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DIFESA DI LEONARDO BRUNI ARETINO CONTRO I RIPRENSORI. Leonardo Bruni. Digitized by Google

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(1)

DIFESA DI

LEONARDO

BRUNI ARETINO

CONTRO I

RIPRENSORI

Leonardo Bruni

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(2)
(3)
(4)

DIFESA

DI LEONARDO BRUNI

ARETINO

CONTRO

IRIPRENSOR1 DELPOPOLO

DI FIRENZE NELLA IMPRESA DI LUCCA

DALIE CARIE

DEI. R. ARCHIVIO DI STATO

LUCCA

PER

RANTOLO

MM! n CA.NOVETTl MDCCCLXIV.

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(5)

EDIZIONE DI

CENTO

CINQUANTA

COME

DA DISTRIBUIRSI IN DONO

(6)

A GUIDO GUERRA

IL 01

DELLE

Str.

.NOZZE

CON VITTORIA MARIANI

PIETRO

GUERRA

DESIDERANDOLE FELICISSIME.

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(8)

A GUIDO GUERRA

Quando

sedicenne perdettiil

mio

dilettissimo

padre, grande conforto in tanta desolazione

mi

fu l'affetto sincero, con che il tuo geni- nitore prese a cuore la

mia

orfanafamiglia;

ed io

non

seppi meglio mostrargli gratitu- dine che col tenerlo in conto di secondo pa- dre.

Quindi è ben giusto che oggi io

prenda

parte alla festa del tuomatrimonio,pelquale intendo appunto di farti i più felici auguri

coli' offrirti questo librettofregiato del tuo no-

me

e delta Gentile che oggi fai tua.

Accogli con benevolenza .°iueslo segno del

mio

lieto animo,e nel soave affetto di marito e di padre vivi felice.

Lucca, Maggio 1864.

Iltuocugino Pietro

Gierra

(9)

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(10)

AVVERTENZA

Std

finire del secolo

XI

V.i Visconti di Mila- no usarono ogni arte per estendereillorodo- minio nell'alla Italia e in Toscana.

Di

qui la necessità per gli Stati minacciati di per-' dere il loro reggimento di collegarsi a

comu-

ne difesa contro la sterminata ambizione di Giovan Galeazzo:infattinel 21

marzo

4397 fu sottoscritto in Venezia

un

trattato fra Firen- ze, Venezia,Bologna,

Padova,

Ferrarae

Man-

tova di cai

un

articolo

dava

facoltà a cia- scuna delle parti di nominare i propri ade- renti

da

doversi essi pure comprendere nella lega. Firenze

nominò

Lucca,e

un

Sindaco di essa ratificò questo trattato in Venezia il 27 aprile di detto anno.

(11)

8

Frattanto,mortonel1399 l'

Appiano

Signore di Pisa, Gherardo suo figliopoco

dopo

vendè questa città per 200 milafioriniaquellostesso Giovan Gilcazzo, clictantoneuvea desiderato

il dominio. Tal cambiamento mollo addolorò

i Fiorentiniedi Lucchesi,chesitrovaronocosi vicino

un

forte nemico avidissimo d' inghiot- tirli; di che questi credettero prudente cosa

il farselo benevolo col porgergli i loro uf- fici pel

mezzo

diambasciata,laquale

non

solo fu ricevuta con

amore daW

accorto Galeazzo,

ma

ebbe l'incarico di manifestare a

Lazzaro

Guinigiildesiderioeli egliavevadiabboccarsi con lui: al che questi aderì colrecarsi tosto

a

Pavia, ove fu accollo con magnificenza inu-

sitata.

Adombrarono

i Fiorentini nel vedere tanta tenerezza di

un

loroconfederatocolco-

mune

nemico, e più s'insospettirono

quando

cadutaLuccasottoPaolo Guinigi, questonuovo Signoreper

prima

cosa

mandò

ambasciatorial

Duca

di Milano, chefe lorobuonviso.Sarebbe certamente stata prudente politica lo stringere vie più nell'antica confederazione i Lucchesi e i Fiorentini, sicché potessero saldi opporsi alla smodala ambizione dei Visconti;

ma

il

novello Signore

Umoroso

di vedersi rapire di

mano

il potere e privo d'ingegno e di

animo

per iniziare

una

politica francaedecisa,

non

fece che piegarsi or

da

questa ora

da

quella

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9 jmrle, onde sperava maggior soccorso. Questo ondeggiare fra il

Duca

di Milano e iPriori di Firenze, questo desiderio di volere essere amico di tutti, che fu il carattere principale del GovernodiPaolo Guinigi,fecesi cheiFio- rentini in cuor loro preseroaconsiderarloco-

me

nemico, nè gli procacciònellasua avversa fortuna

un

sincero soccorso dalla parte clic

pur

si mosse a seguire.

L'alleanza che il Guinigi strinse con Ladi- slao

Re

di Napoli, cheerastato anchepatrino al battesimo del figlio maggiore di Paolo, fu

nuova

ragione perchèi Fiorentiniprendessero

mal animo

contro diLucca,ilqualedivennepoi

aperta

inimiciziaal

romper

della guerrache Fi- renze e Venezia combatterono

ncW

alta Italia contro Filippo

Maria

Visconti nel 4426. Tanto l'unaquantol'altraRepubblicainqucll'occasione feceroinvilo alGuinigiperchèrinnovasseconlo- rol'alleanza,o/ferendoancheil

comando

di4000 Cavalieri a Ladislao;

ma

Paolo giudicò più profittevole il seguire le parli del

Duca,

e gli

mandò

(sebbene tardie di

mala

voglia)ilpro- prio figlio con 700 lance, nello stesso tempo che si scusava con Firenze e Venezia di

non

volerprender parte alla guerra per

non

re- tar molestia al commerciodei Lucchesi. Quella guerra lini colla pace segnata in Ferrara il

48 aprile (498, nella quile i Lucchesi furon

(13)

IO

dichiarati loro aderenti dai Fiorentini, e fa pattuito che i Visconti non s'impaccerebbero

delle cose di Toscana,

Firenze

non

dimenticò leparole che il

Doge

di Venezia uvea profferito alla pace di Fer- rara c Sapreste,voi Fiorentini,castigare quel tristo del

Duca

di Lucca'/» e tosto si dispose a vendicarsi, disprezzandole scuse che veni-

vano

dalGuiniqiintornoalsoccorso prestaloal Visconti, eneppur curandole

domande

diami- cizia che ei faceva.

