sua trasmissione. Mentre in passato i cheratinociti venivano considerati delle cellule inerti che semplicemente creavano una barriera fisica di protezione per il corpo, oggi si sa che sono invece muniti di una serie di recettori che contribuiscono a creare la sensazione del prurito. I cheratinociti

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infatti sono in grado di rilasciare citochine pruritogene e fattori di crescita (Nerve Growth Factor, NGF) per le fibre nervose, contribuendo all’iperplasia di tali fibre nelle forme croniche. Il rilascio di NGF porta anche a un aumento dell’attività della sostanza P e di altri neuropeptidi che interagiscono con cellule infiammatorie come i mastociti.

I cheratinociti esprimono recettori quali TRPV (Transient receptor potential vanilloid) 1, 2 e 3. I recettori della famiglia TRPV sono presenti sui cheratinociti e sulle fibre nervose e mediano la trasmissione del prurito grazie ad una varietà di stimoli fisici e chimici.2 TRPV1 è importante per l’induzione del prurito dipendente dall’istamina e contribuisce alla regolazione della temperatura della superficie cutanea. TRPV4, invece, media il prurito indipendentemente dall’istamina e TRPV3 è fondamentale per la funzione di barriera cutanea.

I cheratinociti esprimono anche PAR-2 (Protease-activated receptor 2): l’espressione è particolarmente intensa nei pazienti con dermatite atopica (DA) e gioca un ruolo importante nel prurito e nel processo infiammatorio che caratterizza questa malattia.3 In particolare, la stimolazione di PAR-2 induce la secrezione di TSLP (thymic stromal lymphopoietin)4 che a sua volta scatena un processo infiammatorio mediato da cellule dendritiche e dominato da cellule Th2 (T-helper 2). Gli acari della polvere e altri allergeni che contengono proteasi sono in grado di attivare PAR-2, contribuendo al processo infiammatorio e allergico della DA. Batteri e funghi sono in grado di attivare PAR-2. I cheratinociti sono in grado di rilasciare proteasi endogene (tripsina) che attivano PAR-2, contribuendo in questo modo alla trasmissione del prurito. L’espressione di PAR-2 stimola il rilascio di neuropeptidi dalle terminazioni periferiche delle fibre nervose portando all’attivazione del recettore per CGRP (Calcitonin Gene-Related Peptide) e per SP (sostanza P), anche chiamato NK1R, affinchè lo stimolo del prurito venga poi trasmesso al sistema nervoso centrale. PAR-2 interagisce con TRPV1 amplificando la sensazione di prurito. PAR-2 è espresso da quasi tutte le cellule nella cute, dai cheratinociti ai neuroni sensitivi e ai mastociti. Un ruolo del PAR-2 nello sviluppo del processo infiammatorio della DA è stato recentemente descritto anche nel cane.5 I cheratinociti sono anche in grado di rilasciare neurotropina 4, che contribuisce a modulare l’innervazione della pelle. Questo tipo di espressione viene stimolata da citochine come l’IFN-γ nei casi cronici di DA.6

Ruolo delle fibre nervose sensitive e dell’infiammazione cutanea

La trasmissione della sensazione del prurito utilizza fibre nervose (tipo C amieliniche). Varie classi di fibre sensoriali di tipo C sono state descritte e generalmente suddivise in fibre sensibili all’istamina e non sensibili all’istamina. I recettori specifici deputati alla trasmissione del prurito sono stai identificati sia sui neuroni cutanei che su quelli spinali. Le fibre nervose sensitive

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grado di rilasciare mediatori di vario tipo quali neuropeptidi (VIP-peptide intestinale vasoattivo, somatostatina, sostanza P, neurotensina), bradichinina, alfa-MSH, peptidi derivati dalla proopiomelanocortina, acetilcolina e CGRP (Calcitonin gene related peptide).

La stimolazione dei recettori sulle fibre nervose contribuisce alla modulazione del prurito, dato che alcuni recettori inducono prurito (es. istamina) e altri inibiscono il prurito (es. cannabinoidi).

Trai vari recettori presenti sulle fibre nervose i più importanti per il prurito sono:

1. Recettori per l’istamina. L’effetto pruritogeno dell’istamina è mediato principalmente dai recettori 1 e 4 (H1 e H4). H4 è espresso dai linfociti T (T helper 2) e la sua attivazione stimola il rilascio di citochine pruritogene come IL-31.

2. Recettori per la capsaicina del tipo TRPV1. TRPV1 è un recettore canale che appartiene alla superfamiglia dei TRP (transient receptor potential) ion channel. TRPV1 è espresso sui nervi centrali e periferici come quelli della cute. Tale recettore è attivato dall’applicazione della capsaicina e da vari altri mediatori dell’infiammazione come l’istamina. Il flusso ionico generato dall’apertura di tali canali è capace di variare l’eccitabilità di membrana o di attivare i secondi messaggeri intracellulari. Le proteine canale TRP sono inoltre coinvolte nei processi di trasduzione degli stimoli sensoriali di natura meccanica e alcune anche in fenomeni di nocicezione.

Recettore attivato da proteinasi (PAR-2). Questo recettore è situato sulle fibre sensoriali cutanee oltre che sui cheratinociti. È attivato da vari stimoli quali la triptasi rilasciata dai mastociti. Nella cute di pazienti con dermatite atopica, PAR-2 è espresso più del normale e contribuisce alla mediazione del prurito e dell’infiammazione, rappresentando un potenziale bersaglio terapeutico. La stimolazione di PAR-2 sulle fibre nervose induce il rilascio di CGRP (calcitonin gene-related peptide) e della sostanza P, entrambi mediatori del prurito.

3. Recettori per gli oppioidi. Tre recettori sono stati rinvenuti nella cute: μ (Mu) e δ (Delta) sulle fibre sensorie e k (Kappa) su cheratinociti, mastociti e fibroblasti. Tali recettori hanno una funzione sia stimolante che inibitoria del prurito. Agonisti del recettore kappa hanno un effetto antipruriginoso, mentre quelli Mu inducono prurito.

4. Recettori per i cannabinoidi. Tali recettori sono presenti sia nel sistema nervoso centrale che su varie cellule del sistema immunitario. In particolare, i recettori CB1 e 2 sono presenti nella cute. L’attivazione di tali recettori inibisce il prurito. I recettori per i cannabinoidi si legano ai cannabinoidi endogeni quali la N-palmitoiletanolamina (PEA).

