genti, ma, soprattutto per prodotti con finalità previdenziale, è necessa-rio avere un'ottica di lungo penecessa-riodo e verificare i numeri a distanza di alcuni anni».
C
irca il 75% dei lavoratori ita-liani non ha ancora aderito ad alcuna forma di previden-za complementare. Secondo Gianlu-ca Benassi, head of Ifa/Broker per Zürichin Italia, esiste un problema culturale che va scardinato. Con l’aiu-to del proprio consulente finanziario di fiducia.Secondo una ricerca di GfK Eurisko realizzata per la Giornata nazionale della previdenza 2013, il 73% dei lavo-ratori italiani ha sentito parlare della riforma Monti-Fornero sulle pensioni, ma il 66% non sa di cosa si tratti, mentre il 39% non conosce bene i con-tenuti della legge e il 27% confessa un buio totale in merito. Anche nel resto del Vecchio continente il tema previ-denziale è così poco sentito?
«I dati dell’indagine delineano un quadro chiaro della situazione. La sensibilità verso il tema pensionisti-co in Italia è molto bassa. Situazione peraltro confermata anche da una recente ricerca condotta da Zürich a livello europeo per capire quanto sia importante economizzare ai fini pre-videnziali per i cittadini dei vari paesi. Se in Austria e Svizzera oltre il 30% risparmia a tale scopo, in
Ger-mania la percentuale è comunque sopra il 20%, mentre solo il 5% degli italiani accantona fondi per la pen-sione utilizzando prodotti assicurati-vi. Le ragioni di questa differenza sono molteplici ma, senza dubbio, il ruolo che ha rivestito in Italia il social welfare negli anni ha fortemente contribuito a generare una situazio-ne di scarso interesse alla tematica previdenziale».
Per favorire l’adesione alle forme di previdenza complementare la rifor-ma del 2007 pririfor-ma e la Monti-Forne-ro poi hanno intMonti-Forne-rodotto importanti agevolazioni fiscali per i sottoscritto-ri. Queste novità, nella pratica, hanno accelerato il percorso della previden-za complementare in Italia?
«Le recenti riforme, e soprattutto quella Fornero, che ha avuto grande risalto sui media, hanno senz’altro contribuito a fare crescere la consa-pevolezza dei cittadini sul tema pre-videnziale. I risultati però ancora non si vedono. Se da una parte nel 2012 i Pip hanno fatto registrare un legge-ro incremento (+10%), dall’altra il numero dei nuovi iscritti a forme di previdenza complementare è cre-sciuto addirittura meno rispetto
all’anno precedente. Il tasso di ade-sione alle forme di previdenza inte-grativa è ancora molto basso. Oggi, in Italia, circa il 75% della forza lavoro non ha ancora sottoscritto forme di previdenza complementare: esiste un problema culturale che va scardi-nato. Con il definitivo passaggio al sistema contributivo nel 2017, gli ita-liani dovranno fare i conti con un serio incremento del gap tra ultima retribuzione e pensione pubblica. E il mantenimento del tenore di vita sarà perciò un problema da affronta-re, utilizzando anche forme di previ-denza complementare».
Grazie alla vostra view internaziona-le, quali idee prendereste dall’estero per favorire il percorso e rilanciare il tema della previdenza complementa-re in Italia?
«Credo che l’adozione di un approc-cio “più anglosassone”
contribuireb-Pensioni alternative
previdenziali della propria cliente-la offrendo prodotti differenti a seconda delle esigenze: fondi pen-sione aperti e Pip. Negli anni i pro-dotti di previdenza di Zürich ci hanno consentito di offrire ottimi ritorni alla clientela, soprattutto nelle linee con garanzia che hanno espresso delle performance supe-riori alla media di mercato. A ripro-va di questo impegno, Zürich si è recentemente aggiudicata il pre-mio Tripla A degli Mf Insurance e Previdenza awards 2013, per il pro-dotto Vipensiono–Fondo Eurovip che ha realizzato una performance, nel 2012, del 15,97%».
Analizzando i flussi di raccolta, qual è al momento l’identikit del cliente che ha deciso di sottoscrivere gli strumen-ti di previdenza complementare?
«Ha tra 30 e 45 anni e si avvicina alla previdenza complementare con due modalità differenti: se è un lavorato-re autonomo, mediante la contribu-zione a piani individuali di previden-za, per sfruttarne tra l’altro a pieno i vantaggi fiscali; se è un lavoratore di-pendente, per lo più tramite il confe-rimento del Tfr».
Negli ultimi anni, grazie a Z Pension Advisor, Zürich ha aiutato molti pro-be alla diffusione della previdenza
complementare. Ragionare con il cliente in termini di pianificazione fi-nanziaria e assicurativa di lungo pe-riodo, partendo dal soddisfacimento dei bisogni primari dell’individuo (su tutti protezione e previdenza), po-trebbe portare benefici ai singoli e contribuirebbe al rilancio della previ-denza integrativa».
Secondo lei come dovrebbero muover-si le istituzioni per rilanciare la previ-denza complementare?
