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Fiscal News N. 76. Dichiarazione infedele: quando è reato? La circolare di aggiornamento professionale

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Fiscal News

La circolare di aggiornamento professionale

N. 76 14.03.2014

Dichiarazione infedele: quando è reato?

Senza la prova del dolo specifico, la condanna è illegittima

Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Reati Tributari

L’articolo 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, punisce con la pena della reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.

Il reato di dichiarazione infedele può essere commesso da qualunque contribuente, anche non obbligato alla tenuta della contabilità. La struttura della fattispecie ricalca quella della dichiarazione fraudolenta, di cui all’art. 3 del medesimo D.Lgs. n. 74/2000, differenziandosene, per l’assenza di un “impianto”

fraudolento di artifizi volti a ostacolare il potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.

La dichiarazione infedele

Ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, fuori dai casi di dichiarazione fraudolenta, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a. l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 50 mila euro (103.291,38 per violazioni commesse fino al 17 settembre 2011);

b. l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 10 per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, a 2 milioni di euro (2.065.827,60 per

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violazioni commesse fino al 17 settembre 11).

Tali soglie di punibilità, rappresentano degli elementi costitutivi del fatto tipico e, in quanto tali, devono essere investiti dal dolo (cfr. relazione governativa).

Superamento soglie di punibilità

Cassazione, sentenze n. 7615/2014, n. 17706/2013 n. 5640/ 2012 e n.

21213/2008

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa costituisce una condizione oggettiva di punibilità, in mancanza della quale (ossia al di sotto della predetta soglia) l’interesse dell'Amministrazione Finanziaria all’esattezza delle dichiarazioni annuali dei redditi e dell'Iva, è presidiato dalle conseguenze civilistiche della violazione dell’obbligo posto a carico del contribuente (interessi di mora e sanzioni).

Ai fini dell’individuazione del superamento o meno della soglia di punibilità, spetta, esclusivamente, al giudice penale il compito di procedere all'accertamento e alla determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica, che può venire a sovrapporsi e anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. È ben possibile, dunque, che la pretesa tributaria dell'Amministrazione Finanziaria sia ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio davanti al giudice tributario, senza che ciò possa vincolare il giudice penale e senza che possa, quindi, escludersi che quest'ultimo pervenga - sulla scorta di elementi di fatto in ipotesi non considerati dal giudice tributario - a un convincimento diverso e ritenere nondimeno superata la soglia di punibilità, per essere l'ammontare dell'imposta evasa superiore a quella accertata nel giudizio tributario. Resta fermo che di tale diverso convincimento, occorre dare specifica e congrua motivazione (cfr. Cass. n. 7615/2014 e 21213/2008).

Si è, altresì, chiarito che non rileva ai fini della determinazione dell’imposta evasa, l’adesione all’accertamento, perché il giudice penale “non è vincolato dai risultati dell’atto negoziale concordato dal contribuente evasore con l’ente impositore, ma solo dalla considerazione metodologica dell’esistenza di un tale diverso contenuto dell’obbligazione tributaria, rispetto a quella originariamente contestata con l’avviso di accertamento. Il Giudice, infatti, deve solo considerare le due diverse motivazioni e aderire a quella delle due che le risultanze processuali indicano come provata” (cfr. Cass. n. 5640 del 2012 e n. 17706 del 2013).

In caso di accertamento con adesione, il contribuente può però usufruire di uno sconto di pena (fino a 1/3), in virtù di quanto previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 (circostanze attenuanti).

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La S.C. riconosce una valenza diminuente sulla dosimetria sanzionatoria all’accesso da parte dell'imputato alla procedura conciliativa e al pagamento di quanto con la stessa determinato (cfr. Cass. n. 17706 del 2013 cit.).

La condotta

Il reato di dichiarazione infedele può essere commesso da qualunque contribuente, anche non obbligato alla tenuta della contabilità. La condotta consiste nell’indicazione in dichiarazione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, o di elementi passivi fittizi, a prescindere dall’inserimento di detti dati nelle scritture e libri contabili.