5. Recettori per le neurochinine. Il neuropeptide sostanza P, membro della famiglia delle tachichinine, dopo essere stato rilasciato dalle fibre nervose sensoriali si lega con grande affinità al recettore 1 della neurochinina (NK1R) presente sui cheratinociti, sulle cellule endoteliali e sui mastociti. Questo porta al richiamo di cellule infiammatorie e alla

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degranulazione dei mastociti con rilascio di sostanze pruritogene e pro-infiammatorie del tipo TNF-α, LTB4. NK1 e NK3 sono anche presenti sui neuroni del corno dorsale e rappresentano un altro bersaglio terapeutico.

Le fibre nervose hanno un ruolo importante nel processo di induzione del prurito e interagiscono con i cheratinociti, i linfociti T, con cellule infiammatorie (eosinofili, basofili e mastociti) e con cellule che rilasciano importanti mediatori pruritogeni (Interleuchina 31 e neurotrofine quali il fattore di crescita (NGF), che attivano e stimolano tali fibre). A loro volta, le fibre nervose attivano specifici recettori presenti su cheratinociti, mastociti, cellule di Langerhans e sull’endotelio.

I mastociti rilasciano importanti mediatori del prurito come istamina, triptasi, leucotrieni, prostaglandine e citochine (IL-3, 4, 6, 9, 10). I mastociti inoltre secernono NGF che nei casi di prurito cronico contribuisce all’iperplasia delle fibre nervose.

I linfociti T (T helper 2) in seguito a vari stimoli come i superantigeni stafilococcici o l’istamina (attraverso i recettori H4) rilasciano IL-31. Tale citochina agisce sui recettori presenti sia sulle fibre nervose che sui cheratinociti (a livello cutaneo)7 e sui recettori presenti nei gangli dorsali mediando così la trasmissione del prurito. L’IL-31 è una citochina di scoperta relativamente recente ed è considerata di grande importanza sia nella trasmissione del prurito che come mediatore dell’infiammazione nella DA sia del cane che dell’uomo.8 Nei pazienti affetti da DA, la concentrazione di IL-31 nel sangue si correla con la gravità della malattia ed è considerata uno dei markers biologici di questa malattia.9 Studi recenti hanno confermato il ruolo di questa citochina nell’induzione del prurito in modelli sperimentali.10

Gli eosinofili contribuiscono al prurito attraverso il rilascio di BDNF (brain-derived neurotrophic factor), ECP (eosinophil cationic protein), EDN (eosinophil derived neurotoxin) e NGF (Nerve growth factor) e di neuropeptidi quali sostanza P e VIP (vasoactive intestinal peptide).

Dalla cute al cervello: trasmissione del prurito Ganglio della radice dorsale

Il ganglio dorsale è un nodulo che contiene corpi cellulari in corrispondenza delle radici dorsali afferenti. Nel ganglio dorsale sono stati identificati vari recettori. In un recente studio nel cane11 sono stati trovati recettori quali TRPV1, recettore per tachikinina 1 (TKR1, uno dei recettori con più grande affinità per la sostanza P), Toll-like receptor 7 (TLR-7), recettore per l’endotelina tipo A, recettori per gli oppioidi Kappa 1 e Mu 1, recettori per l’istamina 1 e 4 e recettori per IL-31.12 Recentemente, in medicina umana sono stati identificati recettori spinali per GPR (Gastrin-releasing peptide) correlati unicamente alla trasmissione del prurito. Infine, il glutammato è uno dei principali

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(NR 1, 2, 3) e sono espressi su un’ampia gamma di neuroni del sistema nervoso periferico e centrale. Di interesse è il ruolo dei TLR, recettori che iniziano le risposte immunitarie di tipo innato attraverso il riconoscimento di motifs molecolari espressi da agenti patogeni. In particolare, TLR7 è importante per la trasmissione del prurito, rappresentando un nuovo bersaglio potenziale terapeutico. Dalla lamina 1, un’ area specifica del corno dorsale del midollo spinale, il segnale viene poi trasmesso al sistema nervoso centrale in cui lo stimolo viene ulteriormente modificato.

Conclusioni

In conclusione, la nostra conoscenza sulla patogenesi del prurito è migliorata notevolmente negli ultimi anni, fornendoci la possibilità di identificare e sperimentare nuove terapie mirate per il prurito. Mentre le terapie convenzionali sono state utilizzate con il fine di ridurre l’infiammazione nella speranza di ridurre anche il prurito, oggi vi sono nuovi farmaci mirati ad inibire i mediatori fondamentali del prurito consentendo un effetto più specifico ed efficace nel controllo di tale sintomo. In campo veterinario, l’introduzione di farmaci come l’oclacitinib, che agisce specificamente inibendo l’IL-31 (citochina importante nel processo infiammatorio e di trasmissione del prurito sia a livello cutaneo che del ganglio dorsale), fornisce ad esempio una nuova potente arma terapeutica.

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12. Rossbach K, Bäumer W. PCR detects bands consistent with the expression of receptors associated with pruritus in canine dorsal root ganglia. Veterinary Dermatology 25(1):9-e4, 2014.

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NUOVE FRONTIERE TERAPEUTICHE NEL CONTROLLO DEL PRURITO

Rosanna Marsella

Diplomata del Collegio Americano di Dermatologia Veterinaria Professore di Dermatologia Veterinaria

Facoltà di Medicina Veterinaria, Università della Florida, Gainesville, FL, USA

Il prurito è un sintomo comune a molte patologie e può peggiorare in modo significativo la qualità di vita dei pazienti. Nonostante il prurito sia frequente, poche terapie veramente efficaci per un suo controllo specifico sono state finora identificate. Molte delle terapie utilizzate riducono semplicemente l’infiammazione, come nel caso di quelle prescritte per la dermatite atopica. Di conseguenza, alla riduzione dell’infiammazione fa seguito la riduzione della sensazione del prurito.