«Il tema previdenziale è vitale e, per-tanto, merita l’impegno di tutte le istituzioni. Innanzitutto è importan-te lavorare sulla sensibilizzazione dei cittadini al problema, fornendo un quadro chiaro sugli strumenti che hanno a disposizione per potere fare fronte al gap previdenziale. Le com-pagnie di assicurazione devono poi continuare a investire sulla realizza-zione di strumenti di comunicarealizza-zione di facile comprensione, che permet-tano al cittadino di avvicinarsi a que-ste tematiche con semplicità, e sulla continua formazione delle reti distri-butive. Se gli italiani faticano ad avvi-cinarsi alla previdenza complemen-tare, il ruolo delle reti è di cruciale im-portanza. In quest’ottica, la formazio-ne riveste un ruolo sempre più fon-damentale».
I risultati di gestione delle forme pen-sionistiche complementari sono stati in media tra l’8 e il 9%, di molto supe-riori al tasso di rivalutazione del Tfr che si è attestato al 2,9%. Come si so-no comportati, mediamente, gli stru-menti di previdenza integrativa offer-ti da Zürich?
«Zürich è molto attenta ai bisogni
motori finanziari a intraprendere un percorso di formazione approfondito sul tema della previdenza comple-mentare. In genere quali sono le mag-giori lacune dei professionisti sul fronte previdenziale?
«Il percorso formativo del Master Zürich pension advisor non si limi-ta all’aspetto normativo, ma ap-profondisce il tema dell’approccio nei confronti delle esigenze centra-li del ccentra-liente, inserendo la previden-za nella più ampia tematica della pianificazione di medio e lungo ter-mine. A detta di tutti i partecipan-ti, quest’aspetto è quello che ha fatto la differenza, consentendo ai promotori di fare un salto di qualità per presentarsi ai clienti nella nuova veste di veri e propri consu-lenti previdenziali».
Perché la maggior parte delle reti di promotori finanziari guarda ancora con un certo sospetto le tematiche della previdenza complementare?
«È una questione di conoscenza. Ciò che si conosce poco viene guardato con sospetto. In tutto ciò, invece, non si considerano l’importanza sociale che questo aspetto riveste e il ritorno che la consulenza al cliente sul tema previdenziale può portare, anche in termini d’immagine».
Le direzioni commerciali delle reti co-me potrebbero stimolare i propri pro-fessionisti a puntare maggiormente sulla previdenza complementare nel-la renel-lazione con nel-la clientenel-la?
«In tal senso direi che le linee da se-guire sono sicuramente due: investi-re in formazione mirata e in stru-menti di comunicazione efficaci e in-novativi».
Dodici fondi che hanno battuto la crisi
su questo comparto hanno conosciuto performance supe-riori al 150% (dati al 20 maggio): il Dexia Equities L Bio-technology C (+227,99%), gestito da Dexia Asset Mana-gement; il Franklin Biotechnology Discovery Fund I (Acc) Usd (+193,54%), di Franklin Templeton; l’Ubs (Lux) Equity Fund–Biotech (Usd) P–Acc (+180,25%), di Ubs Fund Management; il Credit Suisse (Lux) Equity Biote-chnology I Usd Cap (+153,74%), di Credit Suisse; il Dws Biotech Typ O (+151,98%), di Dws Investment.
Tutti e cinque hanno in comune un’elevata esposizio-ne ai titoli di società statunitensi (compresa tra l’82% e il 95% dei rispettivi portafogli). Tra le principali posizioni dei fondi, primeggia Gilead sciences, azienda specializzata nei farmaci destinati al trattamento dell’Aids, di alcune forme di epatite, di problemi respiratori e cardiovascolari gravi e di alcune forme di cancro. Nella top five dei titoli in por-tafoglio rientrano anche Amgen, Biogen Idec e Celgene Corporation.
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UTTI INT
HAILANDIAPer aree geografiche, quella asiatica ha offerto le migliori opportunità d’investimento. In particolare la borsa thai-landese, in cui investono il Thailand Fund (+203,37%), di Fidelity e l’Amundi Equity Thailand (+167,61%), di
D
allo scoppio della crisi la volatilità si è impossessata dei mercati. Molti asset sono in perdita, ma ci sono anche alcuni pro-dotti che hanno ottenuto performance superiori al 150%. Durante gli ultimi cin-que anni l’economia mondiale ha vissuto immersa in crisi continue (finanziarie, economiche e del debito sovrano) e i mercati azionari hanno accumulato forti correzioni, anche se alcune borse sono riuscite a ritornare sui mas-simi storici, come il Dow Jones e il Dax tedesco, mentre altre si trovano su quotazioni molto lontane da quelle registrate in tempi di abbondanza. Fatto salvo che per la maggior parte degli investitori il bilancio complessivo mostra variazioni negative, non va dimenticato che una diversificazione settoriale o geografica ha consentito ad alcuni di ottenere performance molto soddisfacenti e ha permesso ad altri di mitigare il peso delle perdite. I sot-toscrittori di alcuni fondi comuni d’investimento mette-rebbero volentieri la firma in calce a un contratto che incorporasse l’arrivo di altre crisi simili a quella vista.Almeno una dozzina di fondi comuni hanno sperimen-tato rivalutazioni superiori al 150% nell’ultimo lustro.
Senza dubbio, il settore più redditizio per gli investitori è stato quello biotecnologico. Cinque strumenti focalizzati