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4.1 Dall'intuizione alla business idea

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Academic year: 2021

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4.1 Dall'intuizione alla business idea

L’impresa rappresenta una realtà complessa intorno cui si sviluppa una rete di rapporti di scambio, di collaborazione, di informazioni e di interessi, svolgendo una varietà di ruoli nei confronti di chi vi partecipa, del mercato e dell’ambiente socio-economico. È comunque possibile evidenziare tre profili di maggior rilievo1:

1. organizzazione sociale: lo scopo dell’azienda è il soddisfacimento dei bisogni umani, tramite il processo di trasformazione delle risorse a disposizione per creare un

prodotto/servizio che generi maggior utilità per la collettività;

2. sistema sociale: in quanto centro verso cui confluiscono gli sforzi di vari gruppi sociali, l’impresa va vista anche come distributrice della ricchezza creata, soddisfacendo le necessità soprattutto di coloro che operano al suo interno;

3. struttura patrimoniale: infine l’impresa può essere vista come complesso di beni

organizzato per lo svolgimento di processi produttivi, derivanti dall’infusione di capitale e di capacità imprenditoriale da parte del gruppo imprenditoriale. Pertanto deve essere in grado di produrre un reddito per la remunerazione del rischio d’impresa gravante su suddetto gruppo.

Tali funzioni sono tra loro complementari, essendo l’una essenziale per l’espletamento delle altre e per la continuazione della vita aziendale, ed anche se è possibile evidenziare un ordine di priorità, esso tende a variare a seconda del punto di vista del fenomeno. Se si guarda

all’interesse generale, la funzione principale è senz’altro quella di soddisfare nel miglior modo possibile i bisogni della collettività. Considerando il punto di vista imprenditoriale la funzione preminente è quella di produzione del reddito, mentre concentrandosi sull’impresa come fonte di reddito per i partecipanti, primaria sarà la funzione di remunerazione dei vari stakeholders, in particolare della forza lavoro. In realtà, le funzioni considerate rispondo ad interessi man mano più limitati, da quelli della collettività nel suo complesso, a quelli dei partecipanti

all’organizzazione, a quelli del solo imprenditore, pertanto, in una visione socialmente più corretta, il loro ordinamento dovrebbe seguire la scala di interessi sopra descritta.

Il compito principale di un'impresa, in ottica generale, è quindi quello di realizzare un

prodotto/servizio in grado di soddisfare, meglio dei propri concorrenti, i bisogni della clientela, intento realizzabile solo operando e mettendo in pratica delle scelte di fondo riguardanti cinque variabili2:

1

S. Sciarelli, Il sistema d’impresa. Strategie, politiche e tecniche di gestione dell’impresa industriale, 1991, pagg. 28- 30

2

(2)

1. i mercati, cui è indirizzata l’offerta e, più in generale il sistema competitivo in cui è inserita,

2. i prodotti/servizi offerti, con tutti gli elementi configuranti il sistema-prodotto;

3. la proposta progettuale, che l’impresa rivolge agli stakeholders, offrendo determinate prospettive e richiedendo determinati contributi o consensi;

4. il sistema degli stakeholders, cui la proposta si indirizza, con le loro aspettative ed il loro potere di influenza sull’impresa;

5. la struttura, che consente all’impresa di presentarsi con quella certa offerta al mercato e con quella certa proposta progettuale agli stakeholders.

Le cinque variabili sopra elencate sono avvinte in una relazione che le rende un’unica formula imprenditoriale, che può essere articolata in due sotto-sistemi3 esprimenti l’uno la formula competitiva e l’altro il modo di essere nel contesto sociale. In particolare, la formula imprenditoriale attiene in primis al modo di essere dell’azienda nel contesto competitivo, ovvero alla formula competitiva, la cui qualità si misura in termini di piena consonanza tra i vantaggi concorrenziali, ovvero rispetto ai sistemi di prodotto di altre aziende direttamente e indirettamente concorrenti, i fattori critici di successo di mercato, cui il vantaggio

concorrenziale è funzionale, e le risorse e competenze distintive, su cui il vantaggio si fonda. Altrettanto importante per lo sviluppo e la sopravvivenza dell’azienda è il suo modo di rapportarsi con l’ambiente, ovvero la qualità delle proposte progettuali che essa offre agli stakeholders. In particolare Coda4 precisa che “la proposta rivolta agli attori sociali cui si

richiedono risorse o consensi si contraddistingue per certi vantaggi differenziali, ossia è percepita come capace di soddisfare le loro aspettative di fondo meglio di altre proposte alternative. […] La struttura, infine, si contraddistingue per una cultura aziendale forte, fatta di valori condivisi”.

Il processo di costruzione della visione strategica in fase di start-up5, in particolar modo con la posizione di primo piano assunta dal web, procede nella prassi secondo due logiche alternative:

1. la prima, che sembra ad oggi dominante, è quella del learning-by-doing che, associato alla necessaria velocità d’azione, porta ad un atteggiamento precipitoso

nell’implementazione del progetto che si conclude, nel migliore dei casi, con una successiva scoperta e razionalizzazione dell’indirizzo di fondo, o, nel peggiore e più comune dei casi, con il modellarsi di un groviglio di iniziative senza un indirizzo di

3

S. Bianchi-Martini, Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, 2009, pagg. 121-124

4

V. Coda, La valutazione della formula imprenditoriale, Sviluppo e organizzazione n. 82, 1984

5

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fondo preciso;

2. la seconda alternativa, che sta riacquistando apprezzamenti, è quella classica dei sistemi di pianificazione strategica, che prevedono la sistematica attività di analisi di impresa e ambiente, da cui deriva l’analisi SWOT. La definizione della formula imprenditoriale si fonda sull’obiettivo di massimizzare il potenziale d’impresa e di minimizzare i rischi di insuccesso.

Entrambe le alternative presentano criticità intrinseche che possono essere superate procedendo con un approccio simile a quello della ricerca scientifica, caratterizzato da una chiara

definizione delle ipotesi di lavoro che vengono poste in discussione dagli esperimenti effettuati nella realizzazione operativa; si avvia così un processo di costruzione della visione strategica che permea l’attività operativa dell’impresa attraverso l’investimento nell’accumulazione di competenze aziendali riguardanti l’innovazione, sostanziate nelle attività di:

percezione delle tendenze aziendali, che implica la progettazione di meccanismi di interazione informativa e conoscitiva con il contesto esterno;

analisi e valutazione delle potenzialità aziendali, che implica la costruzione di meccanismi di interazione informativa e conoscitiva interna;

intuizione di nuove idee imprenditoriali dell’impostazione di fondo dell’impresa; sperimentazione di nuove soluzioni inedite.

Il punto di partenza nel processo di esplicitazione e formalizzazione di un progetto d’impresa è l’esplicitazione dell'idea di business, in altre parole la definizione puntuale del bisogno che si intende soddisfare ed il prodotto che si intende realizzare; tale idea può scaturire da fonti diverse6:

dall'imprenditore, ovvero dalla sua esperienza,dalla sua percezione di un bisogno o dall'insoddisfazione verso un prodotto;

dalle preferenze dei consumatori, andando ad adattare l’idea di prodotto alle loro esigenze espresse;

dalle risorse e competenze possedute, cercando di modificare le preferenze dei consumatori adattandole al prodotto ideato internamente;

da un mix delle precedenti alternative7, ovvero sviluppare un prodotto partendo dalle competenze possedute e dalle percezioni sui bisogni latenti ed integrando le

informazioni provenienti dal mercato.