Le classiche terapie per la dermatite atopica nel cane sono i glucocorticoidi e la ciclosporina. Per queste terapie, molti studi hanno dimostrato efficacia sia per la riduzione della severità delle lesioni cliniche che del prurito.1 Dato che queste terapie sono state utilizzate tradizionalmente e non rappresentano un novità, non verranno trattate in questa presentazione. Lo scopo di questa presentazione è invece quello di discutere dei nuovi bersagli terapeutici o dei farmaci con una elevata potenzialità terapeutica. Grazie ai recenti sviluppi sulla patogenesi del prurito e sui vari recettori che giocano un ruolo importante nella trasmissione della sensazione del prurito sono state infatti identificate nuove terapie che aprono nuove frontiere terapeutiche.

Inibitori dei recettori per l’istamina

L’istamina è stata per molti anni considerata un mediatore del prurito. Nonostante i recettori per il prurito siano stati identificati sulle fibre nervose sensoriali, l’efficacia degli antistaminici è molto limitata. Recentemente, sono stati descritti gli antagonisti del recettore 4 e risultati promettenti sono stati riportati nei modelli sperimentali del prurito nei roditori.2

Nel cane, invece, in uno studio è stata riportata la mancanza di efficacia degli antagonisti del recettore 1 (idrossizina e cetirizina) e del recettore 4 (JNJ7777120 and JNJ28307474) in un modello sperimentale di dermatite atopica.3 In questo studio le lesioni indotte erano di tipo acuto e i farmaci sono stati somministrati sia per via topica che per via orale. Quindi, allo stato attuale, gli antistaminici non rappresentano un’alternativa particolarmente efficace per il controllo del prurito nel cane.

Inibitori del PAR-2

L’attivazione delle proteasi è un meccanismo importante per la conduzione del prurito.4 Il circuito PAR-2 è distinto da quello dell’istamina ed è considerato di grande importanza per la dermatite atopica nell’uomo. PAR-2 non solo media il prurito ma ha anche una funzione importante per la

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barriera cutanea e per l’infiammazione. Studi recenti nel cane hanno anche dimostrato che l’attivazione del PAR-2 ha una funzione importante per la stimolazione del processo infiammatorio e quindi che il PAR-2 potrebbe essere un bersaglio terapeutico utile anche in questa specie.5 In particolare, sono stati studiati il nafamostat mesilato e il camostat mesilato. Tali farmaci sono inibitori delle serina proteasi e inattivatori della triptasi e della callicreina. Nafamostat nei topi è efficace nel sopprimere il prurito in maniera proporzionale alla dose utilizzata.6 La farmacocinetica di questo farmaco è stata studiata anche nel cane, con buoni risultati di tollerabilità.7 Tuttavia, allo stato attuale, non esistono studi che hanno valutato l’efficacia di questo farmaco anche nel controllo del prurito del cane.

Un altro gruppo di farmaci che ha come bersaglio le proteasi è rappresentato dalle tetracicline.

Farmaci come la doxiciclina e le minocicline inibiscono le proteasi e il rilascio di citochine pro- infiammatorie.8 Questa proprietà potrebbe spiegare il miglioramento clinico delle allergie e del prurito in pazienti sotto terapia antibiotica con questi farmaci.

Oppioidi

I recettori per gli oppioidi sono stati trovati sui cheratinociti, sulle fibre nervose periferiche e su varie cellule del sistema immunitario. L’effetto dei vari recettori è diverso a seconda del recettore stimolato. La stimolazione del recettore Mu (μ) induce prurito mentre la stimolazione del recettore Kappa (κ) inibisce il prurito.

Inibitori del recettore Mu come naloxone, naltrexone e nalmefene si sono dimostrati utili in casi di prurito da colestasi nelle persone e in modelli sperimentali animali (primati). Agonisti del recettore Kappa come asimadoline vengono considerati promettenti terapie alternative nei modelli animali.

Allo stato attuale, questi farmaci non vengono utilizzati nella pratica clinica veterinaria quali agenti per il controllo del prurito.

Inibitori dell’IL-31

L’interleuchina 31 è una citochina di recente scoperta che ha suscitato molto interesse. È prodotta dai linfociti T helper 2 e gioca un ruolo importante sia nella patogenesi del prurito che nell’infiammazione in corso di dermatite atopica, sia in umana che canina.9,10 Nei modelli animali, le iniezioni di IL-31 stimolano prurito in maniera immediata11 mentre negli esseri umani l’effetto è ritardato, suggerendo che il meccanismo del prurito in umana è indiretto e mediato da una reazione infiammatoria piuttosto che da un effetto diretto sui recettori del prurito.12

Nel cane, il rilascio di IL-31 è stato studiato nelle cellule mononucleate periferiche provenienti da cani con allergie agli acari della polvere. La stimolazione con l’allergene induce una polarizzazione

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enterotossina B stafilococcica.13 Questa citochina quindi rappresenta un bersaglio ideale per il controllo del prurito e dei sintomi di dermatite allergica nel cane.

L’oclacitinib maleato, un inibitore della Janus chinasi 1 (JAK1), un enzima implicato nella processazione dei segnali cellulari, è un nuovo farmaco di notevole efficacia per la riduzione del prurito nel cane. La farmacocinetica di questo farmaco è stata ampiamente studiata nel cane.14 L’oclacitinib maleato viene assorbito rapidamente dopo somministrazione per via orale (biodisponbilità dell’89%) e raggiunge il picco di concentrazione in meno di un’ora.

L’assorbimento di questo farmaco non è influenzato dall’assunzione di cibo, dal sesso o dalla razza dei cani.

L’oclacitinib è efficace nel sopprimere la sintesi di citochine dipendenti da JAK1 importanti nel processo infiammatorio, quali IL-2, 4, 6, e 13 e nel controllo del prurito (IL-31). Tuttavia, ha un minimo effetto in vitro su altre citochine quali l’eritropoietina, la granulocyte/macrophage colony- stimulating factor, l’IL-12 e l’IL-23.15 Questi risultati dimostrano che questo farmaco è altamente selettivo nell’inibire le citochine dipendenti da JAK-1 e che non causa effetti indesiderati dovuti ad una soppressione generale di altre citochine. L’efficacia clinica del farmaco è stata dimostrata sia mediante modelli sperimentali di prurito e di reazioni allergiche sia in pazienti con forme spontanee di dermatite allergica. In uno studio clinico randomizzato e controllato con placebo su 436 cani con dermatite allergica, è stata valutata l’efficacia del farmaco sul prurito e sulla dermatite allergica.16 I cani sono stati divisi in due gruppi, uno trattato con placebo e uno trattato con oclacitinib (0.4-0.6 mg/kg) per un totale di 28 giorni. I proprietari e i clinici non erano al corrente del tipo di terapia utilizzata. Il prurito e le lesioni cliniche sono state poi valutate, dimostrando un miglioramento significativo nel gruppo trattato con oclacitinib già dopo i primi sette giorni di terapia. L’oclacitinib è stato recentemente introdotto nella pratica clinica negli USA con enorme successo, grazie al controllo immediato e considerevole del sintomo del prurito in soggetti allergici e senza infezioni secondarie.

