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1. Introduzione e finalità

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Academic year: 2021

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1. Introduzione e finalità

L’acqua è una risorsa limitata e vulnerabile; sebbene il 71% della superficie terrestre sia ricoperta di acqua, purtroppo il 96,5% del volume totale si trova negli oceani e nei mari e quindi inutilizzabile per l'agricoltura o per usi domestici e industriali se non previo trattamento. Solo il 3,5% è costituito da acqua dolce, ripartita tra acque sotterranee (1,7%), ghiacciai (1,6%) e acque superficiali (0,2%) (Gleick, 1996). L'eccessivo sfruttamento economico del suolo (distruzione di boschi, agricoltura intensiva, uso dei pesticidi e fertilizzanti, inquinamento atmosferico, eccessiva edificazione) provoca alterazioni e squilibri nel ciclo dell'acqua: diminuiscono le precipitazioni e aumenta la richiesta di acqua per l'irrigazione e per le città (Cosgrove e Loucks, 2015). Sta quindi aumentando il bisogno di estrarre più acqua dal sottosuolo, di "importare" acqua da zone lontane, sottraendola ad altre comunità e ad altri usi. Contestualmente le attività umane stanno generando crescenti quantità di scorie e rifiuti che vengono immessi nei fiumi e nei laghi e che peggiorano la qualità delle acque contenute nelle riserve da cui vengono estratte quantità sempre crescenti. Questi comportamenti insostenibili costituiscono la base dei problemi di scarsità idrica e inadeguatezza dei servizi in tutto il mondo (Kuylenstierna et al. 1997).

L’importanza delle tematiche inerenti la gestione sostenibile delle acque è ormai riconosciuta da tutte le principali istituzioni internazionali, dai governi nazionali e dalle organizzazioni non governative. Il problema dell’acqua è una realtà in vaste regioni del mondo; molti paesi sono oggi costretti ad affrontare fenomeni quali la scarsità idrica, la desertificazione, le sempre più frequenti alluvioni, i problemi di inquinamento, la gestione degli scarichi e la protezione ambientale (Bidlack et al., 2004). Sempre più evidente è l’urgenza di un radicale cambiamento delle politiche di sviluppo, orientato ai principi della sostenibilità, per preservare la risorsa e renderla disponibile nel futuro. Questo fondamentale obiettivo può essere ottenuto con l'ausilio di attività di regolamentazione, monitoraggio, sperimentazione, ricerca e campagne di sensibilizzazione (Jackson et al., 2001). I campi di intervento sono molteplici, e comprendono il risparmio idrico, la raccolta delle acque piovane per il riutilizzo o per la ricarica delle falde, il recupero delle funzioni idrologiche in ambito urbano, al fine di evitare i problemi di allagamenti e alluvioni, e favorire l’infiltrazione dell’acqua nel terreno. Le stime più attendibili ci dicono che la domanda d'acqua raddoppierà negli anni che vanno fino al 2025 e crescerà a tassi doppi rispetto alla popolazione per cui 2/3 della popolazione mondiale saranno colpiti da scarsità d'acqua, inoltre è previsto, per i prossimi anni, il raddoppio degli impieghi industriali e la quadruplicazione dell'inquinamento. Si stima che nei paesi in via di sviluppo (Pvs) il 90% delle acque reflue sia scaricato nei corsi d'acqua senza trattamento. Molti corpi idrici in prossimità dei centri urbani sono stati contaminati ed il loro uso è compromesso. La metà dell'acqua distribuita nei Pvs va persa per inefficienza e danni alla rete con stime sono dell’ordine del 50%. La gestione sostenibile dell'acqua rappresenta oggi un obiettivo ambizioso ed assolutamente necessario, una priorità che non può essere rimandata oltre perchè il futuro è indissolubilmente legato a questo prezioso e sempre più minacciato bene (Kashmanian, 2016). A fronte delle necessità sopracitate questo lavoro di Tesi si inserisce nell'ambito delle attività di ricerca e monitoraggio che sono state definite fondamentali per una gestione sostenibile di questa preziosa risorsa. Al fine di effettuare un ottimale sfruttamento delle acque sotterranee inteso in termini di sviluppo e protezione risulta quindi necessario assumere adeguate informazioni sulla risorsa idrica stessa e sugli acquiferi in cui questa circola.

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Ciò richiede l'acquisizione di tutta una serie di informazioni idrogeologiche atte a caratterizzare il meglio possibile i serbatoi acquiferi e i corpi idrici sfruttati al fine di verificare sul lungo periodo il bilanciamento tra prelievi e ricarica. In particolare i dati di portata e chimico-fisici elaborati nell'ambito del presente studio sono stati raccolti dalla scrivente nel corso di un monitoraggio della durata di un anno (mag.2015 – apr.2016) su alcune sorgenti captate dalla rete acquedottistica che ha previsto misure di portata con cadenza di circa 20 giorni, misure circa mensili di temperatura, pH e conducibilità elettrica e due campagne di campionamento delle acque sorgive sulle quali sono state condotte analisi chimiche di laboratorio presso i laboratori Asa S.p.a. di Livorno.

2. Inquadramento geografico

L'area considerata nel presente lavoro di Tesi ricade in massima parte all'interno del foglio1

284 Rosignano Marittimo e più precisamente nelle sezioni2 284110, 284120, 284150,

284160 della Carta Tecnica Regionale della Regione Toscana (Fig. 2.1).

Fig. 2.1 - Sezioni cartografiche CTR che includono l'area di studio (Da DB geologico Regione Toscana).

In particolare, l'area di studio ricade entro i territori comunali di Chianni, Santa Luce, Castellina Marittima e Riparbella ed occupa per intero la dorsale S. Luce-Castellina M.ma che separa il bacino di Volterra, ad est, dalla Val di Fine, a ovest. Si tratta di una dorsale di media altitudine che si estende con pronunciato senso di allungamento N-S e che concide in massima parte con la porzione collinare del bacino del fiume Fine che si sviluppa a monte della piana alluvionale entro la quale è impostato il reticolo idrografico dello stesso (Fig. 2.2).

________________________

1Foglio: così chiamato ogni foglio alla scala 1:50.000 della carta topografica d'Italia dell'I.G.M.

2 Sezione: si ottiene suddividendo in 16 parti il foglio della Carta d'Italia (I.G.M.) alla scala 1.50.000. Ogni

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Fig. 2.2 - Inquadramento geografico dell'area di studio (immagine tratta da Google Earth).

3. Inquadramento climatico

Le condizioni climatiche si presentano alquanto omogenee in relazione ai modesti dislivelli presenti. Nell'area è determinante l'azione delle precipitazioni, a volte anche cospicue e talvolta a carattere nevoso, durante gli inverni più rigidi. Sotto il profilo climatologico, l'area di studio è interessata dal transito delle perturbazioni di origine atlantica provenienti dal mar Tirreno; la configurazione di alto morfologico dell'area di studio influenza il transito dei sistemi perturbati, provocando il sollevamento forzato delle masse d'aria umida che giungono dal mare dando così origine a discreti valori di precipitazione.

3.1. Stazioni di rilevamento

L'analisi metereologica è stata effettuata sulla base dei dati rilevati nelle stazioni topograficamente più vicine alla zona di studio. I dati termo-pluviometrici utilizzati sono stati acquisiti dalla banca dati del Servizio Idrologico Regionale (SIR), registrati dalle stazioni della rete di monitoraggio CFRT (Centro Funzionale Regione Toscana) e da quelle ex ARSIA presenti nell'area. Tenendo conto dell'operatività delle stazioni e della consistenza delle loro serie storiche, le stazioni utilizzate sono riportate in tab. 3.1.1. e in fig. 3.1.2.

