• Non ci sono risultati.

Terza dissertazione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Terza dissertazione"

Copied!
37
0
0

Testo completo

(1)

Terza dissertazione

III. Intorno alla Introduzione del ʼ57: Marx e il «metodo scientificamente corretto»

Nota introduttiva:

Nelle proposizioni che seguono mi soffermo tematicamente su alcune delle nozioni più conosciute tra quelle che costituiscono la filosofia marxiana. Dispongo le considerazioni che vengo qui svolgendo secondo il filo conduttore dei temi e dell'oggetto contenuti nell'Introduzione ai Lineamenti fondamentali della critica della economia politica. Queste che svolgo non sono più che delle note di lettura, per così dire, di alcuni importanti passi delle opere di Marx, interrogate a partire dall'Introduzione del ʼ57, appunto.

Le dissertazioni che questa ultima precedono sono servite a circostanziare e a rendere determinata l'intenzione di quanto vado affermando – o, almeno, spero che siano servite anche a tale scopo. Orienta questo mio discorso – preliminare se si guarda ai contenuti espressi in rapporto alla vastità della filosofia del ʻcritico della economia politicaʼ; conclusivo, invece, se si guarda al principio che ha guidato l'indicizzazione generale del mio elaborato di Tesi – una lettura fondamentalmente metodologica di Marx. Di questa lettura sono essenzialmente debitore alla produzione teorica e critica, collocabile nel decennio ʼ70-ʼ80 del secolo scorso e uscita in forma di saggi – in particolare su riviste come “Critica marxista”, ma non soltanto – e di una introduzione – mi riferisco all'Introduzione ai

Manoscritti del 61-63 di Marx – del Prof. Lorenzo Calabi. In tale dissertazione ho evitato di

inserire i molti rimandi agli scritti suddetti, dei quali faccio uso abbondante quando, ad esempio, propongo più o meno esplicitamente una argomentazione lì sviluppata, oppure quando riporto intere espressioni che lì hanno luogo. Ho evitato perché ciò che ho cercato di riprodurre, al di là di quel ricco periodare, riguarda il modo di concepire il problema della

(2)

filosofia marxiana che in quei testi si trova, ovvero il modo di concepire la filosofia marxiana come problema, come tipo di discorso non privo di presupposti. Ho cercato di riproporre, cioè, il «modo dell'esposizione» che lì viene esibito sistematicamente. Nel riproporlo, naturalmente, la responsabilità delle cose che dico nelle poche pagine che seguono è soltanto mia.

III.1. Quale che sia il concetto che ci si fa della libertà del volere, abbiamo visto, se ci teniamo fermi all'esigenza dell'unità logica, si corre il rischio di dissolvere l'individuazione di ciascun campo singolo, e la peculiarità della rispettiva determinazione, nell'universalità dello schema logico. D'altro canto se ci immergiamo in questa individualità e ci arrestiamo nel considerarla il rischio è quello di smarrirci in essa e di non trovare più alcuna via che conduca il giudizio all'universalità.

In entrambi i casi si farebbero i conti con un paradosso del pensiero, o meglio, per restare nell'universo di discorso della filosofia trascendentale, con due antinomie. Nel primo la determinazione delle condizioni di possibilità della serie dei fenomeni della libertà del volere, ovvero le azioni umane, e cioè la definizione di un principio universale di spiegazione – ciò per cui Kant ha potuto concepire l'idea di una storia universale e postulare il non esaltato chiliasmo filosofico di contro alla rappresentazione terroristica,

eudemonistica e abderitistica della storia1 – non esaurisce il campo delle possibili condizioni

di sviluppo della serie stessa, con il risultato di porre nello stesso dominio di fenomenicità il principio assoluto di determinabilità e un insieme di determinazioni non concepite.

Nel secondo caso, invece, si è costretti a separare il processo di formazione storica degli individui dal processo di formazione della storia in generale, perché deve essere falso 1 Cfr. I. Kant, Il conflitto deelle facoltà in tre sezioni. Seconda sezione: il conflitto della facoltà filosofica con la

giuridica. Riproposizione della domanda: se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio (1798), in

I.Kant, Scritti di storia, politica e diritto, a cura di Filippo Gonnelli, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.225; mentre per quanto concerne il «si vede bene che anche la filosofia può avere il proprio chiliasmo», cfr. ivi, Idea per una storia

(3)

che lo sviluppo delle singole forze rende necessario il sacrificio della loro totalità, per quanto vi possa essere per il mondo nel suo complesso un guadagno in questa formazione separata delle facoltà e delle destinazioni degli uomini. Quale moderno, domanda Schiller a tal proposito, individualmente può scendere in campo in singolar tenzone con il singolo ateniese per disputare il premio dell'umanità? E quindi, da dove deriva questo rapporto svantaggioso degli individui, a dispetto dei vantaggi della specie?2La dimissione

dell'universale nel campo in cui avrebbe dovuto, invece, risultare egemone, non è un dimettere tout court, ma è il risultato di ciò da cui risulta, ovvero è il risultato della stessa legge di determinazione dell'uomo e della civiltà.

Una via d'uscita da questa aporia metodologica si può trovare se si riesce a indicare e a cogliere un momento che sia presente in ogni determinazione concreta, tale che sia possibile operare una connessione ideale dei singoli campi senza che in questo connettere vada perduta la peculiarità di ciascuno di essi. La questione, allora, non è tanto più quella di affermare la validità di un principio sull'altro, che si tratti del principio di determinazione estetica rispetto al principio morale, o viceversa; né la questione sembra essere più quella di dichiarare come passata la forma di espressione dell'arte in relazione a un contenuto assoluto di verità, in quanto non si ha più bisogno di esprime con l'arte il contenuto di una integrale esperienza storico-spirituale. La questione, sotto il profilo formale, astrattamente esposta, è ora quella di trovare un medium attraverso cui concepire il reale processo di formazione del concreto storico e, al contempo, di concepire il valore dominante e determinato che l'astratto e l'universale esibiscono proprio nei riguardi di questo concreto stesso.

L' «Introduzione» ai Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica esprime l'idea che una rigorosa comprensione della storia sia possibile soltanto muovendo dalla preliminare concettualizzazione del presente. Ma l'Introduzione è in senso stretto e 2 Cfr. F. Schiller, L'educazione estetica, a cura di Giovanna Pinna, Aesthetica, Palermo, 2009, pp.31-36.

(4)

proprio una introduzione: in quanto introduzione ai «lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica» è in primo luogo il tentativo di formalizzare il procedimento corretto e gli strumenti dell'analisi adeguati alla comprensione di un oggetto determinato. Di formalizzare metodo e strumenti, cioè, per elaborare un sapere dell'oggetto che sia un sapere scientifico, e quindi critico, dell'oggetto. Ora, poiché l'oggetto è il modo di produzione capitalistico, questo sapere deve mostrarsi adeguato al suo carattere tanto di risultato di un processo sviluppatosi nel tempo, quanto di risultato dinamico e transitorio, per il quale Marx ha ritenuto conseguentemente di introdurre nella scienza dell'economia la dimensione della storia, facendo di questa introduzione il proprio compito primario e la prospettiva metodica specifica nella quale esercitare le propria critica.

Costruita secondo tale prospettiva, la critica di Marx sembra essere l'unica critica per cui la comprensione del presente non sia lasciata all'intelligenza del senso comune, oppure alla rappresentazione di punti di vista particolari e intenzionali che precedono e orientano – come in una costruzione aprioristica – i risultati dell'indagine. Nella prospettiva marxiana, il presente è concettualizzato al modo del sistema, ovvero la considerazione storica è l'espressione di una articolazione organica e non di una narrazione indifferente al contenuto della scienza che è da costruire.

Marx ci propone una critica dell'economia politica che in pari tempo è una anatomia materialistica, quindi scientifica, della società civile, una fisiologia del sistema dell'economia borghese3. L'equivalenza tra «materialistico» e «scientifico» è rinvenibile in

più punti dell'elaborazione e della produzione di Marx, ed è affermata in un luogo che 3 «Il lavoro di cui si tratta in primo luogo in primo luogo è la critica delle categorie economiche ovvero, if you like, la descrizione critica del sistema dell'economia borghese. È contemporaneamente descrizione del sitema e, attraverso la descrizione, critics del medesimo» (K. Marx, «Lettera a Lassalle», 22-II-1858, in K. Marx, Per la

critica dell'economia politica, tr. it. di Emma Cantimori Mezzomanti, Editori Riuniti, Roma, 1957, pp.210-211).

