Anno 6 - Numero 55 - Luglio 2013
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FONDI & SICAV
CONOSCERE PER INVESTIRE AL MEGLIO
Il mondo dopo le parole di Bernanke
Tanta paura, ma i mercati restano ottimisti
Fondi
Quei gestori che hanno fatto +150% in cinque anni
Etc
Gli strumenti per
Il mondo dopo le parole di Bernanke
Tanta paura, ma i mercati restano ottimisti
Fondi
Quei gestori che hanno fatto +150% in cinque anni
Etc
Gli strumenti per
A
nalisti, banche d'affari, gestori di fondi, consu- lenti, investitori privati: tutti cercano di legge- re ciò che sta succedendo sui mercati per cogliere l'occasione giusta per le proprie scelte di inve- stimento. Si leggono i dati del Pil, dell'inflazione, della produzione, dei consumi e di una quantità immensa di altre variabili. Solo che in questo momento tutti que- sti sforzi sembrano inutili.Da tempo le uniche variabili da considerare sono le scelte delle diverse banche centrali che continuano a inondare i mercati di liquiditá. Dopo la Fed e la Banca centrale giapponese pare giungere anche il momento della Bce guidata da Draghi. Mentre Bernanke comin- cia a pensare di chiudere in parte i rubinetti facendo
innervosire gli operatori che si erano abituati a muo- versi in un regime che potremmo definire «protetto», al contrario Draghi fa notare che la situazione europea è diversa e che la Bce potrebbe fare qualcosa per aiuta- re le economie.
Anche perché le scelte compiute negli Stati Uniti e in Giappone hanno contribuito agli exploit delle rispet- tive borse, mentre l'Europa, salvo il caso particolare del- la Germania, è rimasta al palo.
Ancora per un po' dovremo quindi sapere leggere le strategie delle banche centrali e assecondarle nelle no- stre scelte di investimento, anche se non le condividia- mo, perché alla fine comandano sempre i mercati e chi li guida.
S
tandard & Poor’s ha abbassato a sorpresa la valu- tazione dell’Italia portandola quasi a livello di spazzatura e il mercato ha risposto come un sol uomo con un colossale: «E chi se ne frega!» Mercoledì 10 luglio, primo giorno di contrattazioni dopo il downgra- ding, l’asta Bot si è svolta nella massima tranquillità, lo spread tra Btp e Bund è rimasto sostanzialmente inva- riato e la borsa ha sì perdicchiato, ma non certo per la paura dei giudizi della casa americana che dà le sue pagelle al mondo intero. In pratica quella che doveva essere una pessima notizia per il mercato italiano, arri- vata per di più in un momento di grandi perturbazioni politiche, si è conclusa in nulla.Negli stessi giorni sono bastate poche parole, in fon- do equilibrate e persino di buon senso, di Bernanke e de- gli altri principali presidenti o governatori di banche cen- trali per mandare i mercati nel panico: un ritorno alla nor- malità, più ipotizzato che reale, è stato sufficiente a sca- tenare ondate di vendite e fermare un toro che sembrava più lanciato di un Concorde. Nella realtà le parole del pre- sidente della Fed portavano una buona notizia, cioè che l’economia Usa va meglio del previsto e che si può pensa- re di uscire presto dall’emergenza.
In pratica sembra che ormai i mercati abbiano un me- tro tutto loro per giudicare se le news sono buone o cat- tive: quella che fino a pochi anni fa sarebbe stata consi- derata una notizia pessima rischia di passare del tutto
inosservata, mentre altre volte l’uscita di fondamentali buoni, che indicano un rilancio dell’economia, viene vista come un elemento negativo, che porta più danni che van- taggi. Ormai a decidere sull’andamento dei mercati sem- bra che siano esclusivamente fattori quantitativi, quasi muscolari, come l’abbondanza di liquidità. Nient’altro.
Basta la sola ipotesi che questa liquidità diminuisca e tut- to rischia di saltare. I record assoluti dell’S&P500 o del Dax, che dovrebbero essere un fatto storico e rispecchia- re una fase eccezionalmente buona dell’economia, ap- paiono in quest’ottica totalmente slegati dalla realtà, an- che se è indubbio che il mondo è pieno di aziende valide che fanno utili e giustificano ampiamente gli investimen- ti che raccolgono.
Ma nello stesso tempo non si può fare a meno di nota- re che molte ottime società hanno i fatturati in calo (i mer- cati di sbocco si stanno chiaramente restringendo), che la disoccupazione è migliorata leggermente negli Usa, ma non certo nel resto dell’occidente, che l’Europa deve anco- ra risolvere i suoi nodi fondamentali e che il mondo emer- gente, Cina in testa, ha di fronte un cammino tutt’altro che agevole e ha bisogno in diversi casi di profonde riforme del sistema. Ma l’importante è che ci siano i soldi facili che ar- rivano dalle banche centrali, che ci sia tanto denaro da mo- vimentare e poco rischio. Si sa, le Cassandre sono odiose e del tutto inutili, ma qualche dubbio sarebbe il caso di aver- lo. E sia ben chiaro: speriamo di sbagliarci.
ALESSANDROSECCIANI
Basta che ci siano i soldi facili
GIUSEPPERICCARDI
Chi comanda sui mercati
Editoriale
L'agricoltura e i prodotti del settore primario restano alla base delle esigenze umane e dell'economia, anche se sono ingiustamente sottovalutati (per ora) sul piano delle quo- tazioni. Gli Etc sono uno strumento efficiente per puntare su queste risorse e costituiscono anche un valido mezzo per aumentare la diversificazione di portafoglio, vista la lo- ro scarsa correlazione con azioni e obbligazioni
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Etc - Soft commodity
Investire nel cibo
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Il mondo che si sta preparando - L’economia e i mercati alla fine dell’estate
Speriamo che la Fed si sia sbagliata!
PROMOTORI&CONSULENTI
Flavio Francescato, presidente di Valori & Finanza Investimenti Sim Flavio Francescato, presidente di Valori & Finanza Investimenti Sim
«Siamo piccoli,ma c’è spazio di crescita»
La previdenza secondo Baloise Life
«Formula elvetica per l’Italia»
La previdenza secondo Zürich Italia
«Approccio anglosassone»
La previdenza secondo Banca Mediolanum
«Una pianificazione globale di lungo periodo»
«Siamo piccoli,ma c’è spazio di crescita»
PROMOTORI & CONSULENTI
FONDI&SICAV Luglio 2013
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PROMOTORI&CONSULENTI
Flavio Francescato, presidente di Valori & Finanza Investimenti Sim
Davide vs Golia
La prima parte dell’anno è stata ricca di novità per la società friulana. Oltre ad avere trasferito la direzione commerciale a Mi- lano,dandone la responsabilità a un manager di lungo corso nel mondo delle reti,sono state poste le basi per il lancio del pro- getto di consulenza fee-only. «Con modestia crediamo di avere il giusto spazio e collocamento sul mercato nazionale, che af- frontiamo con professionalità e assiduità, senza farci intimidire dal confronto con i big player»
Pensioni alternative
La tranquillità va in rete
Al 31 dicembre scorso i lavoratori aderenti alla previdenza complementare erano oltre 5,8 milioni,con un incremento del 5,3% rispetto al 2011.In ogni caso il bicchiere resta ancora mezzo vuoto,visto che dal 2007 a oggi gli iscritti sono sì cresciuti di 2,7 milioni di unità,ma oltre la metà si è concentrata alla scadenza del primo semestre di sei anni fa,termine ultimo per esercitare l’opzione sul conferimento del Tfr.Qualcosa per fortuna inizia a muoversi,soprattutto grazie alla consulenza offerta dai professionisti della pianificazione
Le dichiarazioni di Bernanke, che prevedono la fine antici-
pata del quantitative easing, hanno gettato nel panico
quasi tutte le piazze finanziarie del mondo. Ma anche la Ci-
na, che ha una grande necessità di rimettere ordine nel suo
sistema bancario, sta rendendo difficile l’operatività delle
borse, per non parlare dell’Europa che non accenna a vede-
re il termine della sua crisi. Molti sperano solo che la Fede-
ral Reserve abbia commesso un errore di comunicazione e
che continui, spaventata dalle conseguenze che si sono in-
traviste, la sua politica ultra-espansiva
Fondi&Sicav n. 54
La Cassa di questa categoria gode di buona salute, anche in seguito a una serie di cambiamenti. L’ultima riforma Forne- ro-Monti ha imposto la sostenibilità di lungo periodo che ha reso necessario un ulteriore rimaneggiamento molto incisivo. Il risultato è una fortissima riduzione del tasso di sostituzione atteso per le nuove generazioni a prezzo di un incremento significativo dei contributi versati
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Osservatorio previdenza - I geometri
Costretti a continui interventi
Le rubriche
3 Editoriale 6 Radar finanziario 8 Notizie in breve
Nonostante le enormi difficoltà dei mercati e delle econo- mie nell’ultimo quinquennio, alcune gestioni hanno otte- nuto risultati eccellenti. Ovviamente si tratta di strumenti che investono in settori o aree che stanno decollando, co- me le biotecnologie o alcuni mercati asiatici, ma anche la capacità dei money manager ha avuto un ruolo fonda- mentale, tanto che c’è chi ha guadagnato il 227%
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Prodotti leader - Dodici fondi che hanno battuto la crisi
Almeno il 150% in cinque anni
56
Debito emergente - Il momento delle turbolenze
Eppur ci credo
La maggior parte degli operatori, nonostante le
difficoltà delle ultime settimane, è ancora convin-
ta che gli emerging bond mantengano intatto il lo-
ro appeal, specie se si ragiona con un'ottica di lun-
go periodo. I cali recenti, secondo alcuni, sono addi-
rittura occasioni d'acquisto. Ovviamente la seletti-
vità è d'obbligo
IIrrlla an nd da a,, g grra azziiee a aii ffo on nd dii Secondo il ministro delle finanze irlandese, l’industria dei fondi ha dato un «contributo vitale» alla ripresa economica del paese, anche in termini di aumento dell’occupazione.
