L'ECONOMISTA
GA Z Z ET T A . S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI
Anno VII - Voi. XI
Domenica 21 Novembre 1880
N. 342
BILANCIO DELLE FERROVIE DI NUOVA COSTRUZIONE
L’articolo 320 della legge ferroviaria del 29 lu glio 1879 fa obbligo al Governo di presentare al l’ approvazione del Parlamento un prospetto de g l’ impegni da assumere e delle spese da stanziare a prò delle ferrovie, assieme al progetto annuo del bilancio di prima previsione. Coerentemente a que st’ obbligo, l’ onorevole Ministro dei Lavori Pubblici ha proposto, nel bilancio preventivo del suo Mini stero, l’approvazione del dispendio totale da effet tuare nel prossimo anno a vantaggio delle ferrovie, distinguendo quanto sia da erogare per quelle già autorizzate e per le esercitate, dagli stanziamenti che riflettono le linee di nuova costruzione. In complesso, le spese previste, pei lavori ferroviari del 1881, ascendono a 81 milioni e mezzo, in cifra tonda, coll’ aumento di 13 milioni e 700 mila lire su quella dell’ anno corrente. Quest’ aumento è però ligurativo soltanto, poiché rappresenta : le quote an ticipate dagli enti interessati nelle costruzioni delle nuove linee; il contributo volontario degli stessi enti; ed il maggior onere obbligatorio derivante alle provincie e comuni dalla legge succitata. Per siffatta cagione, il carico che intènde assumere il Ministero dei Lavori Pubblici, non è maggiore che per 1’ anno cadente, ed il sovrappiù del prossimo anno gravita, volontariamente od obbligatoriamente, sugli enti morali interessati nelle nuove costru zioni.La legge ferroviaria dell’ anno sc o r s o , impo nendo al Governo di protrarre per ben 21 anni, cioè dal 1880 a tutto il 1900, il concorso effettivo di L. 1260,000,000 a prò delle vecchie e nuove ferrovie, in ragione cicè di 60 milioni a ciascun anno, ha fatto scorgere, alle provincie interessate nell’ esecuzione delle nuove linee, quanto dovesse loro premere di approfittare della facoltà, concessa dall’ art. 15 della legge, di affrettare la costruzione delle arterie poste nel loro territorio. Ciò si può diffatti ottenere in più m o d i, cioè aumentando la quota di concorso alle spese effettive che ricadono sulle provincie, di un decimo alm eno; meglio an cora se quest’ aumento di partecipazione fosse an ticipato; in terzo luogo imprestando al pubblico era rio, nonché la quota voluta dalla legge anzidetta, ben anche quella che spetta al Governo, che è, in ogni caso, la parte maggiore del totale dispendio. In simili eventualità, e sopratutto nell’ ultima, di spone la legge ferroviaria che le linee per la cui costruzione dimostrisi impegno siffatto, abbiano la precedenza in ordine alla loro esecuzione.
Veggasi ora come le provincie abbiano
proce-duto per affrettare le nuove costruzioni. Era da pre sumere che èsse tanto più facessero sforzi e s’ im ponessero dei sacrifico, quanto maggiore era la tema di veder protratta fino a lunga scadenza 1’ effettua zione dei loro desiderò. Diffatti così è accaduto. Le
linee di I a categoria, sopra un importo presunto di 430 milioni, non ricevono dai consorzii di pro vincie e comuni che meno di 14 milioni. Queste ferrovie hanno importanza nazionale; era quindi da credere che sopra di esse principalmente sarebbesi rivolta l’ erogazione del denaro dello Stato per quella parte che è destinata alle nuove linee. Niuna provincia interessata alle 4 linee con sovvenzione della I a categoria, l’ha aumentata; niuna, delle altre
4 non tenute a sovvenzione, l’ha offerta; niuna, in teressata in alcuna di queste otto linee, ha proposto d'anticipare il dispendio a prò del governo.
Così non è avvenuto per le altre categorie. La seconda di esse conta 19 linee; fra cui ve n’ hanno sei che, congiungendo capi luoghi di provincia, deb bono, in conformità della legge ferroviaria, avere la precedenza; due fra esse hanno offerte di aumento di quota od anticipazione, allo scopo di fruire di questa precedenza per doppio titolo. Delle altre tredici ve n’ha una per la di cui costruzione pen dono trattative, cioè la Campobasso-Termoli ; cin que per le quali le provincie sonosi strettamente attenute al disposto della legge, e sette percui so nosi sobbarcate ad aumenti delle quote; e tra que ste sette, per tre sonosi deliberate delle anticipazioni. Cosicché, sulle diciannove linee di seconda categoria, se n’hanno nove per le quali eistono offerte mag giori di quelle che sono obbligatorie.
1570
L’ E C O N O M I S T A
21 novembre 1880
di giovamento di possedere, in un torno di tempo non troppo protratto, delle comunicazioni ferroviarie di cui il vantaggio sarà più per loro che per lo Stato, mentrechè il dispendio, se anche differito, sarà più per lo Stato che per loro.
In presenza di siffatte ansietà che si manifestano, qua o là, per tutte le regioni del regno, quale do veva essere il contegno del Governo? Dei 67 mi lioni circa che erogava, massimamente a suo carico, nell’ anno 1881, in lavori ferroviarii, 33 milioni e mezzo soltanto sono proposti dal Ministero de’ Lavori Pubblici a prò delle nuove linee; perchè 34 milioni circa, che però comprendono anche sovvenzioni delle provincie, sono rivolti a prò dcdle linee auto rizzale ed in esercizio. I 33 milioni e mezzo anzi detto erano essi da distribuire su tutte quasi le fer rovie decretate nella legge del 4879, ovvero dove vasi preferire di concentrarli su poche linee, e que ste costruire vigorosamente allo scopo di portarle a termine nel più breve tempo possibile?
V ha su questo problema una questione pregiudizia le, per cosi dire. La legge ferroviaria succitata non si è limitata a prescrivere il capitale che, a ciascun anno, deve il Governo rivolgere a prò delle ferrovie; in essa venne prescritta altresì la distribuzione, anno per arino, delle somme da versare nelle varie ca tegorie delle ferrovie prescelte. Vero è che questa ripartizione ò assai incompleta e che il Ministro dei Lavori Pubblici intende di modificarla col nuovo progetto di legge complementare a quella del 1879. in questo argomento però noi crediamo che il po tere esecutivo dovrebbe avere maggior libertà d’azione di quanta sbaglisi concessa. L’ obbligo da lui assunto di presentare, assieme al bilancio preventivo, la ri- partizione dell’ erogazione totale in materia ferro viaria è, a nostro credere, sufficiente per garantire al potere legislativo il diritto che gli compete di sorvegliare l’ erogazione del denaro dello Stato. A l trimenti facendo, cioè a dire impegnando l’avvenire, è facile che la ripartizione fraile varie categorie debba venire alterata: e ciò con delle incoerenze, verso le prescrizioni approvate, che sono sempre biasimevoli. Fin d’ ora noi troviamo che, sui 33 mi lioni e mezzo da spendersi dallo Stato, siccome sopra abbiamo indicato, ve n’ hanno 20 e mezzo per le linee di prima categoria, mentre la legge preve deva IO milioni soltanto per queste linee.' Nè di ciò ci lagniamo: e nemmeno perchè ben 34 milioni debbano, a proposta dell’ onorevole Ministro dei Lavori Pubblici, destinarsi a prò di linee antiche. Meglio è didatti, a nostro credere, portare a fondo ¡ lavori cominciati, anziché trascurarli a prò di nuove linee; e del pari noi preferiamo che, per quanto concerne queste nuove linee, si costituiscano vigoro samente alcune delle più importanti, anzicehè veder disperse, su d’un gran numero di piccole arterie, le risorse dello Stato.
