L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
S C I E N Z A ECONOMICA, .FINANZA, COMMERCIO, B A N C H I , F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I
Anno XIX - Voi. XXIll
Domenica 31 Luglio 1892
N. 952
DNA OPERAZIONE FINANZIARIA
Alcuni giornali, quelli ili provincia specialmente, insistono nell'attribuire al Governo la intenzione di preparare in questi giorni una grande operazione fi-nanziaria, che alcuni assicurano consista nella ricosti-tuzione di una Regìa cointeressata dei Tabacchi con intervento dei banchieri tedeschi ; altri invece la dicono basata sulle strade ferrate di proprietà dello Stato, che verrebbero vendute.
Senza timore di essere smentiti possiamo assicu-rare che in questo momento nessuno di tali progetti è preso in speciale considerazione dal Governo attuale, ' per quanto vi possano essere ragioni che fanno ere dere possibili simili provvedimenti. La] ricostituzione della Regìa dei Tabacchi, pare a noi, gravida di troppe difficoltà politiche, perchè possa essere proposta al Parlamento e soprattutto perchè se ne possa dare l'annuncio anche vago in un periodo di elezioni. La vendila pura e semplice delle strade ferrate di proprietà dello Stato domanderebbe una operazione finanziaria superiore al miliardo, e nè il Tesoro ha bisogno di una simile somma, nè il mercato potrebbe oggi for-nirla a buone condizioni. D'altra parte non sarebbe veramente scelto bene il momento per una opera-zione patrimoniale sulle strade ferrate, quando da più esercizi il reddito lordo delle ferrovie è dimi-nuito od almeno è stazionario. La crise che da lungo tempo' ci travaglia non sarà certo eterna, e sarebbe imprudente non tener conto dello stato attuale delle cose per intrapendere operazioni di tal genere.
Nessuno può consigliare al Governo una opera-zione grandiosa che impingui ad un tratto le casse del Tesoro; troppo numerosi e troppo grandi sono per molti aspetti i bisogni nostri, per non essere si-curi che abbondanza di mezzi vorrebbe significare subito aumento di spese. E noi continuiamo nel con-cetto che da più anni sosteniamo, quello della so-verchia altezza delle spese a paragone della poten-zialità del paese.
Il bilancio non è in equilibrio e domanda circa cin-quanta a sessanta milioni annui di maggiori entrate e di economie per essere posto in uno stabile equi-librio. Noi non potremmo mai nè suggerire, nè appro-vare che tale somma necessaria al pareggio si ricavi dagli aumenti di imposte, e riteniamo sempre che volendo coraggiosamente delle economie, le spese mi-j ita ri offrirebbero margine sufficiente per assestare il bilancio. Ma, lo abbiamo già detto e, crediamo, dimo-strato, quasi tutti gli Stati d'Europa sono dominati più «meno coscientemente dal militarismo, che noi persi-stiamo a vedere sotto la forma più tenace e meno
vincibile gli interessi dei fornitori, di questo i m -menso meccanismo. Il disarmo non sarà facile, anche se entrerà nella convinzione di tutti, se non quando sarà prima provveduto alle conseguenze economiche che esso produrrebbe. Ci perdonino gli idealisti della politica militare, ma noi non li possiamo credere liberi nel determinare le spese militari, giacché la rete degli interessi dei fornitori è troppo forte, troppo estesa, troppo immedesimata colla condizione econo-mica dei paesi perchè possano i Governi pre-scinderne.
In questo senso protezionismo e militarismo si danno la mano, sono milioni e milioni che passano per le mani degli industriali per arrivare — dicouo gli industriali — agli operai e per raggiungere la cosidetta difesa del lavoro.
Ma appunto perchè abbiamo poca fiducia in una coraggiosa diminuzione nelle spese militari, ci con-tinuiamo a preoccupare delle condizioni del bilancio e nutrendo il timore che si finisca con aumenti di imposte e di tasse, crediamo opportuno esaminare se e come sia possibile trovare, con uno studio su-gli oneri che aggravano il bilancio, un sufficiente margine per sollevare il bilancio di una sessantina di milioni.
E sembra a noi che la materia ferroviaria offra appunto il mezzo per provvedere ad uua sistema-zione del bilancio nella misura anzidetta, senza ac-crescere gli oneri dei contribuenti e senza contrarre
nuovi debiti. Riservandoci di illustrare meglio il nostro pensiero, ci limitiamo ora ad osservare che il bilancio è gravato da oneri che si avvicinano ai cento milioni per le ferrovie. Infatti, trascurando i minori, troviamo nel consuntivo ultimo i seguenti capitoli di bilancio :
Riscatto della Rete dell'Alta Italia L. '27, 982,435. 50 Obbligazioni ferroviarie 3 0[0 » 36,835,500.00 Annualità netta dovuta alla
So-cietà delle SS. P F . Meridionali. » 32,061,645. 88 L . 96,879, 581. 38 Questi 96 milioni, che sono a carico del bilan-cio e che dureranno per molti anni, non possono dar occasione ad una operazione, che prolungando il contratto di esercizio, che va a scadere nel 4903, sollevi il Bilancio sino a quell'epoca di tutto o di una parte notevole di tale onere ?
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Governi parlamentari, è troppo noto, difficilmente sanno fare economie oltre un certo limite.
Se pertanto, come abbiamo ragione di credere, il Governo studia il miglior modo per raggiungere sulla base da noi indicata il riordinamenio0
duM)i-lancio, crediamo che debba essere prestata la mas-sima attenzione ai suoi studi e debbano essere in-coraggiali i suoi sforzi diretti a sciogliere in tal modo la questione del pareggio.
l i POLITICA COMMERCIALE DELL'ITALIA
negli ultimi trent' anni ')
II.
L ' opera riformatriee del 1878 non era stata com-piuta interamente; nò la tariffa doganale generale nè i trattati commerciali rappresentavano le ultime conseguenze del programma protezionista, che a Roma si erodeva di dover adottare. Si sapeva che l'opera fatta era una mezza misura e si era risoluti a com-pierla, Più presto anzi di quello che potovasi cre-dere si procedette oltre nel/* attuazione del piano stabilito; colla legge del 6 luglio 1883 fu istituita una nuova Commissione che presentò nel 1883 il suo rapporto sui resultati dei propri stilili, e col 14 lu-glio 1887 una nuova tariffa doganale entrò in vigore.
In tutte queste misure legislative si trova espresso 1" ardente desiderio di entrare, non appena fosse possibile, nel porto del protezionismo. Donde pro-veniva questa subitanea fretta, mentre poco prima si aveva, per così dire, voluto ignorare I' abbandono del sistema precedente ? Che eosa aveva deciso la maggioranza della Camera a questo passo importante?
Secondo il dottor Sombart ai precedenti motivi che avevano spiato a una trasformazione insensibile del sistema doganale e che avevano ancora conservato, in gran parte, la loro forza erano venuti ad aggiun-gersene altri che proprio allora dovevano determi-nare un'azione energica. La riforma del 1878, egli dice, doveva la sua esistenza anzitutto al bisogno di accrescere le entrate, poi agli sforzi destinati" a far sparire le difficoltà cagionate dalle imperfezioni tecniche della tariffa precedente; inoltre si era ap-punto formulato il desiderio di dare alla economia nazionale un indirizzo più indipendente. I due primi criteri non avevano perduto la loro forza e la tra-sformazione tecnica della tariffa lasciava ancora molto a desiderare; il bisogno di accrescere le en-trate doganali era rimasto'quasi egualmente pres-sante ; esso doveva farsi sentire con nuova re-crudescenza nel 1882. Ma nuovi motivi avevano più degli altri acquistato una importanza considere-vole in seguito agli ultimi avvenimenti sopravve-nuti. Questi possono ridursi ai tre seguenti: anzi-tutto la politica più o meno protezionista che ave-vano inaugurata quasi tutti gli Stati dell'Europa alla fine dell'ottava decade del nostro secolo. L'Au-stria, la Germania e poi la Francia (1881) erano in pari tempo divenute infedeli alla loro antica po-litica commerciale conciliatrice e avevano brandito la bandiera dei dazi protettivi. Ed è noto come si-mili procedimenti e tendenze sietio contagiose. Inol-tre fin dai primi anni della nona decade soprav-venne il ribasso di tutti i prodotti agricoli che era
') Vedi il numero precedente deli' Economista.
la conseguenza della concorrenza indo-americana. Questa circostanza fece sorgere in Italia dei timori sulla condizione dell' agricoltura indigena e cotale sentimento si tradusse nel fatto che "si pretese ve-dere compiuta, prima d'ogni altra parto della in-chiesta suaccennata, quella relativa all'agricoltura e ciò avvenne nel luglio 1881. Oltre queste cause che si manifestarono anche in altri Stali ve ne fu una terza, particolare all'Italia fino dal 1880 e che, al pari delle altre due, era di natura a spingere la politica nella stessa direzione e di accelerarne anzi il cammino. Essa si riassume negli effetti prodotti sul com-mercio esterno dell'Italia e sulla produzione nazionale dall' abolizione del corso forzato e negli effetti clic ne seguirono. L'aggio dell'oro rispetto alla carta italiana raggiunse nel 1873 il suo punto medio più alto di 13,03, poi andò scemando ed ebbe queste oscillazioni : 1873. 1874. 1875. 1870. 13,05 °/0 12,22 » 8,36 » 8,45 » 1877. 1878. 1879. 1880. 9,68 <>/ 9,50 » 11,20 » 9,49 » Solo nel 1881 il saggio medio doli'aggio scese a 1,88 O/O e ciò iti vista della progettata abolizione del corso forzato, risalì però nel Ì882 a 2,63 0/0 nel 1883 ne rimase una traccia lievissima e nei 1881 scomparve.
