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Appendice II. Tavola cronologica del Regno delle Due Sicilie e del Regno d'Italia •

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Appendice II. Tavola cronologica del Regno delle Due Sicilie e del Regno d'Italia

1734: Carlo di Borbone porta a termine con successo la conquista militare delle Due Sicilie, facendo il suo ingresso a Napoli il 10 maggio; il 25 maggio sconfisse gli austriaci a Bitonto, quindi conquistò la Sicilia ed il 2 gennaio 1735 assunse il titolo di re di Napoli "senza numerazione specifica"; in luglio venne incoronato a Palermo anche re di Sicilia.

• 1738: Conclusione della Guerra di successione polacca e Pace di Vienna. L'Austria cedeva a Carlo di Borbone il Regno di Napoli, nonché il Regno di Sicilia, che essa aveva scambiato con la Sardegna nel 1720 a seguito della Pace dell'Aia.

• 1741: Con un concordato, furono drasticamente ridotti il diritto d'asilo ed altre immunità ecclesiastiche, oltre a sottoporre a tassazione i beni ecclesiastici.

• 1744: Carlo sconfigge a Velletri gli austriaci che tentavano di riconquistare il Regno. • 1755: viene istituita presso l'Università di Napoli la prima cattedra di economia

politica in Europa (denominata cattedra di commercio e di meccanica), affidata al grande teorico dell'economia Antonio Genovesi, il cui pensiero influì molto sull'Illuminismo dell'Italia meridionale.

• 1759:Alla partenza di Carlo, divenuto re di Spagna, salì al trono all'età di soli 8 anni Ferdinando IV.

• 1798: I francesi occupano Roma. Un tentativo di contrastare i transalpini in territorio vaticano fu attuato delle truppe del Regno di Napoli il 23 novembre, quando 70.000 uomini dell'esercito napoletano, al comando del generale austriaco Karl von Mack, penetrarono nel territorio della Repubblica Romana per ristabilire l'autorità papale, ma il successivo 14 dicembre una controffensiva francese li costrinse ad una repentina ritirata. L'operazione, dunque, si risolse in un insuccesso ed i francesi si trovarono la strada aperta verso Napoli. Il 22 dicembre il re abbandonò il Regno di Napoli per rifugiarsi in Sicilia, lasciando la città di Napoli praticamente indifesa; gli unici ad opporsi all'invasione francese (dal 13 al 23 gennaio 1799) furono i cosiddetti lazzari.

• 1799: Viene proclamata la Repubblica Partenopea, ma già Il 13 giugno 1799 i sanfedisti, comandati dal cardinale Fabrizio Ruffo, ripresero la città di Napoli restituendola alla monarchia borbonica (regnante, durante la repubblica, sulla sola Sicilia). Nel frattempo, il 7 maggio, la città partenopea era stata già abbandonata dai francesi, richiamati nel settentrione d'Italia a causa dell'ingresso in Italia dell'esercito russo di Suvorov.

• 1805: Dopo la vittoria di Austrerlitz del 2 dicembre, Napoleone occupò nuovamente con le sue truppe il reame di Napoli, dichiarando decaduta la dinastia borbonica e nominando suo fratello Giuseppe Bonaparte re di Napoli.

• 1806: il 2 agosto fu emanata la celebre legge che pose fine al sistema feudale nel Regno di Napoli. La lotta alla feudalità, ripresa in questo periodo con gran vigore grazie al fondamentale contributo di giuristi come Giuseppe Zurlo e Davide

Winspeare, fu continuata da Gioacchino Murat e riuscì infine a portare ad un taglio netto col passato. Tuttavia le riforme riuscirono solo in parte a raggiungere il loro obiettivo principale, cioè far nascere una piccola e media proprietà contadina: ciò avvenne quasi esclusivamente nelle aree più sviluppate del Regno, mentre nelle aree rurali i vecchi feudi rimasero per gran parte nelle mani dei nobili. La fine della

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feudalità portò comunque notevoli progressi in campo giurisdizionale ed

amministrativo, mettendo fine agli innumerevoli e confusi cavilli legislativi che regolavano l'amministrazione dei feudi e la loro proprietà e riportando il tutto sotto l'unica legislazione dello Stato.

• 1808: A Giuseppe Bonaparte, chiamato a regnare sulla Spagna, successe Gioacchino Murat, che regnò sino al maggio 1815, riprendendo per sé il titolo di Re delle Due Sicilie, cancellando l'autorità amministrativa del Regno di Sicilia e accentrando il potere in un'unica nazione con capitale Napoli. Il nuovo governo seguì una linea rivolta a decentrare alcune funzioni che in passato erano state prerogativa esclusiva di Napoli. Nuovo rilievo acquistarono i capoluoghi provinciali, sedi degli uffici dell'Intendenza; un decentramento analogo a quello realizzato nel campo

dell'amministrazione civile avvenne anche nei settori delle altre amministrazioni, militare, giudiziaria e finanziaria.

• 1812: prima struttura in Italia appositamente deputata alla funzione di osservatorio astronomico (Osservatorio Astronomico di Capodimonte).

