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A mio Nonno Giuseppe, che ha sempre creduto in me. Oggi, Nonno, dovevi essere in prima fila e gioire per me, invece la vita ha deciso per noi, ma

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A mio Nonno Giuseppe, che ha sempre creduto in me.

Oggi, Nonno, dovevi essere in prima fila e gioire per me, invece la vita ha deciso per noi, ma sono sicura che mi starai guardando lo stesso e che insieme festeggeremo. Dedico questo traguardo a te Nonno, che a ogni mia partenza ci stavi male ma ad ogni mio ritorno scoppiavi di gioia, alle tue chiamate ogni sera dopo cena, alla tua felicità quando mi guardavi negli occhi, orgoglioso di me. A te Nonno, che sei stato sempre presente e disponibile nella mia vita ti dico grazie, grazie per quello che mi hai dato e per i sacrifici fatti.

Oggi voglio ringraziarti anche io così e spero che da lassù continui ad essere fiero di me, come lo sei sempre stato.

Da sempre ti sento vicino, anche oggi che non ci sei.

A MIO NONNO, LA TUA MARTY.

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INDICE

INTRODUZIONE ……… 2

CAPITOLO 1: Counselling e allattamento ………. 5

CAPITOLO 2: Fisiologia e anatomia della mammella ………..15

CAPITOLO 3: Dal processo di lattazione alla montata lattea …………..24

CAPITOLO 4: Allattamento al seno e latte materno, un binomio perfetto

per ogni bambino ……….35

CAPITOLO 5: Allattamento al seno e salute ………. 42

CAPITOLO 6: Valutazione della buona crescita del bambino attaccato al seno ……….. 49

CAPITOLO 7: La salute della donna che allatta al seno ………. 58

CAPITOLO 8: La patologia nell’allattamento al seno ……… 64

CAPITOLO 9: Farmaci e allattamento al seno……… 73

CONCLUSIONI ……… 81

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Quando la divina Era si accorse che il lattante attaccato al suo seno era Eracle, nato dagli amori adulterini del suo sposo Zeus con la bella ninfa Alcmena, lo allontanò con rabbia da sé; ma il latte continuò a sgorgarle dal seno lasciando una striscia bianca nel cielo. Fu così la via Lattea”.

Il mito, uno dei tanti che appartengono al ciclo dei tradimenti di Zeus e delle vane collere di Era, è il più famoso tra i numerosissimi miti che presso tutte le popolazioni del mondo rimandano al tema dell’allattamento. Il segno, eloquente, questo, dell’importanza che tutte le culture umane hanno rivolto a questa delicata funzione della donna.

Presso i popoli antichi, l’allattamento al seno si presenta quasi come una scelta senza alternative. Il primo che si interessò della salute della donna e del bambino, fu il grande rappresentante della medicina greca Ippocrate di Coo. Nel suo “Corpus Hippocraticum” si fa cenno, per la prima volta, alla nutrizione del neonato ed al mistero della formazione del latte materno.

Ma per trovare dei veri insegnamenti di puericultura, dedicati alla nutrizione del neonato nei primi mesi di vita, dobbiamo aspettare Sorano di Efeso (98 – 138 d.C.). Il maestro efesino, fornì consigli pratici sulle modalità dell’allattamento al seno, come ad esempio quale fosse la posizione migliore per allattare e quale posizione dovesse assumere il bambino dopo aver poppato. Egli, affermò come nei primi due giorni di vita fosse necessario alimentare il neonato solamente con miele bollito e di aspettare altri venti giorni prima di attaccarlo al seno della madre, nutrendolo, nel frattempo, con il latte di altra donna. Teoria questa, contrastata dall’opinione di Damaste che, invece, consiglia di attaccare il neonato al seno della

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madre subito dopo la nascita, per consentire in tal modo una più rapida ed abbondante formazione del latte.

A Roma l’allattamento materno fu valorosamente difeso da medici e filosofi.

Il moralista Plutarco (50 – 120 d. C.) affermò che la natura aveva scelto per il seno una posizione alta rispetto al resto del corpo della donna, perché ella potesse abbracciare e affezionarsi al figlio mentre lo stava allattando.

Plutarco pensava prima di tutto al bene del bambino: infatti scrisse che “la protezione dell’infanzia è un dovere umano e sociale”. Nei primi tempi della repubblica Romana, l’allattamento materno fu compito fondamentale delle madri, ma si andò diffondendo sempre di più l’usanza dell’allattamento mercenario, a tal punto che l’autorità imperiale dovette intervenire per incentivare quello materno.

La perfezione del latte materno fu esaltata anche da Galeno di Pergamo (138-201 d. C.), il più grande medico greco dopo Ippocrate, che, nella sua opera “De sanitate tuenda”, affermò “…la provvida natura ha preparato per il neonato un alimento perfetto umido e caldo (secondo il classico schema ippocratico delle costituzioni) – il latte materno – e lo ha provveduto della sua innata capacità ad usarlo. Infatti il bambino appena nato allorché la madre introduce il capezzolo nella sua bocca, si attacca ed inghiotte prontissimamente”. Galeno soffermò la sua attenzione sull’importanza delle prime impressioni che si fissavano, attraverso il latte nell’animo del neonato; Il grande medico ripropose nella sua opera “De usus partium”, l’idea di un collegamento fra mammella ed utero, che era stata già ipotizzata da Ippocrate, ma legandola ora ad una specifica teoria sulla formazione del latte. Questa teoria identificava nel sangue il liquido corporeo fondamentale, che collegava, tramite arterie e vene, mammella ed

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utero, in modo da nutrire sia il feto (flusso verso il basso), sia il neonato (flusso verso l’alto). Il latte, come anche lo sperma, si sarebbe formato per

”cozione” (cioè cotto e sbiancato attraverso la circolazione dei vasi sanguigni). Da qui nacque la cosiddetta teoria della “emogenesi del latte”.

Galeno, ritenne l’allattamento incompatibile con il coito, infatti dal momento che, secondo lui, il latte si formava per cozione, sbiancamento del sangue, il latte della nutrice poteva “essere buono solo se il suo sangue è buono e abbondante.”

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CAPITOLO 1 Counselling e allattamento

1.1 Breve storia del Counselling

Si definisce counselling la capacità di relazionarsi e di potenziare il paziente a decidere il meglio per sé. Per poter relazionare con il paziente l’operatore deve avere una buona capacità di comunicare; è il trasmettere di emozioni, idee e sensazioni che ha permesso alla specie umana di evolversi.

La comunicazione è un processo di andata e ritorno. È importante sia diffondere il proprio messaggio, sia anche ascoltare e capire cosa hanno da dire gli altri e ciò che desiderano.

Il termine “counselling” deriva dal verbo inglese “to counsel” che risale a sua volta al latino “consulere” ovvero “venire in aiuto”.

Questo termine viene utilizzato per la prima volta nel 1908 dal riformatore sociale statunitense Frank Parsons, con riferimento a un’attività rivolta a problemi sociali o psicologici.

Negli Stati Uniti, agli inizi del Novecento, la parola “counselling” veniva utilizzata da alcuni operatori sociali per indicare l’attività di orientamento professionale da essi svolta nei confronti dei soldati che rientrano dalla guerra e che necessitano di una ricollocazione nel mondo del lavoro.

Sempre negli Stati Uniti, il successivo sviluppo del “counseling”, avviene attraverso lo svolgimento di una serie di interventi professionali in ambiti diversi e determinati, dall’orientamento scolastico a quello professionale, dall’assistenza sociale a quella infermieristica. (1)

Il counselling è quindi una relazione d’aiuto multiforme per individui, gruppi, famiglie e collettività con finalità e applicazioni diverse: compresi quelli della prevenzione e dell’emergenza sociale. Si sviluppa sull’idea fondamentale

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che ogni persona abbia gli strumenti dentro di sé per superare e affrontare le avversità della vita e aumentare la consapevolezza di sé e delle proprie scelte.