L'esprssione «fisiologia del sistema dell'economia borghese» si trova ripetutamente negli scritti di Marx: per esempio in Teorie sul plusvalore, II, Roma, Editori Riuniti, 1973; per «anatomia materialistica» cfr. K. Marx, Per la

critica dell'economia politica, cit., «Prefazione», p. 4: «La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti

giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell'esistenza il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo l'esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di

(5)

costituisce una sorta di autocritica della prospettiva iniziale, per la quale la «critica della religione» era «il presupposto di ogni critica»4, e della Questione ebraica5: un luogo che non

è estrinseco riportare qui per l'indicazione metodica generale che vi è contenuta. Mi riferisco, cioè, alla importante nota che si trova nel primo Libro de Il Capitale, e che dice : «Una storia critica della tecnologia dimostrerebbe, in genere, quanto piccola sia la parte d'un singolo individuo in un'invenzione qualsiasi del secolo XVIII. Finora tale opera non esiste. Darwin ha diretto l'interesse sulla storia della tecnologia naturale, cioè sulla formazione degli organi vegetali e animali come strumenti di produzione della vita delle piante e degli animali. Non merita eguale attenzione la storia della formazione degli organi produttivi dell'uomo sociale, base materiale di ogni organizzazione sociale particolare? E non sarebbe più facile da fare, poiché, come dice Vico, la storia dell'umanità si distingue dalla storia naturale per il fatto che noi abbiamo fatto l'una e non abbiamo fatto l'altra? La tecnologia svela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell'intelletto che ne scaturiscono. Neppure una storia delle religioni, in qualsiasi modo eseguita, che faccia astrazione da questa base materiale, è critica. Di fatto è molto più facile trovare mediante analisi il nocciolo terreno delle nebulose religiose che, viceversa, dedurre dai rapporti reali di vita, che di volta in volta si presentano, le loro forme incielate. Quest'ultimo è l'unico metodo materialistico e quindi scientifico»6.

Marx, però, non ci propone soltanto questo, ma, insieme, alcuni esempi di storiografia in senso proprio. Tuttavia, in questa dissertazione, si tratta più specificamente della possibilità e del modo della costruzione di un sapere sistematico relativamente a un oggetto esso stesso sistematico, ovvero di una lettura particolareggiata di un testo quale è

4 Cfr. K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, in Marx Engels Opere scelte, a cura di Luciano Gruppi, Editori Riuniti, Roma, 1966, p.57.

5 Cfr. K. Marx, Sulla questione ebraica, in Marx Engels Opere scelte, cit., pp. 75-109. 6 K. Marx, Il capitale, I, Roma, Editori Riuniti, 1964, pp. 414-415.

(6)

l'Introduzione del 1857.

Secondo l'interesse che orienta questa lettura, l'Introduzione si presenta come il luogo classico di un tema classico del marxismo: in essa, cioè, si trova l'esposizione più sistematica e distesa dell'idea della conoscenza, ovvero del metodo di Marx, del «metodo scientificamente corretto». È inoltre un testo che in relazione alle «circostanze esteriori», al posto che occupa nell'elaborazione marxiana compiuta, aiuta a comprendere il senso e il significato specifici della prospettiva marxiana, del processo storico e logico di formazione del Capitale, e quindi del perché solo con la pubblicazione del suo primo libro Marx fosse stato in grado di uscire dal «modo della ricerca», del continuare a scrivere delle Introduzioni, delle Zur..., e di arrivare al «modo dell'esposizione», alla scrittura dell'autoesposizione dell'oggetto, per la quale l'espressione «Critica della economia politica» poteva finalmente essere solo un sottotitolo.

III.2. È noto che l'elaborazione scientifica di Marx riposa sulla distinzione tra

Forschungs- e Darstellungs weise. Per il critico dell'economia politica, infatti, «il modo di

esporre un argomento deve distinguersi formalmente dal modo di compiere l'indagine. L'indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di sviluppo e deve rintracciarne l'intimo concatenamento. Solo dopo che è stato compiuto questo lavoro, il movimento reale può essere esposto in maniera convincente»7.

Questa distinzione riassume i fondamenti metodici dell'opera di Marx, e perciò anche del procedimento «dall'astratto al concreto», teorizzato come procedimento «scientificamente corretto»: scientifico perché ʻsaleʼ dall'astratto al concreto, corretto perché soltanto così è possibile, oltre che fondato, esporre in maniera convincente il movimento reale. Questa distinzione, inoltre, designa il procedere per astrazioni proprio e peculiare di Marx, di un metodo che è volto all'espressione scientifica del rapporto di identità e di distinzione che

(7)

sussiste tra lo sviluppo logico dei concetti e la loro determinazione storica, e che ne mostra l'aspetto di sussistenza storica in quanto astrazioni determinate. Designa, infine, il procedere del conoscere conformemente alla conoscenza peculiare della ricerca e dell'esposizione di Marx.

È noto che, venendo a trattare del metodo di una economia politica fondata criticamente, nella terza sezione della Introduzione del ʼ57 intitolata al “metodo dell'economia politica”, Marx inizia con l'enunciare e il contrapporre due modi possibili di procedere nell'elaborazione di questa come di ogni altra scienza storica e sociale.

Rispetto al primo di questi modi, quando si considera un dato paese dal punto di vista dell'economia politica, sembra corretto cominciare «con il reale ed il concreto, con l'effettivo presupposto, quindi [...] con la popolazione, che è la base e il soggetto dell'intero atto sociale di produzione»8. Ma con “popolazione” si indica una mera astrazione se si tralasciano le

determinazioni che costituiscono l'articolazione di questa popolazione stessa, le classi di cui si compone e gli elementi su cui queste ultime si fondano. Partendo dalla popolazione il risultato a cui si arriva sarebbe quello di una «rappresentazione caotica dell'insieme». Il primo di questi modi, infatti, consiste nel pervenire, mediante l'analisi, «dal concreto rappresentato, ad astrazioni sempre più sottili fino a giungere alle determinazioni più semplici»9. Da qui, il secondo di questi modi, rispetto al primo, prescrive una sorta di

«viaggio all'indietro»10 che, muovendo dalle determinazioni più semplici arriva di nuovo a

quel concreto, alla popolazione, «ma questa volta non come a una caotica rappresentazione di un insieme, bensì come a una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni»11.

Il fatto che questo secondo modo venga caratterizzato comparativamente e relativamente al primo significa che il «viaggio all'indietro» di cui parla Marx non definisce 8 K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica della economia politica, tr. it. di Enzo Grillo, Firenze, La Nuova

Italia, 1968-1970, I, p.26. 9 Ivi, pp. 26-27.

10 Ivi, p. 27. 11 Ibid.

(8)

soltanto la natura complementare dei due procedimenti da un punto di vista metodico, e che fa esclusivo riferimento all'astratto processo di rigorizzazione scientifica. Il «viaggio all'indietro» consente di periodizzare in termini di andamento analitico-espressivo il complessivo processo della costituzione dell'economia politica come corpus disciplinare, poiché l'economia, nella sua storia, ha esperito tutti e due questi procedimenti: «la prima via è quella che ha preso l'economia politica storicamente al suo nascere. Gli economisti del XVII secolo, per esempio, cominciano sempre dall'insieme vivente, dalla popolazione, la nazione, lo Stato, più Stati, ecc.; ma finiscono sempre col trovare, per via di analisi, alcune relazioni determinanti generali, astratte, come la divisione del lavoro, il denaro, il valore, ecc. Non appena questi singoli momenti furono più o meno fissati e astratti, cominciarono i sistemi economici che dal semplice – come lavoro, divisione del lavoro, bisogno, valore di scambio – salivano fino allo Stato, allo scambio tra le nazioni, e al mercato mondiale»12.