L’Irlanda, il cui debito è stato retrocesso a junk nel 2011, è cresciuta dello 0,9% nel 2013 e ci si aspetta che l’economia continui a espandersi anche nel 2014.
C
Ciillee,, cceen nttrro o ffiin na an nzziia arriio o g gllo ob ba allee??
In uno studio sul Cile K Kp pm mg g evidenzia che il paese ha le potenzialità per diventare un centro finanziario globale come Londra, Singapore e Hong Kong. La Ley Única de Fondos, approvata alla Camera e in attesa del via libera dal Senato, inserisce un serie di miglioramenti significativi. In particolare consentirà a un unico soggetto di gestire differenti tipi di fondi, introdurrà garanzie per i piccoli investitori, tramite la stima del profilo di rischio, e deregolamenterà per i più grandi. L’intervento legislativo migliora la competitività e l’internazionalizzazione del settore seguendo le raccomandazioni Ocse
E
Eu urro op pa a,, ll’’eeq qu uiittyy p piiù ù p prro om meetttteen nttee ssu ull m meed diio o tteerrm miin nee Secondo un sondaggio svolto da P Piio on neeeerr tra selezionatori di fondi provenienti da Europa, America Latina e Asia, le azioni dei paesi europei sono gli asset più appetibili in un orizzonte temporale di tre-cinque anni. L’equity del Vecchio continente ha ricevuto il 31% dei voti, quello americano il 27%, mentre le azioni dei paesi emergenti il 24%.
S
Stta attii U Un niittii,, g geesstto orrii iin n m mo ovviim meen ntto o C
Ch ha ad d M Meea ad dee e B Brriia an n S Scch ha au ub b hanno lasciato ufficialmente JJa an nu uss C Ca ap piitta all per ricongiungersi con gli ex colleghi, in particolare D Da avviid d C Co orrk kiin nss, alla investment boutique A
Arrrro ow wp po oiin ntt con sede a Denver. Attualmente non è ancora
stato comunicato se i due manager assumeranno
immediatamente responsabilità di gestione nella società
statunitense che vanta Aum pari a 2,3 miliardi di dollari.
Q
Qa atta arr eed d E Em miirra attii,, n neew w een nttrryy n neellll’’iin nd diiccee eem meerrg giin ng g d dii M Mssccii M
Mssccii ha annunciato l’inclusione nell’indice M Mssccii E Em meerrg giin ng g M Ma arrk keettss di Qatar ed Emirati Arabi Uniti a partire dal maggio 2014. L’upgrade da frontier a emerging dovrebbe aumentare notevolmente l’interesse degli operatori internazionali verso la regione. Inoltre, secondo D Deeu uttsscch hee B Ba an nk k,, l’area Mena ha ricevuto 655 milioni di dollari di investimenti a maggio, registrando il picco degli ultimi cinque anni.
IItta alliia a,, E Eu urriizzo on n C Ca ap piitta all ssu ull m meerrcca atto o cciin neessee IIn ntteessa a S Sa an np pa ao ollo o è la prima banca italiana ad acquisire l’accesso diretto al mercato cinese tramite E Eu urriizzo on n C Ca ap piitta all, che ha ottenuto lo status di Qualified foreign institutional investor (Qfii) dalla Cina. Questa qualifica permette alla società di investire fino a un ammontare massimo di 100 milioni di euro, tramite i suoi fondi, nel mercato delle azioni classe A, dove sono quotate molte small cap, ma anche in corporate e government bond.
LLu usssseem mb bu urrg go o,, n nu uo ovvo o m ma assssiim mo o p peerr ii ffo on nd dii d do om miicciilliia attii n neell g grra an nd du ucca atto o
I patrimoni detenuti in fondi domiciliati in LLu usssseem mb bu urrg go o hanno raggiunto un nuovo massimo alla fine del 2012 pari a 2,4 trilioni di euro, superando il picco del 2007, grazie
all’apprezzamento degli asset del 16%. JJp p M Mo orrg ga an n è la banca che amministra il maggiore patrimonio, circa 419 miliardi di dollari, seguita da S Stta attee S Sttrreeeett con 370 miliardi di dollari e R
Rb bcc IIn nvveesstto orr S Seerrvviicceess con 232 miliardi di dollari.
L
a prima potenza economica globale, gli Stati Uniti, si trasformerà nella prima potenza energetica. A metà giugno, l'Eia (Energy information administra- tion) Usa ha assicurato che le riserve mondiali di petro- lio potrebbero aumentare dell’11% grazie al contributo dello shale oil. È questa una vera rivoluzione che si sta profilando nel territorio americano ed è percepita solo in minima parte.I problemi sperimentati con le fonti di energia attual- mente a disposizione hanno spinto le grandi economie in- dustrializzate del pianeta a cercare valide alternative.
Questa ricerca ha propiziato la scoperta nel 2005 dello shale gas e dello shale oil, giacimenti che non sono loca- lizzati nei siti convenzionali, ma presenti in blocchi di roc- cia. Il loro sfruttamento a partire dal 2008 ha fatto in mo- do che attualmente la quinta parte del gas Usa derivi da queste scoperte. Le quotazioni del gas sono così arrivate a perdere terreno fino a 4-4,5 dollari, alimentando il tra- sporto su strada con questa materia prima. Inoltre, la pro- duzione giornaliera totale di barili di petrolio si è portata a ridosso di 8,9 milioni, la cifra più alta della storia, grazie a una crescita supportata principalmente dall’estrazione di shale oil in aree come la Carolina del Nord (da questo sta- to Usa arrivano ben 500 mila barili giornalieri).
Usa
I
l Pil reale francese è sceso dello 0,2% tri- mestre su trimestre nel primo quarto del 2013. Il recente indebolimento dell'atti- vità economica è stato guidato principal- mente dal calo delle esportazioni verso lealtre economie dell'Unione Europea. Sono calate anche le spese delle famiglie (-0,1%
trimestre su trimestre) e quelle per gli inve- stimenti (-0,9%), mentre i costi del governo sono aumentati (+0,3%). Il Pil reale nel primo trimestre 2013 è stato pari a +4% rispetto al minimo toccato nel secondo trimestre 2009, ma è rimasto al di sotto dell'1% circa in con- fronto al picco del primo quarto del 2008. Il deficit commerciale della Francia si è ristret- to dal 3,7% nel 2011 al 3,2% del Pil su base
annuale a marzo 2013 a causa soprattutto delle importazioni contenute, mentre il disa- vanzo di conto corrente è aumentato dall'1,9% del Pil nel 2011 al 2,3% nei 12 mesi a marzo 2013.