6

Advance, Start-up: dall’idea all’impresa, 2001

7

È lo stesso principio che guida la definizione del sistema-prodotto in fase di risanamento, vedi S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse, 2005, pagg. 177-178

(4)

Uno, se non il principale, driver di riferimento è l'innovazione, che può essere efficacemente perseguita solo andando ad operare un processo iterativo8, sia sulla definizione dell’idea di business, sia sul progetto di concreta realizzazione; il processo di creazione di una start-up di successo si fonda infatti sulla capacità di mettere in discussione quanto fatto, andando man mano a raffinare sempre più sia l’idea che il progetto. Punto di partenza, dopo aver elaborato anche grossolanamente l'idea da sviluppare, è la verifica del possesso delle risorse e delle competenze necessarie per proseguire nel percorso di definizione dell’idea e di sua

trasformazione in progetto imprenditoriale. Dopodiché, ogni qualvolta si giunge alla definizione puntuale dell’idea di business e del progetto, è necessario effettuare un'analisi critica che metta in luce tutte le criticità irrisolte, o che potrebbero sorgere in futuro, e apportare miglioramenti o anche, quando ritenuto necessario, cambiamenti radicali. Questo impone una nuova verifica del possesso delle risorse e competenze necessarie e l’eventuale acquisizione di nuove, re-iniziando il processo di sviluppo e trasformazione dell'idea in progetto. Il processo “a spirale” appena descritto deve essere iterato finché la configurazione del progetto di business non presenta più criticità evidenziabili; deve essere però ricordato che la condizione di assenza di suddette criticità è legato al carattere di razionalità limitata9 dell’essere umano, pertanto la

configurazione ultima del progetto non sarà la migliore in assoluto ed esente da difetti e problemi, ma solo quella più soddisfacente in base alle informazione detenute. Tutto ciò presuppone il possesso di una serie di doti e conoscenze specifiche già presenti in capo all'imprenditore o al team, che possono sinteticamente presentarsi con tre termini10:

1. innovatività, che sottintende il possesso di dinamismo e flessibilità nei confronti dei mutamenti dell'ambiente in cui si opera;

2. creazione del rischio, tipico d'impresa, generato dal livello di propensione all'innovazione dell'imprenditore;

3. attività decisionale, comprendente le decisioni finalizzate a creare, mantenere ed ingrandire la struttura dell'impresa.

È quindi intuibile che il successo di una futura impresa sia strettamente correlato alle

caratteristiche dell'imprenditore. L'accertamento della presenza delle suddette competenze e requisiti è un processo, molto difficoltoso, definito auto-check che si articola in tre fasi:

1. indagine conoscitiva, ovvero la verifica del possesso dei fattori critici di successo del

8

P. G. Clampitt, R. J. Dekoch, Embracing uncertainty. The essence of leadership, 2001, pagg. 128 e ss.

9

durante il processo decisionale, la razionalità di un individuo è limitata dalle informazioni che possiede, dai limiti cognitivi della sua mente, e dall’ammontare finito di tempo che egli ha per prendere una decisione, pertanto la soluzione scelta non sarà quella ottimale ma solo quella maggiormente soddisfacente.

10

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processo di avviamento, quali:

▪ corrispondenza tra le capacità e le competenze tecnico-manageriali del neo-imprenditore e quelle richieste dal business;

▪ dimostrabilità e funzionalità della business idea; ▪ motivazione e determinazione del neo-imprenditore; ▪ coerenza della stima di risorse necessarie all'avviamento

2. creazione della formula imprenditoriale, ovvero la traducibilità della business idea in formula imprenditoriale, andando a individuare il sistema competitivo di riferimento, con gli specifici fattori critici di successo, verificando il possesso delle risorse e delle competenze distintive necessarie e definendo le relazioni con gli stakeholders;

3. analisi del fattore umano, focalizzata sull'analisi dell'adeguatezza del profilo imprenditoriale del futuro imprenditore/team imprenditoriale.

Necessaria, infine, è l’analisi di fattibilità strategica ed economico-finanziaria, che permette di giudicare in anticipo la concretezza dell'idea, esaminando la business idea in merito a diversi aspetti, quali11:

la funzionalità strategica, ovvero la definizione di come si intende perseguire gli obiettivi strategici, in relazione anche alla natura e alla quantità delle risorse e competenze necessarie;

il programma di massima dell'attività, ovvero la descrizione delle fasi di sviluppo e delle tempistiche, dei costi da sostenere, degli obiettivi tecnici e commerciali da raggiungere, evidenziandone gli aspetti critici da presidiare;

le aree di incertezza rispetto gli aspetti tecnici, economici e commerciali a fronte delle quali formulare ipotesi per la loro riduzione o eliminazione;

la disponibilità di risorse e competenze adeguate a livello quali - quantitativo e l’esame delle fonti esterne per un loro approvvigionamento;

il profilo finanziario scelto, con particolare riguardo ai cash flow negativi.

Il processo di definizione puntuale della business idea e di pianificazione della strategia, può svilupparsi avendo come base il modello strategico di turnaround, tenuto conto delle

similitudini e delle differenze evidenziate nel precedente capitolo. Elemento focale sarà

l'identificazione e l’attivazione delle potenzialità inespresse del team imprenditoriale, al fine di avviare l’attività d’impresa e raggiungere la condizione di successo. La fase di definizione delle strategie e degli obiettivi prevede inoltre la partecipazione mediata di diversi interlocutori, in

11

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quanto un processo esclusivamente deliberato dal vertice aziendale preclude l'apprendimento e il miglioramento, mentre uno del tutto spontaneo preclude il controllo. Il fulcro su cui si dovrà basare la definizione della strategia sarà il management team, le cui risorse e competenze rappresentano le potenzialità inespresse su cui fondare il successo della futura azienda. Affinché lo sviluppo dell'idea sia sostenibile è necessario che si manifesti una complessiva consonanza tra le variabili esterne all'azienda e quelle interne; questo implica il creare strategie che siano coerenti sia con gli obiettivi e le risorse disponibili (coerenza interna), sia con la minacce e le opportunità dell'ambiente (coerenza esterna).

Nel caso in esame, oltretutto, dovranno essere sviluppate due diverse strategie, tra loro consequenziali12:

la strategia di ingresso: la futura impresa si trova a affrontare problemi specifici

all’entrata in un mercato, legati anche all’inesperienza del team imprenditoriale, quali le barriere all’entrata, la limitata conoscenza del settore e delle regole competitive in essere, la necessità di conquistare quote di mercato ex novo, la mancanza di flussi di ricavi preesistenti per finanziare l’avvio dell’attività, etc. D’altro canto però vi sono anche alcuni vantaggi specifici, che vanno colti e opportunamente sfruttati, quali la possibilità di progettare e attuare comportamenti diversi da quelli seguiti dai concorrenti per l’assenza di vincoli dati dalle scelte compiute in passato e dai convincimenti

condivisi nel settore, la possibilità di scoprire qualche bisogno trascurato da altri

concorrenti, l’entusiasmo delle persone coinvolte in una nuova sfida, etc. In questa fase, obbligatoriamente transitoria, si deve definire il grado di differenziazione rispetto ai concorrenti, che influenzerà il livello di competitività in modo inversamente

proporzionale; i fattori da considerare sono pertanto il grado di novità dell'offerta, che permette di posizionarsi in segmenti differenti dai concorrenti o di ridefinire i limiti del mercato, e le risorse finanziarie disponibili. Sarà poi necessario definire le modalità di ingresso che meglio si adattano alle caratteristiche della start-up, in altre parole si

definiscono gli elementi del marketing mix, si appronta la capacità produttiva necessaria tramite investimenti in strutture interne o outsourcing, si instaurano relazioni con gli elementi dei canali distributivi scelti, etc. Infine si pianifica attentamente la tempistica delle varie fasi da sostenere, così da controllare che l'avanzamento sia in linea con quanto programmato;

la strategia competitiva: una volta entrati sul mercato è importante andare a definire una

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strategia per garantire continuità all’azienda. Punto di partenza è la strategia di ingresso che nell’ultima fase, definita di sviluppo e penetrazione, prevede la realizzazione di investimenti per il raggiungimento di obiettivi di più ampio respiro, come il controllo di una nicchia o l’ottenimento di un’ampia quota di mercato. Più in generale le strategie competitive si distinguono in quelle volte a evitare il confronto con i concorrenti già presenti, eventualmente andando a presidiare aree poco coperte o sfruttando la fase di crescita del settore che permette di evitare scontri diretti, e quelle di attacco volte a scalzare i leader preesistenti o a ridurne le quote di mercato.

Anche nel caso di una strategia di lancio di una start-up, le direttrici di sviluppo prevedono la definizione del posizionamento competitivo, della configurazione organizzativa e della struttura finanziaria della futura azienda.

4.2 Il posizionamento competitivo

Il primo passo per la definizione della strategia della futura azienda è, logicamente, la

definizione del posizionamento competitivo da assumere, per cui è necessario tracciare i confini del contesto competitivo in cui operare e determinarne l'andamento economico. Bisogna

tuttavia considerare alcuni ostacoli all’analisi, caratteristici della fase di start-up e spesso legati anche all’inesperienza del team imprenditoriale. In primis, la percezione del settore di

operatività può essere viziata per uno svariato ordine di motivi13:

i dati statistici possono essere elaborati molto tempo dopo l'arco temporale cui si

riferiscono, come nei casi dei dati estrapolati dai bilanci societari o anche quelli derivanti da ricerche di mercato sui consumatori;

i confini ambientali possono risultare sfumati, perché le ricerche a disposizione

considerano una realtà molto più grande di quella in cui l'impresa si ritroverà a operare; i modelli di analisi del comportamento di un determinato settore spesso contengono

ipotesi non esplicitate o che non si adattano alla realtà in esame.

