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Mesopotamia, nella Valle dell’Indo e in Africa settentrionale. È possibile che sia

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(1)

Introduzione

Sin dall’antichità, l’oro è stato per gli uomini il simbolo della luce, della bellezza e della perfezione divina: non a caso, il simbolo Au deriva dalla parola latina “aurum” che significa “alba splendente”.

Si pensa che tale metallo sia stato estratto per la prima volta 6000 anni fa in

Mesopotamia, nella Valle dell’Indo e in Africa settentrionale. È possibile che sia

stato il primo metallo mai usato dall'uomo, anche prima del rame, per ornamenti,

gioielli e rituali. L'oro viene descritto, per la prima volta, in geroglifici del 2600

a.C., in cui il re Tushratta dei Mitanni dichiarava che fosse "comune come la

polvere" in Egitto. L'Egitto e la Nubia avevano infatti risorse tali da renderli i

maggiori produttori d'oro per la maggior parte della storia antica: si deve, infatti,

agli antichi Egiziani il primo processo di estrazione sistematica dell’oro dalle

miniere. Questo popolo aveva sviluppato un vero e proprio culto nei confronti di

questo elemento: era il simbolo del dio del sole, Horus, era utilizzato per fare

gioielli e attrezzi per tutti i giorni ed era considerato un mezzo per fornire

ricchezze per la vita dopo la morte. Per questo veniva piazzato nelle tombe e nelle

piramidi: uno degli esempi più belli di ornamento funebre è la maschera d’oro di

Tutankhamon, posta sulla testa e sulle spalle della mummia del faraone posta in

una bara fatta di fogli d’oro dello spessore di 2 mm e del peso di oltre 90 Kg. La

maschera funeraria (Figura 1), realizzata con numerosi strati d’oro battuto,

intarsiato di ceramica e pietre semipreziose, riproduce fedelmente i lineamenti del

giovane re al momento della morte. Ciò dimostra l’elevato livello che aveva

raggiunto la tecnica di estrazione, raffinamento e lavorazione di questo metallo.

(2)

Figura 1: La maschera d’oro di Tutankhamon

I Romani riuscirono a combinare la propria abilità nella lavorazione del vetro con le straordinarie proprietà cromatiche dell’oro: addizionando polvere d’oro (oggi si direbbe nanoparticelle di Au) ottennero il cosiddetto vetro dicroico, un materiale che cambia colore a seconda che la luce venga trasmessa attraverso la sua superficie o riflessa dalla stessa. La famosa "coppa di Licurgo" fu realizzata con tale tecnica (IV secolo a.C., vedi Figura 2).

Figura 2: La coppa di Licurgo (IV secolo a.C.) vista in luce riflessa e in luce trasmessa

(3)

Bisogna anche ricordare che l’oro ha costituito per secoli uno dei cardini e degli obiettivi più ambiti nell’ambito dell’alchimia, un'antica pratica protoscientifica che, tra i suoi grandi scopi, aveva quello di riuscire a tramutare in oro o in argento gli altri metalli. A tale proposito riportiamo qui di seguito un brano tratto dal romanzo “Utz” del celebre scrittor inglese Bruce Chatwin

1

che ben spiega il desiderio e la brama che esisteva nei confronti di questo metallo:

“L’oro e l’argento maturano nelle viscere della terra, dall’arsenico rosso e bianco. […] Gli alchimisti cinesi insegnavano che l’oro è il corpo degli dei. I cristiani che tanto insistevano sulla semplificazione, lo equipararono al Corpo di Cristo: la sostanza perfetta, inalterabile, un elisir capace di strapparci alle grinfie della Morte. Ma era o non era l’oro che noi conosciamo? Oppure era un aurum potabile, da bere? Secondo le antiche credenze, le pietre preziose e i metalli maturavano nel ventre della terra. Come un pallido feto diventa una creatura di carne e ossa, così i cristalli si tramutavano in rubini e l’argento in oro. Gli alchimisti credevano di poter accelerare il processo con l’aiuto delle due “tinture”, la Pietra Bianca, con la quale i metalli vili venivano trasformati in argento, e la Pietra Rossa,

“l’estrema opera dell’alchimia”: l’oro!”