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Nome stazione Quota (m.s.l.m.) Longitudine (m) Latitudine (m) Parametri Casacce 60 E 162498 N 481630 P Casciana Terme 210 E 162748 N 482093 P/T Miemo 420 E 163412 N 480552 P/T Montecatini V.C. 379 E 163521 N 480754 T Riparbella 230 E 162976 N 480268 P/T S.Luce 196 E 162652 N 481428 P/T Valle Benedetta 300 E 161340 N 481947 T

Tab. 3.1.1 - Stazioni pluviometriche e termometriche gestite dal Servizio Idrologico Regionale (P: precipitazioni; T:temperatura;)

Fig. 3.1.2 - Ubicazione delle stazioni di riferimento utilizzate (V.B.= Valle Benedetta; C.T.= Casciana Terme; M.V.C.= Montecatini Val di Cecina).

3.2. Temperatura dell'aria

Per giungere alla valutazione della temperatura media mensile di cui si caratterizza il quadro climatico dell'area di studio indagata sono state utilizzate le temperature mensili registrate nel periodo 2008-2012 (periodo di attività continuativo) alle stazioni termometriche di Santa Luce, Riparbella, Casciana Terme, Miemo,Valle Benedetta e Montecatini V.C. (rilievi CFRT/SIR), ubicate entro l'area di studio o al fuori di questa ma in un contesto comunque considerabile affine per esposizione ed altitudine e quindi

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Stazione di Santa Luce – Temperature medie mensili (°C) 2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008 - 2012 gen 8,6 6,6 6,2 7,4 7,1 7,2 feb 8,4 6,7 7,5 7,8 3,7 6,8 mar 10,5 10 9 9,9 11,5 10,2 apr 12,9 14,5 13,1 14,8 13,2 13,7 mag 17,5 18,5 16 18,5 16,4 17,4 giu 21,3 21,1 20,6 22,2 22,5 21,5 lug 24,1 24,1 25,7 23,1 24,4 24,3 ago 24,8 26,5 23,2 24,8 25,6 25 set 20 21,8 19,8 22,9 20,8 21,1 ott 17 15,8 15,2 16,2 17 16,2 nov 12,4 12 12 12,1 12,8 12,3 dic 8 8 7,1 9,1 7,1 7,9 media 15,5 15,5 14,6 15,7 15,2 15,3

Stazione di Riparbella– Temperature medie mensili (°C)

2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008 -2012 gen 9,5 7,5 6 7,8 9,1 8 feb 9,1 7,8 8,1 8,5 4,6 7,6 mar 10,3 11,1 9,6 10,2 13,8 11 apr 14,1 15 14,1 15,5 14,1 14,6 mag 18,7 20,5 16,5 19,6 17,2 18,5 giu 22,1 21,6 21 21,9 23,7 22,1 lug 24,4 25 26,1 23,1 25,3 24,8 ago 25,3 26,7 23,9 25,4 26,8 25,6 set 20,3 22,4 20,4 23,4 21,8 21,7 ott 18,4 16,8 15,4 17 17,9 17,1 nov 12,6 13,6 11,6 13,7 13,6 13 dic 8,3 8,6 7,2 10,7 8,4 8,6 media 16,1 16,4 15 16,4 16,4 16,1

Stazione di Casciana Terme – Temperature mensili (°C)

2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008-2012 gen 8,5 6,7 5,3 7 7,2 6,9 feb 8,5 6,9 7,7 7,9 4,5 7,1 mar 10,2 10,6 9,5 9,9 13,1 10,7 apr 13,9 15 13,8 15,3 13,8 14,4 mag 19,2 19,7 16,6 19 17 18,3 giu 21,8 21,6 21 22 22,8 21,8 lug 24 24,7 25,6 22,9 25,1 24,5 ago 24,9 26,4 22,9 25,1 26,5 25,2 set 19,8 21,8 19,4 22,7 20,8 20,9 ott 17,5 15,7 14,6 16,1 16,6 16,1 nov 11,5 12,2 11,7 11,8 12,7 12 dic 6,9 7,6 6,3 9,3 6,8 7,4 media 15,5 15,7 14,5 15,8 15,6 15,4 11

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Stazione di Valle Benedetta – Temperature medie mensili (°C) 2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008-2012 gen 8,7 7 5,6 7,1 8,2 7,3 feb 8,4 7,3 7,5 8,1 3,9 7 mar 9,5 10,1 9,1 9,3 12,6 10,1 apr 13 14,1 13,4 14,8 12,8 13,6 mag 17,7 19,4 15,6 18,8 16 17,5 giu 21,1 20,6 20 20,8 21,9 20,9 lug 23,3 23,8 25 21,9 23,9 23,6 ago 24,2 25,7 22,5 24,4 25,5 24,5 set 19,6 21,6 19,5 22,3 20,5 20,7 ott 17,4 16 14,8 16,2 17 16,3 nov 11,7 13,1 11,3 13 12,7 12,4 dic 7,8 8,1 6,7 10,2 8 8,2 media 15,2 15,6 14,3 15,6 15,3 15,2

Stazione di Miemo – Temperature medie mensili (°C)

2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008-2012 gen 7,8 5,5 4 5,8 7,1 6 feb 7,4 5,9 6,3 6,7 2,8 5,8 mar 8,9 9,6 8,3 8,6 12,6 9,6 apr 13 13,9 13,1 14,4 12,7 13,4 mag 17,5 19,8 15,5 18,4 16,2 17,5 giu 21,4 20,9 20,4 21 22,7 21,3 lug 23,8 24,7 25,2 22 24,5 24 ago 24,8 26,3 22,8 24,8 26,3 25 set 19,2 21,1 19,1 22,4 20,1 20,4 ott 16,9 14,9 13,6 15,3 16,2 15,4 nov 10,8 11,9 10 11,7 11,6 11,2 dic 6,7 6,8 5,1 8,9 6,7 6,8 media 14,8 15,1 13,6 15 15 14,8

Stazione di Montecatini V.C. – Temperature medie mensili (°C)

2008 2009 2010 2011 2012 Anno 2008-2012 gen 7,9 5,9 4,4 6,5 7,4 6,4 feb 7,6 6,2 6,5 7 3 6,1 mar 8,9 9,7 8,2 8,9 12,8 9,7 apr 12,8 13,8 13 14,6 12,9 13,4 mag 17,3 19,2 15,4 18,5 16,1 17,3 giu 20,8 20,3 20,1 21 22,6 21 lug 23,4 23,9 25,2 22 24,4 23,8 ago 24,4 26 22,7 24,7 26,4 24,8 set 19 21 19,2 22,6 20,4 20,4 ott 17 15,1 14,1 15,8 16,5 15,7 nov 11 12,1 10,4 12,1 12,2 11,6

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Dei valori registrati alle singole stazioni nel periodo 2008-2012 è stata calcolata la media mensile e pluriennale sono stati mediati e vengono di seguito riassunti in tab. 3.2.2.

G F M A M G L A S O N D Media pluriennale (2008-2012) Escursione termica pluriennale (2008-2012) Min 5,2 3,2 7,0 11,0 15,8 17,1 20,2 20,2 17,5 14,6 10,7 6,0 12,4 17,0 Med 7,8 6,3 10,1 15,5 20,5 21,6 24,9 24,7 21,8 18,4 13,6 8,6 16,1 18,6 Max 10,4 9,3 13,2 20,0 25,2 26,1 29,6 29,2 26,1 22,2 16,4 11,2 20,0 20,3

Tab. 3.2.2 - Temperature medie mensili dell'area di studio e loro range di massimo e di minimo mensile (periodo 2008-2012). Dati : Servizio Idrologico Regionale

La temperatura media pluriennale relativa al periodo considerato è risultata 16,1 °C, con un'escursione annua di 18,6 °C. Nei valori medi il mese più freddo è stato febbraio (6,3 °C) e quello più caldo luglio (24,9 °C).