Prima

di lutto pretende che Lucca le paghi 44 milafiorini per sua parte dell'intero quadriennio pel quale Fi- renze, Lucca e Siena avevano assoldato nel 4422 Braccio

da

Montone e le sue genti.Seb- m benefosseevidentel'ingiustiziadella

domanda,

perchè

prima

delquadriennio Braccio era morto ed era statosaldato questo conto fino

ad un

giorno, pure fu pagata la

somma

voluta. Di- poi assolda Niccolò Forlcbracciopervincerela ribellione di Volterra, e questa sedata, fingen-

do

di congedarlo lo spinge

ad

assalirein pro- jìrio

nome

il contado lucchese (23 novembre 4429).Ricorse PaoloallaSignoria di Firenze,

ma

essa dissimulòdiaver parte nelC accaduto, mentre pochi giorni appresso, (il44 di dicem- bre)il partilodellaguerra fuvinto nel Consi- gliodelPopolo,eFortebraccio divenuto

coman-

dante dell' oste fiorentina, espugnate molte

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(14)

II

castella, il febbraio 4830 pone l'assedio a Lucca. Paolochiede ajutoa VeneziaeaSiena, la quale ultima timorosa di quello che sarebbe di sò

quando

Firenze fossetanto cresciuta in potere, di nascosto presta qualche soccorso al Guinigi.

Ma

questo

non

bastando,siricorrecon calde preghiere al

Duca

di Milano, ed esso fingendodidarlicenzaalConteFrancescoSfor- za, permette cosialGuinigi di jtrenderloasol-

do

con tremila fanti e tremilacavalieri. Il

20

luglio4430entròquesti nelLucchese,e tostopo- se in fuga l'oste fiorentina, che cercò riparo

a

Ripafratta, poisenza indugiinsiemecon La- dislao si delle

a

ricuperarealcune delle terre perdute. In questo corse vocechePaoloavesse in

animo

di vendere

Lucca

alla Signoria di Firenze;e perciò alcunicittadinicongiurati,

a capo

deiqualistava Pietro Cenami,arrestarono

Paolo

Guinigi cheil ConteSforzasotto

buona guardia mandò

al

Duca

di Milano. Restati*

rata in Luccala Repubblica e fatta

una

breve tregua col

Duca

d'Urbino nuovo capitano ilei

Fiorentini, lo Sforza parti, e la Repubblica prese a negoziare per

mezzo

di ambasciatori lapace con Firenze, stringendo però in pari

tempo un

alleanza con Genova,chefu segnata

il di SS settembre 4430. Intesa dai Fiorentini quest'alleanza non più vollerosapere di pace, e

due

celebri capitani Niccolò Piccinino preso

(15)

12

a

soldo dai Genovesi per ajiUare Lucca, edil

Conte d'Urbino a capodell'esercitodiFirenzesi

scontrarono il 2 di decemòre pocolungi dalla città sullaspondadelSerchio pressolaborgata S. Pietro,oveilPiccininodopobrevelollasba- ragliò il nimico.

Grandi

furono gli onori di cheloricolmarono i Lucchesi, pressojqualila

memoria

di questa vittoria

durò

afesteggiarsi fino a lutto ilsecolo

XVIU,

e molte furon le

rampogne

con che essi rimproveraronoaiFio- rentini le stragi e calamità sofferte,incitando le città sottoposte a Firenze a ribellarsi. Vi fu anzi chi (i)queste riprensioni diresse per letteraal Cancelliere della Repubblica nemica, che era alloraLeonardo

Bruni

Aretino

uomo

di molte lettere e di grande eloquenza,ilqua-

lescrisse e

mandò

in rispostaquestadifesa,che ora perla

prima

voltavien pubblicata(2).

Queste cose ci è partito necessario richia- mare, perchètaledocumento storico meglio

po-

tesseessere inleso; enoiabbiamo preferito qui raccoglierle,valendocidegliassennati sludi dei nostristorici,anziché disperderlein molle

no-

te.

E

per direanche

una

parola di questa di- fesa,cisembracheessameglio mostri

V

ingegno grandissimodell'Aretino,che

non

leragioni del- la Bcjmbblica presa a difendere: la quale se potè

a

diritto lagnarsi della indecisa politica del Guinigi, dopo la caduta

d

i esso

non

potè

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(16)

da

altro essere indotta a voler la guerra, che daldesiderio di ridurre in sua balia la pie- cola Repubblica.

Il Codice

da

cui noi la trascriviamo è

un

quinlernetto di carattere del secolo

X

V. chesta nella Raccolta Orsucci

Tom. VIIL

pag. 369.

A

questocisiamoattenuti

come

piùantico;abbia- vioperò consultato e seguito in qualche punto un'altracopia di questa lettera,cheè nel volu-

me

della Biblioteca

Baroniana

intitolatoMiscel- lanea Lucensia, che si conserva nella pubblica Libreria.

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(18)

DIFESA

DI LUNARDO ARETINO

CONTRO

I

R1PRENS0RI

DEL POPOLO FIORENTINO

«ELLA IMPRESA DI LUCCA.(3)

Da

Lucca in questi giorni vennero lettere, la soprascritta delle quali si dirizzava a

me

proprio,

ma

Veffetto di esse lettere atutti i

cittadini nostriera

comune;

ebenchéinquelle sia il

nome

dell'autore e scrittore di esse, niente di

meno

questo cotale nè da

me

fu cognosciuto mai perl'adrieto,nè ancoraoggi dal

nome

in Cuora, lo conosco; e parmi es- sere assai chiaro, chenon da lui solo furono

composte

dette lettere,

ma

insieme con lui

da

più epiù altri, i quali lapresente iropre- 2

(19)

16 DIFESA

CONTRO

I RIPKEftSORt

t

sadel popolo fiorentino, con loro false eco- lorate ragioni,sisforzanodiriprendere, sicco-

me

ingiusta

&

vituperare siccome inonesta.

Che

fossero non un solo,

ma

più a coni- pori», mi dimostra l'ordine di esse lettere, che per certo è vario, che non paiono da

uno medesimo

ingegno fabricate,

&

anno gli

argumenti tanto sparti, e vari,

&

intralciati,

chepiù tosto rammentati da poi e resquittiti che dal principio detti appariscono.

Ma

sia chevuole,che

come

da unosiscriveper tutti, cosìnoi alutti risponderemo peruno,

&

sarà la risposta mia non altrimenti che con

pa-

role oneste, e costumate, e rimosse da ogni contumelia,

&

asprezza; con tutto che pru- suntuosa cosa abbi fatto chi scrisse, ch'es- sendo uno

omo

solo,

&

non d'altra qualità checi veggiamo, d'untanto e tal popolo cor- rettore e riprensore si faccia,

non

per suo- no di voce, che tosto si spegne

&

annulla,

ma

per scrittura che suol bastar lungo tem-

po:

&

per certo troppo vuol essere eccel-

lente autorità e sapienza quella,che d'un po- polo potente o d'un principe famoso egran- de, reprentione a scriver si metta;

&

di- cono gliantichi Savi, chela natura nou sen- za gran misterio fe li denti quasi

come uno

steccato, o scepcintorno alla lingua per con- tenerla, e raffrenarla dagli inonesti, e super-

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(20)

DEL POPOLO FIORENTINO 17 vacui

&

nocivi parlari. Perla qual cosa noi da ora ci scusiamo, e

dimandiamo

perdono sela necessità del rispondere cistringe con- tro la consuetudine nostradi alcuno signore, o popolo,oparticulare persona, altrimentiche

lui desideri, parlare;

rammentando

che non è simil giudizio incoluiche risponde perdi- Tensione sua

&

de suoi provocato da altri,

&

in colui che dasé stesso si

muove

a mal di- cere.