Grazie allo sviluppo delle teorie della personalità promosse dalla ricerca psicoanalitica e psicoterapeutica, il counselling diventa un intervento sempre più rivolto ai problemi personali e sociali, ma, il termine counselling comincia a configurarsi in senso moderno come “relazione d’aiuto”, con lo sviluppo della psicologia umanistico-esistenziale, e in particolare grazie al contributo degli psicologi statunitensi Carl Rogers (1902-1987) e Rollo May (1909-1994). (2)

L’approccio rogersiano centrato sulla persona costituisce una vera e propria rivoluzione rispetto ai precedenti orientamenti psicoterapeutici, andando a spostare l’attenzione dal problema all’individuo.

Questa teoria, così chiamata in quanto la persona stessa ne costituisce il centro, pone le sue basi in una fondamentale fiducia negli esseri umani.

Affinché l’aiuto sia valido e si produca, è necessario che la persona abbia delle risorse che siano emozionali, affettive o cognitive. (3)

Il counselling arriva in Europa alla fine degli anni cinquanta attraverso la Gran Bretagna e approda così anche nel nostro paese.

Nel Regno Unito il counselling ebbe forte radici nel settore del volontariato e si diffuse in modo particolare nei consultori, nei centri giovanili e negli ambulatori con servizi a sostegno della persona in risposta a criticità sociali.

Sempre in Gran Bretagna nascono le prime associazioni per la regolamentazione e la gestione della professione.

A livello europeo nel 1994, nasce EAC (European Association for Counselling) per assistere l’altro sviluppo del counselling come professione

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in Europa, garantirne il riconoscimento ufficiale nei vari paesi, rispondendo ai bisogni delle diverse nazionalità, con il compito anche di promuovere il riconoscimento della professione a livello di Parlamento Europeo.

Negli anni Venti, in Italia, con il Regio Decreto 21 Novembre 1929, n. 2330, si costituiscono formalmente una serie di attività di assistenza sociale, a carattere del tutto volontario.

Negli anni Novanta sorgono le prime associazione di Counselling che si propongono come obiettivo di promuovere la professione e definirne l’identità.

La legge 18 febbraio 1989 n. 56 prevede che il Counselling, in quanto tecnica di intervento, sia esclusa dall’ambito della psicoterapia. La definizione di counselor comincia dunque a essere utilizzata nell’ambito del lavoro.

Il percorso di regolamentazione della professione di counselling, approda nel 2013 a una conquista storica con l’approvazione della Legge 14 gennaio 2013, n.4. Consiste in un processo di apprendimento, attraverso un’interazione di counsellor e cliente che affronta problemi sociali, relazionali e emozionali. (4)

L’OMS definisce il counselling un processo che, attraverso il dialogo e l’interazione, aiuta le persone a risolvere e gestire problemi e a prendere decisioni; esso coinvolge un “cliente” e un “counsellor”: il primo è un soggetto che ha bisogno di essere aiutato, il secondo è una persona esperta pronta all’ascolto e al supporto del cliente. (5)

Il counselling è un’arte, come la vita, che danza con i colori dell’anima, un’arte che ama gli esseri umani e le sfumature della loro personalità.

Un’arte che introduce e conduce le persone a sé stesse. (A. Baiamonte)

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Il counselor aiuta le persone a ridipingere la loro realtà. Le abilità di counselling rappresentano lo strumento ideale per il sostegno dell’allattamento al seno. La donna ha tutte le competenze necessarie che devono essere promosse e valorizzate durante il percorso nascita con un ascolto empatico delle eventuali difficoltà e dei bisogni che possono emergere, sostenendo la fiducia nella possibilità di allattare, rafforzando il bagaglio informativo riguardo i comportamenti che possono facilitare l’allattamento e trovare le soluzioni più appropriate per superare gli ostacoli.

L’intervento di counselling è un validissimo sostegno alle neomamme nel periodo del puerperio, un periodo di novità, disagi e travolgenti emozioni.

1.2 L’intervento di counselling come sostegno all’allattamento materno

“Noi non veniamo dalle stelle o dai fiori, ma dal latte materno. Siamo sopravvissuti per l’umana compassione e per le cure di nostra madre.

Questa è la nostra principale natura”. (Dalai Lama)

Il counselling è alla base del successo della pratica dell’allattamento al seno e dovrebbe far parte del bagaglio di conoscenze in tutti quelli che si occupano di mamme e bambini.

Gli aspetti critici su cui il sostegno può essere più necessario sono: la gestione dell’allattamento notturno, la percezione di non avere latte a sufficienza, la stanchezza, il bisogno di recuperare i propri spazi di vita. A queste difficoltà si aggiunge l’intervento di persone esterne alla coppia, spesso poco o male informate, soprattutto per le mamme che allattano oltre l’anno di età.

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Ad oggi purtroppo sono ancora poche le donne che riescono ad ascoltarsi tanto da portare avanti questo compito così importante e fondamentale ed è triste affermare che l’allattamento non è più un gesto spontaneo e naturale, ma è diventato un’attività condizionata dalla cultura di riferimento.

La formazione necessaria ad acquisire abilità nel counselling è un lavoro di squadra che, cominciando con l’accompagnamento al parto, proseguirà in ospedale e poi sul territorio.

La necessità di praticare un buon counselling è scaturita dal fatto che la mamma, dopo aver fatto ritorno a casa, si trova quasi sempre sola e soprattutto sommersa da messaggi contrastanti e imprecisi.

Il counselling è l’abilità nel consigliare, ma per consigliare, bisogna conoscere molto bene l’argomento, essere competenti, obiettivi e indipendenti, bisogna avere buone capacità di comunicazione.

È molto importante infondere fiducia, dare sostegno e prima di correggere qualcosa che la mamma fa scorrettamente, sottolineare anche un piccolo aspetto che va bene.

Comprendiamo bene l’importanza della comunicazione, in un momento particolare in cui la mamma è in preda ai sentimenti più contrastanti: la gioia per la nascita, il dolore per il parto, ansia e dubbi sulla capacità di nutrire e accudire il proprio bambino, perciò, entrare in punta di piedi “aiutare la coppia madre-bambino ad aiutarsi” e uscire subito dopo, consapevoli di aver trasmesso il nostro sapere.

Lo scopo è facilitare la donna a conoscere e far emergere le proprie risorse e a creare le condizioni relazionali e ambientali che contribuiscono al suo benessere. (6)

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Le abilità di counselling in allattamento sono inoltre promosse dall’OMS/UNICEF per gli operatori a contatto con madri e bambini.

Per sostenere la madre e rinforzare le sue competenze e quelle del suo piccolo, è fondamentale che l’operatore sappia ascoltare attivamente. La pratica dell’ascolto permette ai professionisti di comprendere i bisogni e i desideri della madre, offrendo le informazioni in modo personalizzato e incentrato nel contesto quotidiano della mamma e del bambino.

Vengono segnalate difficoltà e ostacoli, anche dove l’allattamento materno è promosso attivamente. I problemi che le mamme riferiscono riguardano il vissuto di contrapposizione tra il loro benessere e quello del bambino: il senso di colpa se l’allattamento non si avvia subito nelle modalità attese; la scarsa attenzione degli operatori ai ritmi di vita e di lavoro della madre, di cui si tiene poco conto quando si parla di allattamento esclusivo. A questo si associano le informazioni scorrette che ancora oggi vengono date alle madri e che rendono difficile l’avvio dell’allattamento, come la durata prestabilita delle poppate, la doppia pesata, l’allattamento a orari, che sono patrimonio di una vecchia puericultura, ormai superata dalle nuove conoscenze sullo sviluppo del bambino.

Il rischio di indurre nella madre un senso di inadeguatezza e farla sentire sola, poco compresa, non è tanto legato ai contenuti quanto all’atteggiamento degli operatori sanitari e delle persone della propria rete di relazioni. Non si tratta di “prescrivere” alla madre l’allattamento esclusivo fino a 6 mesi quanto, piuttosto, di ascoltarla, chiederle come si sente e cosa pensa, quali sono i suoi bisogni, offrire informazioni sulle buone pratiche al momento opportuno e aiutarla a valutare in quale modo i bisogni suoi e del

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bambino possano essere conciliati con successo e soddisfazione di entrambi. (7)

1.3 I messaggi chiave per il counselling della donna che allatta: cosa, quando e come

Le abilità di counselling in allattamento non sono mirate a “dare consigli e informazioni generalizzate”, ma a creare e mantenere una relazione basata sull’ascolto attivo e finalizzata alla promozione del senso di fiducia della madre nelle proprie capacità. Attraverso l’ascolto l’operatore può aiutare la donna a individuare attivamente gli ostacoli, soprattutto nel momento immediatamente successivo al parto e al ritorno a casa.