Vanilloidi

I vanilloidi sono composti in grado di attivare i recettori TRVP. Il recettore meglio studiato in questa famiglia è il TRVP1, che è presente su fibre nervose sensitive, cheratinociti, mastociti, cellule dendritiche e cellule endoteliali. L’attivazione di TRVP1 induce l’eccitazione e la successiva desensibilizzazione delle fibre nervose C tramite un rilascio ed esaurimento di neuropeptidi come la sostanza P. La capsaicina è un vanilloide esogeno che è stato utilizzato come terapia topica localizzata per il prurito e il dolore. Tale prodotto è disponibile senza ricetta alle concentrazioni di 0.025-0.1%. Di solito, l’applicazione viene effettuata insieme ad un anestetico topico per le prime 2 settimane, per eliminare la sensazione di bruciore iniziale. Un nuovo prodotto e di diversa

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concentrazione (8%) è oggi disponibile sia in Europa che negli USA ed è di efficacia superiore ai prodotti a più bassa concentrazione. Una sola applicazione è in grado dopo soli 30-60 minuti di fornire beneficio contro il dolore senza effetti collaterali.17

Nel cane, in uno studio controllato e con placebo in pazienti affetti da dermatite atopica, è stata valutata l’efficacia dell’applicazione topica di capsaicina alla concentrazione di 0.025% due volte al giorno per 6 settimane.18 In tale studio non è stata riportata una riduzione significativa del prurito e le concentrazioni cutanee della sostanza P non sono risultate correlate all’intensità del prurito, suggerendo quindi che il ruolo della sostanza P nel prurito del cane va ulteriormente studiata.

Cannabinoidi

Il sistema dei cannabinoidi è un altro bersaglio interessante per il blocco della trasmissione del prurito. La stimolazione di tali recettori induce una riduzione del prurito. L’applicazione topica dei cannabinoidi sintetici riduce l’intensità del prurito.19 Una crema contenente N-palmitoiletanolamina (PEA) è efficace nella riduzione del prurito dopo soli 6 giorni di terapia.20 Tale crema non ha molta affinità per il recettore dei cannabinoidi, ma aumenta l’effetto di un cannabinoide endogeno (anandamide). Questo cannabinoide riduce l’attività del recettore TRVP1 inducendo quindi una riduzione del prurito. È importante notare che gli agonisti diretti dei recettori per i cannabinoidi hanno effetti significativi di tipo centrale, per cui la più recente ricerca è volta ad identificare tutti i composti che riducono o prevengono il metabolismo di cannabinoidi endogeni. Un recettore, ad esempio, è stato descritto nei follicoli piliferi del cane. Il significato di tale recettore non è ancora stato completamente chiarito.21 Due recettori sono stati anche descritti nella cute del cane in soggetti normali e in soggetti affetti da dermatite atopica.22 L’intensità di espressione è maggiore nei soggetti normali rispetto a quelli allergici.

Adelmidrol, un derivato semisintetico dell’acido azelaico e analogo del PEA, applicato topicamente alla concentrazione del 2% ogni giorno per 8 giorni ha indotto una riduzione significativa dell’infiammazione e del numero cutaneo di mastociti in un modello canino sperimentale di prurito, rappresentando quindi una promettente alternativa per il controllo topico del prurito.23 Nello stesso modello sperimentale di infiammazione e prurito e usando Beagles allergici agli ascaridi la somministrazione di PEA ha determinato una riduzione significativa delle reazioni intradermiche in 6 cani.24 Uno studio recente ha dimostrato inoltre che in cani con dermatite atopica i livelli di PEA sono aumentati, se paragonati a quelli dei soggetti normali, possibilmente come tentativo da parte dell’organismo di compensare lo stato infiammatorio della malattia.25 Allo stato attuale, non ci sono studi pubblicati che abbiano dimostrato l’efficacia clinica della somministrazione di PEA anche in cani affetti da dermatite atopica.

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In conclusione, varie terapie sono all’orizzonte per il controllo del prurito. Tra queste, l’oclacitinib è il composto per il quale esistono più studi nel cane e del quale l’efficacia è stata ben dimostrata. È possibile che in futuro saranno disponibili nuove terapie che forniranno altre possibilità terapeutiche ai nostri pazienti.

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AUTOMUTILAZIONE ACRALE DI ORIGINE NEUROLOGICA NEL CANE

Carlo Cantile

Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa

Una delle cause dello sviluppo di gravi lesioni autoindotte a carico delle porzioni distali degli arti risiede in alterazioni a livello del sistema nervoso periferico e in particolare, delle vie sensitive. Le neuropatie che colpiscono le fibre sensitive sono patologie piuttosto rare, sebbene negli anni siano state descritte in diverse razze canine. Questo gruppo di neuropatie si presenta con un’ampia varietà di segni clinici e patologici, presumibilmente derivanti da una diversa eziologia. Alcune forme di neuropatie sensitive ereditarie sono riportate anche nel topo e in ratti geneticamente mutati.

La ganglioradicolite, anch’essa inclusa nelle neuropatie sensitive, è caratterizzata da un processo infiammatorio a carico dei gangli periferici e delle radici dorsali spinali. La patologia colpisce animali adulti senza apparente predisposizione di razza o sesso e i segni clinici più caratteristici comprendono atassia sensoriale, ipermetria, diminuzione o perdita dei riflessi spinali, propriocezione diminuita, ipoalgesia a livello facciale e disfagia per possibile megaesofago. La caratterizzazione patologica si basa sul rinvenimento di infiltrati cellulari infiammatori, in prevalenza linfociti, nei gangli spinali e nei gangli del sistema autonomo, accompagnati da degenerazione assonale e demielinizzazione secondaria nel midollo spinale a livello del funicolo dorsale e nei nervi spinali. La malattia ha numerosi tratti in comune con le neuropatie sensitive propriamente dette, anche se per la ganglioradicolite si riconosce un carattere marcatamente infiammatorio.