Gli indicatori del secondo trimestre, però, sono incoraggianti. Il Pmi manifatturiero è migliorato da gennaio e la produzione indu- striale è rimbalzata in aprile (+2,2% mese su mese). I dati sono in linea con il miglioramen- to dell'attività economica, con una potenzia- le forte ripresa nel secondo trimestre che compensa il primo quarto debole. Il Pil reale sarà piatto nel 2013, secondo Credit Suisse.
Il disavanzo del bilancio statale è dimi- nuito dal 5,3% del Pil nel 2011 al 4,8% nel
2012. Credit Suisse prevede un deficit del bi- lancio statale pari al 4% del Pil. Si può ridur- re il ritmo di consolidamento ma sono neces- sarie ulteriori riforme fiscali per portare il de- ficit al di sotto del 3% del Pil nel 2015. In par- ticolare è in programma una riforma delle pensioni: una commissione ha presentato una proposta a giugno, proponendo di aumenta- re le ore lavorative per ottenere benefici pen- sionistici pieni. Il governo nel frattempo sta cercando di migliorare la competitività della Francia: ha annunciato tagli fiscali mirati per ridurre i costi della manodopera e a maggio 2013 il Parlamento ha approvato una riforma del mercato del lavoro.
Segni di vitalità
Secondo l’Aie (Agenzia internazionale per l’energia), il Nord America apporterà il 40% delle nuove somministra- zioni di energia, mentre il contributo dell’Opec si ridurrà del 30%: la produzione di petrolio e gas di scisto negli Usa si impennerà nei prossimi 20 anni ed entro il 2035 l’agen- zia ipotizza che il 25% dell'oil e il 50% del gas del paese arriverà da questi giacimenti.
Nonostante ciò, al giorno d’oggi il problema principa- le per questa fonte di energia è ancora l’elevato costo di perforazione ed estrazione, anche se lo sviluppo tecnolo- gico ne sta determinando una graduale riduzione.
Per gli investitori, la possibilità di trarre vantaggio da questa trasformazione può essere cavalcata attraverso le società energetiche che sembrano meglio posizionate per cogliere le opportunità offerte dal cambiamento. Uno dei titoli preferiti dagli esperti è Exxon Mobil Corporation, so- cietà che ha puntato molto sui giacimenti di shale gas. Tra le aziende legate in via quasi del tutto esclusiva a questo business viene indicata Freeport Lng, con sede in Texas, che ha recentemente ottenuto la licenza per esportare gas.
La nuova Arabia Saudita
Francia
Previdenza
Brasile
S
econdo un’indagine di Natixis Global Asset Management, l’85% degli inve- stitori istituzionali italiani ritiene che la popolazione non abbia abbastanza risor- se finanziarie per mantenere un livello di vita accettabile in età pensionabile. I por- tafogli dei nostri connazionali, infatti, non sembrano adeguati per affrontare l’uscita dal lavoro e per raggiungere obiettivi di lungo periodo. È questa la preoccupantesintesi di una ricerca condotta dalla casa francese a livello internazionale che ha coinvolto oltre 500 investitori istituzionali, di cui 40 nel nostro paese. La maggioranza degli intervistati ha sottolineato l’inade- guatezza dei modelli tradizionali di alloca- zione nel rispondere alle mutate condizio- ni di mercato e si sta orientando verso
approcci alternativi che permettano la cre- scita del capitale nel lungo periodo e verso metodologie per incorporare in modo più efficiente la gestione del rischio. Questo campanello d’allarme ha portato il 60%
degli intervistati a introdurre tecniche di gestione di attività e passività all’interno dei propri portafogli, un dato ben al di sopra del 46% registrato a livello interna- zionale.
In un contesto caratterizzato da bassi tas- si di interesse e da una situazione che si pro- fila ancora incerta per il futuro, la ricerca di rendimenti sostenibili e una migliore prote- zione contro la volatilità dei mercati sono le necessità principali per gli investitori italiani.
L’85% ritiene che i modelli di costruzione del portafoglio che adottano un’asset allocation
strategica così come normalmente concepita saranno messi a dura prova e quasi la totalità svela un’assoluta difficoltà di protezione da movimenti estremi dei mercati. Da qui l’esi- genza del 72% degli istituzionali italiani di ri- vedere i tradizionali approcci alla costruzione del portafoglio.
Con il decadere dei vecchi schemi, si fan- no strada metodologie meno correlate con l’andamento dei principali mercati che per- mettano di contenere e diversificare il rischio di portafoglio. Ben il 70% degli intervistati ri- tiene, infatti, necessario adottare tipologie di investimento «non tradizionali», come strate- gie di gestione della volatilità, smart beta, in- vestimenti in infrastrutture e quasi l’80% di- chiara di essere pronto a includere/aumenta- re la propria allocazione a questo tipo di pro- dotti. Percentuali queste più alte della media registrata negli altri paesi europei, nei quali l’esposizione cosiddetta alternativa è sempre stata presente.
Pensioni future troppo basse
Uniti, che alimenterebbe una riduzione dei flussi di capitale in- dirizzati ai paesi dell’area latino-americana. Infatti, l’inversione di tendenza è partita da quando Ben Bernanke ha comunicato lo scorso 22 maggio che la Fed potrebbe ridurre gli stimoli mo- netari nel corso di una delle prossime riunioni. Da allora, come conseguenza dell’immediata fuoriuscita di capitali dal paese, il Bovespa è sprofondato di circa il 20%, lasciando sul terreno cir- ca 1.100 punti.
In parallelo, il real si è sensibilmente svalutato. La ridu- zione dell’appetito per il rischio avvertita tra gli investitori in seguito all’annuncio di Bernanke ha pilotato la divisa brasiliana verso una svalutazione superiore al 10% rispetto all’euro e al dollaro Usa, rispettivamente fino a 2,92 real e 2,25 real. Ciò significa che il cambio della moneta carioca naviga attualmente, in rapporto a entrambe le divise, sui li- velli visti nel 2009. La fuga di capitali ha lasciato una chia- ra impronta sul debito pubblico. Le vendite di titoli di sta- to e il conseguente rialzo dei rendimenti, che per i decen- nali si è materializzato in un balzo dal 10% del 21 maggio all’11%, hanno fatto sentire i loro effetti sul livello del co- sto di finanziamento sopportato dal paese. Infine, ad ag- giungere altra legna al fuoco, c’è il dato sull’inflazione, su- periore al 6%, che preoccupa i cittadini e le autorità.
L
a borsa brasiliana è in caduta libera. Il 2 luglio ha perso in una sola giornata il 4%, una variazione che ha portato il rosso da inizio anno al 25%. A causa di questi risultati, il Bovespa si posiziona all’ultimo posto tra i principali indici azionari del pianeta nel 2013 e si incam- mina verso i livelli più bassi registrati a partire dal 2008, sotto 45 mila punti. L’elemento che ha scatenato l’ultimo sensibile calo delle quotazioni preoccupa non poco le au- torità e i mercati: il timore è che l’economia del gigante su- damericano possa entrare in una fase di recessione. Questa paura è stata indotta dal pessimo dato sulla produzione in- dustriale diffuso proprio il 2 luglio: a maggio è stata regi- strata una caduta su base mensile del 2%, nettamente al di sotto del -1,1% indicato dalle previsioni degli analisti e in decisa controtendenza rispetto al +1,9% di aprile.Secondo l’ultimo report curato dal team di Nomura, il Bra- sile potrebbe entrare in recessione nell’ultimo trimestre del 2013 a causa dell’irrigidimento della politica monetaria negli Stati
Un paese quasi in crisi
L’economia e i mercati alla fine dell’estate
marcato fenomeno di decorrelazione rispetto al recente passato. Evidenti sono apparse le difficoltà di diversi pae- si emergenti, giunti ormai alla fine di un ciclo di sviluppo facile, così come più volte sono stati evidenziati gli squili- bri all'interno dei listini azionari. Infatti solo qualche me- se fa veniva previsto che questi sarebbero stati trascinati al rialzo soprattutto dalle società più cicliche, sull'onda di una rinnovata forza dell'economia. In realtà è avvenuto l'esatto contrario: a mostrare maggiore vigore sono stati i segmenti più difensivi, specialmente i più appetibili in ter- mini di strategie income: in pratica invece di vedere una grande rotazione dal reddito fisso all'azionario, si è avuta una parziale uscita dalle obbligazioni per andare verso l'e- quity che più assomiglia al fixed income.