Tuttavia, se scegliamo il punto di vista dell'elaborazione della scienza, dato il diverso e opposto cominciamento dei due procedimenti, ci troviamo di fronte a due possibilità alternative, tra le quali non si tratta di sceglierne una in maniera arbitraria o indifferente: la loro contrapposizione è infatti la contrapposizione che sussiste tra un concreto

rappresentato, e poi analiticamente scomposto nelle sue determinazioni più semplici – ma

anche immutato rispetto al modo in cui si assume nella rappresentazione – , e un concreto il quale, mediante un procedimento di sintesi che riunisce le determinazioni più semplici fino a comprenderle in una totalità corrispondente all'insieme che è oggetto di indagine, appare come un ʻconosciutoʼ o, comunque, come un che di ordinato, e dunque non come un aggregato ma come una vera totalità, ricca non semplicemente di determinazioni, ma anche delle loro relazioni.

La rifondazione critica dell'economia politica, la riformulazione del suo stesso oggetto esposto criticamente, cui Marx perviene, muove dal secondo procedimento, e non soltanto

(9)

perché storicamente questo rappresenta, relativamente al metodo, il risultato più recente, ma soprattutto perché logicamente questo permette di trasformare la rappresentazione caotica di un intero in una totalità. La sua comparsa dipende necessariamente dalla comparsa del primo, del quale è uno sviluppo necessario, come suo completamento: necessario, cioè, ai fini della costituzione dell'economia politica come scienza. Esso è «chiaramente il metodo scientificamente corretto»13.

La questione allora diventa quella di determinare a quali condizioni questo è il metodo scientificamente corretto anche quando scientificamente sta a significare “per la critica dell'economia politica”.

III.3 Il concreto è concreto perché è «sintesi di molte determinazioni, quindi unità del molteplice»14. Per questo, dal punto di vista della realtà concreta, il concreto è il prius, in

quanto è il presupposto di ogni attività tanto di rappresentazione quanto di apprensione scientifica. Sembra perciò corretto cominciare «con il reale ed il concreto, con l'effettivo presupposto». Ma questo cominciamento è corretto solo se si considera che esso sia «il punto di partenza effettivo» anche «dell'intuizione e della rappresentazione». Se, invece, si ha riguardo del concreto come esso si mostra «nel pensiero»15, ovvero in quanto «si presenta

come processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza» e dunque si ha riguardo del concreto soltanto come sua «riproduzione [...] nel cammino del pensiero», quel cominciamento dal reale e dal concreto è falso.

Da questo punto di vista il concreto come «totalità concreta, come totalità del pensiero»16 non è un prodotto del pensiero «che si riassume e si approfondisce in se stesso, e

si muove spontaneamente»17, di un pensiero che pensa e concepisce «al di sopra

13 Ibid. 14 Ibid.

15 Cfr. ivi, p. 28. 16 Ibid.

(10)

dell'intuizione e della rappresentazione»18. Come totalità concreta, però, essa è di certo un

prodotto «dell'elaborazione in concetti dell'intuizione e della rappresentazione»19, come

risultato di un processo di sintesi di quelle determinazioni astratte in cui, seguendo il primo dei due procedimenti, invece, si è volatilizzata la rappresentazione piena.

Ora, poiché il concreto in quanto tale è sintesi e unità del molteplice, «il metodo di salire dall'astratto al concreto è il solo modo per il pensiero di appropriarsi il concreto», poiché è il solo modo di «riprodurlo come qualcosa di spiritualmente concreto»20: le singole

determinazioni più semplici, le sue relazioni, cioè tutto ciò che rispetto al punto di partenza effettivo esiste soltanto come sua astrazione, sono perciò il prius.

Ma questo prius del pensiero non è necessariamente anche lo stesso prius della realtà e quindi, se l'intero effettuale (il reale e il concreto) e la totalità effettuale (il risultato del processo sintetico che compie nel pensiero la risalita dall'astratto al concreto) si corrispondono, tuttavia non si identificano sempre e comunque i processi per cui si arriva a quello stesso risultato.

Il processo di formazione del concreto in quanto intero fattuale che costituisce il punto di partenza effettivo, e quindi è anche il punto di partenza di ogni attività del pensiero, subisce un processo di formazione reale, è un risultato; questo medesimo intero, al contempo, subisce un processo di formazione concettuale, è, cioè, come risultato, una totalità, per cui si mostra come quello che è, come un concreto.

Ora, Hegel ha in generale sovrapposto i due procedimenti, anzi ha sussunto il processo di formazione dell'intero fattuale al processo di formazione del concreto in quanto totalità concreta, in quanto prodotto del pensiero e del movimento del pensiero. Per la coscienza filosofica che concepisce l' «uomo reale» come «il pensiero pensante» e quindi «il mondo pensato» come «la sola realtà», il movimento delle categorie si presenta come l'effettivo atto 18 Ibid.

(11)

di produzione, il cui risultato è il mondo. Hegel, nel concepire il reale come il risultato del pensiero, è caduto nella «illusione» di identificare un processo effettuale e reale con un processo effettuale ma ideale.

Ad esempio, egli inizia la sua filosofia del diritto con il possesso; e «comincia giustamente» in quanto il possesso è la «più semplice relazione giuridica del soggetto»21.

Ciò che è inesatto in lui è che il possesso «si evolve storicamente a famiglia»22, poiché,

invece, questa come «categoria giuridica più concreta» è il presupposto stesso del possesso, la sua condizione di possibilità logico-storica.

Si può allora riassumere in questo modo: il concreto in quanto intero fattuale, è il reale e l'effettivo presupposto, e come sintesi oggettiva di molteplici determinazioni e delle loro relazioni, ha un suo proprio processo di formazione. Data l'analisi dell'oggetto dell'intuire e del rappresentare, nel pensiero il cominciamento non può che essere l'astratto, il quale, poiché percorre un processo di sintesi, si mostra come elemento costitutivo di un risultato. Nel pensiero critico questo cominciamento è ancora l'astratto; ma l'astratto come determinazione di una totalità concepita in maniera tale che nell'elaborazione della sintesi, del concepire il concreto come una totalità ricca, come un che di spiritualmente concreto, venga fatto agire il principio che, almeno fino a quando la mente si comporta «solo speculativamente, solo teoricamente», l'intero reale e la sua storia, ovvero il suo processo di formazione effettuale, rimanga «sia prima che dopo saldo nella sua indipendenza fuori della mente»23. Il «soggetto reale», la «società», anche nel metodo teorico, deve essere sempre

presente alla rappresentazione come presupposto.

Poiché ciò di cui si tratta è il rapporto tra lo sviluppo logico dei concetti e la loro determinatezza storica, rifacendoci alla periodizzazione proposta da Marx in queste pagine, si può provare a ragionare: se si ammette che l'evoluzione storica reale vada sempre dai 21 Ivi, p.28.

22 Ivi, 29. 23 Ivi, 28.

(12)

rapporti più semplici ai rapporti più complicati, lo sviluppo storico-letterario dell'economia politica non si identifica con lo sviluppo del suo riflesso. Se si ammette, al contrario, che lo sviluppo storico dell'economia politica sia lo sviluppo di un riflesso storico-letterario, questo riflesso è il riflesso di uno sviluppo storico, in quanto sviluppo, irreale. Sembrerebbe, allora, che qui Marx riproponga un programma di rigorizzazione scientifica che si attenga allo schema teorico consistente nel «partire da un fatto dell'economia politica», esprimere il «concetto di questo fatto», «analizzare questo concetto», e dunque esprimere, in conclusione, semplicemente l'analisi di un fatto economico24. Ma, adesso, rispetto alla sua

critica, il difetto dell'economia politica non appare consistente soltanto nella mancata apprensione concettuale dei fatti economici, ciò che giustifica lo schema teorico sopra mostrato, e che definisce l'ambito di problematicità del testo in cui si ritrovano queste considerazioni, ovvero nei manoscritti parigini, i Manoscritti economico-filosofici del 1844, per cui, ad esempio, «l'economia politica parte dal fatto della proprietà. Non ce la spiega. Essa esprime il processo materiale della proprietà privata, il processo da questa compiuto in realtà, in forme generali, che essa fa valere poi come leggi. Essa non comprende queste leggi, cioè non mostra come esse risultino dall'essenza della proprietà privata»25. Ora la sua

critica consiste invece in ciò: che le nozioni dell'economia politica sono espressive dei fatti solo in quanto sono espressioni coscienti del movimento apparente; perché muovendo dalle sue astrazioni non come da forme ulteriormente risolubili, ma come da presupposti sostanziali, non si preoccupa di svilupparle geneticamente e attraverso il tipo di mediazione necessario, ma solo di ricondurle all'unità.