Per ascoltare, comprendere e creare una relazione accogliente, basata sulla fiducia, l’operatore deve avere a disposizione strumenti e competenze specifiche per essere in grado di:

- Saper cogliere le caratteristiche delle proprie modalità comunicative e nello stesso tempo porre attenzione a quelle della mamma;

- Applicare il metodo del rispecchiamento empatico: saper porre domande aperte, saper rimandare o restituire contenuti ascoltati ed emozioni osservate con un messaggio in prima persona;

- Essere empatico, comprendere come la madre si sente e restituire questa comprensione;

- Evitare di essere giudicante, usando espressioni o parole che esprimono una valutazione.

Per dare sostegno e rafforzare il rapporto di fiducia, l’operatore può:

- Accettare in modo non giudicante ciò che una madre pensa e sente;

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- Riconoscere, valorizzare e rinforzare i comportamenti che la madre riferisce come positivi per sé, per il proprio bambino e per il loro rapporto;

- Offrire un aiuto pratico, soprattutto durante la degenza in ospedale;

- Offrire informazioni rilevanti, chiare e significative per la mamma, con un linguaggio adeguato;

- Proporre possibili soluzioni e facilitare la mamma nella scelta di quella più adeguata in quel momento alle sue specifiche esigenze.

L’OMS e Unicef rendono disponibili esempi pratici, esercitazioni, dimostrazioni sull’applicazione delle competenze di counselling a sostegno dell’allattamento. Si tratta di competenze che richiedono formazione, tempo e pratica per essere interiorizzate dagli operatori sanitari e da coloro che si occupano di sostegno alla genitorialità, fino a diventare parte integrante della professionalità, insieme alle competenze tecnico-scientifiche, del ruolo svolto. (8)

Anche il programma “GenitoriPiù” ha messo a punto una serie di raccomandazioni sull’uso delle abilità di counselling a favore dell’allattamento al seno nel percorso nascita.

Per facilitare il passaggio da una visione teorica o lontana dell’allattamento della donna in attesa, all’esperienza diretta come comportamento, è necessario:

A) in gravidanza:

- esplorare le conoscenze della futura mamma e anche della famiglia, in quanto quest’ultima esercita maggiore influenza di quella degli operatori;

- introdurre e integrare in modo equilibrato le informazioni adeguate sui vantaggi, benefici e bellezza sull’allattamento al seno;

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- costruire con la mamma una mappa degli obiettivi desiderati, degli ostacoli immaginati e delle risorse utilizzabili.

- aiutare la mamma a costruire un’immagine realistica e concreta dell’allattamento al seno, colmando carenze informative teoriche o pratiche.

B) al momento del parto:

- dare attenzione alla mamma e non solo al bambino e considerare che la coppia mamma-bambino si crea in quel momento. Ciò significa parlare con la madre, ascoltarla, capire cosa pensa e cosa prova.

C) nei primi giorni dopo il parto:

dare tutte le indicazioni e le informazioni utilizzando le strategie dell’informazione personalizzata. In particolare:

- predisporsi all’attenzione, all’ascolto attivo e valutare il bisogno di informazioni;

- chiarire cosa la mamma sa già e desidera sapere;

- non dare troppe informazioni alla volta, facilitare l’esplicitazione di dubbi e domande;

- porre attenzione alle emozioni;

- verificare quanto e cosa la mamma ha compreso;

- usare un linguaggio chiaro e comprensibile;

- completare ogni indicazione e informazione di comportamento e l’incoraggiamento e la verifica della comprensione dei messaggi;

- rispettare i tempi della mamma;

- tenere conto di bisogni, cultura, difese, stato emozionale della mamma;

- evitare ogni atteggiamento colpevolizzante.

D) nel sostegno alla mamma dopo il ritorno a casa:

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- individuare eventuali ostacoli all’allattamento materno esclusivo nelle dinamiche familiari e gli strumenti a disposizione della mamma e della famiglia per superare questi ostacoli;

- capire quali comportamenti, modalità e azioni non adeguatamente apprese richiedono un intervento educativo;

- proporre azioni per accrescere la motivazione a proseguire l’allattamento al seno;

- dare indicazione di aiuti concreti disponibili sul territorio. (9)

È fondamentale che quando si parla di allattamento al seno o latte materno, si fornisca un’informazione chiara, fondata sulla realtà e sulla fisiologia, rispettosa dei sentimenti sia delle mamme che allattano sia di quelle che non allattano. Un messaggio che non sia veicolo di pregiudizi culturali, ma al contrario contribuisca a cambiare positivamente la cultura dell’allattamento e che abbia un’utilità concreta a sostegno delle mamme e dei bambini.

La comunicazione sull’allattamento al seno deve essere quindi rispettosa del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, che, garantisce un’alimentazione sicura e adeguata dei bambini.

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CAPITOLO 2 Fisiologia e anatomia della mammella

2.1 Struttura anatomica e fisiologica della mammella

Per conoscere le malattie della mammella bisogna indagarne la struttura, cioè avere ben presente quali sono gli elementi che la compongono. Questo ci permette di interpretare tempestivamente eventuali sintomi o disfunzioni ed attivare un campanello d’allarme.

La mammella, nel genere umano ha grandezza e forma variabile in base a molti fattori, come genetica, età, elasticità della pelle e percentuale di massa grassa. Oltre che strumento di nutrizione della prole, la mammella è, dopo la pubertà, una caratteristica sessuale secondaria della donna e rappresenta una parte del corpo erogena, molto sensibile e considerata fonte di attrazione sessuale.

Con il termine “seno” ci si riferisce allo spazio compreso tra le mammelle, nella lingua italiana la parola “seno” viene comunemente usata come sinonimo di “mammella”. Anche il termine “petto” viene in italiano utilizzato come sinonimo di mammella, ma va ricordato che in realtà in medicina con il termine “petto” si indica il torace nel suo insieme, e non solo le mammelle.

La mammella è un organo ghiandolare, pari e di forma emisferica, posto nella regione anteriore del torace, ai lati della linea mediana, localizzata tra il terzo e il sesto spazio intercostale.

La mammella poggia in particolare su due strutture muscolari: una più esterna, muscolo grande pettorale, ed una profonda, muscolo piccolo pettorale.

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L’organo è costituito da due parti fondamentali: tessuto adiposo e strutture ghiandolari; nel complesso queste componenti costituiscono la ghiandola mammaria. (Figura 1).

Figura 1 Anatomia della mammella

La mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.

È composta da varie componenti:

- componente ghiandolare: (15-20 lobi), ognuno dei quali ha uno sbocco verso il capezzolo attraverso un dotto galattoforo;

- componente adiposa: in cui sono inserite ed immerse le strutture ghiandolari;

- componente fibrosa di sostegno: che genera suddivisioni tra le diverse appendici ghiandolari. (10)

La ghiandola mammaria è una ghiandola esocrina, ovvero a secrezione esterna. Essa è formata da un complesso di strutture simile ad acini che

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producono latte sotto controllo dell’ormone ipofisario prolattina. Tale struttura è connessa ad una rete di dotti galattofori, deputati ad incanalare le secrezioni verso il capezzolo.

Il capezzolo lo troviamo all’apice della mammella, di forma conica presenta gli sbocchi dei dotti galattofori, a loro volta chiamati pori lattiferi, in genere 15-20. Il capezzolo può essere più o meno sporgente; può in alcuni casi essere depresso (capezzolo introflesso), ma se stimolato si estroflette. Se, invece, il capezzolo rimane permanentemente introflesso, parliamo di retrazione del capezzolo, situazione questa, da tenere sotto controllo.

L’areola è la regione pigmentata che circonda il capezzolo, del diametro di circa 3-5 cm. Le piccole sporgenze dell’areola (tubercoli di Montgomery) sono determinate dallo sbocco superficiale delle ghiandole sebacee. Il colore dell’areola e del capezzolo varia da donna a donna e può variare in situazione particolari, come ad esempio in gravidanza quando l’areola diviene più scura e più grande.