Ora conviene esaminare gli articoli più impor-tanti della tariffa generale del 14 luglio 1887, come quella che è I' espressione più spiccata della nuova politica commerciale dell' Italia. Una parte dell'opi-nione pubblica aveva domandato la istituzione o l'aumento dei dazi sui prodotti agricoli e questo movimento in favore della protezione all'agricoltura si fece sentire con tanta forza che, contrariamente alle conclusioni della relazione dell' inchiesta, per-venne alla mèta.
I dazi più importanti sui prodotti agrarii sono i seguenti :
segala . 87,00 Dazio sul frumento o segala
> sufi'orzo . . . . » sull'avena . . . » sul riso : a) non mondato. . b) mondato. . » sulla f a r i n a : a) di frumento o di b) di maiz,riso castagne, ec. o) di semola . » sui cavalli. . . » sui bovi . . . . » sulle giovenche » sui vitelli . . . » montoni e capre » sui maiali sino
a 20 chilog.. . » sui maiali oltre
20 chilogr.. . . » sulle carni fresche , » sul burro : a) fresco . . . b) salato . . . » sul formaggio . » sul legno : a) rozzo o sgros -sato con t'ascia.
b) squadrato,
se-gato per il lungo.
50,00 lire la tonu. (prima L. 14,00) esente) L. 11,50) esente) 11,50 40,00 50,00
110,00
(
(
f (
(
28,00 110,0031 luglio 1892
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Con questi dazi l'Italia si è elevata a! rango dei dazi protettori dei paesi vicini; essa preleva sui pro-dotti agricoli più importanti, quali ad esempio il frumento, la farina, i bovi, i montoni dei dazi alti come quelli degli altri paesi : anzi per alcuni tra essi li sorpassa. Ecco un confronto con altri tre paesi ; i dazi d'entrata sono in franchi e per 100 chilogrammi.
Bovi Montoni Legno Frumento Segala Farina per capo per capo greggio
38,00 3,00 0,50 37,50 1,25 0,25 38,00 5,00 esenta 37,50 1,25 I t a l i a . . . 5,00 5,00 8,70 Germania . 6,25 6,25 13,125 Francia. 5,00 1,50 8,00 Aust.-Ungh. 3 , 7 5 3,75 9,325
Se la nuova tariffa italiana aveva abbandonato pei prodotti agricoli il principio politico sino allora seguito e preso posizione sul terreno protezionista, quanto ai prodotti industriali, invece, gli bastava di estendere i dazi esistenti. Se per i primi il principio stesso era in discussone, pei secondi non era più che questione di misura. E in quanto a questa l'inchiesta aveva già fornito molti elementi ; la via da percor-rere era ormai facile e si procedette arditamente organizzando un sistema di dazi sui prodotti indu-striali che in verità era ben costruito, quanto alla struttura, ma che testimoniava colle sue rubriche che gravitava unicamente verso il protezionismo. Le considerazioni di politica finanziaria che prevalevano ancora furono respinte ; si era giunti a costruire un sistema di dazi di entrata che si adattava in tutti i punti essenziali ai bisogni veri o supposti della pro-duzione indigena. Il nuovo sistema era ormai crealo, tutto ciò che vi era di meno esatto nell'antica po-litica doganale era scomparso ; si erano riparate le parti danneggiate, il resto si era uguagliato e cemen-tato; il movimento per la riforma della politica com-merciale che, nato verso il 1873, aveva tenuto agi-late le menti, era così giunto al suo termine.
La tariffa generale del 4887 afferma la sua ten-denza protettrice per due vie differenti: con un nuovo ordinamento nella distinzione dei singoli articoli, si potrebbe dire, mediante l'applicazione dello spirito del sistema alla tariffa ; inoltre coli' aumento corri-spondente del provento delle dogane.
E per farsi un idea più esatta della riforma con-viene paragonare i dazi stabiliti su alcuni prodotti industriali, particolarmente importanti, in base alla tariffa 4878, quelli proposti dalla Commissione di inchiesta e quelli definitivi della tariffa 4887. I dazi sono calcolati, dove non è data altra indicazione, per 100 chilogrammi:
Secondo la tariffa
del 1878 L i r e Canapa e filati di ea- —
napa greggi 1 1 . 5 0 . . . . Tessutidi c a n a p a o d i
lino greggi, u n i t i . . 2 3 . 1 0 - 57-75 Filati di cot. greggi 18 — 60 . . .
> 20 — 30 26 30 — 40 32 Secondo la Commissione d ' i n c h i e s t a L i r e Secondo la tariffa del 1887 11.50 11.50 — 2 8 ' ) 2 5 - 1 2 0 . 18 - 60 ') 30 . . . 36 . . . . 2 5 - 1 2 2 18-60 30 36
.') La tariffa 14 luglio 1887 è stata, come è noto, più volte modificata, specie nei dazi fiscali. Proprio óra colla legge 28 giugno 1892 i dazi sui filati di lino e canapa sono stati fissati in altro modo e cioè quando misurano per ogni chilog. fino a 7000 metri Pagano 14 lire il quintale, da 7000 a 15000 metri lire 19 e più di 15000 metri lire 28.
La graduazione dei dazi è però differente da quella della tariffa 1878.
Secondo
Secondo la Secondo la t a r i f f a Commissione la t a r i f f a
del 1878 d'inchiesta del 1887 L i r e L i r e L i r e Tessuti di cotone
im-bianchiti del peso di 7-13 chilog. per q u i n t . m e t r . dì 27 o
più fili e l e m e n t a r i . . . .. 90 . 11O. 40 . . . . 120 F i l a t i di l a n a oltre
10000 metri per
chil. imbianchiti .. 50 60 66 Tessuti di l a n a
petti-n a t a del peso dime-no di 200 g r a m . per
metro q u a d r o 200 250 . 6 0 0 - 1 2 0 0 .. . 700 - 1300 . . 1 0 - 2 5 . . . 15 - 4 5 . . . . 15 — 45 Calzature d'ogui
sor-ta, per 100 p a i a . . . 7 0 - 110 . . . 200 200
1 1
F e r r o greggio e ac- /
2 . . . 4 4 F e r r o l a m i n a t o o
fu-cinato in pani ecc.
(secondola gross.) . • .. 4.62 e 8 .. . 6 e 9 . . 6 1.50 — 7.50 e 9 F e r r o e acciaio in la-m i e r a (secondo la grossezza) .. 4.62 o 8 .. 10 — 1 2 . . . . 7 - 1 0 , e 1 2 F e r r o e acciaio in tubi (secondo l a grossezza . . 8 12 - 15 e 1 7 . . . 1 2 - 1 5 e 17 6 6 12 12 12 12 14 10 13 14 Macchine da c u c i r e . . . 8 16 e 35 . 25 e 30 Merceria e chinca-66 80 100 Chincaglieria fine . . . . 140 150 , 200 90 90 100 » finì . . . 150 200
Un' idea più esatta della protezione che questa ta-riffa concede alla industria indigena si ottiene dal confronto dei dazi su alcuni articoli importanti con quelli stabiliti agli altri paesi. Prendiamo anzitutto i dazi sui filati di cotone. Qui la protezione si estende fino al n. 60 (misura francese); il punto più alto è dun-que più basso di dun-quello della tariffa della Germania che lo porta fino al n. 79, misura inglese (pari al 66,6 in misura francese) e di quello della tariffa francese dove si va fino al n. 470,3; è invece più alto di quello della tariffa dell'Austria dove il dazio più elevato col-pisce il filato n. 42 (francese). Per i filali più comuni (n. 30 a 40 francese) e per quelli fiui (dal n. 70 al n. 80) i dazi sono : F i l a t i comuni ( n . 80 a 40) In Germania di 30 franchi Nel Belgio » 30 » Nella Svizzera » 6 » In Francia » 37 » Nell'Austria Ungheria » 35 » In I t a l i a » 36 »
D'onde si vede che l'Italia è sorpassata solo dalla Francia per 1' alto dazio sui filati medi e fini.
