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CAPITOLO III LA PERSONA OFFESA DAL REATO DINNANZI AL GIUDICE DI PACE NELLA FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI

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CAPITOLO III

LA PERSONA OFFESA DAL REATO DINNANZI AL GIUDICE DI PACE NELLA FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI

SOMMARIO: 1.Premesse sul ruolo dell’offeso dal reato nella giurisdizione penale di pace. –2.La proroga delle indagini e l’estromissione dell’offeso -3. La posizione particolare dell’offeso nell’opposizione alla richiesta di archiviazione -4.Il ricorso immediato dell’offeso: contenuti e rapporto con la querela. -4.1(segue) I controlli sul ricorso immediato da parte del pubblico ministero e del giudice. -5. I poteri interlocutori della persona offesa : art 34 e 35 d.lgs n.274 2000.

1.Premesse sul ruolo della persona offesa dal reato nella giurisdizione penale di pace

Per comprendere il ruolo della persona offesa all’interno del nostro ordinamento è importante dedicare parte della trattazione al ruolo che essa assume nel procedimento penale davanti al giudice di pace.

Quest’ultimo infatti segna una sorta di emancipazione dell’offeso dal ruolo marginale che gli è stato attribuito all’interno del processo ordinario; si individua in questo senso una possibilità che gli restituisce il ruolo primario di “parte processuale”.

I poteri della persona offesa dal reato sono risultati arricchiti e più pregnanti dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 28 agosto 2000, n.274 che si occupa della competenza penale del giudice di pace; in linea generale il ruolo dell’offeso viene valorizzato attraverso una serie di elementi : mediante l’attribuzione di poteri di impulso processuale tramite il ricorso immediato (art. 21 d.lgs. n.274 del 2000), inoltre si individua l’improcedibilità a causa della mancata comparizione in udienza del ricorrente ( art. 30 d.lgs. n. 274 del 2000) ed infine si attribuiscono all’offeso poteri interlocutori ai fini della definizione alternativa del processo penale (artt. 34 e 35 decreto legislativo).

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Bisogna premettere che attraverso la riforma del 2000 è palese una certa volontà di privatizzare il conflitto penale; le premesse a questo mutamento vanno ricercate nella legge delega 24 Novembre 1999, n.468.

In realtà osservando a ritroso l’iter processuale che ha portato all’emanazione del d.lgs. n. 274/2000, alla persona offesa dal reato non risultava alcun potere di input processuale all’interno dei progetti dai quali ha tratto origine il dibattito parlamentare che precede la emanazione della legge delega n.468/1999. La prima tappa a cui si fa riferimento è la legge 21 novembre 1991, n. 3741 “Istituzione del giudice di pace” all’interno della quale appariva evidente come il procedimento nei confronti di questo giudice particolare, avrebbe dovuto essere semplice ed efficacie e per questo motivo si intendeva attribuirgli la competenza per quelle fattispecie di microconflittualità tra soggetti privati.2

Con questa legge è stata introdotta la figura del giudice di pace quale organo monocratico , non togato , onorario alla quale si attribuirono competenze civilistiche. La delega è infatti rimasta inosservata nella parte relativa alle competenze penali, poiché era troppo ampia e priva di ogni direttiva in relazione al procedimento penale.

La scelta di far ricorso alla legge delega per riformare il procedimento davanti al giudice di pace si rifletteva sostanzialmente nella difficoltà di risolvere in sede parlamentare i numerosi problemi sostanziali e processuali derivanti dall’estensione al giudice di pace del ruolo di accertamento dei reati.

Tale disegno però rimase monco e inattuato poiché il Governo decadde dal potere della delega conferitogli dal Parlamento, dando luogo quindi

1 Legge istitutiva del giudice di pace, con la quale , agli artt 35-38 , si delegava il governo di disporre in ordine alla competenza penale di questo giudice ed al relativo procedimento, delega che venne meno a seguito della non emanazione del decreto legislativo entro il termine ultimo del 30 dicembre 1994.

2

C.PANSINI , Il contributo dell’offeso e snodi procedimentali, Cedam, Padova, 2001, p. 124.

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ad un rinvio della devoluzione di una competenza penale al giudice onorario.

La strada intrapresa per rendere questo particolare rito agibile e semplice all’inizio fu quella di attribuire più poteri alla polizia giudiziaria3 ; solo successivamente abbiamo assistito all’idea di un coinvolgimento diretto della persona offesa nella vocatio in iudicium, alla quale si fa corrispondere un adattamento della struttura stessa del procedimento penale davanti al giudice di pace.

Prima di affrontare il ruolo della persona offesa in questa tipologia di procedimento è importante delineare quelle che sono le linee generali che caratterizzano questo rito.

La sua introduzione all’interno della scena processuale ha acquisito una fondamentale rilevanza : da un lato si attribuisce ad un magistrato non professionale l’esercizio della giurisdizione penale dall’altro si da vita ad una nuova figura di giudice più sensibile alle problematiche di rilevanza minore; la competenza del giudice di pace ruota fondamentalmente intorno all’asse costituito da reati espressivi di una conflittualità privata e in un ambito di gravità modesto4.

La volontà del legislatore nel d.lgs. n. 274/2000 era quella di creare un rito agile e incisivo il cui archetipo è il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.

L’impatto innovativo sul sistema dell’intera disciplina della giurisdizione penale di pace bisogna riscontrarlo in una sorta di “giurisdizione alternativa” che necessita di un procedimento alternativo con il quale esprimersi ; una sorta di “ modello di giustizia ancillare”5.

3 L.BRESCIANI, Ritorno al futuro? Il ricorso immediato davanti al giudice di pace tra slanci ideologici e incongruenze normative, in Scritti in onore di Antonio Cristiani, Giappichelli, Torino, 2001, p.112

4

Cosi T.PADOVANI, Premesse introduttive alla giurisdizione penale di pace , in G.GIOSTRA –G.ILLUMINATI (a cura di) , Il giudice di pace nella giurisdizione penale, Giappichelli, Torino, 2001, p.XII.

5

Relazione al decreto legislativo n.274 del 2000 “ Disposizioni in materia di competenza penale del giudice di pace “ in Guida dir. 2000, n. 39, 40.

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La giurisdizione penale di pace ignora le forme transattive come il patteggiamento o il rito abbreviato che impedirebbero il raggiungimento dell’obiettivo principale, cioè quello conciliativo. Infatti, a differenza del modello ordinario in cui l’inflazione della condanna rappresenta la naturale ricomposizione del conflitto, con il giudice di pace essa rappresenta un fallimento processuale e solo in extrema ratio il procedimento sfocia nella sanzione penale. All’interno di questa giurisdizione lo scopo è quindi quello di riunire ed avvicinare le parti divise da un conflitto , permeandosi di un’ideale conciliativo.

Quindi è facile comprendere come in questa prospettiva il ruolo dei protagonisti privati del processo sia esaltato e soprattutto quello della persona offesa dal reato, la quale acquisisce una posizione primaria nella persecuzione giudiziaria e diventa protagonista nell’intera vicenda processuale “di cui segna l’incipit e scandisce le fasi successive”.6

Emerge cosi evidentemente che da un lato il titolare del bene protetto violato dalla norme incriminatrice supera gli angusti limiti della fase procedimentale della giurisdizione ordinaria e dall’altro acquisisce una grande autonomia e autosufficienza rispetto alla parte civile , avendo la possibilità di influenzare la vicenda giudiziaria di proprio conto aldilà della presenza di essa.7

Anche nella fase delle indagini preliminari nel procedimento davanti al giudice di pace si assiste ad un contesto luci/ombre riguardo alla persona offesa; è vero infatti che in questo ambito viene esaltato al massimo il suo ruolo ed essa acquisisce rilevanza come una sorta di autonoma parte processuale ma è anche vero che ci sono determinate zone d’ombra in cui l’offeso sembra perdere rilevanza rispetto al procedimento ordinario ; questo si può vedere sia riguardo all’istituto

6 Relazione al decreto legislativo n.274 del 2000 “Disposizioni in materia di competenza penale del giudice di pace “ in Guida dir., 2000, n. 38 ,40

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A.SCALFATI, La fisionomia mutevole della persona offesa nel procedimento penale del giudice di pace , in Dir. Pen. Proc., 2002, p.1185.

