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Calcolo differenziale per funzioni di una variabile

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Academic year: 2021

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(1)

Capitolo

8

Calcolo differenziale per funzioni di una variabile

8.1 Definizione di derivata

Sia y = f(x) definita nell’intervallo A e sia fissato x0 ∈ A. Diamo a x0 un arbitrario incremento ∆x 6= 0 su A, e indichiamo con ∆y = f(x0 + ∆x) − f(x0) il corrispondente incremento della funzione. Il rapporto ∆y/∆x si chiama rapporto incrementale della funzione y = f (x) relativo al punto x0; esso `e una funzione della variabile ∆x, definita nell’insieme E di tutti i ∆x 6= 0 tali che x0+ ∆x ∈ A. Il punto ∆x = 0 `e di accumulazione per E e perci`o possiamo esaminare se esiste il limite del rapporto incrementale al tendere di ∆x a zero.

Se accade che esista determinato e finito il lim

∆x→0

∆y

∆x = lim

∆x→0

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x , (8.1)

noi diremo che la funzione y = f(x) `e derivabile nel punto x0 e chiameremo tale limite la derivata della funzione y = f(x) nel punto x0, designando la derivata col simbolo f0(x0).

Si ha dunque la seguente definizione di derivata:

f0(x0) = lim

∆x→0

f (x0 + ∆x) − f(x0)

∆x (8.2)

tutte le volte che il limite esiste determinato e finito.

Diremo poi che la funzione `e derivabile nell’intervallo A se essa `e derivabile in ogni punto x∈ A. Se ci`o accade, per ogni punto x ∈ A resta ben determinato il corrispondente valore f0(x) della derivata; nasce cos`ı in A una funzione f0(x) che si chiama funzione derivata, o semplicemente derivata, della data funzione f(x). Oltre che col simbolo f0(x) si suole indicare la derivata anche con la notazione Df(x).

Si vede subito che se la funzione f(x) `e derivabile nell’intervallo A lo `e anche la funzione cf (x), con c costante, e si ha:

D[cf(x)] = c D f(x). (8.3)

Diamo ora alcuni esempi di funzioni derivabili, calcolando le loro derivate.

Consideriamo la funzione y = c (costante). Per ogni incremento ∆x 6= 0 della variabile, si ha ∆y = 0 e perci`o il rapporto incrementale `e sempre nullo. Dunque

D c = 0. (8.4)

(2)

Per la funzione y = x si ha, evidentemente, ∆y/∆x = 1 e quindi, qualunque sia x:

D x = 1. (8.5)

Consideriamo la funzione y = logax (con a > 0, a6= 1) che `e definita per x > 0. Si ha

∆y

∆x = loga(x + ∆x) − logax

∆x = loga



1 +∆x x

1/∆x

ovvero, ponendo 1/∆x = ξ:

loga



1 +1/x ξ

ξ

.

Tenuto conto che per ∆x → 0 si ha ξ → ∞, applicando le (6.4) e (6.10) si deduce lim

∆x→0

∆y

∆x = lim

ξ→∞ loga



1 +1/x ξ

ξ

= loga lim

ξ→∞



1 +1/x ξ

ξ

= 1 xlogae.

Si ha dunque

D logax = 1

xlogae, (x > 0), (8.6)

ed in particolare, se si tratta di logaritmi naturali, D log x = 1

x, (x > 0). (8.7)

Le (8.6) e (8.7) mettono in evidenza perch´e, nelle considerazioni teoriche, i logaritmi naturali sono i pi`u opportuni.

Consideriamo la funzione y = sin x. Per ogni x si ha

∆y

∆x = sin(x + ∆x) − sin x

∆x = 2 cos(x + ∆x/2) sin(∆x/2)

∆x = sin(∆x/2)

∆x/2 cos(x + ∆x/2);

in virt`u di note propriet`a si deduce:

lim

∆x→0

∆y

∆x = 1 · cos x ossia

D sin x = cos x. (8.8)

Considerata la funzione y = cos x, si ha per ogni x:

∆y

∆x = cos(x + ∆x) − cos x

∆x = −2 sin(x + ∆x/2) sin(∆x/2)

∆x = − sin(x + ∆x/2)sin(∆x/2)

∆x/2 ,

(3)

8.2. Interpretazione geometrica della derivata

donde

D cos x = − sin x. (8.9)

Consideriamo la funzione y = tan x. Per ogni x 6= (2k + 1)π/2 (k intero) si ha

∆y

∆x = tan(x + ∆x) − tan x

∆x =

sin(x + ∆x) cos(x + ∆x) −

sin x cos x

∆x = sin(∆x)

∆x

1

cos x cos(x + ∆x) e quindi

D tan x = 1 cos2x



x6= (2k + 1)π 2



. (8.10)

Osserviamo il seguente risultato:

8.1.I Se la funzionef (x) `e derivabile in un punto x0 ∈ A essa `e continua nel punto x0. Di conseguenza, se `e derivabile nell’intervallo A, essa `e continua nell’intervallo A.