I dazi sui filati di lino e di lana si trovano .nella stessa proporzione rispetto a quella dei principali Stati d'Europa. I Alati di l a n a semplici greggi P a n a p e t t i n a t a e scardassata pagano) F i l a t i Ani (n. 70 a 80) 45 franchi 10 6 » 87 40 a 60 I Alati d i lino p a g a n o In Germania fr. > Svizzera. » » Francia . » » Anst. Fng. » » Italia . . . »
6,25 Ano a 15 (secondo la finezza) 10
1 » 6 ' 7 16 3.75 11,50 200 18 a 124 (sec. la fin.) 20 a 30 45 a 75
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dunque di mettere qui gli uni di fronte agli altri i dazi sugli articoli più consumati.
( tessuti di cotone ordinari stampati e i tessuti di cotone ordinari imbianchiti, che servono special-mente alle classi popolari, pagavano :
Tessuti di cotone Tessuti di cotone comuni imbianchiti
o r d i n a r i s t a m p a t i (per lingeria ecc.)
In Germania, fr. 150 150 » Svizzera.. > 35 38
• Francia... > 84,6 a 370 (seo. la qual.) 115 a 287 (seo. la qnal.)
• Aust. Ong. , 178 162,50
• Belgio.... » 18 0]0 ad valorem 82,8 a l < 5 . » » Italia » 142 a 180 (seo. la qual.) 88,8 a 150 »
Prendiamo fra i tessuti di lino, che sono tassati secondo il numero dei loro lili sopra uno spazio determinato, quelli di 12 fili sopra 3 millimetri; essi erano lassati nel seguente modo:
In Germania 80 franchi » Svizzera 50 » » Francia 81,25 a 105,3
» Austria Ungher. 80 » » Italia 57,75 a 97,50 »
Così pei dazi sui tessuti di lana, (il modo di i m -posizione più usitato è di prendere per base il peso della stoffa) si trovava pei tessuti non stampati del peso di circa 300 a 500 grammi per metro quadralo i seguenti dazi :
n Germania, peso di oltre 200 grammi. fr 168.75 » Svizzera » » 200 » » 70.00 » Francia, pura lana, peso di 400 a 550 gr. » 211.00 » » tessuti misti stesso peso . . » 99.00 » Austria Ungheria, peso di 200 a 500 gr. » 200.00 » I t a l i a
a) di lana scardass., peso di 300 a 500 gr. » 175.00 b) di lana pettinata » 200 a 500 » » 220.00
Vediamo ancora fra gli altri tessuti, i dazi per quelli di seta nei vari paesi. La divergenza nel modo di calcolare i dazi, impedisce i confronti particolareg-giati, perciò non si danno che le cifre massime e quelle minime delle respettive tariffe; esse ammon-tavano facendo astrazione dai tessuti di cascami :
In Germania a 562 e 1250 franchi » Svizzera a 16 e 200 » » Francia a 248 e 1488 » » Austria Ungheria a 625 e 1250 » Italia a 400 e 1300 » È parimente assai difficile di confrontare le tariffe sui ferri nei vari paesi. Tuttavia il sig. de Matlekovits in un'opera sulla Politica doganale della monarchia austro-ungarica, ecc., dal 1868 in poi (Lipsia 4891), ha compilato un quadro, dal quale sono tolti i dazi' seguenti. I dazi calcolati in franchi e per 100 chil. erano in :
A u s t r i a Germania F r a n c i a Belgio U n g h e r . Italia F e r r i greggi 1.2g 2.00 0.50 2.00 1 - 4 F e r r i e acciai in ver-ghe n o n l a v o r a t i . . 3,125 6.00 1.00 6.875 6 . 6 0 - 12 F e r r i e acciai lavor. 3 125 7.50 1.00 8 75 7.50 — 1» Rotaie . . . 3 125 6 00 1.00 6.875 6 00 " F e r r i b i a n c h i e lastre (secondo la gros-s e z z a ) . . . . . . 3 . 7 5 7 . 5 0 - 1 6 . 5 0 1.00 1 0 - 17.50 7 - 12 Fili di f e r r o (secondo la g r o s s e z z a ) . . . 3.75 6 - 20 1.00 1 0 - 15 1 2 - 1 5 Articoli o r d i n a r i di ferro e di acciaio.. 3.75 8 — 1 4 4.00 10 —12.50 10 — 12 (Continua)
L'ISTITUTO ITALIANO DI CREDITO FONDIARIO
E stata resa di pubblica ragione la situazione se mestrale dell' Istituto di Credilo Fondiario Italiano Ne riassumiamo le risultanze.
Al 31 dicembre 1891 erano in corso d'esame nu-mero 202 domande di mutuo per una somma to-tale di circa 13,000,000. Ne furono presentate di nuove, noi primo trimestre 1892, N. 378, per la somma di 29,000,000 circa. Totale delle domande sulle quali esaminare e deliberare, 380, che rappre-sentano una somma di circa 44 milioni di lire.
Di queste, 120 non sono state ammesse alla'pe-rizia per insufficienza evidente di garanzia constatata nell'esame preliminare fattone dal Comitato ; altre l,s furono ritirate, ed 8 respinte dal Consiglio, in se-guito alle contrarie risultanze peritali. Ne furono in-vece approvate 153 per la somma di L. 13,300,000 restandone in corso d' esame, alla chiusura del se-mestre, 239, per una somma di L. 20,000,000.
Da queste cifre, combinate con quelle del se-condo semestre 1891, risulta che l'Istituto, nei due semestri di esercizio, ha impegnato in mutui la som-ma di L. 16,000,000 circa, cioè più della metà del suo capitale disponibile, tenuto conto che dieci mi-lioni di questo capitale furono rappresentati, sino dalla costituzione dell'Istituto, da mutui già contratti e ceduti dalla Banca Nazionale.
Del capitale impegnato L. 11,300,000 rappresen-tano ì mutui in valuta legale e L. 4,700,000 i mu-t u i g l i oro.
È notevole, in rapporto al numero dei mutui ap-provati, la scarsezza dei contratti effettivamente stipulati.
I condizionati sono soltanto 30 pe la somma di L. 2,700,000 ed i definitivi 43 per la somma di L. 3,000,000 circa.
Questi risultati ottenuti dall'Istituto italiano di Cre-dito fondiario sono stati dai più giudicati come me-schini, e sarebbe vano sforzo cercare di farli appa-rire corrispondenti alle previsioni che in più occa-sioni, discutendosi le leggi del 1890 e del 1891 sul credito fondiario, si erano manifestate.
Se non che è pure opportuno per esprimere un giudizio sull'argomento, ed investigare imparzialmente quali sieno state le cause che possono aver prodotto un risultato così inferiore alla aspettazione.
Nessuno potrà certo ammettere in buona fede che l'Istituto italiano di Credito fondiario, non abbia voluto compiere operazioni, che consentanee al suo scopo, gli fossero state offerte a buone condizioni. Tale supposi-zione non soltanto sarebbe destituita di ogni fonda-mento, ma ci sembrerebbe addirittura folle', in quan-doché l'Istituto deve avere desiderio e vivo desiderio di impiegare sollecitamente il proprio capitale affine di ottenere nell'impiego normale e duraturo dei mutui quella rimunerazione normale che certamente non riceve tenendoli impiegati in rendita , in buoni del Tesoro od in altri consimili valori.
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corrispondenza che, fino ad un certo punto corre e deve correre tra la quantità e la qualità delle do-mande.
Quando domina una crise quale è quella che tutti riconosciamo esistere in Italia ormai da più anni, e domina così intensa da poter penetrare nella proprietà immobiliare, la quale — salvo casi eccezionali - è la meno sensibile alle perturbazioni economiche, na-scono, così nei proprietari come negli Istituti che eser-citano il Credilo fondiario dei sentimenti ili prudenza più o meno inconsci, che si traducono in un ristagno di affari.
Il proprietario che abbia in mente o di liberare il suo fondo da gravezze trnppo onerose per dividerne il peso su lungo periodo, o che pensi di accrescerne il reddito mediante lavori ili miglioramento, non sce-glie certo un periodo di crise per venire a simile ope-razione, perchè sa benissimo che durante la crise il suo fondo sarà apprezzalo meno e quindi offrirà al-l'Istituto minore garanzia e sa inoltre che nei mo-menti di crise il prezzo del danaro è ordinariamente più allo a parità di garanzia. D'altra parte se è onesto e saggio amministratore del proprio patrimonio, il proprietario non sceglierà certo un momento di crise economica e soprattutto agricola, quando cioè le v i -cissitudini atmosferiche hanno determinato una serie d'anni di scarso o meno ricco raccolto, o quando per effetto della politica doganale i mercati dei prin-cipali prodotti agricoli sono vivacemente perturbati, per determinare l'onere a cui può sobbarcarsi, o me-glio del quale può sobbarcare il fondo.