Per questo scopo bisognerebbe concentrare su pochi punti le somme previste e stanziate per l’anno prossi mo con vantaggio inoltre della finanza. La ragione di ciò non è che d’indole aritmetica. Una strada ferrata, finché sia in costruzione, è difatti un impiego di danaro infruttifero. Se una linea è molto estesa e si allac cia, ad uno o ad entrambi degli estremi, a delle fer rovie preesistenti, è evidente che conviene impe gnare i lavori a prò degli ultimi tronchi esclusiva- mente, tranne il caso in cui un lavoro di lunghissima durata, come sarebbe una gran galleria posta nel
to j centro della linea, imponga di cominciarne l’esecu- ie zinne simultaneamente a quella dei tronchi term i- io itali. Quand’anche però siasi giunti a porre in eser-rà cizio questi ultimi tronchi, il provento ne è sempre piccolo, finché tutta la linea non sia aperta al pub- o, blico. É quanto l’esperienza ha dimostrato. Ciò am-)- messo, e la cosa ci pare evidente, se sì vuole ev i-i - tare, quanto lo si possa, che si facciano versamenti o, infruttuosi del denaro dello Stato, uopo è di con-e centrare, siccome osservammo, le risorse poste a ri disposizione delle ferrovie, in ciascun anno, sopra ni un picciol numero di linee, scegliendo quelle che ni | allo Stato maggiormente importa di porre a compi- i- mento. Ora ci duole il dire che così non si è pro-i- gettato di fare. Abbiamo tributato plauso al Mini-r- stero de’ lavori pubblici per avere aumentato fino a ¡ 20 milioni e mezzo lo stanziamento per le linee di
3 - prima categoria; avremmo anzi voluto che questa a somma fosse stala accresciuta a scapito di una mol-j litudine d’altre piccole linee delle categorie infe- a- ! riori. Ma questi stessi 20 milioni e mezzo, il Go- è verno fi divide sopre ben 5 linee. Ora ve n’hanno 0, due di queste, cioè la Parma Spezia e la Faenza-in Pontassieve che, per quanta importanza abbiano, ne io hanno assai meno della ferrovia da Roma alla i- Aquila-Sulmona, e della grande ferrovia da Eboli a la Reggio di Calabria. La prima difatti di queste due ei rannoda la capitale all’Adriatico, e la seconda, rac-'o cordando, per così dire, la lunghezza della penisola 1. ed avvicinando la Sicilia a Roma, effettua uu van->- toggio che è tult’ad un tempo economico, politico e le strategico. Queste due grandi arterie, assieme alla 10 Novara-Pino per la quale esistono impegni inleraa-i- ! zionali, dovevano, a nostro credere, assorbire, in
- i massima parte, il dispendio dello Stato. La linea ■e biforcata che dallo Stretto di Messina si rannoda fi ! col Golfo di Salerno conta, in complesso, 521 chi- I • lometri i quali, secondo il preventivo, costeranno più di 3, 2 00 milioni al pubblico erario. Come s’ intende egli e ohe lo stanziamento per l’anno prossimo non sia
3, che 4 milioni, di cui 3 e mezzo soltanto a carico e dello Stato? Si dirà che i progetti nou sono in i- pronto. Ma nou sono egliuo scorsi 16 mesi dall’ap-e provazione della legge ferroviaria, e non sono forse r 10 anni almeno, dacché si cominciò a studiar
quella-linea? Perchè non versare i 4 milioni della Parma- ò Spezia, linea necessaria ma sterile, ed i 2 proposti fi per la Faenza-Pontassieve, essa pure utile in primo fi grado ma che sarà poco produttiva, nelle due grandi i. linee che abbiamo accennate?
e non da tutti, non danno loro assoluto diritto alla priorità, e soprattutto ad aver incominciati dei lavori che dovranno necessariamente procedere molto a ri lento, perchè il governo, con questo sistema d’inco minciare il lavoro su tutti i punti, dovrà applicare poca forza su ciascuno. Limitando dunque il dispendio alle 8 linee di 2 a categoria sunnominate, a cui deve aggiungersi, come nona, la succursale dei Giovi, se essa sarà stata infine sottratta alla dubbiezza del suo tracciato, rimanevano così allo Stato quasi 2 milioni da aggiungere alla somma destinata alle 9 lineo an zidetto od ancora a rinforzare quelle di prima cate goria; e ciò sarebbe stato vantaggioso.
Era Ile 56 linee della 3 a categoria ne poniamo fuor di questione 8 , per le quali le provinole an ticipano la totalità del dispendio dell’anno prossimo. Rimangono dunque 28. Per metà di esse, cioè per 14, il governo propone di assumere un dispendio di circa 3 milioni e mezzo.^ E facile d’ intendere quali piccoli mezzi siano in suo potere a prò di queste ferrovie. Infatti noi vediamo notate 100 mila lire per la Velletri-Terraeina, e 6 5 ,8 0 0 per la Ceva- Ormea. Invero questi versamenti sono insignificanti e ci sembra che meglio sarebbesi provveduto limi tandoli a prò di due o tre di questo 14 linee, quali la Parma-Jseo, la Ferrara-Rimini ed un’ altra tut- t’ al più.
Prevediamo però che un obbiezione si faccia a siffatto nostro modo di vedere la distribuzione delle risorse dello Stato. Si dirà forse che il governo, che fa gravitare su tutta la popolazione del Regno il carico finanziario dei prestiti annui rivolti al com pletamento della nostra rete ferroviaria, è obbligato, da un dovere di giustizia distributiva, a versare equabilmente su tutta la superficie del Regno le ri sorse di cui dispone. Ciò infatti sarebbe0 vero se non ne risultasse un aggravio alla pubblica fi nanza coll’ impiego temporaneamente infruttifero di molti milioni. Ma noi abbiamo veduto che accade così. D’ altronde 1' equità distributiva non venne essa soddisfatta quando si decretarono le linee da e se guire,^ che difatti si estendono su tutte le regioni dello Stato? Che importa a talune provinole che, un po’ prima o un po’ dopo si comincino i lavori sul loro territorio, quando dal soddisfare la loro impazienza ne verrà un danno universale che dovrà poi gra vitare su esse medesime? E se infine vogliono impazientemente che si comincino i lavori ferroviari sul loro territorio, nea hanno esse la potestà di ot tenerlo, purché facciano anticipazione, non già dono
delle quote che il pubblico erario deve investire nelle loro ferrovie ? Ecco le ragioni che giustificano, nella nostra opinione, il sistema di concentrazione delle risorse dello Stato a prò di minor numero di linee.