Dim. – Infatti si ha per ipotesi:

lim

∆x→0

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x = f0(x0) e quindi si pu`o scrivere:

lim

∆x→0[f(x0 + ∆x) − f(x0)] = lim

∆x→0

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x · ∆x



= f0(x0) · 0 = 0, cio`e

lim

∆x→0

f (x0 + ∆x) = f(x0). 

Si tenga presente che non `e vero il viceversa, cio`e una funzione f(x) continua pu`o non essere derivabile. Inoltre, se la f(x) `e derivabile, la sua derivata f0(x) in generale non `e continua.

8.2 Interpretazione geometrica della derivata

Data una funzione f(x) continua in un intervallo A, consideriamone il grafico γ. Presi su γ due punti P0[x0, f (x0)], P [x0+ ∆x, f(x0+ ∆x)], osserviamo che, al tendere di ∆x a zero, il punto P varia e tende a P0; infatti l’ascissa x0+ ∆x di P tende all’scissa x0 di P0 e, in virt`u della continuit`a di f(x), lo stesso avviene per le ordinate.

Ricordiamo ora una importante definizione: si chiama retta tangente alla curva γ nel punto P0 la posizione limite (se esiste) di una secante s ≡ P0P della curva stessa, quando il punto P , variando sulla curva, tende al punto P0.

(4)

Esaminiamo ora sotto quali condizioni esiste la retta tangente definita sopra. Osserviamo che la secante P0P ha coefficiente angolare uguale a [f (x0+ ∆x) − f(x0)]/∆x, cio`e uguale al rapporto incrementale della f(x), e quindi ha equazione

y− f(x0) = f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x (x − x0). (8.11)

Per far tendere P a P0 occorre, come detto, far tendere ∆x a zero. Ricordando la definizione di derivata `e chiaro che, se la funzione f(x) `e derivabile nel punto x0, la retta (8.11) ammette la posizione limite s0 di equazione

y− f(x0) = f0(x0)(x − x0); (8.12) esiste quindi la retta tangente a γ nel punto P0 che risulta essere una retta non parallela all’asse y e rappresentata dall’equazione (8.12).

Se la f(x) non `e derivabile nel punto x0, possono presentarsi due casi: 1) per ∆x che tende a zero il rapporto incrementale ha limite +∞ o −∞; 2) per ∆x che tende a zero il rapporto incrementale non ha limite.

Nel primo caso, in cui si suol dire che la f(x) ha in x0 derivata infinita, basta scrivere la (8.11) nel modo seguente

1

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x

[y − f(x0)] = x − x0

per vedere immediatamente che la secante s ha come limite la retta di equazione x − x0 = 0.

Dunque: se nel punto x0 la f(x) ha derivata infinita, la retta (8.11) ammette la posizione limite s0 di equazione x − x0 = 0: esiste pertanto la tangente a γ nel punto P0 che risulta essere la parallela all’asse delle ordinate passante per tale punto.

Nel secondo caso, in cui non esiste il limite del rapporto incrementale, la retta (8.11) non ha posizione limite per ∆x che tende a zero e quindi la curva γ non ammette tangente nel punto P0.

Sempre considerando il caso in cui manca il limite del rapporto incrementale, pu`o tuttavia accadere che esistano, finiti o infiniti, diversi fra loro, i due limiti

lim

∆x→0

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x , lim

∆x→0+

f (x0+ ∆x) − f(x0)

∆x (8.13)

che si chiamano rispettivamente la derivata a sinistra (eventualmente infinita) e la derivata e destra (eventualmente infinita) della f(x) nel punto x0. Si vede allora facilmente che nel corrispondente punto P0del grafico γ si pu`o parlare di una tangente a sinistra (eventualmente parallela all’asse y) e di una tangente a destra (eventualmente parallela all’asse y). Si tenga presente che, pur essendo distinti i due limiti (8.13), pu`o darsi che le due tangenti a sinistra

(5)

8.3. Definizione e propriet`a del differenziale

e a destra si sovrappongano; `e ovvio che ci`o avviene soltanto quando uno dei detti limiti `e +∞ e l’altro −∞, avendosi allora la coincidenza delle due tangenti nella parallela all’asse y condotta per P0. Se le due tangenti sono distinte, il punto P0 si dice punto angoloso di γ; se invece coincidono nella parallela all’asse y, il punto P0 si dice una cuspide di γ.

8.3 Definizione e propriet`a del differenziale

Sia y = f(x) derivabile nell’intervallo A. Se x, x + ∆x ∈ A, chiameremo differenziale della funzionef (x) il prodotto f0(x)∆x e lo indicheremo col simbolo dy ovvero df(x):

dy = df(x) = f0(x)∆x. (8.14)

Se si applica questa definizione alla particolare funzione f(x) = x, si ottiene — essendo f0(x) = 1 — dx = ∆x, per cui si pu`o dire che il differenziale della variabile indipendente x coincide con l’incremento della variabile stessa. Ne deriva che la (8.14) pu`o anche scriversi

dy = df(x) = f0(x)dx (8.15)

e perci`o il differenziale di una funzione f(x) `e uguale al prodotto della derivata per il differenziale della variabile indipendente.

Dalla (8.15) segue

f0(x) = dy

dx (8.16)

cosicch´e la derivata di una funzione pu`o essere considerata come il rapporto fra il differenziale della funzione stessa ed il differenziale della variabile indipendente.