Ma

prima ch'io venga alla risposta, mi piace della proprietà e singolarità mia chia- rire alcuna cosa acciò che ninno pensasse per questo mio scrivere ch'io fussi stato au- tore, confortatoreo impulsorediquestaguer- ra. Dico

adunque

che la impresa di Lucca prima cheilpopolo fiorentino ladeliberasse, a

me

non piaceva, e sconfortaila sempre,

non

perchè mi paresse ingiusta nè inonesta,

ma

perchè le guerre si tirano drieto tanti mali e guastamenti di paesi e altri inconve- nienti grandissimi, che la natura mia questi

pensando

li rifugge

&

hain orrore.

Ma

poi-

ché

deliberala fu, debbe a

me &

a ciascuno cittadino piacere quello che la città sua sta- tuisce e delibera.

Facendo adunque

fine alla prefazione, e

venendo

alle ragioni tue, tre parti

comprendo

esser da te riprese:Lapri-

ma

èlaingiustiziadell'impresa fattacontra il

Signor diLucca, perchè aderente e congiunto

(21)

18 DIFESA

CONTRO

1 RIPREXSORI

e beuivolo era per l'adrieto secondo il dir tuo;

La

seconda parie ò il

modo,

che non con alto sfidamento,

ma

con occulte ed insidiose deceptioni e simulationi dici essersi proce- duto: Laterza,cbe

dopo

laruina del tiranno contra il popolo di

Lucca

libero

&

innocente seguitar laguerra

non

si convenia. In queste tre parti, per quantoiointendo, sta tutta la reprention tua, la quale mi giova aver rac- colto inbreve luogo, perpoter distintamente rispondereaciascuna.

Vengo dunque

allapri- ma, e

domando

te che scrivi, se ate è noto che il Signor di Lucca per alcun

tempo

fusse confederato e collegatodel PopoloFiorentino:

se a te è noto che il Signor di Lucca obbli- gatofussea defensionedello stato di esso Po- polo: se a te è noto cbe amici per amici,

&

nemici per nemici aver dovesse;

domando

ol- tre a questo, se a teè noto, che in quel

me-

desimo

tempo

durante la confederazione,

e

collegazione, e obbligoilSignordiLuccarichie- sto da esso popolo, nelle aggressioni fattegli dal

Duca

diMilanoin neunacosalivolsedare aiuto,

ma

per lo contrario il suo proprio fi- gliuolo e legenti sue

mandò

inaiuto del ni- mico, aiutando colui il quale tenuto eraof- fendere, ed offendendo coloro li qualiad aiu- tareera obbligato.

0

giusto

uomo

e fedele,con- tro ilquale si allega il Popolo Fiorentino es-

r

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(22)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 10 sersi mosso ingiustamente, elodasi Tosserva- zione dellafeile, quasi

come

costui osservata T avesse, e il Popolo ne mancasse, essendo la verità tutta peropposito

come

di sottomostre- remo.

Ma

io torno alla

domanda

mia e dico, eh* io vorrei sapere da questo che

mi

scrive, se a lui era nota questa confederazione

&

obbligo del Signore di Lucca; e se alui era noto ilfigliuolo ele gentiessersi

mandate

da quel Signorenonin ajuto dei confederati se-

condo

la fede,

ma

in ajuto del nimico dei confederaticontra ogni fede;sediqueste cose

non

avea notizia, troppo leggermente salta sul riprendere; se note li sono,

come può

direil popolo fiorentino ingiustamente essersi

mosso? Se

volesse dire il Signore di Lucca

non

esseresiilo confederato edobbligatoalla defensione degli stati,

produrremo

le scrit- ture: se volesse dire non essere suto richie- sto,

produrremo

itestimonidegliAmbasciatori Fiorentini e Viniziani più volte per questa cagione a lui mandati: se volesse dire

non

esser ito il figliuolo e le genti sue in ajuto del nimico, negar nonsi

può

quel che a tutti

è

manifesto.

Come

puoi tu dire

adunque

il

popolofiorentino ingiustamenteessersi

mosso

a levarsi da presso per sua sigurtà e quiete

un

tanto insidioso inimico, il quale nè ob- bligo,nè giuramento, nèfede data ericevuta

(23)

90 D1FF.SA

CONTRO

I IMPRESSORI dal desiderio dei danni suoi aveano potuto raffrenare? Il qualedal chela libertà tolse allapatria propria sottomettendosi per forza gli altri cittadini, solamente una cosa sopra tutte l'altre si

comprendea

aver meditato e cerco,

come

a Firenze esuo stato e libertà nuocer potesse?

E

per questo effetto conse- guire prima col

Duca

di Milano vecchio, po- tentissimo allora in Toscana, e poi col Re Ladislao con animosità grande si congiunse allaeversione della libertà del Popolo Fioren- tino, esso

He

provocando, e sussidj di vetto- vaglia diricetto edigenti offerendo?

Ma

tutte

queste antiche ingiurie, benché gravissime e manifestissime fussero, avea posposte e di- menticate la città nostra, epensavapiù tosto perzelo c timoredel proprio tirannocheper odiodinostrostatoessereprocedute.

Ma

poiché Braccio con improvviso assalto venne contro Lucca, e richiesta la Città nostra al disfaci-

mento

di quel Signore, che era allora facil cosa, in niuno

modo

volle attendere, pensa- va ognuno, chela prova veduta ogni sospetto e gelosia gli avesse levato, eche

buono

efe- dele amico dovesse esser 1 futuro,

&

fessi

lega

&

confederazione conlui percerto tem-

po a defensione delli stati,

come

di sopradi-

cemmo

(A).La qualeconfederazioneelegadu- rante, sopravvenne la guerra e la opprcssio-

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(24)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 21 ne del presente Duca di Milano, dove Pani- ino del Signore di Lucca sidimostrò più

em-

pio

&

inimico che mai; che non solo abban-

donò

il Popolo Fiorentino confederato suo,

ma

etiandio al nimico di esso popolo

man- dò

i suoi ajuti insieme con la persona del proprio figliuolo. Chi può

adunque

negare

somma

giustizia essere suta in questa impre- sa fatta dal popolo fiorentino per tutela e quiete dello stato suo in rimuovere il vicino insidiatore

&

inimico, cattatore di ogni tem-

po

avverso ed* ogni facultà da poter nuoce- re accostandosi a qualunque persona valida che sopravenisse

come

l'esperentia più volle di luifattachiarissimamente dimostrava?