Tuttavia si può provare a chiedere: le categorie semplici, le astrazioni non ulteriormente risolubili da cui partono gli economisti, non hanno anche un'esistenza storica o naturale indipendente, prima delle categorie più concrete? : «Ça dépend […] benché la categoria più 24 Cfr. K.Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in K. Marx, Opere filosofiche giovanili, tr. it. di Galvano

(13)

semplice possa essere esistita storicamente prima di quella più concreta, essa può appartenere nel suo pieno sviluppo intensivo ed estensivo solo ad una forma sociale complessa, mentre la categoria più concreta era già pienamente sviluppata in una forma sociale meno evoluta»26. Il problema qui sorge perché nonostante ciò resterebbe sempre il

fatto che le categorie semplici sono espressioni di rapporti in cui il concreto meno sviluppato può essersi realizzato, senza che si sia dato il rapporto e la relazione più complessa che è espressa idealmente dalla categoria più concreta; mentre il concreto più sviluppato conserva questa stessa categoria semplice come un rapporto subordinato. Ad esempio «il denaro può esistere ed è storicamente esistito prima che esistessero il capitale, le banche, il lavoro salariato […] In questo senso si può quindi dire che la categoria più semplice può esprimere rapporti predominanti di un insieme meno sviluppato oppure i rapporti subordinati di un insieme più sviluppato; rapporti che storicamente esistevano già prima che l'insieme si sviluppasse nella direzione che è espressa in una categoria più concreta»27. Solo in questo

senso, allora, si può dire che il cammino del pensiero «che sale dal più semplice al complesso, corrisponderebbe al processo storico reale»28.

III.4. Con ciò, e sempre sotto il profilo del procedimento metodico, nelle prime due sezioni dell'Introduzione è posto anche il modo in cui per Marx si profila un confronto tra la sua opera e l'opera degli economisti. L'astratta generalità del punto di partenza degli economisti segna il tema scelto, il quale istituisce, come particolare mediazione, questo rapporto tra Marx e la storia teorica della società borghese.

Il tema scelto, notoriamente, è «anzitutto la produzione materiale»29. Ma Marx precisa:

«la produzione dell'individuo isolato al di fuori della società [...] è un tale assurdo quanto lo

26 K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica della economia politica, cit., pp. 28-30. 27 Ivi, p. 29.

28 Ibid. 29 Ivi, p. 3.

(14)

è lo sviluppo di una lingua senza individui, che vivano insieme e parlino tra loro»30. Perciò,

il punto di partenza, come assunto fondamentale, presupposto all'indagine critica, «è costituito naturalmente dagli individui che producono in società – e perciò della produzione socialmente determinata degli individui». In questo senso oggetto della critica sono immediatamente le robinsonate piccole e grandi del XVIII secolo, quelle proprie di uno Smith e di un Ricardo, e che sono rinvenibili anche nel principio del contrait social di Rousseau. Il punto di partenza di questi pensatori è l'individuo isolato, una pura astrazione da cui procedono per la comprensione dello sviluppo della storia umana in generale.

Su questo punto la critica si estende, più avanti nel testo marxiano, a comprendere anche Bastiat, Carey, e Proudhon, poiché l' «insulsaggine» di presupporre l'individuo isolato che produce al di fuori della società è stata riproposta e reintrodotta seriamente da questi «nel bel mezzo dell'economia più moderna»31. Il senso di quel lacus communis dedito alla

fantasticheria riguarda il tentativo di proporre, più o meno consapevolmente, una mera anticipazione della società borghese: soltanto nella società della libera concorrenza, infatti, l'individuo appare sciolto dai legami naturali; ma come se si trattasse di una sua proprietà naturale, questo carattere dell'uomo moderno diventa, da risultato storico, il punto di partenza della storia dell'umanità in abstracto.

La critica alle astrazioni come forme non ulteriormente risolubili, e cioè come categorie assunte in quanto presupposti sostanziali, viene ora così determinata: quando si parla della produzione si fa sempre riferimento a un determinato stadio dello sviluppo sociale, alla determinata forma di produzione di un organismo sociale specifico. Potrebbe allora sembrare che, dato il particolare tipo di cominciamento della presente trattazione, ovvero per parlare in generale della produzione, questa debba porsi nei termini di una storiografia delle forme di produzione, disposte secondo il loro proprio sviluppo storico, oppure dichiarare che 30 Ivi, p. 5.

(15)

si stanno facendo i conti con una determinata epoca storica, come ad esempio con la moderna produzione borghese. Ma «tutte le epoche della produzione hanno certi caratteri in comune, certe determinazioni in comune»32. La produzione in generale è una astrazione e

tuttavia è un'astrazione sensata perché rappresenta un insieme di corrispondenze e di elementi comuni che è possibile indagare senza ricorrere a ripetizioni di sorta. Questo

generale è qualcosa di effettivamente comune, astratto e isolato mediante comparazione, ed

è al contempo qualcosa di complessamente articolato, composto da differenti determinazioni. Di queste alcune appartengono a tutte le epoche, altre in modo più specifico si riferiscono soltanto ad alcune di esse. Per poter concepire specificamente una forma piuttosto che un'altra la questione diventa quella di riuscire a isolare le determinazioni comuni e generali da quelle che invece differenziano la forma che si vuol spiegare. Tanto più è da tener presente questo principio metodologico nell'analisi del moderno sistema di produzione, poiché nella sua dimenticanza «consiste appunto tutta la saggezza degli economisti moderni che dimostrano l'eternità e l'armonia dei rapporti sociali esistenti»33.

Una produzione in generale esiste solo nella rappresentazione, nel pensiero, mentre nella realtà, oggettivamente, la produzione è sempre un particolare settore produttivo, oppure è la loro totalità, per la quale è compito del ricercatore ricostruire i nessi che ne mostrano le relazioni con le forme di produzione particolari a un dato stadio dello sviluppo economico della società, in relazione, cioè, a un dato organismo sociale che è già in sé e per sé una totalità ricca di determinazioni.

In questo caso, presa in considerazione quella parte generale che è venuto di moda nell'economia far precedere alla trattazione dei principi in cui sono trattate le condizioni

generali di ogni produzione, la critica si rivolge a Jonh Stuart Mill34, poiché il vero scopo

che egli persegue è quello di rappresentare la produzione, a differenza della distribuzione, 32 Ibid.

33 Ivi, p. 7. 34 Cfr. ivi, pp. 8-9.

(16)

«come inquadrata in leggi di natura eterne e indipendenti dalla storia»35, interpolando del

tutto surrettiziamente «come incontestabili leggi di natura della società in abstracto rapporti

borghesi»36.

Questo modo di procedere arriva a stabilire dei risultati teorici che «di fatto si riduc[ono] [...] ad alcune determinazioni molto semplici che vengono diluite in piatte tautologie»37. Alla determinazione delle condizioni di possibilità naturali della produzione

umana segue poi la determinazione delle possibilità di incrementare questa stessa produzione, in virtù di certe condizioni che ne favoriscono il progresso e ne scongiurano il ristagno. Nella sua formulazione generale si afferma semplicemente che «un popolo industriale tocca l'apogeo delle sua produzione nel momento in cui si trova in generale al suo apogeo storico»38; oppure essa si riduce ad affermare che, ad esempio, un insieme di

condizioni favorevoli per la produzione rende la produzione di ricchezza tanto più facile quanto più esistono, soggettivamente o oggettivamente, gli elementi che la creano.

Lo stesso punto di vista viene riproposto anche quando si vuole intendere il sistema della distribuzione: questo è rozzamente separato dalla produzione, scisso dall'effettivo rapporto che lega questi due processi. In questo ambito, infatti, agli economisti interessa mostrare come tutti ottengono una quota della produzione sociale secondo «due punti principali»: la proprietà, in primo luogo; la sua protezione e promozione per mezzo delle leggi, della giustizia, della polizia. Tuttavia, sempre al fine di «confondere o cancellare tutte le differenze storiche in leggi umane universali»39.

In relazione al primo punto Marx invece sostiene che ogni produzione è appropriazione della natura da parte dell'individuo entro e mediante una determinata forma di società, e che quindi è tautologico affermare che la proprietà, in quanto appropriazione, è una condizione 35 Cfr. ivi, p. 9.