S
iamo arrivati nella seconda metà del 2013, un anno che finora può essere letto in maniera differente, a seconda di quale angolatura geo- grafica, di mercato e temporale si voglia adot- tare. Per certi versi i mesi appena trascorsi hanno registrato il definitivo superamento di alcuni rima- sugli della crisi finanziaria: vedere l'S&P 500 raggiungere nuovi massimi storici, superando a maggio la soglia di 1.687, ha avuto un effetto benefico sulla psiche degli in- vestitori. Il tutto poi è avvenuto con una volatilità impli- cita quotata sui vari mercati ai livelli più bassi dalla metà dello scorso decennio. Allo stesso tempo, però, non tutti gli asset rischiosi hanno goduto di una nuova età dell'oro, an- zi la prima metà dell'anno è stata caratterizzata da un piùLe dichiarazioni di Bernanke, che prevedono la fine anticipata del quantitative easing, hanno gettato nel panico quasi tutte le piazze finanziarie del mondo. Ma
anche la Cina, che ha una grande necessità di rimettere ordine nel suo sistema bancario, sta rendendo difficile l’operatività delle borse, per non parlare dell’Europa che non accenna a vedere il termine della sua crisi. Molti sperano solo che la Federal Reserve abbia commesso un errore di comunicazione e che continui, spaventata dalle
conseguenze che si sono intraviste, la sua politica ultra-espansiva
Speriamo
che la Fed si sia sbagliata!
di Boris Secciani
Il tutto, come dicevamo, sarebbe stato digeribile, se le condizioni economiche si fossero rivelate migliori di ciò che sono. Infatti proprio a fine giugno è arrivata una revisione del Pil Usa del primo trimestre, in cui il tasso di crescita congiunturale annualizzato è stato abbassa- to dal 2,4% all'1,8%, tagliando in particolar modo le sti- me iniziali sui consumi. Per quanto riguarda l'Europa, i miglioramenti recenti sono ancora nell'ambito di un mi- nore ritmo nella contrazione e non in quello della cre- scita. Anche la grande locomotiva del mondo, la Cina, non sta passando un momento particolarmente felice:
ormai non si contano più i tagli, da parte delle istituzio- ni finanziarie, alle stime di incremento del Pil del 2013, che dovrebbe essere più vicino al 7% che all'8%.
Invece i mercati continuano a vivere soprattutto di banche centrali: infatti il bel tempo si è fatto rivedere solo a fronte di nuove dichiarazioni più accomodanti di impor- tanti governatori regionali della Fed, della rinnovata liqui- dità fornita in Cina e delle dichiarazioni di Mario Draghi.
Quest'ultimo ha affermato nell'ultima riunione della Bce che i tassi resteranno bassi a lungo: già si comincia a par- lare, in attesa delle elezioni tedesche, di un Qe europeo. I Tutto ciò fino al mese di giugno, dopo il Fomc mee-
ting, in cui è arrivata la bomba della conferenza stampa di Bernanke già annunciata in qualche maniera dalle di- chiarazioni delle settimane precedenti. Il capo della Fed ha previsto la possibilità di cominciare a diminuire gli ac- quisti di titoli di stato e di mortgage-backed security prossimamente, grazie a un'economia in rapido migliora- mento, e di chiudere forse il programma l'anno prossimo, se gli obiettivi in termini di disoccupazione venissero cen- trati. In teoria questo discorso avrebbe dovuto spedire i mercati oltre i massimi, in quanto indizio di un processo di crescita sufficientemente forte da sostenere tassi di in- teresse in via di normalizzazione. In pratica così non è sta- to, anzi il tutto è stato vissuto come una stretta moneta- ria bella e buona, in un momento per giunta di difficoltà.
Peraltro la Fed non è stata l'unica Banca centrale a stri- gliare i mercati: peggio ancora ha fatto la People's Bank of China, l'istituzione centrale cinese, decisa a riportare ordi- ne in un apparato finanziario dove negli ultimi anni è au- mentata in maniera paurosa la leva del sistema, con un'a- scesa disordinata di varie forme di shadow banking (siste- ma bancario ombra).
« Il tutto è stato vissuto come una stretta monetaria bella e buona,in un momento per
giunta di difficoltà »
N
on sorprende che di fronte a un simile quadro, ci sia chi critica, anche con una certa forza, le scel- te delle autorità monetarie. Interessante appare al riguardo il ragionamento di Salman Ahmed, strategist del team global sovereign fixed income & Fx di Lombard Odier Investment Managers: «Dopo il forte rialzo dei ren- dimenti obbligazionari indotto dalla Federal Reserve, ap- pare logico chiedersi quali siano le motivazioni dietro le re- centi dichiarazioni di Bernanke, assai più restrittive delle attese. In questo ambito si può affermare che stanno emergendo due scuole di pensiero riguardo la percezione di un cambiamento nell'atteggiamento della Banca cen- trale. Vi è la teoria secondo la quale la Fed sarebbe preoc- cupata della formazione di bolle speculative in diversi as- set, specialmente nei corporate bond e, in particolare, nel segmento high yield. Proprio quest'ultimo comparto di re- cente ha attratto l'attenzione di uno dei governatori, Je- remy Stein. La forte crescita dei prezzi delle case in Usa ne- gli ultimi sei-otto mesi appare anch'essa degna di nota in quest'ottica, specialmente se si considera la menzione al riguardo da parte di Bernanke nella sua conferenza stam- pa. Il secondo approccio invece considera più probabile una sbagliata interpretazione da parte dei mercati dei se- gnali di tapering. In questo caso ad avere causato le mag- giori paure è la possibilità che la Fed intenda cominciare ad alzare i tassi di interesse un anno prima del previsto, a metà 2015 anziché a metà 2016, concludendo il processo in un lasso di tempo di sei-otto settimane. Chi crede a que- sta scuola di pensiero fa notare che il tapering non signi- fica un inasprimento della politica monetaria e che quin- di i mercati stanno reagendo in maniera eccessiva. Infattiè probabile che l'uscita della Fed dal quantitative easing sia molto graduale. Non va scordato che il principale stru- mento di questa strategia non è tanto il ritmo di acquisti dei titoli, quanto lo stock complessivo che detiene in bi- lancio. In pratica la teoria che sta dietro questo ragiona- mento è che vi sia stato o un errore nel prezzare i rischi ef- fettivi di un cambiamento di politica monetaria da parte dei mercati o una carenza di comunicazione da parte del- la Fed. Comunque, qualunque sia la verità, che si tratti di un tentativo di sopprimere bolle speculative o di un erro- re, le implicazioni nel breve termine sono le stesse: la pre- senza di pressioni sui corsi degli asset rischiosi. Le differen- ze si manifestano nel perdurare degli effetti su un orizzon- te temporale più lungo. Nel caso di un errore di comuni- cazione, ci attendiamo che la Fed tenti di allontanarsi dal linguaggio da falchi mostrato dopo il Fomc».
Così oggi più che mai chi ha in mano la politica mo- netaria determina le sorti dei mercati: o cambia rapida- mente registro, sperando che gli operatori ci credano, o si prevedono tempi grami per i rendimenti dei portafogli in giro per il mondo. Il pianeta appare tuttora troppo fragile per assorbire lo shock dei tassi di interesse in rialzo, con magari un decennale Usa che si porti dal 2,5% circa di ren- dimento a fine giugno rapidamente verso quota 4% e con un allargamento degli spread. Dopo anni di bull market senza precedenti, un rapido deterioramento presumibil- mente comporterebbe perdite pesanti e imprevedibili di- slocazioni nella liquidità.