3.3. Precipitazioni

Per meglio caratterizzare il quadro climatico relativo all'area oggetto di studio si procede di seguito a valutare l'entità degli afflussi meteorici. La variabilità delle precipitazioni è influenzata, oltre che da un fattore temporale, da un fattore spaziale che comprende una componente metereologica e una orografica. La prima regola la distribuzione delle precipitazioni a larga scala, mettendo in evidenza come queste diminuiscano con l'allontanarsi delle masse umide dal mare, in quanto il loro contenuto di umidità diminuisce gradualmente fino all'esaurimento; la seconda componente dipende dalla presenza di rilievi che determinano l'ascesa delle masse d'aria umida con successivo raffreddamento e conseguenti precipitazioni. In assenza di ulteriori fattori locali la concomitanza della componente metereologica e di quella orografica, con catene di rilievi orientati perpendicolarmente alla direzione delle correnti umide, fa si che la piovosità sia maggiori sui versanti colpiti direttamente dalle correnti e che, relativamente allo stesso versante, tenda ad aumentare progressivamente con la quota. Le precipitazioni quindi, soprattutto per le osservazioni a piccola scala, aumentano proporzionalmente con l'altitudine secondo una funzione circa lineare che può essere diversa per ogni versante e per i diversi mesi dell'anno. La variazione unitaria delle precipitazioni è definita come gradiente pluviometrico verticale. (Celico, 1986). Dalla combinazione dei fattori spaziali sopradescritti si deduce che la qualità dei dati sulle precipitazioni è pregiudicata dalla ubicazione delle stazioni di misura nel territorio.

Per la valutazione della piovosità media di una certa area in genere si utilizzano tre metodologie (Celico, 1986):

- metodo della media aritmetica; - metodo dei topoieti (Thiessen, 1911) - metodo delle isoiete

Nel presente lavoro di Tesi per valutare la piovosità media dell'area di studio è stato utilizzato il metodo dei topoieti: una volta ubicate in carta le stazioni pluviometriche di misura all'interno della suddetta area d'indagine o vicino ad essa, sono stati tracciati gli assi dei segmenti che congiungono le stazioni. Dall'intersezione degli assi tracciati si vengono a delimitare dei poligoni, racchiudenti ognuno una stazione l'area di competenza di questa stazione.

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Per ogni area di competenza di un poligono, il volume di precipitazione (in m3) è dato dal

prodotto dell'area (m2) di competenza per la precipitazione (in m) misurata al pluviometro

contenuto in questa area (Celico, 1986).

Fig. 3.3.1 – Rappresentazione dei cinque topoieti costruiti a partire dalle stazioni pluviometriche di riferimento (SL2-Salvalodi 2; TS–Tiglio Solatio; P1-Papacqua 1; F1- Fontini1; G3-Gusceglie 3; Mds-Madonna della Salute; M-Massone; D-Doccino;)

Nella Fig. 3.3.1 sono rappresentati i topoieti individuati con il metodo di Thiessen e le sorgenti oggetto di studio ricadenti ciascuna dell'area di competenza di una particolare stazione pluviometrica. Per la stima dei mm di precipitazione totale dell'area è stata eseguita una media dei valori di pioggia pesata sulle aree interessate da ogni topoieto; questa operazione ha prodotto una piovosità media sull'area di 823 mm/anno.

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4. Inquadramento geologico

L'Appennino Settentrionale è una catena orogenica strutturalmente complessa, formatasi a partire dal Cretacico superiore in seguito alla completa chiusura dell'Oceano Ligure -Piemontese ed alla successiva collisione continentale tra la placca Europea (Sardo-Corsa) e quella Africana (Adria) (Elter, 1985). L'attuale assetto strutturale dell'Appennino Settentrionale è quindi il prodotto di una articolata storia strutturale che può essere semplificata in due fasi principali (Boccaletti et al., 1981):

– la prima fase, che è responsabile della costruzione dell'edificio a falde ed è caratterizzata da un regime compressivo;

– la seconda fase che è caratterizzata, al contrario della precedente, da un regime

tettonico di tipo distensivo che disloca e frammenta l'edificio a falde costituitosi nella fase precedente;

A partire dal Cretacico inferiore e fino all'Eocene medio, si attua una fase tettonica compressiva conosciuta come “fase ligure”, che coinvolge la crosta oceanica del bacino Ligure-Piemontese e la sua copertura sedimentaria, fase caratterizzata da raccorciamenti, formazione di pieghe isoclinali e falde di ricoprimento (Boccaletti e Coli, 1983).

Al termine dell'Oligocene, il regime tettonico compressivo, poi culminato nel Miocene superiore, provoca la collisione dei margini continentali Sardo-Corso e della placca Adria, determinando sia l'impilamento delle falde derivanti dai domini paleogeografici epicontinentali, sia l'accavallamento su queste delle Unità Liguri. In letteratura questa fase tettonica è conosciuta come “fase toscana” (Carmignani e Giglia, 1975).

A questa fase, in cui domina una dinamica di tipo compressivo, segue a partire dal Miocene medio-superiore (12 Ma), un cambiamento nel regime di deformazione della catena; si instaurano infatti processi di estensione a livello di crosta media e superiore, attribuiti alle variazioni della dinamica all'interno del prisma orogenico (Carmignani et al., 1978). Questo, in seguito a forte ispessimento, dovuto all'impilamento delle varie unità tettoniche, è soggetto a distensioni mediante collassi gravitativi, che si instaurano per ristabilire l'equilibrio isostatico.

Quanto sopra esposto fa riferimento al modello di Platt (1986), secondo cui un cuneo orogenico, dopo le prime fasi tangenziali compressive (caratterizzate da accavallamenti e ispessimenti del cuneo stesso), subisce una fase distensiva in modo tale da riacquisire una configurazione stabile. Tale distensione, responsabile della riesumazione dei settori interni al prisma, si realizzerebbe mediante faglie listriche collocabili nella fascia di transizione fragile-duttile, al di sopra del quale si formerebbero pieghe (Carmignani e Kligfield, 1990). L'evoluzione della fase di regime distensivo avrebbe portato alla formazione di una struttura ad horst e graben sul versante tirrenico, mentre la deformazione compressiva migrava nella parte esterna (orientale) della catena (Kligfield, 1979).

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4.1. Tettonica dell'area di studio

Per quanto concerne lo stile tettonico e deformativo, l'area oggetto di studio è caratterizzata da una struttura a falde di ricoprimento su cui si è impostata tardivamente una tettonica disgiuntiva secondo un modello ad horst appenninico (Fig.4.1.1). L'interazione tra regime compressivo e distensivo, rispettivamente responsabili della messa in posto delle falde e del loro sollevamento appenninico, risulta articolata, dal punto di vista cronologico, in più episodi deformativi a varia orientazione.

In questo tratto della catena paleoappenninica l'edificio a falde costituitosi nella fase compressiva del processo evolutivo tettonico è composto dal basso verso l'alto da (Costantini et al., 1995):

- Unità tettonica della Falda Toscana, presente con il membro di Brolio (BRL), membro della formazione della Scaglia Toscana, e con la formazione del Macigno (MAC).

- Unità tettonica di Santa Fiora, costituita dalla formazione di Monte Morello (MLL) e dalla sottostante formazione di Santa Fiora, presente con i membri del Fortulla (FIA1) e di Antignano (FIA2).

- Unità tettonica ofiolitifera di Monteverdi Marittimo costituita dalla formazione delle Argilliti e Calcari di Poggio Rocchino (RCH), dalla formazione del Flysch di Monteverdi Marittimo (MTV) e dal soprastante complesso ofiolitifero di Montecastelli che si ritrova indicato in legenda della carta geologica di fig. 4.2.5 come Unità di M.Vitalba, dalla località dove affiora la successione ofiolitifera.