• 1816: Ritorno dei Borbone. Ferdinando IV riunisce in un unico Stato i regni di Napoli e Sicilia con la denominazione di Regno delle Due Sicilie, abbandonando per sé il nome di Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia ed assumendo quello di

Ferdinando I delle Due Sicilie. Sino al Congresso di Vienna (1815) il Regno di Sicilia, rappresentato dal Parlamento Siciliano, aveva mantenuto una propria indipendenza, nonostante l'unione personale (ovvero unico re per due regni) con il Regno di Napoli, ma nei fatti i due regni erano indipendenti l'uno dall'altro.

• 1820: Moti Costituzionali. L'iniziativa del moto rivoluzionario nel napoletano fu presa in seguito al successo della rivolta costituzionale spagnola del gennaio dello stesso anno, che portò il re a riconcedere la Costituzione del 1812. Il colpo di stato nel Regno delle Due Sicilie fu attuato con l'ausilio della Carboneria e degli alti ufficiali delle Forze Armate, tra cui Guglielmo Pepe, che assunse il comando delle forze rivoluzionarie. Ferdinando, constatata l'impossibilità di soffocare la rivolta (rapidamente diffusasi in molte province), il 7 luglio 1820 concesse la Costituzione spagnola del 1812 e nominò suo vicario il figlio Francesco. Il primo ottobre

iniziarono i lavori del nuovo parlamento eletto alla fine di agosto, nel quale prevalevano gli ideali borghesi diffusi nel decennio francese. Tra gli atti del parlamento vi furono la riorganizzazione delle amministrazioni provinciali e comunali e provvedimenti sulla libertà di stampa e di culto.

• 1821: Metternich, preoccupato delle conseguenze che il moto napoletano avrebbe potuto suscitare negli altri stati italiani, organizzò un intervento armato austriaco con lo scopo di sopprimere il governo costituzionale napoletano. Il governo napoletano, che sperava invano in una difesa della Costituzione da parte di Ferdinando I a Lubiana, decise per la resistenza armata contro l'aggressione austriaca. A marzo il Regno delle Due Sicilie fu attaccato dalle truppe austriache, le quali sconfissero l'esercito costituzionale napoletano comandato da Guglielmo Pepe. Napoli venne occupata, la costituzione venne sospesa e cominciarono le repressioni.

• 1825: Ferdinando I muore e sale al trono suo figlio Francesco I. I suoi sei anni di regno furono caratterizzati da progressi in campo economico, tuttavia sul piano politico egli perseguì una politica reazionaria aderente alle direttive austriache del 1821.

• 1827: Il governo di Francesco I ottiene un importante successo politico riuscendo a far sgomberare il Regno dalle truppe austriache che lo occupavano dal 1821.

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• 1830: Alla morte di Francesco I, il Regno passò al figlio Ferdinando II. Il suo governo fu caratterizzato da riforme volte a migliorare l'economia e

l'amministrazione dello Stato. In particolare in campo finanziario fu attuata una notevole diminuzione della fiscalità, resa possibile, tra l'altro, da un'oculata spesa pubblica e dalla diminuzione delle spese di Corte. Inoltre bisogna sottolineare lo sforzo sostenuto dal Regno in campo industriale, che permise la nascita dei primi nuclei di un settore manifatturiero moderno.

• 1839: Prima ferrovia in Italia, il primo sistema di fari lenticolari in Italia, la prima illuminazione a gas in Italia ed il primo esperimento di illuminazione elettrica delle strade.

• 1841: Primo osservatorio vulcanico e sismologico del mondo, l'Osservatorio Vesuviano.

• 1848-1849: Con la riaffermazione di movimenti regionalistici risvegliati dalla recente crisi europea, il Regno delle Due Sicilie vide scoppiare una nuova insurrezione in Sicilia, avvenimento che innescò moti similari nel resto del reame e di conseguenza nel resto d'Italia, con risvolti decisivi per la successiva storia nazionale. In un primo momento la rivolta vide la partecipazione massiccia dei popolani palermitani a cui seguì l'adesione della borghesia liberale, mossa soprattutto dalla volontà di

ripristinare la Costituzione del 1812. Dopo sanguinosi scontri un esercito popolare riuscì a scacciare la luogotenenza generale e gran parte dell'esercito borbonico dalla Sicilia, costituendo un «comitato generale rivoluzionario». L'estensione del

movimento insurrezionale alla Campania ed al resto del Regno fu immediato e il re, dopo alcuni tentativi di frenare il movimento con caute concessioni, cercò di arginare le richieste liberali concedendo la Costituzione. In settembre, dopo aver richiamato in patria l'armata napoletana schierata in Lombardia a sostegno della I guerra

d'Indipendenza intrapresa dal Lombardo-Veneto contro l'Austria ed aver sospeso le attività parlamentari, il re decise di reprimere con la forza anche il separatismo siciliano. Già con il cosiddetto decreto di Gaeta Ferdinando II di Borbone riconquistò il possesso della Sicilia grazie alle azioni militari guidate del Generale Carlo

Filangieri, sciogliendo l'assise e bombardando le piazzeforti della città di Messina (azione che fece guadagnare a Ferdinando II l'appellativo di "re bomba"). La dura repressione borbonica dell'estate del 1849 contro un governo provvisorio ormai instabile, decretava la fine dell'esperienza rivoluzionaria del 1848-1849 e l'ulteriore allargamento del preesistente divario tra la classe politica siciliana e quella

napoletana. Con gli eventi del biennio '48-'49 quindi le idee progressiste e

l'atteggiamento tollerante di Ferdinando II vennero meno: il sovrano assunse una condotta inflessibile che, da un lato, gli consentì di riprendere il controllo del suo regno ma, dall'altro, fece sì che egli fosse dipinto come un "mostro" dalla stampa liberale europea.