Difficoltà si incontrano anche nell'analisi della concorrenza, perché è difficile capire quali siano i reali competitors e conoscerne l'effettiva attività, le loro strategie e le linee d'azione. L’analisi più complessa riguarda però la definizione dei clienti potenziali, ovvero la quantificazione della domanda potenziale esistente per un determinato prodotto/servizio, la domanda che esisterà indipendentemente dall'impresa in esame e quella che l’introduzione del nuovo

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prodotto/servizio genererà. Tali stime sono spesso inficiate, oltre che dall’inesperienza, anche da una forte componente discrezionale, ovvero dalle intuizioni e dalle emozioni del soggetto che svolge le analisi , cosicché raramente sono realmente affidabili.

La scelta del segmento di mercato in cui operare deve essere presa cercando di cogliere le opportunità che possono venirsi a creare a causa di mutamenti dei gusti e degli stili di vita dei consumatori, di cambiamenti demografici, di progressi e scoperte tecnologiche o di nuove regole e disposizioni normative. Tale scelta è fondamentale e va presa considerando con estrema cura le conseguenze che ne discendono: uno spazio eccessivamente ristretto non può assicurare all'azienda tutte le risorse economiche necessarie per operare con efficacia ed efficienza, mentre “voler essere tutto per tutti spesso porta a un’offerta che non è l’ideale per

nessuno e a un basso livello di soddisfazione della clientela”14

. La definizione puntuale del segmento di mercato in cui andare ad operare, sebbene resa più difficoltosa dall’accentuata differenziazione dei prodotti e dei processi produttivi, dai diversi livelli di integrazione verticale, dall’ampliamento delle funzioni d’uso e dei bisogni, etc.15

, avviene mediante l’analisi dei due elementi base di un mercato:

l'analisi della domanda16: divisi in due sotto-analisi, la prima di tipo quantitativo, che

consente di stimare i volumi di vendita totali attuali e prospettici, di identificare i canali distributivi, così da poter scegliere quello più adatto al sistema-prodotto elaborato, e di prevedere l’eventuale stagionalità nei consumi. La seconda è invece un'analisi di tipo qualitativo, che indaga il comportamento d'acquisto dei consumatori, sia i già clienti di aziende concorrenti sia i cluster considerati fuori mercato e quindi scarsamente presidiati (o del tutto ignorati) ed esplora le motivazioni implicite ed esplicite che li inducono a scegliere un prodotto piuttosto che un altro;

l'analisi dell'offerta: questa analisi è particolarmente utile per comprendere i punti deboli della concorrenza, così da proporre una soluzione alternativa, e per anticipare le criticità che il modificarsi del macro-ambiente genererà nel futuro. L’analisi, infatti, prevede innanzitutto lo studio delle variabili incontrollabili che compongono il

macro-ambiente17:

▪ socio-culturali, connesse all'evoluzione e alla composizione della popolazione; le variabili demografiche sono facilmente prevedibili a differenza di quelle

14 D. Prandina, Start-up. Il manuale di riferimento per iniziare un nuovo business, 2001

15

S. Sciarelli, Il sistema d’impresa. Strategie, politiche e tecniche di gestione dell’impresa industriale, 1991, pag. 213

16

P. Kotler, K. L. Keller, F. Ancarani, M. Costabile, Marketing management, 2012, pagg. 116 e ss.

17

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culturali, le quali però inducono cambiamenti rilevanti nel modo di porsi e di relazionarsi dei consumatori;

▪ tecnologiche, che hanno un impatto immediato sulle caratteristiche dei fattori produttivi (capitale e lavoro) e sui processi di trasformazione, oltre a

rappresentare la più importante fonte di innovazione;

▪ politiche e legislative, legate ai comportamenti delle istituzioni politiche e governative;

▪ economiche, che sintetizzano l'andamento dell'economia nel suo complesso. Vanno poi studiate le forze dell’ambiente settoriale che identifica l’arena competitiva in cui si inserirà la futura azienda18:

▪ fornitori: il loro potere contrattuale dipende dal livello di differenziazione degli input forniti all’azienda e dal loro livello di concentrazione, dall’esistenza di input alternativi e dai costi di passaggio ad altri fornitori, etc. Tale potere contrattuale permette loro di influenzare i prezzi d'acquisto e loro stabilità, la qualità delle forniture e la puntualità delle consegne, etc.

▪ clienti: il loro potere contrattuale dipende dalla loro concentrazione e dal volume di acquisti effettuati, dalla base informativa posseduta, dai costi di passaggio ad altri prodotti e dall’esistenza di prodotti sostituti, etc. Inoltre va analizzata anche la loro sensibilità al prezzo, dipendente dal grado di standardizzazione dei prodotti, dalla qualità e dall’identità del marchio, etc. questi due elementi permettono loro di richiedere l’abbassamento dei prezzi, migliori garanzie, un innalzamento della qualità del prodotto o l’offerta di servizi accessori;

▪ prodotti sostituti: andranno valutati il loro rapporto valore/prezzo rispetto a quello dell’impresa, i costi di passaggio del consumatore e la sua propensione al cambiamento;

▪ potenziali entranti: si deve valutare l’esistenza e la dimensione delle barriere all’entrata, quali le economie di scala, le differenze esclusive di prodotto,

l’identità di marchio, etc., e l’entità e la credibilità delle ritorsioni che le aziende già esistenti potrebbero attuare;

▪ concorrenti: alcuni elementi che determinano l’intensità della rivalità interna sono il tasso di crescita del settore, le differenze tra prodotti, la complessità informativa, etc. Oltre a queste variabili complessive andranno poi analizzati nel

18

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dettaglio i concorrenti principali, nelle caratteristiche e nel posizionamento. Queste forze impattano, infatti, sia sullo spazio economico, ovvero la redditività, il tasso di crescita, l'intensità di capitale, etc. dell'impresa, sia sullo spazio operativo, ovvero il volume di domanda effettivamente soddisfatto ed il grado di integrazione verticale. L’analisi svolta permette di integrare e modificare il sistema-prodotto, sviluppato a partire dalle risorse e competenze possedute, tenendo conto delle informazioni provenienti dal mercato. Pertanto la definizione puntuale di un sistema-prodotto che in modo innovativo soddisfi nuovi bisogni, si articola in cinque fasi19:

1. analisi delle risorse strategiche possedute e quelle necessarie per operare nei business scelti;

2. individuazione della clientela target;

3. definizione dei bisogni che si intende soddisfare; 4. implementazione del prodotto/servizio progettato; 5. verifica del grado di soddisfazione del cliente.

Dato che però l'innovazione è, solitamente, l'aspetto principale dell'offerta di una start-up allora è necessario andare a innovare anche il valore stesso, allineando utilità percepita, prezzo e voci di costo, così da generare un ampliamento dell'arena competitiva20; si dovrà pertanto andare a:

ridefinire il mercato, quindi i suoi confini, tramite:

1. analisi dei settori alternativi, considerando come concorrenti anche quelle imprese che, pur operando in settori diversi, soddisfano lo stesso bisogno-base;

2. analisi dei gruppi strategici del settore, per attuare politiche di up o trading-down così da sottrarre clienti a un preciso raggruppamento strategico;

3. analisi della catena degli acquirenti, per meglio comprendere l'eventuale differenza tra l’acquirente del prodotto e l’utilizzatore finale;

4. analisi dei prodotti/servizi complementari, che modificano il valore dell’offerta della futura azienda;

5. analisi dell'appeal funzionale o emotivo, per influenzare correttamente la visione che i clienti avranno del prodotto e dell'azienda;

6. analisi dei trend che influenzeranno il business scelto, evidenziando quelli rilevanti, irreversibili e con una chiara traiettoria;

porre il focus sul quadro complessivo, basando la definizione della strategia competitiva

19

Le cinque fasi sono riprese dal modello di definizione del sistema-prodotto adottato nei turnaround in fase di riposizionamento competitivo