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della proroga delle indagini preliminari (art. 16 d.lgs. n. 274 2000) sia , in determinati snodi dell’istituto, rispetto all’archiviazione delle indagini ( art. 17 d.lgs. n. 274/2000).

2. La proroga delle indagini e l’estromissione della persona offesa

Il procedimento davanti al giudice di pace è una giurisdizione alternativa che ha una delle sue principale caratteristiche nella volontà deflattiva; si definisce come rito agile adatto alla tipologia di reati minori e di tipo bagatellare.

Per comprendere il ruolo dell’offeso nelle indagini preliminari di questo procedimento è opportuno inquadrare le cadenze investigative e le varie tempistiche in quanto l’intera architettura di questa fase presenta tratti originali.

Secondo l’art. 11 comma 1 del d.lgs n.274 del 2000 , “una volta acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l’individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero con relazione scritta entro quattro mesi”.

Quando il pubblico ministero non ha avuto conoscenza direttamente della notitia criminis, e se ritiene che non ci siano le condizioni per formulare la richiesta di archiviazione , deve attendere questa relazione della polizia giudiziaria per compiere i suoi atti investigativi.

L’iscrizione della notizia di reato all’interno del registro deve avvenire da parte dell’organo di accusa a seguito della trasmissione della relazione investigativa della polizia giudiziaria o fin dal primo atto che ha svolto individualmente (art. 14 d.lgs n.274 2000).

Il termine massimo della durata delle indagini preliminari nel procedimento davanti il giudice di pace è di quattro mesi dal momento dell’iscrizione della notizia , entro questo termine il pubblico ministero potrà : rivolgersi al giudice al fine della richiesta di archiviazione del caso, oppure esercitare l’azione penale , effettuando l’imputazione (art.

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15 d.lgs n. 274 2000); nel caso ritenga necessarie ulteriori indagini , il magistrato requirente può provvedere personalmente ad esse o avvalendosi della polizia giudiziaria.

Tenendo sempre conto della prospettiva luci/ombre che ho voluto adottare all’interno della mia trattazione, si può vedere come anche nella fase delle indagini preliminari nel procedimento davanti al giudice di pace il ruolo dell’offeso è soggetto a sbalzi. Il potenziamento della sua posizione è evidente in ragione dell’operatività di alcuni istituti propri di tale sistema ( attraverso la predisposizione del ricorso immediato al giudice , attraverso i poteri interlocutori a lui attribuiti ai sensi dell’art 34 e 35 decreto legislativo), non mancano però determinate situazioni in cui risalta la tendenza a trascurare la figura dell’offeso dal reato e il suo ruolo è messo in ombra.

A questo proposito è importante sottolineare come manchi del tutto un apporto della persona offesa nell’ipotesi di proroga delle indagini 8

; è infatti previsto che, nei casi di “particolare complessità”, l’organo di accusa può disporre la prosecuzione delle indagini con provvedimento motivato per un periodo non superiore a due mesi . Immediatamente interviene il giudice di pace che, dopo essergli stato comunicato il provvedimento, deve osservare se esistono o meno le ragioni fatte valere dal pubblico ministero e a quel punto, entro cinque giorni dalla comunicazione può dichiarare la chiusura delle indagini oppure ridurne il termine. ( art. 16 comma 2 d.lgs n.274 2000).

In sintesi, nonostante l’art. 16 del decreto sia molto più rigido a livello letterale che l’art. 406 c.p.p. nel procedimento ordinario, in quanto “la particolare complessità delle indagini” è stata ritenuta anche dalla relazione al decreto più complessa rispetto alla “giusta causa” per la prima proroga, emerge in questo caso la totale mancanza del

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contraddittorio e della possibilità della persone offesa di incidere sui tempi delle indagini.

Nel “procedimento minore” si costruisce, in questo caso, un rapporto esclusivo tra il pubblico ministero e l’organo giurisdizionale per ragioni di maggiore snellezza e velocità delle forme.

3. La particolare posizione dell’offeso rispetto all’opposizione alla

richiesta di archiviazione

All’interno del procedimento davanti al giudice di pace gli spazi del ruolo della persona offesa vengono tendenzialmente ampliati; rispetto all’istituto dell’archiviazione invece si assiste ad una controtendenza, infatti anche se alcuni aspetti di questo istituto migliorano la posizione dell’offeso , prevalgono quelli negativi.

Terminate le indagini preliminari, l’art. 15 del d.lgs n.274 2000 stabilisce che il pubblico ministero “se non richiede l’archiviazione , esercita l’azione penale, formulando l’imputazione e autorizzando la citazione dell’imputato”.

In generale l’archiviazione (art. 17 d.lgs. n.274/2000) in questo procedimento acquisisce una dimensione diversa da quella del codice di procedura penale , oltre alle ipotesi stabilite in esso si trova anche l’”esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto”, prevista ai sensi dell’art. 34 comma 1 e 2 del d.lgs n.274 20009

. Accanto all’infondatezza della notizia di reato e alle situazioni considerate negli artt. 411 e 415 c.p.p., nell’art. 17 del decreto legislativo è richiamato l’art. 125 disp.att.c.p.p. che individua l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nella fase delle indagini non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio.10

Il procedimento di archiviazione è strutturato in modo da consentire al giudice di pace di effettuare un controllo su quelli che ne sono i

9 V. Infra par.5.

10 E.MARZADURI, Le disposizioni sulla competenza del giudice di pace,in G.CONSO –V.GRAVI –M.BARGIS, Compendio di procedura penale, Cedam, 2012, p.121.

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presupposti; a tal fine il pubblico ministero, come nel rito ordinario, trasmette al giudice una serie di elementi: il fascicolo che contiene la notizia di reato, i verbali compiuti davanti al giudice e la documentazione delle indagini effettuate (procedimento equivalente a quello regolato ai sensi dell’art. 408 comma 1 c.p.p.).

L’offeso dal reato che abbia richiesto di essere informato dell’eventuale archiviazione ha diritto di ricevere una copia della richiesta del pubblico ministero e non un mero avviso come avviene nella disciplina ordinaria; questo aspetto si risolve in un miglioramento della tutela dell’offeso la quale è un po’ affievolita nella struttura generale dell’archiviazione davanti al giudice di pace, poiché permette di far conoscere alla vittima non solo l’iniziativa abortiva dell’organo di accusa ma anche le ragioni sulle quali è fondata.

E’ importante il collegamento effettuato in questo senso con il ricorso immediato, poiché la proposizione di quest’ultimo viene equiparata ad una formale richiesta di essere notiziato delle scelte abortive dell’organo di accusa , indipendentemente da un’espressa richiesta in tal senso e ciò anche nell’ipotesi in cui la volontà del pubblico ministero sia successiva alla trasmissione del ricorso al giudice di pace o che egli lo abbia ritenuto infondato o inammissibile.11

Entro dieci giorni dal ricevimento della copia della richiesta la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini.

Un ulteriore vantaggio per la vittima all’interno di questo istituto deriva dal fatto che non è tenuta a presentare una richiesta corredata da elementi di prova o a sostegno delle indagini necessarie; essa deve solo indicare a pena di inammissibilità “gli elementi di prova” che giustificano il rigetto della richiesta “o” ( e non “e” come nell’art 410 c.p.p.) “ le ulteriori indagini”.

