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INTRODUZIONE La sepsi

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INTRODUZIONE

La sepsi

Si definisce sepsi un quadro clinico caratterizzato da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) sostenuta da un'infezione documentata.

La SIRS è a sua volta definita da: • temperatura corporea >38°C o <36°C • frequenza cardiaca >90 bpm

• frequenza respiratoria >20 atti/min o PCO2<32 mmHg su sangue arterioso

• leucocitosi WBC >12000 s/μl o leucopenia WBC <4000 s/μl o presenza >10% del totale di forme immature.

La sepsi si definisce severa se associata a ipotensione, ipoperfusione e/o disfunzione d'organo. Si parla invece di shock settico quando si accompagna ad uno stato di shock a componente prevalentemente distributiva.

La mortalità globale associata a questa patologia varia dal 20% al 70% a seconda della gravità del quadro clinico, del coinvolgimento sistemico, della precocità del trattamento1 .

Il meccanismo fisiopatologico alla base della sepsi rappresenta il risultato di una complessa interazione fra due fasi diverse: la prima caratterizzata da meccanismi che determinano liberazione di mediatori a prevalente azione proinfiammatoria come tumor necrosis factor α (TNFα), interleukina-1, interleukina-6, interleukina-8, la seconda costituita dalla liberazione di citochine ad azione anti-infiammatoria come l’interleukina-10 e l’interleukina-4 2 (tab1).

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Mediatore Effetti

IL-1,IL-6,IL-12,IL-15,IL-18,TNF, MIF, HMGB, IL-10

HMGB, proteine del gruppo B ad alta mobilità; IL: interleuchina; MCP:proteina chemio tattica per i monociti; MIF: fattore inibitorio della migrazione; MIP: proteina infiammatoria dei macrofagi; TNF:fattore di necrosi tumorale

Attivazione di neutrofili, linfociti ed endotelio upregulation delle molecole di adesione cellulare;

induzione di

prostaglandine, NOS e proteine della fase acuta; induzione della febbre. L'IL10 inibisce questi effetti

IL-8, MIP-1α, MIP-1β, MCP-1, MCP-3 Attivazione neutrofili e macrofagi

PAF,leucotrieni, prostaglandine, trombossano, fattore tissutale

Attivazione endotelio, via estrinseca coagulazione,tono vasale

Radicali dell'ossigeno Effetti antimicrobici,tono vasale

Tab1

I mediatori infiammatori determinano il danno endoteliale, inducono vasoparalisi e sono responsabili della perdita di permeabilità selettiva con conseguenze importanti sull'assetto emodinamico; d’altra parte, in vitro, i monociti perdono la loro capacità di produrre citochine in seguito ad un stimolo infiammatorio (es LPS) defininendo così uno stato di immunoparalisi 3.

Esistono due possibili teorie, descritte da Ronco et al4 :

a. la teoria “sequenziale” secondo la quale mediatori pro e anti infiammatori sono prodotti in momenti diversi del processo settico con la comparsa alternata di SIRS o CARS 5

(Compensated Anti-inflammatory Response Syndrome che rappresenta l’equivalente antiinfiammatorio della SIRS) .

b. la teoria “parallela” secondo la quale la produzione di mediatori pro e antiinfiammatori può essere simultanea e pertanto le due sindromi possono coesistere in distretti diversi dell'organismo (fig 1).

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Figura 1: Teoria parallela e teoria sequenziale4

Fisiopatologia della sepsi

Alterazioni coagulative nella sespi:

Prima di trattare le alterazioni coagulative in corso di sepsi è necessario precisare che la moderna visione del sistema coagulativo considera le vie di attivazione della coagulazione (via intrinseca e via estrinseca) non più come vie separate ma interconnesse. Infatti, fattori generati nella via estrinseca vanno poi ad attivare fattori e complessi della via intrinseca. In corso di sespi si assiste ad una perdita di omeostasi del sistema emocoagulativo con manifestazioni che possono variare dalle semplici alterazioni laboratoristiche alla forma clinica estrema rappresentata dalla CID6, con manifestazioni in genere più pronunciate nei

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Nei pazienti con sepsi si assiste comunemente all' attivazione sia del sistema coagulativo che di quello fibrinolitico con successiva inibizione di quest'ultimo e conseguente sbilanciamento fra i due meccanismi in direzione procoagulante7. Durante il processo

settico sembra che il sistema di contatto non contribuisca all'attivazione della coagulazione bensì allo sviluppo dell'ipotensione attraverso la produzione di chinine, come suggerito nello studio di Levi et al7 in cui l'iniezione di basse dosi di endotossina in volontari sani e

nei babbuini determinava generazione di trombina mediata dal fattore VII mentre i marker di attivazione della via intrinseca non si modificavano. Inoltre già in uno studio del 1993 Pixley8 dimostrava nel babbuino che il blocco della via intrinseca della coagulazione

mediante un anticorpo monoclonale contro il fattore XII non preveniva l'attivazione del processo coagulativo mentre migliorava l'ipotensione.