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sul quadro strategico analizzato qualitativamente più che quantitativamente. Attraverso quattro fasi si evidenzia il profilo strategico dei concorrenti attuali e potenziali e si delineano i fattori attuali e futuri (possibili) che influenzano la concorrenza, si identifica il profilo strategico dell'azienda e si evidenziano i fattori competitivi su cui investire:

▪ comparazione tra il business dell’azienda e quello dei concorrenti per evidenziare le aree di possibile miglioramento;

▪ analisi delle alternative a disposizione, evidenziandone vantaggi distintivi e fattori da eliminare, cambiare o creare ex novo;

▪ simulazione del quadro competitivo più auspicabile e raccolta di feedback dal mercato;

▪ confronto tra le i percorsi d’azione alternativi per scegliere i migliori in base ai risultati ottenuti in fase di simulazione;

estendere la dimensione della domanda21, attraendo i non-clienti:

▪ di primo livello, ovvero coloro che usufruiscono solo minimamente dell'offerta attuale e che cambierebbero atteggiamento in presenza di un'alternativa migliore; ▪ di secondo livello, ovvero coloro che non possono o non vogliono usare l'attuale

offerta perché non la trovano interessante o perché è al di sopra delle loro possibilità;

▪ di terzo livello, ovvero quelli considerati facenti parte di un altro settore e pertanto mai avvicinati dalla concorrenza;

seguire la giusta sequenza strategica, che può essere divisa in quattro fasi, di cui le prime due legate alla generazione del fatturato e le seconde due legate alla generazione del profitto:

▪ creazione di valore per il cliente, valutato in base alla novità tecnologica del prodotto/servizio, ma soprattutto in base all’influenza sulla la vita dei clienti stessi, attraverso l'uso di mappe di utilità che evidenziano le leve a disposizione; ▪ politiche di pricing, evitando di fissare il prezzo per tentativi successivi;

▪ target costing, definito a partire dal prezzo tramite l'ottimizzazione della supply chain, accordi di partnership e l'eventuale modifica del pricing di settore; ▪ adozione dell'idea, valutando non solo gli ostacoli operativi, ma anche le

ripercussioni su dipendenti, partner e grande pubblico.

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4.3 La configurazione organizzativa

La seconda dimensione di analisi è quella organizzativa, necessaria per implementare il prodotto/servizio ipotizzato in fase di definizione della strategia competitiva. Muovendo dalla tripartizione del modello organizzativo negli elementi di cultura, risorse umane e struttura formale22, va innanzitutto evidenziato come, specialmente in fase di avvio dell’impresa, la cultura aziendale non sia sempre fonte di successo, anzi, spesso essa rappresenta un ostacolo all’ottenimento di adeguati risultati economico-finanziari23; questo effetto perverso scaturisce dal fatto che la cultura aziendale di una start-up è diretta emanazione dell’insieme di valori e routine condivise, sedimentato tra i membri del team imprenditoriale, che spesso è limitato a sviluppare senso di appartenenza al progetto, ma non spinge verso il raggiungimento di migliori risultati ed è resistente al cambiamento, anche in caso di entrata di un business angel o di un venture capitalist nella compagine imprenditoriale. In realtà, infatti, le culture vincenti non possono basarsi solo sul senso di appartenenza, ma devono essere assolutamente focalizzate sui risultati, ovvero devono presentare due elementi strettamente connessi tra loro, che si rinforzano a vicenda in un circolo virtuoso:

un’identità unica, ovvero una serie di caratteristiche peculiari che conferiscono ai

dipendenti un senso di unicità per la sola appartenenza alla società, stimolando imprenditorialità diffusa, intuizioni creative, condivisone dei valori e coerenza organizzativa e ordine24;

attributi di performance, che si allineano alla strategia aziendale e rafforzano i comportamenti positivi dei dipendenti, quali:

1. onestà, ovvero elevata integrità in tutte le interazioni tra dipendenti, clienti, fornitori e altri soggetti interessati;

2. focus sulle performance, ovvero premi, carriere e attività di sviluppo e gestione dei talenti in sintonia con i drivers della prestazione;

3. attribuzione di ruoli, responsabilità e autorità così a rafforzare la proprietà, incidendo positivamente su lavoro e risultati;

4. collaborazione, per lo scambio e la condivisione di idee tra individui e gruppi; 5. flessibilità e adattamento, ai cambiamenti dell’ambiente esterno;

6. innovazione, diffusa tra tutti i dipendenti;

22 S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse, 2005, pag. 205 23 M. C. Mankins, The defining elements of a winning culture, www.hbr.org, 2013

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7. orientamento al successo, sia in rapporto alla concorrenza sia verso alcuni standard di assoluta eccellenza.

La cultura aziendale andrà pertanto attentamente costruita anche in fase di start-up, partendo dall’analisi critica dei valori condivisi del team imprenditoriale, attraverso alcune fasi25

: comprensione ai vari livelli di operatività dell’azienda cosa si vuole fare e il ruolo di ogni elemento nella costruzione dell’identità culturale;

analisi della filosofia aziendale esistente, per verificarne l’accettabilità; individuare la filosofia necessaria per un adeguato sviluppo dell’impresa; creazione della filosofia attraverso strutture e incentivi ad hoc;

sviluppo della capacità di gestione dei rapporti interpersonali e sviluppo di relazioni sociali anche al di fuori anche esterni all’ambito lavorativo;

definizione di un approccio partecipativo su vari livelli;

individuazione di un adeguato sistema di valutazione-promozione.

Il team imprenditoriale rappresenta non solamente il nucleo da cui generare la più ampia cultura aziendale, ma incarna anche il ruolo di soggetto economico. In esso infatti dovrebbero risiedere i caratteri di imprenditorialità e managerialità26 indispensabili per cogliere future opportunità di sviluppo e gestire adeguatamente la combinazione produttiva. L’adeguato esplicarsi della dinamica strategica presuppone pertanto che il team imprenditoriale sia dotato di una prospettiva di fondo lungimirante, ovvero presenti27:

una tensione a ricercare e fare l’interesse dell’azienda, per cui le leve gestionali come, ed esempio, i sistemi di gestione delle risorse umane o delle relazioni con gli stakeholders, devono essere adoperate per raggiungere gli obiettivi aziendali, da cui dipende il

raggiungimento di quelli individuali (non si deve ribaltare l’ordine di priorità); una funzione-obiettivo di tipo olistico, che tiene conto della totalità delle esigenze da

fronteggiare e degli obiettivi singoli da perseguire, senza identificarsi specificatamente con nessuno di essi. La composizione dei diversi obiettivi in strutture circolari,

nell’ottica di realizzare un potenziale sinergico, permette il bilanciamento e

l’armonizzazione degli stessi, secondo una studiata scansione temporale dettata da una strategia condivisibile che, opportunamente comunicata ai diversi interlocutori, ne suscita i consensi;

un atteggiamento di rispetto sostanziale delle regole, sorretto da una convinta adesione ai

25

P. Lizza, La cultura aziendale. Profili di analisi e di management, 2011, pagg. 6-7

26

U. Bertini, Scritti di politica aziendale, 1995, pagg. 15 e ss

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valori ad esse soggiacenti, che è manifestazione tipica di una sana imprenditorialità, disciplinata e creativa nel contempo;

un ruolo di guida e di disciplina dell’azione dei diversi soggetti che prestano la propria opera all’interno dell’azienda, mantenendone, al contempo, alto il coinvolgimento e promuovendo l’esplicarsi delle loro potenzialità;

la capacità di costruire il futuro dell’azienda facendo leva sulle risorse e competenze suscettibili di essere valorizzate e sviluppando e integrando le nuove competenze richieste dai cambiamenti di contesto e strategia.