In sostanza, seguendo il principio che abbiamo j indicato, si avrebbe per risultato che molte, se non tutte, le provincie che hanno ottenuto delle linee d importanza secondaria, vedendo che il tempo passa senza che il governo ponga mano ad esse e trovando inutili le loro rimostranze, si deciderebbero a m et ter mano alla borsa ed a fare le anticipazioni delle quote erariali assieme alle loro proprie. Cosicché si otterrebbe dallo Stato il doppio vantaggio di non dilazionare troppo lungamente le linee principali e di raccogliere, senza gl’interessi di 10 anni, in con formità dell’art. 15 della legge del 1879, i capitali che occorrono per le ferrovie di piccola importanza
situate nelle provincie ricche, mentre quelle situate nelle regioni meno ricche potrebbero farsi attendere senza scapito. La costruzione della rete complementare verrebbe da ciò accelerata ; e soprat itto si evite rebbe il danno gravissimo che abbiamo accennato ; di disseminare cioè prematuramente somme enormi in spese ferroviarie destinate a restare improduttive per lunghi anni, col solo scopo di correre dietro ad un falso sembiante d’ equità distributiva che si risolve, in sostanza, nel danno universale.
IL PROGETTO 01 LEGGE PEU M I M E BEL CORSO FORZUTO
Il Governo, secondo ne aveva fatta formale pro messa, presentava lunedì scorso alla riapertura della Camera un progetto di legge per l’ abolizione del corso forzato. E la Camera per dimostrare quanto interesse prenda alla importante questione e per so disfare ad una legittima curiosità chiese ed ottenne che ne fosse data lettura. Forse sarebbe stato me glio che il progetto non fosse reso di pubblica ra gione se non accompagnato da una relazione, senza la quale per leggi di grande importanza male si può giudicare delle intenzioni del Ministero; ciò sarebbe stato meglio, anche perchè avrebbe impedito che la stampa quotidiana si impadronisse dell’ argomento dietro la lettera del nudo progetto. Ad ogni modo constatiamo con piacere che i migliori giornali d’ogni partito, tranne rare eccezioni, hanno fatto buon viso al progetto dell’on. Magliani e la discussione impegnatasi ci sembra inspirata dal solo desiderio, di gettare un po’ di luce sull’ arduo problema e di facilitarne la soluzione. Al punto in cui sono giunte le cose, fa rebbe opera antipatriottica e danneggierebbe seria mente gli interessi del paese chi soltanto per spirito di parte si ponesse a combattere questo progetto.Affrettiamoci a dirlo, la lettura del progetto ha prodotto in noi ottima impressione; avremmo da fare qua e là varie osservazioni, ci piacerebbe di veder subito chiariti alcuni dubbi, ma ci riserbiamo a tramare a fondo I’ argomento quando sarà pubbli cata la relazione (il che secondo ci vien riferito avrà luogo fra pochi giorni); relazione che per am piezza e per dottrina sarà certo degna di un progetto ingegnoso quanto semplice.
Per oggi ci limitiamo a riprodurlo testualmente,’ ma prima ci si permettano poche osservazioni.
Prima di tutto, ripetiamo ciò che dicemmo nel no stro penultimo numero, la lettura del progetto ci ha confermato nella nostra opinione che T on. Ma gliani pensi sul serio a liberare il paese dal flagello del corso forzoso.
1372
L’ E C O N O MI S T A
21 novembre 1880
Italia la Banca unica non fosse una necessità alla quale indarno si cercherebbe di sottrarsi.
Dobbiamo anche rallegrarci dello scioglimento del Consorzio. Se fu una transazione fra i partigiani della Banca unica e gli amici della libertà delle Banche bisogna confessare che nè gli uni nè gli altri eb bero ragione di dirsi soddisfatti; se fu una garanzia di fronte al pubblico questo si deve essere accorto che il Consorzio, come disse un arguto finanziere, non garantiva altro se non che il Governo avrebbe pagato il suo debito quando avesse avuto voglia di pagarlo o per dir meglio quando un ministro delle finanze si fosse accorto che questo debito, infrutti fero in apparenza, costava assai caro al paese.
Finalmente la lettura del progetto ci ha confer mato nella nostra opiniono che il corso forzoso non si possa togliere a giorno fisso, e ohe non si leverà se non dopo che l’aggio sarà scomparso del tutto.
Iu fatti il termine di due anni di cui parla il pro getto ministeriale non è già prefisso, come ha inteso taluno, per cominciare il cambio dei biglietti, ma per procurarsi la somma di 644 milioni di lire che ser viranno al cambio, il giorno che, secondo il parere del governo, questo potrà effettuarsi senza pericoli per I’ erario pubblico e per il paese.
V’ è una cosa nel progetto che non concorda con ciò che abbiamo detto nel nostro penultimo numero; cioè che il governo, come primo passo per av viarsi alla soppressione del corso forzoso, avrebbe dovuto ristabilire il pagamento dei dazi doganali in moneta cartacea; invece il progetto (art. 12) stabilisce che dal giorno in cui comincerà il cambio dei bi glietti consorziali in moneta metallica i dazi debbano esser pagati in oro.
Adire il vero non comprendiamo molto l’importanza di questo articolocbe pur deve avere la sua ragione d’es sere. Non vediamo qual vantaggio ne verrà allo Stato nè qual danno al pubblico. Questo, col mezzo di bi glietti e senza spesa, si procurerà i l e Tesorerie l’oro per pagare i dazi ed il governo ritirerà alla fron tiera quell’ oro che, senza spavento, si sarà visto sc e mare alla tesorerie. La relazione schiarirà molto probabilmente questo nostro dubbio col quale per oggi facciamo puuto.
Ecco intanto il progetto.
Art. 1. Il Consorzio degli Istituti di emissione isti tuito dalla legg-e 30 aprile 1874, numero 1920 (serie 2*), sarà sciolto col 30 giugno 1881.
A partire dal 1“ luglio 1881 i biglietti consorziali che si troveranno in circolazione costituiranno un de bito diretto dello Stato.
_Cesserà, dalla stessa data, l'assegnazione annua sul bilancio dello Stato a favore del Consorzio, e sarà ri tirata la Rendita pubblica data dal Governo a garanzia dei biglietti consorziali in virtù delle leggi 19 aprile 1872, numero 759 (serie 2*) e 30 aprile 1874, numero 1920 (serie 2'1)
Art. 2. Il Consorzio consegnerà all'Amministrazione del Tesoro dello Stato, entro il 30 giugno 1881, l’offi cina in cui si fabbricano i Biglietti consorziali, con tutte le dotazioni di macchine, utensili, mobili e ma terie prime od ausiliarie di cui sarà allora fornita; e le consegnerà inoltre nello stesso termine i biglietti consorziali di nuova fabbricazione, destinati a servire di scorta pel cambio dei biglietti logori.