Nelle neuropatie sensitive, gli studi neuropatologici evidenziano lesioni di tipo degenerativo del sistema nervoso periferico con marcata riduzione delle fibre mielinizzate di grosso calibro e soprattutto di piccolo calibro, in particolare a carico dei nervi sensitivi. Le fibre appaiono atrofiche e la mielina corrugata, con caratteri tipici della degenerazione assonale. Altra sede comune di degenerazione è rappresentata dalle corna dorsali del midollo spinale con diminuzione della popolazione delle fibre ed assenza del fascicolo di Lissauer. L’assenza di questo fascicolo accentua il solco posterolaterale: il corno di sostanza grigia appare più corto e il suo apice è posto più in profondità all’interno del midollo. La patologia può essere sospettata sulla base dei reperti clinici:

alla visita neurologica si effettuano test di propriocezione unitamente a prove di stimolazione del dolore superficiale e profondo, ma una precisa valutazione funzionale delle vie nocicettive risulta sempre piuttosto limitata e difficoltosa. Sono necessari pertanto strumenti diagnostici specialistici come l’elettromiografia, la misurazione della velocità di conduzione nervosa e le biopsie dei nervi sensitivi al fine di stabilire un inquadramento nosografico della malattia.

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L’insensibilità dolorifica e termica è interpretata con l’assenza, probabilmente dovuta a errori nello sviluppo, dei neuroni sensitivi primari, sia a livello del corpo cellulare che degli assoni deputati a questa funzione sensitiva. Ciò è supportato dal mancato rilievo delle fibre di piccolo calibro nelle radici dorsali e dall’assenza del fascicolo di Lissauer nel midollo spinale. L’origine dello sviluppo di tale difetto non è chiara. Dall’aspetto del midollo spinale è possibile ipotizzare un’agenesia del fascicolo di Lissauer, oppure una sua più o meno precoce e progressiva degenerazione (abiotrofia).

È ipotizzabile che il difetto primario sia a carico dei neuroni sensitivi primari già al momento dell’embriogenesi e quindi, la successiva migrazione e differenziazione di tali neuroni nei gangli dorsali risulti alterata. Questa teoria della migrazione dei neuroni è stata studiata nell’embrione di pollo, nel quale sono state osservate due distinte popolazioni cellulari: la prima composta da cellule voluminose, considerate mediatrici della sensibilità esterocettiva, tattile e viscerale; la seconda popolazione si sviluppa invece nell’embrione circa una settimana dopo ed è composta da una mescolanza di fibre di grosso diametro (a funzione propriocettiva) e piccole (a funzione nocicettiva e di trasmissione della temperatura). Pertanto, l’alterato sviluppo delle cellule gangliari può spiegare la specifica assenza di fibre di piccolo diametro come un difetto genetico durante la produzione di questa seconda popolazione cellulare.

Nel cane, le neuropatie sensitive sono stare descritte nel Siberian Husky, Dobermann Pinscher, Whippet, Terrier scozzese e Golden Retriever. Si sospetta un carattere ereditario della patologia anche nel Pointer inglese, Pointer tedesco, Bassotto tedesco a pelo lungo, Jack Russell, Border Collie e Spaniel francese. Alcune caratteristiche clinico-patologiche sono riportate nella tabella seguente.

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NEUROPATIE SENSITIVE DEL CANE

RAZZA ETÀ DI

INSORGENZA

CARATTERISTICHE CLINICHE

CARATTERISTICHE NEUROPATOLOGICHE

ANOMALIE DEI NERVI PERIFERICI

DEFICIT DEL S.N.A.

BORDER COLLIE

5 mesi Atassia, propriocezione assente sui posteriori e diminuita sugli anteriori.

n.r. n.r. Nessuno

BORDER COLLIE

7 mesi Anoressia, debolezza sugli arti, atassia.

Propriocezione e riflessi assenti.

Automutilazioni

n.r. Nervi sensitivi: grave perdita

di fibre nervose di piccolo calibro. Degenerazione assonale

Incontinenza urinaria

BORDER COLLIE

2 mesi Diminuzione/perdita della propriocezione e della nocicezione.

Degenerazione dei gangli spinali.

Fibrosi endoneurale.

Nervi sensitivi: diminuzione delle grosse e piccole fibre mieliniche, degenerazione assonale

Incontinenza urinaria

BASSOTTO TEDESCO

8/12 sett. Atassia,

diminuzione/perdita della propriocezione e della nocicezione.

Automutilazioni

n.r. Nervi sensitivi: perdita e

degenerazione delle fibre mielinizzate. Deg. assonale delle fibre non mielinizzate.

Assonopatia distale.

Incontinenza urinaria

POINTER INGLESE

Dalla nascita (4 mesi alla prima visita)

Ridotta crescita.

Automutilazioni

Riduzione delle dimensioni dei gangli spinali. Radici spinali: riduzione e degenerazione delle fibre mielinizzate. Diminuita densità di fibre nel fascicolo di Lissauer.

Riduzione e deg. delle fibre mielinizzate. Fibrosi endoneurale. Sparse deg.

assonali.

Nessuno

SPANIEL FRANCESE

2 – 12 mesi Esordio improvviso.

Atassia.

Automutilazioni

Insufficiente sviluppo e degenerazione progressiva post-natale delle fibre sensitive.

n.r. Nessuno

JACK RUSSELL

6 anni Atassia progressiva degli arti posteriori.

Assenza di percezione del dolore; deficit di propriocezione.

n.r. Diminuzione degli assoni

mielinizzati nel n. peroneo

Incontinenza urinaria

PINSCHER 1 anno e 1/2 Atassia. Sensibilità profonda e superficiale ridotta negli arti posteriori.

Automutilazioni

SIBERIAN HUSKY

2 anni Atassia

Perdita di fibre mieliniche nelle radici dorsali, funicolo dorsale, tratto discendente del n. del trigemino nel midollo allungato. Fibrosi endoneurale.

WHIPPET 5 anni Atassia Incontinenza

urinaria SCOTTISH

TERRIER

6 anni Lenta progressione in 3 anni. Atassia.

GOLDEN RETRIEVER

2 anni Difficoltà motorie, incoordinazione sui posteriori progressive.