A quanto detto va poi aggiunto che i membri del team imprenditoriale sono anche i possessori delle risorse e delle competenze su cui fondare il futuro successo dell’azienda, pertanto

fondamentale è che il team sia composto da persone specializzate in ambiti diversi, così da poter presidiare le diverse funzioni aziendali. Tuttavia, spesso si presenta la condizione di mancanza di competenze in uno o più ambiti, o addirittura nei caratteri di imprenditorialità e managerialità, implicando la necessità di una integrazione del team imprenditoriale con soggetti esterni. Nella prassi, l’idea di business è normalmente sviluppata da persone con spiccate

competenze tecnologiche, necessarie allo sviluppo del prodotto/servizio, mentre le risorse e competenze ricercate sono maggiormente di tipo finanziario e/o organizzativo28, pertanto gli investitori in capitale di rischio rappresentano partner privilegiati, dato che dispongono di entrambe. La scelta del giusto partner deve comunque seguire alcune linee guida, che andranno poi seguite anche nel processo di selezione del personale29:

il possesso delle competenze necessarie deve essere accompagnato da una forte

motivazione nel perseguire l'idea e dalla compatibilità e sintonia con tutti i membri del team. Il processo di valutazione pertanto dovrà essere affrontato da quest’ultimo nella sua totalità;

il driver di riferimento è rappresentato dalla compatibilità con la posizione ricercata, piuttosto che dal fattore tempo, per evitare che l’eccessiva fretta impedisca di cogliere delle opportunità sorte solo in un secondo momento;

ricercare evidenze delle effettive capacità dei candidati, tramite referenze e riferimenti, di cui andrà controllata la veridicità, o tramite esperienze pregresse, sebbene sia anche possibile trovare “talenti inespressi” senza esperienza.

Secondo molti analisti e commentatori il fattore umano è la risorsa fondamentale per il successo

28

Per una esaustiva classificazione delle tipologie di risorse e competenza si veda G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, 2005, pagg. 203-208

29

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di una nuova iniziativa imprenditoriale, ovvero, come afferma Gary Hamel30 “le persone con il loro cervello e con il loro cuore, la loro propensione a mettersi in gioco, a rischiare, ad

appassionarsi ad una nuova iniziativa, fino a dedicare ad essa tutte le energie”. La concezione tradizionale del capitale umano, che lo vede come l’insieme delle competenze individuali presenti nella struttura aziendale è pertanto rappresentato inizialmente dal solo team imprenditoriale, deve però essere affiancato da un allargamento di prospettiva31, volto a includere anche capacità e conoscenze dei diversi soggetti coinvolti nelle reti del valore alle quali l’impresa parteciperà. Si parla così di capitale umano interconnesso, in cui si ritrovano anche fornitori e clienti, caratterizzato da un’elevata mobilità delle risorse umane e che pertanto richiede lo sviluppo di una vera e propria competenza nel mantenerlo e farlo progredire.

A livello operativo, infine, andranno implementati adeguati sistemi di controllo dei risultati, che permettano, oltre al controllo degli scostamenti dalle previsioni, di32:

incoraggiare comportamenti conformi agli obiettivi aziendali, anche nella fase di selezione del personale o di definizione di ricompense e incentivi;

implementare adeguati meccanismi di comunicazione, che garantiscono lo scambio di informazioni ed agevolano la diffusione della cultura aziendale e delle conoscenze; indurre un processo di learning-by-doing, dei soggetti coinvolti nell'attuazione del

meccanismo di controllo.

L'ultimo elemento da considerare è la struttura formale che andrà ad assumere la start-up, stabilendo, tra l'altro, le relazioni tra ruoli, responsabilità e funzioni e ripartendoli tra i vari elementi del team imprenditoriale. Da un lato è possibile raggruppare tutte le decisioni in merito33:

all'organigramma della futura azienda34, per cui, parlando di start-up, il modello

preferibile sembra essere quello adhocratico, mantenendo una struttura gerarchica piatta, con una precisa separazione di ruoli e responsabilità, coniugata ad una gestione

dell’attività aziendale per progetto. Il modello adottato andrà poi rivisto e modificato una volta raggiunta una prima stabilizzazione dell’attività d’impresa, al fine di meglio

rispondere ai nuovi sviluppi previsti;

alle politiche di gestione del sistema produttivo: si devono attentamente valutare i costi di produzione, il grado di elasticità del sistema al variare dei volumi produttivi, il suo

30 G. Hamel, C.K. Prahalad, Competing for the future, 2013, pag. 174 31 F. Buttignon, Strategia e valore nella net economy, 2001, pagg. 157-158

32 S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, Il controllo di gestione, 2008, pag. 35

33 Advance, Start-up: dall’idea all’impresa, 2001

34 Per una più completa elencazione degli organigrammi adottabili consultare G. Costa, P. Giubitta, Organizzazione

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grado di flessibilità alle modifiche del sistema prodotto, il grado di qualità, di tempestività e di affidabilità delle consegne;

alle scelte di impianto: si valuta il complesso dei beni materiali e immateriali ad uso durevole in cui investire in base alla proiezione futura della domanda, al grado di obsolescenza degli impianti e al livello di integrazione verticale scelta. La

configurazione scelta inoltre dipende dagli obiettivi di elasticità e flessibilità del sistema produttivo, perseguendo la massima utilizzazione degli impianti e la massima flessibilità dei cicli prodotti, nel minor spazio necessario per movimentazione e giacenze;

alle politiche tecnologiche: si devono scegliere le tecnologie da adottare che

rappresenteranno la risorse su cui fondare il futuro vantaggio competitivo, svolgendo un'analisi economico-finanziaria, in termini di ammontare di investimenti da effettuare per attivarle.

Dall'altro lato si hanno le decisioni in merito alla forma giuridica che deve assumere la start-up. Questa scelta deve essere effettuata andando a considerare alcuni criteri chiave35:

tipo di attività: se infatti l'attività di gestione non è svolta dai soci è conveniente

indirizzarsi verso una società di capitali che garantisce responsabilità limitata, mentre in caso contrario potrebbe essere consigliabile la forma di società di persone, meno costosa e con minori adempimenti amministrativi, anche se recentemente l'introduzione della S.r.l. semplificata per le start-up innovative rappresenta, dato il basso costo di avvio, una nuova opportunità per i progetti soprattutto nell'high-tech;

capitale: va tenuto conto delle spese che si devono affrontare per la costituzione di una società, oltre al capitale minimo richiesto dalle varie forme;

responsabilità: la maggiore onerosità delle società di capitali è normalmente compensata dalla responsabilità limitata dei soci in caso di fallimento, a differenza delle società di persone, in cui è quindi necessario un elevato grado di fiducia tra i membri del team imprenditoriale;

sistema di tassazione: la forma giuridica dipenderà anche dall'aliquota fiscale che, dato un livello di reddito stimato, sarà applicata, non solo sul risultato aziendale, ma anche sul reddito personale dei singoli soci nella misura del dividendo erogato.

4.3 La struttura finanziaria

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Fase fondamentale, la maggior parte delle volte, per poter concretamente avviare il progetto d’impresa è la ricerca dei capitali per finanziarie gli investimenti necessari, previsti nel business plan. L’idea imprenditoriale incontra spesso una barriera finanziaria al suo sviluppo36

, che può essere vista da un lato come maggior costo per il finanziamento, di qualunque natura esso sia, che la nuova impresa deve sopportare rispetto a quelle già operanti nel settore e dall’altro come l’impossibilità di approvvigionarsi dei mezzi finanziari necessari nella quantità ma, soprattutto, nella qualità necessaria a questo tipo di impresa. Tale vincolo finanziario può inoltre essere scomposto in due componenti:

1. vincolo endogeno: lo spettro d’azione della funzione finanziaria è estremamente ampio e complesso e presuppone, un minimo di competenze della persona ad essa preposta. Tale persone è però, nella maggioranza dei casi, l’imprenditore stesso (o un membro del team), che, data la necessità di occuparsi anche di altre funzioni, gestirà quella

finanziaria in maniera approssimativa, costituendo un vincolo endogeno alla nascita di un’impresa equilibrata dal punto di vista economico-finanziario;

2. vincolo esogeno: la risoluzione del problema del reperimento dei fondi necessari necessita, in primo luogo, che esistano sul mercato una serie di strumenti di

finanziamento accessibili all’impresa. Tenuto conto che la disponibilità di fondi sul mercato è strettamente dipendente dalle condizioni contingenti dei mercati finanziari e monetari, la nuova impresa dovrebbe puntare ad una struttura ottima del capitale pro-tempore, ovvero in relazione al particolare momento di vita attraversato, così da minimizzare le influenze negative sulla gestione d’impresa.

L’esigenza di una corretta pianificazione finanziaria richiede, anche alla luce dei suddetti problemi di reperimento delle fonti di finanziamento, un corretto studio di fattibilità che riesca a mettere in evidenza la reale convenienza economica degli investimenti da effettuare e le

eventuali carenze di fonti di finanziamento che si potrebbero presentare. La redazione di un piano degli investimenti e dei finanziamenti permette non solo di evitare gravi squilibri

all’interno della gestione d’impresa, ma rappresenta anche un fattore-chiave per poter accedere ad alcune forme di finanziamento.