Ma

ioveggo quellochetu vuoi dire: confesscrassi

da

teiportamenti di quel Signore non esser suti buoni,

ma

dirai di poi essersi nominato

da

questacittà per aderentee dimessogliogni fallo.Perdonami scrittore, la non intendi

be- ne

questaparte,perocchélanominazione pre- detta non ha quella forza che tu stimi,

&

la

remissione de'falli non fu mai conceduta:

&

per chiarire te

&

ogni

omo

che di questo dubitasse attenderai al dirmio. Fessila pace a Ferrara col

Duca

di Milano,

&

intercetera fu proviso, che le parti dovesseno far nomi- nazione di quelli, che dar voleano per ade- renti loro, la qual nominazione avessequesto

(25)

2* DIFESA

CONTRO

I RIPRKNSORI

effetto, che I'altra parte di quelli cosìnomi- nati impacciar non si potesse. Ora tal con- tratto obbliga sololepartiche contraevanola

pace insieme tra loro,

ma

intra il nominan-

te

&

il nominato niuna obbligazione partori-

sce. Mostrolo più chiaramente per un esem- pio

ad

intelligentia di tutti: In questa mede- sima pace fatta a Ferrara,la

Comunità

di Fi- renze

nominò

per suo aderente il ConteAx- zoda Montcgranelli nimicorubello

&

odioso a essa Comunità;

nominò

ancora i figlioli di CarlodaPietramalasimilmentenimici

&

odio-

si; direm che per la nominazione detta o al

Conte Azzo, o a quelli di Pietramala sia ri-

messa la ribellione

&

Tinimicitia

&

cancel-

lato ogni lor fallo?Nullo

modo; ma

rimaseno nimici

&

ribelli

come

prima.

Che

forza ha

dunque

la nominazione? Ha questa forza,

«he li separaallutto dal

Duca

diMilano, sic-

ché impacciare non se ne possa;

ma

laqua-

lilà dei nominato in nionie si muta. Per la qua! cosa se amico era della Comunità que- sto cotalenominato, amicosirimane,

&

se ni-

mico e ribello era, rimane nimico

&

ribello.

Sappiamo

che per lo

Duca

diMilanofu fatta ultima provadidareil Signor di Lucca per aderente suo,

ma

nonglifusofferto;sicchési

levò finalmente da sua

domanda &

la nomi- nazione fu del Popolo Fiorentino. Questa è

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(26)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 23 la nominazione che tu alleghi,

non

praticata col Signore di Lucca, non fatta d'accordio,

non

con obbligo alcuno intra lui

&

la

Comu-

nità di Firenze. Se

adunque

il

Duca

di Mi- lano avesse nominato per suo aderente il Si- gnore di Lucca,

&

dal Popolo Fiorentino li

fusse consentilo, non potea il Popolo Fioren- tino predetto, senza contrafare alla pace, di esso Signore impacciarsi. Così econverso es- seudola nominazionefattaperloPopoloFio- rentino, ilDuca diMilanosiobbligòdinonim- pacciarsidel Signoredi Lucca,

come

di cosa appartenenteall'altraparte;

ma

ilPopolo Fio- rentino nè al

Duca

diMilanosi obbligadi

non

se ne impacciare,nè al SignorediLucca. Ve- di

adunque

che questa nominazione per ade- rente, la quale tucredi essere un granfatto,

non

viene a dire niente, nè alcuna liberazio-

ne

o obbligo in essa si

comprende,

nè d'al- tra qualità fu il Signore di Lucca, che fus- se prima che nominatofusse;

&

la lega fatta intra il Signore di Lucca e laComunitàpre- detta era spirata, e finitanon solamente per avervi contrafatto il Signore di Lucca,

ma

ancora per discorso di tempo, sicché

neuna

convenzione,

neuno

obbligo, neuna congiun- zione era tra il Signore di Lucca

&

la

Co-

munità di Firenze nel

tempo

dell'impresa contro di lui fatta, nè remissionealcuna dei

(27)

24 DIFESA

CONTRO

I RIPRKNSORI

falli antecedenti al Signorepredetto era con- cessa, perocchélequattordici migliaradi fio- rini le quali tu alleghi da lui pagate,furono perchè nella lega già finita n'era riniasode- bitore, e la fine fu fatta della pecuniadebita,

&

non de'falli commissi, e cosi nello stru-

mento

della fine apparisce.

Dove

è

adunque

questa ingiustizia della impresa? Saprestimi mostrare, o tu, o alcuno di quelli altri che furono teco a

comporre

quelle lettere, dove

sia questo così notami

mancamento

del

Po-

polo Fiorentino, la patientia del quale vie più mi dà maraviglia, che tanto abbia indu- gialo a far l'impresa,cheaverlaorfatta?Con- sideri tu che differenza sia tra il dir tuo

&

mio?

Tu

parli a volontà

&

niente provi; io di passo in passo ti mostrolaragione.

Vengo

allasecondapartenellaqualetubiasi-

mi

&

vituperi il

modo

dell'impresa, perocché

non aperto,

ma

con simulatoneinsidiosa dici esser proceduto, lolasserò stare iportamenti del Signore diLucca cheforsesi proverebbe con ragioni aver così meritato di ricevere;

ma

io dico

&

afTermo,

&

di questosono cer- to, che neuna deceptione, neuna insidia, ne- una simulatone fuusala versodi lui,

ma

così

procedette la cosa inverità,

come

in parole gli fu dimostrato, efu varietà neltempo, non Azioni simulate; perla verità del quale nar-

reremo

con brevità

come

passò la cosa.

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(28)

DFX

POPOLO

FIORENTINO 25

Venne

a Firenza Ms.

Urbano

(5)imbasciato- redel Signore diLucca, edisse quel Signore aver sentito da alcuni amici Niccolò Forte- braccio dover passare su quel di Lucca ai danni suoi, e per tanto eh*ei pregava chea questo si obviasse. Il magistrato della città a cui era

mandata

la imbasciata, sentendo queste parole ne prese ammirazione assai, e scrisse subito a Niccolò quanto avea sentito dal SignorediLucca, dimostrando chedispia- cerebbe mollo se alcuna tale cosa per lui si attentasse,aggiungendovi parole quali richie- devailbisognoperrivocarlo datal proposito, se in verità l'avesse. Rispose Niccolò parole generali, il perchè

prendendo

il Magistrato più sospensione che prima, da capo gli ri- scrisse

comminando &

interdicendo. Queste secondelettere,quantunque

mandate

conpre- stezza per un cavallaro,trovarono Niccolò su quel di Lucca,la qual cosa dispiacque molto

al Magistrato, il quale andava nel fatto sem- plicemente e con ogni sincerità. Et per far chiaro ogni

omo,

che contro sua voluntà era proceduto,lacopia delle lettere scritte a Nic-

colò

&

della risposta sua dare a Messere

Urbano; e più, essendo avvisato da finitimi olììliali che molte castella di quel di Lucca spaventale per lo assalto de*Dimici si volea- no dare al

Comune

di Firenze, riscrisse il

(29)

20 DIFESA

CONTRO

I R1PREN80RI Magistrato predetto,

comandando

che nonna se ne prendesse,

&

se alcuni uomini o be- stiami o cosa passar voleano per loro sal- vezza su terreninostri, benignamente fusseno recettati. Per tutte queste cose apparisce l'animo del Magistrato essere suto sincero

&

, perfetto; perocché se altramente fusse suto,

come

arebbe rifiutato le castella che molte notabili

&

di stima spontaneamente venivano a proferirsi?