Il processo settico sembra invece avviare il processo coagulativo tramite l'espressione sepsi indotta (mediata verosimilmente da TNFα) del fattore tissutale da parte di monociti e cellule endoteliali. Il fattore tissutale si lega al fattore VII attivandolo e il complesso fattore tissutale -VIIa così formato trasforma il fattore X in Xa, quest'ultimo insieme al fattore Va, in presenza di calcio e di fosfolipidi piastrinici, converte la protrombina in trombina9 (fig2).

Si assiste inoltre ad una amplificazione di questa via a due livelli: il complesso fattore tissutale-fattore VIIa attiva il fattore IX in IXa (che con il cofattore VIII attiva il fattore X in Xa) e la trombina può attivare il fattore XI che a sua volta attiva il fattore IX.

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Figura 2: Cascata coagulativa

I meccanismi che impediscono alla coagulazione di divenire generalizzata sono rappresentati da tre sistemi di regolazione:

 il sistema ATIII-eparansolfato

 il sistema proteina C- proteina S

 inibitore della via del fattore tissutale (TFPI)

In corso di sepsi si assiste ad una generale riduzione dei livelli di tutti gli inibitori naturali della coagulazione. I livelli di ATIII sono significativamente più bassi nei pazienti che non sopravvivono mentre un lento ma graduale recupero è stato evidenziato in quelli che sopravvivono suggerendo che bassi livelli di ATIII costituiscano un marker sensibile di evoluzione sfavorevole10. Diversi meccanismi sembrano rendere conto della diminuzione

di ATIII: consumo acuto e aumento del turnover durante il processo coagulativo, ma anche ridotta sintesi epatica, diluizione dovuta alla terapia fluidica, inattivazione proteolitica da parte di elastasi liberate dai neutrofili attivati.

Analogamente i livelli di proteina C risultano ridotti con livelli marcatamente inferiori in pazienti con shock settico e in quelli che vanno incontro ad exitus. Questa riduzione sembra dovuta al suo consumo, alla ridotta sintesi di trombomodulina e del recettore endoteliale per la proteina C che portano alla sua mancata attivazione.

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I livelli di proteina S in corso di sepsi sono solo modicamente ridotti.

Come precedentemente accennato il processo settico influenza direttamente anche il sistema fibrinolitico (fig3) inizialmente attivandolo e successivamente inibendolo.

Inizialmente si assiste infatti ad aumento della funzione fibrinolitica attribuibile sia al rilascio degli attivatori del plasminogeno (t-PA e u-PA) mediato da citochine, che all'influenza del sistema di contatto visto che anticorpi monoclonali contro il fattore XII hanno dimostrato ridurre l'attivazione della fibrinolisi 11.

Nonostante gli elevati livelli di antigene t-PA la sua attività risulta ridotta perchè inibita dal PAI1 i cui livelli possono essere normali nei pazienti affetti da sepsi non complicata ma risultano notevolmente aumentati in quelli con shock settico anche se il significato prognostico di questo aumento non ha ancora un'univoca spiegazione. Le fonti di PAI1 sono i polimorfonucleati, le piastrine e le cellule endoteliali che si sono dimostrate capaci di aumentare la produzione di PAI1 in seguito a stimolazione in vitro con endotossina,TNF e IL1. Tuttavia poiché i livelli di PAI1 aumentano pochi minuti dopo la somministrazione di TNF sembra che il principale meccanismo sia costituito da un aumentato rilascio piuttosto che da un'aumentata produzione. La perdita della capacità fibrinolitica è inoltre aggravata dal deficit di proteina C che in condizioni normali lega il PAI1 inibendolo.

Uno squilibrio fra sistema coagulativo e fibrinolitico può determinare quindi uno stato

procoagulante con deposizione di fibrina generalizzata che potrebbe contribuire allo sviluppo di una MOF (multiple organ failure)12,13.