36 Ibid. 37 Ivi, p. 8. 38 Ivi, p. 9.

(17)

della produzione. Da qui, poi, è semplicemente «ridicolo» compiere un salto ad una determinata forma della proprietà, per esempio la proprietà privata, senza considerare il fatto che questa forma ne presuppone altre, oltre che la non-proprietà, come sue proprie condizioni logico-storiche.

In riferimento al secondo, invece, il porre al sicuro quanto è stato acquisito, come massima morale dei moderni predicatori economici, svela l'interna connessione che lega ogni forma di produzione con la rispettiva produzione di rapporti giuridici e di forme di governo. In breve, «gli economisti borghesi vedono solo che con la polizia moderna si può produrre meglio che con ad es. il diritto del più forte»40, e che proprio in questa mediazione

si mostra l'elemento di civiltà di uno Stato di diritto di contro allo stato di natura. Essi, però, dimenticano che anche il diritto del più forte è un diritto determinato e che continua a vivere sotto altre forme nello Stato della compiuta civilizzazione borghese.

Dunque, sotto il profilo formale, in relazione all'oggetto di cui si tratta, si può così riassumere: «esistono determinazioni comuni a tutti i livelli di produzione, che vengono fissate dal pensiero come determinazioni generali; ma le cosiddette condizioni generali di ogni produzione non sono altro che questi momenti astratti con i quali non viene compreso nessun livello storico concreto della produzione»41.

A questo livello di astrazione, e cioè avendo di mira soltanto la generalità indeterminata della produzione umana, il rapporto di questa con la distribuzione, con lo scambio e con il consumo, gli economisti così rappresentano il sistema economico borghese: la produzione è l'adattamento dei prodotti naturali ai bisogni degli uomini; la distribuzione è la proporzione in cui il singolo partecipa di questi prodotti; lo scambio è la conversione delle quote che all'individuo vengono corrisposte attraverso la distribuzione in prodotti particolari che desidera; infine, il consumo è il godimento dell'appropriazione individuale.

40 Ivi, p. 11. 41 Ibid.

(18)

In un tale sistema «la produzione produce oggetti corrispondenti ai bisogni; la distribuzione li ripartisce secondo leggi sociali; lo scambio ridistribuisce il già distribuito, secondo il bisogno individuale; nel consumo, infine, il prodotto esce fuori da questo movimento sociale, diviene direttamente oggetto e servitore del bisogno individuale e lo soddisfa nel godimento»42. Produzione, distribuzione, scambio e consumo costituiscono così

i termini di un sillogismo in piena regola, secondo il quale per gli economisti è poi legittimo affermare che quale che sia il sistema della produzione umana, gli uomini producono a partire da bisogni naturali al fine del godimento individuale.

«Ora, questa è certamente una connessione, ma superficiale»43: la rappresentazione in

rubriche sempre ulteriori del movimento apparente è sostenuta in ogni passaggio dall'ipostatizzazione di un principio particolare che si muove alle spalle della ricerca, prima cioè che questa si sia calata nella mischia dei rapporti economici. E, allora: la produzione sembra essere determinata da leggi di natura universale; la distribuzione dalla contingenza sociale, e dunque può agire in senso favorevole o contrario alla produzione stessa; lo scambio, situato tra di produzione e distribuzione, è il movimento formalmente sociale in quanto tale; il consumo, infine, in quanto atto finale e fine stesso dell'intero movimento, è posto fuori dalla economia fin quando non reagisce sul punto di partenza e avvia di nuovo l'intero processo.

Nella seconda sezione, quando sono presi in considerazione il rapporto di identità e di distinzione che intercorre tra la produzione e il consumo, l'obiettivo polemico diventa la «falsa interpretazione» di Say, rivelata anche da Storch, per cui «se si considera un popolo o anche l'umanità in abstracto, la sua produzione si identificherebbe con il consumo»44.

Ora, dire che la produzione è immediatamente consumo significa affermare che tra i due sussiste una relazione dinamica di identità e distinzione. Gli economisti arrivano a concepire 42 Ivi, p. 12.

(19)

questa identità economica parlando a tal proposito di consumo produttivo, ma l'interesse perseguito è qui soltanto quello di differenziare due forme di consumo, ovvero il consumo che deriva dalla produzione dal consumo propriamente detto, cioè quella forma di consumo che è concepita piuttosto come «l'antitesi distruttiva della produzione»45. Ma anche in questo

caso si deve affermare che, invece, il consumo è immediatamente anche produzione: è, cioè,

produzione consumatrice.

La produzione è immediatamente consumo e il consumo è immediatamente produzione nel senso che «ciascuno è immediatamente il suo contrario»46. Tuttavia tra i due momenti si

svolge un momento di mediazione. Dal lato del consumo si dirà che questo produce la produzione in una duplice maniera: perché solo attraverso il consumo il prodotto diviene prodotto effettivo, consumato cioè in quanto prodotto; perché il consumo crea il bisogno di una nuova produzione, creando lo stimolo della produzione. A ciò corrisponde sul piano della produzione che essa fornisce il materiale, l'oggetto al consumo. E poiché può fornire soltanto un oggetto determinato e non lo schema di un oggetto in generale, la produzione produce anche il modo del consumo. La produzione crea il consumatore in quanto produce sia oggettivamente che soggettivamente il consumo: non solo fornisce un materiale al bisogno, ma anche un bisogno al materiale. In definitiva, la produzione produce non soltanto un oggetto per il soggetto, ma anche un soggetto per l'oggetto.

A questo punto «niente di più semplice [...] per un hegeliano, che identificare produzione e consumo»47. Ma, considerando che si tratta della «comprensione dei rapporti

reali» e non di una «conciliazione dialettica» che passa «dai libri alla realtà»48, anzitutto

bisogna mettere in rilievo che l'elemento sostanziale dell'identità immediata tra produzione e consumo, considerati questi come attività di un soggetto o di più individui, si presenta in

45 Ivi, p. 14. 46 Ivi, p. 15. 47 Ivi, p. 18. 48 Ivi, p. 13.

(20)

ogni caso soltanto come espressione apparente di un processo in cui la produzione è l'effettivo punto di partenza «e perciò anche il momento egemonico»; il consumo, allora, come necessità, come bisogno, «è esso stesso un momento interno dell'attività produttiva»49.

La produzione come momento iniziale effettivo non è mai soltanto la produzione di individui isolati: è sempre una produzione in una e di una società determinata. In modo determinato, dunque, in una società, tra il produttore e i prodotti si interpone la distribuzione che, in base a leggi sociali, a sua volta determina quale quota del mondo dei prodotti spetti al produttore, come momento che media la produzione e il consumo.

Economisti come Ricardo, dice Marx, hanno posto la distribuzione al centro della loro economia, poiché hanno concepito «istintivamente le forme della distribuzione come l'espressione più determinata in cui si fissano gli agenti di produzione in una data società»50.

Allo stesso modo, cioè istintivamente, anche dal punto di vista del singolo la distribuzione appare come il sistema naturale dell'ordine sociale. Sistema in cui il singolo si affaccia privo come è di proprietà e capitali, ovvero in quanto lavoratore salariato. A considerare intere società, la distribuzione sembra, da un altro punto di vista ancora, precedere la produzione e determinarla come, per così dire, «un fact preeconomico»51.

Tuttavia, anche la struttura della distribuzione è interamente determinata dalla struttura della produzione. Prima che la distribuzione sia distribuzione di prodotti è distribuzione degli strumenti di produzione; in più è distribuzione dei membri della società tra i differenti generi di produzione. La distribuzione dei prodotti è solo un risultato di queste forme della distribuzione che sono comprese nel processo di produzione. La distribuzione dei prodotti, in breve, è data automaticamente con la distribuzione che costituisce originariamente un momento della produzione: considerare quest'ultima prescindendo dalla distribuzione in essa racchiusa significherebbe considerare un vuota astrazione.

49 Ivi, pp. 18-19. 50 Ivi, p. 20.

(21)

La produzione ha in effetti i suoi presupposti, ma la questione si riduce in ultima istanza al modo in cui le condizioni storiche generali incidono sulla produzione e al rapporto che essa ha con il movimento storico in genere. E allora l'analisi rientra in quella del momento della produzione stesso, perché una certa forma di distribuzione, sebbene possa apparire come presupposto della produzione, è essa stessa il risultato storico di una precedente forma di produzione.