D'altra parto l'Istituto mutuante in tempo di crise, speeialmente se la crise è di lunga durata, dopo aver veduto ribassare violentemente il prezzo dei valori mo-biliari e poi essere colpiti dallo stesso deprezzamento anche gli immobili, l'Istituto mutuante raddoppia la propria prudenza e la spinge al di là anche dei limiti normali, appunto perchè non sa nè può sapere se la crise che imperversa nel paese abbia o no toccato il suo punto massimo, e perciò dalla esperienza del re-cente passato impara ad essere anche più che non oc-corra prudente e circospetto.
Vi è quindi diminuzione, per ciò appunto, di do-mande di mutuo e maggior severità nelle perizie, nelle stime e nelle definitive concessioni.
A coloro i quali giudicano che l'Istituto italiano di Credito fondiario abbia agito ed agisca con troppa severità e meticolosità, e quasi quasi lo rappresen-tano come restio ad accordare mutui (vi furono dei periodici che perfino accusarono personalmente il Presidente dell'Istituto di non avere abbastanza ener-gia (!) come se trattandosi di credito l'enerener-gia non consistesse nel resistere più che nel concedere) de-dichiamo senza commenti le seguenti linee che si leggono nella ultima relazione del Credito fondiario esercitato dalla Banca Nazionale.
« La cifra degli arretrati è andata pur troppo in-grossando :
al 31 dicembre 1889 era d i . . . L. 2,514,702.47 al 31 » 1890 salì a » 4,868,110.08 ed al 31 » 1891 raggiunse le . » 7,593,839.10 «Ciò non è certo piacevole, (sic) ma è ben facile a spie-?bbo° c a u s e determinarono gli arretrati del J889, enumerate nella relazione del mio predecessore, npn solo non sono cessate, ma sono andate diventando
P'u acute. La erise edilizia si è aggravata di giorno
111 giorno, poiché di giorno in giorno aumentò la
de-pressione del valore delle proprietà in ragione della
diminuzione dei redditi. Così molti mutuatari si tro-varono nella impossibilità di far fronte alle semestra-lità che riuscivano troppo gravose, perchè determinate in base ad affitti più elevati e, quel che più monta, nella previsione che la quantità di ambienti sfitti si avesse a mantenere nelle consuete proporzioni.
« A ciò si aggiunga la gravezza delle imposte, le quali assorbono sempre una parte rilevantissima delle rendite — ed in alcuni casi persino la totalità di esse ! « Ciò per i beni urbani : pei rustici il ribasso dei prezzi di alcune derrate, e, quel che è peggio, la quasi impossibilità di venderle, specie se in grosse partite, ha paralizzato l'effetto della abbondanza dei raccolti. Inoltre per questo genere di fondi le difficoltà ine-renti all'amministrazione sono di gran lunga superiori a quelle che si incontrano nell' amministrazione dei beni urbani.
« Devesi pur notare come le espropriazioni, special-mente per i mutui più importanti, procedono con una deplorevole lentezza a causa delle opposizioni fatte dai debitori, cosicché durante il corso del giudizio si ven-gono ad aggiungere due, tre e più semestralità a quelle per le quali il giudizio stesso era stato iniziato.
« Sarebbe stato facile il raggruppare per regioni l'importo degli arretrati, ma non ho stimato oppor-tuno il farlo, poiché le cifre così ottenute non dareb-bero un criterio esatto della vera passività di ciascuna regione : infatti la nostra contabilità carica natural-mente le semestralità arretrate a quelle Agenzie presso le quali avrebbe dovuto effettuarsene il pagamento e non a quelle nel territorio delle quali sono situati i beni. Ad ogni modo si può senza tema di andare er-rati, asseverare che le regioni maggiormente gravate di arretrati sono il Lazio, il Napoletano, la Sicilia e l'Emilia.
« Gli stabili aggiudicati all'Istituto erano :
al 31 dicembre 1889 N. 10 per . . . L. 226,895.97 » 31 » 1890 » 37 » . . . » 830,771.35 » 31 » 1891 » 57 » . . . » 1,422,959.30
« Le rivendite, alle quali è rivolta ogni maggior cura dell' amministrazione, si effettuano lentamente : esse ammontano in tutto a N. 10 per L. 185,293, con insensibile differenza in confronto al prezzo di delibera e naturalmente vennero già dedotte dalle cifre sue-sposte, le quali indicano le rimanenze alla fine di ciascun esercizio. Pur prescindendo dalle sfavorevoli condizioni generali e dalla invalsa credenza che, es-sendo l'Istituto obbligato per legge a disfarsi degli immobili entro 5 anni, si potrà con maggior vantag-gio entrare in trattative per la compera quando sia prossima la scadenza di quel termine, bisogna notare che al momento dell'aggiudicazione gli stabili si tro-vano quasi sempre in pessimo stato. Trascurate le manutenzioni dei fabbricati, abbandonate o quasi le colture, danneggiati i soprassuoli, mancanti le scorte vive e morte, locazioni stipulate a lunga scadenza con anticipazione di corrisposte d'affitto e senza patto di rescissione in caso di vendita ; insomma un tale com-plesso di circostanze da allontanare chiunque sia in-teressato a farne l'acquisto.
« Perciò è necessario (come già ha riconosciuto il Credito Fondiario di Francia) che l'Istituto rimetta i beni aggiudicatigli in istato normale, eliminando tutte le cause che ne hanno momentaneamente deteriorato il valore : le spese e le cure a tale scopo dedicate troveranno largo compenso nel maggior prezzo al quale i beni stessi si potranno rivendere. »
Ripetiamo, nessun commento occorre fare a simili confessioni, ina è però opportuno augurare che e la stessa Banca Nazionale e gli altri Istituti evitino si-mili risultati.
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vengono presentate. Noi abbiamo sempre sostenuto che gli Istituti che esercitano qualunque specie di credito, nei tempi di crise debbono restringere le loro operazioni. È ben vero che così operando vanno contro la corrente che suol dominare quando esista il malessere economico ; ma gli uomini che sono preposti a qualunque amministrazione debbono, ap-punto perchè scelti a quell'officio, rendersi conto, meglio delle moltitudini o degli ignoranti, della situa-zione. Ed un paese che attraversa una forte crise economica, ne sentirà molto meno gli effetti se riesco a superarla tenendo salde e forti le sue isti-tuzioni di credito ; so permette alla crise di penetrare anche in quello istituzioni, toglie a sè slesso le forzo principali che valgono a trarlo dalla difficile via nella quale si trova.
Ma con nostra meraviglia abbiamo letto in un giornale di Milano — nella Perseveranza — spie-gato chiaro il fatto della scarsa messe di affari con-clusa dall'Istituto italiano di Credito fondiario e dagli altri che esercitano la stessa specie di credito colla soppressione delle zone, portata dalla legge 1890.
Il Popolo Romano ha già vittoriosamente risposto agli erronei apprezzamenti della Perseveranza, ma noi crediamo di aggiungere per conto nostro alcuno osservazioni, perchè anche noi siamo tutt' altro che soddisfatti della legge 1890.
La legge del 1890, che pretese creare un nuovo Isti-tuto privilegiato, conteneva in sè stessa il germe di quegli errori che pur troppo gravano ancora su tutto il credito italiano. Si riconobbe la insufficienza necessaria o volontaria degli Istituti locali esistenti, si riconobbe che, appunto perchè numerosi e diversi per indole, per storia e per indirizzo non potevano formare il credito fondiario nazionale e meno an-cora avere un mercato all'estero per le cartelle che emettevano, ma si volle, sia pur confinandoli nelle loro zone di origine, mantenerli, conservando perdi più il Credito fondiario della Banca Nazionale, ope-rante in tutto il Regno e sovrapponendo a tutto questo il nuovo Istituto. Se lo svolgimento econo-mico del paese fosse stato largo e ricco, gli effetti di questa erronea situazione si sarebbero fatti sen-tire mediocremente, ma data la crise, è avvenuto ed avviene per il Credito fondiario quello che avviene per le Banche di emissione ; pochi affati buoni e molti Istituti a disputarseli.
Se al sentimento chauvin regionale che sembra essersi tutto agglomerato nelle istituzioni di credito fosse stato preposto un concetto più elevato e consono alia dignità e agli interessi dello Stato', fino dal 1885 si dovevano obbligare tutti gli Istituti di Cre dito fondiario ad unirsi per crearne uno solo che con ampi privilegi e sopratntto con larghe esenzioni di imposte operasse a benefizio della agricoltura e della edilizia creando a poco a poco il credito na-zionale delle cartelle e quello estero.