No automutilazioni

Perdita di fibre nel fascicolo gracile e cuneato e delle radici dorsali.

Presenza di infiltrazioni linfocitarie.

Perdita delle fibre mielinizzate di grosso calibro.

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Le caratteristiche comuni nei casi di neuropatia sensitiva riportate nelle diverse razze canine sono:

l’insorgenza precoce della sintomatologia, come difetto della nocicezione a carico delle vie sensitive periferiche, e il riscontro di lesioni a livello del midollo spinale. Infatti le strutture neuroanatomiche maggiormente colpite da deplezione o degenerazione sono le piccole fibre mielinizzate Aδ e le fibre non mielinizzate C, responsabili della trasmissione della sensibilità dolorifica. L’unica evidente anomalia del midollo spinale è stata osservata a livello del fascicolo dorsolaterale di Lissauer, un tratto che riceve fibre della sensibilità dolorosa e termica dalla divisione laterale delle radici dorsali. La percezione dolorosa risulta dunque assente o deficitaria e per questo motivo i cuccioli arrivano a provocarsi gravi auto-mutilazioni. La perdita di percezione nocicettiva elimina i meccanismi di protezione dell’organismo verso lesioni traumatiche esogene o autoindotte e predispone allo sviluppo di menomazioni spesso incompatibili con la vita. Il difetto neurologico può comportare la comparsa di una parestesia localizzata alle porzioni distali degli arti, causata da un anormale e aberrante input sensitivo al sistema nervoso centrale. Le auto-mutilazioni sono in generale riportate in tutte le neuropatie sensitive anche se con gradi di intensità variabili. Il coinvolgimento del sistema autonomo non è una caratteristica di comune riscontro nelle neuropatie sensitive del cane ed è stato segnalato nel Bassotto tedesco a pelo lungo, Jack Russell, Whippet e Border Collie. Generalmente si manifestano con incontinenza urinaria, disfagia e vomito.

La comparazione della malattia nel cane con la neuropatia sensitiva ereditaria nell’uomo non risulta del tutto accurata e risente sia delle limitazioni diagnostiche cliniche, sia dell’incompletezza e disomogeneità delle informazioni clinico-patologiche riportate in letteratura veterinaria dei casi descritti.

Nell’uomo, l’insensibilità al dolore, tatto e temperatura e l’assenza di propriocezione associata anche ad automutilazione alle estremità distali permette una classificazione di queste malattie come neuropatie sensitive ereditarie con sintomatologia riferibile anche a disfunzioni del sistema autonomo. Ogni neuropatia sensitiva ereditaria è probabilmente causata da differenti errori genetici in specifici aspetti dello sviluppo delle fibre di piccolo diametro, che risultano in diverse espressioni fenotipiche. Poiché non sono stati ancora messi a punto test genetici, per ogni tipo di espressione è ancora necessario caratterizzare le tipologie della patologia in base ad altre caratteristiche significative. Rimane valida perciò la classificazione in base alle caratteristiche cliniche e patologiche (età di insorgenza, sviluppo della patologia, sintomi, popolazione di neuroni affetta e altre lesioni riscontrate) che riconosce cinque tipologie di neuropatie sensoriali ereditarie (Hereditary Sensory and Autonomic Neuropathies, HSAN) come di seguito riportate.

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Hereditary Sensory Radicular Neuropathy (HSAN type I)

Patologia a insorgenza tardiva e progressiva, tipicamente tra i 20-40 anni, spesso associata a sordità, intorpidimento e perdita di sensibilità termica e dolorosa nelle parti distali degli arti. La perdita progressiva di sensibilità è associata all’insorgenza di ulcere, lesioni agli arti, fratture patologiche e fenomeni di osteomielite. Nel midollo spinale toracico inferiore e lombo-sacrale si evidenzia una diminuzione delle dimensioni delle colonne dorsali. Le radici dorsali sono di dimensioni diminuite soprattutto a livello del fascicolo di Lissauer, rispetto alle radici motorie che appaiono normali. Le colonne dorsali appaiono atrofiche specialmente nella regione lombare. Le radici dorsali gangliari a livello lombare non sono rinvenibili e le cellule nelle radici dorsali gangliari a livello cervicale appaiono degenerate e coartate. Si riscontrano inoltre lesioni degenerative dei neuroni sensitivi primari nei gangli della regione sacrale e lombare. Biopsie del nervo surale mostrano riduzione numerica delle grosse fibre mielinizzate e delle piccole fibre mielinizzate e non mielinizzate. Studi sulla conduzione nervosa indicano una moderata diminuzione nella velocità di conduzione delle fibre nervose motorie e sensitive. Si riscontra inoltre una disfunzione nella percezione del calore, del freddo e nella sudorazione che riflette una disfunzione e riduzione delle fibre mielinizzate Aδ e non mielinizzate C.

Congenital Sensory Neuropathy (HSAN type II)

Questa tipologia si presenta durante l’infanzia o la prima adolescenza e ha un carattere non progressivo. Sebbene la malattia sia associata a una grave perdita di fibre sensitive di piccolo e grosso diametro, i problemi all’esordio sono causati da disfunzioni del sistema autonomo rappresentati da frequenti episodi di reflusso gastro-esofageo. La sensibilità periferica è compromessa, anche se la localizzazione somatica è abbastanza varia. La percezione del dolore, della temperatura e la propriocezione sono alterate. Le auto-mutilazioni iniziano precocemente, intorno ai 4 mesi, spesso associate all’eruzione dei primi denti. Si verificano fratture indolori, complicazioni cutanee da ulcere croniche, atrofia muscolare, diminuzione dei riflessi e i bambini sono affetti da scoliosi. Biopsie al nervo surale mostrano marcata diminuzione del diametro del nervo e deplezione delle grosse e piccole fibre mielinizzate, mentre si osserva solo una lieve diminuzione delle fibre non mielinizzate. Studi sulla conduzione nervosa confermano una marcata compromissione dei potenziali d’azione dei nervi sensitivi rispetto ai nervi motori che presentano valori solo leggermente sotto i valori soglia.

Familial Dysautonomia o Riley-Day Syndrome (HSAN type III)

È la tipologia più frequente e più studiata delle neuropatie sensitive ereditarie nell’uomo.