Per venire ai giorni nostri, nonostante sia un elemento noto ormai da secoli, la ricerca in molti settori relativi alla chimica dell’oro si trova ancora allo stadio

1 B. Chatwin, Utz, 2000, Adelphi

(4)

iniziale. Infatti, risale solo agli ultimi vent’anni circa la “riscoperta” dell’oro non solo come metallo prezioso incorruttibile, utile nella fabbricazione di gioielli e oggetti di valore, ma, soprattutto, come elemento dalle molteplici e, per certi versi, straordinarie proprietà che lo rendono unico rispetto a tutti suoi vicini nella tavola periodica e che gli hanno aperto le porte verso numerose nuove applicazioni qui sotto almeno sommariamente mostrate.

I composti di oro(I) e, in particolare, i tiolati (formula generale AuSR) di varia natura (primari, secondari, terziari, aromatici), hanno assunto un ruolo centrale di estrema importanza in questa “rinascita” in tutte le varie applicazioni sotto riportate sia come prodotti ultimi sia come precursori di altre sostanze di grande interesse sia applicativo sia teorico.

Le principali applicazioni nate negli ultimi anni si possono raggruppare in tre categorie generali:

1. Settore sanitario;

2. Settore vernice e decorazioni;

3. Settore delle nanotecnologie o, più in particolare, dei nanocatalizzatori.

Sebbene in molti di questi campi si sia appena agli inizi, è possibile comunque delineare, almeno a grandi linee, le prospettive future e gli ambiti di indagine che, al momento, sembrano essere i più promettenti.

Le prime applicazioni in campo medico dell’oro come agente terapeutico risalgono ad oltre 4000 anni fa: i Cinesi

2

usavano l’oro nelle forme più svariate per curare tutta una serie di malattie, dal vaiolo, all’ulcera, passando per malanni ai polmoni e alla pelle, riuscendo con la pratica a raggiungere un grado di

2 Z. Huaizhi, N. Yuantao, Gold Bulletin, 2001, 34, 24

(5)

conoscenze non indifferente. Oggi, tiolati d’oro(I) sono già usati come agenti contro le artriti e sono studiati come potenziali farmaci per il trattamento di cancro, AIDS, malaria e asma bronchiale.

3

In particolare, grosso interesse è rivolto verso lo studio delle proprietà citotossiche e anti-tumorali mostrate da composti d’oro(I) di formula generale [Au(SR’)(PR

3

)] negli studi in vitro fino ad ora svolti. Si è provato

4

a variare i gruppi legati al fosforo, i gruppi legati allo zolfo, a usare difosfine chelanti e tiolati bidentati, oltre a composti ionici, chirali o biologicamente attivi (vedi Figura 3 e Figura 4).

Figura 3: alcuni esempi di tiolati di oro(I) aventi attività contro le artriti e anti tumorali: (a) Myocrisin, (b) Solganol, (c) Allochrysine Limière, (d) Sanocrysin e (e) auranonfin.

Moltissimi di tali composti hanno presentato un’azione potente e mirata nei confronti di vari tipi di cellule tumorali e alcuni si sono dimostrati attivi anche nei

3 E.R.T. Tiekink, Gold Bulletin, 2003, 36, 117

4 E.R.T. Tiekink, Critical Reviews in Oncology/Hematology, 2002, 42, 225

(6)

confronti di molte di quelle cellule che risultavano inattaccabili dal cis- [PtCl

2

(NH

3

)

2

], il farmaco anti-cancro più largamente usato al mondo.

3

Figura 4: Struttura molecolare determinata tramite uso dei raggi X (a) dell’auranofin, (b) [Au(dppe)2]+. Colori: oro, arancione; zolfo, giallo; fosforo, viola; ossigeno, rosso; carbonio, grigio;

idrogeno, verde.

Si è provato anche ad usare composti di Au(III) nell’idea che vengano ridotti nell’organismo a derivati di Au(I), ma tale strada sembra leggermente meno promettente. Al momento, si sta cercando di capire il meccanismo con cui agiscono questi composti e si sta cercando di risolvere il problema legato alla tossicità acuta presentata da molte di tali molecole, prima di passare ad una sperimentazione sull’uomo.

L’uso dell’oro nel campo delle vernici e delle decorazioni è noto da circa quattro secoli, ma fino alla fine del XIX secolo ci si limitava

5

a disperdere polvere d’oro in materiali resinosi naturali: dopo riscaldamento intorno a 400-800° C e dopo lucidatura, si otteneva un film d’oro lucente.