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Quindi la persona offesa potrà limitarsi, nel suo atto di opposizione, a contestare l’infondatezza della notitia crimins così come individuata dal pubblico ministero indicando semplicemente gli elementi di prova che si rilevano dalle indagini.12

Dunque l’offeso dal reato nel suo atto oppositivo, a differenza della procedura ordinaria, può indicare lacune investigative oppure fare semplicemente una diagnosi sull’attività svolta dal pubblico ministero. Si va ad individuare una sorta di doppia natura dell’opposizione all’archiviazione: richiesta motivata di prosecuzione delle indagini oppure “formulazione coatta dell’imputazione” laddove l’offeso dal reato indica gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta dell’organo di accusa.13

Il giudice di pace, se accoglie la richiesta del pubblico ministero, disporrà il decreto di archiviazione; se invece non concorda con le richieste dell’organo di accusa o laddove ci sia stata un’opposizione ammissibile della persona offesa allora restituisce gli atti al pubblico ministero indicando le indagini necessarie e individuando il termine massimo per il loro compimento; il giudice di pace può anche obbligarlo a formulare l’imputazione entro dieci giorni ( art. 17 comma 4 comma d,lgs. n. 274/2000).

Uno tra gli elementi negativi della disciplina dell’archiviazione davanti al giudice di pace per la persona offesa, a differenza della procedura ordinaria, è costituita dall’assenza del contraddittorio sulla richiesta di archiviazione, si prevede in questo senso solo ed esclusivamente un contraddittorio cartolare. La mancanza del contraddittorio priva il giudice di una visione completa e migliore dei fatti e inoltre obbliga

12 Il lessico utilizzato dal legislatore ricalca quello previsto nell’abrogato art. 156 comma 1 disp.att.c.p.p. che , nel procedimento davanti al pretore, imponeva alla persona offesa dal reato che si voleva opporre alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero di indicare “elementi di prova” che potessero giustificare il rigetto della richiesta.

13 E.MARZADURI, Le disposizioni in materia di competenza penale del giudice di pace , in G.CONSO-V.GREVI, Compendio di procedura penale ,Cedam, Pavia,2012.

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l’offeso ed espletare tutte le sue ragioni all’interno dell’opposizione alla richiesta di archiviazione.

Possiamo affermare che la deminutio connessa alla mancata previsione dell’udienza camerale può dirsi compensata, in parte, dal minor rigore contenutistico con cui viene valutato l’atto di opposizione della persona offesa rispetto al procedimento ordinario.

La tutela dell’offeso dal reato comunque non si esplica in modo chiaro e definito: innanzitutto il decreto con cui il giudice dispone l’archiviazione non deve per forza contenere i motivi per cui esprime tale decisione; in secondo luogo manca una disposizione che legittima la persona offesa ad impugnare questo decreto, nemmeno per motivi di legittimità14.

C’è un’ipotesi speciale in cui il ricorso in Cassazione può essere esperito e cioè quando il giudice emette il decreto di archiviazione all’insaputa dell’offeso dal reato che abbia richiesto di essere ammesso a conoscenza dello sviluppo del procedimento o ancora se non è rispettato il termine di dieci giorni previsto per la presentazione dell’atto oppositivo.

In sintesi, osservando in generale l’istituto dell’archiviazione all’interno del procedimento davanti al giudice penale, si nota una sorta di compromesso tra la volontà di snellezza e velocità di forme attraverso un contraddittorio limitato e dall’altra il desiderio di rafforzare le prerogative della persona offesa che può avere un rilevante interesse alla prosecuzione del procedimento.15

14 Non sembra potersi ricorrere in Cassazione nelle occasioni in cui il giudice accoglie la richiesta abortiva del pubblico ministero né nel caso in cui venga trascurato l’atto oppositivo della persona offesa, né nel caso in cui non sia adeguatamente motivato il decreto del giudice, salvo non si applichi l’interpretazione estensiva operata dalla giurisprudenza anche in occasione dell’art 409 c.p.p. V. supra, Cap. II, par. 2.

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4. Il ricorso immediato della persona offesa: contenuti e rapporto

con la querela

Il procedimento davanti al giudice di pace fa si che per le sue caratteristiche esista l’idea di far prevalere l’interesse dei contendenti , quindi si sposta l’asse del procedimento verso una “privatizzazione” del conflitto ; nell’ottica del potenziamento del ruolo della persona offesa dal reato all’interno del processo si attribuisce ad essa la facoltà di innescare il giudizio.

La riforma del d.lgs n.274 2000 si è posta sulla scia di tendenze legislative già da tempo perseguite da alcuni paesi dell’Europa continentale.

La disciplina del ricorso immediato (art. 21 d.lgs n.274 2000 ) evoca una sorta di “azione privata” , anche se rispetto ai sistemi stranieri , è una scelta più timida: sia a causa della limitata area in cui incide ( reati “minori”) sia perché, come vedremo nel corso della trattazione, l’istituto lascia comunque in mano al pubblico ministero la determinazione finale dell’esercizio dell’azione penale16; è quest’ultimo al quale residua la parola decisiva sull’introduzione dell’attività giurisdizionale.

Si è voluta percorrere la strada meno rigida attribuendo al pubblico ministero la decisione se aderire alla richiesta dell’offeso oppure opporvisi, nonché si prevede una delibazione preventiva del ricorso da parte del giudice. Questa scelta deriva sia dal il timore di iniziative pretestuose sia da possibili violazioni di precetti costituzionali.

In realtà è bene ricordare che l’opzione di attribuire alla vittima attraverso il ricorso immediato la possibilità di esercitare un’azione penale privata non è di ostacolo al principio di obbligatorietà dell’azione penale ai sensi dell’art. 112 costituzione , in quanto molte volte la Consulta ha chiarito ( sent. Corte costituzionale 84/1979) che tale disposizione non sancisce la regola del monopolio dell’esercizio

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dell’azione penale e quindi non esclude la legittimità di una norma che da al privato la titolarità di tale azione , basta che si tratti di titolarità sussidiaria e concorrente rispetto a quella del pubblico ministero.17 Infatti l’art 112 della Costituzione trova la sua ratio più autentica nella garanzia posta a presidio dell’indipendenza del pubblico ministero , inibendo qualsiasi condizionamento al suo potere di iniziativa quando, valutati i presupposti, ritenga di dover promuovere l’azione penale.18 Aldilà di tutto non si può però negare che il ricorso immediato dell’offeso, nonostante non sia equiparato ad una vera e propria “accusa privata”, abbia un notevole rilievo ai fini dell’esercizio dell’azione penale , se non altro va ad innescare un circuito speciale che porta al procedimento.19

E’ ovvio che ciò non basta a qualificare l’offeso come una sorta di “accusatore privato” , ma è servito per rianimare un dibattito, sopito da molto tempo, sui poteri della vittima eccessivamente marginali e limitati. Più precisamente, addentrandoci nello studio del ricorso immediato al giudice, esso è una delle invenzioni più significative della legge delega n. 468 del 1999; proprio in attuazione di essa ( art. 17 lettera c) “ per taluni reati perseguibili a querela la citazione in giudizio possa essere esercitata direttamente dalla persona offesa con ministero del difensore mediante ricorso al giudice di pace”) l’art 21 del d.lgs. n. 274 2000 attribuisce la possibilità al soggetto offeso da un reato perseguibile a querela di citare in giudizio “la persona alla quale il reato è attribuito presentando ricorso alla cancelleria del giudice di pace entro tre mesi dalla notizia del fatto”.

17 Corte cost. , sent. 12 luglio 1979, n.84, in Consulta.on line.

18 L.BRESCIANI, Un ritorno al futuro? Il ricordo immediato al giudice di pace fra slanci ideologici e incongruenze normative, in Scritti in onore di Antonio Cristiani, Giappichelli, Torino, 2001, p.115

19 G.DI CHIARA , Il ruolo dell’offeso dal reato e attività propulsive nel procedimento, in M.MENNA –A.PAGLIANO (a cura di), Azione civile e prescrizione processuale nella bozza di riforma della commissione Riccio, Giappichelli, Torino, 2010, p.36.