Il differenziale di una funzione ha una semplice interpretazione geometrica sul grafico della funzione stessa. La tangente nel punto P [x, f(x)] del grafico ha equazione

Y − f(x) = f0(x)(X − x)

avendo designato con X, Y le coordinate correnti (cio`e di un punto variabile sulla tangente), cosicch´e quel punto Q della tangente che ha l’ascissa X = x + ∆x viene ad avere un’ordinata Y definita dalla Y − f(x) = f0(x)∆x ossia, per la (8.14), Y − f(x) = df(x).

Si pu`o dunque dire: il differenziale di una funzione f(x) `e uguale all’incremento dell’or- dinata di un punto Q mobile sulla tangente alla curva y = f(x) nel suo punto di ascissa x, quando l’ascissa di Q passa dal valore x al valore x + ∆x.

Mettiamo ora in relazione l’incremento ∆y = f(x + ∆x) − f(x) della funzione con il differenziale dy = f0(x)∆x. Sussiste la seguente importante formula

∆y = dy + o(∆x), (8.17)

(6)

ove o(∆x), lo ricordiamo, denota un infinitesimo di ordine superiore rispetto a ∆x. Per dimostrare la (8.17) occorre far vedere che

lim

∆x→0

∆y − dy

∆x = 0, (8.18)

e ci`o `e immediato perch´e

∆y − dy

∆x = ∆y

∆x −f0(x)

e, per ∆x → 0, il secondo membro tende a zero, per definizione di derivata.

Supposto che sia f0(x) 6= 0 e quindi dy 6= 0, la (8.17) ci dice che, quando ∆x `e sufficiente- mente piccolo, si pu`o praticamente confondere l’incremento ∆y col differenziale dy; si suole dire che il differenziale dy fornisce la parte principale dell’incremento differenziale ∆y. Ci`o non `e pi`u vero se f0(x) = 0 ossia dy = 0; allora la parte principale di ∆y ha altre espressioni, come vedremo in seguito.

Osserviamo ancora che il rapporto (∆y − dy)/∆x considerato in (8.18) `e una funzione ω(∆x) dell’incremento ∆x, definita e continua per ∆x6= 0; essa non ha senso per ∆x = 0 (cio`e ∆x = 0 appare come un punto singolare di essa), ma la (8.18) ci dice che tale punto singolare si pu`o eliminare ponendo ω(0) = 0. Si pu`o pertanto scrivere ∆y − dy = ω(∆x)∆x, ossia

∆y = [f0(x) + ω(∆x)]∆x (8.19)

in ogni caso (anche se ∆x = 0), essendo ω(∆x) una opportuna funzione continua, nulla per

∆x = 0.

8.4 Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte

Sia y = f(x) definita nell’intervallo A ed ivi continua e crescente oppure decrescente; sap- piamo che essa `e dotata di funzione inversa x = g(y). Sussiste allora il seguente risultato

8.4.I Se f (x) `e derivabile con derivata non nulla, anche la funzione inversa x = g(y) `e derivabile con derivata non nulla e vale la relazione

g0(y) = 1

f0(x). (8.20)

Dim. – Per provare che la g(y) `e derivabile, dobbiamo provare che esiste determinato e finito il limite

lim

∆y→0

g(y + ∆y)− g(y)

∆y . (8.21)

All’incremento ∆y 6= 0 della y corrisponde un certo incremento ∆x 6= 0 della x e si ha g(y + ∆y) = x + ∆x, g(y) = x, ∆y = f (x + ∆x)− f(x). Inoltre, poich´e dalla continuit`a di

(7)

8.4. Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte

f (x) segue quella di g(y), al tendere di ∆y a zero anche ∆x tende a zero. Perci`o al limite (8.21) possiamo sostituire il seguente

lim

∆x→0

(x + ∆x) − x

f (x + ∆x)− f(x) = lim

∆x→0

1

f (x + ∆x)− f(x)

∆x

.

Poich´e per ipotesi

lim

∆x→0

f (x + ∆x)− f(x)

∆x = f0(x) 6= 0,

si conclude che il limite (8.21) vale 1/f0(x). Dunque g0(y) = 1/f0(x), ossia la (8.20).  Notiamo che, ricorrendo alla notazione coi differenziali vista in precedenza, la (8.20) si esprime cos`ı

dy dx ·

dx dy = 1, cio`e con una identit`a fra i differenziali.

Applichiamo ora questo risultato al calcolo di alcune derivate fondamentali.

La funzione y = ax (a > 0, a 6= 1) `e definita in (−∞, +∞) ed ha la funzione inversa x = logay. Quest’ultima ha la derivata (1/x) logae che `e sempre 6= 0 per cui, in virt`u della (8.20), si ha per ogni x:

D ax = 1 1 ylogae

= y logea

ossia

D ax = axlogea, (8.22)

ed in particolare, per a = e:

D ex = ex. (8.23)

La funzione y = arcsin x `e definita in [−1, 1] e si ha

−π

2 6y 6 π

2. (8.24)

Essa ha la funzione inversa x = sin y che ha la derivata cos y la quale `e diversa da zero per |y| 6= π/2, ossia per |x| 6= 1. Ne segue che per |x| 6= 1 si ha

D arcsin x = 1 cos y; ma cos y = +p

1 − sin2y — con segno + in virt`u della (8.24) — e quindi D arcsin x = 1

√1 − x2 (per |x| 6= 1). (8.25)

(8)

In modo del tutto analogo si dimostra la D arccos x = − 1

√1 − x2 (per |x| 6= 1). (8.26)

La funzione y = arctan x `e definita in (−∞, +∞) e si ha

−π

2 < y < π 2.