La via seguita, mostra che la intenzione di pro-cedere per questa via esisteva bensì, ma che mancava la necessaria energia e intelligenza per attuarla. La creazione del nuovo Istituto fu un passo timido ed insufficiente; togliere le zone sarebbe ora un errore dei maggiori ; la Perseveranza che parla da Milano non pensi soltanto all'alta benemerenza che si è acquistato l'Istituto locale, ma rifletta quali sarebbero le conseguenze avvenire derivanti da simile concetto. È a sperarsi che cessata la crise le cose proce-dano meglio per tutti, ma è da desiderarsi fin d'ora
| che gli otto Istituti oggi autorizzati ad esercitare il Credito fondiario agiscano di comune accordo per-chè la loro opera riesca profittevole veramente al paese in un senso molto elevato. La concorrenza, quando trattasi di credito, è pericoloso sistema del quale non possono avvantaggiarsi nemmeno i paesi ricchissimi. Gli Istituti di Credito di un paese giovane come il nostro hanno troppo da fare per studiare le vicissitudini del mercato, o ad essi non può avanzar tempo per disputarsi tra loro la scarsa e non ricca buona clientela.
LE PREOCCUPAZIONI PER L'AGGIO SULL'ORO
ì.Molte savie considerazioni si sono svolle in questi giorni sulle riviste giornalistiche intorno alle cause prime del rincrudimento dell'aggio sull'oro : feno-meno bancario, del quale il Governo non dovrebbe occuparsi se, come si dice, il tesoro non fosse impe-gnato per grosse somme negli affari di borsa, e se inoltre non fosse costretto di pagare circa 200 mi-lioni di lire per interessi di Debito pubblico ri-scuotibili a Parigi ed a Londra.
Come rimedio al male un giornale di Napoli pro-pone « moralità nell' amministrazione, vale a dire, non più vendite sottomano di titoli che ingombrano il tesoro, nou più impegno dei fondi di riserva per sostenere la rendita ».
Il consiglio è ottimo, ma non abbraccia lutto il da farsi, è necessario disinteressare completamente il Tesoro dalle vicissitudini del cambio, è indispen-sabile che, qualunque ne sia l'altezza, il Governo non abbia ad impensierirsi per il danno, che gli deriva dall'acquisto dell'oro necessario per pagare
le cedole di Debito pubblico all' estero. A ciò conseguire occorre :
a) che i dazi doganali sieno pagati in oro, od in cedole, e, se in altra moneta, con aggiunta del-l'aggio relativo (come si pratica iti Austria),
b) che le cedole di Debito pubblico all'estero nou sieno pagate se disgiunte dal relativo titolo al portatore.
Col primo dei provvedimenti, poiché lo Stato in-troita circa 250 milioni l'anno per dazi doganali, il sopraprezzo dei coupons pagati all'estero non sarà più di aggravio alcuno per l'erario, venendo la maggiore spesa bancaria per intero saldata dal da-zio in òro.
Col secondo provvedimento si farà cessare per intero la quotidiana e grave incetta, che delle ce-dole del nostro Debito pubblico si va facendo sulle principali nostre piazze commerciali a fine di otte-nerne il pagamento in oro a Londra ed a Parigi : dove per contro verrebbero presentati al paga-mento degli interessi i soli titoli posseduti dagli stranieri : e per tal fatto i 200 milioni circa di in-teressi di Debito pubblico, che ora paghiamo al-l'estero, saranno forse ridotti a meno della metà.
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Banche austriache in Trieste, sia che la nostra carta-moneta venga accettata alla pari sui mercati esteri, sia che la si ammetta con aggio.
In Austria l'aggio sull'oro oscilla permanentemente fra il 16 ed il 21 per cento: con tale altezza di cambio converrà sempre all'importatore di merci in Austria di acquistare, contro compenso di premio, le cedole del Debito pubblico italiano, che pel com-merciante austro-ungarico rappresentano oro effettivo pagabile a Londra e Parigi : e quindi un medio guadagno sicuro e quotidiano di circa il 18 per cento nel pagamento dei dazi doganali ed in ogni altro che, similmente in oro, è tenuto di fare nel-l'interno dell'impero Austro-Ungarico.
Cosicché, mentre per gli speculatori italiani dimi-nuisce lo scopo e l'incentivo alla incetta mano mano che diminuisce il cambio nostro su Parigi e Lon-dra : e viene a cessare interamente allorché l'aggio è ridotto a zero, pel commerciante e pel banchiere austriaco, invece, il lucro nella incetta cresce col diminuire del cambio predetto.
Per tal modo le nostre cedole, sia che i! cambio cresca, sia che diminuisca, sia che si riduca a zero, stanno continuamente fra Scilla e Cariddi, contro cui sono sbattute ora dall'incettatore italiano, ora da quello austriaco, ed ora da tutti e due assieme.
II.
Dopo quanto si è detto si comprende facilmente come qualsiasi provvedimento bancario governativo, che non sieno i due sopraccennati, sarà di niun ri-sultato agli effetti dell'aggravio proveniente all'erario dall'obbligo assuntosi di pagare in oro la nostra ren-dita sui mercati di Londra e di Parigi.
È d' uopo che il Governo si disinteressi affatto dal fenomeno bancario del rialzo e ribasso del cam-bio, sia che la sua oscillazione dipenda da legge naturale delle operazioni di borsa, sia che la me-desima sia frut o di speculazione coalizzata.
È indispensabile che le oscillazioni di borsa siano interamente abbandonale a sé stesse ed all'interesse cumulativo dei privati : epperò il Governo dovrà astenersi dal fornire, col fatto proprio, esca ed in-centivi alla speculazione pel maggior danno della economia nazionale.
Procuri il Governo che l'aggiotatore non possa in modo alcuno fondare le proprie speculazioni sul-l'aiuto indiretto che gli somministrano leggi dello Stato non abbastanza ponderate : e faccia io modo che i tentativi delia speculazione si svolgano unica-mente fra commerciante e commerciante, fra chiere e banchiere, e mai fra commerciante, ban-chiere e tesoro dello Stato.
Così facendo, il mercato di cambio regolato esclu-sivamente dall'interesse privato di tutti i cittadini, vivrà di vita propria e naturale; ed in caso di ma-lattia sarà curato da coloro stessi, che hanno inte-resse per la sua salute, epperò la sua guarigione sarà pronta e sicura, ed i rimedii apprestati, per-chè blandi, opportuni e scelti di comune consenso del malato e del medico curante, avranno agito ed ottenuto lo scopo senza le violenti scosse e le burra-sche bancarie, che suscita sempre e dovunque l'in-tervento personale del Governo, che si vuol fare banchiere e giuocatore di borsa.
E dei disastri, che sulla pubblica economia sem-pre si riflettono allorquando il Ministro delle finanze, anziché fare della buona e casalinga amministrazione,
fonda l'azione sua esclusivamente sull'espediente e sull'artifizio bancario, abbiamo pur troppo fatto duro esperimento nella gestione del defunto Magliani ; Ministro-banchiere por eccellenza, che dopo dieci anni "di poteri dittatoriali in materia di finanza lasciò il Tesoro dello Stato gravato di oltre mezzo miliardo di debito di cassa, e la economia nazionale oppressa da parecchi miliardi di nuovi titoli di Debito pub-blico lanciati sul mercato estero e nostrale.
III.
Fuvvi un momento nel decorso inverno che, dopo talune dichiarazioni fatte dal Ministro del Tesoro in occasione di interpellanze sul rincrudire dell'aggio e sull'esodo dell'argento italiano in Francia, si temette nel ceto bancario la imminenza di una legge, che vincolasse il pagamento delle nostre cedole sui
mer-cati esteri all' obbligo di presentarle unite al titolo di rendita.
Bastò quel timore per far cessare d'un colpo l'in-cettazione anche per conto delle banche triestine.
Oggi sembra che quel timore sia svanito, l ' i n -cetta delle cedole è ricominciata, ed al momento in ohe scrivo già si comprano pubblicamente le cedole scadenti col 1° Gennaio del 1893.
Nè l'incetta si restringe alle sole cedole di Debito pubblico, ma si estende ad ogni altro titolo di cre-dito di società e di Istituti italiani, i cui interessi sono pagabili in oro a Parigi.
Corra dunque il Governo alla difesa con pron-tezza ed energia, pensi che la esistenza del corso forzoso in Austria non darà mai tregua alla nostra cedola, esista o non esista aggio sull'oro, pensi che all' interesse di aggiotaggio nel banchiere conviene contrapporre l'interesse di minore spesa nel com-merciante, che acquista merci all' estero.
A ciò pensando, si convincerà che il contraccolpo del corso forzoso d'Austria sul mercato italiano va paralizzato col prescrivere la presentazione della ce-dola unitamente al titolo, e che il giuoco di borsa per ottenere altezza di cambio a beneficio special-mente degli arbitraggi, va neutralizzato col decre-tare il pagamento dei dazi doganali in oro effettivo, od in cedole, salvo ad aggiungervi la differenza di cambio quando il pagamento si fa con altra moneta. A ciò pensando, si farà altresì persuaso che è ve-nuto ormai il momento, nel quale non è più possibile
di procrastinare la esecuzione di provvedimenti, che iteli' interesse pubblico avrebbero dovuto attuarsi dal giorno, in cui la cedola italiana cominciò a pa-garsi in oro a Londra ed a Parigi.