Sia il capezzolo che l’areola sono dotati di fibre muscolari lisce, disposte sia circolarmente che radialmente, che ne permettono la contrazione, formano strutture che prendono il nome di muscoli areolari. La contrazione genera l’erezione del capezzolo ed il corrugamento dell’areola. Ciò permette nel periodo, dell’allattamento, un agevole deflusso del latte materno, cioè il nutrimento che, in seguito al parto, la madre fornisce al neonato. (11) I fasci fibrosi della mammella, detti retinacoli, si portano in profondità e dividono il parenchima ghiandolare in lobi e lobuli. Ogni lobulo comprende gli alveoli che fungono da unità secernenti. Gli alveoli sono rivestiti da epitelio semplice poggiante su una membrana basale in cui sono intercalate cellule mioepiteliali che favoriscono la progressione del secreto attraverso

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dotti di calibro crescente. Si comincia con i dotti alveolari per continuare in quelli lobulari ed arrivare ai dotti galattofori. Ogni lobulo ha il suo dotto galattoforo che sbocca lateralmente al capezzolo in un’ampolla, che prende il nome di seno galattoforo.

L’epitelio da cubico semplice dei dotti alveolari diventa pluristratificato non cheratinizzato nei dotti galattofori.

La mammella è attraversata da vasi sanguigni e linfatici. L’arteria mammaria esterna, ramo dell’arteria ascellare, è responsabile della vascolarizzazione della regione superficiale della mammella e dei quadranti laterali della ghiandola mammaria. Le vene fanno capo alle vene cefalica, giugulare esterna, mammaria interna e intercostali. I linfatici posteriori e laterali fanno capo ai linfonodi ascellari, quelli mediali drenano nei linfonodi mammari interni. (12)

La mammella è organo bersaglio degli ormoni sessuali e, sotto il loro stimolo, subisce importanti modificazioni nel corso di tutta la vita. Con la comparsa della prima mestruazione (menarca), inizia nella donna un rapido sviluppo mammario che coinvolge principalmente la crescita dei dotti, mentre cominciano a manifestarsi i primi abbozzi rudimentali degli acini. Lo stroma è più rilassato e più ricco di cellule e cresce anche la rete dei vasi sanguigni. Con l’instaurarsi dei cicli mestruali regolari, prosegue la crescita dei dotti sotto lo stimolo degli estrogeni ed inizia lo sviluppo degli acini in seguito all’azione combinata degli estrogeni e del progesterone prodotti dopo l’ovulazione.

Gli ormoni più importanti sono gli ormoni sessuali femminili prodotti dall’ovaio: gli estrogeni e il progesterone.

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Gli estrogeni inducono la crescita dei dotti mammari favorendo la proliferazione delle cellule epiteliali che li rivestono internamente e stimolando la formazione dei nuovi vasi sanguigni e la permeabilità del tessuto connettivo che li circonda. È l’azione degli estrogeni sullo stroma che favorisce l’aumento di volume della mammella durante il ciclo mestruale e la possibile comparsa di dolore mammario nelle donne in cui la stimolazione degli estrogeni è eccessiva. Il progesterone è prodotto dall’ovaio dopo l’ovulazione e favorisce la crescita e la differenziazione degli acini preparandoli alla loro funzione secretoria, cioè a produrre latte.

Anche se gli ormoni sessuali, soprattutto gli estrogeni, sono considerati i più importanti per la crescita mammaria, il controllo globale di tale funzione è mediato dagli ormoni di una ghiandola situata nel cervello, l’ipofisi. Negli anni ’40 fu ipotizzata l’esistenza di ormoni mammogeni prodotti dall’ipofisi.

Questi ormoni sono la prolattina e l’ormone della crescita che sono in grado di svolgere funzioni proprie. (13)

L’anatomia della mammella è diversa di donna in donna, presenta caratteristiche molto personali nella forma, nella dimensione e nella simmetria. Queste differenze dipendono, in gran parte, dalla presenza di maggiore o minore quantità di adipe e della sua distribuzione. Donne con seno grande e donne con seno piccolo possono avere le stesse possibilità di allattare perché il volume della mammella è indipendente dalla sua funzionalità.

Non influiscono sulla possibilità di allattare le dimensioni, la forma e l’eventuale presenza di asimmetrie della mammella (Figura 2), mentre possono comprometterla una spiccata ipoplasia del tessuto ghiandolare che si associa in genere alla mancanza dei cambiamenti fisiologici di

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aumento delle mammelle durante la gravidanza e che può essere anche asimmetrica. Poiché la parte ghiandolare è indispensabile per la produzione del latte, una qualsiasi alterazione sia della quantità, sia dei circuiti necessari per la produzione può comprometterla, come è stato segnalato in caso di biopsie estese, traumi importanti o terapie radianti della mammella.

La forma del capezzolo e della mammella non hanno influenza sulla capacità di allattare, ma se ne deve tener conto nella gestione dell’allattamento materno. (14)

Figura 2 Forma e dimensioni della mammella e del capezzolo

Oltre ad aver ben presente l’anatomia è importante conoscere quali sono le funzionalità della mammella. Nella donna la fisiologia della mammella cambia a seconda dell’età e delle condizioni fisiche. Infanzia, pubertà, gravidanza, allattamento e menopausa sono le fasi che caratterizzano le funzioni della mammella nel tempo.

Nel periodo infantile la mammella è simile nei due sessi; contiene solo alcuni dotti e tale si mantiene per il resto della vita del maschio. Nelle donne invece la mammella subisce profonde trasformazioni.

Durante la pubertà, sotto lo stimolo degli ormoni prodotti dalle ovaie, inizia la maturazione della ghiandola insieme al progressivo aumento di volume

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del seno. Con il ciclo mestruale, inoltre, la mammella va incontro a continui cambiamenti: nella settimana precedente la mestruazione il seno diventa turgido e può essere dolente, condizione che può protrarsi per tutta la fase mestruale. Nella fase post-mestruale la palpazione permette di scoprire più facilmente la presenza di eventuali noduli.

Ulteriori cambiamenti nella struttura della mammella si hanno con il progredire dell’età e soprattutto dopo la menopausa, quando il tessuto ghiandolare viene progressivamente sostituito da tessuto adiposo che è meno compatto e che fornisce il classico aspetto della mammella senile.

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2.2 Modificazioni della mammella durante la gravidanza

Uno dei primi segni evidenti della gravidanza riguarda le modificazioni del seno, in particolare l’aumento di volume delle mammelle. Fin dalle prime settimane di gravidanza, il corpo della futura mamma si prepara ai nuovi compiti che lo attendono: accogliere e nutrire il piccolo quando è ancora nell’utero e poi, subito dopo la nascita, nei primi mesi di vita. Per questo, il seno in gravidanza si trasforma, stimolato dagli ormoni, cominciano il loro percorso di avvicinamento all’allattamento e appaiono subito più gonfi, sensibili, aumenta di volume e diventa più turgido.

Le ghiandole al suo interno si mettono in funzione e avviano la produzione di colostro, il primo alimento del neonato. (16)

Nel primo trimestre di gravidanza il seno aumenta di volume, diventa più teso e duro. A partire dal terzo mese, possono comparire sui seni venature

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bluastre, causate dall’ingrossamento del reticolo venoso per assicurare un maggior afflusso di sangue. Nello stesso tempo, l’adipe sottocutaneo tende a diminuire rendendo più evidente la presenza delle vene. I vasi sanguigni della mammella possono trasparire attraverso la pelle e intorno al capezzolo si accentua il rilievo delle ghiandole di Montgomery, che producono secrezioni grasse necessarie per mantenere morbida la cute, mentre, l’areola che circonda il capezzolo inizia a diventare sempre più scura.

Durante i mesi dell’attesa le modificazioni della mammella avvengono sotto l’influenza di diversi ormoni: la prolattina, prodotta dall’ipofisi fin dalle prime settimane di gestazione, oltre al progesterone, l’ormone della crescita e l’ormone lattogeno placentare, prodotto dalla placenta a partire dalla quindicesima settimana.

La prima fase di cambiamento, detta cinetogena, prende il via all’inizio della gravidanza e prosegue fino al quinto mese, dove, la fase cinetogena termina e prende il via quella definita colostrogena.