L’impresa in fase di start-up, per superare la barriera finanziaria, ha diverse alternative tra cui scegliere, sebbene la possibilità concreta di fare ricorso al capitale di debito sia alquanto rara37: dal lato del finanziatore l’impresa infatti presenta un elevato profilo di rischio ed il credito sarebbe usato essenzialmente per coprire le esigenze di capitale circolante, ovvero non per beni

36 A. Carlesi, Il problema finanziario nella nuova impresa, 1990, pagg. 25 e ss. 37 A. Carlesi, Il problema finanziario nella nuova impresa, 1990, pag. 55

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che possono fungere da garanzia, mentre dal lato dell’impresa si presenta il problema degli elevati costi finanziari connessi a questa forma di finanziamento. Risulta quindi intuitivo che la soluzione ottimale sia rappresentata dal ricorso al capitale di proprietà, in particolare attraverso lo strumento del venture capital. Il venture capitalist38 può partecipare in modo effettivo al capitale acquistando titoli azionari o quote del capitale di rischio, oppure in modo potenziale tramite l’acquisto di obbligazioni, sebbene questa sia una forma scarsamente utilizzata, e presenta delle caratteristiche peculiari:

ingerenza significativa nella gestione aziendale, prestando le proprie competenze per favorire un rapido sviluppo, e quindi un rapido smobilizzo, del capitale investito. Questa ingerenza può essere di tipo passivo, limitandosi ad una consulenza di tipo

principalmente finanziario, o di tipo attivo, occupandosi anche di altre aree funzionali, ovviamente quando le competenze già presenti in azienda risultino inadeguate;

focalizzazione su imprese fortemente innovative, al fine di sfruttare la rapida crescita dell’impresa stessa per ottenere considerevoli capital gain;

investimenti di medio-lungo termine, diretta conseguenza del fatto che di solito ad un’impresa innovativa occorre un certo lasso di tempo per raggiungere il punto di break-even e generare poi un incremento di valore che permetta un soddisfacente smobilizzo dell’investimento.

Sebbene queste siano le caratteristiche che generalmente accomunano gli operatori in venture capital, è comunque possibile indicarne tre diverse categorie:

1. investitori istituzionali in capitale di rischio39: si distinguono, in base ai soggetti che

mettono a disposizione le risorse per gli investimenti:

 operatori di matrice pubblica, i quali sostengono progetti finalizzati alla creazione di posti di lavoro, di ristrutturazione industriale, basate sulla creazione di attività produttive sostitutive che favoriscano l’attività di ricerca e l'utilizzo di nuove tecnologie. Gli operatori principali sono i business innovation centres (BIC), sviluppati a livello regionale per promuovere l'innovatività, e i parchi scientifici e tecnologici, nati non solo per favorire l'innovazione in aree depresse del Paese, ma anche e soprattutto per aiutare lo sviluppo delle piccole e medie imprese già presenti sul territorio, tramite la creazione di un network integrato di aziende;  operatori di matrice privata, specialmente banche, compagnie di assicurazione e

fondi pensione, che dispongono di capitali da impiegare a medio-lungo termine e

38 A, Carlesi, Il problema finanziario nella nuova impresa, 1990, pagg. 92-95

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necessitano di diversificare gli investimenti. Essi intervengono sul mercato tramite le merchant bank, le finanziarie di partecipazione o i fondi chiusi di investimento, che sono affiancati da una società di gestione del fondo per le attività di selezione, valutazione e monitoraggio delle imprese in cui sono stati investiti i capitali;

2. corporate venture capital40: tra i possibili investitori in venture capital figurano anche le

imprese industriali di grandi dimensioni, che però hanno spesso finalità diverse dal semplice ottenimento di un capital gain. Si possono infatti definire quattro distinte strategie:

 strategia di diversificazione produttiva, per cui l’acquisto di una quota di una nuova società funge da sostituto all’opzione di sviluppo interno o di

fusione/incorporazione. La start-up in questo caso rischia di perdere la propria indipendenza e di essere gestita senza i caratteri di flessibilità, rapidità e aggressività che dovrebbero invece esserle distintivi;

 strategia di appropriazione della tecnologia, che viene selezionata in base alla possibile integrazione nei processi produttivi. L’attenzione del corporate venture capitalist si concentra quindi sullo sviluppo della tecnologia disinteressandosi in larga misura della gestione economico-finanziaria;

 strategia di integrazione commerciale, per completare la gamma di prodotti offerti e innalzare il grado di utilizzo delle strutture commerciali. Tale tipo di strategia può essere conveniente anche per la start-up, che può usufruire in tale modo dell’ampio canale distributivo del venture capitalist;

 strategia finanziaria, ovvero si attua una scelta di diversificazione del rischio, limitando il proprio intervento nella fase gestionale ed operativa dell’azienda. Spesso adottanti la forma dei fondi chiusi di investimento, i venture capitalists non si limitano al solo apporto di risorse finanziarie, ma forniscono assistenza mettendo a disposizione della start-up la propria esperienza e adeguati strumenti economico-finanziari necessari al suo funzionamento;

3. business angel41: questa figura ricomprende imprenditori, ex proprietari d'impresa o ex

manager, ovvero investitori informali non istituzionali che, mediante una ricerca diretta ed autonoma, investono proprie liquidità acquisendo quote di partecipazione in capitale di imprese con elevate potenzialità di crescita, apportando contestualmente esperienza

40 A, Carlesi, Il problema finanziario nella nuova impresa, 1990, pagg. 96-100 41 M. Mustilli, M. Sorrentino, Business angel in Italia, 2003, pagg. 29-34

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imprenditoriale e competenze manageriali rilevanti; oltre alle sue competenze il business angel mette a disposizione anche le sue reti di conoscenza e le sue relazioni commerciali e finanziarie sul territorio. Non esistendo strutture istituzionali di intermediazione e mancando, per gli investimenti realizzati, di qualsivoglia canalizzazione nei mercati regolamentati e di un quadro normativo che li regoli, limitano il raggio d’azione dei business angels, che pertanto ricercano un rapporto più personale e fiduciario e sono disposti a correre rischi maggiori rispetto a investitori istituzionali e corporate venture capitalists.

La ricerca del capitale di rischio e il successivo ingresso nel gruppo di comando di nuovi partner, implica l’attenta valutazione delle alternative a disposizione. Nello specifico sarà necessario andare a considerare non solamente le risorse finanziarie messe a disposizione ma soprattutto le altre tipologie di contributi offerti42:

nell'accesso a nuovi mercati e a nuove opportunità commerciali; nell'apporto di risorse materiali tecniche e di tecnologie;

in capacità innovative e competenze gestionali;

in capacità relazionali nel rapporto con fornitori e comunità in genere;

nel raggiungimento della massa critica necessaria per avviare l’attività d’impresa.

Questo può portare a problemi di integrazione, che si realizzerà nel momento di raggiungimento della convergenza strategica, della compatibilità organizzativa e della complementarietà

operativa43. La lungimiranza nell’individuare un potenziale partner e la riuscita del processo di integrazione risiedono nelle capacità imprenditoriali e manageriali del team imprenditoriale. Un ruolo particolare, durante la fase di finanziamento di una start-up, è ricoperto dagli incubatori44, ovvero strutture attrezzate e articolate in spazi modulari, nei quali le aziende possono avviare la loro attività a condizioni agevolate; un incubatore pertanto fornisce supporto logistico a basso costo e affianca il team imprenditoriale con consulenti esperti di gestione, riducendo il rischio di errore dei neo-imprenditori e accelerando i tempi di decollo dell'idea di business. I servizi offerti da un incubatore sono sostanzialmente:

rifinitura del piano industriale;

analisi dell'arena competitiva e ricerche di mercato;

consulenza alla gestione tramite esperti che aiutano ad impostare correttamente l'idea e l’organizzazione dell'impresa;

42 S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valutazione delle potenzialità inespresse, 2005, pag. 269

43 Per un approfondimento consultare S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valutazione delle potenzialità inespresse, 2005, pagg. 270-272

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sviluppo del prodotto o dell'idea, ovvero la sua realizzazione pratica e i conseguenti test di mercato;

assistenza nella brevettabilità dell'idea/prodotto; offerta di spazi, attrezzature e tecnologie avanzate;

offerta di servizi di amministrazione, legali, di comunicazione e di pubbliche relazioni. Si può quindi affermare come l'incubatore svolga due funzioni fondamentali45:

1. sociologico - istituzionale, la quale attiene alla possibilità, che queste strutture offrono, di entrare in contatto con investitori in capitale (generalmente) di rischio e di prendere confidenza con le logiche tipiche d'impresa, in maniera assistita;

2. operativa, che attiene al processo di selezione delle idee e del conseguente supporto mediante i servizi sopra descritti, permettendo di sviluppare l’idea imprenditoriale fino alla fase di finanziabilità reale. Questo processo avviene seguendo una metodologia ormai consolidata:

▪ individuazione dell'idea di business e del suo futuro potenziale investimento; ▪ valutazione del profilo imprenditoriale, attraverso l'analisi dei business plan

proposti o la loro rivisitazione;

▪ determinazione dell'effettivo fabbisogno finanziario; ▪ monitoraggio e affiancamento del team imprenditoriale;

▪ conferma, all'investitore, della raggiunta fase di maturità, per procedere all'avvio effettivo dell'attività d'impresa.

