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questi target ufficiali, il processo di sgonfiamento di una bolla che ha visto i prestiti all'economia crescere fin oltre il 200% del Pil in pochi anni, dovrebbe essere gestibile. Se il sistema rallentasse eccessivamente, le difficoltà potreb-bero diventare serie».

Paolo Vicentini, responsabile di BG Selection Sicav Ed-mond De Rothschild Select Alpha: «Sì, la preoccupazione per il deterioramento del credito in Cina è grande e non pensiamo che l’eccesso di credito che abbiamo visto nel-l’economia del paese negli ultimi trimestri possa essere riassorbito senza causare qualche problema alle banche e ad alcuni settori economici».

Amy Yuan Zhuang, analista di Nordea: «La recente stret-ta di liquidità in Cina è causastret-ta da una domanda di fondi eccezionalmente forte e da una contrazione creditizia vo-luta dal governo. Ci si aspetta che entrambi questi elemen-ti persistano per qualche tempo, soprattutto se il clima di sfi-ducia tra le banche aumentasse. Considerando quante poli-tiche dalle buone intenzioni sono fallite negli ultimi cinque anni, crediamo che le autorità cinesi stiano giocando con il fuoco con questa loro misura straordinariamente audace. Se la realtà si rivelasse diversa dalle previsioni, la crisi del credi-to potrebbe portare a un fallimencredi-to di massa e danneggiare la stabilità finanziaria complessiva del paese. Anche se le probabilità di uno shock finanziario conclamato non sono alte, non dobbiamo trascurare la potenziale minaccia. Nel frattempo, terremo le dita incrociate sperando che questo giocare con il fuoco non si evolva in un incendio». I Pboc non ha iniettato liquidità nel mercato. Questa

mos-sa è stata particolarmente insolita, a caumos-sa della forte do-manda stagionale di liquidità, dovuta ai tre giorni di festa in Cina quella settimana. Il risultato è stato che la China Agriculture Development Bank non è riuscita a emettere debito a breve scadenza nei tempi previsti, contribuendo a un picco del tasso repo a sette giorni arrivato a un mas-simo del 12%. Ancora, la Banca centrale non ha risposto alle ristrette condizioni di liquidità interbancaria con una operazione espansiva di mercato aperto. Riteniamo che questo sia un chiaro segno della volontà della People's Bank di operare un giro di vite sulle condizioni di liquidità, in particolar modo nei confronti degli istituti locali. A no-stro avviso, questa mossa insolita suggerisce un cambia-mento di mentalità politica in Cina verso il controllo del credito e dell'indebitamento nel sistema a questo punto del ciclo di crescita».

Massimo Siano, di Etf Securities: «Noi molto: se ne parla poco, ma l'anno scorso 86 milioni di cinesi hanno speso una cifra stimabile in oltre 100 miliardi di dollari all'estero per turismo di affari o vacanza. 58 milioni di cinesi (pari all'in-tera popolazione italiana) hanno ormai un patrimonio di oltre 1 milione di dollari. Non parlo poi del consumo inter-no. Per farla breve, se c'è una stretta creditizia in Cina, te-mo sia impossibile non subirne un contagio su larga scala».

Maria Paola Toschi, di Jp Morgan Asset Management:

«Non particolarmente, ma pensiamo che la Cina non abbia ancora trovato una nuova fase di stabilizzazione. Ci sono ancora diverse incognite sul modello di sviluppo futuro, sulla qualità della crescita, sulle dinamiche monetarie e creditizie e ciò continuerà a provocare incertezza e una ri-dotta propensione a investire in quell’area».

Enrico Vaccari, di Consultinvest Asset Management Sgr:

«I rischi in Cina ci sono e i problemi di eccessivo indebita-mento e qualità degli asset delle istituzioni finanziarie lo-cali sono abbastanza gravi. Di fatto questa è la prima ve-ra crisi bancaria che le autorità monetarie di Pechino si trovano ad affrontare. Molto dipenderà comunque dal-l'andamento della crescita economica: l'attuale previsione del governo di un aumento del Pil nel 2013 del 7,5% non pare eccessivamente realistica, in un contesto in cui peral-tro ci sono dubbi circa l'affidabilità dei dati cinesi. Certa-mente se la crescita non dovesse allontanarsi troppo da

La Cina

per la diversificazione del rischio, pur tenendo conto del-l'alta volatilità che le contraddistingue.

Non bisogna poi scordare la strutturale rivalutazione che le materie prime “subiscono” (a volte determinano) nei periodi di incremento generale dei prezzi, che le rende un valido mezzo per difendersi dall'inflazione.

Un'ultima avvertenza riguarda il fatto che quasi tutte le commodity sono trattate in dollari e dunque il valore dell'investimento può essere condizionato anche in misu-ra rilevante dall'andamento del tasso di cambio euro/dol-laro, dal momento che tutti gli Etc sono scambiati nella moneta unica su Borsa Italiana. Rispetto a un paio d'anni fa, tuttavia, sono ora quotati anche alcuni strumenti che offrono la copertura sul cambio, allo scopo di neutralizza-re le volatili dinamiche dei rapporti tra le divise.

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INVESTIMENTO E LA SOLUZIONE

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TC A differenza dei metalli preziosi, le materie prime energe-tiche e agricole (e dunque anche le soft commodity), non-ché i metalli industriali, non si prestano a un investimen-to fisico diretinvestimen-to, per problemi legati alla deperibilità e al-lo stoccaggio. Prima dell'avvento degli Etc (Exchange tra-ded commodity), era possibile ottenere un'esposizione nei confronti di questi beni solamente attraverso strumenti fi-nanziari derivati denominati future, che però risultavano

L'agricoltura e i prodotti del settore primario restano alla base delle esigenze

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