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In realtà il decreto legislativo non sembra aver adempiuto in tutto e per tutto alla legge delega ; nell’art 17 sembra quasi configurarsi una domanda a cui segue necessariamente la fissazione dell’udienza, quindi un’istanza dalla quale discende il dovere del giudice di decidere. Il legislatore delegato ha invece messo in atto un meccanismo complesso attraverso “il ricorso immediato” 20, ha ridotto la portata innovativa dell’art. 17 legge 468 del 1999 in quanto anche all’interno della relazione al decreto legislativo si osserva come fosse “troppo azzardato e inaccettabile che il privato potesse determinare l’elevazione di una formale imputazione a carico di una persona a cui si richiede la convocazione in giudizio e la assunzione in capo a questi della qualità di imputato”.

Il termine “ricorso “ viene utilizzato per evidenziare come questo non costituisca un’autonoma vocatio in iure sul modello dell’atto introduttivo al processo e l’aggettivo “immediato” viene individuato perché non sono previste le indagini preliminari e l’offeso può rivolgersi direttamente al giudice di pace; si è voluto attribuire al soggetto passivo la facoltà di scegliere tra lasciare agli organi tradizionali il compito di investigare oppure assumersi la responsabilità di questa operazione21.

Il ricorso deve essere presentato nella cancelleria del giudice di pace territorialmente competente entro tre mesi dalla notizia del fatto di reato. L’art. 22 del d.lgs. n. 274 2000 afferma che per far si che l’atto del ricorso esca dalla sfera dell’autore c’è l’obbligo della persona offesa di comunicarlo al pubblico ministero , mediante deposito del ricorso, che precede la presentazione al giudice.

Al 2 comma del articolo appena menzionato si afferma che “se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato la querela, deve

20M.CAIANIELLO, Potere dei privati nell’esercizio dell’azione penale, Giappichelli, Torino, 2003, p.154.

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farne menzione nel ricorso, allegandone la copia e depositando l’altra copia presso la segreteria del pubblico ministero”.

La legge non impone all’offeso di fare una scelta tra la querela e il ricorso, ben potendo presentare prima la querela e successivamente il ricorso; l’art. 22 serve per limitare i rischi relativi alle iniziative confliggenti a causa del cumulo tra i due istituti.

I contenuti del ricorso immediato sono molto dettagliati e precisamente disciplinati all’interno dell’art. 21 del d.lgs. n.274/2000 , il quale attribuisce un rilevante tenore tecnico al provvedimento, che si giustifica in base agli effetti processuali che produce.

I vari elementi possono sostanzialmente essere suddivisi in quattro gruppi22.

Il primo gruppo si inquadra nell’ art. 21 comma 2 lett. a) e lett. i); in primo luogo si afferma che il ricorso deve contenere l’indicazione del giudice territorialmente competente cui esso è destinato23; nella lett. i) che riguarda l’oggetto principale del ricorso , si specifica la richiesta di fissazione dell’udienza per l’accertamento delle responsabilità del presunto autore del reato .

Il secondo gruppo contenutistico ( art. 21 comma 2 lett. b), c) e d) ) riguarda tutti gli elementi identificativi della parte che rivolge l’accusa: la generalità del ricorrente e , qualora sia una persona giuridica o un ente di fatto , anche la denominazione e il nominativo del rappresentante legale; la nomina e identificazione del difensore, che dovrà allegarsi , pur potendo essere contenuta in un atto distinto e l’indicazione degli altri offesi del medesimo reato di cui il ricorrente conosca l’identità.

22 G.FIDELBO, Il ricorso immediato al giudice, in G.GIOSTRA –G.ILLUMINATI (a cura di), Il giudice di pace nella giurisdizione penale, Giappichelli, Torino, 2001, p.233.

23Questo adempimento è necessario per consentire l’intervento preventivo dell’organo requirente , giacché in questi casi l’investitura dell’ufficio giudiziario si realizza con il deposito dell’atto in cancelleria.

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Bisogna fare due precisazioni in questo senso. Innanzitutto il ricorso immediato, pur essendo atto della persona offesa, deve essere sottoscritto anche dal difensore ( art. 21 comma 3 d.lgs. n. 274/2000) , che quindi non si limita ad autenticare l’atto della persona offesa come invece avviene nella presentazione della querela.

E’ una sorta di atto a “doppia paternità” , che dovrebbe servire da un lato ad eliminare errori di compilazione e dall’altro ad evitare ricorsi infondati e pretestuosi. Laddove c’è la mancanza di una delle due prescrizioni si verifica l’inammissibilità del ricorso.

Inoltre l’onere della lett. d ) serve per far si che altre persone offese dal reato possano partecipare al procedimento senza creare una proliferazione di processi per lo stesso fatto e soprattutto un possibile scontro tra giudicati.

Passando al terzo gruppo contenutistico si fa riferimento all’indicazione di elementi che riguardano l’autore del reato: “le generalità della persona citata a giudizio” ( art. 21 lett. e)) . Si esclude perciò automaticamente che il ricorso immediato possa essere effettuato nei confronti di una persona ignota.24

Nel quarto gruppo infine si possono ricomprendere gli elementi di accusa che vengono rivolti alla persona che è stata citata in giudizio: la descrizione precisa del fatto addebitato con la indicazione di articoli di legge che si presumono violati (lett. f)); i documenti di cui si chiede l’acquisizione (lett. g)); l’indicazione di elementi di prova a sostegno della richiesta nonché le circostanze su cui verte l’esame dei testimoni e dei consulenti tecnici ( lett. h)).

Il primo punto riguarda la sostanziale formulazione dell’addebito , esso non può essere considerato un vero e proprio atto di imputazione,

24 In questi casi la strada del ricorso immediato è impraticabile , quindi l’offeso dovrà seguire i percorsi ordinari del procedimento davanti al giudice di pace del capo II del d.lgs. n.274/2000, ad esempio proponendo la querela contro ignoti. Anche perché esiste la possibilità che, dopo aver proposto la querela, si possa introdurre successivamente il ricorso immediato in quanto successivamente all’espletazione delle indagini della polizia giudiziaria si è individuato il presunto autore del reato.

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nonostante il contenuto sia molto simile, in quanto si limita alla descrizione fattuale della condotta individuando però anche le norme di legge che si presumono violate.25

Si può considerare come una sorta di base per l’imputazione del pubblico ministero ma d’altro canto non si può neanche escludere che diventi quella definitiva su cui il giudice fonderà la propria decisione. Rispetto all’indicazione di elementi di prova e delle circostanze su cui verte l’esame dei testimoni e dei consulenti tecnici si dimostra come la scelta legislativa di imporre al soggetto agente di effettuare opzioni probatorie sia dettata dalla volontà di rendere questo procedimento a cadenze più rapide possibili, introducendo anche l’onore di individuare i documenti di cui si chiede l’acquisizione.

Tale anticipazione probatoria nel processo penale del giudice di pace è funzionale alla verifica di ammissibilità del ricorso in relazione alla completezza della domanda ma soprattutto al controllo rispetto all’istruzione del procedimento. Questo può essere visto come una sorta di diritto in materia di prova della persona offesa rispetto al successivo giudizio.

Il ricorso immediato secondo art. 21 comma 5 d.lgs. n.274/2000 produce gli stessi effetti della querela.

Da questo punto di vista è importante effettuare una riflessione e individuare i profili di connessione tra le due tipologie di istituti. Innanzitutto l’equiparazione tra ricorso e querela riguarda gli effetti, quindi non c’è una vera e propria omologazione tra i due atti.

Tutti e due hanno la caratteristica di eliminare l’ostacolo che riguarda il perseguimento del reato e le discipline dei due istituti si assomigliano per particolari elementi: termini per la proposizione dell’atto , gli effetti della rinuncia del ricorso immediato possono

25E.MARZADURI , voce Imputato e imputazioni, in Dig.( disc. pen. ) vol. VI , Utet, Torino, 1992 , p.284. “L’atto di imputazione deve almeno deve contenere : la descrizione del fatto storico, la qualificazione giuridica del medesimo e l’individuazione del fatto a cui è stato attribuito.”