Per il momento comunque vi è stato solamente un ra- pido incremento della volatilità implicita nel sistema e il peggioramento di alcuni segmenti di mercato, per fortu- na, non si è ancora materializzato in una fuga disordinata e generale dal reddito fisso. Sara Yates, vice president-glo- bal Fx strategist di Jp Morgan Private Bank, afferma: «I rendimenti dei titoli di stato tipicamente servono da rife- rimento per il resto del mercato. Se si alzano rispetto a quelli di altri strumenti, questi ultimi diventano meno in- teressanti. Di conseguenza il recente movimento verso l’al- to ha spinto molti investitori a considerare il senso della propria esposizione su emissioni non statunitensi. Noi però continuiamo a ritenere che a questo punto non vi sia un grande spazio di rialzo per i rendimenti dei Treasury, per- L’economia e i mercati
alla fine dell’estate
Le banche protagoniste
Tempi duri per i rendimenti
S
e ci spostiamo in Cina vediamo che, anche in que- sto caso, la volontà, diciamolo pure sacrosanta, di mettere un minimo di ordine in un sistema banca- rio che stava diventando l'impero del carry trade a finan- ziamento di asset di dubbia qualità, rischia di azzoppare seriamente un processo di crescita fragile. Interessante il commento di Andrew Garthwaite e del suo team di ana- listi di Credit Suisse: «Non saremmo sorpresi se il tasso di crescita cinese scendesse a breve al 6%. Infatti se analiz- ziamo dati come l'indice Pmi, il rapporto fra aggregati monetari M1 e M2, nonché i consumi di elettricità, vedia- mo che indicano un rallentamento della crescita. Inoltre l’incremento degli investimenti nei primi mesi dell'anno è già stato del 20%. Pensiamo che da qui in poi il governo stringerà i cordoni. Anche perché il debito pubblico cine- se comincia a essere elevato: se si includono le passività dei veicoli promossi dagli enti locali, arriviamo al 72% del Pil, a fronte di un rapporto pari al 15% ufficiale. L'am- montare complessivo del debito cinese sembra che sia il 230% del Pil e il suo contributo marginale alla crescita è vicino ai minimi storici».Come dicevamo, appare difficile pensare di mantene- re un ruolo di locomotiva globale e allo stesso tempo di ri- mettere ordine in un sistema finanziario per molti versi sfuggito di mano. Il problema è se il mondo possa reggere un simile rallentamento del Dragone, a fronte di un'Ame-
rica che sta tentando di contenere la spesa pubblica e di un'Europa ancora in crisi.
Sempre Credit Suisse spiega: «Non pensiamo che la crescita cinese scenderà sotto il 6%: se ciò accadesse ci sa- rebbero forti problemi per il mondo. Dalla sua la Cina ha che il tasso di crescita nominale è ancora largamente più elevato dei rendimenti pagati sul proprio debito: il rappor- to impieghi/depositi è intorno al 72%, di conseguenza le banche, pur gravate da asset di dubbia qualità, possono continuare a prestare e il debito dei privati per i mutui è un terzo di quello statunitense. Il ribilanciamento del Dra- gone, inoltre, dovrebbe portare a minori prezzi delle mate- rie prime, fattore che potrebbe aiutare l'andamento del Pil nei paesi sviluppati».
In conclusione possiamo affermare che i mercati ap- paiono aggrappati al filo della tesi di un errore di comuni- cazione delle intenzioni della Fed e delle altre istituzioni centrali. Certamente non si può pensare di andare avanti a ingegnerizzare per sempre una crescita degli asset rischio- si basata su premi al rischio e conseguente re-rating. Oggi però le condizioni economiche non sembrano le migliori per la pur lodevolissima scelta di sgonfiare la lunga serie di bolle e semi-bolle presenti nel sistema finanziario globale.
Nel caso questa sia l'intenzione, c’è solo da sperare che le tesi ottimistiche esposte da Bernanke nella sua confe-
renza stampa si rivelino corrette. I
tanto riteniamo improbabile uno scenario fatto di un drammatico cambiamento dei premi al rischio a livello glo- bale e un mutamento strutturale nella composizione dei portafogli. Siamo convinti che i mercati continueranno a stabilizzarsi e a trarre conforto dal fatto che i deflussi dai fondi, evidenziati dai dati Epfr, finora hanno costituito una percentuale minuscola degli asset in gestione. Però, fintan- to che i rendimenti dei titoli statunitensi continueranno a muoversi al rialzo, asset quali le valute dei paesi emergen- ti continueranno a subire pressioni».
Il problema è che non vi sono solo gli emerging market, alcuni alle prese con una situazione difficile: anche la pe- riferia europea resta in una situazione complicata. Nell'ul- tima parte di giugno, ad esempio, il rendimento del Btp de-
cennale era tornato a quota 4,85%, con uno spread sopra 300, un movimento, in termini di standard deviation, dav- vero preoccupante dai minimi di maggio al 3,63%. Il fatto che l'Europa rimanga un fronte di fragilità è comunque ben presente nella testa degli investitori. Saumil Parikh, managing director di Pimco Asset Management, afferma:
«È vero che l'azione della Bce ha portato a una diminuzio- ne del rischio di coda statistica, collegato alla possibilità di vedere un default sovrano per problemi contingenti di li- quidità. Le incertezze politiche rimangono elevate, con la possibilità di disordini sociali che potrebbero portare a una ristrutturazione del debito dell'Eurozona, in Spagna o in Italia. Oppure anche all'uscita dall'Unione monetaria di una delle quattro maggiori economie». I
Cina
La ramazza della People's Bank
in presenza di un incremento del costo della vita così bas- so, se rimesse tale nei prossimi mesi, la Banca centrale Usa dovrebbe tagliare i tassi e NON alzarli! Ciononostante, il ta- pering potrebbe cominciare prima della fine del 2013, per- ché alcuni falchi della Fed vogliono evitare la creazione di nuove possibili bolle dovute alla troppa liquidità e calmare il mercato prima che sia troppo tardi. Il fine è senz’altro en- comiabile, ma i modi potevano essere più rilassati».
Mark Burgess, Cio di Threadneedle Investments: «Da un Matteo Astolfi, director di M&&G Investments Italia: «La
comunicazione della Fed avrebbe potuto essere migliore, in quanto dei due temi affrontati, crescita e occupazione in primis e inflazione a seguire, ci si è concentrati soprattut- to, se non esclusivamente, sul primo. Interpretiamo questo focus eccessivo e preponderante per uno solo dei due gran- di problemi come un tipico episodio di finanza comporta- mentale, dove, cioè, ci si dimentica dei fondamentali, ovve- ro un’inflazione Usa vicina all’1% e perciò troppo bassa per consentire un rialzo dei tassi. La teoria economica dice che
I
n generale la scommessa di operatori e investitori è che il processo di uscita dal quantitative easing sarà molto graduale e, soprattutto, subordinato a un effet- tivo miglioramento delle condizioni macro. Il pericolo, però, è che si avvii un mercato ribassista nel reddito fisso che, se dovesse sfuggire di mano, potrebbe infliggere perdite disastrose ai portafogli istituzionali dopo anni d'oro.Il rischio è stato ben evidenziato nella giornata di venerdì 5
luglio, quando è stata comunicata la creazione di 195 mila posti di lavoro in Usa per giugno, ben al di sopra delle attese, con un tasso di disoccupazione rimasto al 7,6% per via del- l'aumento della forza lavoro. Di fronte a un buon dato, il ca- lo dei corsi dei Treasury è stato notevole, ma non è chiaro quanto e come questa dicotomia fra obbligazionario ed equity potrà andare avanti. Ma sentiamo a questo punto il parere di una serie di autorevoli operatori sui mercati inter- nazionali.
Il giudizio degli operatori su Bernanke
La maggior parte degli analisti e dei gestori interpellati da Fondi&Sicav ritiene che le parole del presidente della Fed siano state interpretate in maniera troppo drammatica e che i mercati abbiano reagito un po’ istericamente. Quasi
tutti hanno preferito mantenere le loro posizioni rialziste, convinti che ci sarà presto un recupero
Si fa presto a dire exit strategy
Come giudicate le parole di Bernanke? Quando e in quali termini pensate
che il tapering della Fed comincerà?
punto di vista della crescita economica, non è un fatto po- sitivo che l'inizio della fine del Qe stia avvenendo proprio mentre gli Stati Uniti stanno operando una stretta fiscale.