Il tessuto ghiandolare si accresce: il numero degli acini aumenta e iniziano a ramificarsi i dotti galattofori da cui uscirà il latte materno. Nel frattempo il tessuto ghiandolare prolifera, quello adiposo tende a diminuire ed è per questo che la mammella risulta più sensibile alle stimolazioni esterne.

Nel corso del secondo trimestre di gravidanza all’interno dei lobuli inizia a formarsi un liquido simile a quello che sarà il colostro. In questo periodo i dotti galattofori continuano a crescere e a dilatarsi per poter far passare il liquido. Aumenta, nello stesso tempo, anche l’afflusso di sangue al seno.

Durante il terzo trimestre di gravidanza il seno diventa più pesante e per sostenerlo può essere utile acquistare dei reggiseni appositi. (17)

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Intorno al quinto mese, l’irrorazione sanguigna è tale che i capezzoli si allungano e si ingrossano, divenendo sempre più turgidi per aiutare il neonato a succhiare il latte materno, mentre, le areole si allargano scurendosi nel contempo per via di una maggiore pigmentazione.

Avvicinandosi al momento del parto, sarebbe bene preparare il seno all’allattamento, suggerimento valido soprattutto per quelle donne che hanno capezzoli poco sporgenti o addirittura retratti. Si possono compiere alcuni esercizi di manipolazione che aiutano ad abituare le mammelle alla funzione dell’allattamento. Durante il bagno o la doccia si può praticare un massaggio delicato sulla zona dell’areola e del capezzolo esercitando una leggera pressione per qualche minuto. Il movimento serve a rendere la pelle più robusta.

Uno dei problemi più comuni che riguardano il seno in gravidanza è dato dalla comparsa delle smagliature, dovute all’aumento delle dimensioni e alla mancanza di elasticità della pelle.

Gli acini iniziano a produrre colostro, una secrezione molto nutriente e ricca di anticorpi materni, che con il passare delle settimane riempie i dotti galattofori. Già durante l’attesa si può notare qualche goccia fuoriuscire dal capezzolo e la secrezione può essere più o meno intensa.

Sarà proprio il colostro a nutrire il bambino subito dopo la nascita, prima dell’arrivo della montata lattea. Questa si verifica, infatti, da uno a cinque giorni dopo il parto, a indicare che le ghiandole hanno cominciato a produrre il latte vero e proprio. Il turgore e la

sensazione di tensione al seno in gravidanza aumentano, per attenuare questa sensazione, è necessario attaccare il bambino con maggiore frequenza. (18)

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CAPITOLO 3 Dal processo di lattazione alla montata lattea

3.1 Fisiologia della lattazione

A condizionare il processo di lattazione ci sono diversi momenti. Il primo la quantità di parenchima mammario che si sviluppa dalla nascita fino alla pubertà. Il secondo la morfogenesi dei dotti e degli alveoli durante la prima gravidanza; poi abbiamo una modificazione mammaria che si verifica durante la transizione e la lattazione.

La produzione di latte dipende dal numero di cellule epiteliali mammarie e dalla loro attività. Durante il primo periodo di vita la crescita della mammella è proporzionale a quella corporea ed è influenzata sia dagli ormoni, che da alcuni fattori di crescita.

Dopo la pubertà l’evoluzione della mammella può essere suddivisa in quattro fasi: mammogenesi, lattogenesi, galattopoiesi e involuzione.

Ognuna di queste fasi è strettamente controllata dagli ormoni.

I gruppi di ormoni sono classificabili in “riproduttivi”, che hanno un importante ruolo di coordinamento con lo stato riproduttivo, “metabolici”, che invece hanno un ruolo biologico di coordinamento con il metabolismo, e

“locali”, che svolgono un’attività paracrina e autocrina. (19)

La prima fase dell’attività mammaria viene definita di mammogenesi ed è suddivisibile nel momento della morfogenesi dei dotti e in quella degli alveoli. Per lo sviluppo dei dotti hanno un ruolo importante il GH e gli estrogeni. Per la proliferazione degli alveoli sono importanti, oltre che gli

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estrogeni, il progesterone e la prolattina. Degli ormoni “metabolici” è importante il ruolo del GH e dell’insulina.

La fase successiva alla mammogenesi è la lattogenesi, detta anche montata lattea, è il processo attraverso il quale le cellule delle ghiandole mammarie assumono la caratteristica di secernere il latte. Tale processo è suddiviso a sua volta in tre fasi successive:

- La prima fase inizia da circa metà della gravidanza e termina il terzo giorno successivo al parto. A differenza delle fasi successive, non dipende dallo stimolo dato dalla suzione del capezzolo da parte del neonato, ma da fattori ormonali. Il latte prodotto è quantitativamente poco a causa dell’inibizione degli estrogeni e del progesterone prodotti a livello di placenta e assume il nome di colostro.

- La seconda fase inizia con l’espulsione della placenta e il conseguente aumento di secrezione della prolattina, dovuto al mancato feedback negativo degli ormoni placentari. La produzione di latte inizia massicciamente tra il secondo e il quarto giorno successivo al parto, ma dipende inizialmente solo da meccanismi endocrini, che via via viene parzialmente sostituita da una secrezione autocrina.

- La terza fase inizia circa due o tre settimane dopo il parto. Da qui in poi la produzione di latte non dipende praticamente più da fattori ormonali, bensì si instaura un meccanismo di produzione del latte basato sulla quantità quotidianamente rimossa. L’ossitocina e la prolattina prodotti dall’ipotalamo e dall’ipofisi in seguito allo stimolo dovuto alla suzione da parte del neonato contribuiscono rispettivamente a promuovere l’eiezione e la produzione del latte. (20)

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La galattopoiesi, che va dal nono giorno all’inizio dell’involuzione, altro non è che la lattazione vera e propria. La produzione del latte è regolata dalla suzione del bambino e dallo svuotamento del seno ed è sotto controllo autocrino. All’inizio della lattazione l’80% del glucosio viene utilizzato per la produzione del latte. Un ruolo di primo piano è quello del GH, che aumenta il flusso di sangue alla mammella. Oltre al GH, hanno un ruolo metabolico fondamentale sulla lattazione i corticosteroidi, l’ormone tiroideo e l’insulina.

Fondamentale, ai fini della lattazione, è il ruolo dell’ossitocina stimolata sia dalla suzione nell’allattamento, che dalla spremitura.

Importante è ricordare alcuni aspetti specifici dei principali ormoni coinvolti nella lattazione. Il GH ha un’azione diretta, aumentando il flusso di nutrienti alla mammella, e indiretta, tramite la stimolazione della produzione di IGF- 1 epatico. (21)

La prolattina (PRL), come abbiamo già visto, è essenziale dalla fase proliferativa degli alveoli mammari, fino alla seconda fase della lattogenesi.

Dopo il parto la PRL induce un periodo d’infertilità, riducendo l’ampiezza della secrezione ipotalamica di GnRH. La sua produzione ipofisaria è molto diversa dagli altri ormoni, in quanto la prolattina viene sintetizzata quando viene rimossa l’inibizione ipotalamica ad opera della dopamina. Durante la lattazione il TRH (fattore ipotalamico di rilascio tiroideo) stimola, insieme all’ossitocina, la produzione di PRL.

A stimolare la produzione di prolattina troviamo anche gli estrogeni e la serotonina. Questo ormone riproduttivo promuove a livello mammario la captazione degli amminoacidi e la trascrizione dei geni che producono caseina, lattoalbumina e acidi grassi.

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L’ultima fase è quella dell’involuzione, circa 40 giorni dopo l’ultima poppata, quando si introducono nella dieta del lattante cibi diversi dal latte, l’accumulo di peptidi inibitori la produzione del latte (Feedback Inhibitor Factor-FIL) riduce via via la produzione. (22)

Fin dalla prima mestruazione e successivamente dall’inizio della gravidanza, gli ormoni agiscono sul tessuto ghiandolare in modo diverso: gli estrogeni stimolano la crescita del sistema dei dotti galattofori; il progesterone aumenta le dimensioni degli alveoli e dei lobi; la prolattina favorisce l’aumento di volume della mammella. Anche i vasi sanguigni sottocutanei diventano visibili e aumenta la pigmentazione e la grandezza dell’areola e del capezzolo.