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essere equiparati alla remissione della querela26 e addirittura se l’atto non è idoneo a funzionare come ricorso esso può acquisire lo status di querela.

Il parallelismo tra i due crea però delle problematiche rispetto alla convenzione per l’offeso di scegliere l’una o l’altro.

Possiamo affermare che il ricorso ha un quid pluris rispetto alla querela, ciò risiede nella richiesta di fissare l’udienza , rivolta all’organo giurisdizionale, all’interno della quale si proceda nei confronti delle persone alle quali l’addebito si riferisce; quindi il ricorso immediato, a differenza della querela non è solo una generica istanza punitiva, ma rappresenta anche la volontà vera e propria di adire al giudice27. Possiamo considerarlo come una “proiezione dinamica della querela”28

, in quanto il ricorso ha i requisiti della citazione a giudizio.

Il ricorso immediato a differenza della querela , a fronte del risultato della convocazione in udienza della persona indicata nel ricorso, comporta determinati oneri legati alla formalità, che abbiamo visto precedentemente.

Inoltre esiste un altro profilo di differenziazione tra i due istituti che riguarda i costi che ne derivano: nel ricorso immediato bisogna sostenere il costo della necessaria presenza dell’avvocato, le spese per la notificazione e inoltre la rifusione di spese e danni in favore della persona citata in giudizio (art. 30 comma 2 d.lgs. n. 274/2000).

L’equiparazione del ricorso con la querela nasconde delle problematiche di non poco spessore.

26Art. 29 comma 5 d.lgs. n.274 2000 “ In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestando la remissione alla querela o alla rinuncia al ricorso di cui all’articolo 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della querela”.

27 L.PARLATO, Il contributo della vittima tra azione e prova, cit., p.153.

28 A.PRESUTTI , Attori e strumenti della giurisdizione conciliativa: il ruolo del giudice e della persona offesa , in L.PICOTTI –G.SPANGHER , Verso una giustizia penale “conciliativa”, Giuffrè, Milano, 2002, p. 186 s.

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In primo luogo non vi è una perfetta coincidenza tra i requisiti del ricorso e quelli della querela in riferimento alla situazione in cui il soggetto sia una persona giuridica o un ente collettivo ; difatti l’art 21, comma 2 , lett. b) d.lgs. n.274 del 2000, nella sua formula letterale sembra ritenere sufficiente l’indicazione del nominativo del rappresentante legale dell’ente e non anche della fonte dei poteri di rappresentanza richiesta ai sensi dell’art. 337 comma 3 c.p.p. per la querela.

In secondo luogo è problematica la situazione in cui il reato è stato commesso da più soggetti ; osservando questo elemento nell’ottica di una contrapposizione tra ricorso e la querela, si può osservare infatti come nell’ipotesi in cui ci sono una pluralità di persone offese dal reato, l’art. 122 c.p. afferma che per far si che la querela sia valida, almeno una di esse deve averla proposta nelle condizioni individuate dalla legge ; lo stesso caso si riscontra nel ricorso immediato in cui vi siano più persone offese di un reato ed una sola di esse abbia presentato il ricorso.

Invece più complesso è il riferimento all’art. 123 c.p. , cioè la querela presentata nei confronti di uno solo dei compartecipi al reato si estende automaticamente a tutti coloro che lo hanno commesso ; rispetto alla richiesta di ricorso immediato la disciplina sull’indivisibilità del diritto alla querela non sembra complessivamente compatibile , dal momento che si rileva l’importanza dell’obbligo della persona offesa di indicare con precisione i soggetti che ritiene autori del reato all’interno del ricorso ( art. 21 comma 2 lettera c) e ciò è rilevante proprio perché può mancare l’intera fase delle indagini preliminari 29

.

In realtà si può affermare che la presentazione del ricorso produca gli effetti collegabili al principio di indivisibilità, con determinati adattamenti . Rispetto al caso di pluralità di soggetti attivi del reato e di un ricorso presentato solo verso alcuni di essi dovrebbe operare lo

29

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sbarramento dell’inammissibilità , laddove tale carenza sia rilevabile. Con il provvedimento il giudice che dichiara inammissibile il ricorso ne individuerà le ragioni in modo che consentirà al ricorrente di rimediare alla carenza del ricorso, integrandolo correttamente.

I veri nodi da sciogliere riguardano soprattutto l’interferenza trai due atti, bisogna infatti considerare che non si vuole precludere alla vittima del reato l’opportunità di introdurre il ricorso immediato, dopo aver già predisposto la querela.

In realtà , lo schema del decreto legislativo inviato dal Governo alle Camere per il “parere” affermava un’alternatività tra i due atti; questo risolveva una serie di problematiche che consistevano nella possibile interferenza di due procedimenti che riguardavano lo stesso fatto. Il Senato però sottolineò l’importanza della possibilità di affidare alla persona offesa la scelta di introdurre preliminarmente l’istituto meno oneroso e cioè la querela e solo successivamente il ricorso immediato.30

Le istanze del Senato sono state accolte dal Governo che ha infatti introdotto una “concorrenza temperata” tra i due atti.

Quindi la persona offesa può attivare la procedura accelerata dopo aver già presentato la querela però viene introdotto l’obbligo di far menzione dell’avvenuta querela unitamente all’onere della sua allegazione al ricorso e del deposito di una copia presso il pubblico ministero ( art. 22 comma 2, dlgs n.274 del 2000).

Ovviamente non vale l’inverso, cioè il ricorrente non può tornare sui suoi passi rinunciando al ricorso per presentare la querela se ritiene che sia necessaria la fase investigativa preliminare.31

30 Il Senato ha contestato la soluzione favorevole all’alternatività tra il ricorso immediato e la querela sostenendo che l’eventuale attività della polizia giudiziaria a seguito della presentazione della querela poteva essere anche funzionale rispetto l’ambito conciliativo che caratterizza l’impianto del procedimento davanti al giudice di pace . ( Parere della Commissione Giustizia del Senato , in Dir. Giust., 2000, n.31, p.77).

31

C.PANSINI, Il contributo dell’offeso e snodi procedimentali, p.152 “da un lato l’art 22 , comma 4 , d.lgs n.274 2000 sancisce l’inapplicabilità delle disposizioni che

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Davanti all’insufficienza dei soli meccanismi informativi, per regolare il rapporto tra i due istituti , il legislatore ha introdotto una disposizione particolare (art. 22, comma 4 , d.lgs n 274 2000) secondo cui “ quando si procede a seguito del ricorso sono inapplicabili le diverse disposizioni che regolano la procedura ordinaria”.

Innanzitutto si afferma una prevalenza della disciplina speciale del ricorso derogatoria rispetto a quella ordinaria.

La parte problematica è in primis quella che riguarda l’inapplicabilità della procedura ordinaria e il momento in cui essa opera.32

Ciò che non da origine all’incompatibilità è lo svolgimento delle indagini preliminari , anche perché nel momento in cui si è ammessa la concorrenza tra i due modelli automaticamente si ammette la possibilità che il deposito del ricorso immediato sia proceduto dalle indagini investigative originate dalla presentazione della querela. Osservando più precisamente l’art. 22 del decreto sembrerebbe, ad una prima lettura, che l’incompatibilità si realizzi solo se il ricorso ha provocato l’effetto di instaurare la procedura immediata davanti al giudice, cioè solo se si è superata la soglia dell’ammissibilità individuata e si è dato luogo all’udienza attraverso la convocazione delle parti. In realtà l’orientamento maggioritario tende ad interpretare la norma in riferimento al momento in cui c’è la comunicazione del ricorso al pubblico ministero; è a lui che si chiede di astenersi della procedura ordinaria in quanto prevalgono le disposizioni sul ricorso immediato.