Anche se non ci aspettiamo che essa sarà sostanziale, do- vrebbe risultare gestibile. Prevediamo uno sviluppo reale del Pil nella fascia dell'1-2% nella prima metà del 2013. Il problema è che anche il Pil nominale sta dando segni di debolezza: attualmente anno su anno sta migliorando del 3,4%, il minimo del ciclo di ripresa cominciato con la fine della recessione. Questo fenomeno è dovuto, sia alla tiepi- da crescita reale, sia a un tasso di inflazione che ha tocca- to nuovi minimi. Comunque, anche se ci aspettiamo che i discorsi della Fed circa l'uscita dal Qe costituiscano un fre- no allo sviluppo, continuiamo a pensare che l'economia americana mostrerà una maggiore forza a fine anno. Pen- siamo inoltre che una delle conseguenze di questa strate- gia di uscita sarà un rialzo dei tassi di lungo periodo, an- che se ci aspettiamo che questo processo verrà gestito con cautela. In effetti rendimenti obbligazionari in rialzo sono una conseguenza naturale proprio di quei fattori che per- mettono il tapering della Fed, cioè una crescita economi- ca sostenibile e la riduzione dei rischi sistemici. La Banca centrale tollererà un aumento dei tassi solamente se ac- compagnata da una continua espansione».
Johnny Bo Jakobsen, analista di Nordea: «Bernanke non sembra particolarmente preoccupato della recente cresci- ta dei tassi di interesse, infatti ha dichiarato che una parte di questo incremento è dovuto alla percezione di quella che sarà la politica della Fed, un’altra parte all'ottimismo sulla situazione economica: ha concluso dicendo che se i tassi dovessero rialzarsi per le ragioni giuste, cioè un atteggiamento più positivo riguardo l'economia e una cor- retta valutazione della politica monetaria, ciò non costi- tuirebbe certo un elemento negativo. È importante nota- re che attualmente i partecipanti al Fomc meeting vedo- no la disoccupazione in discesa a un ritmo lievemente superiore rispetto quanto precedentemente stimato nella loro riunione di marzo. Pertanto la previsione del tasso di disoccupazione per il quarto trimestre del 2015 è stata rivista al 6% rispetto al 6,3% precedente. Facendo alcu- ni calcoli di interpolazione lineare, le nuove stime mostra- no che i senza lavoro dovrebbero scendere al 6,5% nel febbraio del 2015, livello al quale la Fed ha dichiarato di volere alzare i tassi di interesse. Si tratta di un anticipo di circa quattro mesi rispetto alla stima della riunione di marzo, che rimane però coerente con l'idea di un'assen- za di rialzo dei tassi per il 2015. La nostra previsione è che la disoccupazione raggiungerà questa soglia anche prima
« Il pericolo è che si avvii un
mercato ribassista nel reddito fisso che
potrebbe infliggere perdite
disastrose ai
portafogli degli
istituzionali »
ne del quantitative easing prima di avere avuto conferma che l'economia degli Stati Uniti sia veramente su un per- corso di solida ripresa. La nostra previsione per la crescita degli Usa è un po' inferiore a quella della Federal Reserve, quindi non ci aspettamo un processo di tapering ancora più veloce di quanto proposto da Bernanke».
Patrick Rudden, portfolio manager del Dynamic Diver- sified Portfolio di AllianceBernstein: «Anche se la rea- zione a breve termine del mercato è stata negativa, rite- niamo che la direzione segnalata dalla Fed si concluderà in generale in uno sviluppo positivo per due ragioni. La prima è che una riduzione del programma di acquisto di titoli da parte della Fed deriverebbe da una continua forza da parte dell'economia. Il secondo motivo è che questo spostamento potrebbe anche indicare un graduale ritor- no a condizioni monetarie più normali, fatto che, nel lungo periodo, sarebbe salutare per i mercati dei capita- li e per l'economia».
Massimo Siano, head Italy and France di Etf Securities:
«Attenzione che Bernanke ha parlato di decelerazione del Qe come di un freno a motore. Il freno vero sarebbe l'au- mento dei tassi d'interesse che però non è previsto. Il fre- no a motore è molto flessibile e può essere premuto e la- sciato a seconda dei dati sulla disoccupazione che, nono- stante siano in miglioramento, sono ancora troppo alti. Si- curamente la Fed continuerà a stampare; la domanda che si pone il mercato è se stamperà meno e, nel caso, quanto meno. Ognuno può dare le sue risposte: la mia è che la Fe- deral Reserve resterà ancora dietro la curva, ovvero deci- derà dopo avere ricevuto i dati sull'occupazione nei pros- simi mesi: non anticiperà nulla ma agirà solo ex post».
Maria Paola Toschi, market strategist di Jp Morgan Asset Management: «Pensiamo che il tapering della Fed comin- cerà verso fine anno e che comporterà una graduale ridu- zione degli acquisti mensili di bond governativi. Ciò con- sentirà di mantenere una politica monetaria molto espan- siva, calando solo a poco a poco le acquisizioni di titoli di stato. Infatti i tassi resteranno vicino allo zero ancora a lun- go e gli acquisti proseguiranno e diminuiranno solo gra- dualmente. Bernanke in questo modo sta impostando una strategia di uscita molto soft e sta preparando i mercati al- la nuova fase monetaria. Nonostante ciò, i listini rimarran- no molto volatili. Gli investitori si concentreranno sull’usci- di quanto la Banca centrale preveda, ma comunque non
prima dell'ultimo trimestre del 2014. Si tratta di un momento ancora lontano nel tempo, anche se di recen- te il tasso dei senza lavoro è sceso più rapidamente rispet- to alle attese della Federal Reserve, con graduali revisio- ni al ribasso nell'ultimo anno e mezzo».
Alan Mudie, chief investment officer di Union Bancai- re Privée, Ubp: «Le parole del Fomc devono essere viste nel contesto delle discussioni e delle dichiarazioni fatte a partire dalla fine del 2012 sugli eventuali cambiamen- ti nella politica monetaria. Anche se crediamo che sia del tutto normale che la Fed debba pianificare eventuali variazioni con un certo anticipo, pensiamo però che molti esponenti del Fomc siano preoccupati per l’aumento della leva, generato dall’erronea supposizione che la Federal Reserve avrebbe supportato in modo permanente un aumento della propensione al rischio. In questo conte- sto, siamo convinti che Bernanke abbia avuto successo nell’incoraggiare una maggiore consapevolezza del rischio sul mercato. È importante ricordare che il punto iniziale delle discussioni sulla riduzione delle misure di Qe è un outlook più ottimistico riguardo la crescita del- l’economia reale, che si traduce in un contesto più favo- revole per gli utili societari. Di conseguenza, siamo con- vinti che l’attuale correzione rappresenti un buon momento per aumentare l’esposizione degli investitori nei mercati azionari sviluppati».
Andreas Nigg, head of equity && commodity strategy di Vontobel Asset Management: «Siamo rimasti sorpresi, co- sì come i mercati, per l'annuncio dato in anticipo rispetto alle attese, di un programma che ha delineato la riduzio-
Il giudizio degli operatori su Bernanke
ta dei dati sul mercato del lavoro statunitense. Infatti sarà in base al trend di calo della disoccupazione che sarà mo- dulato il rientro del Qe».
Enrico Vaccari, gestore di Consultinvest Asset Manage- ment Sgr: «Di fatto ciò che è successo è abbastanza chia- ro. Bernanke ha fatto la prima mossa comunicando un pia- no degli interventi che la Fed andrà a fare. Il processo di normalizzazione della politica monetaria è cominciato:
questo è il messaggio forte lanciato ai mercati, che hanno reagito male, travisando anche in parte quanto trasmesso.
Per questo i governatori regionali, tra cui alcuni molto im- portanti come quello di New York, hanno poi in parte an- nacquato l’annuncio, dicendo che comunque il tapering non sarà immediato. Infatti, affinché esso avvenga, devo- no realizzarsi due condizioni: avere un tasso di disoccupa- zione stabilmente al di sotto del 7% e registrare due tri- mestri di fila di crescita del Pil sopra il potenziale. Per quanto ci riguarda, ciò implica che questo processo verrà rimandato a dopo il 2014 e che, se avverrà, costituirà un elemento positivo, in quanto è chiaro che la Fed è inten- zionata a normalizzare i tassi solamente in presenza di buone condizioni economiche. Per quell'epoca, tra l'altro, Bernanke non ci sarà più, pertanto pensiamo che quanto successo di recente faccia parte di una manovra tattica. Va infatti tenuto presente che la Fed ha bene in mente due anni: il 1937 e il 1951. Nella prima delle due date la Ban- ca centrale alzò i tassi di interesse troppo presto, provo- cando un crollo dei mercati e pesanti ricadute economiche.