L’infedeltà che caratterizza la condotta punita dall'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, non è connotata da particolare insidiosità, né da specifiche condotte fraudolente, ma si realizza con la semplice omessa dichiarazione di parte degli elementi attivi conseguiti o di elementi passivi fittizi.

Per elementi attivi o passivi devono intendersi le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell’applicazione delle imposte sul reddito o sul valore aggiunto. Mentre per gli elementi attivi non sono sorte particolari questioni, per quelli passivi fittizi sussistono alcuni dubbi. In particolare, sia l’Agenzia delle Entrate sia la Guardia di Finanza (circolari n. 1/2008 e n.

114000/2008), riconducono tra gli elementi passivi fittizi, non solo i costi inesistenti, ma anche quelli che, pur essendo esistenti, sono considerati in violazione della normativa tributaria (in relazione ad esempio alla loro inerenza o alla loro deducibilità).

Consumazione

La consumazione del reato coincide con il momento della presentazione della dichiarazione annuale, nei modi e nei termini prescritti dalla legge e, comunque, con ritardo non superiore a novanta giorni.

Dolo specifico

L’elemento soggettivo, caratterizzato dal dolo specifico, richiede la coscienza e volontà di indicare nelle dichiarazioni annuali dati e notizie false, al fine di evadere il pagamento dei tributi dovuti.

Pertanto, l’inserimento di dati non veritieri nella dichiarazione annuale imputabile a titolo di colpa, per un errore dovuto all’inosservanza delle regole di diligenza, prudenza e perizia, non ha alcuna rilevanza penale, comportando, soltanto, l’applicazione di sanzioni amministrative.

Dolo specifico

Cassazione, sentenza n. 11380/2014

Il reato previsto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, si consuma al momento della presentazione della dichiarazione e occorre pertanto provare che in quel momento il soggetto ha voluto inserire dati falsi (spese non sostenute, ad

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esempio), al fine di evadere le imposte. L’onere della prova circa la ricorrenza del dolo specifico spetta al PM.

Non depone per una condotta pienamente consapevole, predeterminata e funzionale all’esigenza di evadere le imposte, la personalità dell’imputato, quale emerge da eventuali precedenti penali. La dimostrazione dell’elemento soggettivo del reato, infatti, non può essere data dalla sussistenza di precedenti giudizi a carico del medesimo imputato per reati simili o analoghi:

in ciascun procedimento penale deve essere autonomamente allegata la prova di tutti gli elementi costitutivi dalla fattispecie invocata in giudizio.

Dichiarazione infedele Quando scatta il reato?

Soggetto attivo

Può essere qualunque contribuente tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi, e non necessariamente un soggetto obbligato all’istituzione e tenuta delle scritture contabili.

Elemento soggettivo (dolo specifico)

Deve essere dimostrata (dalla pubblica accusa) la coscienza e volontà di indicare, nelle dichiarazioni annuali, dati e notizie false, al fine di evadere il pagamento dei tributi dovuti. L’infedeltà della dichiarazione deve, cioè, derivare da un volontario atteggiamento psichico finalizzato appunto all’evasione fiscale.

L’inserimento di dati non veritieri nella dichiarazione annuale, imputabile a titolo di colpa per un errore dovuto all’inosservanza delle regole di diligenza, prudenza e perizia, non ha rilevanza penale.

Punibilità oltre certe soglie

Il fatto illecito si perfeziona soltanto se l’imposta evasa è superiore a euro 50 mila e l’ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione è superiore al 10%

dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, superiore a 2.000.000,00 euro.

Le soglie di punibilità rappresentano degli elementi costitutivi del fatto tipico e, in quanto tali, devono essere anch’esse investite dal dolo (cfr. relazione governativa).

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Se l’ammontare dell’imposta evasa resta al di sotto delle predette soglie, la condotta del contribuente avrà solo conseguenze civilistiche (applicazione di sanzioni e interessi).

Per i fatti commessi prima del 18 settembre 2011, occorre che l’imposta evasa sia superiore a euro 103.291,38 e che l’ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione sia superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, a euro 2.065.827,60.

Trattamento sanzionatorio

Reclusione da uno a tre anni

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