Lomellino.
LE RISERVE DELLE BANCHE IN INGHILTERRA
1 lettori che si interessano delle cose bancarie non hanno certo dimenticato le discussioni che si sono fatte in Inghilterra l'anno scorso e in princi-pio di questo intorno alla necessità di accrescere le riserve metalliche delle Banche. L' Economista ha esaminato la questione e particolarmente i discorsi del signor Goschen sufi' argomento ' ) e Ita mostrato dove effettivamente fosse il lato debole del sistema bancario inglese.
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L' E C O N O M I S T A
31 luglio 1892
È noto che un' anno fa le Banche per azioni di Londra in seguilo a suggerimenti del signor Go-schen hanno comincialo a pubblicare le loro situa-zioni mensili. È quindi interessante di dare uno sguardo all' annata trascorsa e di vedere in quale misura la pubblicità dei conti ha contribuito a mi-gliorare la condizione delle dette banche nei riguardi della riserva. Va notato, anzitutto, che lo scopo al quale miravasi consigliando la pubblicità dei conti era appunto quello di costringere le Banche nel loro complesso a tenere una riserva più abbondante di quelle che essi usavano allora ili tenere. La ri-serva indicata nello situazioni semestrali in taluni casi era eccessivamente esigua, non solo, era quella indicata, ma era anche più apparente che reale o me-glio allatto temporanea, perchè si usava richiamare il denaro alla chiusura del semestre, allo scopo ap-punto di mostrare nella situazione semestrale la mag-giore potenza possibile. Fino all'epoca del disastro della casa Baring la tendenza delle riserve è stata quella della diminuzione. Infatti dai dati forniti l'anno scorso
dal-Economist, risultava che mentre al 30 giugno 1879
le riserve delle London joint-stock banks ammon-tarono in media a 12.9 0/0 delle loro passività verso il pubblico, il 30 giuguo 1890 la inedia era scesa a 10.3 0/0. Il Goschen l'ondandosi appunto su questo e altri consimili dati insisteva energicamente perchè provvedessero a modificare quello stato di cose non scevro di pericoli seri.
Le Banche alle quali il cancelliere dello Scac-chiere rivolgeva i suoi opportuni consigli, ne rico-nobbero per prime la giustezza e si adoperarono in guisa da accrescere le loro riserve, come risulta dal seguente prospetto indicante la situazione delle r i -serve e delle passività a un anno di distanza.
«ITAlSS'Bd 0 BAJOSIJ U; UJJ onojzjodoj^ ^lIAJBSUd 9[ o OA.IOB[J Of OJ1 ' ono|zjodojj
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onorzjodojrj Hiotzjodojci Et X a % < H -rt'-a'-a'co-.o.-Ma'-acoaoaiaaas-a'. 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 © «y ©fos cc irTo"©j bxr-'flico o o o o o o c
o o o o o o c
t> OS t> CO © CO 11 'OOOOOOOO >ooo o o o o o -yO-r-aOCOOS©* — © f-^ lO©3 ©4 t-»COOSOOOcOt>©Jsra«r-iOCOOS — — io oo cb-^of-^r-rcbib-^Gi bcobo ©*©Ì«r-CÒ0S.<y©Ìc^©©©0,Jcb©*"; o o o o o o o o o o o o o o o OOOOOOOO o o o - o o o o 88 so so t>os r>.©* 'so o" : : : : : : : : : : : •
© ®
:| ; : : : : :
: § : : : : S s §£82.9 § :o . . . g • a « : -g : : « -a « « .3 * r S e a a --rt— . » 2 . ' j a ^ ^ a a a a a S g0! a... . m o aa T3 *a a tj .2 5; o -— 91- « S o a B e a g - t a SL' E C O N O M I S T A
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hanno o no vantaggio a persistere nella politica pru-dente ora adottata, la quale consiste essenzialmente nel tenere delle disponibilità maggiori per poter far fronte alle eventualità di bisogni straordinari. E questo indirizzo merita d' essere segnalato anche alle Banche degli altri paesi, troppo spesso inclinate a impiegare ì mezzi di cui dispongono, senza le ne-cessarie cautele e con la prudenza che esige il si-stema dei depositi a vista o a breve termine.
(.Rivista (Economica
« La miniera ai minatori » e le delusioni dei socia-lismo — La popolazione dell' impero tedesco — La popolazione degli Stati Uniti d'America — La valuta metallica del mondo — Nuovi accordi po-stali.
« La miniera ai minatori » e le delusioni del socialismo. — Ricorderanno molti quel trasporto
sentimentale con cui la Camera francese, circa due anni fa, volle fare un esperimento di più d'associa-zione operaia di produd'associa-zione con capitale gratuito. Lo Stato largiva, allora, 30,000 franchi, 10,000 ne re-galava il Municipio di Saint-Etienne e una Società detta « La Miniera ai Minatori, » si costituiva per l'esercizio appunto d'una buona miniera. Non è forse ancora venuto il momento, di scivere la storia di questa società ; fin d' ora però si hanno dati e do-cumenti bastanti perchè si possa avere un concetto del modo di svolgersi e funzionare di simili isti-tuzioni, che sono l'ideale del socialismo militante.
« Diventati una volta proprietarii indivisi — così scrive la Libertà — i minatori si avvidero che non potevano lavorare come uno sciama di calabroni, saccheggiando ciascuno a piacer suo, la miniera, ma ch'era necessario distinguere le varie attribuzioni, di guisa che si trovarono forzatamente obbligati a in-caricar taluni fra loro di reggere e dirigere gli altri come pure a collocarsi sotto 1' autorità d' un inge-gnere.
Ora questi delegati, questo ingegnere, per ciò ap-punto ch'erano stati scelti a dirigere, a ordinare, presero a dar norme ed ordini, di guisa che in seno a quel consorzio d'uomini, i quali doveano godere della più perfetta eguaglianza, cominciarono a ger-mogliar malumori, dissidii, attriti, seguiti da risse che degenerarono alfine in tumultuosa rivoluzione contro gli amministratori, che vennero deposti.
Senonchè questi non si teunero per vinti e ricor-sero ai tribunali che diedero loro ragione, reinte-grandoli nelle rispettive cariche, dove, appena riaf-ferrato il potere, vollero usarne scacciando sei com-pagni, scelti fra i più turbolenti e riottosi.
Evidentemente fu questa una bassa vendetta, sic-come quella che veniva a privar del pane quoti-diano quei perturbatori dell'ordine sociale; ma i de-legati non aveano la facoltà di trattarli e fucilarli come semplici capitalisti. Senonchè i sei discacciati vollero reagire scendendo con la forza nelle gallerie per lavorare; espulsi parimenti con la forza, susci-tarono e provocarono uno sciopero, una specie di preludio alla lotta che rese necessario l'intervento della polizia. »
Dello stesso argomento si occupa il Moniteur
Uni-versél il quale, a sua volta, dice: « Ecco degli operai associati, emancipati dalla tirannia dei padroni ; son diventati padroni di sè stessi e contro sè stessi ado-ppino quelle medesime armi con le quali combatte-vano prima i padroni! Qui non è più il lavoro sa-lariato che lotta contro il capitale, ma è invece il lavoro che lotta contro il lavoro.
Mettendosi in isciopero, scioperano direttamente contro sè medesimi e, d'altra parte, i socii incari-cati d'amministrare la società, chiamano i gendarmi con prontezza per lo meno eguale a quella dei più induriti capitalisti.
Questi operai associati, che trovano affatto natu-rale il far appello alla forza armata per sopire le loro querele intestine, o che non esitano a decre-tare uno sciopero del quale essi medesimi saranno le sole vittime, inquantochè le conseguenze ne rica-dranno a carico della Associazione di cui sono membri interessati, questi operai che in guisa sì strana in-terpretano le dottrine del socialismo, dell'emancipa-zione dei proletarii della soggedell'emancipa-zione ai capitalisti, e della cooferazione, provano a chi non lo sapesse che « la Miniera ai Minatori, » è una formula che sposta la questione, ma non la risolve.
« Noi assistiamo al curioso spettacolo dell'operaio in due aspetti diversi : da un lato egli entra nel modo di vedere eh'è abituale dei padroni; dall'al-tro si serba fedele alle idee dell'operaio: da una mano agita il segnacolo dello sciopero, dall' altro fa cenno ai gendarmi d'accorrere.
Concludiamo che la terra al lavoratore, la mi-niera al minatore, la casa, se anche si vuole, al lo-catario sono formule delle quali è impossibile negare 1' estrema semplicità, ma la cui applicazione è tut-t'altro che facile. Del resto, nel successo dell'Asso-ciazione per « la Miniera ai minatori » potevano aver fiducia coloro soltanto ai quali fosse ancora ignoto lo sfacelo di tutte le Associazioni di produzione, co-stituitesi, fra l'entusiasmo generale, come per in-cauto, col sussidio dello Stato nel 1848.