I problemi maggiori riguardano però l’ipotesi in cui il ricorso è pronunciato dopo che ne è stata chiesta l’archiviazione , questa ipotesi non è infatti affrontata dal legislatore.

regolano la procedura ordinaria quando si procede a seguito del ricorso , mentre l’art. 29 comma 5 stabilisce che la rinuncia al ricorso produce stessi effetti della remissione alla querela”.

32 FIDELBO, Il ricorso immediato davanti al giudice di pace, cit.,p. 226” i due istituti comportano un contrasto insanabile tra i due moduli , ed è proprio questo contrasto che la disposizione sull’incompatibilità vuole scongiurare”.

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In realtà nel caso in cui sia già intervenuta l’archiviazione non sussiste neanche il conflitto tra le due procedure in quanto quella ordinaria si è già conclusa davanti al proposito abortivo.

L’orientamento maggioritario è a favore della stabilità del provvedimento abortivo quindi l’ipotesi risolutiva potrebbe essere quella di far si che la pronuncia di archiviazione avrà effetti preclusivi su il ricorso fondato sullo stesso oggetto del dictum del giudice, rendendolo difatti inammissibile ; rimane invece salva l’ipotesi in cui il ricorso immediato venga effettuato sullo stesso fatto ma diversamente qualificato e individuato con una serie di elementi nuovi di prova. Un ulteriore aspetto particolare del ricorso è quello previsto dall’art. 23 d.l. n.274 2000, che riguarda la costituzione di parte civile e che si caratterizza per modalità e tempi molto particolari.

A differenza dell’art. 79 c.p.p., in questo caso il ricorrente che vuole far valere nel processo penale le sue pretese civili deve farlo nel momento stesso in cui deposita il ricorso nella cancelleria del giudice di pace.

Quindi la costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso immediato, in quanto esso deve contenere , dall’inizio , tutti gli elementi di accusa del ricorrente nonché le eventuali domande civili.

L’introduzione della parte civile quindi avviene in una fase che non è ancora prettamente processuale in quanto non è ancora stata esercitata l’azione penale e manca anche l’imputato.33

La verifica della tempestività della costituzione avviene ad opera del giudice solo nel momento in cui prima di dare inizio al dibattimento verifica la regolare costituzione delle parti.

Bisogna sottolineare come il termine anticipato di costituzione di parte civile si riferisce esclusivamente al ricorrente-danneggiato e non anche alle altre parti danneggiate che non presentano il ricorso, esse (art. 28

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comma 2 d.lgs. n. 274/2000) possono ordinariamente costituirsi parte civile nel termine rappresentato dalle fasi preliminari alla dichiarazione di apertura del procedimento.

In sintesi si può considerare la doppia natura del ricorso immediato: per un verso è considerato un atto di impulso con cui la persona offesa va ad introdurre il procedimento penale, per altro verso è lo strumento con cui il danneggiato può ottenere la sua soddisfazione in ambito civile in tempi accelerati.34

4.1(segue) I controlli sul ricorso immediato da parte del pubblico

ministero e del giudice

Le perplessità maggiori che riguardano il ricorso immediato si riscontrano principalmente sul crocevia che congiunge il ricorso immediato dell’offeso al vaglio del pubblico ministero e i poteri del giudice di pace.

L’analisi di tale disciplina è molto importante per comprendere a chi spetta il potere di provocare il giudizio una volta presentato il ricorso da parte della persona offesa.

Infatti in quanto atto propulsivo il ricorso sollecita l’avvio di un percorso accelerato che passa attraverso il controllo giurisdizionale. Il passaggio che riguarda il pubblico ministero si impone come anello di congiunzione tra l’iniziativa privata dell’offeso e l’attivarsi del giudice di pace , esso rappresenta la volontà di sottrarre all’istituto le sue connotazioni in chiave di “accusa individuale privata”.35

Il ricorso immediato deve essere “preventivamente comunicato” attraverso il deposito di una copia presso la segreteria dell’organo di accusa ( art. 22 , comma 1 , d.lgs. n. 274 del 2000).

Il pubblico ministero , dopo aver quindi esaminato il contenuto del ricorso ( art. 25 d.lgs 274 2000), formula le proprie richieste entro dieci

34 F.G.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari, cit., p.337.

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giorni dalla presentazione di esso; il termine di dieci giorni è un termine di natura ordinatoria36 , ciò significa che aldilà del linguaggio rigoroso del legislatore, le richieste del magistrato di accusa potrebbero comunque intervenire dopo la scadenza del termine.

Il pubblico ministero può formulare l’atto di imputazione oppure esprimere parere contrario. Il magistrato d’accusa si dichiarerà non favorevole alla citazione e trasmetterà l’atto al giudice quando ritiene il ricorso dell’offeso inammissibile, quando il ricorso è presentato davanti al giudice incompetente oppure quando l’accusa è manifestamente infondata.

Rispetto alle causa di inammissibilità esse sono tassativamente previste ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n.274/200037; per quanto riguarda il ricorso “manifestamente infondato” la valutazione del pubblico ministero andrà fatta sulla base della ricostruzione prospettata dall’offeso nel ricorso dal quale dovrà emergere l’infondatezza dell’addebito sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Il pubblico ministero, laddove non ritenga che ci sia la sussistenza dei difetti sopra individuati, allora dovrà formulare l’imputazione.

La sua prognosi è relativa ai criteri di ammissibilità e di evidente plausibilità della domanda di ricorso immediato, c’è una verifica della mera verosomiglianza della narrazione effettuata nel ricorso.

Nel caso in cui il pubblico ministero formuli l’imputazione si trova davanti a due possibilità : egli può confermare l’addebito proposto dal ricorrente oppure può modificarlo.

Nel primo caso l’intervento del pubblico ministero è coincidente con l’atto propulsivo dell’offeso dal reato, anzi addirittura molte volte la

36E.APRILE, sub art 25 d.lgs. n. 274 2000, in M.CHIAVARIO-E.MARZADURI (diretto da) Giudice di pace e processo penale ,Utet, Torino, 2002, p.235.

37Art. 24 d.lgs. n. 274 2000 “il ricorso è inammissibile quando : a) se presentato oltre il termine indicato all’art 22 comma 1 ; b) se risulta presentato fuori dai casi previsti; c) se non contiene i requisiti indicati all’art 21 ,comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 23, 4 del medesimo articolo; d) se è insufficiente la descrizione del fatto o l’indicazione degli elementi di prova ; e) se manca la prova dell’avvenuta comunicazione al pubblico ministero” .

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formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero avviene assorbendo completamente quella della persona offesa introducendo problemi relativi al basso controllo effettuato dall’accusa in questa fase.

Maggiori difficoltà si riscontrano laddove l’organo di accusa formuli l’imputazione “modificando” il fatto, infatti non sono specificati particolari limiti in quanto in via generale è il pubblico ministero che esercita la vera e propria azione penale basandosi sul ricorso della persona offesa. In realtà i suoi apporti dovrebbero essere circoscritti a elementi formali della ricostruzione del fatto, senza spingersi fino ad un eccessivo stravolgimento del thema decidendum ; un orientamento prevalente in dottrina afferma che non si può contestare un fatto completamente differente rispetto a quello individuato all’interno del ricorso immediato; nel silenzio della legge si dovrebbero applicare le regole ex art. 516 c.p.p.38

Il magistrato dovrebbe desistere dallo snaturare e mutare radicalmente l’addebito originario, occorre quindi che il fatto come ridefinito dal pubblico ministero abbia le sue radici nel ricorso effettuato da parte della persona offesa.

Rispetto all’esercizio dell’azione penale è importante inquadrare da una parte il ruolo assunto dall’offeso dal reato, che in questo procedimento si atteggia come “parte processuale” e dall’altra quello dell’organo di accusa pubblico. A questo proposito una delle domande che si pone la dottrina è se attraverso il ricorso immediato sia stata delineata un’azione penale privata concorrente con quella pubblica del pubblico ministero oppure no.