Infine, Marx passa ad analizzare la questione della scambio: questo è o un momento concreto di mediazione tra la produzione e la distribuzione in quanto scambio particolare per il consumo, oppure è la circolazione stessa presa sotto il concetto della totalità. Anche lo scambio, allora, è un momento della produzione, e anche in questo caso in un modo piuttosto articolato.

In primo luogo perché è uno scambio di attività e capacità nella e per la produzione; poi perché è un mezzo per la realizzazione del prodotto finito destinato al consumo immediato; infine perché come scambio tra commercianti è interamente determinato dalla produzione, sia dal lato dell'organizzazione, sia perché è esso stesso un'attività produttrice.

Il risultato al quale Marx perviene, dopo aver portato a termine il confronto con gli economisti sul terreno della produzione materiale, «non è che produzione, distribuzione, scambio, consumo siano identici, ma che essi rappresentano tutti dei membri di una totalità, differenze nell'ambito di una unità»52: la produzione determina tutti gli altri momenti e

insieme i determinati rapporti reciproci tra questi diversi momenti; così come, nella sua

forma unilaterale la produzione deve adeguarsi alle modificazioni degli altri momenti.

Come in un organismo, così, nel sistema appena rappresentato, si esercita un'azione reciproca tra le diverse parti, e tra queste e il tutto.

III.5. Nonostante il suo fondamentale difetto metodico rilevato, e cioè nonostante 52 Ivi, p. 25.

(22)

l'erronea identificazione del processo di produzione del concreto nel pensiero con il processo di produzione storico effettuale del concreto stesso, in nessun modo l'economia politica, per convalidare empiricamente le proprie analisi, ha ceduto all'inopportunità e all'errore di disporre le categorie economiche nell'ordine nel quale esse furono storicamente determinanti.

La possibilità di commettere questo errore nello studio della formazione sociale capitalistica è suggerita dall'esame della rendita fondiaria; l'esame della rendita fondiaria capitalistica dimostra che si tratterebbe di un vero e proprio errore. Dice Marx: «niente sembra più naturale che cominciare con la rendita fondiaria capitalistica, con la proprietà fondiaria, dal momento che essa è legata alla terra, alla fonte di ogni produzione e di ogni ricchezza, e alla prima forma di produzione di tutte le società in qualche modo consolidate, e cioè dell'agricoltura. E tuttavia nulla sarebbe più errato… Prendiamo per esempio i popoli dediti alla pastorizia… Presso di essi compare una certa forma di agricoltura, ma in maniera sporadica. La proprietà fondiaria è determinata da questo fatto… Dove predomina l'agricoltura praticata da popoli a dimora stabile... la stessa industria, la sua organizzazione e le forme di proprietà ad essa corrispondenti, hanno più o meno un carattere di proprietà fondiaria; essa o dipende completamente da questo, come presso gli antichi romani, oppure, come nel Medioevo, modella la città e i suoi rapporti sull'organizzazione della campagna. [...] In tutte le forme nelle quali domina la rendita fondiaria il rapporto con la natura è predominante. In quelle, invece, nelle quali domina il capitale, prevale l'elemento sociale, prodotto storicamente. La rendita fondiaria non può essere intesa senza il capitale, ma il capitale può ben essere inteso senza la rendita fondiaria. Il capitale è la potenza economica della società borghese che domina tutto. Esso deve costituire il punto di partenza così come il punto di arrivo, e deve essere trattato prima della rendita fondiaria. […] Sarebbe dunque inopportuno ed erroneo disporre le categorie economiche nell'ordine nel quale esse furono

(23)

storicamente determinanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui si trovano l'una con l'altra nella moderna società borghese, e che è esattamente l'inversa di quella che si presenta come loro relazione naturale o corrisponde alla successione dello sviluppo storico»53.

Nell'indagine economico-politica la categoria economica fondamentale, perché determinante nella moderna società borghese, è il capitale, questo determinato rapporto di produzione. Nella terza sezione dell'Introduzione, fino a tanto che si enunciano i due procedimenti seguiti, rispettivamente, dagli economisti del XVII secolo e dai sistemi economici del XVIII secolo, e fino a tanto che Marx vi giunge dopo aver analizzato alcuni momenti determinati della concettualizzazione del sistema economico così come a essi appare, gli interlocutori ideali e polemici continuano ad essere, appunto, gli economisti. Quando, invece, la questione diventa quella dell'elaborazione di un sapere scientifico del sistema della economia capitalistica, della rappresentazione dell' «articolazione organica [dei rapporti economici] all'interno della moderna società borghese»54, il confronto si sposta

verso altro.

Nella terza sezione dell'Introduzione, l'interlocutore ideale di Marx diventa Hegel. Ma lo diventa in un modo specifico, determinato cioè rispetto ai temi proposti dall'Introduzione, in un senso molto più complesso di quello che ha potuto suggerirci l'apparente casualità dell'esempio del possesso. Lo diventa poiché, sebbene nel procedimento di Hegel non è fatto valere il principio che la «totalità, come essa si presenta nella mente quale totalità del pensiero, è un prodotto della mente che pensa», ovvero lo è esclusivamente, e quindi è un prodotto del movimento reale in quanto prodotto del movimento del pensiero, vi è però fatto valere il principio che la sola maniera in cui il pensiero può appropriarsi il mondo è quella di produrre una totalità, un concreto, e che questa maniera «è diversa dalla maniera artistica, 53 Ivi, p. 34-35.

(24)

religiosa e pratico-spirituale di appropriarsi il mondo»55.

Se, allora, l'obiettivo è quello di elaborare un conoscere sistematico, il principio da seguire è quello definito da Hegel nella Scienza della logica. Qui si legge che a «base e possibilità di una scienza sintetica, di un sistema e di un conoscere sistematico»56 si deve

porre «il progresso spettante al concetto, dall'universale al particolare»57. Se il fine che si

vuole raggiungere è quello di elaborare una conoscenza sistematica, allora «che si cominci coll'oggetto nella forma di un universale»58. E qui Hegel così prosegue: «se nella realtà, sia

della natura sia dello spirito, l'individualità concreta è data come il primo al conoscere soggettivo e naturale, al contrario in quel conoscere, che è per lo meno un concepire in quanto ha per base la forma del concetto, il primo dev'essere il semplice, quel ch'è stato

separato dal concreto, poiché solo in questa forma l'oggetto ha la forma dell'universale

riferentesi a sé e di quello che secondo il concetto è immediato. Contro questo andamento nel campo scientifico si può forse credere che siccome l'intuire è più agevole che il conoscere, così si debba anche far dell'intuibile, epperò della realtà concreta, il cominciamento della scienza, e che questo andamento sia più naturale che non quello che comincia dall'oggetto nella sua astrazione e di qui viceversa procedere alla sua particolarizzazione e individualizzazione concreta. – Ma in quanto si tratta di conoscere, il confronto coll'intuizione è già bell'e abbandonato, e la questione può esser soltanto di sapere che cosa sia il primo dentro il conoscere e quale ne abbia ad essere il seguito; non si vuol più un andamento conforme a natura, ma un andamento conforme alla conoscenza. – Che si faccia questione soltanto di facilità, è chiaro senz'altro di per sé che al conoscere è più facile di afferrare l'astratta semplice determinazione di pensiero che non il concreto, il quale è un nesso molteplice di coteste determinazioni e dei loro rapporti, mentre in questo modo, e non

55 Ivi, p. 28.

56 G.W.F. Hegel, Scienza della logica, II, tr. it. di Arturo Moni e rev. della trad. di Claudio Cesa, Laterza, 2011, p. 910. 57 Ibid.

(25)

più com'è nell'intuizione, deve il concreto essere appreso. In sé e per sé l' universale è il primo momento del concetto, essendo il semplice, ed il particolare è soltanto quello che viene dopo, essendo il mediato; e viceversa il semplice è il più universale, ed il concreto, come l'in sé distinto epperò mediato, è quello che già presuppone il passaggio da un primo»59.