5 P.T Bishop, Gold Bulletin, 2002, 35, 89

(7)

Successivamente, la ricerca si è rivolta verso lo studio dei tiolati d’oro(I) come precursori di film in condizioni sempre più blande, necessarie per l’applicazione a materiali sensibili al calore come plastica, fibre tessili, etc. In particolare, si sono indagate

5

le proprietà di vari tiolati differenti (primari, secondari, terziari, aromatici e alifatici) per cercare di stabilire un legame tra temperatura di metallizzazione (la temperatura oltre la quale il tiolato si decompone a metallo), qualità del film d’oro ottenuto e struttura del composto (che spesso si presenta sotto forma di sistema polinucleare più o meno complesso). In realtà, si è ancora lontani dal razionalizzare tale correlazione anche perché risultano ancora oscuri alcuni stadi di tale metallizzazione. La ricerca si è rivolta anche verso l’ottenimento di tiolati il cui odore sia il più possibile tollerabile e in grado di solubilizzarsi in solventi come acqua, cloroformio, etc..

Negli ultimi anni l’attenzione si è spostata verso l’uso di nanoparticelle d’oro stabilizzate tramite leganti tiolo: esistono molte vie sintetiche differenti, ma la più semplice e la più utilizzata prevede la riduzione con NaBH

4

di miscele contenenti tiolo e [AuCl

4

]

in toluene. La soluzione che si ottiene viene concentrata e addizionata di abbondante alcool per far precipitare le nanoparticelle. La ricerca in questo settore si sta occupando di riuscire a controllare le dimensioni delle nanoparticelle e di stabilire la correlazione tra tali dimensioni, la temperatura di metallizzazione e la qualità del film che si ottiene.

Per moltissimo tempo, l’oro è stato considerato come un metallo di scarso interesse dal punto di vista della catalisi

6

ed è stato studiato più nella speranza di amplificare o modificare l’attività catalitica di altri metalli. Negli ultimi anni, si è,

6 D. Thompson, Gold Bulletin, 1998, 31, 111

(8)

però, scoperto che le proprietà catalitiche cambiano completamente quando le dimensioni vengono ridotto a pochi nanometri.

7,8

Nanoparticelle d’oro possono essere usate per catalizzare una vasta gamma di reazioni

9

che trovano potenziale applicazione nel controllo dell’inquinamento, nei processi chimici e nelle celle a combustibile (Figura 5): in alcuni casi sistemi supportati a base d’oro possono arrivare ad essere le migliori soluzioni catalitiche esistenti.

7

Tra le reazioni più importanti in cui possono essere sfruttati catalizzatori a base d’oro sia in fase eterogenea, sia in fase omogenea, è possibile ricordare: l’ossidazione di CO a basse temperature, l’idroclorurazione di acetilene, la combustione catalitica di idrocarburi, l’idrogenazione di CO, e la carbonilazione di olefine.

6,7,10,11

Figura 5: numero di brevetti su catalizzatori a base d’oro e suddivisione di tali brevetti per area di impiego dei catalizzatori.

In tale campo diventa di cruciale importanza il controllo delle dimensioni e della forma delle nanoparticelle, poiché tali parametri hanno un’influenza enorme

7 D. Thompson, Gold Bulletin, 1999, 32, 12

8 M.M. Maye, J. Luo, L. Han, N.N Kariuki, C.J. Zhong, Gold Bulletin, 2003, 36, 75

9 C.W Corti, R.J Holliday, D.T Thompson, Gold Bulletin, 2002, 35, 111

10 M.B. Cortie, Gold Bulletin, 2003, 36, 59

11 R. Grisel, K.J. Weststrate, A. Gluhoi, B.E Nieuwenhuys, Gold Bulletin, 2002, 35, 39

(9)

sulle proprietà catalitiche di tali sistemi. La sintesi di tali catalizzatori passa, in generale, attraverso alcuni stadi (Figura 6):

8

1) a una soluzione di [AuCl

4

]

in toluene viene aggiunto un largo eccesso di tiolo e, molto lentamente, si aggiunge un eccesso di soluzione acquosa di NaBH

4

e si ha la formazione di nanoparticelle d’oro (dimensioni intorno ai 2 nm) protette le une dalle altre da uno “scudo” a base di molecole di tiolati.