L'intervento di un investitore in capitale di rischio è differenziato a seconda della fase di sviluppo di un progetto di business in cui interviene46:

early stage financing, ovvero la partecipazione allo stadio iniziale del progetto che a sua volta è divisibile in:

▪ seed financing, ovvero la partecipazione dell'investitore già in fase di sperimentazione, quando l'efficacia dell'idea non è dimostrata, e presenta tipicamente un apporto finanziario contenuto ed un rischio elevato. È normalmente in questa fase che operano gli incubatori;

▪ startup financing, in cui l'investitore, normalmente un business angel, finanzia l'attività oggetto dell'idea di business ignorando la dimensione del ritorno commerciale, aumentando l'apporto finanziario e sopportando un maggior rischio;

45 G. Gioli, P. Möder, M. Dolci, Internet start-up, come si avvia un'impresa su internet, 2001, pagg. 73-74 46 S. Das, Prospective on financial services, 2009, pagg. 104-105

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▪ first-stage financing, ovvero quando il progetto è avviato a tutti gli effetti, pertanto il rischio inizia ad abbassarsi, ma si deve ancora avere verifica dei risultati concreti;

expansion financing, ovvero la partecipazione allo sviluppo, che prevede:

▪ second-stage financing, in cui il progetto inizia ad “andare a regime”, vedendo una diminuzione dell'apporto finanziario e del rischio;

▪ third-stage financing, in cui il progetto supera la fase di startup e si apre a nuove espansioni, pertanto aumenta l'apporto finanziario, anche se il rischio rimane contenuto;

▪ fourth-stage financing, in cui il progetto diviene impresa a tutti gli effetti

necessitando di interventi strutturali sia finanziari che manageriali, richiedendo il possesso di nuove competenze specifiche. Questa è la fase in cui si può avere la quotazione in Borsa, in cui gli investitori iniziano a realizzare buona parte del proprio capital gain, gli azionisti che non più interessati al progetto possono liquidare la propria quota parte e si assiste ad un assestamento del management e dell'azionariato medesimo.

4.4 relazioni con gli stakeholders

Gli stakeholders con cui viene in contatto il team imprenditoriale, nel processo di

implementazione del progetto di business, sono i soggetti critici per progettare la proposta di valore e consentire la piena realizzazione del modello di business. Le relazioni instaurate con questi ultimi presentano quindi un potenziale produttivo che può essere definito capitale relazionale47, che trova fondamento nei caratteri di fiducia, immagine e reputazione aziendale. La creazione di relazioni di fiducia con gli stakeholders48, la cui intensità è espressa dalla reputazione di cui l’azienda gode, dipende dalla capacità di gestire opportunamente l’immagine aziendale. La valorizzazione delle risorse e delle competenze di cui il team imprenditoriale è depositario, e la conseguente proposta di un prodotto potenzialmente di successo, sono gli elementi su cui fondare la costruzione di un’immagine aziendale che permetta di conquistare la credibilità e la fiducia dei diversi gruppi di stakeholders. È necessario quindi avviare un circuito virtuoso nel quale le risorse distintive e l’immagine dell’azienda si alimentino vicendevolmente; sarà pertanto necessario tenere conto delle esigenze differenziate dei vari interlocutori, così da

47 F. Buttignon, strategia e valore nella net economy, 2001, pag. 161

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progettare la proposta in modo credibile.

Nel caso specifico di un’azienda in fase di start-up i tre stakeholders principali sono:

clienti49: il primo passo da compiere è la scrupolosa raccolta di informazioni sui futuri

clienti, che da un lato permette di progettare al meglio il sistema-prodotto, dall’altro permette di creare un primo contatto e la possibilità di iniziare a dare credibilità al prodotto/servizio offerto e alle capacità della futura azienda. Il secondo passo è la progettazione di una comunicazione dell'idea di business chiara e puntuale,

accompagnata da un prospetto, che terrà conto della forza contrattuale delle parti, sulle aspettative che l'azienda ha nei confronti del cliente, ma soprattutto sulle aspettative dei clienti e su come l’azienda intende onorarle. Nell’eventualità che le aspettative dei cliente non siano soddisfacibili appieno andranno prospettate soluzioni alternative, che permettano il raggiungimento dei risultati sperati in un arco temporale realistico. Infine è necessario operare per mantenere attivo il più a lungo possibile il rapporto con il cliente, al fine di creare una base fidelizzata per affermarsi sul mercato di riferimento: personalizzando il rapporto, predisponendo un documento sul lavoro svolto dall’azienda da inviare al cliente, coinvolgendolo al fine di ricevere feedback e pareri sulle possibili migliorie al prodotto/servizio offerto, etc.;

fornitori50: la possibilità e la necessità di coltivare relazioni con i fornitori è strettamente

collegata alle scelte di outsourcing o di make or buy. A differenza dell’outsourcing tradizionale, dove vi era la netta distinzione tra risorse interne (quelle strategiche) e risorse esterne, nell’ottica di start-up si può arrivare a decentrare anche le risorse critiche non possedute, considerando non solo la catena del valore dell’azienda, ma quella dell’intera filiera produttiva. La relazione con i fornitori pertanto si configura, tra l’altro, come metodo alternativo per l’acquisizione di risorse e competenze necessarie allo sviluppo del progetto, ma non possedute dal team imprenditoriale. Per riuscire a instaurare una relazione di fiducia è necessario dimostrare di possedere risorse e competenze distintive ed un prodotto/servizio che permetterà di accedere al mercato, ponendo le basi per il raggiungimento del successo aziendale51. Lo strumento primario di comunicazione è il business plan, che permette di presentare il progetto d'impresa in modo chiaro e trasparente, così da creare una prima immagine della start-up di fronte ai fornitori; sarà poi comunque necessario integrare anche i fornitori nella fase di

49 A. Danés, A digital relationship: how to work with clients you've never met in person, www.wework.com, 2014 50 F. Buttignon, Strategia e valore nella net economy, 2001, 168-170

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pianificazione dell'attività, ponendo dei correttivi anche al business plan, considerando, da un lato, l'apporto di competenze dei fornitori e, dall'altro, le loro richieste. Una partnership di questo tipo permette di aumentare la fiducia dei fornitori nel progetto e di approfittare di nuove opportunità strategiche;

investitori52: riferendosi nello specifico ai venture capitalist, si deve innanzitutto

comprendere le motivazioni alla base delle scelte di investimento; mentre infatti i corporate venture capitalists o gli investitori istituzionali ricercano l’ottenimento di un elevato capital gain o, per i primi, opportunità di sviluppo a basso costo, i business angels affiancano alle motivazioni prettamente economiche anche alcune più personali, come l’autorealizzazione. Il processo di creazione di una relazione di fiducia con l’investitore prevede innanzitutto di effettuare uno screening delle alternative a

disposizione, per individuare i potenziali partner maggiormente in linea con il settore di attività scelto, cui andrà sottoposto un business plan che evidenzi la mission aziendale, l'apprezzamento dei bisogni dell'investitore, con le conseguenti modalità di

soddisfacimento, l'ammontare specifico di capitale richiesto, la consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, etc. La controparte valuta la proposta ricevuta e il team imprenditoriale, individua il proprio ruolo nel progetto e definisce l’ammontare delle risorse da apportare; in particolare l’attenzione è posta sul team imprenditoriale, che deve presentare caratteristiche di chiarezza di visione del business, capacità di trasformazione dell’idea in realtà operativa, elevate capacità analitiche, trasparenza e onestà. Se tutti questi requisiti sono rispettati, è possibile creare una relazione con l’investitore scelto che permetta di innescare un meccanismo virtuoso in cui il nuovo partner agisce per accelerare la fase di start-up e lo sviluppo aziendale.