Stando la cosa in questi termini più e

più dì,

&

crescendo nel terreno di Lucca

continuamente il tumulto, si sentì a Firenze che molti de' sottoposti del

Comune

abitanti in diversi luoghi presso ai confini dei

Luc-

chesi, mossi da sdegni antichi e da contese

&

litigii che sogliono avere insieme i confi-

nanti,eranoentratisu quellodiLucca,

&

fatto

violentie e darani assai;

&

parea che fusse

unfatto,che nè per minacce nè per

comanda*

menti ritener si poteano,

&

era tal molti- tudine,che punirla sarebbe suto quasi impos-

sibile. Parlavasi molto di questi fatti per la città,

&

erano le vie piene di cerbi e di

congregazioni di Cittadini,

&

chi lodava,

&

chi riprendeva il fatto de' sottoposti che con propria autoritàsilusserò mossiad offendere,

&

a tutti parea la cosa già non esser intera.

Intraqnesti ragionamenti la moltitudine sol-

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(30)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 27 levala infine a'fanciullini per le vie e luoghi pubblici conmirabil coucorsoa chiederel'im- presaincominciorno, ricordando il malo ani-

mo

di quel Signore,

&

le ingiurie ricevute,

&

l'andata del figliuolo

&

di sue genti al ni- mico essendoluicollegato: Raccontavansian- cora gì'invitamene da quel Signore fatti al

Re

Ladislao contro la libertà e Io stato di questa Comunità, e tanto fu questo impito

&

efficace che bisognò che il Magistrato

cedesse al volere del popolo. La cosa passò inverità com'io dico,nè inganno né finzione vi si troverà mai.

E

se tu dicessi: io veggio pur varietà dalprincipio alla fine,ti rispondo che il Magistrato fe quello che dovea,

&

il

Popolo quello che potea.

Non

è uffizio del Magistrato far l'imprese della guerra,

ma

raffrenarle: il Popolo è Signore di tutto,

&

conbuonaragione econgiustosdegnosimosse.

Et non dire chenon fusse sfidato,imperocché non una volta

ma

più pel MaestroFilippo (6) gli fu dinunziato la volunlà, il proposito, la deliberazione di questo Popolo, e che, se as- sicurarlo non lo volea di mai più

non

esserli contra, s'apparecchiasse a sua difesa. Nelle quali parole

non

solamente losfidamento ap- parisce manifesto,

ma

etiamdio si dimostra nontanto per vendetta delle ingiurie da lui ricevute, quanto per salvezza e quiete del

(31)

28 !DIFESA

CONTRO

1 IMPRESSORI proprio stato il Popolo Fiorentino contro

il Signore di Lucca essersi mosso. Potreb- beegli esser più chiaro stillamento che que- sto? Potrebbe egli essere più aperto? E vive il Maestro Filippo che ne

può

far fede.

Che

riprendi tu

dunque?

La liberalitàdelMa- gistrato nelloscrivereaNiccolò Fortebraccio,

&

in non voler prendere lecastella,o lade-

liberazione del Popolo in far poi l'Impresa?

Riprendere il Magistrato niente è altro che lagnarsi dei benefìzi ricevuti. Riprendere il

Popolo non si puòf perchè niuna varietà in lui si trova;

ma

fe l'impresa apertamente, e dinunziolla, e seguilolla. Nella prima guerra che fu tra Cartaginesi e Romani, sappiamo che al Senato dispiacque l'impresa

&

già ri- sposto avea dei fatti di Messina non si vole- re impacciare;

ma

niente di

meno

ilPopolo

Romano

al tutto volle far l'impresa, e fella;

e bisognò che il Senatolavoluotà del Popolo seguitasse: nè fu mai

uomo

chedicesseil

mo-

do della impresa esser suto disonesto, per- chè altro fusse il proposito del Senato

&

al- tra la deliberazione delPopolo. Simile

adun-

que in questa impresa di Lucca uon veggio quello che alcuno giustamente possa ripren- der,non il Magistrato, non il Popolo:peroc- ché ciascuno diloro fece Voflìzio suo; il

Po-

polo fe l'impresa, di cui era il poterdelibe-

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(32)

DEL POPOLO FIORENTINO 29 rare la guerra; il Magistrato prima che de- liberata fusse,niente ostilmentevollefarecon- tro il Signore di Lucca.

Come

puoi tu dire

adunque

il

modo

dell'impresa essere sutodiso- nesto se lo slidamento vi fu,

come abbiamo

provato, il Popolo deliberò l'impresa a cui siappartenea,&innanziladeliberazione niente ostilmente dal Magistrato fu fatto?Quello che mi dà più ammirazione delle calunnie tue si è, che tuvuoi dire questa esser suta unacosa composta e ordinata;

&

tantoti vince l'odio

&

la malvagità che tu lo scrivere a Niccolò

Fortebi accio, e Taltre cose fatte in vostro favore interpreti tutte in mala parte,

&

af- fermi quelle fatte simulatamenteper dolosità

&

per inganno. Dimmi,e sta

meco

aragione.

Se questa fu cosa,

come

tu dì, ordinata

&

'

composta, non vi debbe egli essere alcuna evidente utilità, che ragion fusse di cosi or- dinare

& comporre?

Mostrami

adunque

che vantaggio si traeva dallo scrivere a Niccolò Fortebraccio,

&

dimostrarsi dolenti cheinsu quel di Lucca andasse?

Che

siguadagnava di questa simulazione?

Tu

dirai, anzi ài detto:

nella tua lettera, che tutte queste cosesifa- cevano pertrovare quel Signore sproveduto.

Rispondotiche questo non bisognava cercare, perocché in quel

tempo

attualmente sprove-

duto era,

&

poche ore fu dallo scrivere a

(33)

30 DIFESA

COLTRO

I RIPRENSOUI

Niccolò allo entrare suo su quel di Lucca.

Adunque

questa era cosa ordinata

& com-

posta,

&

il Popolo Fiorentino sapevachebi- sognava con mentire

&

con disonestarsi fin-

gere

&

simulare quello che niente rilevava?

Queste cose

quando

si fauno sogliono aver cagione di utilità evidente. Qui utilità nessu- na vede, se non perder tempo.