2) Tali nanoparticelle vengono, quindi, assemblate, utilizzando “linkers”

come il 1,9-nonanditiolo, sulla superficie di un elettrodo tramite un processo di scambio - assemblaggio - precipitazione. Lo spessore del film è regolato dal tempo di immersione dell’elettrodo nella soluzione

3) Si procede con la rimozione dello “scudo” organico mediante riscaldamento o per via elettrochimica, ottenendo così il catalizzatore supportato attivo.

Figura 6: illustrazione schematica della preparazione di catalizzatori supportati attivi a base d’oro.

L’oro trova anche molte applicazioni nel campo delle nanotecnologie,

soprattutto nel campo dell’elettronica e dell’elettricità.

9

E’ possibile costruire

(10)

microfili (Figura 7 a) a base di nanoparticelle d’oro, chemosensori (sfruttando la luminescenza

12

di composti d’oro(I)), macchine molecolari, materiali otticamente attivi, vernici che cambiano colore a seconda della luce (Figura 7 b), etc..

Figura 7: (a) crescita di microfili da una sospensione di nanoparticelle d’oro; (b) esempio di vernice che cambia colore a seconda della luce.

I tiolati di oro(I) sono composti particolarmente stabili a causa della particolare affinità esistente tra il metallo e lo zolfo: infatti, lo ione Au

+

rientra nella categoria degli acidi di Lewis “soft”, cioè, è ricco di elettroni, polarizzabile e di grosse dimensioni, e, come tale, preferisce come leganti basi di Lewis “soft” come lo zolfo. Per questo motivo, composti di oro(I) con leganti all’ossigeno o all’azoto (basi “hard”, piccole e poco polarizzabili) sono molto più difficili da preparare e, quindi, meno studiati.

Nonostante quanto appena detto, esistono in letteratura pochi tiolati omoleptici di oro(I) caratterizzati a causa della difficoltà di solubilizzazione e di ricristallizzazione che impedisce di avere cristalli adatti per un’analisi difrattometrica coi raggi X. Infatti, si presentano in genere come composti

12 V.W.W. Yam, E.C.C. Cheng, Gold Bulletin, 2001, 34, 20

(11)

polinucleari in cui l’oro mostra, in genere, numero di coordinazione due (geometria lineare) che viene garantito da leganti tiolato posti a ponte tra due centri metallici, con formazione di strutture a varia nuclearità, in cui sono anche presenti interazioni di tipo Au(I)-Au(I).

La capacità di dare legami metallo-metallo di una certa forza è una caratteristica generale della chimica di coordinazione dell’oro(I) nonostante si tratti di un centro metallico a guscio chiuso (Figura 8). Tale fenomeno, che differenzia l’oro da tutti gli altri metalli anche vicini, prende il nome di

“aurofilicità”

13

e individua un tipo di legame con caratteristiche peculiari che verranno brevemente illustrate:

14

i. la distanza tra due centri metallici è inferiore alla somma dei raggi di van der Waals e si attesta tra i 270 pm e i 330 pm (in genere intorno ai 300 pm);

ii. l’interazione fra atomi di Au(I) (a numero di coordinazione 2) si sviluppa perpendicolarmente all’asse molecolare, indipendentemente dalla direzione radiale;

iii. ad un singolo centro metallico possono attaccarsi diversi atomi d’oro(I), per dare triangoli, quadrati, etc..

iv. l’energia di legame è nell’ordine dei 29-50 kJ/mol (come un legame a idrogeno), molto più forte di un legame di van der Waals, ma che può essere impedito da ingombri sterici;

v. quando il composto viene sciolto in solventi donatori, la solvatazione dei monomeri predomina spesso sulle interazioni intermolecolari;

vi. è un legame reversibile, geometricamente flessibile, molto utile nella

13 F. Sherbaum, A. Grohmann, B. Huber, C. Kruger, H. Schmidbaur, Angew. Chem. Int. Ed. Engl., 1988, 27, 1544

14 H. Schmidbaur, Gold Bulletin, 2000, 33, 3

(12)

chimica preparativa e che può causare un’intensa fotoluminescenza nella regione dell’UV/Vis.

Tale interazione metallo-metallo è molto meno frequente tra gli altri elementi vicini all’oro e non raggiunge mai la forza di un legame aurofilico. Si possono formare cluster di varia geometria di 3, 4, 5 o anche 6 atomi di metallo a seconda del legante tiolo usato e del suo ingombro sterico.

Figura 8: esempi di composti caratterizzati dalla presenza di legami Au(I)-Au(I).