Queste unità, appartenenti al complesso alloctono, costituiscono l'elemento crostale di tipo horst corrispondente all'area di interesse del presente lavoro cui si contrappongono invece le due porzioni crostali in sprofondamento ai lati dell'alto strutturale, ossia i bacini di sedimentazione mio-pliocenica del Fine e di Volterra (Bossio et al., 1998).

Le formazioni neogeniche e quaternarie, facenti parte del complesso neoautoctono colmano invece le depressioni strutturali in cui la dorsale degrada verso est e verso ovest per mezzo di associazioni di faglie dirette disposte a gradinata ed immergenti in direzione del bacino (Giannini, 1962).

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Fig. 4.1.1 - Schema tettonico delle unità affioranti entro l'area di studio (Mazzanti et al.1990).

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4.2. Stratigrafia dell'area di studio

Di seguito, seguendo un ordine stratigrafico dal basso verso l'alto, vengono descritte nel dettaglio le formazioni affioranti nell'area di studio riportate nella carta geologica allegata (Fig. 4.2.5). La descrizione litologica è stata ripresa dalle Note illustrative della Carta Geologica D'Italia alla scala 1:50.000 relative al foglio 284 Rosignano Marittimo (Marroni et al., 1990);

4.2.1. Dominio Toscano

Falda Toscana

Membro di Brolio (BRL) – Membro superiore della formazione della Scaglia Toscana costituito da argilliti rosse-violacee e grigio-verdi nella parte inferiore, che passano verso l'alto a calcilutiti e calcareniti fini, gradate, in banchi che raggiungono spessori fino a 2 m solo nella parte sommitale della successione. Affiora limitatamente al margine NE della zona d'indagine. L'età è attribuita al Cretacico superiore (Costantini et al., 1995).

Macigno (MAC) – Arenarie torbiditiche quarzoso-feldspatiche di colore grigio-verde, gradate in strati e banchi da medi a molto spessi, con scarsa continuità laterale e spesso amalgamati. La formazione affiora anch'essa, come il sottostante termine, su un'area limitata al margine NE della zona di indagine. L'età è Oligocene superiore-Miocene inferiore (Mazzanti, 1995)..

4.2.2. Dominio Ligure

Unità di Santa Fiora

Membro del Fortulla (FIA1) – Membro inferiore della formazione di S. Fiora costituito da argilliti rosse e verdi, spesso manganesifere, in strati decimetrici, a cui si intercalano siltiti silico-marnose di colore ocra-bruno. Sono presenti strati centimetrici e decimetrici di calcari grigi a grana fine, arenarie calcarifere, talora con liste di selce nera e brecciole calcaree. Affiora alla Rocca Montanino nei monti di Castellina Marittima nel settore NE dell'area di studio ed è attribuita al Cenomaniano (Squarci e Taffi, 1963).

Membro di Antignano (FIA2)- Membro superiore della formazione di S. Fiora costituito da siltiti e argilliti manganesifere grigio scuro-marroni a patine ocracee, areniti e calcareniti a grana finissima e siltiti calcaree con intercalati strati, fino a circa 50 cm, di calcari a grana fine di colore nocciola, di marne calcaree grigie e banchi di calcari marnosi grigi e di calcareniti grigio-marrone. Sono presenti banchi di brecce ad elementi calcareo-marnosi e calcarenitici in matrice siltitico-argillitica e piccole masse olistostromiche di ofioliti e di Argilliti a Palombini. Affiora nei Monti di Castellina a rocca Montanino (Squarci e Taffi, 1963). L'età è attribuibile al Cenomaniano (Lazzarotto et al. 1990).

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Formazione di Monte Morello (MLL) – Calcari grigi a grana fine, calcari marnosi, calcareniti, marne con base arenacea, marne e argilliti. Arenarie e banchi di brecce ad elementi cacareo-marnosi, ofiolitici e diasprini a matrice argillitica sono talvolta presenti. Affiora nei Monti di Castellina e in particolare è stata attribuita a questa formazione anche la parte superiore, in prevalenza calcareo-marnosa ed arenacea, della successione di Rocca Montanino, descritta da Squarci e Taffi (1963). L'età è riferibile al Paleocene medio-Eocene medio (Squarci e Taffi, 1963).

Unità di Monteverdi Marittimo

Argilliti e calcari di Poggio Rocchino (PGR) - Laminiti siltitiche e argillitiche intercalate a strati decimetrici di arenarie carbonatico – quarzoso - feldspatiche a grana fine e marne. Rare spesse arenarie carbonatiche grigio-blu. Sono presenti anche piccole masse caotiche contenenti olistoliti di Argilliti a Palombini.

Nell'area di studio questa formazione la si ritrova all'estremo settentrionale e indicata in letteratura da Giannini (1962) e da Squarci e Taffi (1963) come “Pietraforte” e/o “Arenaria con intercalazioni di calcari marnosi” . L'età è riferibile al Cretacico superiore.

Flysch di Monteverdi Marittimo (MTV) – Banchi di marne a base arenacea e di calcilutiti alternate a strati decimetrici di arenarie argillitiche e microconglomerati a matrice marnosa cui seguono spessi livelli di calcilutiti marnose con ciottoli. Rare le impronte di Helmintoidi. Alla base talora è resente un olistolite di serpentinite con livelli di brecce ad elementi prettamente ofiolitici. Nella parte alta si ritrova la litofacies delle brecce dell'Olmaia (MTV0) costituita da banchi di brecce ad elementi ofiolitici calcarei e diasprini.

Questa formazione affiora estesamente nella zona settentrionale dell'area d'interesse a nord del Torrente Marmolaio. L'età è attribuibile al Cretacico superiore.

Unità di M.Vitalba

Serpentini (Σ) - Lherzoliti tettonitiche serpentinizzate facenti parte del basamento ofiolitico datato 171 +/- 29 Ma da Bigazzi et al. (1972). Nei Monti di Castellina l'affioramento più esteso si trova tra il Poggio La Penna, il Monte Vasino e i poggi delle Campore e dei Gabbri, fino al Monte Vaso. Affioramenti minori si trovano a sud di Castellina Marittima, verosimilmente alla base di successioni di scaglie tettoniche e al centro della grande massa basaltica che sovrasta, verso oriente, Castellina Marittima. L'età è riferibile al Giurassico medio. Associati alle serpentiniti nonché ai basalti ai quali sono accorpati per le loro caratterisitche mineralogiche, nell'area di studio ed in particolare in corrispondenza della venuta a giorno della sorgente Doccino affiorano porfiriti a pasta di fondo microcristallina a grana fine di colore verde scuro con inclusi abbondanti fenocristalli millimetrici di plagioclasio definiti basalti porfirici (Di Luca e Montagnani, 1998). L'età è riferibile al Giurassico medio.

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Basalti (β) – Associazione di plagioclasi e di cloriti o di anfiboli talora con minori quantità di olivina con colore verde bruno e grana da media a fine. I basalti hanno aspetto massivo, talvolta sub-sferico, a cuscini (pillows), o a frammenti subangolosi (brecce). Affiorano in piccoli ammassi collegati a gabbri o in grandi masse collegate alle serpentiniti, come si verifica nel settore centrale dei Monti di Castellina. Sono molto frequenti filoni spessi fino ad alcuni metri (3-4 m), ad andamento generalmente subparallelo, che attraversano le serpentiniti (Bortolotti et al., 1976). L'età è riferibile al Giurassico superiore.

Diaspri (DSD) - Strati centimetrici e decimetrici silicei rossi o verde scuro intercalati con argilloscisti silicei laminati, talora con granuli di vetro e letti tufitici; sono anche presenti sporadicamente strati sottili di brecce ad elementi minuti ofiolitici e piccoli strati di arenarie ofiolitiche gradate (Fanucci, 1980). Data l'estesa tettonizzazione del complesso ofiolitico di Montecastelli non ne troviamo significativi affioramenti nell'area di studio; tuttavia, in alcune località, come ad esempio nella zona di Monte Vitalba nei Monti di Castellina Marittima, sono riconoscibili rapporti originari con le formazioni sopra e sottostanti (Lazzarotto et al., 1990). L'età è riferibile al Giurassico superiore-Cretacico inferiore.