Le esigenze nutrizionali durante la lattazione sono maggiori durante la gravidanza. Se una donna si nutre a sufficienza durante la gestazione, disporrà di riserve energetiche adeguate sotto forma di grassi che possono essere utilizzate per compensare parzialmente l’aumentato fabbisogno alimentare. L’utilizzazione di questi grassi, associata alla perdita d’acqua accumulata durante la gravidanza e all’assorbimento del tessuto uterino, portano ad una perdita di peso durante le settimane immediatamente successive al parto.

Le donne dovrebbero essere informate sulla necessità di adottare una dieta adeguata per mantenere la lattazione senza esaurire le proprie riserve di nutrienti. L’attenzione si dovrebbe concentrare sull’apporto di proteine, calcio e vitamine.

Se i consigli riguardanti l’apporto calorico nella dieta per le gestanti vengono seguiti, il fabbisogno energetico addizionale medio durante i primi sei mesi della lattazione risulta essere pari a circa 2090 Kcal al giorno. Le quantità

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alimentari giornaliere per questo periodo e per i mesi successivi devono essere stabilite in base alle riserve materne di grassi e agli schemi di attività.

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La secrezione mammaria inizia con la produzione di un liquido particolare detto colostro. Dopo la montata lattea il colostro assume i caratteri del latte definitivo.

Distinguiamo tre fasi:

1- fase del colostro, fino al 5° giorno;

2- fase del latte di transizione, dal 6° al 10° giorno;

3- fase del latte definitivo, dopo il 10° giorno. (24)

Il colostro è l’alimento più adatto al lattante nei primi giorni di vita, ha un maggior contenuto di proteine e di Sali e un minor contenuto di grassi e glucidi, è ricco di provitamina A e di anticorpi IgA.

Nel latte di transizione c’è una riduzione di proteine e minerali, mentre lipidi e glucidi aumentano.

Nel latte definitivo c’è una riduzione ulteriore di protidi e di sali minerali, mentre aumentano ancora i lipidi e i glucidi.

L’unicità del latte materno su ogni altro latte nell’alimentazione del bambino si riscontra in:

- basso contenuto proteico con rapporto caseina/siero 1:2 circa (4:1 quello vaccino), con una conseguente minore durata della digestione gastrica;

- alto contenuto in lattosio, quindi in galattosio essenziale per la sintesi di galattosidi;

- alta percentuale di acidi grassi insaturi;

- basso contenuto in minerali con rapporto favorevole all’assorbimento del calcio;

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- alta percentuale di oligoelementi (Manganese, Zinco);

- alimento anallergico e sterile;

- alto contenuto di enzimi e ormoni. (25)

3.2 La montata lattea: cos’è, quando arriva e quali sono i sintomi

La montata lattea è l’inizio della produzione di latte materno “maturo” da parte della ghiandola mammaria: un evento che avviene in genere tre/quattro giorni dopo il parto, riconoscibile per il fatto che i seni tendono a diventare caldi, tesi e turgidi, spesso dolenti. In alcune donne il latte si presenta subito abbondante mentre per altre donne bisogna aspettare qualche giorno in più. In particolare, la montata lattea può essere più tardiva in caso di taglio cesareo. (26)

Tra i primi istinti del neonato c’è quello di cercare il seno materno, sia per nutrirsi sia per mantenere unito il legame con la madre. Prima avviene questo contatto, prima si accelera la produzione di ossitocina e prolattina, i due principali ormoni responsabili della produzione di latte materno.

Tuttavia, nelle prime poppate dell’allattamento il neonato non assimila il latte vero e proprio bensì il colostro, un liquido denso e vischioso, di colore variabile dal giallo all’arancio, povero di grassi e ricco di zuccheri, proteine, vitamina A e anticorpi. Inoltre, il suo potere lassativo aiuta il neonato a espellere le prime feci (meconio) e l’eccesso di bilirubina, riducendo il rischio di ittero. Il suo ricco bagaglio di anticorpi, infine, aiuta a proteggere il piccolo dal rischio di infezioni.

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Con il nome di montata lattea viene dunque chiamata la vera e propria salita del latte materno al seno, che è più bianco e ricco di nutrienti.

I tempi di evoluzione da colostro a latte maturo possono essere variabili da mamma a mamma. La raccomandazione, per tutte le mamme, per favorire l’arrivo della montata lattea è quello di attaccare il bambino al seno il prima possibile dopo il parto. (27)

Oltre che i tempi, anche i sintomi della montata lattea possono essere diversi da donna a donna. Alcune non avvertono segni significativi, ma in genere e nella maggior parte dei casi possono esserci e si può verificare:

- inturgidimento del seno, con sensazione di pesantezza, calore e tensione, a volte anche un po' dolorosa;

- comparsa di un reticolo di vene bluastre sulla superficie del seno;

- sensazione come di “spilli” all’interno della mammella;

- brividi di freddo, a volte ad ondate anche molto intense. I brividi possono interessare non solo il seno ma anche altre parti del corpo come schiena, braccia e gambe.

Se la montata lattea tarda ad arrivare la cosa più importante da fare è attaccare il neonato al seno per stimolare la produzione di prolattina.

Secondo alcuni studi, la produzione di prolattina sembrerebbe essere più alta nelle ore notturne, quindi di notte tenere il bambino il più vicino possibile soprattutto nei primi giorni. (28)

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3.3 L’importante ruolo degli ormoni

La prolattina e l’ossitocina sono gli ormoni principi dell’allattamento. Durante la gravidanza vengono prodotti automaticamente, e poi, nei giorni successivi, vengono fortemente influenzati dalle poppate del neonato.

La prolattina, stimola le cellule delle ghiandole mammarie alla produzione di latte, è sintetizzata dall’ipofisi e la sua produzione dipende principalmente da un meccanismo riflesso legato alla suzione (riflesso prolattinico). Quindi più il bambino viene attaccato al seno in modo corretto, più prolattina viene prodotta.

Quest’ormone ha una certa importanza nel mantenimento dell’omeostasi ed un ruolo fondamentale nella lattogenesi.

La prolattina entra in circolo durante ogni poppata per preparare la mammella alla poppata successiva, e per avere un’adeguata produzione di latte i livelli di prolattina devono essere mantenuti alti; soprattutto all’inizio, quindi, è necessario che il neonato viene attaccato spesso e in modo corretto, che la durata della poppata sia regolata dal bambino stesso, e che la mamma lo allatti anche di notte, quando la produzione di prolattina aumenta. (29)

La prolattina preserva anche effetti materni: fa sentire la mamma rilassata o sonnolenta e sopprime l’ovulazione; è per questo che, soprattutto durante i primi mesi di allattamento, la maggior parte delle donne non ha il ciclo mestruale. Attenzione però, l’allattamento non è un metodo contraccettivo efficace.

La prolattina è l’ormone che controlla la quantità di latte contenuta negli alveoli del seno, quindi, più il bambino viene attaccato al seno e più l’ormone

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lavorerà per rifornire di latte questi piccoli contenitori che si trovano nelle ghiandole mammarie.

La prolattina, aumenta e diminuisce la sua concentrazione nel sangue velocemente in base a stimoli esterni. Ad esempio, nel corso della notte, semplicemente riposandosi è possibile produrre una quantità maggiore di prolattina. Per questo motivo è anche importantissimo, per una donna che allatta, riposare quando possibile e non sottovalutare il riposo notturno.

Oltre a renderla meno stanca e più rilassata, favorirà il suo benessere psico- fisico e anche la lattogenesi. (30)

In particolare, alla nascita, di prolattina ce n’è talmente tanta che una mamma potrebbe allattare più neonati contemporaneamente. In seguito, man mano che i giorni passano e il bambino cresce, la prolattina scende a livelli più bassi.

In caso di due gemelli allattati a richiesta, invece, la prolattina lavora il doppio in modo da riuscire a soddisfare le richieste nutrizionali di entrambi i neonati.