Il Tesoro dello Stato pagherà al Consorzio quella indennità che fosse tuttora dovuta pel valore di costo deir»nzidetta officina e delle relative dotazioni, dedotta la parte già ammortizzata, pel valore di costo dei bi
glietti di nuova fabbricazione consegnati in virtù del presente articolo, e pel prezzo di stima dei biglietti consorziali in circolazione al 31 dicembre 1881.
Il montare dell' indennità eventualmente dovuta sarà stabilito inappellabilmente da tre arbitri designati uno dal Governo, l'altro dal Consorzio e il terzo dai due primi.
A rt 3. I biglietti già consorziali continueranno, se condo le norme vigenti, ad aver corso obbligatorio in ogni sorta di pagamento, ma saranno convertibili in moneta metallica secondo le disposizioni degli articoli seguenti.
Art. 4. 11 Governo del Re è autorizzato a mettere in circolazione la moneta divisionaria d’ argento e lo altre monete decimali d’oro e d’argento esistenti nello Tesorerie dello Stato.
Art, 5. Con decreto reale sarà stabilita la data a partire dalla quale avrà luogo il cambio al portatore ed a visti dei biglietti già consorziali in moneta de- [ cimale d’oro e d'argento nella Tesoreria centrale del Regno, e nelle Tesorerie provinciali di Firenze, Ge nova, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Venezia, Bari, Bologna, Cagliari e Messina.
Con successivi decreti reali potrà essere autorizzato i il cambio anche in altre Tesorerie dello Stato.
Art. 6 . Saranno annullati i biglietti da L. 5, 2, 1 o da centesimi 50 ritirati dalla circolazione, ed oltre ad j essi gli altri biglietti ritirati o cambiati inflno a che sia raggiunta in tutto la somma complessiva di 600 mi lioni di lire.
Art. 7. A partire dal 1° luglio 1881, il cambio dei biglietti dichiarati consorziali col decreto 14 giu gno 1874 con biglietti consorziali definitivi sarà fatto presso la Tesoreria centrale del regno.
Art. 8 . Il Governo rimborserà il mutuo di 44 mi lioni in moneta metallica fatto dalla Banca Nazionale nel regno d’Italia con la convenzione 1° giugno 1875.
Il rimborso sarà fatto tre mesi prima che cominci il cambio dei biglietti già consorziali, di cui all’articolo 4, lettera b, e in ogni caso tre mesi prima che sia stato intieramente eseguito il disposto dell’articolo 6.
Nello stesso termine sarà fatto il cambio in oro dei biglietti consorziali rappresentanti il credito di 50 mi lioni di lire degli Istituti di emissione, a termini del- l’art. 5 della legge 30 aprile 1874.
Art. 9. Il Governo del Re è autorizzato fino a tutto l’anno 1882 a procurarsi, col mezzo di prestiti o di altre operazioni di credito, la somma di 644 milioni di lire, di cui almeno 400 in oro.
La misura dell’interesse a carico dello Stato non | potrà in nessun caso oltrepassare il cinque per cento
netto di ritenuta per l’imposta di ricchezza mobile. Pel trasporto dei fondi e per qualunque altra | spesa non potrà oltrepassarsi il limite dell’ uno per
cento.
Art. 10. 11 Governo è pure autorizzato a procurarsi le somme che eventualmente potessero occorrere pel cambio al portatore ed a vista dei biglietti già con sorziali rimasti in circolazione in seguito all’ esec.u- sione dell’articolo 6.
Art. 11. Della Rendita pubblica ritirata dal Con sorzio degli Istituti di emissione potrà essere alienata tanta parte quanta sarà necessaria a procurare le somme di cui ai precedenti articoli 9 e 10.
Sarà annullata la parte eccedente il bisogno. Art. 12. Dal giorno in cui comincerà il cambio dei j biglietti consorziali in moneta metallica, e in ogni caso da quello in cui sarà intieramente eseguito il disposto dell’articolo 6, e fino a nuova disposizione, saranno pagati in moneta decimale d’oro i dazi doga nali per qualunque somma superiore a lire 50.
lettera b, ed in cui sarà compiutamente eseguito il disposto dell’articolo 6.
Art. 14. Il corso dei biglietti delle Banche d" emis sione è prorogato a tutto l'anno 1883.
Art. 15. Il Governo del Re potrà ricevere nelle sue casse i biglietti dei sei Istituti d’ emissione anche quando non avranno più corso legale.
Art. 16. La facoltà d'emettere titoli pagabili a vista cesserà il 31 dicembre 1889 per tutti gl' Istituti che ne sono investiti.
Saranno stabilite per legge le norme che dovranno regolare da quell' epoca in avanti l’emissione di titoli bancari pagabili al latore ed a vista.
Art. 17. Una Commissione permanente presso il Ministero del Tesoro presieduta dal ministro, e com posta di tre senatori e di tre deputati eletti dalle ri spettive Camere, da uu consigliere di Stato e da un consigliere della Corte dei Conti designati dal Consi glio dei ministri, dal direttore generalo del Teso- re, da un funzionario superiore del Ministero di agri coltura, industria e commercio, e dal direttore gene rale della Banca Nazionale nel regno d'Italia, presi dente del Consorzio, sarà sentita su tutti i provvedi menti che occorrano pel ritiro e pel cambio dei bi glietti in esecuzione della presente legge : vigilerà l’andamento delle relative operazioni, e per mezzo del ministro del Tesoro ne presenterà al Parlamento, alla fine di ogni anno, una particolareggiata e documen tata relazione.
Art. 18. Gli atti e provvedimenti, di cui all’articolo precedente, dovranno essere presi dal ministro del Tesoro d’accordo col ministro di agricoltura, industria e commercio.
Art. 19. Saranno determinati mediante reali decreti, sentiti il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti, i modi e le garanzie :
a) per le operazioni di cambio, ritiro e annulla mento dei biglietti consorziali, lo quali dovranno es sere sindacate dalla Corte dei Conti ;
b) per la custodia dei biglietti destinati a servire di scorta ;
c) pel ricevimento dei biglietti degli Istituti nelle casse dello Stato, quando non avranno più corso legale. Parimenti mediante reali decreti saranno fatte tutte le altre disposizioni necessarie per la esecuzione della presente legge.
LA LIBERTÀ DEGLI SCAMBI
Tanto i fautori del protezionismo, quanto Coloro i quali apprezzano teoricamente le dottrine del li bero scambio, ma praticamente le ritengano una utopia, e quindi considerano come stolta la agitazione dei liberi scambisti e vorrebbero che ogni aspira zione si limitasse alla estensione dei trattati di com mercio ; — tanto gli uni quanto gli altri, diciamo, annoverano tra gli argomenti, clic stimano più forti, l’osservazione che il libero scambio non si può certo per molto tempo ancora e forse mai ottenere, e che quindi la propaganda dei liberi scambisti è inutile e ad altro non giunge che a far nutrire speranze irrealizzabili.