L’insorgenza è alla nascita e ha decorso progressivo. Le manifestazioni del sistema autonomo sono

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predominanti e arrivano a mascherare i disturbi alla sensibilità, specialmente nel periodo neonatale.

I primi sintomi includono difficoltà nell’alimentarsi per incoordinazione dei movimenti della bocca, ipotonia e occasionale reflusso gastro-esofageo. Le auto-mutilazioni sono rare. La sintomatologia clinica include una diminuzione, se non addirittura l’assenza, della percezione dolorosa e termica. Il dolore alle ossa e cutaneo superficiale sono poco percepiti, mentre è intatta la sensibilità viscerale. I riflessi corneali e tendinei sono ipoattivi. I disturbi del sistema autonomo sono prominenti e coinvolgono i tratti periferici e centrali. L’assenza di lacrimazione in seguito a stimoli emozionali è un segno caratteristico di tale patologia, in associazione a molteplici sintomi come frequenti episodi di nausea, vomito, tachicardia, ipertensione, agitazione che rientrano nella sindrome da disfunzione del sistema autonomo con insufficienza delle diverse funzioni. Un difetto nella conduzione afferente è riscontrabile per l’assenza di riflessi tendinei profondi. Il coinvolgimento dei neuroni motori è giustificato dall’ipotonia infantile, l’andatura anormale e l’alta incidenza di scoliosi giovanile. È riportato uno sviluppo anormale, sia embrionale sia post-natale, dei neuroni gangliari delle radici dorsali, che risulta in una marcata riduzione di volume della radice gangliare. La biopsia del nervo surale evidenzia una diminuzione del diametro e una marcata riduzione della popolazione delle fibre non mielinizzate e delle piccole fibre mielinizzate. È presente inoltre riduzione volumetrica e del numero di fibre dei gangli a livello cervico-toracico con una componente degenerativa progressiva.

Congenital Insensitivity to Pain with Anhydrosis (HSAN type IV)

In questa forma si assiste alla comparsa di episodi di febbre alta non associata a infezioni in corso, lesioni indolori, comprese morsicature alla lingua, bruciature alle mani e fratture. È caratteristica l’insorgenza precoce con la prima infanzia e la tipica assenza o marcata diminuzione nella sudorazione. La malattia si presenta a livello del tronco e delle estremità degli arti, indicativa di un difetto nella trasmissione simpatica nel tratto toraco-lombare. Proprio la mancanza di sudorazione provoca gli episodici rialzi febbrili fino a estrema iperpiressia che è di solito associata a crisi convulsive. La cute si presenta callosa, secca con distrofia delle unghie e lichenificazione dei palmi.

La lacrimazione è normale come pure sono assenti episodi di dismotilità gastrica, vomito o crisi con tachicardia e ipotensione. Come le altre neuropatie sensoriali ereditarie, anche questo tipo è associato a una diminuzione della sensibilità e in minor grado a disfunzioni del sistema autonomo.

Tuttavia la caratteristica mancanza di sudorazione rende questa patologia ben diagnosticabile rispetto alle altre forme. L’insensibilità al dolore è marcata e porta ad auto-mutilazioni, auto- amputazioni e a cicatrici corneali con difficoltà di cicatrizzazione delle strutture ectodermiche. Si riscontrano inoltre ipotonia, fratture patologiche e difficoltà nell’apprendimento. La biopsia del nervo surale mostra fibre mielinizzate normali, mentre sono assenti le fibre non mielinizzate. Una

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biopsia cutanea rivela una mancanza di fibre C e Aδ nell’epidermide e l’assenza o l’ipoplasia delle ghiandole sudoripare, che risultano in ogni caso prive di innervazione. La mancanza di innervazione delle ghiandole sudoripare è in accordo con le manifestazioni cliniche di una marcata anidrosi e l’oggettiva assenza di una risposta simpatica a livello cutaneo.

Congenital Indifference to Pain (HSAN V)

Per questa tipologia sono descritti in letteratura solo pochi casi. La sintomatologia inizia a manifestarsi dai primi mesi dopo la nascita. Sebbene i bambini affetti rispondano normalmente agli stimoli tattili, termici e pressori, sono del tutto indifferenti agli stimoli dolorosi. Ciò dimostra che sono in grado di percepire gli stimoli esterni, ma non riescono a distinguerne il tipo, l’intensità e la qualità. La perdita di sensibilità dolorosa è dimostrata con esposizioni delle estremità al freddo, al caldo, a stimoli dolorosi o elettrici a grande intensità durante gli studi sulla conduzione nervosa senza che essi provochino sensazioni spiacevoli. In queste situazioni l’organismo reagisce fisiologicamente al dolore con aumento della pressione sanguigna, delle pulsazioni e degli atti respiratori. Ciò comporta lo sviluppo di ulcere agli arti, fratture spontanee senza dolore e altre lesioni cutanee che sono anche le prime a manifestarsi. Le biopsie del nervo surale dimostrano una pronunciata diminuzione delle fibre nervose mielinizzate di piccolo calibro. Nel nervo peroneo invece si riscontra un numero e una dimensione normale delle fibre sia mielinizzate, sia non mielinizzate. Questa sindrome è rara e non c’è una specifica caratterizzazione genetica.

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GRATTAMENTO NEL CAVALIER KING CHARLES SPANIEL: NON SOLO SIRINGOMIELIA

Cristian Falzone, DVM, dipl. ECVN Diagnostica Piccoli Animali, Zugliano (VI)

Tra le varie malattie neurologiche a cui il Cavalier King Charles Spaniel (CKCS) può essere soggetto, quali ad esempio il collasso episodico e l’epilessia, la malformazione Arnold-Chiari- simile, spesso associata a siringomielia, è di certo quella più frequentemente riscontrata dal neurologo nei soggetti appartenenti a questa razza. Il grattamento, insieme all’algia cervicale, rappresenta uno dei sintomi più spesso riportati in anamnesi dai proprietari. L’approccio al CKCS con prurito deve comunque essere sempre mirato al singolo soggetto e non può non tener conto di altre malattie neurologiche oltre alla malformazione di Chiari, ed ovviamente di quelle di pertinenza prettamente dermatologica, che possono dare grattamento più o meno associato a dolore cervicale.