Così, all'alto pratico, sono condannate a sfumare tutte le dottrine, tutti ì brillanti ideali di quel mol-tiforme socialismo che si fonda unicamente sull'im-maginazione, sulla ipotesi, sulla pretesa di foggiar a piacere un mondo che non esiste.
La popolazione dell' impero tedeseo. — Una
recente pubblicazione dell' ufficio della Statistica te-desca, la fissava al 1° dicembre 1890 in 49,428,470 abitanti, dei quali 24,250,832 maschi e 23,197,638 femmine, con aumento assoluto, durante il quin-quennio 1883-1890, di 2,372,766 abitanti, che cor-risponde all'aumento medio annuale del 10,98 per mille.
L'acquisto dell' isola di Helgoland ha contribuito all'accrescimento della popolazione con 2086 abitanti, cifra assolutamente insignificante.
Ecco il movimento della popolazione dalla costi-tuzione dell'impero tedesco al 1° dicembre 1890 predetto :
A u m e n t o 1° dicembre abitanti Aumento assoluto per mille
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31 luglio 18E2
Al 1° gennaio 1892 la popolazione dell'Impero toccava i 50 mililioni ili abitanti.
La popolazione degli Stati Uniti d'America. — Sono stati testò pubblicati i risultati ufficiali del censimento del 1890.
Al 31 dicembre di quell'anno la popolazione de-gli Stati Uniti d'America era di 62,022,250 abitanti che si dividevano per sesso, per origine e per co-lore come in appresso :
Maschi 32,067,880 Femmine 30,554, 370 N a t i al territorio federalo . . 53,372,703 » all'estero 9,249,547 Bianchi 34, 983, 890 Neri 7,638,360 Nel giro di quarantanni la popolazione si è quasi
triplicata, come lo dimostrano le seguenti cifre :
A u m e n t o Censimento Popolazione A u m e n t o assoluto p e r c e n t u a l e
1850 23,191,876 — — 1800 31,443,321 8,251,455 35,58 1870 38,558,371 7,115,050 22,63 1880 50,155,783 11,597,4)2 30,08 1890 62,622,250 12,466,467 24,86 Totali — 39,430,384 270,02 La valuta metallica del mondo. — Il Neues
Wiener Tageblatt calcola, in base a dati raccolti
dal direttore della zecca federale americana, che la circolazione totale della moneta metallica (oro ed argento) tocchi all'incirca a 57,735,000,000 di lire italiane, e che si divide in porzioni pressoché eguali tra i due metalli. Egli fìssa a 18,635,000,000 li va-lore delle monete d' oro, che esistono nel mondo, a 19,100,000,000 quello delle monete d' argento.
I quattro Stati : Francia, S. U. d' America, I n -ghilterra e Germania possedono i cinque noni di tutta la moneta circolante e più precisamente :
8,000,000,000 in Francia, dei quali 4,500,000,000 in oro.
5,900,000,000 gli Stati Uniti d' America, dei quali 5,500,000,000 in oro.
3,250,000,000 l'Inghilterra,dei quali 2,750,000,000 in oro.
5,225,000,000 la Germania dei quali 2,500,000,000 in oro.
La Francia, come si vede, è il paese pitj ricco, tanto nel rapporto assoluto e tanto in quello pro-porzionale della sua popolazione.
indicando con la cifra 100 la totalità della mo-neta metallica circolante nel mondo; si hanno i se-guenti rapporti approssimativi :
Francia 21,20 Inghilterra 8,35. S. U. d'America. 15,62 Germania 8,05
Totale 55,22.
Ne resta il 40,78 per tutte le altre nazioni del mondor
Nuovi accordi postali. — La Gazzetta Ufficiale del 25 luglio pubblica il seguente decreto in data 28 giugno u. s.
« Articolo unico — Piena ed intera esecuzione
sarà data :
a) All'accordo amministrativo sottoscritto a
Pa-rigi il 19 aprile 1892 ed a Roma il 21 dello stesso mese ed anno, fra le Amministrazioni postali del-l'Italia e della Francia, per stabilire le norme
rela-tive al protesto dei titoli di commercio consegnati alla Posta per la riscossione, giusta la facoltà riser-vata alle singole Amministrazioni contraenti coll'art. 2 dell'accordo generale pel servizio delle riscossioni per mezzo della Posta, firmato a Vienna il 4 lu-glio 1891, ed approvato con legge in data d'oggi;
b) All'accordo sottoscritto a Berlino il 7
mag-gio 1892 ed a Roma il 17 dello stesso mese ed anno, fra le Amministrazioni delle Poste d'Italia e di Germania, pel medesimo oggetto ;
c) All'accordo sottoscritto a Lussemburgo il 14 maggio 1892, ed a Roma il 24 dello stesso mese ed anno, fra le Amministrazioni postali d' Italia e del Lussemburgo, pel medésimo oggetto ;
d) All'aceordo sottoscritto a Berna il 24 mag-gio 1892 ed a Roma il 30 detto mese ed anno, fra le Amministrazioni postali dell'Italia e della Svizzera, pel medesimo oggetto.
I delti accordi avranno effetto dal 1° luglio 1892.
La Cassa di risparmio in Imola ilo! 1891
Il movimento di cassa del 1891 ascese a L i -re 15,323,595.57 all'entrata comp-rese L . 59,397 di rimanenza di cassa al 31 dicembre 1890 e a Li-re 15,212,171.49 all'uscita con una rimanenza in cassa al 31 dicembre 1891 per 1' importo di L. 111,223.88, sicché il movimento complessivo ascese a L. 30,646,790.70.
Le rendite dell' esercizio ammontarono a Li-re 342,999.60 rappLi-resentate dai seguenti articoli : Sconto di competenza dell'esercizio. . L. 206,840.49 Interessi Id. Id. . . » 133,203.99 Reudite diverse. » 2,955.12
Totale . . . L . 342,999.60 Gli oneri e le spese ascesero a . . . L. 294,289.58
Rappresentati dai seguenti capitoli :
Interessi passivi sui depositi » 224,369.11 Imposte e tasse diverse » 17,844.94 Spese generali di amministrazione . . » 37,554.35 Spese diverse, prelevamenti ecc. . . . » 14,521.18
Totale . . . L. 294,289 58 Defalcando dall'entrata in L. 342,999.60
le spese e gli o n e r i . . . » » 294,289.58 resta l'utile netto di . . L . 48,710.02 il quale venne diviso come appresso :
al fondo di riserva 3|10 L . 14,613.02 al fondo erogazioni 3(10 » 14,613.02 al fondo pel graduale a m m o r t a m e n t o
di eventuali perdite » 19,484.00 T o t a l e . . . L. 48,710.02 La massa di rispetto di cui all' articolo 17 della legge 15 luglio 1888 ascendeva al 31 dicembre 1801 a ' Lire 746,042.66 come apparisce dal seguente specchietto :
31 luglio 1892
499
LE FERROVIE I T A L I A N E
al 30 aprile 1892
La lunghezza assoluta delle ferrovie italiane al 30 aprile p. p. ascendeva a chilometri 13,491 con-tro 13,232 al 30 aprile 1891 e la lunghezza media di esercizio a chilometri 13,382 contro 13,133.
Dal 1° luglio 1891 a tutto aprile 1892 vennero aperti 214 chilometri di nuovi tronchi ferroviari.
[ prodotti lordi approssimativi dei primi IO mesi dell'esercizio ferroviario 1891-92 ascesero a Li-re 206,562,247 contro 206,531.246 nello stesso pe-riodo dell' esercizio precedente. Essi dividonsi fra le varie linee nel modo che segue :
Differenza 1892 1891 nel 1892 Reto Mediterranea. L. 98,541,999 98.032,131 -(- 509,888
, Adriatica 88,782,919 . 89,995,432 — 1,212.564 , Sicilia 7,671,230 7,197,926 -i- 473,304 Ferr.dello Stato Venete 861.000 901,569 — 40,569 Feri'. ( Comp. Reale. 1,439,761 1,357,276 -+- 82,485 Sarde [ Secondario... 422.208 387,507 + 34,701 Ferrovie diverse 8,843,130 8,659,354 -i- 183,776
Totale generale L. 206,562,247 206,581,246 4- 31,001
Il seguente specchietto riassume il prodotto chilo-metrico dello varie reti e tronchi ferroviari nei due periodi di confronto : Differenza 1892 1891 nel 1892 Rete Mediterranea . . . . L. 20, 255 20,500 — 245 » Adriatica 16.975 17,330 — 355 » Sicula 9,517 9,873 — 356 Ferr. dello Stato Venete. 6,150 6,439 — 289 Ferr. (Comp. R e a l e . . . 3,503 3,302 -t- 201 Sarde [Secondarie 1. 182 1,107 4- 75 Ferrovie diverse 5,621 5,667 — 45 Totale generale L. 15,435 15,726 — 291
L'emigrazione tedesca nel 1891.