La funzione inversa `e x = tan y che ha la derivata 1/ cos2y. Dunque per ogni x si ha D arctan x = 1

1 cos2y

= 1

1 + tan2y

ossia

D arctan x = 1

1 + x2. (8.27)

Studiamo ora la derivazione delle funzioni composte. Sia data la funzione y = f(x) definita nell’intervallo A dell’asse x e supponiamo che il suo coinsieme sia contenuto in un certo intervallo intervallo B dell’asse y. In B sia poi definita la funzione u = ϕ(y). Possiamo allora considerare in A la funzione composta u = F (x) con F (x) = ϕ[f(x)].

Vogliamo dimostrare la seguente proposizione:

8.4.II Se la funzioney = f (x) `e derivabile in A, se la funzione u = ϕ(y) `e derivabile in B, allora la funzione composta u=F(x) `e derivabile in A e si ha

F0(x) = ϕ0(y) · f0(x) con y = f(x). (8.28)

Dim. – Siano x, x+∆x con (∆x 6= 0) due punti arbitrari di A; y = f(x), y+∆y = f(x+∆x) i corrispondenti valori della funzione y = f(x). Per provare l’esistenza della derivata F0(x), dobbiamo considerare il limite per ∆x → 0 del rapporto incrementale

∆F

∆x = F (x + ∆x)− F (x)

∆x = ϕ[f (x + ∆x)]− ϕ[f(x)]

∆x = ϕ(y + ∆y)− ϕ(y)

∆x .

Pu`o essere ∆y 6= 0 o anche ∆y = 0, ma sappiamo che in ogni caso si ha:

ϕ(y + ∆y)− ϕ(y) = [ϕ0(y) + ω(∆y)] · ∆y,

con ω(∆y) funzione continua e nulla per ∆y = 0; possiamo dunque scrivere

∆F

∆x = [ϕ0(y) + ω(∆y)] · ∆y

∆x. (8.29)

(9)

8.4. Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte

Facciamo ora tendere ∆x a zero. Per la supposta derivabilit`a della y = f(x), il rapporto

∆y/∆x tende a f0(x); dalla (8.29) si trae quindi lim

∆x→0

∆F

∆x = ϕ0(y) · f0(x)

e questo prova la (8.28). 

Ricorrendo alla notazione coi differenziali, questo risultato si pu`o formulare nel modo seguente

du dx = du

dy · dy dx;

si riduce cio`e ad una semplice identit`a fra i differenziali. La proposizione 8.4.II `e molto utile nel calcolo delle derivate. Vediamo qui pochi esempi di applicazione al calcolo di alcune derivate fondamentali.

La funzione u = xα con α numero reale qualsiasi — che possiamo supporre diverso da 0 e da 1, essendo questi due casi gi`a contemplati dalle (8.4) e (8.5) — `e definita in ogni caso per x > 0 e nel punto x = 0 ha senso solo se α > 0. `E poi definita per x < 0 soltanto se l’esponente α `e un numero razionale positivo o negativo m/n con m, n primi tra loro e n dispari.

Cominciamo col supporre x > 0. Allora si pu`o scrivere u = eα log x e quindi la nostra funzione appare come composta mediante le due

y = α log x, u = ey.

Applicando la 8.4.II e tenendo conto delle (8.3), (8.7), (8.23), si ricava D xα = ey·α

x = xα·α x. ossia

D xα= α xα−1. (8.30)

Dimostriamo ora che, nell’ipotesi α = m/n con m, n primi tra loro e n dispari, la stessa formula vale anche per x < 0. Infatti in tal caso si pu`o scrivere u = xα = (−1)α(−x)α e la funzione si pu`o considerare come composta mediante

y =−x, u = (−1)αyα (con y > 0).

Ne segue per la 8.4.II, tenendo conto delle (8.3), (8.5), (8.30):

D xα = (−1)αα yα−1· (−1) = α(−1)α+1(−x)α−1 = α xα−1.

Infine, nel punto x = 0, la (8.30) vale ancora se α > 1; infatti il rapporto incrementale relativo a tale punto `e (∆x)α/∆x = (∆x)α−1 e, se α > 1 tende a zero per ∆x → 0.

(10)

Osservato che la (8.30) comprende le (8.4), (8.5), si pu`o concludere che la (8.30) vale in ogni punto x ove hanno senso sia xα che xα−1.

La funzione u = log |x| `e definita per x 6= 0 e coincide con la u = log x se x > 0; per x < 0 `e composta mediante le

y =−x, u = log y (con y > 0).

Se ne deduce che, per x < 0, si ha

D log |x| = 1

y · (−1) = 1 x. Dunque, in ogni caso, sussiste la formula

D log |x| = 1

x (8.31)

che comprende la (8.7).