Malformazione Arnold-Chiari-simile

In medicina umana la malformazione di Arnold-Chiari comprende un gruppo eterogeneo di anomalie delle strutture della fossa posteriore. Quest’ultima risulta “inadeguata” a contenere il cervelletto e più raramente il midollo allungato, che erniano quindi nel forame magno. Si distinguono almeno 4 tipi diversi di malformazione di Chiari, (sebbene il tipo I e II siano le forme più comuni nella pratica clinica), e quella riscontrata in medicina veterinaria è assimilabile alla tipo I. In questo tipo di malformazione nell’uomo erniano le tonsille cerebellari e, in una percentuale variabile dal 20 all’85%, si rileva concomitante siringomielia. Quest’ultima consiste in una lesione cavitaria del midollo spinale, contenente liquido cefalorachidiano, che spesso interessa i funicoli dorsali o dorso laterali.

Nel cane, la malformazione Chiari 1-simile affligge più frequentemente soggetti di taglia piccola e per lo più brachicefalici e in particolar modo il CKCS, nel quale si sospetta una trasmissione genetica di tipo autosomico recessivo. Tale malformazione deriva da “un’incongruenza” tra le dimensioni della fossa cranica caudale e quelle cerebellari, forse dovuta a un’ipoplasia dell’osso occipitale, che comporta infine l’erniazione della porzione caudale del verme cerebellare nel forame magno. Quest’ultima determina conseguentemente un possibile disturbo del flusso del liquido cefalo-rachidiano e quindi siringomielia (Fig. 1). Questa può interessare il solo tratto cervicale ma anche il midollo spinale nella sua totalità.

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Fig. 1: immagine di Risonanza Magnetica T2 pesata sul piano sagittale; si noti l’ernia cerebellare nel forame magno e la siringomielia cervicale.

I segni clinici possono insorgere in età variabile tra 6 mesi e 10 anni, con età media intorno ai 5 anni. Possono esordire in modo acuto o sub-acuto/cronico, con decorso progressivo. Il segno clinico più frequente è il dolore spinale cervicale; questo può essere costantemente presente ed associato a postura con testa tenuta bassa, torticollis e riluttanza a muoversi sebbene, non di rado, possa essere episodico. A seconda della gravità della concomitante siringomielia, si possono evidenziare diversi gradi di atassia e/o paresi e deficit a carico delle reazioni posturali. Altro sintomo frequente è per l’appunto il prurito, riferito dai proprietari come la frequente necessità di grattarsi nella regione del collo/spalla, fino a interrompere attività in atto quali il gioco, la corsa o simili. Tale grattamento spesso non esita in un contatto reale con la superficie corporea e pertanto viene anche definito

“grattamento fantasma”. Seppure non sia completamente chiara l’eziopatogenesi di tale grattamento, si pensa che questo possa essere dovuto a possibili parestesie nella regione dei muscoli paraspinali, secondarie alla presenza di siringomielia.

La diagnosi viene effettuata grazie alla Risonanza Magnetica (RM), che permette di evidenziare tutte le anomalie sopra menzionate a carico della fossa posteriore cranica, delle relative strutture cerebrali in essa contenute e del midollo spinale; altri reperti evidenziabili e comunemente associati con questa malformazione sono l’idrocefalo o le alterazioni dell’articolazione atlanto-occipitale. Va sottolineato che tutte queste alterazioni riscontrabili all’esame RM possono essere evidenziate in soggetti del tutto asintomatici e possono pertanto rappresentare un reperto accidentale.

Dal punto di vista terapeutico, diverse molecole sono state impiegate per il trattamento medico di questa patologia (farmaci anti-infiammatori non steroidei, furosemide, cortisonici, gabapentin, etc.), con successo variabile. In casi con sintomatologia “relativamente importante” e/o progressiva e con esordio in età giovanile, è possibile/consigliabile il trattamento chirurgico (decompressione del forame magno). La prognosi dopo il trattamento è variabile, seppure primi risultati siano incoraggianti, soprattutto nel breve-medio termine; ulteriori studi sono necessari per stabilirne l’effettiva valenza, in particolare nel lungo termine.

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Otite Media Secretoria Primaria (PSOM)

Sebbene tutte le razze possano potenzialmente essere affette da questa condizione, i CKCS sembrano, per ragioni ancora non note, particolarmente sensibili e propensi a sviluppare questa patologia, che consiste nell’accumulo di materiale mucoso, spesso ad elevata viscosità, all’interno della bolla timpanica, in assenza di evidenti segni di infiammazione e/o otiti esterne (Fig. 2).

Fig. 2: immagine di Risonanza Magnetica T2 pesata sul piano trasverso; si noti il marcato accumulo di materiale con scomparsa del normale contenuto aereo in entrambe le bolle, in assenza di alterazioni del condotto uditivo esterno (frecce).

Seppure l’eziopatogenesi non sia ben nota, si suppone che all’origine della PSOM ci possa essere una combinazione tra aumentata produzione di muco e diminuito drenaggio dello stesso attraverso la tuba di Eustachio.

Soggetti con questa malattia vengono portati all’attenzione del veterinario il più delle volte per grattamento, mono o bilaterale, spesso mirato alla zona auricolare o per dolore, non sempre di facile localizzazione. Per tali motivi questa condizione patologica deve essere attentamente valutata e considerata tra le diagnosi differenziali con la malformazione di Chiari, ogni qualvolta si ha a che fare con un CKCS in cui i sintomi principali sono grattamento e dolore. Altri sintomi secondari alla PSOM, quali la testa ruotata e/o la paralisi del nervo facciale, possono venire in soccorso del clinico nel differenziarla dalla malformazione di Chiari.

La diagnosi di sospetto può già essere raggiunta dopo una corretta e attenta visualizzazione del timpano; questo infatti di sovente tende ad essere più opaco del normale e a protrudere nel condotto uditivo. Una diagnostica per immagini avanzata, quali CT o RM, sono comunque spesso necessarie per confermare la diagnosi e soprattutto per evidenziare la reale causa dei sintomi riportati, quando comuni a più di una patologia (i.e., PSOM vs Malformazione di Chiari).

Numerose controversie esistono in merito al trattamento medico o chirurgico e in tal caso quale tipo di chirurgia. Nei casi riportati in letteratura non sono stati evidenziati significativi gradi di infezione dell’orecchio medio, seppure sembra questa possa verificarsi in pazienti cronici o dopo miringotomia, suggerita da alcuni come il trattamento elettivo. Tuttavia, la miringotomia seguita

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