Il rappresentante italiano a Berlino ha inviato al Governo diversi ragguagli sulla emigrazione germa-nica nel 1891. Passando a riassumerli si rileva che 1' emigrazione tedesca è alquanto cresciuta nei tre porti di Amburgo, Brema e Stettiuo in confronto al 1890. Nel 1891 infatti furono imbarcate 289,223 persone, cioè 43,934 più che nel 1890.
A tale aumento ha assai contribuito l'emigrazione degli ebrei espulsi dalla Russia.
Gli emigranti si ripartiscono così:
Da B r e m a . , m. 79,750 f . 60,071 tot. 139,821 Da Amburgo » 84,255 » 59,984 » 144,239 Da S t e t t i n o . » 2,958 » 2,207 » 5,165
Totale, m. 166,963 f. 122,262 tot. 289,225 Si noti che il numero degli emigranti di Ambur-go, considerevolmente diminuito nel 1890, ha su-perato nel 1891 quello degli emigranti salpati da Brema.
Fecero ritorno in Germania da porti d'oltremare:
A Brema 33,974 Ad Amburgo 20,345 A Stettino 104
Totale 54,423
Di questi vi furono 315 emigranti, tra i quali 57 tedeschi, cui fti negato lo sbarco agli Stati Uniti
per mancanza di mezzi.
Del totale di 289,225 emigranti, 93,145 sono te-deschi ; il 30 per cento è dato dalla classe degli operai ; il 28 per cento da nessun mestiere deter-minato (sono g'i spostati che trovansi ormai in tutti i paesi); il 18'.ed il 13 per cento appartengono alla elasse degli agricoltori.
Il maggior contingente alla emigrazione è dato dalla Prussia, e segnatamente dalle provincie della Prussia orientale (13,388) e dal Posen (15,850). Vengono in seguilo la Pomerania (8921) e il Bran-de!) argo (3410).
Fra gli altri Stati dell' impero viene prima la Ba-viera con 6570 emigranti, il Wiirtemberg con 4349, la Sassonia con 3875, indi gli altri Stati minori con cifre poco rilevanti.
Per il numero degli emigranti di provenienza estera imbarcati nei porti tedeschi, prende il primo posto la Russia con 109,513 (l'esodo degli ebrei), quindi l'Austria-Ungheria con 53,196.
Il contingente degli altri Stati è mollo minore. Di italiani ne partirono 88 da Amburgo e 22 da Brema.
IL CONSUMO DELLO ZUCCHERO IN ITALIA
Fra i prodotti esteri che si consumano in Italia, uuo dei più importanti è lo zucchero, giacché per dazio di importazione frutta allo Stato circa 63 mi-lioni di lire all'anno. Esso viene quasi intera-mente dal di fuori, la produzione indigena arri-vando appena a un IO mila quintali, inquantochè per quanti tentativi si sieno fatti è stato impossibile di impiantare seriamente nel nostro paese questa industria.
Dalle statistiche che sono slate pubblicate sui consumi sembra che quello dello zucchero tenda a diminuire.
Il seguente specchietto riassume 1' importazione degli zuccheri greggi e il consumo per ciascun abitante negli ultimi 16 anni :
mag-500
L' E C O N O M I S T A
31 luglio 1892
giori importazioni. Il consumo per abitante ila cbil2,980 nel 1876, discese a 2,704 nel 1881 unica-mente a cagione dell'inasprimento dei dazi, essendo noto che i prezzi dello zucchero, dal 1877 al 1881 andarono diminuendo. Senonchè, secondato da un ulteriore ribasso nei prezzi, il consumo risalì fino a toccare nel 1884 cbil. 3,311 superando così note-volmente la cifra iniziale di cbil 2,980.
Fra il 1884 anno fra quelli non soggetti all'in-fluenza di nuovi provvedimenti finanziari nel quale il consumo per abitante aveva raggiunto la cifra massima di cbil. 3,311, ed il 1891 in cui il consumo stesso trovasi ridotto a cbil. 2,813, corre una dif-ferenza di cbil. 0,328. Si può dunque concludere che il consumo dello zucchero in Italia, in pochi anni, è diminuito di mezzo chilogrammo per abitante, in cifra tonda.
Nei primi sei mesi del 1892 le importazioni e le relative riscossioni furono superiori a quelle del corsispondente periodo del 1891, come resulta dal prospetto che segue, ma quanto al consumo le sta òstiche non ne parlano :
Z u c c h e r o Z u c c h e r o
greggio raffinato Riscossione
Primi sei mesi
del 1891 quint. 406,511 6,597 Lire 31,793,449 Primi sei mesi
del 1892 quint. 409,139 6,271 » 31,990,139 Differenza nel
1892 quint. + 2,628 — 326 Lire + 196,690 Data però la tendenza del consumo a diminuire,que-ste differenze non si possono attribuire ohe agli ef-fetti della legge del 24 dicembre 1891 la quale mo-dificò il regime doganale degli zuccheri.
CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Camera di Commercio di Udine. — Nella
tor-nata del 18 luglio dopo la consueta partecipazione di alcune comunicazioni fatte dal Presidente inco-minciava i suoi lavori col discutere e risolvere le seguenti controversie doganali.
La ditta C. Burghart, valendosi dell' art. 2 della legge 13 novembre 1887, deferì alla Camera la risoluzione, in prima istanza, di due controversie in-sorte fra essa ditta e la R. Dogana di Udine sulla gradazione saccarometrica e alcoolometrica di tre partite di birra importate dall'Austria-Ungheria.
Esaminati i verbali di controversia e le relazioni della perizia chimica che la presidenza fece ese-guire dalla R. Stazione sperimentale agraria di Udine, udite le osservazioni del presidente, dei consiglieri Minisini e Barduseo e del segretario, la Camera tenendo presenti le disposizioni di legge e le anzi-dette relazioni di perizia, risolvè le due controversie in senso favorevole alla ditta Burghart.
Il direttore dello stabilimento di stagionatura ed assaggio delle sete avendo presentato una relazione in cui poste in evidenza le condizioni finanziarie dello stabilimento, rinnovava la proposta discussa nella seduta del 27 novembre 1891 di portare da L. 6 a 8 la tariffa di stagionatura di un quintale di seta, dopo animata discussione, alla quale presero
parte diversi consiglieri, la Camera, astenutosi il cons. Kechler, deliberò che, a cominciare dal 1° ago-sto 1892, la tariffa di stagionatura sia stabilita a L. 8 per quintale e a L. 4 per quantità inferiori a 30 chilogrammi.
Nell'interesse della zona percorsa dalla linea Civi-dalé-Palmanuova-Portogruaro, deliberò di chiedere che sia attivala anche dalla Società Veneta la ta-riffa speciale N. I l G. V. per il trasporto, in ser-vizio cumulativo, dei pacchi delpeso fino a 10 chi-logrammi.
Camera di Commercio italiana di S. Fè. —
Rende noto che i vini italiani importali nello scorso anno, e che, per diminuzione ili smercio, restavano depositati in quella dogana, furono venduti tutti.
Nell'Argantina aumenta sempre più la richiesta ilei nostri vini, anche per il continuo ribasso del-l'aggio dell'oro che ne facilita lo smercio, e pel mi-glioramento delle condizioni del paese.
Si crede quindi che l'importazione di vini italiani ricomincerà nuovamente in notevoli proporzioni.
Notizie. — Alle Camere di Commercio del Re-gno sono state comunicate le seguenti notizie:
Il Com itato centrale di Roma per l'Esposizione di Chicago ha inviato i moduli per domande di am-missione e di spazio. Per gli Industriali detti moduli saranno distribuiti dalle Segreterie delle Camere di Commercio alle quali gli interessati potranno farne domanda. Quanto agli Artisti essi dovranno richiedere i moduli speciali al Comitato costituito presso il Cir-colo Artistico di Firenze.
Il Consolato Austro-Ungarico in Firenze ha par-tecipato che il mercato dei cereali e sementi avrà luogo il 29e 30 del mese venturo.
Con Decreto del Ministero del Tesoro in data 12 loglio corrente è stato approvato e reso esecutorio M Contratto di affitto delle miniere di ferro dell'Isola d'Elba stipulato col sig. cav. Giuseppe Tonietti il 4 detto mese per anni cinque da decorrere dal 1° lu-glio 1892.
Le disposizioni del Capitolato d'affitto che riguar-dano l'obbligo che ha il'cav. Tonietti di fornire il minerale ai fonditori italiani sono state comunicate alle Camere di Commercio, e sono ostensibili a chiunque possa avervi interesse.
Mercato monetario e Banche di emissione
La situazione del mercato inglese continua ad essere soddisfacente. Il saggio dello sconto e quello dei prestiti sono sempre nòtissimi, il primo è infatti a 7|8 0|0, il secondo a 1 1)2 0 | 0 ; per la liquida-zione prossima quindicinale sono stati fatti prestiti
a 1 1|4