I casi di iperprolattinemia, ovvero livelli di prolattina alta, corrispondono ad una concentrazione ormonale che va oltre i valori considerati “normali” (0 e 20 ng/ml) con annessi i segni clinici di iperprolattinemia. Tra questi ultimi abbiamo: cefalea, mastodinia (ovvero dolore al seno), irregolarità mestruali nella durata del ciclo stesso fino anche all’amenorrea secondaria, e secrezione mammaria dai capezzoli.

Alti livelli di prolattina possono essere evidenziati anche per mezzo di un esame ecografico in donne in età fertile, dal quale si potrà evidenziare un utero un po' più piccolo rispetto alla norma, un endometrio tendenzialmente sottile e ovaie di dimensioni più piccole della norma. (31)

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A lungo termine, in una donna con prolattina alta si possono verificare problemi di fertilità e calo del desiderio sessuale. Inoltre, livelli elevati di questo ormone aumentano la tendenza della donna all’obesità, all’intolleranza glucidica e alla policistosi ovarica. L’effetto dell’aumento di prolattina più conosciuto è l’inibizione della secrezione di endorfine che avviene nel corso dell’allattamento materno. Si ha quindi, un’inibizione del picco dell’LH, responsabile decisivo ai fini dell’ovulazione.

L’ossitocina invece, è un ormone potente che viene conosciuto anche come l’ormone dell’amore, questo perché viene prodotto quando ci si sente al sicuro, amati.

L’ossitocina è un ormone che le puerpere conoscono molto bene perché si tratta dello stesso ormone che provoca le contrazioni uterine durante il travaglio.

Dopo la nascita, il bambino attraverso una corretta suzione, attiva degli impulsi nervosi che arrivano al cervello della madre stimolando così la produzione di ossitocina; questo ormone fa contrarre le cellule che circondano gli alveoli favorendo la fuoriuscita del latte. Per effetto dell’entrata in circolo dell’ossitocina durante la poppata, la mamma può avvertire delle contrazioni uterine, inoltre, il latte può uscire dall’altro seno, o si può sentire una sensazione di spremitura del capezzolo quando si avvicina il momento della poppata.

Quindi il bambino viene attaccato al seno, gli impulsi nervosi dal seno arrivano al cervello, così l’ossitocina viene prodotta e rilasciata nel sangue, raggiunge le cellule muscolari che si trovano vicino alle cellule produttrici di latte, così le cellule si contraggono e spremono il latte al di fuori. (32)

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È proprio il riflesso ossitocinico che può determinare la fuoriuscita di latte dal capezzolo, anche al solo pensiero di allattare o non appena si prende in braccio il bambino. Questo riflesso può, invece, essere inibito da situazioni negative come un intenso dolore, ad esempio le ragadi, da situazioni stressanti o imbarazzanti, dalla nicotina e dall’alcool. Per questo motivo è necessario che, durante la poppata ma anche durante tutto il periodo dell’allattamento al seno, si riesca a creare attorno alla mamma e al bambino un ambiente calmo e rilassante, che ne favorisca il benessere e, di conseguenza, una poppata soddisfacente.

L’ossitocina oltre ad essere prodotta dalla suzione del bambino, viene prodotta con la spremitura manuale del seno, con quella elettrica, con il pelle a pelle del bambino, con l’espulsione della placenta, con il massaggio ossitocinico dietro la schiena. L’ossitocina riduce l’ansia, riduce i livelli di ormoni dello stress, abbassa la percezione del dolore delle contrazioni, promuove il sentimento della calma e migliora la nutrizione della gestante durante il travaglio e il puerperio.

Affinché gli ormoni siano prodotti in modo adeguato è necessario che il bambino si attacchi bene al seno; un attacco inadeguato, infatti, può causare dolore al capezzolo e non permette un buon drenaggio del latte. Si può così innescare un circolo vizioso che riduce la produzione del latte materno: se il latte non viene rimosso, se ne produrrà di meno. Si tratta di un meccanismo di difesa che protegge la ghiandola mammaria dagli effetti dannosi di un seno troppo pieno. (33)

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CAPITOLO 4 Allattamento al seno e latte materno, un binomio perfetto per ogni bambino

4.1 Il contatto pelle a pelle e…attaccamento precoce madre-bambino

“In questo oceano di novità, d’ignoto, bisogna fargli riprovare sensazioni passate che inducono pace e sicurezza. Questa pelle non ha dimenticato…Essere portati, cullati, carezzati, massaggiati, sono tutti nutrimenti per i bambini piccoli, indispensabili, come le vitamine, i Sali minerali e le proteine, se non di più…” (F. Leboyer).

Skin to Skin, ovvero pelle a pelle. È la prima forma di contatto tra mamma e neonato appena dopo il parto ed è una pratica vantaggiosa tanto per il piccolo quanto per la donna. Entrambi ne traggono dei vantaggi dal punto di vista della salute fisica, emotiva e relazionale.

Negli ultimi anni diversi studi hanno documentato questi benefici; da ultimo una ricerca della School of Nursing at Vanderbilt University di Nashville (Stati Uniti) secondo cui il contatto pelle-pelle è una buona strategia per promuovere l’allattamento al seno. Bisogna fare il possibile per permettere il contatto nella prima ora dal parto senza recare alcun disturbo alla mamma.

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Questa pratica dovrebbe durare inoltre almeno 60 minuti, il tempo necessario affinché il bambino si riprenda dall’esperienza della nascita, trovi il capezzolo e ci si attacchi.

Subito dopo la nascita, in un parto spontaneo e fisiologico, il bambino viene asciugato dall’ostetrica e posto sul petto della madre. Viene poi coperto con un telo asciutto e caldo. La mamma lo coccola, lo studia, gli parla, lo tiene stretto a sé. Il neonato piano piano muove la testa, seguendo anche la voce della mamma, e cerca il suo sguardo. La relazione madre-figlio nasce in quei momenti. (34)

Lo Skin to Skin aiuta a mantenere costante la temperatura corporea del neonato e a superare lo sbalzo termico dopo il parto; il neonato si tranquillizza e piange di meno; viene favorito il rilascio di ossitocina nella madre, un ormone che va ad agire sull’utero e sul seno. Nel primo caso, lo aiuta a contrarsi prevenendo così l’emorragia post-partum; nel secondo prepara il seno alla produzione di colostro, il primo latte.

L’attaccamento precoce del neonato al seno facilita la produzione del latte aumentando il successo dell’allattamento esclusivo al seno sia immediato che a lungo termine. È stato provato che il neonato è in grado di capire dov’è il capezzolo della madre, aiutandosi anche con l’olfatto ed il gusto.

Lo Skin to Skin è previsto anche per chi partorisce con taglio cesareo.

Ovviamente i tempi sono diversi, ma se il taglio cesareo è andato bene e la madre e il bimbo sono in salute, nulla vieta che possano conoscersi con lo Skin to Skin. Questo è inoltre moto utile come terapia per i bimbi nati prematuri che hanno ancora più bisogno del contatto con la propria mamma. Si tratta di una vera e propria cura che prende il nome di

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Marsupioterapia (Kangaroo Mother Care): favorisce lo sviluppo neurologico, psicologico e fisico del neonato prematuro. (35)

Una delle raccomandazioni Unicef è “mettere i neonati in contatto pelle a pelle con la madre immediatamente dopo la nascita per almeno un’ora e incoraggiare le madri a comprendere quando il neonato è pronto per poppare, offrendo aiuto se necessario”.

Il contatto pelle a pelle (skin to skin) è il momento della conoscenza fisica tra mamma e bambino, finora limitata ai pensieri, alle emozioni e alla pancia che cresce. Il bambino, subito dopo la nascita, attraverso i cinque sensi, riconosce la mamma, percepisce il suo odore, la sua pelle e i suoi suoni; il suo respiro si regolarizza, il suo corpo si riscalda e inizia a scoprire il ventre della mamma alla ricerca del seno (breast crawl), affidandosi al suo istinto;

dopo un periodo di tempo che varia da bambino a bambino, il neonato si attacca spontaneamente al seno materno per la prima poppata. Per tutto questo periodo, cioè i primi 60-90 minuti dopo la nascita, il neonato si trova in uno stato di veglia tranquilla che gli permette di conoscere il nuovo mondo nel quale è arrivato.