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Alterazioni piastrinche nella sepsi:

Nell'ambito delle alterazioni dell'emostasi in corso di sespi giocano un ruolo importante anche le alterazioni piastriniche. Nel paziente settico si assiste infatti ad un decremento del numero di trombociti circolanti (la cui entità peraltro correla con una maggiore mortalità14,15) dovuto non solo ad un'aumentata fagocitosi endomidollare dei megacariociti

ma anche ad un incrementato consumo periferico, dovuto alla coagulopatia flogosi-indotta, con conseguente microangiopatia trombotica che contribuisce a sua volta all'instaurarsi del danno d'organo. Le modificazioni piastriniche in corso di sepsi sembrano non limitarsi tuttavia alla riduzione del loro numero ma anche alle alterazioni della loro funzione intesa non solo come capacità emostatica ma anche come capacità di interagire con il sistema dell'infiammazione.

Ad esse è infatti oramai riconosciuto un ruolo centrale nella fisiopatologia della sepsi essendo considerate vere e proprie cellule infiammatorie implicate nella progressione del fenomeno settico e del danno d'organo ad esso correlato.

Le alterazioni della funzionalità piastrinica possono essere così riassunte:

 indipendentemente dall'entità del processo settico16 l'adesività risulta conservata

 l'aggregabilità risulta diminuita, presumibilmente per una pre-esistente attivazione delle piastrine mediata dalle endotossine e dai mediatori della flogosi. In quest'ottica l'iniziale attivazione piastrinica sarebbe da imputare all'infiammazione più che ad un'esigenza emostatica.

 la secrezione di VEGFe è aumentata, anch'essa indipendentemente da altre anomalie emocoagulative16

 l'espressione di P-selettine, mediatrici del legame con leucociti e monociti, l'adesione piastrinico-leucocitaria sono fortemente aumentate17 nelle fasi che

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Disfunzione endoteliale nella sepsi:

In condizioni fisiologiche l'endotelio svolge azioni anticoagulanti in quanto:

 con azione mediata da NO e prostaciciclina inibisce l'adesione piastrinica (e quindi anche l'attivazione e l'aggregazione)

 potenzia l'azione del sistema AT-III eparan-solfato presente nella matrice extracellulare, blocca la via estrinseca grazie al TFPI, esprime sulla sua superficie la trombomodulina che a sua volta inibisce la formazione di trombina tramite il sistema delle proteine C ed S, ed il PAI-119.

 esprime il tPA, produce uPA e ne regola l'azione tramite la sintesi di PAI-119 con

conseguente azione profibrinolitica.

In corso di sepsi assistiamo ad un danno anatomico dell'endotelio indotto dalle citochine proinfiammatorie. Ne deriva attivazione dell'endotelio stesso (ne rappresentano markers gli aumentati livelli plasmatici di trombomodulina, E-selettine, ICAM e fattore di von Willebrand) con insufficienza dei meccanismi anticoagulanti, adesione cellulare, innesco della cascata coagulativa che determina danno ischemico e infiammatorio con conseguente instaurarsi di un circolo vizioso che aggrava la disfunzione endoteliale.

Fattori VII e VIII nella sepsi

Il fattore VII è un fattore vitamina K dipendentecon un peso molecolare di 48 KD, che per svolgere attività procoagulante deve legarsi al fattore tissutale e il complesso fattore VII-fattore tissutale è considerato l'elemento cardine della via estrinseca. Tuttavia il VII-fattore VII anche in assenza di fattore tissutale è in grado di aumentare l'attivazione piastrinica. In corso di sepsi i livelli di fattore VII tendono a diminuire e questo sembra costituire un fattore prognostico negativo45.

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della coagulazione e della perdita della capacità coagulativa, che può o meno estrinsecarsi a livello clinico, secondaria ad un'attivazione massiva della coagulazione stessa .

Il fattore VIII è un fattore non vitamina K dipendente,del peso molecolare di 300KD, sintetizzato a livello epatico che in circolo si trova legato in modo non covalente al fattore di von Willebrand. Il suo ruolo è quello di stabilizzare il coagulo di fibrina, garantire il legame fra le piastrine e l'endotelio leso grazie al suo legame con vWF. In corso di sepsi ci si aspetterebbe una diminuzione dei suoi livelli circolanti, analoga a quella del fattore VII, vista l'attivazione massiccia del sistema coagulativo. Tuttavia il fattore VIII si comporta in corso di sepsi come una proteina di fase acuta e perciò i suoli livelli tendono a salire46.