Calcari a Calpionelle (CCL) - Calcilutiti e calcilutiti marnose bianco-latte talora con liste di selce, separate da sottili livelli pelitici e, in subordine, strati di argille marnose ocra bruno, talora rosso-violaceo (Andri e Fanucci, 1975). Nei Monti di Castellina la formazione affiora sul fianco settentrionale della grande massa basaltica di Castellina M.ma-Monte Vitalba e intorno al podere Querciolo e al Campo alle Vacche pochi chilometri a SE di Pastina (Giannini, 1955). Da segnalare gli affioramenti in località Pianacce e Sassi Bianchi dove nella parte inferiore-media della formazione si ha una prevalenza di livelli di argille marnose di colore ocra. L'età è Cretacico inferiore.

Argilliti a Palombini (APA) – Calcilutiti silicee grigio-ferro (i “Palombini”) alternate a strati e banchi di argilliti laminitiche grigio-marroni o nere e, in percentuale minore, a strati e banchi di calcilutiti marnose grigio-scuro a patine chiare e strati di calcareniti arenacee e talora di arenarie calcareo-quarzose. La formazione affiora estesamente nei Monti di Castellina M.ma e in particolare in località Pian del Pruno, alle Pescine, al Pian delle Vacche e alle Scope ad est di S. Luce e Pastina (Lazzarotto et al., 1990). L'età è Cretacico inferiore.

4.2.3. Stratigrafia delle formazioni della successione neogenico-quaternaria affioranti nell'area di studio

Membro dei Conglomerati di Villa Mirabella (ROS4) - Facies costituita da ciottoli, da grossolani a minuti, di composizione tipica di APA e ofiolitica; frequenti le croste carbonatiche indicative di acque sovrassature con tendenza alla precipitazione di sali e di origine algale (Bartoletti et al., 1985) Affioramenti di questo membro si trovano lungo il margine occidentale della dorsale dal Terriccio a Pomaia nei Monti di Castellina.

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Membro dei Calcari di Castelnuovo (ROS5) – Costituisce piccole sogliere sparse tipo patch-reef, con frequenti passaggi latero-verticali a sedimenti in prevalenza di natura terrigena, impiantate su conidi deltizi in aree riparate da apporti detritici. Affiorano lungo il margine ovest dell'area di studio (abitato di Pomaia nei Monti di Castellina)ove presentano abbondanti stromatoliti associati ad una successione in predominanza sabbioso-conglomeratica. L'età è riferibile al Messiniano inferiore (Bossio et al., 1986).

Formazione del Torrente Raquese (RAQ) – Argille laminari talora con piccoli livelli di sabbia, a varia tonalità di grigio. Affiorano lungo il margine occidentale dell'area di studio nei pressi della cava del Pesciera. L'età è riferibile al Messiniano inferiore (Bossio et al., 1999).

Litofacies di gessi della formazione del Rio Sanguigna (RSNg) – Strati e banchi di gessi, primari e secondari, alternati a strati di marne. Affiora lungo il margine occidentale dell'area d'interesse, sulle sponde del torrente Marmolaio.

L'età è attribuibile al Messiniano superiore (Bartoletti et al., 1986).

Argille e gessi del fiume Era Morta (EMO) - Strati di argille , argille marnoso-sabbiose fino a calcaree. E' presente una litofacies di gessi (EMO1) costituita da strati e banchi di gessi, sia primari che secondari. Si rinvengono affioramenti lungo il margine ovest della dorsale laddove questa degrada nel bacino del fiume Fine. L'età della formazione è attribuibile al Messiniano superiore (Bossio et al., 1998).

Conglomerati di Ulignano (ULI) - Conglomerati in strati di spessore di circa un metro con talvolta interstrati centimetrici marnosi. I ciottoli eterometrici e poligenici sono formati da calcari silicei, ofioliti e diaspri provenienti dal Dominio Ligure. I clasti sono da arrotondati a sub-arrotondati, con dimensioni variabili da centimetriche a decimetriche. La matrice è siltitico-arenacea, spesso rosso-ematitica, talvolta gesso-arenitica. La formazione affiora lungo il margine orientale della dorsale di Santa Luce-Castellina laddove questa degrada verso il bacino di Volterra. L'età è riferibile al Messiniano superiore.

Argille azzurre (FAA) - Argille e argille siltose, talvolta marnose grigio-azzurre, mal stratificate che orlano il margine occidentale dei Monti di Castellina Marittima.

L'età di questa formazione varia tra il Pliocene inferiore (Zancleano) e il Pliocene medio (Piacenziano) (Bossio et al., 1981).

Conglomerati di Gambassi Terme (GAM) - Conglomerati eterogenei ed eterometrici con ciottoli da smussati ad arrotondati, provenienti dal Dominio Ligure, in particolare calcari marnosi della formazione di Monteverdi Marittimo e, solo presso il Querciolo, di ofioliti e Argille a Palombini e Calcari a Calpionelle, in abbondante matrice sabbiosa o detritica (Costantini et al., 2002). Affiorano nei Monti di Castellina M.ma tra il Querciolo di Pastina e il Melagro di Ceppato. L'età è riferibile allo Zancleano.

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4.2.4. Depositi continentali quaternari

Alluvioni terrazzate (bn) - Ghiaie miste a lenti di sabbia e limo, giacenti a varie quote sui terrazzi alluvionali. Si ritrovano lungo il margine occidentale della dorsale d'interesse laddove questa degrada nel bacino del fiume Fine. L'età è Pleistocene medio-superiore. Deposito alluvionale (b) - Sabbie e ghiaie a varia composizione, talora con lenti di limi. Sono molto diffusi al fondo delle valli, in corrispondenza delle zone collinari. Affiorano in corrispondenza del margine occidentale della zona d'interesse, laddove si sviluppa il bacino del fume Fine. L'età è attribuibile all'Olocene.

Deposito di versante indifferenziato (a3) - Depositi poco o per niente elaborati a varia granulometria accumulati per gravità e la cui provenienza non è sempre determinabile. L'età è riferibile all'Olocene.

Depositi di frana (a1) – Depositi di frana derivanti da processi gravitativi di massa formati da materiali generalmente eterometrici provenienti da litotipi diversi in relazione al substrato presente. L'età è attribuibile all'Olocene.

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5. Geologia e idrogeologia dell'area di studio

5.1. Geologia di dettaglio dell'area di studio

Per quanto concerne lo stile tettonico e deformativo, come accennato in precedenza, l'area oggetto di studio è caratterizzata da una struttura a falde di ricoprimento, testimoniata dai sovrascorrimenti delle unità tettoniche recenti sulle più antiche, su cui si è impostata tardivamente una tettonica disgiuntiva della quale sono rappresentative le faglie dirette che dislocano con rigetti di decine di metri le suddette scaglie di natura tabulare.

In particolare nel settore settentrionale, in quello che è il dominio di affioramento delle Unità di Monteverdi Marittimo, di Santa Fiora e della Falda Toscana dominano le evidenze della prima fase di natura compressiva che ha portato alla costituzione della catena appenninica; da ovest verso est le unità tettoniche più recenti sono sovrascorse sulle più antiche con senso NE e solo successivamente la tettonica distensiva ha disarticolato l'edificio a falde tramite diverse falde dirette.