Non

era molto maggior vantaggio non aspettar ponto»

ma

subilo insieme con Niccolò Fortebraccio

mandar

le genti insu quel di

Lucca? E

che

* ostava che questo non si potesse allora fare

il popolo se ei voleva?

Non

aveva egli le genti sue, non avea e'sottoposti i quali più difficile era a ritenergli cheaconcitargli ? Li primi

&

improvvisi assalti sogliono in questi casi far meraviglie; e se Niccolò Fortebrac- cio con poca gente

&

con piccola riputazio- nefetanti pericoli, solo per trovar le cose sprovedute, che avrebbe fatto il Popolo Fio- rentinoconla moltitudine disuegenti,

&

con lagrandezzadisua riputazione? Quelloadun-

que

che senza niuna lettera, senza mentire far poteva questo popolo, volle far con let- tere econ mentire;

&

avendo

tempo

atto,

che

neuno

piùattosenepoteva sperare,volle tener in parole,

&

aspettar

tempo

!

Non

vedi tu queste che contradizioni sono?

Non

vedi tu quanto latua calunnia èfragile,

&

quanta

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(34)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 3!

ripugnanza ella arreca seco? Queste fraudi

&

finzioni sogliono essere de*Tiranni,

&

de*

Signori, chè in un solo sta quelle potere or- dinare

&

comporre. 1 popoli similiinganni

sogliono fare, nè abilmente se volessero pos- sono; perchè ogni lor deliberazione bisogna passi con volontà

&

con scienza di moltitu- dine, la quale nè finger sa simil cose, nèse- greto tenere.

Ma

dimmi, se tutte l'altre ra- gioni fusseno strane, il non voler pigliar le castella che sidavano a questacittà sponta- neamente,nonè evidentissima prova, cheneu- na fraude, nèdolo,nè simulazione fu inque- sto fatto?

Che

dì tu

adunque

di finzione e d'inganno?

Non

ti vergogni tu mentire poi- questo inooo,

&

quello che tu stesso cogno-

sci non esser vero, volere ad altri per odio suadere? Dici ancora chegli Ambasciatori,o vogliam dire legati, furono presi a Firenze contra ogni consuetudine umana.

Deh

!

ram-

mentati ti prego quello che i legati predelti pagarono di taglia; chènonlo di,setupuoi?

Ma

tu non scrivi se non que!lc parti per le quali credi potere calunniare, le altre da te

con silenzio si trapassano.

Ma

poiché tunon vuoi dire, dirò io: Egli è vero che trovan- dosi certelettere scritte da legati al Signore di Lucca per le quali suspizione si potea prendere dicorruttela pecuniaria con alcuni

3

(35)

32 DIFESA

CONTRO

I RIPRENSORl

de* nostri cittadini tentata, fu

mandato

per

gì*Imbasciatori predetti,

&

examinati a pa- role per ritrovare il vero

&

senza lunga dimora, furono licenziati,

&

furono intanto riguardati detti Ambasciatori, che durante

la Guerra si stettero a Firenze molto

me-

glio sicuri, che non sarebbono stati a

Luc-

ca. Questo

non

sidice da tecon tutto chetu

il sappia;

ma

se alcuno appiccohaia ripren- dere, qui ti ficchi. Detto

abbiamo

assai della giustizia della impresa fatta contra al Signo- re di Lucca,

&

il

modo

di essa, non avere

in sè auto disonestà alcuna chiaramente ab-

biamo

provato. Resta ora quella parte, nella quale

dopo

la ruinadi quelSignore il

Popola

di Lucca, secondo il dir tuo, ricoverò la li- bertà; nel qual Popolo non essendo difetto alcuno nè ingiurie antecedenti, neunaonestà rimaner dici al Popolo Fiorentino d'averli fatto contra. Io ti farò forse meravigliare in questa parte,imperocché teco mi conforme- rò in tutto

&

per tutto inuna

medesima

sen- tenza;

&

dico

&

affermo che non avendo il

Popolo Lucchese fatto cosa alcunache meri- tasse guerra, non saria in

me

tantamalignità che io dicessi esser bene che guerra o di- spiacere alcuno ricevesse;

&

guardimi Dio da tal natura, e datal mente che goda, e di- lettisidel male.

A me

furono

sempre

leguerre

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(36)

DEL POPOLO FIORENTINO 33

in odio,

&

sono di opinione che lentamente

&

con tardezza a quelle si debba,

&

nonal- trimenti che per estremo efinal rimedio, di- venire.

Ma

dimmi, ti prego, e favella

meco

con quella larghezza che io favello teco: es- sendo fatta l'impresa contro al Signore di Lucca,

&

avendo i Lucchesicombattuto più e più mesi per quel Signore

&

per questoini- micatisi col Popolo Fiorentino, a cui si ap- partenca muoversi e farsi incontro con pa- role? Per certo a' Lucchesi si apparteneva, massime avendogenti incasa,

mandate

dachi già sappiamo, per le quali giusta sospezione prender si dovea. Mostrami

adunque

se mai, venne nè ambasciata o letteraalcuna daiLuc- chesi

dopo

la deposizione del Signore che amicizia o pace dimandasse? Certo non mai se

non dopo

lungo indugio,

& dopo

la par-

tita del Conte Francesco. Allora finalmente Ambasciadori vennero a Firenze tre notabili cittadini(7)

&

parolerecaronoassai

umane

;

&

certo non con minor umanitàfu lor risposto, chiarendolichenonera intenzionenèproposito diquestopopololalibertàloro volere occupa- re,oturbarepurchéin libertàviver volesseno senza mettersi in casa tiranno alcuno; pe- rocché per sperienza veduto s'era i tiranni di quella terra che di

tempo

in

tempo

erano

stati, infiniti pericoli

&

affanni aver dato a

(37)

34 DIPESA

CONTRO

I RIPRKNSORt questa Città,

come

ne* fatti di Uguccione da Faggiola, e di Castr uccio Castracani,

&

di Gherardino Spinola,

&

diMastinodella Scala,

&

di Paulo Guinigi, si era potutochiaramen-

te vedere;epareva un fato che quella Città non potesse star senza tiranni

&

tutti con turbatione grandissima

&

pericolodella Città di Firenze. Per la qual cosa sein libertà vi- ver voleano, si proferiva loro non solamente

non

offender la lor libertà,

ma

etiamdio di- fenderla da chi occupar la volesse. Essendo queste parole tanto

umane &

amichevoli, e tenendosi la cosa essere in ottima speranza, sopravvenne di subito novella cheiLucchesi aveano dato Pietrasanta in

mano

de*

Geno-

vesi cioè del

Duca

di Milano,

&

cosi l'altre terremarine aveano promisso di dare; per la qual cosa ogni trattato amichevole si turbò,

&

videsi chiaro gli Ambasciatimi preditti es-

ser mandati, non ad affetto alcuno di con- cordia,

ma

a tenere in parole;

&

essi

Imba-

sciadori,

negando

il fatto di Pietrasanta po- ter esser vero,

&

presa licenza di tornarsi a Lucca promettendo di tornare in qua pre- stissimamente con

buona

conclusione, mai poi ritornar vollono. Perlaqual cosa fu chia- ro a ogni

omo

il Popolodi Lucca non avere ricoverato la libertà sua,

ma

aver mutato signore.

era alcuno tanto ignorante, che

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(38)

DEL

POPOLO

FIORENTINO 3S non intendesse apertamente da cui venuti erano gli ajuti primi,

&

le persone seconde.