La natura di questa interazione non è ancora stata definita con chiarezza,

sembra che ne siano responsabili effetti di correlazione, a cui si sommano

contributi relativistici legati alla particolare posizione dell’oro nella tavola

periodica e che si possono schematizzare nel seguente modo: all’aumentare della

carica nucleare gli elettroni s, più vicini al nucleo, aumentano la loro velocità

media e, come conseguenza della relatività, la loro massa. Questo effetto

relativistico fa sì che gli elettroni s e, in misura minore, quelli p, occupino orbitali

(13)

di minore estensione rispetto a quando tale effetto non sussiste. Per questo motivo, negli elementi più pesanti gli elettroni s sono legati più tenacemente e schermano meglio la carica nucleare rispetto agli altri elettroni (specialmente i d e gli f), che risultano quindi più blandamente legati e situati in orbitali di maggiori dimensioni.

Tale effetto diventa importante per gli elementi successivi ai lantanidi, ma è in particolare per l’oro che se ne apprezza l’entità perché, trovandosi alla fine della terza serie di transizione, esso risente sia della naturale contrazione del periodo sia della contrazione lantanidica, e quindi i suoi orbitali sono particolarmente vicini al nucleo.

Nel legame metallico dell’oro sono coinvolti principalmente gli elettroni di valenza s. Inoltre, l’aumento dell’energia degli elettroni d ed f è coerente con la minore energia di seconda e terza ionizzazione rispetto a quelle dell’argento (vedi Tabella 1). Sembra inoltre che questo incremento dell’energia degli elettroni 5d e l’abbassamento di quella degli elettroni di valenza 6s sia responsabile del colore giallo dell’oro, associato alla transizione dalla banda 5d al livello di Fermi, il quale possiede essenzialmente carattere di 6s.

Au Ag

Affinità elettronica [eV] 2,039 1,202

Calore di atomizzazione [kJ/mol] 368 285

Punto di fusione [°C] 1063 961

Distanza M-M nel reticolo c.f.c. a 25°C [Å] 2,8840 2,8894

Tabella 1: Confronto tra alcune proprietà di oro e argento

(14)

Sono note dalla letteratura alcune vie di sintesi per questi tiolati di oro(I) che partono tutte, in generale, da soluzioni acquose di [AuCl

4

]

. La prima di queste

5

prevede l’utilizzo del tiolo stesso come riducente sacrificabile secondo la reazione:

[AuCl

4

]

-

+ 3RSH

H2O

1/n[AuSR]

n

+ 3HCl + Cl

-

+ 2RSSR

Il tiolo, oltre che da legante, svolge il ruolo di riducente (ossidandosi a disolfuro) nei confronti dell’Au(III) che passa a Au(I): è necessario, perciò, utilizzare un rapporto tiolo/Au di almeno 3:1.

Non sempre ciò è possibile o conveniente, soprattutto se il tiolo è un prodotto costoso o complicato da ottenere: in tali casi si preferisce utilizzare come riducente ausiliario, per esempio, un tioetere, che è in grado di donare due elettroni per la riduzione dell’Au(III) e Au(I).

5

La sintesi passa attraverso due stadi:

[AuCl

4

]

-

+ 2R

2

S

H2O

[AuCl(SR

2

)] + 2HCl + Cl

-

+ R

2

S=O

[AuCl(SR

2

)] + R'SH 1/n[AuSR']

n

+ HCl + R

2

S

In letteratura

15

sono riportati anche alcuni esempi di sintesi di tiolati d’oro(I) fatte utilizzando come solvente acetato di etile anziché acqua, ma per il resto non si discostano dalle due vie sopra riportate.

15 G.A. Bowmaker, B.C. Robson, J. Chem. Soc., Dalton Trans., 1981, 267

(15)

È possibile trovare indicazioni differenti sulla stabilità di tutti questi composti.

In generale, tali derivati risultano stabili all’aria e all’umidità atmosferica a temperatura ambiente, quando si trovano allo stato solido. E’, comunque, prassi comune condurre le preparazioni in atmosfera inerte.