Nell'area centro-meridionale i terreni qui affioranti che costituiscono l'Unità di M. Vitalba fanno parte di strutture più complesse quali pieghe aperte, con piani assiali sub-verticaliassi orientati circa NW-SE tagliate a loro volta da superfici di sovrascorrimento e su cui tardivamente si è impostata seppur in maniera meno significativa una tettonica distensiva. La sinclinale del M. Pianacce e l'anticlinale del M. Vitalba rappresentano le strutture di maggiore importanza della zona. La ricostruzione dell'assetto geologico si è rivelata utile per il successivo approccio idrogeologico, in particolare per individuare gli acquiferi e gli acquitardi sede di circolazione idrica, e per chiarire l'origine geologica delle sorgenti che saranno oggetto di studio nei capitoli che seguono.

5.1.1. Le sezioni geologiche

Nel presente lavoro di tesi, per la migliore comprensione ed interpretazione delle strutture plicative e di sovrascorrimento che hanno interessato estesamente le formazioni del Dominio Ligure e Toscano sono state realizzate cinque sezioni geologiche che tagliano da SO a NE la dorsale S. Luce-Castellina Marittima.

Le sezioni geologiche sono state realizzate utilizzando come base cartografica la Carta Tecnica Regionale della Regione Toscana in scala 1:10000 e le tracce sono riportate nella carta geologica (Fig. 4.2.5.).

Sezione geologica AA'

La sezione AA' (Fig. 5.1.1.1) taglia da O-SO a E-NE la parte nord dell'area di studio passando poco più a nord dell'abitato di Santa Luce. Al centro della sezione affiora l'Unità tettonica di Monteverdi Marittimo, delimitata alla base dalla superficie di sovrascorrimento affiorante in località La Pietra, e costituita dalle Argilliti di Poggio Rocchino (PGR) e dal Flysch di Monteverdi Marittimo (MTV). A SO l'Unità è in contatto tettonico mediante una faglia diretta ad alto angolo con immersione SO con le Argilliti a Palombini (APA) e con il termine più recente della successione neogenica quaternaria (Conglomerati di Gambassi Terme GAM) mentre in direzione NE è in contatto con i termini dell'Unità di Santa Fiora

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Sezione geologica BB'

La sezione BB' (Fig. 5.1.1.2) si sviluppa da SO a NE, sempre nella porzione nord dell'area di studio dove affiora estesamente la formazione del Flysch di Monteverdi Marittimo (MTV). In primo piano l'Unità di Monteverdi Marittimo delimitata alla base e al tetto da due superfici di sovrascorrimento, la prima affiorante a NE di Poggio delle Capanne, la seconda a NE di Poggio alla Nebbia. La letteratura riferisce per la formazione flyschoide di Monteverdi Marittimo una polarità degli strati normale nella zona orientale di Poggio alla Nebbia che diventa rovescia nella zona occidentale di Monte Maggiore lasciando supporre la presenza di una grande piega sinclinale isoclinale con asse immergente a SO e vergenza a NE. Piegamenti di questo tipo sono presenti su tutta l'area e spesso associati a sovrascorrimenti. Sulle pendici sud occidentali del Monte Maggiore - M.Pratagliese la formazione del Flysch è giustapposta attraverso una di queste superfici di sovrascorrimento alla successione Serpentiniti – Basalti - Calcari a calpionelle - Argille a palombini, che immerge a SO con giacitura rovesciata.Verso NE l'Unità di Monteverdi Marittimo giace sui termini dell'Unità di Santa Fiora che a loro volta giacciono con immersione SO sopra il Macigno, termine superiore della Falda Toscana.

Sezione geologica CC'

La sezione CC' (Fig. 5.1.1.3) si sviluppa da SO a NE nella porzione centrale dell'area di studio. L''Unità di Monteverdi Marittimo è delimitata alla base e al tetto da due superfici di sovrascorrimento; al tetto poco a NE di Poggio Pratagliese sull'Unità giace un lembo di Argille a Palombini, mentre alla base l'Unità di Monteverdi giace sull'Unità di Santa Fiora in località Orticaia. Sulle pendici del Monte Scala, al tetto delle Argille a Palombini compare la successione laminata Diaspri - Serpentiniti, con giacitura rovesciata.

Sezione geologica DD'

La sezione DD' (Fig. 5.1.1.4) è localizzata nella zona più meridionale dell'area di studio e mostra uno sviluppo SO - NE tagliando più perpendicolarmente possibile le strutture presenti nell'area di studio. Al centro della sezione a NE dell'abitato di Castellina Marittima affiora l'Unità tettonica del M.Vitalba delimitata alla base da una superficie di sovrascorrimento immergente verso SO con inclinazione di circa 30° che mette in contatto la successione Basalti – Diaspri - Calcari a Calpionelle, che del Monte Vitalba costituisce il nucleo, con la formazione delle Argille a Palombini. Procedendo in direzione NE in località Poggio delle Fornacelle, un'importante struttura del tipo faglia inversa, immergente a SO, pone le Argilliti a Palombini in contatto tettonico con le Serpentiniti che costituiscono M.Vaso.

Sezione geologica EE'

La sezione geologica EE' (Fig. 5.1.1.5) taglia in direzione S/SO - N/NE la complessa struttura di Poggio Pianacce - M.Vitalba, interpretata come risultante da un piegamento della successione stratigrafica Basalti – Diaspri - Calcari a Calpionelle in una blanda sinclinale a piano assiale circa verticale, cui segue a NE in località Sasso Bucato una anticlinale rovesciata. Il complesso sistema di scaglie tettoniche, che costituisce il tratto strutturale principale dell'area è disarticolato da sistemi di dislocazioni tettoniche ad alto angolo di inclinazione, faglie dirette in particolare.

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5.2. Idrogeologia dell'area di studio

Dal punto di vista idrogeologico, le formazioni litoidi del Dominio Ligure che si ritrovano nell'area di interesse, come verrà meglio specificato di seguito, sono in generale caratterizzate da buone condizioni di permeabilità che hanno reso possibile una significativa circolazione idrica sotterranea.

Queste considerazioni emergono dall'osservazione di alcune sorgenti permanenti, seppur di modesta portata media annua, che si attestano nel settore nord entro la formazione del flysch calcareo-marnoso di Monteverdi Marittimo e nel settore sud nei termini inferiori del complesso ofiolitifero e nei litotipi calcarei che di questo costituiscono la copertura, delle quali si è studiato il regime per ricavarne considerazioni circa i sistemi di alimentazione. Di queste sorgenti, tutte captate dal Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato ASA Spa, otto sono state studiate nell'ambito di questo studio (Fig. 5.2.2.1)

5.2.1. Permeabilità delle rocce

Si definisce permeabilità di una roccia la sua attitudine a lasciarsi attraversare da un fluido sotto l'azione di un gradiente idraulico (Civita, 2005).

Anche se in natura non esistono rocce completamente impermeabili, ai fini pratici, nello studio delle acque che circolano nel sottosuolo si è soliti fare una distinzione tra rocce permeabili e impermeabili definendo, quest'ultime, come rocce in cui le acque non mostrano movimenti significativi per mancanza di meati sufficientemente ampi o intercomunicanti. Di contro, le rocce permeabili sono quelle in cui le acque hanno la possibilità di muoversi a velocità tale da poter essere utilmente captate.

In idrogeologia si utilizza sovente il termine acquifero per indicare la parte di un corpo roccioso che può essere sede effettiva della risorsa idrica sotterranea; si definisce acquitardo una formazione geologica che può contenere acque sotterranee ma in grado di trasmetterle non in quantità particolarmente significative per effetto della bassa permeabilità.

In generale le rocce possono essere caratterizzate da tre tipi di permeabilità fondamentali: - Permeabilità per porosità: è tipica di rocce porose (siano esse sciolte, semicoerenti o coerenti) che contengono vuoti intergranulari comunicanti. Si definisce permeabilità primaria in quanto gli interstizi si sono formati contemporaneamente alla formazione della roccia.