Il contatto pelle a pelle tra la partoriente ed il nascituro e l’allattamento precoce sono strettamente collegati. Il contatto con la mamma, infatti, facilita il neonato a mettere in atto l’istinto di cercare il seno e succhiarlo. Il primo allattamento al seno è inoltre fondamentale per innescare la produzione di latte materno e accelerare la lattogenesi. Molte madri smettono di allattare presto o credono di non poter allattare al seno a causa di latte insufficiente. Quindi l’inizio precoce è importantissimo per la cosiddetta “scesa” del latte.

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Per tali ragioni il contatto tra madre e bambino dovrebbe essere facilitato e incoraggiato il prima possibile dopo la nascita. Il modo più adeguato è posizionare il bambino sull’addome o il petto della madre. È un comportamento naturale per la maggior parte dei bambini a poco a poco strisciare verso il seno. (36)

Le madri dovrebbero essere aiutate a capire come sostenere il bambino e come assicurarsi che esso sia in grado di attaccarsi e succhiare al seno. In caso di parto cesareo o altre motivazioni per cui la mamma è impossibilitata ad allattare, deve essere supportata per allattare non appena è in grado.

Il contatto della madre con il neonato subito dopo il parto, e l’inizio dell’allattamento al seno entro la prima ora dopo la nascita sono importanti per l’inizio di un’esperienza di allattamento positiva ed anche per una sopravvivenza neonatale e il successivo sviluppo.

4.2 Allattamento: primo nutrimento della relazione madre- bambino

La produzione del latte materno è un meccanismo perfetto in cui si incontrano le necessità del bambino e le capacità della madre.

Che l’allattamento al seno costituisca un profondo beneficio per i neonati è dato ormai per scontato, sebbene sia una pratica che va incentivata a partire dalla nascita in ospedale. Sono infatti le prime ore di vita del neonato ad essere fondamentali. Oms e Unicef hanno presentato di recente una nuova guida in dieci fasi per aumentare il sostegno all’allattamento al seno in strutture sanitarie che forniscono servizi di maternità e ai neonati. L’inizio

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precoce all’allattamento al seno, entro un’ora dalla nascita, infatti, protegge il neonato da infezioni e riduce la mortalità infantile. Inoltre, l’inizio dell’allattamento al seno precoce, aumenta le possibilità di un suo proseguimento positivo.

L’allattamento al seno è la norma biologica per tutti i mammiferi, compresi gli umani. Secondo i due organismi internazionali, Oms e Unicef, l’allattamento al seno è fondamentale per assicurare al neonato la corretta nutrizione, salute ed anche la sopravvivenza. (37)

Secondo l’Oms l’allattamento al seno per i primi due anni potrebbe salvare la vita a più di 820 mila bambini l’anno di età inferiore ai 5 anni.

L’Unicef raccomanda l’allattamento al seno entro la prima ora dopo la nascita, e continuato esclusivamente per i primi sei mesi di vita. Dopodiché il latte materno, accompagnato da alimenti complementari sicuri e adeguati per lo svezzamento, deve essere continuato fino ai due anni o anche oltre.

A livello mondiale solo una minoranza di mamme soddisfano le raccomandazioni di Oms e Unicef.

In base alle ricerche solo il 44% dei bambini iniziano l’allattamento al seno entro la prima ora dopo la nascita e il 40% dei bambini sotto i sei mesi di età è allattato esclusivamente al seno. A due anni, solo il 45% dei bambini è ancora allattato.

Secondo le stime, il rischio di morire nei primi 28 giorni di vita è il 33% più alto per i neonati che hanno iniziato l’allattamento al seno due/ventitré ore dopo la nascita e più di due volte più alto per coloro che hanno iniziato un giorno o più dopo la nascita, rispetto ai neonati che sono stati messi al seno entro la prima ora dopo la nascita.

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La produzione del latte materno è possibile grazie ad una straordinaria alchimia derivante tra l’incontro tra mamma e bambino. È un meccanismo perfetto in cui tutto è stato pensato e allo stesso tempo, però, è un processo molto delicato che può essere facilmente turbato da fattori esterni.

L’allattamento al seno esclusivo per sei mesi fornisce il nutrimento necessario al bambino e ne assicura la corretta crescita. Oltre i sei mesi, l’allattamento al seno continua a fornire energia e nutrienti che, integrato ad un’alimentazione adeguata, aiutano a prevenire fame, denutrizione e obesità.

Quasi la metà degli episodi di diarrea o un terzo delle infezioni alle vie respiratorie sono associati ad un allattamento non adeguato. Inoltre il latte materno riduce del 13% la probabilità di sovrappeso e del 35% l’incidenza del diabete di tipo 2.

In generale quindi, lo studio di Oms e Unicef, porta a concludere che pratiche di allattamento al seno inadeguate possono compromettere la salute, lo sviluppo e la sopravvivenza dei bambini e delle loro madri.

Migliorare queste pratiche potrebbe salvare oltre 820 mila vite all’anno. (38) L’Oms ricorda che il latte della mamma è unico e inimitabile, con una composizione ideale per le esigenze nutritive e di sviluppo.

L’allattamento al seno aiuta mamma e bambino a sviluppare il legame, gli fornisce quegli anticorpi di cui tanto avrà bisogno. L’Oms ricorda quindi che il latte materno è ricco di sostanze biologicamente attive. Sostanze che aiutano la digestione del bambino, rinforzano il suo sistema immunitario, maturano il sistema nervoso e gli altri organi.

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Il latte materno fin dai primi giorni è un alimento prezioso perché ricco di anticorpi e soddisfa le necessità nutritive del neonato. Inoltre è sempre pronto per l’uso, alla giusta temperatura e con la giusta igiene.

Il bambino allattato al seno è più protetto nei confronti di molte malattie, richiede minori cure mediche e viene meno ospedalizzato. Questa protezione è di lunga durata e vale per le infezioni gastrointestinali e delle prime vie respiratorie. Benefici anche contro il diabete e le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di tumori e le difficoltà cognitive e relazionali.

La raccomandazione di Oms e Unicef considera fondamentale che le mamme siano informate sugli aspetti positivi connessi all’allattamento materno. La certezza è che rafforza e consolida il legame del neonato con la mamma e fornisce al neonato un’alimentazione completa.

L’allattamento materno dipende da un sistema complesso ma molto efficiente, in cui mamma e bambino, hanno un ruolo preciso l’uno concatenato all’altro.

I pensieri, le emozioni e i sentimenti influenzano notevolmente questo straordinario circolo, ed è per questo che per avere un buon successo dell’allattamento al seno si ha bisogno di un ambiente sereno e una mamma soddisfatta. (39)

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CAPITOLO 5 Allattamento al seno e salute

5.1 Composizione del latte materno e i suoi benefici

Il latte materno non è un semplice alimento ma un tessuto vivo, con centinaia di componenti noti, tra cui le cellule staminali, e altri ancora non noti. Una goccia di latte materno contiene 4000 cellule, nella maggior parte macrofagi. Il latte materno è composto per l’88% di acqua, la restante parte è composta da zuccheri, principalmente lattosio, grassi, proteine, azoto non proteico, vitamine, sostanze minerali, oligoelementi, ormoni e cellule.

Il latte materno, oltre ad essere specie-specifico, è anche individuo- specifico: ciò significa che ogni mamma produce il latte adatto alle esigenze del proprio bambino. Il colostro, il latte materno di transizione e il latte materno maturo sono infatti prodotti in funzione all’età gestazionale e ai bisogni nutrizionali contingenti. La composizione del latte varia durante la poppata, da poppata a poppata, di giorno in giorno e di mese in mese per rispondere ai bisogni del bambino. (40)

Il colostro è un liquido vischioso e denso di colore variabile dal giallo all’arancio, viene prodotto dal seno a partire dal settimo mese di gravidanza e la sua produzione continua durante i primi giorni dopo il parto. Il colostro, come primo alimento dei neonati, è unico e completo perché è povero di grassi e ricco di carboidrati, proteine, vitamina A e anticorpi. Ha un’alta digeribilità e nello stesso tempo un elevato potere nutrizionale.

Il colostro viene prodotto in piccole quantità, adeguate alle dimensioni dello stomaco del neonato e alla funzione dei reni che, ancora immaturi, non sono in grado di gestire grandi volumi di liquido. (41)

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