• 1859: Sale al trono Francesco II. Il suo regno, per quanto breve, fu molto intenso, in quanto dovette far fronte prima ad una sommossa scoppiata nel 3º Reggimento Svizzero a Napoli, poi dovette affrontare la spedizione dei Mille e la delicata trasformazione costituzionale del suo regno. Travolto dagli eventi non riuscì a rompere l'isolamento politico del Regno ed a impedirne la dissoluzione.

• 1861: Il Regno Delle Due Sicilie cessò di esistere il 20 marzo 1861, giorno della resa della fortezza di Civitella del Tronto, ultima roccaforte borbonica. Nasceva il Regno d'Italia.

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di sommosse e rivolte, fino a dar luogo ad una diffusa guerriglia contro il governo unitario, il cosiddetto brigantaggio, impegnando gran parte del neonato esercito in una repressione spietata, tanto da venire considerata da molti una vera e propria guerra civile. Quest'ultimo avvenimento in particolare fu uno dei primi e più tragici aspetti della cosiddetta Questione Meridionale.

• 1861-1876: Governo della Destra Storica. Gli uomini della Destra affrontarono i problemi del Paese con energica durezza: estesero a tutta la Penisola gli ordinamenti legislativi piemontesi (processo chiamato "Piemontesizzazione"); adottarono un sistema fortemente accentrato, accantonando i progetti di autonomie locali;

applicarono un'onerosa tassazione sui beni di consumo, come la tassa sul macinato, che gravava soprattutto sui ceti meno abbienti, per colmare l'ingentissimo disavanzo del bilancio. In politica estera, gli uomini della Destra storica vennero assorbiti dai problemi del completamento dell'Unità. Nel 1876 venne conseguito il pareggio del bilancio dello Stato, ma gravi problemi rimanevano sul tappeto: il divario fra

popolazione ed istituzioni, l'arretratezza economica e sociale, gli squilibri territoriali. Un voto parlamentare portò alla caduta del governo di Marco Minghetti, e al

conferimento della carica di primo ministro ad Agostino Depretis, guida della Sinistra storica.

• 1876-1900: Governo delle Sinistra Storica. Nel 1876, la Sinistra si presentò alle elezioni con un programma protezionista. Si faceva portavoce delle rivendicazioni contro la Destra storica. Con la crisi economica in Europa (1873) crebbe la miseria dei braccianti; questo provocò i primi scioperi agricoli. Il protezionismo si tradusse nell'intervento dello Stato, aggiunto ai dazi doganali, che limitavano le importazioni e favorivano il commercio interno. L'interesse del governo si rivolse al rafforzamento dell'industria. La Sinistra storica cercò di migliorare le condizioni di vita della

popolazione: con la legge Coppino del 1877 fu ribadita l'istruzione obbligatoria e con la riforma della legge elettorale del 1882 il diritto di voto fu esteso a chi avesse frequentato i primi due anni di scuola o pagasse almeno 20 lire di tasse annue. Ebbe inizio un ciclo di rapida industrializzazione; si affermò il movimento operaio; l'economia progredì, favorita dall'adozione di misure protezionistiche e dai finanziamenti concessi dallo Stato e da alcune importanti banche.

L'industrializzazione ebbe i suoi punti di forza nella siderurgia e nella nuova industria idroelettrica, che sembrava risolvere una delle debolezze dell'Italia, paese privo di materie prime essenziali come il carbone e il ferro. Utilizzando l'acqua dei laghi alpini e dei fiumi fu possibile ottenere energia senza dipendere dall'estero per l’acquisto del carbone. Una grande esplosione di protesta popolare si registrò in Sicilia dopo il 1890 e vide migliaia di contadini, spinti dalla crisi che impoveriva l'economia dell'isola, battersi per una riforma agraria. Il governo, presieduto da Francesco Crispi, decretò l’occupazione militare della Sicilia e la condanna dei capi sindacali. Con Crispi, che sostituì Depretis nel 1887, la Sinistra prese una svolta autoritaria, nel tentativo di consolidare i possedimenti coloniali e di estenderli all'intera Etiopia; di sviluppare il mercato interno favorendo l'esportazione verso nuovi mercati. La realtà era ben diversa, però, dal progetto di Crispi: una forte collusione tra potere economico e potere politico paralizzava lo sviluppo del Paese e

soprattutto del Mezzogiorno. Alcuni economisti ritengono che l'economia sia stata in questo periodo "un processo artificioso" prodotto dallo statalismo economico e non dalla libera iniziativa privata.

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