- Permeabilità per fessurazione: è tipica di rocce fratturate, nelle quali i vuoti sono rappresentati essenzialmente da fessure. Questa proprietà, che non è intrinseca della roccia ma viene generalmente acquisita successivamente in seguito a eventi tettonici, decompressione, dissoluzione etc., viene anche definita permeabilità secondaria.

- Permeabilità mista: è tipica di rocce dotate sia di permeabilità primaria che secondaria, ovvero caratterizzate da pori interconnesi e da vuoti associati a discontinuità.

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Il grado di permeabilità può essere espresso sia in termini relativi che assoluti. Si parla di permeabilità relativa per fare un confronto tra la permeabilità di un litotipo rispetto ad un altro, o di un'associazione di litotipi con caratteristiche simili, rispetto a quelli adiacenti. Questo parametro è puramente qualitativo. Ad es. Civita (2005) distingue le seguenti classi:

- altamente permeabile - mediamente permeabile - scarsamente permeabile - impermeabile

Non avendo informazioni specifiche per i litotipi in esame per questo studio si è scelto di semplificare la classificazione rifacendosi al criterio di Celico (1986) che distingue solo tre classi:

– grado di permeabilità alto (acquifero)

– grado di permeabilità medio (acquitardo)

– grado di permeabilità basso (acquicludo)

Il grado di permeabilità può essere definito anche in maniera quantitativa utilizzando il coefficiente di permeabilità K, che rappresenta il volume di acqua gravifica che attraversa una superficie unitaria di una roccia, sotto l'effetto di un gradiente idraulico unitario, a 20°C. La relazione per determinare la permeabilità K, che deriva direttamente dalla legge di Darcy, è la seguente:

K= Q / A· i

dove Q = portata del flusso che attraversa la sezione (m3/s)

A = sezione unitaria della superficie acquifera (m2)

i = gradiente idraulico unitario

Di seguito è riportata una tabella di correlazione tra il grado di permeabilità espresso in termini relativi e assoluti secondo Civita (2005) (Tab. 5.2.1)

Grado di permeabilità K (m/s)

Altamente permeabile K > 10-2

Mediamente permeabile 10-6 < K < 10-2

Scarsamente permeabilità 10-9 < K < 10-6

Impermeabile K< 10-9

Tab. 5.2.1 - Grado di permeabilità e coefficiente di permeabilità K.

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Per attribuire dei valori quantitativi di permeabilità a ciascuna delle tre classi di permeabilità discriminate secondo il criterio qualitativo di Celico (1986) sono stati utilizzati dati di letteratura, in particolare si è fatto riferimento ad un lavoro di Baldacci et al. (1993) che prende in considerazione litotipi analoghi seppur ricadenti fuori dall'area di studio. Gli intervalli di permeabilità individuati secondo lo schema di Baldacci et al. (1993) sono i seguenti:

- grado di permeabilità medio-alto (acquifero) = 10-5 < K< 10-2 m/s

- grado di permeabilità medio-basso (acquitardo) =10-7 < K< 10-6 m/s

- grado di permeabilità basso o nullo (acquicludo) = K < 10-8 m/s

Sulla base dei criteri sopra descritti nell'area di studio sono stati identificati 5 acquiferi (siglati con AQ) di seguito riportati dal più recente al più antico:

– acquifero quaternario (bn, b)

– acquifero dei conglomerati neogenici-quaternari (GAM, ULI, ROS4,, ROS5,, RSNg)

– acquifero del Calcare a Calpionelle (CCL)

– acquifero del Flysch di Monteverdi Marittimo (MTV, MTV0)

– acquifero della Formazione di Monte Morello (MLL)

Per quanto riguarda gli acquitardi (siglati con AT) nell'area di interesse ne sono stati individuati 3:

– acquitardo dei Diaspri (DSD)

– acquitardo ofiolitico (β-σ- Σ)

– acquitardo del Macigno (MAC)

I complessi idrogeologici, classificati come acquicludi (siglati con AC), sono elencati di seguito sempre in base all'età della formazione sulla quale sono impostati:

– acquicludo delle Argille Azzurre (FAA)

– acquicludo miocenico (RAQ, EMO, EMO1)

– acquicludo delle Argille a Palombini (APA)

– acquicludo delle Argilliti di Poggio Rocchino (PGR)

– acquicludo della formazione di Santa Fiora (FIA1, FIA2)

– acquicludo della Scaglia Toscana (BRL)

Di seguito sono descritti con maggior dettaglio i vari complessi individuati:

Acquifero quaternario - Questo complesso acquifero comprende le alluvioni terrazzate (bn) e le alluvioni attuali e recenti (b). Tali depositi presentano una permeabilità primaria essendo costituiti da materiali granulari e hanno una limitata estensione entro l'area di studio, in quanto bordano il margine ovest dell'alto strutturale di S. Luce-Castellina Marittima.

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Acquifero dei conglomerati neogenici - quaternari - In questo complesso sono stati raggruppati i comglomerati di Gambassi (GAM), il membro dei conglomerati di Villa Mirabella (ROS4), il membro dei Calcari di Castelnuovo (ROS5) e i conglomerati di Ulignano (ULI). La permeabilità di questo complesso è di tipo primario e di medio-alto grado in quanto la matrice ghiaiosa/sabbiosa risulta molto sostenuta e prevalentemente sciolta o mal cementata.

Nell'area di studio l'estensione areale e lo spessore del complesso sono ridotti e limitati ai margini occidentale e orientale della dorsale di Santa Luce-Castellina Marittima.

Acquifero dei Calcari a Calpionelle - Questo complesso, costituito dai Calcari a Calpionelle (CCL) e limitato inferiormente dall'acquitardo dei Diaspri, si caratterizza per un'elevata permeabilità dovuta a fratturazione e carsismo. Presenta spessori variabili ed è ben sviluppato al nucleo della anticlinale di Monte Vitalba e di Monte Vaso.

Acquifero del Flysch di Monteverdi Marittimo - Fanno parte di questo complesso acquifero il Flysch ad Helmintoidi di Monteverdi Marittimo (MTV) e la litofacies delle brecce

dell'Olmaia (MTV0). Il complesso è caratterizzato da una permeabilità di tipo secondario

riconducibile ad una diffusa fessurazione e ad un parziale sviluppo di fenomeni carsici che interessano la componente a dominanza calcarea del Flysch. Il complesso in questione si sviluppa estesamente nella zona nord-nord est dell'area di studio con spessore che varia da 100 a 150 m.

Acquifero della Formazione di Monte Morello – Il complesso consta nei calcari marnosi e calcareniti della formazione di Monte Morello (MLL) è caratterizzato da una permeabilità secondaria per fratturazione. L'acquifero risulta di scarsa rilevanza in quanto la sua estensione e il suo spessore appaiono limitati entro l'area di studio.

Acquitardo dei Diaspri - Questo complesso corrisponde alla sola formazione dei Diaspri (DSD) e presenta una permeabilità per fratturazione di basso grado perchè, anche se la fratturazione è molto sviluppata la presenza di interstrati argillitici riduce il flusso delle acque. Questo acquitardo presenta uno sviluppo non molto esteso e ha spessori inferiori al centinaio di metri. Lo si trova lungo i versanti del Monte Vitalba e di Monte Vaso, nella zona centro-meridionale dell'area di studio.

Acquitardo ofiolitico - In questo complesso sono stati raggruppati i termini della serie ofiolitica, basalti e serpentiniti (β-Σ). Entrambi i termini presentano una permeabilità da media a medio-bassa per fessurazione di tipo diffuso e sono però di una certa importanza a causa dei consistenti spessori che si aggirano tra 300 m e 400 m e della discreta estensione areale.