Dalla derivazione delle funzioni composte si ottiene un’altra notevole propriet`a del dif- ferenziale. Considerata la funzione u = ϕ[f(x)] composta mediante le u = ϕ(y), y = f(x), se pensiamo u come funzione della y, il suo differenziale `e dato da

ϕ0(y)dy; (8.32)

se pensiamo u come funzione della x, il suo differenziale `e

D ϕ[f(x)]dx. (8.33)

Ora `e importante notare che le due espressioni (8.32), (8.33) sono uguali. Infatti, per la 8.4.II si ha che la (8.33) vale ϕ0(y)f0(x)dx; ma f0(x)dx = dy e quindi D ϕ[f(x)]dx = ϕ0(y)dy.

Perci`o il differenziale di una funzione u = ϕ(y) ha la stessa espressione tanto se y `e variabile indipendente quanto se dipende da un’altra variabile x.

8.5 Regole di derivazione

Dimostriamo ora alcune proposizioni relative alla derivazione di funzioni ottenute combinan- do, secondo diverse operazioni, funzioni pi`u semplici.

8.5.I Se f1(x), f2(x), . . . , fn(x) sono funzioni derivabili in un medesimo intervallo A, se c1, c2, . . . , cn sono delle costanti, la combinazione lineare

f (x) = c1f1(x) + c2f2(x) + . . . + cnfn(x)

`

e derivabile in A e si ha

D f(x) = c1D f1(x) + c2D f2(x) + . . . + cnD fn(x). (8.34)

(11)

8.5. Regole di derivazione

Dim. – Dato a x l’incremento ∆x su A si ha

∆f = c1∆f1+ c2∆f2+ . . . + cn∆fn e quindi

∆f

∆x = c1∆f1

∆x + c2∆f2

∆x + . . . + cn∆fn

∆x.

Passando al limite per ∆x → 0 ed applicando il 6.4.VI si ottiene la (8.34).  8.5.II Se le funzioni f (x), g(x) sono derivabili in un medesimo intervallo A, anche il loro prodotto `e derivabile in A e si ha

D [f(x)g(x)] = D f(x) · g(x) + f(x) · D g(x). (8.35)

Dim. – Posto F (x) = f(x)g(x), si pu`o scrivere

∆F

∆x = f (x + ∆x)g(x + ∆x)− f(x)g(x)

∆x = g(x + ∆x)∆f

∆x+ f(x)∆g

∆x.

Passando al limite per ∆x → 0, si deduce facilmente la (8.35).  Da questa regola si ricava immediatamente quella per il calcolo della derivata di un prodotto di tre o pi`u fattori. In generale: la derivata del prodotto di n fattori derivabili esiste ed `e data dalla somma di n termini che si ottengono dal prodotto stesso sostituendo al primo, secondo, . . . , n-esimo fattore la rispettiva derivata.

8.5.III Se la funzione f (x) `e derivabile nell’intervallo A, in ogni punto di A in cui sia f (x)6= 0 `e anche derivabile la funzione 1/f(x) e si ha

D 1

f (x) = −D f(x)

[f(x)]2. (8.36)

Dim. – Se nel punto x `e f(x) 6= 0, si pu`o determinare un numero σ > 0 tale che per 0 < |∆x| < σ sia ancora f(x + ∆x) 6= 0. Per 0 < |∆x| < σ si pu`o allora scrivere

∆ 1

f (x)

∆x =

1

f (x + ∆x)− 1 f (x)

∆x = −f (x + ∆x)− f(x)

∆x

f (x)f (x + ∆x) ,

e passando al limite per ∆x → 0, si trova la (8.36). 

8.5.IV Se le funzionif (x), g(x) sono derivabili nell’intervallo A, in ogni punto di A in cui

`eg(x)6= 0 `e anche derivabile il quoziente f(x)/g(x) e si ha Df (x)

g(x) = D f(x) · g(x) − f(x) · D g(x)

[g(x)]2 . (8.37)

(12)

Dim. – Basta scrivere f/g = f · (1/g) ed applicare le (8.35) e (8.36).  Le regole precedenti si possono mettere in altra forma facendovi comparire i differenziali delle funzioni considerate. Alle regole di derivazione (8.34),(8.35),(8.36),(8.37) vengono allora a corrispondere altrettante regole di differenziazione che si ottengono da quelle semplicemente moltiplicando ambo i membri per dx. Si trovano allora le

d(c1f1+ c2f2+ . . . + cnfn) = c1df1 + c2df2+ . . . + cndfn,

d(fg) = g df + f dg, d 1

f = −df

f2, df

g = g df − f dg g2 .

8.6 Funzioni iperboliche e loro derivate

Introduciamo ora le cosiddette funzioni iperboliche, che presentano grande analogia con le funzioni circolari e sono molto usate nelle applicazioni.

Si chiama coseno iperbolico, e si indica con cosh x, la funzione definita in (−∞, +∞) dalla formula

cosh x = ex+ e−x

2 . (8.38)

Il suo grafico `e una curva detta catenaria e si costruisce immediatamente, una volta disegnate le curve delle funzioni y = ex, y = e−x, come mostrato in figura 8.1.