Che vogliamo

adunque

dire di questo

tempo

della guerra

dopo

la ruina di Paulo Guinigi, se il popolo di Lucca maggiore

&

più formi- dabile nimico si mettevano in casa?

Che

do- vea fare il PopolFiorentino ilquale tuttove- deva conlradisè ordinarsi? Niega, setu puoi, esser vero quello eh'iohonarratodella

man-

data degli Imbasciadori tarda e lenta,

&

della novella di Pietrasanta quasi insiemecon loro sopravenuta.

Ma

nè tu né altri negare il

puote: e se così è passata la cosa, perchè' ascrivi tua

mancamento

del PopoloFiorentino quello che in verità è vostro

mancamento?

Ma bene

si vede quello che al presente vi ] fa parlare: questo è resultanti»

d'un

poco

di vittoria.

Ma

credimi che chi in questo si

1

confida,

&

pensa qui essereil fine, èingran- dissimo errore;

&

per certomoltopiù senno era cercare di farsi i viciniamici,che il lon- ginquo Signore, perocchéisitide'luoghi

mu-

tar non si possono

&

in perpetuo convieu che Lucca presso Firenze rimagna: il fuoco propinquo scaldare

&

arder puote:

&

la vita d'un

uomo

è fragile

&

caduca, ilpopolo

du-

rabile

&

eterno.

Ma

queste cose lasciar mi piace,

&

in esse non mi stendere, chè per elVettoseguirele vedraise saraivivo(8).Basta

(39)

36 DIFESA

CONTRO

l RIPRENSORI EC.

a

me

averrispostoallariprension tua, laqual cosa ho fatto cosi pienamente econtale di- mostrazione,

&

vere prove in ciascuna delle parti,che appressoa qualunquerettogiudice, della giustizia

&

della onestà di questo

Po-

polo ninna dubitazione rimaner debbe.

FINE

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(40)

N O T E

(4)

scrisse questa lettera fu Cristoforo Turrettini,il qualeil giornostesso che fu re- staurata la Repubblica

(45

agosto 4430) ne venne eletto Cancelliere, (V. in Archivio di Staloiltitolo dellibro delle Riformagioni del- l'anno 4430segnalo

Consiglio Generale. 44.

ed ancheildeliberato eh' è nello stesso libro f.°3/ tergo).

Un

lungobranodiquesta lettera silegge sulprincipio del quinternelto,

da

cui vien trascritta questa difesa,

ma non ab-

biamo credulo che mettesse bene di pubblicarlo, perchè contiene quelle stesseaccuse che l'Are-

(41)

38

tino si obietta, ed alle quali risponde, e più perchè qualche volta il senso riè intralciato edoscurissimo.SerCristoforo Turretlini,V au- tore di questa lettera,pare che fosse

uomo

di qualche conto, poiché fu

Anziano

nel 4431, 4433, 4441 e 4445, e tenne anche il

supremo

grado di Gonfaloniere nel 4443, 4447,e 4450.

Quando

egli era tuttavia Cancelliere nel4433 dovette darsi assaibrigaonde venisseroalpò- terepersonealuibenevole,perchènel libropub- blicodi cancelleria dell'anno4435f.°97silegge

una

suasupplicaaiGovernantiscritta

da

Geno- vail48 agosto, collaquale confessa questosuo delitto

commesso

46 mesi innanzi,econisenti- menti della più profonda umiltà ne

domanda

perdono. Pietro

Cenami

proposediassegnargli

il confine a 40 miglia didistanza dal territo- rio lucchese per 40 anni sotto

pena

della con- fisca e del capo se lorompesse;e coti fu.Do- vette perà essergliinteramenterimessala

pena

perchè nel 4444 si trova Anziano,e nel 4443 Gonfaloniere.

E

poiché qui vieneintaglio,cipia- cedi notare

come

la famiglia Turretlini fosse

una

delle assai

amiche

e nobili famiglie luc- chesi. Trasse la sua origine

da

Nozzano,e se

neconoscelagenealogiadalprincipiodel1300;

un

secolo dopo venne

ad

abitare la città, ed ebbe le stu? case in via S. Giustina per ilfilo

deiParensi edilsepolcro di famiglia inS. Pel-

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(42)

legrino. Ilprimo

ad

illustrarla fuildello Cri»

stoforo che era anche notaro. Ebbe 24

Gonfa-

loniere, e 400 Anziani,

ad un

talPaolino Tur»

retlinifuambasciatorenel4466 al

Duca

diMi- lano. Si trova

rammentala

questa famiglia co-

me

nobilenel 4474,enel 4583

un

altro Turret»

tinidi

nome

Cristoforofu Segretariodelle Ci- fredi

Papa

Gregorio XIII,edottenne

da Ro-

dolfoprivilegiodi nobiltà imperiale, e di mei»

lete i aquila dell'Impero nell'arme. Sebbene questa famiglia fosse mollo numerosa pure si

speme

in Lucca circa il 4630:

un ramo

di essa peròsi mantiene anche oggidì in Gine- vra, ove

andò

a stabilirsi

un

talFrancesco, quando, condannato il 28febbraio 4578 co-

me

eretico e ribelle,

abbandonò

Lucca persot- trarsi allepunizioni rigorose ondeeraminac- ciato. Cinque Turretlini discendenti daldetto Francesco meritarono di essere rammentali dal Marchese Lucchesini nella sua storia letteraria di Lucca (V. Baronidellefamiglie Lucchesi lom. 37. pag. 575

Archivio di Staio, Cronologia dei Signori:

Armario

58 n. 47

Lucchesini Storia Letteraria lib. V.

cap. I

Torninosi Storia di

Lucca

lib.III.

cap. Vili).

(2) Scipione

Ammirato

nellesuestorie fepar- lare Rinaldodegli

Albhi

nel Consiglio delpo- polo intorno a questa guerra

da

imprendersi

(43)

40

con alcune parole di questa stessa difesa.

( Storie Fiorentine lib. 49).