Acquitardo del Macigno – L'acquitardo presenta una bassa permeabilità secondaria per fratturazione per la presenza di sistemi di discontinuità assai diffusi. Il grado di permeabilità risulta basso in quanto le fratture tendono a chiudersi per la presenza di materiale argilloso-limoso, dovuto all'alterazione dei silicati presenti nell'arenaria. Questo acquitardo interessa solo marginalmente l'area di studio, collocandosi al margine nord-est della stessa.

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Acquicludo delle Argille Azzurre - Il complesso è costituito da argille e argille siltose talvolta marnose di colore grigio-azzurre e presenta una permeabilità praticamente nulla. Il complesso affiora marginalmente all'area indagata e risulta quindi di poca rilevanza anche perchè nell'area in questione è presente con spessori limitati.

Acquicludo miocenico - Entro questo complesso sono state raggruppate la formazione del Torrente Raquese, la formazione del Rio Sanguigna e le Argille e Gessi del Fiume Era Morta. Il complesso, benché presenti strati e banchi di gessi, sia primari che secondari, suscettibili di dissoluzione chimica, presenta una permeabilità molto bassa per la presenza di livelli argilloso-marnosi i cui prodotti d'alterazione tendono ad occludere le fratture di dissoluzione. Il complesso in questione non risulta di grande rilevanza dal momento che affiora solo marginalmente nell'area indagata.

Acquicludo delle Argille a Palombini - Il complesso è costituito dalle Argille a Palombini che si caratterizza in quest'area per una permeabilità molto bassa legata alla abbondante presenza di livelli argilloso-marnosi talora intercalati a livelli di Palombini, calcari micritici dotati di una maggiore permeabilità. Nell'area oggetto di studio questa unità assume un ruolo di notevole importanza in quanto funziona da base impermeabile per gli acquiferi soprastanti. In generale il complesso risulta arealmente ben sviluppato con spessori dell'ordine del centinaio di metri.

Acquicludo delle Argilliti di Poggio Rocchino - Il complesso corrisponde alle Argilliti di Poggio Rocchino (PGR) e mostra una permeabilità molto bassa oltre che un limitato spessore e una limitata estensione areale. Il complesso affiora nella porzione settentrionale dell'area di studio ma risulta di poca rilevanza ai fini del presente lavoro di tesi.

Acquicludo della Formazione di S. Fiora - Del complesso fanno parte il membro del Fortulla (FIA1) e il membro di Antignano (FIA2), costituiti da argilliti varicolori e siltiti dotate di una permeabilità molto bassa a causa della forte dominanza della componente argillitica, siltitica e marnosa. Il complesso affiora al margine nord orientale dell'area di indagine e limita inferiormente gli acquiferi delle formazioni di Monteverdi Marittimo e di Monte Morello.

Acquicludo della Scaglia Toscana - Questo complesso è rappresentato dal membro di Brolio (BRL) ed è costituito da argilliti che, seppur fratturate, presentano un grado di permeabilità molto basso, dato che i prodotti dell'alterazione argillosi portati dalle acque di circolazione tendono ad occludere le fratture. Il suddetto complesso affiora solo marginalmente rispetto all'area indagata ed è quindi poco rilevante.

5.2.2. Strutture idrogeologiche

Nel presente lavoro di tesi, a partire dalla carta geologica, e attribuendo alle formazioni affioranti un grado di permeabilità secondo i criteri precedentemente descritti, si è potuto ricavare la carta idrogeologica.

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Sezione idrogeologica AA'

In questa sezione idrogeologica (Fig. 5.2.2.2), ubicata nel settore nord dell'area di studio tracciata con direzione O/SO- E/NE trasversalmente all'asse della dorsale morfologica indagata, sono presenti diversi complessi idrogeologici: nel settore occidentale si ritrovano l'acquifero quaternario (AQ b), limitato inferiormente dall'acquicludo delle Argille azzurre (AC FAA) e l'acquifero dei conglomerati neogenici-quaternari di Gambassi Terme (AQ GAM) limitato inferiormente dall'acquicludo delle argille a Palombini (AC APA). Nel settore centrale dove affiora estesamente l'acquifero del Flysch di Monteverdi (AQ MTV) si può ipotizzare la presenza di uno spartiacque idrogeologico in corrispondenza dell'anticlinale di Castagnolo e di un ipotetico asse di drenaggio sotterraneo in corrispondenza in superficie del botro della Torella. Nel settore est il contatto tra la formazione del Flysch di Monteverdi (MTV) e i sottostanti termini della formazione di Santa Fiora (FIA) funge da spartiacque idrogeologico con immersione SO.

Sezione idrogeologica BB'

In questa sezione (Fig. 5.2.2.3) tracciata con direzione SO-NE rispetto alla dorsale oggetto di studio, è possibile individuare tre settori: nel settore occidentale compare l'acquitardo ofiolitico (AT of), che nello specifico ha estensione limitata e separa l'acquifero freatico dei conglomerati neogenici (AQ GAM) dall'acquifero confinato dei Calcari a Calpionelle (AQ CCL). Lo stesso acquifero dei Calcari a Calpionelle si trova in condizioni freatiche poco più ad est limitato inferiormente dall'acquicludo delle Argille a palombini (AC APA). Nel settore centrale domina l'acquifero del Flysch di Monteverdi (AQ MTV) limitato inferiormente dall'acquicludo delle Argilliti di Poggio Rocchino (AC PGR) in corrispondenza del Monte Maggiore e dall'acquicludo di Santa Fiora (AC FIA) in corrispondenza di Poggio alla Nebbia. Nella zona orientale, marginale rispetto all'area indagata, affiora l'acquitardo del Macigno. In località Salvalodi vengono a giorno la sorgente Salvalodi 2 e Tiglio Solatio i cui presunti bacini di alimentazione si attestano entro l'acquifero del Flysch di Monteverdi Marittimo.

Sezione idrogeologica CC'

In questa sezione idrogeologica (Fig. 5.2.2.4) ubicata nella porzione centrale dell'area di studio in direzione S/SO-N/NE sono presenti l'acquitardo ofiolitico (AT of), l'acquifero del Flysch di Monteverdi (AQ MTV) e marginalmente l'acquitardo del Macigno (AT MAC) separati l'uno dall'altro dall'acquicludo delle Argille a Palombini (AC APA).

Sezione idrogeologica DD'

Questa sezione (Fig. 5.2.2.5) è ubicata nella zona meridionale dell'area di studio, trasversalmente agli assi delle strutture, e può essere suddivisa in due zone principali separate dall'acquicludo delle Argille a Palombini (AC APA). Nella zona occidentale l'acquitardo delle ofioliti (AT of) e dei Diaspri (AT DSD) limitano inferiormente l'acquifero dei Calcari a Calpionelle (AQ CCL) definendo un possibile spartiacque idrogeologico in corrispondenza del Monte Vitalba con immersione NE che separa due bacini idrogeologici distinti. In corrispondenza dell'abitato di Castellina Marittima laddove le ofioliti sormontano la formazione delle Argille a Palombini scaturiscono procedendo da ovest verso est le sorgenti Massone, Madonna della Salute e Fontini 1.

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La sorgente Papacqua 1 si attesta al contatto tra l'acquifero dei Calcari a Calpionelle (AQ CCL) e l'acquicludo delle Argille a Palombini sulle pendici NE del Monte Vitalba.

Sezione idrogeologica EE'

In questa sezione idrogeologica (Fig. 5.2.2.6), sono presenti tre principali idrostrutture. Le prime due ubicate nel settore O sono costituite dalla sinclinale del Poggio Pianacce che funge probabilmente da asse di drenaggio con immersione NO e dall'anticlinale del Monte Vitalba, in corrispondenza della quale si riconosce un possibile spartiacque idrogeologico con immersione SO. Nel settore est invece in corrispondenza di Sasso Bucato, la circolazione acquifera entro l'acquitardo ofiolitico-diasprino e il sottostante acquifero dei Calcari a Calpionelle segue una direzione SO.

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