1 2 3 4

−1

−2

−3

−4

1 2 3 4 5 6

y = cosh x y = ex y = e−x

x y

Figura 8.1: Grafico della funzione y = cosh x.

(13)

8.6. Funzioni iperboliche e loro derivate

Si chiama seno iperbolico, e si indica con sinh x, la funzione definita in (−∞, +∞) dalla formula

sinh x = ex− e−x

2 . (8.39)

Il suo grafico si costruisce immediatamente, una volta disegnate le curve delle funzioni y = ex, y = −e−x, come mostrato in figura 8.2.

1 2 3 4

−1

−2

−3

−4

1 2 3 4 5

−1

−2

−3

−4

−5

y = sinh x y = ex

y =−e−x

x y

Figura 8.2: Grafico della funzione y = sinh x.

Osservato che si ha sempre cosh x 6= 0, si pu`o definire in (−∞, +∞) la tangente iperbolica mediante la formula

tanh x = sinh x

cosh x = ex− e−x ex+ e−x. Si pu`o anche scrivere

tanh x = e2x− 1

e2x+ 1 oppure tanh x = 1 − e−2x 1 + e−2x

(14)

ed `e allora evidente che lim

x→−∞tanh x = −1, lim

x→+∞tanh x = 1.

Se ne deduce facilmente il grafico di figura 8.3.

1 2 3 4 5 6

−1

−2

−3

−4

−5

−6

1

−1

y = tanh x

x y

Figura 8.3: Grafico della funzione y = tanh x.

Si considera anche, per x 6= 0, la cotangente iperbolica di x, definita dalla formula coth x = cosh x

sinh x = ex+ e−x ex− e−x il cui grafico `e mostrato nella figura 8.4.

1 2 3 4 5 6

−1

−2

−3

−4

−5

−6

1 2 3 4 5

−1

−2

−3

−4

−5

y = coth x

x y

Figura 8.4: Grafico della funzione y = coth x.

(15)

8.7. Tabella delle derivate fondamentali ed applicazione delle regole di derivazione

Fra le funzioni iperboliche intercorrono numerose relazioni che ricordano quelle relative alle funzioni circolari. Facendo uso delle (8.38),(8.39), si dimostrano facilmente le seguenti:

cosh2x− sinh2x = 1,

sinh(x ± y) = sinh x cosh y ± cosh x sinh y, cosh(x ± y) = cosh x cosh y ± sinh x sinh y,

dalle quali segue in particolare

sinh 2x = 2 sinh x cosh y, cosh 2x = cosh2x + sinh2x.

Le derivate delle funzioni iperboliche si calcolano immediatamente applicando le regole viste in precedenza. Si ottiene

D cosh x = ex− e−x

2 = sinh x, D sinh x = ex+ e−x

2 = cosh x, D tanh x = Dsinh x

cosh x = cosh2x− sinh2x

cosh2x = 1

cosh2x, D coth x = Dcosh x

sinh x = sinh2x− cosh2x

sinh2x = − 1 sinh2x.

8.7 Tabella delle derivate fondamentali ed applicazione delle regole di derivazione

La tabella delle derivate fondamentali, riportata nella pagina seguente, riunisce le derivate che abbiamo dimostrato nelle pagine precedenti e che costituiscono un indispensabile nucleo di conoscenze del calcolo differenziale.

Per mezzo di queste derivate fondamentali, delle regole di derivazione proposte in prece- denza e dell’applicazione della 8.4.II, si possono calcolare le derivate di tutte le funzioni composte mediante funzioni elementari.

(16)

Tabella delle derivate fondamentali

D c = 0 D ax = axlogea (D ex= ex)

D xα = αxα−1 D loga|x| = 1

xlogae



D log |x| = 1 x



D x = 1 D sinh x = cosh x

D1

x = − 1

x2 D cosh x = sinh x

D√

x = 1

2√x D tanh x = 1

cosh2x

D sin x = cos x D coth x = − 1

sinh2x

D cos x = − sin x D arcsin x = 1

√1 − x2 D tan x = 1

cos2x D arccos x = − 1

√1 − x2 D cot x = − 1

sin2x D arctan x = 1

1 + x2

Illustriamo l’applicazione della 8.4.II. Quando si deve in pratica derivare una funzione composta ϕ[f(x)], `e inutile fare la posizione f(x) = y; basta pensare di derivare la funzione ϕ come se la variabile indipendente fosse f (x) e poi moltoplicare la derivata ottenuta per la derivata della f(x).

Si scrive cio`e, in conformit`a con la (8.28):

D ϕ[f(x)] = ϕ0[f(x)] · f0(x).

In pratica si incontrano anche funzioni generate mediante ripetute formazioni di funzioni composte. Ad esempio, per una funzione del tipo ψ{ϕ[f(x)]}, la derivata si calcola applicando due volte la 8.4.II e cio`e si procede cos`ı: si deriva la ψ come se la variabile indipendente fosse ϕ[f (x)], si moltiplica la derivata ottenuta per la derivata della ϕ calcolata come se la variabile indipendente fosse f(x) e poi si moltiplica ancora per la derivata della f(x).