Con tutto il rispetto che possiamo avere per co» loro i quali in buona fede hanno tale convinzione, noi crediamo invece che mai come in questo mo mento sia necessario di chiamare a raccolta le forze dei liberi scambisti, perchè tenacemente si ordinino e oppongano alla corrente, sempre in aumento dei protezionisti autoritarii, quasi diremo, violenti, un
argine che arresti l'andazzo che sembra prendere il governo economico degli Stati di Europa.
Fino a che sembrava che i trattati di commer cio rappresentassero una specie di equa transazione tra le due opposte teorie, ciascuna delle quali sa crificava una parte delle proprie convinzioni per non veder trionfare l’ altra le cui dottrine credeva perniciose allo sviluppo economico della società; e fin ché per ambedue le scuole sembrava si trattasse di un accontentamento del meno male per non poter consèguire il buono, — era ’ ammissibile una lotta tranquilla, calma, diremo quasi, sommessa, non vo lendo nessuna delle due parti eccitare gli spiriti bellicosi dell’ altra. Era una specie di modus vi- vcndi che lasciava sperare nell’ avvenire.
Ma, a nostro modo di vedere, oggi le cose hanno presa una piega affatto diversa ; — il protezionismo, stimando forse che la calma dei liberi scambisti sia effetto o di abdicazione o di impotenza, alza la te sta con una vera prepotenza, e credendosi forse solo dominatore della situazione, vuol imporre ad ogni costo le proprie teorie, si impadronisce delle redini dei governi, detta leggi tiranniche, pone bar riere sempre più insormontabili, e minaccia di r i mettere nuovamente in vigore quelle stesse mas sime di economia che fino dal 1860 si ritenevano per sempre escluse nella loro assolutezza.
N e viene come conseguenza che lo slancio preso da tulle le nazioni civili di Europa per profittare del raggio di libertà sorto in quell’ epoca, onde mediante costosissime vie di comunicazione che fo ravano catene di montagne, varcavano fiumi, con giungevano tra loro i più importanti centri d’Eu ropa, questo slancio che destò l’ammirazione ed il plauso di tutti, divenga oggi, colla recrudescènza del protezionismo, spento; e si. dimostrino quasi in teramente sprecate le ingenti spese sostenute fin qui dai popoli, se il doganiere, armato di tariffe, vuol oggi impedire il transito alla merce quanto e forse più lo impedivano I’ altezza della montagna, la larghezza del fiume, la distanza tra il luogo di produzione e quello del consumo.
Questo rinvigorimento del protezionismo, i cui sintomi si vanno sempre più accentuando, nella at tuale condizione politica d’ Europa, non può cau sare che un effetto ; — quello cioè Che al più forte rimanga, il mezzo di sfruttare maggiormente e po tendo esclusivamente la situazione che viene artifi ciosamente creata ad un mercato la cui circoscri zione è fatta a furia di tariffe.
Noi noti parliamo qui, nè della prevalenza delle idee protezioniste in Francia* nè della politica eco nomica del cancelliere dell’ Impero Germanico, nè della intima alleanza, politica elle condurrà necessa riamente ad una alleanza cominerciple tra l’Austria- Ungheria e la Germania. — È vicino il momento della rinnuovazione dei trattati di commercio e ve dremo se e quanto la erronea massima dell’egoismo nazionale prevalga sulla ragione e sulle conquiste della scienza.
Oggi raccogliamo una voce che corre sulle co lonne di accreditati giornali politici tedeschi, che svelano, con una certa llague, i piani economico-poli tici che nella sua mente concepisce il principe di Bismarck per far prospero l’ impero e per rialzare econòmicamente la Germania.
1Ò74
L’ E C O N O MI S T A
21 novembre 1880
doganale; ■— l’Austria-Ungheria, padrona di S alo nicco assorba con linee ferroviarie direttissime tutto il commercio tra l’Asia e l’Europa centrale e Brin disi, Venezia, Napoli, Genova, Marsiglia cessino di essere i porti del centro di Europa; una barriera doganale che cinga a Sud Ovest e ad Ovest la Ger mania impedisca l’entrata a qualunque merce che non giunnga col mezzo del commercio Austro-Unga rico o Germanico.
Noi non sappiamo quanto vi possa essere di vero in questo preteso •piano economico politico del gran Cancelliere dell’ Impero di Germania ; — però fran camente crediamo, che questo artiliziale mercato che si volesse istituire non sarebbe che una conse guenza naturale, necessaria anzi, dei passi già fatti sulla via del protezionismo.
Noi, lo abbiamo già detto in altre occasioni: cre diamo che le leggi finanziarie, ultimamente stabilite in Germania non potranno che peggiorare la situa zione economica di quel paese, e quindi il loro autore avrebbe dovuto in uu periodo di tempo non lungo, o confessare il proprio torlo, o con nuovi arti - fizi riparare alle conseguenze del primo passo falso, fo r tiliz io che oggi si attribuisce al principe di Bi • smarck è grandioso, non lo neghiamo, ma alla fine dei conti sarà tanto più disastrosa la conseguenza ultima.
Intanto, il piano, vero o preteso, è una minaccia gravissima per l’Europa occidentale, forse più che per altri, per l’ Italia. E questa minaccia noi la cre diamo anche effetto del desistere che hanno fatto molti liberi scambisti dalla lotta e dalla propaganda efficace, quando potevansi stipulare i trattati di commercio.
Lasciamo ogni lamento sulle avvenute diserzioni ed oggi in cui la situazione è ritornata così grave conte era prima del 1860, oggi in cui una grande minaccia sovrasta l’avvenire di molte nazioni, che tuttavia hanno sostenuto tanti sagrifìci pecuniari per chè la libertà relativa avesse il suo sviluppo ed in namorasse i meno credenti nella libertà assoluta, oggi noi crediamo dovere supremo di tutti coloro, che si illusero nella quiete di questi ultimi 2 0 anni, di innalzare nuovamente la bandiera della lotta, e di combattere la invasione prepotente di principi che la scienza ha ormai irreparabilmente condannati. Alle agitazioni crescenti del protezionismo, contrap poniamo una agitazione efficace pel libero scambio. Sarà la scienza che si oppone all’ empirismo e la vittoria — l’esempio ci conforta — non può esser dubbia.