Ad un’eventuale risposta positiva non è di ostacolo l’art. 112 della costituzione che non sancisce espressamente il monopolio dell’esercizio dell’azione penale nelle mani del pubblico ministero.

38

E.MARZADURI, Le disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, cit., p. 1230.

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La questione è stata affrontata dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 321 del 200839 che ha interpretato in maniera restrittiva le facoltà della persona offesa; la questione è se l’effetto propulsivo e l’introduzione del procedimento avviene con il mero ricorso immediato o solo ed esclusivamente con l’intervento del pubblico ministero.

Bisogna ragionare partendo dal fatto che il pubblico ministero può sia formulare l’imputazione ed essere d’accordo con il proposito del ricorrente sia esprimere un parere contrario alla citazione; se si riconosce al ricorso immediato la qualità di “azione penale privata” allora il processo potrebbe essere ugualmente introdotto anche in assenza di una formulazione di imputazione da parte dell’organo pubblico.

Da questo punto di vista si sono sviluppate una serie di orientamenti.40 Secondo alcuni è decisivo il parere del pubblico ministero e senza di esso il giudice non può emettere il decreto di convocazione dell’udienza; questa tesi è sostenuta anche dal fatto che ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n.274 2000 , si afferma che quando il giudice convoca le parti deve trascrivere l’imputazione dandola come presupposta.

Altri ritengono invece che il giudice possa esercitare d’ufficio l’atto di avvio al processo e sostengono questo orientamento proprio attraverso il riferimento all’art. 27 lettera d ) comma 3 del decreto, laddove non si afferma espressamente che l’atto di imputazione che il giudice deve trascrivere sia stato formulato obbligatoriamente dal pubblico ministero41; inoltre chi è d’accordo con questa tesi sostiene che nel caso in cui si valuti come decisivo il parere del pubblico ministero in

39

Corte cost., 30 luglio 2008, n.321, in Giur.cost. , 2008, p.3426.

40 F.G.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari cit., p. 326.

41

M.CAIANIELLO, Potere dei privati nell’esercizio dell’azione penale , Giappichelli, Torino, 2003, p. 328.

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caso di inerzia dell’organo di accusa ne deriverebbe la conseguenza negativa dello stallo del procedimento.

Esiste inoltre una posizione intermedia 42, di coloro che ritengono che il ricorso davanti al giudice di pace rappresenti una fattispecie a formazione progressiva. All’interno di questo orientamento bisogna individuare due diverse ipotesi: se il pubblico ministero formula l’imputazione ci troviamo difronte ad un iter speciale avviato dalla richiesta del privato che si conclude con l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero; se invece il magistrato requirente formula il parere negativo o rimane silente, il giudice procede d’ufficio e si può parlare di azione penale privata i cui contenuti si riscontrano nell’atto presentato dall’offeso dal reato.

La Corte Costituzionale ( ordinanza n. 321 del 2008) ha previlegiato la prima opinione escludendo in questo modo l’esistenza all’interno del procedimento davanti al giudice di pace di un’azione penale privata, considerando il ricorso immediato come un atto meramente propositivo e attribuendo al pubblico ministero la possibilità di esercitare o meno l’azione penale che quindi rimane pubblica.

La posizione della Corte quindi restringe l’area delle potenzialità attribuibili all’offeso all’interno di questa particolare tipologia di rito. Proseguendo nell’esame del ricorso immediato, la procedura avviata dalla persona offesa si conclude davanti al giudice di pace che ha un’alternativa: può disporre la regressione del procedimento alla fase delle indagini trasmettendo gli atti al pubblico ministero oppure convocare le parti per l’udienza dibattimentale. La decisione è presa dal giudice competente per territorio al quale è stato depositato il ricorso immediato ex art. 21 del d.lgs. n.274/2000 , egli deve operare un controllo sul ricorso tenendo presente il parere del pubblico ministero.

42

P.TONINI, La nuova competenza del giudice di pace : un’alternativa alla depenalizzazione?, in Dir. pen. proc., 2000, p.939.

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Il giudice decide al difuori dell’udienza, non in contraddittorio delle parti; il suo controllo riguarda una delibazione sull’ammissibilità dell’atto e sulla manifesta infondatezza del ricorso.

Se il giudice di pace ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato43 trasmette gli atti al pubblico ministero per l’ulteriore prosecuzione del procedimento e quindi si instaura una regressione alla fase delle indagini preliminari.44

Nel caso in cui l’inammissibilità del ricorso derivi dall’incompetenza del giudice di pace, se si tratta di incompetenza funzionale gli atti saranno trasmessi al pubblico ministero che procederà nei modi ordinari ( art. 26 , comma 3 d.lgs 274 2000) ; qualora invece si tratta di incompetenza territoriale allora il giudice di pace emana un’ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente che, entro venti giorni, può reiterare il ricorso immediato davanti al giudice competente. Se il giudice di pace valuta l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza del ricorso allora convoca le parti in udienza entro venti giorni dal deposito.

In riferimento ai rapporti tra il pubblico ministero e il giudice di pace, la giurisprudenza della corte di cassazione afferma che, in casi di inerzia o parere contrario del pubblico ministero , il giudice dovrebbe limitarsi a restituire gli atti al fine di procedere nelle formule ordinarie e la corte Costituzionale ha fatto riferimento a questa interpretazione quando si è occupata dei dubbi del giudice a quo sulla legittimità costituzionale dell’esercizio dell’azione penale al ricorrente o al giudice di pace.45

43 Le cause di inammissibilità sono quelle dell’art 24 d.lgs 274 2000, le stesse che riguardano la verifica del pubblico ministero. Inoltre le ipotesi di manifesta infondatezza presentano gli stessi limiti di quelli del pubblico ministero , essi devono apparire al giudice in modo automatico senza alcuna verifica di carattere istruttorio. 44 Non si indica la forma del provvedimento con cui si trasmettano gli atti al pubblico ministero, per alcuni si fa riferimento ad un provvedimento de plano, per altri è necessaria una motivazione, anche se non nel merito.

45 In questo contesto l’ordinanza n.381 del 7 ottobre 2005 della corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità dell’art 27 d.lgs. 28 agosto 2000 n.274 nella parte in cui attraverso la trascrizione dell’imputazione si

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Il decreto di convocazione delle parti è quindi l’alternativa alla regressione del procedimento e il simbolo della riuscita procedura speciale introdotta dalla persona offesa dal reato.46 Il decreto deve contenere : le informazioni che riguardano il giudice che procede, le generalità della persona nei confronti della quale viene effettuato il ricorso, l’avviso che essa ha diritto di nominare un difensore di fiducia, la trascrizione dell’imputazione e la data e la sottoscrizione del giudice che procede.

L’art. 27 d.lgs 2000 n.274 specifica che “il decreto unitamente al ricorso , è notificato a cura del ricorrente”, la persona offesa dal reato, “al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima dell’udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di cui conosca l’identità”.

E’ fondamentale sottolineare a questo punto che la disciplina del ricorso immediato favorisce l’unicità del procedimento prevedendo appositi meccanismi a tutela della presenza di tutte le persone offese non ricorrenti. In questo senso si vede non solo l’art. 27 comma 4 sopra citato, ma anche l’art. 21 comma 2 lett. d) che impone l’obbligo di indicare nel ricorso tutte le persone offese; l’art. 24 d.lgs. n. 274/2000 che sancisce l’inammissibilità del ricorso quando manca tale indicazione ed infine l’art. 28 del decreto che disciplina il caso specifico di ricorso per un reato in cui più persone offese sono coinvolte dove si afferma che “il ricorso presentato da una tra più persone offese non impedisce alle altre di intervenire nel processo, con l’assistenza di un difensore e gli stessi diritti che spettano al ricorrente principale”.