4.5 Strumenti e modelli di valutazione

Elemento ricorrente nella trattazione precedente è stata la necessità di predisporre adeguati documenti, che rappresentino la situazione qualitativa e quantitativa della start-up al momento attuale e nel futuro, così da poter un’efficace comunicazione verso i vari stakeholders. Inoltre la formalizzazione delle informazioni permette di effettuare un miglior controllo sui risultati ottenuti, così da comprendere i propri errori e intraprendere comportamenti correttivi.

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4.5.1 Metodi di valutazione

Il processo di valutazione di una start-up presenta problemi specifici legati al possesso di informazioni limitate sull'evoluzione prospettica delle performance economico-finanziarie, all’assenza di dati storici o, quando si tratta di start-up già costituite, alla presenza di fatturati ridotti e andamenti economici negativi; inoltre trovandosi spesso in settori innovativi, anch'essi nello stadio iniziale del ciclo di vita, può esservi l’impossibilità di trovare imprese simili, rendendo di fatto impossibili analisi comparative e di verifica delle ipotesi fatte.

I metodi di valutazione normalmente adottati rientrano in due categorie53:

metodi diretti54, basati sui risultati economici e finanziari contabilmente rilevabili, quali

parametri contabili (metodo patrimoniale), reddituali (metodo economico o reddituale) e finanziari (metodo finanziario o dei flussi di cassa scontato);

metodi indiretti, che possono risultare forse meno corretti sul piano dottrinale, ma sono utili a livello operativo, in quanto analizzano indirettamente l’impresa sulla base dei valori degli indici di mercato o su altri elementi, rilevabili al di fuori delle scritture contabili.

Queste metodologie di valutazione aziendale, però, risultano spesso inadeguate per fornire una corretta valutazione del valore potenziale di una start-up, per una serie di motivi, quali:

una stima difficoltosa e poco attendibile di costi, ricavi e investimenti, data l’elevata incertezza che caratterizza le iniziative ad alto contenuto tecnologico;

la scarsa flessibilità delle tecniche utilizzate nel valutare imprese, caratterizzate invece da un’alta flessibilità;

la difficoltà nel considerare tutte le opzioni reali ed il loro valore durante l’analisi dei flussi di cassa;

con riferimento al metodo dei flussi di cassa scontati, questo si applica con difficoltà in presenza di flussi negativi, caratteristici di iniziative come quelle in esame;

la difficoltà nella determinazione del tasso di attualizzazione dei flussi di cassa; la mancanza di dati storici cui fare riferimento, che crea difficoltà nella stima dei

parametri di rischiosità ;

la quasi assenza di parametri normalizzati che rende difficilmente applicabile i multipli tradizionali (metodo indiretto);

l'assenza di società comparabili o la difficoltà nell’individuarle, che rende difficoltoso

53 V. Cioli, Modelli di business e creazione di valore nella New Economy, 2005, pagg.121-131

54 Per un approfondimento consultare E. Gonnella, Logiche e metodologie di valutazione d’azienda, 2008, pagg. 53 e ss.

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l’uso di qualsivoglia metodo di valutazione indiretto.

Ne consegue che le tradizionali metodologie di valutazione devono essere applicate tenendo ben presente tutte queste considerazioni che caratterizzano le imprese nella loro fase iniziale.

Pertanto è spesso consigliabile adottare dei metodi parzialmente modificati che individuano come periodo di riferimento una data futura, alla quale si ritiene che l’impresa avrà raggiunto un certo equilibrio economico e finanziario, mostrando flussi finanziari e reddituali stabili e

positivi. Il risultato così ottenuto verrà riportato alla data odierna mediante le tecniche di attualizzazione, tenuto conto anche di una componente derivante dall’analisi qualitativa sul management , che può comportare alternativamente sia un ulteriore premio, sia una

diminuzione del valore ottenuto. Tali metodi, utilizzati dai venture capitalist, sono essenzialmente quattro55.

Il primo è il venture capital valuation method, generalmente utilizzato in presenza di imprese altamente innovative, con dati storici minimi o inesistenti e con aspettative di rendimento e di rischio molto elevate. Rappresenta una variante del metodo finanziario poiché si basa sul calcolo del cash flow ad una data futura, normalmente coincidente con il momento in cui il venture capitalist realizzerà il proprio capital gain. Una volta fissato l'orizzonte temporale necessario per avere una ragionevole certezza che il progetto abbia già cominciato a generare flussi di cassa positivi, si calcola il valore futuro dell'azienda attraverso il ricorso a multipli di mercato adeguati, largamente utilizzati nelle tecniche di valutazione d'azienda. Il valore finale così calcolato viene scontato a un tasso generalmente compreso tra il 30% e il 60%, in funzione del rischio associato all'investimento, ottenendo il valore finale scontato su cui calcolare la quota di partecipazione acquisibile in base ai ritorni attesi. La metodologia, pertanto, si sviluppa attraverso quattro fasi:

1. stima del valore aziendale a una data futura, sulla base dei redditi che si stima di

generare e con l’utilizzo di un multiplo di mercato, come il rapporto ; 2. attualizzazione del valore finale, che richiede un tasso di sconto che esprima il

rendimento che il venture capitalist conta di ottenere, tenuto conto del rischio e delle risorse investite. La formula per il calcolo del valore finale attualizzato è

;

3. calcolo della quota auspicata di ingresso nel capitale, presupponendo che non vi saranno diluizioni della quota di partecipazione attraverso ulteriori capitalizzazioni, anche se è un'ipotesi alquanto irrealistica. L'ammontare di investimento proposto è diviso per il

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valore finale scontato, determinando così la quota necessaria al fine di ottenere il

rendimento sperato ;

4. stima dell'effetto diluizione e calcolo della quota corrente di partecipazione richiesta, infatti per compensare l'effetto della diluizione della quota di capitale, causato dalle future capitalizzazioni, occorre calcolare il rapporto di ritenzione, che quantifica appunto la diminuzione della percentuale di partecipazione dell'investitore istituzionale. Una volta calcolato, tale rapporto permetterà di calcolare anche la quota percentuale richiesta che consideri anche future diluizioni di capitale.

La principale critica di questo modello riguarda l'uso di tassi di sconto molto alti, normalmente giustificati dalla scarsa liquidità dell'investimento, dall'apporto qualificato fornito alla gestione dell'azienda, ma soprattutto, dalla necessità di compensare la probabilità che l'azienda non sopravviva. Tale rischio ha una valenza ben maggiore di altre tipologie di rischio aziendale e richiede una remunerazione molto elevata. Nelle analisi di investimento non si ha normalmente a che fare con probabilità così alte di scomparsa, pertanto si sono sviluppate altre metodologie empiriche che apportano alcune rettifiche con l'obiettivo di pervenire a valori maggiormente condivisibili.

IL secondo metodo è il first chicago model, che si differenzia dal precedente in quanto utilizza tassi di attualizzazione più bassi e al valore finale sostituisce il valore atteso dell’investimento, ovvero una media del valore terminale dell’impresa in tre scenari possibili:

1. uno scenario ottimistico, con una previsione delle vendite sostenuta;

2. uno scenario realistico, caratterizzato da un trend di sviluppo più contenuto; 3. uno scenario pessimistico, che sostanzialmente coincide con l'ipotesi di fallimento

dell'iniziativa.

Questo metodo rappresenta un approccio di stima più prudenziale, poiché considera anche un’ipotesi negativa che contribuisce a ridurre il valore finale. Inoltre sconta tutti i flussi positivi che il venture capital può avere conseguito nel periodo di investimento in caso di distribuzione del risultato di esercizio; pertanto il calcolo per determinare la quota di capitale richiesta sarà

. A differenza del metodo

precedente qui è prevista l’esistenza di flussi di cassa positivi tra il momento dell’investimento e quello della cessione della quota. Questo, insieme all’ipotesi dei vari scenari, contribuisce a rendere il first chicago model più prudenziale e più vicino ad una stima realistica, rispetto al modello precedente, sebbene ne condivida le medesime criticità.

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