(3) Questa difesa fu indirizzata al Tur- reUini slesso con

una

lettera latinagiàstam- pata dal

Mehus

nella collezione che essofece delle lettere di

Leonardo

Bruni, ed IV.

ileilib. VI;esiccome

ha

con quella molta re- lazione la riproduciamo qui sotto. Avvertasi che la difesa

non ha

data alcuna, e che la lettera porta solo quella del giorno e mese (8 gennaio): pare però certo, per le cose di che l'Aretino discorre, che l'

una

e l'altra sia stata scritta l'anno 4431. Ecco la lettera.

LEONÀRDUS

C.

LUCENSIS.

Aequum

fuerat, egregievir,siquida

me

per litteras tuas quaerebas, expectare responsio- nem, non

autem

et quaerere simul,

&

tibi ipsi respondere.Quaestio

namque

oninisdere dubiaconsuevitesse.Terminatioauteincertitu-

dinem

flagitat.

Quod

si baecHcentiahominibus tribuatur,ut

&

jiarrentipsi

rem

suoarbitratu,

&

falsa prò veris, incognita prò coguitis as-

serant,deindeipsimet sententiam fcrant,quac auctoritas erit bujuscemodi judicio,

quod

non meritum causar, sed libidoexpresserit,in

quo

idem accusator,

&

judex? Verus enim judi- ciorum ordo personas distinguit, ut sit alius

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(44)

41 accusato!*, alius defensor, aliusjudei.

Con-

troversia vero omnis fere litigantibus est aut facti, aut juris. Si de facto ambigitur, tabu-

lis,testibus,signis, argumentis, conjectura pro- balur. Si dejure,aequivel iniqui ratio in

me- dium

%nit.

Sed

ante

omnia

factum discutia- tur oportet, frustra

nempe

dejure quaeritur, ubi factum non constet. Haec,ut vides,

com-

munia sunt.

Nunc

ad nostra regrediamur, ut intelligas de quibus conveniat iuter nos,

&

de quibus adversemur,

&

cernas

quam

multa desint adveritatem conclusionis tuae.

Non

po- tuisse salva fide contra

Paulum

Guinisium in- ferri bellum a Fiorentino populo dicis,

cum

esset

idem

ipse prò adbaerente ejusdem

po-

puli in pace nominatus. Nus

autem nomina- tum

confitemur,

& tamen

salva fide bellum

sibi iuferri potuisse afflrmamus.

Haec

igitur prima quaestio juris est.

Quod

tu per hujus-

modi

nominationem remitti priores iniuras,

&

obligationem inter

nominantem &

noroi-

natum

oriri existimas, nos

rem

inter alios actam nullam hujusmodi vim habere putamus.

Haec igitur juris:factivero Illaquaesequun- tur.

Tu

occullis insidiis,

&

dolosis simulatio- nibus

usum

Florentinum

Populum

inhocbello inferendo calarmiiaris; nos nullum protinus dolum, nullam simulationem, nullas insidias in ilio fuisse certissime scimus.

Tu

non de-

(45)

nunciatum fuisse bcllum pracdicas: nos per Philip punì, qui

&

vivi!

&

testimonium perhi- bebit, denunciatum fuisse affirmamus.

Haec

&

hujusmodi, de quibus controversiaest, prius

a te probanda erant postea lamentanda.

Nisi

enim

facta haec ostendis

&

itti su- periora fuisse injusta probes, nulla Ubi de bis aut querela, aut exprobratio justa esse potest.

Sed

tu nec ista quae sunt futi, nec

illa quae sunt juris ullo

modo

probas, sed ex nudasimpliciquenarratione concludis.

Hoc

igitur

primum

in lilteristuis non probo. Dein- deilludvebeinenter reprehendo,

quod

autte, aut

me

rebus populorurn admisceas, quasi nostrae sit censurae illos corrigere, ac non potius arrogantia vesaniaque haberi debeat

homnnculam unum

ex se ipso, nomine defe- rente, tantisde rebus judicium sibi assumere pracsertim inaniler. Quid enim quaesonostra liaec censura proflcere potest?

Ne

fiant? Àt facta sunt. Ut corrigantur? linde haec cen- sura nobis? Frustra autem niti, nec aliud se fatigando, nisi

odium

quaerere extrema de- menlia est.

Ego tamen

invitus licei,

quoniam me

provocas, defensionem scripsi

quam

Ubi

mitto. Et quia de re populi agitur populari- busverbisuti placuit, ut populi ipsi,

quorum

causa agitur, non ab interprete, sed ex se ipsis intelligere possint. Videbis autemiu tra-

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(46)

A3 ctatione ipsius causae,

quam

indigne leviter- que prosilueris ad

rem

tibi non satis

notam

reprehendendum. Vale. Florentiae

VI

Idus Ja- nuarii.

(4) Si allude alla lega rinnovatafra Firen- ze, Sii'ha e

Lucca

il 2 settembre 4422 a sug- gerimento di Niccolò

da i

zzano e di Barlo-

lommeo

Valori dopo l'invasione di Braccio

da

Montone.

(5)

Pare

che

prima

vi fosse speditoMesse r

Urbano

Cucci,

ma

poi vi furono inviati an- che Angelo Giorgi e Jacopo Viviani o

come

lo chiama l'Ammirato Jacopo Viniziani. (Beve- rini, Annali voi. 3 pag. 304. Ammiralo, Sto- rie Fiorentine lib. 49. Archivio di Stalo. Ar- mario 44, n. 278 pag. 246, 247).

(6) Filippo

De Luca

frate dell'ordine deiMi- nori Osservanti era ambasciatore a Firenze pel Guinigi nell'ottobre 4429 insieme con Ja- copo Viviani (Archivio di Stato.

Armario

44 n. 278pag. 244, 242 e 243).

(7) Quest'ambasceria si compose di questi tre cittadini Forteguerra Toti, Jacopo Vivia- ni, e Ceccardo Petri dei Capitani di Massa.

(Archivio di Stato, fìiformagione del 7 otto- bre 4430f. 25). Il Beverini dice che questo Ceccardo di

Massa

era celebre nella

Repub-

blica per la sua sapienza

(Annotivoi. 3 pag, 350).

(47)

(8) L'Aretinonons'ingannò, perchè riaccesa la guerra fra le Repubbliche diFirenzee Ve- nezia ed il

Duca

di Milano, questi richiamò

il Piccinino;eLucca dovèreggere sola aicon- tinui assaltideiFiorentini finoche

non

sicon- cluse la pace in Ferrara il 26 aprile 4433.

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£>] Sulla natura de 9 foli delle no/Ire Acque Termali ^ e iella Marga bianco, 0 fa Agarico minerale , che tra le fefie * mìfchiato , veggofi il bel Trae». tato De Lucenfium

addotto Autore ) sono indecentilfimc^e grandemente pregiudicia li ad ogni forte digentcj pvche.moÙo poche fono quelle , cho non fieno di cofe lalciuc » c di Amori ditone fti .ili

Intuisco il rischio che tu possa prenderlo per uno slogan esagerato, ma lo corro volentieri. Insieme perché il BMS ti rende informato e consapevole. Insieme perché non è una