I tiolati d’oro(I) con legante fosfinico esistono sotto forma di complessi mononucleari di formula generale [Au(SR)(PR

3

)] o [Au

2

(SR)

2

(PP)] se si usa una difosfina (in Figura 9 è riportato un particolare tiolato neutro con difosfina in cui, attaccati ai gruppi tiolato, ci sono dei gruppi “eteri corona”, che hanno la funzione di catturare atomi metallici di opportune dimensioni e agire, quindi, da chemosensori grazie alla formazione dell’interazione aurofilica Au-Au che può avere proprietà di luminescenza). La presenza del legante fosfinico completa la sfera di coordinazione del centro metallico, e, quindi, impedisce la formazione di ponti di zolfo con la conseguenza che atomi di oro(I) non riescono più a trovarsi abbastanza vicini per dare interazioni di tipo aurofilico.

Figura 9: tiolato d’oro(I) con legante difosfinico a ponte che può funzionare come chemosensori

(16)

Questi composti mostrano una elevata solubilità nei comuni solventi organici, ad eccezione degli idrocarburi alifatici e si preparano, in genere, attraverso reazioni di sostituzione del legante da parte dell’anione tiolato in derivati di oro(I) del tipo [Au(X)(PR

3

)], dove X può essere sia uno ione alogenuro, sia uno ione tipo CN

, SCN

, BF

4

. Tali precursori possono essere preparati in diversi modi: si può partire da un derivato di oro(III) ed effettuare una reazione direttamente con fosfina, che funziona anche da riducente, o da un complesso di oro(I) ed effettuare una reazione di scambio di legante. Il primo caso può essere esemplificato dalla sintesi seguente:

16

EtOH

O PR

3

H[AuCl

4

] + 2PR

3

+ H

2

O [AuCl(PR

3

)] + 3HCl +

Il secondo metodo può essere esemplificato dalla reazione di scambio del solfuro con fosfina

17

nel complesso [AuCl(SMe

2

)]:

[AuCl(SMe

2

)] + PR

3 CH2Cl2

[AuCl(PR

3

)] + SMe

2

Il tiolato può essere introdotto in un secondo momento sia come sale, sia come tiolo, in presenza di una base opportuna in grado di salificarlo.

B

-

[Au(Cl)(PR

3

)] + HSR' [Au(SR')(PR

3

)] + HCl

16 P. Braunstein, H. Lehner, D. Matt, Inorg. Synth., 1990, 27, 218

17 L. Hao, M.A. Mansor, R.J. Lachicotte, H.J. Gysling, R. Eisemberg, Inorg. Chem., 2000, 39, 5520

(17)

La sintesi di questi composti può essere anche realizzata secondo una procedura completamente diversa

18,19

rispetto a quelle descritte finora, ovvero a partire direttamente dal tiolato di oro(I) di formula [Au(SR)]

n

per reazione con fosfine, mediante fissione delle interazioni aurofiliche e/o dei legami a ponte del gruppo tiolato.

Nel caso dei tiolati omoleptici insolubili si ha una immediata conferma visiva della reazione in quanto l’aggiunta del legante causa la dissoluzione del tiolato iniziale insolubile:

1/n[Au(SR)]

n

+ PR

3 Solv

[Au(SR)(PR

3

)]

(Solv = benzene, toluene, diclorometano o cloroformio)

I composti di oro(I) con un legante tiolato e un legante fosfina (o difosfina) esibiscono una interessante reattività in seguito a ossidazione: in presenza di sali di ferrocenio forniscono, come prodotto, complessi cationici polinucleari di oro(I) e disolfuri:

4[Au(SR)(P)] + 2FeCp

2+

RSSR + [Au

4

(SR)

2

P

4

]

2+

+ 2FeCp

2

2[Au

2

(SR)

2

(PP)] + 2FeCp

2+

RSSR + [Au

4

(SR)

2

(PP)

2

]

2+

+ 2FeCp

2

18 P.J. Bonasia, D. E. Gindelberg, J. Arnold, Inorg. Chem., 1993, 32, 5126

19 M.R Wieseman, P.A. Marsh, P.T. Bishop, B.J. Brisdon, M.F. Mahon, J. Am. Chem Soc., 2000, 122, 12598

(18)

I complessi con fosfine monodentate danno in genere un cluster con un nucleo composto da quattro atomi di Au(I) posti ai vertici di un quadrilatero, tenuti insieme da leganti tiolato a ponte (in posizione anti) fra due centri metallici e da interazioni Au-Au, conservando una geometria quasi lineare per quanto riguarda il frammento tiolato–oro− fosfina, come evidenziato dai valori degli angoli S-Au-P che in tutti gli esempi riportati in letteratura mostrano valori prossimi ai 180°

(Figura 10). Per quanto riguarda complessi con difosfine si osserva ancora la formazione di strutture con un core costituito da quattro atomi metallici, ma gli atomi d’oro che esibiscono interazione aurofilica sono soltanto quelli tenuti vicini dalla coordinazione del legante difosfinico.