Osserviamo infine che se si devono derivare funzioni del tipo y = [f(x)]g(x), con f(x) > 0, basta scrivere

y = eg(x) log f (x)

per avere, in virt`u delle regole viste,

D eg(x) log f (x)= eg(x) log f (x)



g0(x) log f(x) + g(x)f0(x) f (x)

 .

(17)

8.8. Derivate successive. Differenziali successivi

8.8 Derivate successive. Differenziali successivi

Sia f(x) una funzione derivabile nell’intervallo A. La sua derivata f0(x) pu`o essere a sua volta una funzione derivabile in A; derivandola si ottiene una nuova funzione che `e naturale chiamare la derivata seconda della f(x) e che si indica con uno dei simboli f00(x), D2f (x). Se a sua volta la f00(x) `e derivabile in A, possiamo parlare della derivata della derivata seconda, che chiameremo derivata terza della f(x) ed indicheremo con f000(x) o con D3f (x). Se questo procedimento di derivazione successiva pu`o applicarsi n volte, risulteranno definite in A la derivata prima, come anche si chiama f(x), la derivata seconda, terza, . . ., n-esima della f(x), quest’ultima da indicarsi con f(n)(x) oppure Dnf (x). Pu`o anche darsi che il procedimento non si arresti mai e si possa considerare la derivata n-esima della f(x) con un arbitrario n;

si dice allora che la f(x) ammette in A derivate di ordine comunque elevato, oppure che

`e derivabile quante volte si vuole. Ci`o accade per le funzioni elementari presentate nella tabella delle derivate fondamentali.

Osserviamo che, dato un polinomio in x di grado n

f (x) = a0xn+ a1xn−1+ . . . + an−1x + an,

la sua derivata prima `e un polinomio di grado n − 1, la derivata seconda un polinomio di grado n − 2, . . ., la derivata n-esima `e la costante n! a0, mentre tutte le derivate successive alla n-esima sono identicamente nulle.

Se f(x), g(x) sono due funzioni derivabili almeno n volte, esiste una formula notevole, detta di Leibnitz, che esprime la derivata n-esima del prodotto f(x)g(x) e che estende la (8.35). Essa si scrive

Dn[f(x)g(x)] = Xn k=0

n k



Dn−kf (x)· Dkg(x), (8.40)

ove si deve intendere che D0f (x) = f (x), D0g(x) = g(x). Si noti l’analogia della (8.40) con la formula del binomio di Newton. La (8.40) `e vera per n = 1, riducendosi in tal caso alla (8.35).

Introduciamo infine una notazione ampiamente usata. Se A `e un intervallo e n un intero positivo, indicheremo con Cn(A) la classe delle funzioni f(x) che ammettono in A le derivate f0(x), f00(x), . . . , f(n)(x) con quest’ultima derivata continua in A.

Pertanto la scrittura f(x) ∈ Cn(A) — oppure la frase: f(x) `e in A di classe Cn — significa che in A la f(x) `e dotata di derivata n-esima continua. Si suole includere il caso n = 0, cio`e scrivere f (x)∈ C0(A) per esprimere che f(x) `e continua in A.

Si suole anche indicare con C(A) la classe delle funzioni f(x) che in A ammettono derivate di ordine comunque elevato (necessariamente continue).

Molte volte si sottintende l’intervallo A e si scrive semplicemente f(x) ∈ Cn, f(x) ∈ C.

(18)

Il differenziale dy = f0(x)dx si chiama anche il differenziale primo (o di primo ordine) della funzione y = f(x) e dipende dalle due variabili x e dx. Supposto che la f(x) abbia derivata seconda, chiameremo differenziale secondo (o di secondo ordine) della f(x), e lo indicheremo con d2y o d2f (x), il differenziale del differenziale primo, calcolato con la convenzione di considerare dx come una costante. Si ha cio`e:

d2y = d(dy) = d[f0(x)dx] = D[f0(x)dx] · dx = f00(x)dx · dx ossia

d2y = f00(x)dx2, ove dx2 significa (dx)2.

Ammessa poi l’esistenza di f000(x) si pu`o, sempre con la predetta convenzione riguardo dx, definire il differenziale terzo o di terzo ordine d3y come il differenziale del differenziale secondo e si trova che esso vale

d3y = f000(x)dx3.

In generale, se esiste la derivata n-esima si pu`o parlare del differenziale n-esimo o di ordine n:

dny = f(n)(x)dxn.

Ci`o conduce anche alla notazione, molto usata per indicare la derivata n-esima:

f(n)(x) = dny dxn.

Per i differenziali di ordine superiore a 1 non vale la propriet`a osservata in precedenza per il differenziale primo, cio`e: i differenziali successivi di una funzione ϕ(y) non hanno in generale la stessa espressione se y `e variabile indipendente oppure se `e funzione di un’altra variabile x. Ci`o risulta evidente se si pensa che, se y `e variabile indipendente, possiamo considerare dy come una costante e generare i differenziali successivi nel modo appena descritto; ma se y = f (x) ci`o non `e pi`u possibile. Mettiamo in luce questo fatto sul differenziale secondo.