Nel 1951, invece, aspettò troppo: in quel caso i danni ci fu- rono, ma molto più contenuti rispetto all'episodio prece- dente. Visto che attualmente viviamo in un contesto di bassa inflazione, siamo convinti che la politica monetaria resterà accomodante, fintanto che non sarà chiaro che l'e- conomia è forte».
Paolo Vicentini, responsabile di Bg Selection Sicav Edmond De Rothschild Select Alpha: «Il segnale dato da Bernanke fa intravedere una normalizzazione economica statunitense e probabilmente può anche essere letto come un augurio, nella prospettiva di miglioramento dei dati macroeconomici (disoccupazione e crescita del Pil). È molto probabile che, a parte le parole preparatorie, l’u- scita dal Qe sia comunque graduale e dosata in maniera adeguata alla situazione e non è quindi certo che essa si materializzi così presto».
Steve Walsh, chief investment officer di Western Asset (gruppo Legg Mason): «La possibilità che la Federal Reser- ve riduca i suoi acquisti entro la fine dell'anno non è poi così divergente dalla precedente visione di consensus. Noi riteniamo che ci siano poche possibilità che la Fed alzi pri- ma del 2015 i Fed Funds (il target che l’Istituto centrale tie- ne sui tassi di interesse che le banche si fanno pagare per prestare ad altri istituti le riserve in eccesso che tengono presso la banca centrale; è considerato il tasso benchmark della Fed-n.d.r.), punto su cui Bernanke è stato abbastan- za chiaro durante la sua conferenza stampa. Infine, ci te- niamo a segnalare che il temuto tapering è soggetto a una previsione di una migliore crescita, che deve ancora con- cretizzarsi. Di conseguenza, ci troviamo un po' in contra- sto con il mercato. Ad esempio, l'allargamento di circa 80 punti base negli spread medi degli high yield appare fuori linea rispetto a quella che è la nostra visione dei fonda- mentali. Noi ci aspettiamo ancora che l'economia degli Usa cresca per il resto dell'anno così come riteniamo che la Fed rimanga accomodante, anche se a un ritmo leggermente più lento, per il prossimo futuro. Entrambi questi fatti do- vrebbero essere elementi di sostegno ai corporate statuni- tensi e, in base a tale assunto, siamo di nuovo entrati nel mercato high yield Usa. Dato il calo dei prezzi dei Treasury, siamo passati da essere corti di duration a neutrali. Scom- metteremo contro il mercato, nel caso dovesse significati- vamente anticipare la data in cui aspettarsi un aumento del tasso sui Fed funds. Non pensiamo che i recenti eventi provochino un’ondata ribassista, dato che la lenta crescita globale, la bassa inflazione, la politica monetaria accomo- dante e i più elevati rischi in tutto il mondo continueran- no a esercitare pressioni al ribasso sui tassi Usa. Vista la po- sizione inedita in cui si trovano mercati e politici, tutte le nostre modifiche sono state marginali, tenendo a mente la grande incertezza che circonda il panorama degli investi-
menti di oggi». I
futuro, riteniamo che vi sia spazio per un restringimento del differenziale dei corporate bond. Dal punto di vista delle valutazioni, gli spread del credito aziendale sono at- tualmente appena sopra la loro media ventennale. È vero che i fondamentali delle aziende hanno raggiunto il loro apice nel terzo trimestre del 2012, non pensiamo però che l'intensità del deterioramento sia tale da inficiare la nostra tesi di investimento che vede un vantaggio dei corporate rispetto ai governativi in termini di valutazioni. In defini- Matteo Astolfi, di M&&G Investments Italia: «Anche se a
fine anno il decennale Usa fosse al 3% di rendimento (cir- ca il 20% di perdita dai livelli attuali), un anno di riflessio- ne non farebbe male e riporterebbe tanti coi piedi per ter- ra. Meglio per chi aveva già accorciato da tempo la dura- tion dei portafogli».
Mark Burgess, di Threadneedle Investments: «Sulla base del nostro outlook che prevede una crescita più forte in
A
nche in questo caso vige un moderato ottimismo, pur restando comunque gli operatori consci dei rischi di un rialzo generale dei rendimenti del reddito fisso.Infatti il processo di tapering dovrebbe essere molto graduale, con anni davanti prima di arriva- re a un rialzo dei tassi. Dopo un lungo periodo di guada- gni fuori misura su ogni segmento possibile e immagina- bile dell'obbligazionario (a partire da un anno fa anche sul debito della periferia europea) una pausa con conse- guente correzione, anche lunga e discretamente profon- da, appare possibile.
A questi livelli, però, non sembra ancora un pericolo immediato l'accumularsi di disordinate perdite nel merca- to dei bond: a giugno il deflusso netto di capitali da fon- di ed Etf che investono nel reddito fisso è stato calcolato intorno a 80 miliardi di dollari a livello globale. Si tratta di una cifra non irrilevante, ma per il momento non in grado di mettere in ginocchio un mondo dove finiscono decine di trilioni di investimenti. Anzi la penetrazione nei por- tafogli della componente obbligazionaria è tale che, a fronte di rendimenti in forte calo, molti grossi investitori probabilmente aggiungeranno posizioni. Sempre che que- sta discesa dei corsi fisiologica non sfugga di mano.
Trend in calo sui bond?
Ottimismo, ma non troppo
Nessuno pensa che sull’obbligazionario si vada incontro a crolli o anche solamente a un bear market, ma molti sono convinti che l’annunciato rialzo dei tassi qualche conseguenza la provocherà e non sarà del tutto indolore. Alcuni capitali, sia pure in
misura limitata, stanno già uscendo da questo settore
Pensate che stiamo andando incontro a una seria tendenza ribassista sul
reddito fisso? Con quali conseguenze per l’economia e gli altri mercati?
tiva prevediamo rendimenti totali bassi ma positivi per le obbligazioni societarie in assoluto e buoni in rapporto ai titoli di stato. La correlazione inversa fra rendimenti dei bond governativi e gli spread con il credito ha tenuto ab- bastanza bene nel corso degli anni e pensiamo che conti- nuerà a farlo».
Armando Carcaterra, direttore investimenti di Anima Sgr: «Il mercato obbligazionario ha perso un po’ di appeal.
I tassi attuali sono il risultato di un forte attivismo delle banche centrali e anche per il futuro prossimo la Bce ha dato ulteriori indicazioni sulla sua disponibilità a interve- nire con diversi strumenti. Riteniamo, pertanto, che ci sia una forte pressione che produce tassi di interesse molto bassi e al momento non è prevedibile un aumen- to significativo soprattutto nella parte core dell’Europa.
Quest’area rimane ancora presente nei nostri portafogli, ma solo a livello tattico. Il recente taglio della Bce non ha modificato il tasso di equilibrio e il tasso del Bund decennale rimane sopravvalutato secondo diverse metri- che. Considerando che i premi per il rischio sono più bassi, i Btp continuano a beneficiare dei grossi quanti- tativi di liquidità sui mercati. Pertanto lo scenario obbli- gazionario, per quanto non sia assimilabile a quello dello
scorso anno, ha qualcosa ancora da offrire nella parte governativa periferica».
Ian Edmonds, del Legg Mason Western Asset Global Multi Strategy Fund: «La correzione ha influenzato entrambi i settori del reddito fisso, sia quello di elevata qualità, sia quello di bassa, con movimenti negativi negli interi mercati governativi, mutui, obbligazioni corpora- te, bond degli emergenti e nel segmento high yield. Ciò ha lasciato gli investitori con pochi posti dove nascon- dersi, se non nessuno. Abbiamo anche iniziato a vedere listini azionari in discesa e valute emerging in indeboli- mento. Queste ultime hanno avuto un impatto negativo sui mercati emergenti in generale, anche sulla nostra stra- tegia, data l’esposizione ad alcune obbligazioni di que- ste economie».