LI I t i MUTUI FtME 1 UREE
Allorché rendemmo conto delle discussioni avve nute nel Congresso delle Banche Popolari che si riunì recentemente a Bologna, tenemmo anche pa rola della istituzione di una Banca Mutua in Firenze. Ed ora siamo lieti di poter dire che fra breve la Società sarà costituita, essendosi raccolti oltre a quat tro quinti del capitale con cui, ai termini dello sta tuto la Banca potrà incominciare le sue operazioni. Noi abbiamo caldeggiato e caldeggiamo il sorgere del nuovo istituto, nou già perchè crediamo che il
j contribuire in qualche parte alla riuscita sia opera da meritarci una corona civica ; non già perchè per- | siamo che 1’ associazione cooperativa di eredito sarà la panacea di tutti i mali ; ma perchè siamo d’opi nione che le Banche mutue ben costituite e ben di rette possono recare incontestabili vantaggi, i quali andranno crescendo colla loro diffusione, e perchè poi nelle presenti condizioni di Firenze stimiamo utilissimo tuttociò che può contribuire a migliorarne le sorti. Ora non vi ha dubbio che una Banca popo lare possa aiutare le piccole industrie e il piccolo commercio.
Parve al Comitato promotore opportuno che si tenesse una pubblica conferenza allo scopo di spie gare su quali fondamenti la nuova Banca deve e s sere costituita, e allo scopo altresì di dissipare certi dubbii e cèrte diffidenze, gli uni e le altre non in giustificati in una città dove altre istituzioni che si erano intitolate popolari erano andate poi, dopo le più liete promesse, in rovina. A questo scopo il Co mitato si rivolse al prof. Fontanelli, uno fra i pro motori, ed avendo egli accettato l’ incarico conferi togli dalla fiducia dei suoi colleghi, tenne la conferenza nella domenica, 14 corrente, nella gran sala del liceo Dante, davanti a un numeroso uditorio, nel quale si notavano molti commercianti, non che molti membri delle Società di Mutuo Soccorso. Crediamo che non riescirà discaro ai nostri lettori che noi riassumiamo brevemente le cose dette in quella c ir costanza dall’ amico nostro
Il prof. Fontanelli si fece ad esporre gli scopi e l’or-ganisrno delle Banche mutue popolari costituite sul sistema promosso dall’ on. deputato di Oderzo. Lo spazio ci vieta di riprodurre tutto il discorso e ci limitiamo, come abbiamo detto, a un riassunto, nella speranza che esso sia abbastanza fedele.
E merito del nostro tempo essersi preoccupato di migliorare le condizioni delle classi che vivono del lavoro e di avere cercato di sostituire, per quanto è possibile, la previdenza alla beneficenza, nè v ’ è bisogno di additare i benefizii delle Società di Mu tuo Soccorso. Ma ci si poteva domandare se la mutualità non potesse per avventura produrre effetti più larghi e più duraturi; e questo si è ottenuto colla cooperazione nelle varie sue forme di credito, di consumo e di produzione. Il prof. Fontanelli si lermava alla prima, perchè tale era l’ argomento della conferenza, e perchè poi essa può essere il tronco, su cui si innesteranno gli altri rami della cooperazione.
I benefizii del credito sono innegabili. Esso non crea i capitali, ma facilitandone il passaggio nelle mani di coloro che sono più atti a farli fruttare, stimola indirettamente 1’ aumento della produzione e della ricchezza.
Ma il credito esige alcune condizioni sociali, morali, giuridiche, economiche, non che alcune condizioni per sonali, e queste sono la moralità e la solventezza.
Perciò le banche ordinarie prestano generalmente a chi ha un capitale, ed è naturale, appunto perchè il credito non crea i capitali, ma li suppone.
virsi in una certa misura e che potrebbe esser loro cosi utile, liberandoli spesso dal cadere nelle mani degli usurai, e preparando loro un migliore avve nire, venendo in aiuto alle loro facoltà produttive? Non ci sono che due mezzi, il credito personale e il credito mutuo. Il primo praticalo specialmente dalle banche di Scozia richiede certe condizioni s o ciali, esige garanzie di terzi, e a ogni modo resta un latto isolato. Invece il credito mutuo supplisce alla insufficienza dell’ individuo.
Esso fu la soluzione di un problema arduo - pre stare a chi non ha o non ha quasi nulla. Il merito principale spetta allo Schultze. Le banche da lui ¡ondate in Germania hanno a comune con quelle italiane promosse dall’ onorevole Luzzatti il principio della mutualità, sebbene la loro organizzazione sia diversa. Il professor Fontanelli si fece pertanto a spiegare l’organismo delle Banche italiane.
Punto primo, il credito si deve accordare al ri • sparmio, perchè il risparmio lo merita; quindi il credito si deve concedere per regola generale agli azionisti della banca, la quale vuole agevolare ad essi lo accreditarsi a vicenda. Se per aver credito bisogna essere azionisti, ciò sarà di incitamento al risparmio, di stimolo alla imitazione.
Partendo da questo concetto fondamentale, si forma un Gomitato promotore che cerca il capitale neces sario per costituire la Società e cominciare le ope razioni. Se gode fiducia, la riuscita non è difficile. Alcuni dicono che fra questi promotori come poi Ira i soci delle Banche già costituite si trova gente che non vive del lavoro e che l’ istituzione non ha perciò carattere popolare, democratico. Strana ac cusa ! Vi sono uomini che vivono del lavoro intel lettuale come altri del lavoro manuale. Vi sono an che dei ricchi, ma l’ unione delle varie classi so ciali è utile e feconda di bene. Giova che facciano parte della istituzione persone che potranno dare parte del loro tempo gratuitamente in uffici delicati. Giova che vi siano azionisti che non ricorrono al credito o raramente; cosi si potranno soddisfare più facilmente le domande di chi ha più bisogno. Nè vi è nulla di umiliante, perchè tutti gli azionisti hanno la loro parte di dividendo. E un impiego di capitale, ma che almeno va certamente ad alimen tare il lavoro.
Si guardi alle cifre e si vedrà quanti piccoli com mercianti e quanti artigiani hanno ottenuto nelle Banche popolari un credito che non avrebbero tro vato altrove. Su cento banche popolari (in tutte sono circa 140) che hanno in complesso 9 0 ,4 7 2 soci vi sono (¡,710 giornalieri e 5,110 contadini e nell’ in sieme 11,820 lavoranti, il 12 8 0 |0 dei soci. Molto più notevole è il numero dei piccoli negozianti, che formano il grosso della clientela.
Sottoscritto un dato numero di azioni e pagale in ragione di 2 |1 0 ciascuna, la Società rimane costi tuita, salvo l’ approvazione governativa ai termini del Codice di Commercio. Come si comincia e dove si finisce? Questo dipende dalle circostanze. A F i renze si comincierà con 2 mila azioni, che per d e liberazione del Consiglio di amministrazione potranno essere portate a 20 mila. N ella cooperazione è savia cosa cominciare dal poco.
Le Banche italiane hanno assunto la forma di so cietà anonime, cioè a responsabilità limitata. Il socio è esposto per le sue azioni e nulla più. In questo differiscono essenzialmente dalle Banche tedesche, la
maggior parto delle quali si fonda sul principio della solidarietà. La differenza dipende dalle diverse con dizioni sociali, come anche noi altravolta avemmo occasione di dimostrare. 11 valore delle azioni è piccolo. Qui è di lire 50, da pagarsi a piccole rate.