Figura 10: struttura ai raggi X del catione [Au4(SC5H11)2(PMe3)4]2+ (a sinistra) e di [Au4(SCMe3)2(dppe)2]2+ (a destra)

Secondo il meccanismo proposto, l’ossidazione è centrata sullo zolfo sul centro metallico: l’ossidante (FeCp

2+

) riceve un elettrone dall’atomo di zolfo

provocando, così, la rottura del legame Au-S. Si forma la specie cationica [AuL]

+

(19)

e il radicale RS

che, velocemente, dimerizza accoppiandosi con un altro radicale identico a dare disolfuro, RSSR. La specie cationica che si è formata, è coordinativamente insatura e, dunque, si unisce ad una molecola del prodotto di partenza per formare un complesso cationico bimetallico mediante ponti a zolfo, che, in un secondo momento, dimerizza tramite interazioni oro-oro per formare il cluster a quattro atomi d’oro osservato. Il risultato netto è un’ossidazione monoelettronica che interessa due moli di complesso di partenza per ogni mole di elettroni scambiati.

[Au(SR)L]

-1 e-

[AuL]

+

+ 1/2[Au

4

(SR)

2

(L)

4

]

2+

2[Au(SR)L]

-1 e-

1/2 RSSR + 1/2[Au

4

(SR)

2

(L)

4

]

2+

[Au(SR)L] .

+

[Au(SR)L] .

+

[AuL]

+

+ RS .

[Au(SR)L]

In due lavori di Tesi precedenti,

20,21

è stata affrontata e ottimizzata la sintesi di questi cluster tetranucleari di oro(I): in particolare si è studiato come variano le proprietà e le caratteristiche di questi composti al variare del gruppo tiolato e della fosfina. Si è arrivati alla conclusione che, indipendentemente dai sostituenti, la struttura allo stato solido presenta sempre un core tetranucleare di atomi di oro, mentre non è stato investigato in maniera approfondita e sistematica se tali interazioni vengano mantenute in soluzione o se effetti di solvatazione siano sufficienti a rompere i legami aurofilici (anche se qualche evidenza a favore della sopravvivenza in soluzione sembra esserci). Probabilmente la scelta del solvente e

20 A. Battisti, Tesi di Laurea, 2005, Università di Pisa

21 O. Bellina, Tesi di Laurea, 2004, Università di Pisa

(20)

delle condizioni può essere determinante per la conservazione di tali strutture, ma ulteriori studi sono necessari al riguardo. Sempre nei due lavori sopra citati, si è anche studiato, in via preliminare, la reattività di questi composti in presenza di nucleofili e riducenti arrivando a dimostrare che i legami oro-oro sono labili, anche se in presenza leganti tiolato a ponte.

In questo lavoro di Tesi verranno preparati alcuni cluster tetranucleari di oro(I) non noti in letteratura di formula [Au

4

(SCMe

3

)

2

(PR

3

)

4

][BF

4

]

2

(R = Et,

t

Bu) e [Au

4

(SCMe

3

)

2

(dppm)

2

][BF

4

]

2

per ampliare la casistica su questo tipo di composti e verranno caratterizzati essenzialmente attraverso la spettroscopia NMR e MS. Si sintetizzeranno anche i seguenti composti già preparati e caratterizzati nei precedenti lavori di Tesi: [Au

4

(SCMe

3

)

2

(PR

3

)

4

][BF

4

]

2

(R = Me, Ph) e [Au

4

(SCMe

3

)

2

(dppe)

2

][BF

4

]

2

.

Si studierà in maniera sistematica lo stato di aggregazione di questi composti in soluzione al variare della fosfina coordinata e del solvente (CH

2

Cl

2

, MeOH) utilizzando tecniche spettroscopiche di massa e di NMR a gradiente pulsato di campo, PGSE-NMR (DOSY).

Se ne studierà, quindi, il comportamento in presenza di tiolati di oro(I) neutri

con legante fosfinico, Au(SCMe

3

)(PR

3

) e di fosfina libera per meglio

comprenderne la reattività e la resistenza delle interazioni aurofiliche.

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