Alan Mudie, di Union Bancaire Privée, Ubp: «Crediamo che il 2013 rappresenti una transizione dagli anni post- crisi verso un’economia globale e un sistema finanziario più stabili, con una crescita in rafforzamento nel 2014.
Detto ciò, non riteniamo che le pressioni deflative siano completamente scomparse e, di conseguenza, siamo con- vinti che la politica monetaria resti estremamente acco-
« Lo scenario obbligazionario,
per quanto non sia assimilabile a
quello dell’anno scorso,ha ancora
qualcosa da offrire nella
parte
governativa
periferica »
sere spinti da un contesto di attesa di ripresa. Inoltre i listi- ni equity restano favoriti dalle aspettative sui tassi, che si prevede rimangano molto bassi».
Enrico Vaccari, di Consultinvest Asset Management Sgr:
«Sì, si rischia di andare incontro a una prolungata e profonda correzione sui mercati obbligazionari. Il feno- meno è cominciato già molto prima delle dichiarazioni di Bernanke dopo il Fomc meeting. Già a maggio si era regi- strato un importante deflusso di capitali dal reddito fisso dei paesi emergenti verso i mercati sviluppati, con una grande mole di liquidità convertita in dollari ed euro. Dif- ficilmente quei soldi torneranno indietro: veniamo da anni di rendimenti in calo e compressione degli spread, in cui anche emittenti governativi di minore qualità e corpora- te high yield meno solidi hanno visto il loro costo del debito abbassarsi enormemente. A questo elemento si aggiunge il rischio di vedere un contesto economico di tassi di interesse in rialzo. A nostro parere è già in corso un forte switch dai prodotti di investimenti obbligazio- nari alle azioni: basti pensare che gli ultimi dati sembra- no indicare che in Usa dai fondi obbligazionari escono ormai 9 miliardi di dollari alla settimana. Non riteniamo che questo fenomeno andrà a provocare una crisi finan- ziaria e una fuga dagli asset rischiosi in genere, certo vanno evitate le situazioni di volatilità estrema. Per que- sto aspetto siamo convinti che comunque continuerà a esserci l'intervento delle banche centrali, con l’obiettivo di governare questa transizione».
Paolo Vicentini, di Bg Selection Sicav Edmond De Roth- schild Select Alpha: «Non so se sia giusto definire que- sta normalizzazione dei tassi a lungo un severo bear market o vederla soltanto come la correzione di un ecces- so che aveva portato i rendimenti reali a zero o addirit- tura in territorio negativo. Sicuramente, se il mercato si spingesse molto in avanti con la proiezione dei tassi a lungo termine, ciò potrebbe arrestare o rallentare il per- corso di miglioramento economico dell’area e causare dif- ficoltà ad alcuni settori più sensibili ai tassi (consumi e immobiliare). Anche sul fronte del mercato dei capitali, il processo di riallocazione verso le asset class più rischiose e tipicamente verso il mercato azionario potrebbe arre- starsi con conseguente possibile arretramento più marca- to dell’equity, effetto che immediatamente si è in parte
visto in queste ultime settimane». I
Trend in calo sui bond?
modante. In questo contesto, ci aspettiamo ulteriori aumenti dei rendimenti dei titoli di stato, ma non un mer- cato ribassista sostenuto. Visti i bassi livelli dei tassi a oggi anche dopo i recenti rialzi, prevediamo che gli investito- ri inizino a muovere i propri portafogli dal reddito fisso verso l'azionario».
Andreas Nigg, di Vontobel Asset Management: «Negli ul- timi anni abbiamo visto grandi afflussi di capitali nei pro- dotti a reddito fisso e questa situazione ha iniziato a in- vertirsi. Le perdite nell’obbligazionario sono state notevo- li e ciò può portare a un cambiamento nella percezione de- gli investitori. Tuttavia, a questo punto, è improbabile che i tassi più elevati destabilizzino l'economia. Sono ancora bassi a livello storico e l'indebitamento è rimasto molto in sordina in questa ripresa».
Patrick Rudden, di AllianceBernstein: «Anche se ritenia- mo che la trentennale fase rialzista dell'obbligazionario sia giunta al termine, ciò non rende un bear market inevita- bile. Ci aspettavamo che i commenti della Fed sul tapering causassero volatilità a breve termine, ma crediamo che nel lungo periodo l'acquisto di bond da parte di società di as- sicurazioni e fondi pensione di aziende private a benefici definiti potrebbe anche limitare il ritmo di crescita dei ren- dimenti del reddito fisso. Per questi grandi investitori i tas- si delle obbligazioni più elevati potrebbero probabilmente stimolare acquisti significativi».
Massimo Siano, di Etf Securities: «Certamente. Le conse- guenze di una minore liquidità le conosciamo. Il mercato è drogato: diminuire le dosi anche di poco provocherà ef- fetti collaterali in tutto il mondo».
Maria Paola Toschi, di Jp Morgan Asset Management: «I tassi nelle ultime settimane hanno avuto una reazione ne- gativa molto forte e anche un po' emotiva, considerando il messaggio di grande gradualità della Fed e soprattutto che il rientro degli acquisti non è imminente. Pensiamo tutta- via che ci si debba preparare a un periodo di rialzo gradua- le dei tassi e di calo dei prezzi, che manterrà alcuni segmen- ti dei mercati obbligazionari, tra cui soprattutto i Treasury, sotto pressione. La Fed comincerà il tapering quando l’eco- nomia sarà più forte e quindi pronta ad assorbire la fase di rientro degli acquisti e di aumento dei tassi. Ciò dovrebbe limitare gli effetti sui mercati azionari, che verrebbero es-
carburi, che portano a una riduzione del costo dell’energia rispetto a Europa e Asia. L’economia Usa continua quindi a crescere a ritmi moderati, ma sostenibili».
Management team di ClearBridge Investments (gruppo Legg Mason): «Anche se il miglioramento dei fondamen- tali economici negli Stati Uniti è incoraggiante, stiamo adottando un approccio cauto sul breve periodo. In segui- to alla forte performance dell’azionario negli ultimi tre tri- mestri, infatti, alcune divergenze di mercato stanno cau- sando qualche preoccupazione, una su tutte la performan- ce migliore dei settori più difensivi. L'equity dei paesi emergenti, così come quello di molte economie sviluppa- Matteo Astolfi, di M&&G Investments Italia: «Ci aspettia-
mo che possa tornare a salire oltre il 10%, come è avvenu- to fino a metà maggio, per chiudere intorno al 15-20% per l'anno 2013».
Armando Carcaterra, di Anima Sgr: «Sugli Stati Uniti per- mane un giudizio relativamente positivo. Il mercato è cre- sciuto molto e le valutazioni non sono più così favorevoli da suggerire un ulteriore incremento di posizioni. Lo sce- nario di crescita rimane però favorevole grazie all’anda- mento del mercato immobiliare, che offre concreti segna- li di stabilizzazione, e grazie a una rinascita industriale del- l’economia americana dovuta alle recenti scoperte di idro-
Gli Stati Uniti
Nonostante la Fed, l’ottimismo su Wall Street resta molto vivo e la convinzione quasi generale è che la borsa statunitense continuerà la sua corsa. Certamente non
mancherà la volatilità, ma le aziende rappresentano un cardine che non verrà facilmente scalfito
Ancora tanta forza
A
nche in questo caso sembra esserci un discreto ottimismo sulle prospettive dei listini azionari dei paesi sviluppati, Usa in testa. Infatti gli elementi di forza di Wall Street permangono: aziende ricche e ben gestite, in grado di alzare gli utili e fornire liqui- dità ai propri investitori anche in presenza di un'econo- mia meno brillante delle attese. A ciò va sommato un sistema finanziario oggi in condizioni molto migliori rispetto a quello europeo e, si teme, anche a quello dialcuni paesi emergenti. La ripresa dell'espansione crediti- zia delle banche ha dato una forte spinta al segmento immobiliare, oggi forse il comparto più vitale dell'econo- mia statunitense.
Ovviamente molto si è parlato anche della rinascita del settore energetico americano. Certo è che la discre- panza tra grandi aziende e resto del sistema non potrà andare avanti per sempre: o l'economia migliorerà dav- vero o prima o poi anche gli indici azionari torneranno sulla terra.