Certo, essendo la Banca mutua fondata sul prin cipio della responsabilità limitata, occorrono molte cautele. In ogni forma della cooperazione si esige gente operosa e che sappia far fronte ai suoi im pegni. Di qui la necessità di certe norme per l’am missione dei soci allo scopo di assicurarsi della loro moralità. E sommamente importante limitare il nu mero delle azioni per evitare i giuochi di borsa, per non dare ai grossi togliendo ai piccoli, e per non favorire compiacenze e debolezze. Niuno quindi può avere più di 50 azioni, nè più di un volo, trattan dosi piuttosto di un’ associazione di persone che di interessi. Le azioni poi sono nominative e perso nali e non possono sottoporsi a pegno o a qualsiasi altro vincolo o cedersi seuza il consenso del Con siglio. E questo è giusto perchè le qualità per sonali dei soci non sono indifferenti, anzi, come ab biamo veduto, hanno una suprema importanza.
Il capitale sociale non è formato soltanto dalle azioni, ma anche da un fondo di riserva, che si ac cumula e rimane indiviso fino allo scioglimento della Società, e che giova subito costituire ed accrescere. Sugli utili netti, il 20 per cento va perciò al fondo di riserva, che si aumenta colle tasse di ammissione, con entrate eventuali, col premio delle azioni. Giunto alla metà del capitale, la quota degli utili si reparte Ira le azioni. Anche il fondo di riserva dev’ essere impiegato nelle operazioni della Banca finché ci sono domande di credito attendibili.
Biguàrdo ai depositi, le Banche popolari possono attirare specialmente i piccoli depositi, facendo una proficua concorrenza allo Stato, che li attira verso le Casse Postali per ingrossare il fondo della Cassa Depositi e Prestiti, mentre nelle Banche vanno ad alimentare il lavoro, onde poterono dirsi giustamente Casse di Risparmio perfezionate.
Fra i soci possono entrare, regolarmente rappre ■ sentate da un procuratore, Società di mutuo soccorso e Società cooperative di consumo e di produzione, a cui la Banca Popolare prepara un migliore av venire. I soci potranno ottenere un prestito colla sola loro firma, prestito per cui il Consiglio (l’ Ammini strazione potrà secondo certi casi esigere o no certe malleverie, ma che tutto al più non potrà mai sor passare il doppio delle azioni.
E egualmente utile che nello scontare le cambiali presentate dai soci e che abbiano buone firme, non si oltrepassi mai un limite massimo, che secondo lo statuto proposto per la Banca Fiorentina, non po
trebbe essere maggiore di lire (¡000. Che i prestiti e sconti più piccoli abbiano la preferenza, è conforme all’ indole della istituzione. Quando esistano valori esuberanti, dovranno essere impiegati in titoli sicuri.
Tutte le cariche sociali sono gratuite e questo co stituisce un notevole risparmio, e d’ altra parte nelle spese d’ impianto come in quelle ordinarie si pro cede con grande economia.
-1576
L’ E C O N O MI S T A
21 novembre 1880
mettevano che le azioni potessero essere al portatore trasmissibili quindi colla tradizione. Mancava la ga ranzia delle qualità morali dei soci e si apriva l’adito alla speculazione e al giuoco di borsa.
Ammettevano del pari che i prestiti non potes sero eccedere un certo limite pei soci, ma compiute le operazioni giustamente preferite, si ammetteva di scontare cambiali di terzi senza limite di somma, di partecipare in a Ilari di Società anonime aventi scopi industriali e commerciali di pubblica utilità, lancian dosi cosi nel cainpo della speculazione e fino in ope razioni che la più ovvia prudenza sconsiglia perfino alle grosse Banche ordinarie. E non basta. Per fare tutto questo accrebbero il loro capitale, misero fuori carta fiduciaria senza pensare al domani; illuse dal l’accoglienza del momento, impiantarono succursali che la Direzione generale non poteva dirigere e sor vegliare. Qual meraviglia se simili istituzioni anda rono in rovina e se non bastarono a salvarle sforzi erculei e la migliore volontà di questo mondo? Date le cause, gli effetti vengono da sè inesorabilmente.
Al contrario gli effetti ottenuti dalle Banche, di cui noi partiamo, sono stati ottimi, e a questo proposito il Prof. Fontauelli ricorse al linguaggio eloquente delle cifre. Noi non possiamo qui riferirle. Noteremo solo che quelle Banche al 31 decembre 1866 erano 8 con un ca pitale nominale di 1,940,000 e al 31 decembre 1879 erano 135 con un capitale nominale di 42,388,220 quasi interamente versato. Infatti per 100 il capi tale sottoscritto in cifre tonde è di 37 milioni, e quello versato di 36.
Le Banche mutue sono autonome e indipendenti, ma si aiutano a vicenda e sono legate in associa zione con alla testa un Gomitato che studia i bisogni dell’ istituzione e porge consigli alle Banche che per questo ricorrono ad esso. Il prof. Fontanelli dopo avere ricordato che il futuro Congresso delle Banche Popolari si terrà a Firenze, si augurò che presto la Banca fiorentina possa essere costituita e prosperare.
Società di economia politica di Parigi
Riunione del 5 Novembre 1880
Assisteva a questa riunione che era presieduta dal signor Federico Passy, fra gli altri invitati, il signor Tommaso Bailey Potter, col cui nome i nostri let tori sono ormai molto famigliarizzati, membro del Parlamento inglese e uno dei fondatori e dei prin cipali sostegni del Cobden Club.
Il Presidente, dopo di aver commemorato la per dita fatta dalla Società di uno dei suoi più illustri membri il prof. Paul Gide, insegnante nella facoltà di legge di Parigi e autore di molte opere pregevolis sime ed erudite di legislazione comparata e di storia del diritto, dà la parola al sig. M. Block, il quale deve pure annunziare la perdita del signor Adolfo Held professore di economia politica all’ Università di Berlino, il quale avendo appena raggiunto al mo mento della sua morte l’ età di 56 anni si era acqui stato nella scienza un posto ragguardevolissimo. Egli apparteneva al gruppo di quegli economisti che sono conosciuti sotto il nome di socialisti delia cattedra, senza per altro spingere le proprie dottrine ai limiti
eccessivi a cui sono state spinte da molti dei suoi confratelli. La sua indole conciliativa avrebbe potuto contribuire molto ad un ravvicinamento più stretto fra gli economisti liberali e quelli della scuola a cui egli apparteneva; è fra lui dovuto infatti principal mente l’accordo intervenuto qualche anno fa, in virtù del quale nel Congresso tenuto ogni due anni alter nativamente da ciascuna delle due scuole vengono accolti come ospiti i membri della scuola antago nista.