Data la u = ϕ(y), se y `e variabile indipendente si ha

d2u = ϕ00(y)dy2; (8.41)

se invece y = f(x), si ha

d2u = d{ϕ0[f(x)]f0(x)dx} = D{ϕ0[f(x)]f0(x)dx} · dx

= {ϕ00[f(x)]f0 2(x)dx + ϕ0[f(x)]f00(x)dx} · dx

= ϕ00[f(x)]f0 2(x)dx2+ ϕ0[f(x)]f00(x)dx2, ossia

d2u = ϕ00(y)dy2+ ϕ0(y)d2y, (8.42) espressione diversa dalla (8.41). Si noti che alla (8.42) si arriva pi`u speditamente utilizzando le regole di differenziazione viste in precedenza; si procede cos`ı:

d2u = d[ϕ0(y)dy] = dϕ0(y) · dy + ϕ0(y) · d(dy) = ϕ00(y)dy2+ ϕ0(y)d2y.

(19)

8.9. Forme indeterminate. Teorema di De L’Hospital

8.9 Forme indeterminate. Teorema di De L’Hospital

Abbiamo gi`a considerato le forme indeterminate ∞−∞, 0·∞, 0/0, ∞/∞ sia per le successioni che per le funzioni di una variabile.

Riferendoci alle funzioni, aggiungiamo ora che altre forme indeterminate si possono pre- sentare quando si debba studiare il limite (per x → 0 o per x → ±∞) di una funzione del tipo [f(x)]g(x), con f(x) > 0. Precisamente ci`o avviene nei tre seguenti casi:

lim f(x) = 0, lim g(x) = 0; (forma indeterminata 00), (8.43)

lim f(x) = 1, lim g(x) = ∞; (forma indeterminata 1), (8.44)

lim f(x) = ∞, lim g(x) = 0; (forma indeterminata ∞0). (8.45)

Infatti, scrivendo

[f(x)]g(x)= eg(x) log f (x), (8.46) si vede subito che nei casi (8.43),(8.44),(8.45) l’esponente g(x) log f(x) presenta rispettiva- mente la forma indeterminata1 0 · ∞, ∞ · 0, 0 · ∞.

Si hanno cos`ı in tutto sette forme indeterminate ma, in base a quello che si `e appena detto, si vede che basta considerare le prime quattro. Inoltre, modificando opportunamente l’espressione della funzione, anche le forme indeterminate ∞−∞, 0·∞, si possono ricondurre alle 0/0, ∞/∞. Infatti, se lim f(x) = ∞, lim g(x) = +∞, scrivendo

f (x)− g(x) = log ef (x)

eg(x) (8.47)

si vede che il rapporto indicato a secondo membro d`a luogo alla forma indeterminata ∞/∞;

cos`ı la forma ∞ − ∞ `e ricondotta alla ∞/∞. Analogamente, se lim f(x) = 0, lim g(x) = ∞, scrivendo

f (x)g(x) = f (x) 1 g(x)

oppure g(x) 1 f (x)

(8.48)

si riconduce la 0 · ∞ alla 0/0 oppure alla ∞/∞.

Pertanto si pu`o limitare lo studio delle forme indeterminate ai due casi 0/0, ∞/∞.

Ci`o premesso, per lo studio delle predette forme indeterminate `e molto utile il seguente teorema.

1Si osservi che non sono forme indeterminate 0+∞, 0−∞; infatti, si vede subito, utilizzando la (8.46), che si ha: 0+∞= 0, 0−∞= +∞.

(20)

8.9.I (Teorema di de L’Hospital) Assegnato un intervallo A [limitato o no] sia x0 il suo estremo sinistro [eventualmente −∞]; dette f(x) e g(x) due assegnate funzioni definite in A0 ottenuto da A togliendogli il suo punto x0, risultando g0(x) 6= 0, ∀ x ∈ A0, se f e g sono entrambe infinitesime entrambe infinite per x → x0+ e se esiste determinato (finito o infinito) il

lim

x→x0+

f0(x) g0(x) = λ, allora esiste anche determinato il limite dif /g e si ha

lim

x→x0 +

f (x) g(x) = λ.

Analogamente perx→ x0 se x0 `e l’estremo destro [eventualmente +∞] di A.

Se x0 `e un punto interno all’intervallo A, si pu`o operare sia per x → x0 che per x → x0+ e quindi, se esiste

xlim→x0

f0(x) g0(x) = λ, allora esiste

x→xlim0 f (x) g(x) = λ.

Da quanto precede si pu`o affermare che quando si deve esaminare il limite del rapporto f (x)/g(x) e questo conduce ad una delle forme indeterminate 0/0 oppure ∞/∞, conviene esaminare, nelle ipotesi dette, il rapporto f0(x)/g0(x) delle derivate; se quest’ultimo am- mette limite (finito o o infinito), allora si pu`o asserire l’esistenza del corrispondente limite di f (x)/g(x) che viene ad avere lo stesso valore.

Se f(x)/g(x) e f0(x)/g0(x) danno luogo a forme indeterminate dei tipi considerati, con- viene esaminare, se possibile, il rapporto f00(x)/g00(x). Se quest’ultimo ammette limite, esister`a con il medesimo valore anche quello di f0(x)/g0(x) e quindi quello di f(x)/g(x).

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