Alla luce di questo passo, «nel semplice rispetto della differenza di astratto e concreto»60, si può provare a dire che mentre il procedimento seguito dagli economisti del

XVII secolo appare come un andamento «conforme a natura», in quanto il prius nel loro processo di rigorizzazione scientifica – articolato secondo la giustapposizione di rubriche sempre ulteriori e sempre più sottilmente determinate – è quello che è il primo nell'intuizione, il tema indicato all'inizio risulta circoscritto da ciò: che l'oggetto, tanto dell'apprezzamento positivo di Marx, quanto della sua critica, è dapprima l'opera logico-storica di Hegel. Hegel riassume, cioè, nella generalità della sua definizione e nella rigorosità dell'esposizione dell'andamento «conforme alla conoscenza», il procedimento seguito dagli economisti del XVIII secolo, ovvero il «metodo scientificamente corretto».

L'oggetto della critica di Marx assume, quindi, all'inizio della terza sezione dell'Introduzione, una duplice forma: gli economisti del XVIII secolo hanno seguito correttamente questo andamento nella misura in cui hanno proceduto dall'astratto al concreto, dall'universale al particolare, e dunque dal lavoro, dalla divisione del lavoro, dal bisogno, dal valore di scambio, allo Stato, allo scambio tra le nazioni e al mercato mondiale. Al contempo, però, il loro procedimento metodologico risulta scorretto, nella misura in cui esso è interpretabile come metodo che ripropone l'identificazione del processo di formazione del concreto nella realtà con il processo di riproduzione del concreto nel pensiero, che è allo stesso tempo la ragione della critica che Marx muove a Hegel in queste stesse pagine.

59 Ibid. 60 Ivi, p. 911.

(26)

Nella rienunciazione critica della definizione hegeliana del procedimento da adottare nel campo scientifico, Marx giunge a formulare – relativamente al metodo dell'economia politica – l'oggetto della sua critica. È questo il senso specifico del riferimento ad Hegel: un riferimento determinato nel segno della teorizzazione del procedimento scientifico, e il suo difetto di idealismo che si palesa nell'indagine e nell'esposizione degli economisti.

Ora, il fatto che il procedimento scientificamente corretto viene definito come quello che “sale” dall'astratto al concreto, dall'universale ai particolari, indica come l'oggetto della critica di Marx sia, tramite Hegel, ogni procedimento d'indagine che, al di là delle diverse prospettive e punti di vista, ne confonda di fatto il processo di formazione nella realtà con il processo di formazione nel pensiero, e che, in questa indicazione, si deve intendere che la teorizzazione hegeliana esprime anche il modo in cui opera, nella costituzione dell'economia politica in scienza, la consapevolezza storica degli economisti.

E, dunque, se è vero che si può forse credere che siccome l'intuire è più agevole del conoscere e che così si debba anche fare dell'intuibile, della realtà concreta, il cominciamento della scienza, ma che in quanto si tratta del conoscere la questione può essere soltanto di sapere quale sia il primo dentro il conoscere e che questo procedere non lo si vuole più conforme a natura, ma a un andamento conforme a conoscenza; se è vero, insomma, che sembra corretto cominciare con il concreto, con l'effettivo presupposto ma che a un più attento esame ciò si rivela falso, allora il concreto, quale nesso molteplice di determinazioni e dei loro rapporti, che secondo l'andamento conforme a conoscenza deve essere appreso fino a che non si sia appreso esaurendo le determinazioni del concetto, fino a che non sia stato riprodotto come un che di spiritualmente concreto, può esistere per la scienza soltanto come presupposto, come una giustapposizione di determinazioni generali astratte, di universali, e non ancora come una totalità esplicata nella ricchezza delle sue determinazioni e relazioni; e se, infine, è vero che il modo in cui il pensiero si appropria il

(27)

concreto è cosa affatto diversa dal processo di formazione del concreto stesso, possiamo allora dedurre che la critica di Marx non consiste nella tesi che l'empirico di contro all'ideale, il concreto di contro all'astratto, il semplice di contro al complesso, debbano valere come il cominciamento della scienza. Attraverso la critica dell'economia politica Marx sostiene, invece, che nella trattazione scientifica, fino a quando la mente si comporterà solo speculativamente, solo teoricamente, debba farsi valere il principio che il processo storico di formazione del concreto non coincide con il processo logico secondo il quale il concreto viene conosciuto, e che, conseguentemente, quello che è il primo per la scienza non è necessariamente il primo anche nella realtà. Come in generale per ogni scienza storica e sociale, così nell'ordinare le categorie economiche, si deve sempre tener fermo che «come nella realtà così nella mente, il soggetto – qui la moderna società borghese – è già dato, e che le categorie perciò esprimono modi d'essere, determinazioni d'esistenza, spesso soltanto singoli lati di questa determinata società, di questo soggetto, e che pertanto anche dal punto

di vista scientifico essa non comincia affatto nel momento in cui se ne comincia a parlare come tale»61.

III.6. Il procedimento scientificamente corretto mostra come le astrazioni da cui Marx muove, le determinazioni generali da cui risale al concreto per riprodurre scientificamente il loro movimento nell'esposizione, e che sono assunte dapprima più o meno arbitrariamente per poi essere sottoposte a verifica a posteriori, vengono determinate in quanto concetti, ovvero come nozioni portate a una esaustiva corrispondenza con gli enti effettuali che denotano e a loro esaustiva significanza. Pertanto la dislocazione delle diverse categorie, il loro rapporto di subordinazione, oltre che la loro stessa individuazione, sono di volta in volta materia di determinazione scientifica e storiografica, onde la trattazione si costituisce, programmaticamente, in modo che il processo di formazione attraverso il quale la scienza 61 K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica della economia politica, cit., p. 34.

(28)

concepisce il proprio oggetto sia soltanto l'espressione ideale del movimento reale attraverso il quale il concreto diviene concreto.

Una reale ed effettiva conoscenza del presente dipende, dunque, dalla possibilità e dalla capacità di poter concepire un sistema di relazioni contemporanee attraverso lo strumento dell'astrazione, adoperato soltanto per riprodurre le leggi di movimento della formazione sociale determinata, e dimostrando che proprio nella corrispondenza che sussiste tra la qualità operativa delle categorie e la natura dell'oggetto al quale si applicano, è possibile esibire la storicità dei termini di questa formazione.

D'altra parte, dirà Marx in una pagina dei Lineamenti, «il nostro metodo ci mostra i punti in cui deve inserirsi la considerazione storica, o in cui l'economia borghese come mera forma storica del processo di produzione rinvia, al di là di se stessa, a precedenti modi storici di produzione. Non è necessario perciò, per enucleare le leggi dell'economia borghese, scrivere la storia reale dei rapporti di produzione. Ma l'esatta intuizione e deduzione di tali rapporti in quanto sono essi stessi sorti storicamente, conduce sempre a prime equazioni – come i numeri empirici nella scienza della natura – che rinviano ad un passato che sta alle spalle di questo sistema. Queste indicazioni, unite all'esatta comprensione del presente, offrono poi anche la chiave per intendere il passato – che è un lavoro a sé a cui pure speriamo di arrivare»62.

Riguardo alla possibilità di indicare una “chiave” per estendere la considerazione ad altre epoche, anche l'Introduzione stessa dice qualcosa di importante. Qui si legge: quando ci si rivolge alla società borghese ci si sta rivolgendo alla «più complessa e sviluppata organizzazione storica della produzione»63, tale che le categorie «che esprimono i suoi

rapporti e che fanno comprendere la sua struttura, permettono quindi di penetrare al tempo stesso nella struttura e nei rapporti di produzione di tutte le forme di società passate»64; di

62 Ivi, pp. 81-82. 63 Ivi, p. 32.

(29)

penetrarle, cioè, nel senso che l'economia borghese, in quanto tale, fornisce «la chiave per l'economia antica», analogamente all'anatomia di un organismo più sviluppato che offre la chiave dell'anatomia di un organismo meno sviluppato.

Ma se è vero che le categorie dell'economia borghese svelano qualcosa anche rispetto ad altre forme di produzione sociale, ciò va comunque preso cum grano salis. L'errore sarebbe quello di abbandonarsi a una considerazione di tipo evoluzionistico, la quale si fonda, come dice Marx, «sul fatto che l'ultima forma considera le precedenti come semplici gradini che portano a se stessa, e poiché è raramente, e solo in certe determinate condizioni, capace di criticare se stessa [...] le concepisce sempre unilateralmente»65.