Il signor Block riferisce a questo proposito intorno all’ultirro di questi Congressi tenuto a Berlino nel 21, 22 e 28 ottobre prossimo passato. Troveremo pre sto l’occasione, che finora ci è mancata, di par larne ai nostri lettori, frattanto giova accennare alle gravissime questioni che in quella riunione furono discusse ed alle risoluzioni che non mancano mai di avere una grande influenza sopra l’indirizzo del pensiero e delle tendenze economiche in Germania. Nel primo giorno si trattarono le questioni della sovrimposta sulla importazione indiretta e della circolazione internazionale dei metalli preziosi ; nel secondo giorno dell’importazione dei grani in E u ropa e della colonizzazione; nel terzo del trattato di commercio fra la Germania e l’Austria e della le gislazione sopra le società per azione. 11 Congresso ha rigettato la sovrattassa sopra le importazioni in dirette; ha respinto il bimetatallismo pronunziandosi per il tipo unico d’oro, ad onta della conversione in favore del sistema del doppio tipo fatto in seno al l’ Assemblea con molto scalpore dal W agner; ha re spinto la proposta di una tassa sull’ importazione del grano e l’idea dell’ ingerenza governativa per favorire la colonizzazione all'estero, sebbene siasi protestato partigiano dell’emigrazione. Finalmente si è dichia rato avverso alla unione doganale con l’ Austria, pronunziandosi per altro in favore di un trattato di commercio con quella nazione, il quale riduca per ambo gli Stati i dazi sulle importazioni ed accordi favori reciproci sopra il piede di una soddisfacente uguaglianza. La sesta questione quella relativa alla legislazione intorno alle Società per azioni non è stata approfondita sufficientemente ed il Congrosso si è limitato a dichiarare che questa legislazione ha bi sogno d’ esser riformata, ma che non si deve sepa rame la riforma da un rimpasto completo del Codice di commercio.
Uniti e nel Canada per conto della Commissione d’ inchiesta inglese sopra lo stato dell’ agi ¡coltura in Inghilterra. Il progresso dell’ agricoltura in America è certo molto sorprendente, ma un ettaro americano non produce 236 franchi di benefizio netto come suppone il sig. Reinach. Se vi è qualche contrada che produce due raccolti l’ anno è questo un fatto del tutto eccezionale; l’ affermazione del sig. Reinach riposa infatti sopra una citazione incompleta tolta in presto al sig. Barrai e relativa a resultati del tutto straordinari ottenuti nel Texas in un tempo assai remoto, ma in generale il prezzo di costo dei pro dotti agricoli varia in fortissime proporzioni da una località all’ altra anco negli Stati Uniti, e forse ivi più che altrove secondo l’ esposizione dei terreni, le co e dizioni atmosferiche e la capacità personale dell’agri coltore. I commissari del governo inglese signori Read e Peel valutano il prezzo di costo di 100 chi logrammi di grano americano a 12 franchi. Ma è poi mestieri di aggiungervi le spese di trasporto per terra e per acqua, le spese dell’ elevatore e ili facchinaggio, l’ assicurazioni, le commissioni e v i a dicendo ; nè bisogna dimenticare che per la regione del Nord le comunicazioni per acqua sono interrotte durante cinque mesi dell’anno, bisogna tener conto dello alternarsi delle buone e delle cattive raccolte e di tante altre circostanze, che elevano il prezzo del grano prima che esso sia portato sui mercati della' Franeia e dell’ Inghilterra. Il signor Reinach è un finanziere assai abile ed il suo piano di una Unione bimetallica fra l’America e le popolazioni latine dell’ Europa è un piano che ha dei punti di vista affatto nuovi e delle deduzioni; ingegnose ma per farlo trionfare non vi ha bisogno di fare agitare degli spauracchi agli occhi degli agricoltori francesi già troppo disposti a prenderli sul serio.
Il signor Barrai conferma le parole del preopi nante. Il preteso prezzo di costo normale del grano è una chimera. Nella Francia stessa il rendimento per ettaro varia secondo la regione e secondo l’an nata fra i 10 o 12 ettolitri fino a 20 o 25 e più. Il prezzo di costo varia ancora secondo .1’ ammon tare dell’ imposta, il prezzo degli affitti e molte al tre circostanze, per cui non si può stabilire nessuna regola fissa nemmeno approssimativamente.
ì l signor Bailey Potter, invitato dal presidente fa in inglese una interessante comunicazione in cui, dopo alcuni complimenti rivolti alla Società di E co nomia politica, e dopo aver deplorato che l’ Europa da qualche anno non abbia dato molta soddisfazione a lui ed ai suoi amici del Cobden Club, narra le impressioni ricevute nella sua visita recentemente fatta agli Stati Uniti. E stato colpito della indiffe renza che la maggior parte del pubblico dimostra per le questioni di tariffe; pochi erano quelli che sembravano di prendere a cuore il progetto di una riforma, ma pochi ancora quelli che si facevano caldi difensori del regime attuale, regime affatto as surdo perchè i sette ottavi delle esportazioni, 700 mi lioni di dollari, consistono in prodotti naturali ed agricoli, in cambio dei quali vi sarebbe grande bi sogno di far venire a buone condizioni dei prodotti manufatti; laddove l’esportazione dei prodotti dell’ in dustria nazionale americana raggiunge appena gli 80 milioni di dollari. Egli crede che i prezzi del grano americano, compresa la coltura ed il trasporto, siano in realtà superiori a quelli valutati dai signori Peel e Read nella loro relazione. Ma anco se ciò
non fosse non sarebbe questa una ragione per re spingere il grano americano che ha salvato 1’ Eu ropa da una terribile carestia, sarebbe bensì un mo tivo per l’America di cercare, mercè una riforma delle tariffe il mozzo di procurarsi dei carichi di ritorno a buono condizioni. Allo scopo di persua dere gli americani di questa verità egli ha fatto di stribuire nel loro paese non meno di 50,000 esem plari del libro del signor Mongredien intitolato: The Western Farmer of America (L’Agricoltore del— U Ovest dell’America) e l’effetto di questo scritto è stato sorprendente tanto che non si è mancato di far correre la voce al di là dell’Atlantico che egli vi era andato per profondervi 1’ oro inglese e cor rompere gli elettori nella grande questione presi denziale. Egli ha motivo di confidare che una volta posta la questione, come adesso si è fatto, gli am e ricani torneranno fra pochi anni ad un sentimento più giusto dei propri interessi ed una diminuzione delle loro tariffe diverrà un fatto necessario.
Il sig. Leone Choteau promotore di un trattato di commercio franco — americano manifesta le sp e ranze di successo in questa intrapresa, speranze che non sono minori sotto la presidenza del Garfteld ili quello che sarebbero state sotto quella dell’Han- cock.
Le sue parole sotto confermate dal sig. Limet
direttore del giornale \’Aheille della Nuova Orleans, narrando come il Garfield, pure accettando con al- I cune restrizioni il programma protezionista del suo partito, si era dichiarato partigiano dei trattati di j commercio basati sopra concessioni reciproche. In que sto momento è sul tappeto la questione di un trat tato con l’ isola di Cuba e questo progetto è bene