Nonostante che l’art. 28 del d.lgs. n. 274/2000 faccia un riferimento generale alle “persone offese” in realtà si fa riferimento alle “persone

imporrebbe al giudice , nell’ipotesi in cui il pubblico ministero sia contrario all’imputazione , di trascrivere l’addebito contenuto nel ricorso.

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offese” dal “medesimo reato”, si parla in questi casi infatti di reati “plurioffenisvi”.

Bisogna inoltre precisare che attraverso la disciplina del ricorso immediato al giudice di pace, la persona offesa dal reato acquisisce un ruolo molto particolare , questo però comporta oneri e regole più rigide rispetto alla disciplina ordinaria.

Innanzitutto c’è bisogno di una più puntuale precisione sull’esposizione del fatto e in secondo luogo non si ammette alcun disinteressamento una volta adito il giudizio. In riferimento a quest’ultimo punto si vede come la mancata comparizione in udienza del ricorrente o del suo procuratore speciale comporta l’improcedibilità del ricorso, a meno che la persona offesa che abbia presentato querela o l’imputato non richiedano di procedere ugualmente.

Il ricorso immediato comporta la condanna alle spese processuali e al ristoro dei danni a favore dell’imputato nel caso in cui il processo si risolva in maniera favorevole nei suoi confronti; inoltre l’assenza all’udienza delle altre persone offese diverse dal ricorrente, alle quali il decreto di convocazione sia stato effettivamente notificato, viene equiparata ad una rinuncia alla querela o remissione della stessa se era stata effettuata precedentemente.

Complessivamente è d’obbligo affermare che l’offeso assume un ruolo fondamentale all’interno del procedimento davanti al giudice di pace non solo nella fase delle indagini preliminari, che è il momento che interessa maggiormente la nostra trattazione, ma anche nelle formule “definitorie” del giudizio e nel momento dell’impugnazione.47

5. I poteri interlocutori della persona offesa dal reato davanti al

giudice di pace: art 34 e 35 d.lgs n.274 2000

Nel procedimento davanti al giudice di pace il legislatore ha voluto previlegiare le soluzioni basate sulla conciliazione tra imputato e

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offeso (art. 2 comma 2 del d.lgs. n. 274/2000), per questo si comprende il motivo per cui si è voluto escludere l’applicazione delle norme codicistiche dei giudizi speciali e di prevedere altre forme per la conclusione del procedimento.48

I poteri della persona offesa rispetto alle forme di definizione alternativa del rito davanti al giudice di pace attribuiscono ad essa un ruolo di “parte” processuale . Gli istituti regolamentati ai sensi degli artt. 34 e 35 del decreto legislativo n.274 2000 si caratterizzano per una volontà deflattiva e una maggiore tutela dell’offeso dal reato. Queste forme di conciliazione tra offeso e imputato esulano dal nostra trattazione ma è ugualmente rilevante sottolineare l’importanza di questi istituti al fine di valorizzare il ruolo dell’offeso che oscilla tra elemento condizionante l’esito del processo e quello di soggetto chiamato ad esprimere il proprio parere sulla vicenda processuale.49 L’inserimento della persona offesa avviene con il ruolo primario di soggetto il cui parere può esprimere un grado di vincolatività differente ma mai ininfluente nei confronti dell’esito del procedimento.

Il primo istituto è regolato ai sensi dell’art. 34 del d.lgs n 274 2000 e riguarda l’esclusione della procedibilità per la particolare tenuità del fatto.

I protagonisti sono il giudice di pace, l’imputato e la parte lesa che, rispetto a tale sbocco, può esercitare il potere di veto con modalità differenti a seconda del momento procedimentale in cui avviene l’espediente deflattivo. Esso può avvenire sia durante le indagini preliminari , mediante pronuncia di decreto di archiviazione da parte del giudice di pace (art. 34 comma 2 d.lgs. n.274/2000), sia successivamente attraverso l’emanazione della sentenza (art. 34 comma 3 d.lgs. n.274/2000).

48 E.APRILE, Il ruolo della persona offesa nelle recenti riforme del processo penale, in Cass. pen. ,fasc. 5 , 2003 p.1722.

49

Cosi esposto in F.G.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari, cit., p. 330.

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Lo strumento sopra citato ha creato varie problematiche in merito alla sua considerazione: condizione di procedibilità o condizione di non punibilità?

Per una parte della giurisprudenza individuare l’art. 34 nella prima categoria vedrebbe l’istituto aggiungersi alle altre condizioni di procedibilità previste dal codice di rito pur avendo natura sostanziale e non processuale50. La dottrina ha infatti effettuato un distinguo con le altre condizioni di procedibilità: quest’ultime prescindono da una verifica di infondatezza dell’addebito, comportano mere constatazioni invece l’ipotesi della “tenuità del fatto” implica una valutazione di merito interna.51 La scelta di identificare l’istituto in senso processualistico deriva dal fatto che un presupposto di questo è rappresentato dalla carenza dell’interesse della persona offesa all’accertamento processuale.52

Inoltre si possono riscontrare anche le problematiche di questo istituto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 costituzione); infatti per essere all’interno dei limiti di costituzionalità la decisione sull’esiguità del fatto deve essere effettuata entro margini legislativi predisposti che non devono essere troppo estesi.

La pratica deflattiva deve comunque passare attraverso un’omologazione privata ed è per questo che si inquadrano le prerogative riservate all’offeso al quale spetta il potere di condizionare le scelte dell’organo giurisdizionale.

In generale aldilà del momento procedimentale in cui si esplica l’istituto , il giudice per accertare la tenuità del fatto dovrà comunque analizzare la documentazione che gli è stata trasmessa dal pubblico ministero con richiesta di archiviazione ovvero , in giudizio, dovrà verificare la piattaforma probatoria di cui dispone individuando la

50

G. pace Napoli, 14 Ottobre 2004, in Guida dir.., 2005, n. 16, p.85.

51 N.GALANTINI, Improcedibilità ed estinzione del reato nel procedimento davanti al giudice di pace, in Cass.pen., 2002, p.1194 s.

52

E.MARZADURI, Le disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, cit., p.1245.

(32)

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presenza di tre criteri: esiguità del danno o del pericolo che deriva dall’illecito, il grado di colpevolezza e la sua occasionalità e il loro bilanciamento con la tutela dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. L’organo giurisdizionale deve inoltre valutare il pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento possa comportare all’indagato (esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute) e tale giudizio assume rilevanza anche con la partecipazione della persona offesa.53

Tornando alla valutazione della norma si intravedono due momenti processuali in cui può essere rilevata la tenuità del fatto.

Il primo momento riguarda la fase delle indagini preliminari; in questo caso il giudice accoglierà l’istanza di archiviazione del pubblico ministero “solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento” ( art. 34 comma 2 d.lgs n. 274 2000). L’interesse dell’offeso non ha dunque una specifica veste formale potendosi effettuare in qualsiasi modo attraverso una memoria presentata ai sensi dell’art. 90 del c.p.p., attraverso sommarie informazioni fornite nel corso delle indagini, oppure all’interno dell’atto di denuncia. L’elemento essenziale è che tale interesse deve essere esplicito e identificabile come tale.

Bisogna chiedersi se il pubblico ministero o la polizia giudiziaria debbano verificare gli intendimenti della persona offesa, interpellandola; a livello normativo prevarrebbe la risposta negativa in quanto ci si accontenta della mancanza di prove circa l’esistenza dell’interesse alla prosecuzione del procedimento. Dall’altra parte però appare doveroso che il pubblico ministero, laddove intenda proporre la richiesta di archiviazione delle indagini per particolare tenuità del fatto, senta la persona offesa.

C’è una differenza di posizioni tra il puro e semplice offeso dal reato e l’offeso che è anche danneggiato : l’uno potrebbe essere pregiudicato

53

F.G.GRIFANTINI, La persona offesa dal reato nella fase delle indagini preliminari, cit., pp.330-331.

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