Risolvendo dapprima il concreto, ancora una volta per via di analisi, nelle determinazioni più semplici, astratte, e risalendo ancora una vota al concreto, per via di correzione del metodo scientificamente corretto dei sistemi dell'economia politica, il metodo scientificamente corretto mostra anche che l'esatta intuizione e deduzione dei rapporti presenti consente non solo di giudicare, al modo di un Critico della ragione, a quali condizioni si può concepire questo presente, e a quali condizioni quindi un sapere di questo presente può presentarsi come scienza; il metodo scientificamente corretto indica anche il modo in cui questo stesso presente può concepirsi come la «possibilità di un altro reale»66:

l'osservazione esatta «porta a individuare anche dei punti nei quali c'è l'indizio di un superamento dell'attuale forma dei rapporti di produzione – e quindi il presagio del futuro, un movimento che diviene. Se da una parte le fasi preborghesi si presentano come fasi

soltanto storiche, cioè come presupposti superati, le attuali condizioni della produzione si

presentano d'altra parte come condizioni che superano anche se stesse e perciò pongono i

presupposti storici per una nuova situazione sociale»67.

Il metodo scientificamente corretto rinvia all'analisi dei modi del superamento di una 65 Ibid.

66 Cfr. G.W.F. Hegel, Scienza della logica, II, cit., p. 617.

(30)

determinata formazione storico-sociale, delle condizioni della sua dissoluzione. Rinvia a una proposizione logica fondamentale, la cui validità di indicazione di ricerca non è limitata dal fatto che Marx, anche in questo caso, l'abbia compiutamente sviluppata in relazione al modo capitalistico di produzione.

Presupposti di un rapporto di produzione, dunque, come risultati della sua esistenza, posti da esso «non appena il capitale è sorto come tale»68, condizioni della sua riproduzione,

e, insieme, come condizioni della sua dissoluzione, presupposti di un altro, nuovo – storicamente nuovo – rapporto di produzione, in quanto «il negativo è insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a dire che una tal negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa

determinata che si risolve, ed è perciò negazione determinata. Bisogna, in altre parole, saper

conoscere che nel risultato è essenzialmente contenuto quello da cui risulta; – il che è propriamente una tautologia, perché, se no, sarebbe un immediato, e non un risultato»69. E

dunque bisogna saper conoscere che la negazione in quanto è negazione determinata ha un contenuto, e che dunque è «un nuovo concetto»70; tuttavia bisogna saper conoscere nel senso

dell'unico metodo corretto, dell'unico metodo materialistico e dunque scientifico. Queste proposizioni, allora, importano perché esse non significano soltanto, né rinviano soltanto all'idea che una compiuta intelligenza dei rapporti passati sia possibile solo sulla base di una esatta intuizione e deduzione dei rapporti presenti; ma implicano anche l'idea che per la compiuta intelligenza dei rapporti presenti occorra inserire, in luoghi particolari e non arbitrari, la considerazione dell'elemento differenziale dei rapporti passati, la considerazione storica, appunto.

Questo è l'unico punto per ottenere il progresso scientifico: unico nel senso che intorno 68 Cfr. ivi, p. 80.

(31)

al senso della sua semplicissima intelligenza bisogna essenzialmente adoprarsi – anche in futuro.

Questa proposizione logica, nella sua conclusione, è fatta valere da Marx nell'elaborazione della scienza del sistema dell'economia borghese, e viene sviluppata in estrema coerenza con la intrinseca impostazione critica del suo lavoro, e con la specificità in cui egli tenacemente l'ha trattenuta. Una specificità e una coerenza che corrispondono alla sua aspirazione ʻcostruttivaʼ, più che semplicemente sistematica: all'avanzare in profondità della sua riflessione, tesa all'identificazione del fondamento, onde poi articolare organicamente l'insieme, in relazione alla continua estensione del campo di indagine, onde rendere il fondamento fondamenta dell'edificio teorico. Un edificio estremamente comprensivo, ma ciò che più interessa, fondato teoricamente, appunto: tanto saldo quanto passibile di aggiustamenti a successivi stadi di avanzamento della sua realizzazione. Una specificità e una coerenza che non toglie nulla alla globalità della visione marxiana per quanto concerne il mondo dell'uomo in generale; ma ne è, anzi, il fondamento.

III.7. Riferirci alla specificità dello strumento concettuale che la nozione di «metodo scientificamente corretto» significa in Marx comporta ritenere anzitutto il particolare statuto epistemologico della scienza della quale questo strumento è strumento. L'autofondazione della scienza del Capitale consiste nella sua fondazione nella critica – anche dello statuto epistemologico dell'economia politica – : critica che non solo ha il suo referente reale, ma la cui esistenza dipende da una condizione di possibilità materiale che è dichiarata da Marx stesso. Questo suo referente reale e questa sua condizione di possibilità materiale si sono dati insieme quando il conflitto che ab origine oppone al rapporto di riproduzione capitalistico una specifica forza produttiva, la forza-lavoro71, si è dimostrato antagonismo.

71 Per una ʻarcheologiaʼ del concetto di forza-lavoro, poiché anche per il linguaggio di Marx si deve parlare di epoche della sua formazione, come egli parlava di epoche della formazione della struttura economica della società, si rimada a K. Marx, Manoscritti del 1861-1863, a cura di Lorenzo Calabi, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 389-391

(32)

Nell'assumere im-mediatamente questo antagonismo come tale, l'economia politica non ha fatto altro che «interpretare, sistematizzare e difendere le idee di coloro che, impigliati nei rapporti di produzione borghesi, sono gli agenti di questa produzione»72, riproducendo così

sul piano della teoria «questa forma fenomenica estraniata dai rapporti economici, in cui questi prima facie sono assurdi e del tutto contraddittori»73, riuscendo quindi ad

appropriarsene solo nella misura in cui le sembravano tanto più evidenti «quanto più le rimane[va] nascosto il loro nesso interno»74.

Contro questa immediatezza, sappiamo, Marx ha fatto valere il principio fenomenologico che il noto, appunto perché noto, non è conosciuto: ogni scienza, infatti, «sarebbe superflua se l'essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero»75. Contro questa immediatezza, abbiamo visto, Marx ha voluto inserire

nell'insieme delle categorie economiche la considerazione storica, per farne, da una giustapposizione di universali, un sistema di spiegazione scientifica: una spiegazione, cioè, che sia una spiegazione differenziale e progressiva dei rapporti economici, a partire dalla corretta deduzione dei loro nessi interni.

Le determinazioni nelle quali soltanto i fattori della produzione di volta in volta storicamente esistono dimostrano come essi siano le effettive astrazioni cui si perviene mediante l'analisi, giacché soltanto nella moderna società borghese il loro modo di esistere, potenzialmente astratti, separati gli uni dagli altri, coincide con la loro esistenza in quanto tale, con la loro esistenza absolut.

Riguardo al modo di inserire la considerazione storica, ad esempio, c'è un passo del secondo Libro del Capitale che riassume e spiega chiaramente cosa sono venuto dicendo in questo paragrafo: «Quale che siano le forme sociali della produzione», dice Marx, (ovvero alla n.d.c. n°36).

72 K. Marx, Il capitale, III, cit., p. 930. 73 Ibid.

Riferimenti

Documenti correlati

- sbloccare e stimolare l’energia e la scioltezza del movimento e della voce - usare il ritmo come apertura al mondo dell’energia pura?. - attingere nel profondo alle proprie

Si invita il personale che intende partecipare all’assemblea a comunicare la propria adesione compilando l’elenco allegato (disponibile c/o Sig.ra Annamaria,

• Un problema molto complesso è quello di distinguere se un movimento attraverso la retina è dovuto a movimenti oculari oppure allo spostamento di un oggetto.. •

• Scopo della survey: valutare le conoscenze delle persone relativamente ad alcuni fattori di rischio accertati di tumore ed ad alcune cause “mitiche”, prive di una reale

I migranti, con l’Associazione Ingegneri Africani, hanno partecipato con ENEA agli interventi indicati, al fine di rafforzare le competenze locali con attività di

Avvertenza: Le domande e a volte le risposte, sono tratte dal corpo del messaggio delle mails in cui non si ha a dispo- sizione un editor matematico e quindi presentano una

L’atmosfera è suddivisa in strati: il primo strato, quello più vicino al suolo, si chiama troposfera; al di sopra c’è

L’Azienda Ospedaliera si impegna a garantire all’INAIL, nei termini e secondo le modalità più oltre precisati, prestazioni di attività medica specialistica di