Fattore di von Willebrand e Adamts 13 nella sespi

Il fattore di von Willebrand (vWF) è una glicoproteina, prodotta e immagazzinata negli α granuli dei megacariociti, e nei corpi di Weibel Palade delle cellule endoteliali che ne rappresentano la maggiore riserva e lo producono sia in modo costitutivo che dopo stimolazione. In corso di sepsi i livelli di vWF risultano aumentati come epifenomeno dell'attivazione endoteliale che caratterizza questa sindrome. Il suo ruolo fisiologico consiste nel mediare le interazioni piastrina-subendotelio leso (creando un ponte fra la molecola di adesione GP1b delle piastrine e il sottoendotelio), piastrina-piastrina e di veicolare e stabilizzare il fattore VIII della coagulazione20.L'endotelio attivato rilascia VWF

sotto forma di multimeri extralarge (ULVWF) iperattivi il cui catabolismo, con formazione di forme più piccole e meno attive, è mediato da una metallo proteasi: Adamts-13 (fig 4). Adamts-13 è una proteasi prodotta principalmente dalle cellule stellate del fegato ma espressa anche dalle cellule endoteliali e contenuta nelle piastrine attivate ( il cui ruolo non è però ancora stato chiarito); ha un peso molecolare di 200KDaltons ed è costituita da 1427 amminoacidi, ha struttura molto eterogenea che consta di un dominio di

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metalloproteasi reprolisina, uno di disintegrina, un repeat di trombospondina 1, un dominio ricco di cisteina, una sequenza spaziatrice, altri sette repeat aggiuntivi di trombospondina 1,e due domini CUB. Adamts-13 ha il ruolo di effettuare un taglio proteolitico fra 842 Tyr e 843 Met del vWF appena questo viene rilasciato dalle cellule endoteliali, non si esclude però che possa clivare anche vWF non legato alle piastrine o all'endotelio47. Un deficit di

questa proteasi determina accumulo di ULVWF che favoriscono l'aggregazione piastrinica e quindi la trombosi, in particolare a livello delle arteriole che presentano flussi rapidi e alto

shear rate con conseguente ischemia microvascolare e danno d'organo22. Un deficit di

questa metallo proteasi è stato evidenziato in diverse condizioni patologiche e non.

Nei pazienti affetti da porpora trombotica trobocitopenica è presente un deficit di Adamts- 13 imputabile ad alterazioni genetiche o alla presenza di autoanticorpi, questo deficit è ritenuto essere il responsabile dell'aggregazione piastrinica e della formazione di microtrombi.

Bassi livelli di questa metallo proteasi sono stati evidenziati anche in pazienti con tumori metastatici, patologie epatiche e, contestualmente ad un aumento di vWF, anche in volontari sani sottoposti ad uno stress fisico intenso suggerendo che l'equilibrio fra questi due fattori possa essere responsabile delle alterazioni coagulative di questi soggetti35.

Analogamente un deficit di Adamts-13 è stato riscontrato in pazienti affetti da CID sepsi indotta ed è stato correlato con lo sviluppo di insufficienza renale 21.

Martin et al22 nel 2007 hanno evidenziato in pazienti ricoverati in UTI per sepsi severa o

danno multiorgano non sepsi correlato livelli più bassi di Adamts-13 rispetto a volontari sani. Adamts-13 era significativamente più basso nei pazienti con sepsi severa e in questo gruppo si evidenziava una correlazione negativa fra Adamts-13 e vWF che non era presente negli altri due gruppi. I pazienti settici di questo studio con più bassi livelli di Adamts 13 erano quelli con una più marcata trombocitopenia, con impegno emodinamico e che più frequentemente andavano incontro ad exitus.

Sono stati ipotizzati vari meccanismi di inattivazione di Adamts -13in corso di sepsi 21 :

 mediata da plasmina e trombina, entrambe presenti in corso di CID, possono scindere Adamts-13 inattivandolo, lo stesso dicasi per le elastasi granulocitarie

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parte del fegato.

Alcuni autori suggeriscono inoltre che la riduzione dei livelli di Adamts 13 sia dovuta ad un elevato consumo per compensare l'aumento dei multimeri di vWF rilasciati dall'endotelio attivato23.

In uno studio del 2004 Bernardo et al 20 hanno infine dimostrato che citochine quali IL8 e

TNFα stimolano in modo dose dipendente il rilascio di multimeri di VWF e che IL6 inibisce il loro clivaggio da parte di Adamts-13 (in condizioni di flusso ma non in condizioni statiche), relazioni queste che suggeriscono nuovamente un legame fra infiammazione e trombosi.

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Danno multiorgano

In corso di sepsi si verificano alterazioni a livello di molti organi fino all'espressione clinica estrema rappresentata dalla MODS (sindrome da insufficienza multiorgano).

A livello del sistema cardiocircolatorio si assiste a:

 riduzione della contrattilità miocardica con disfunzione sisto-diastolica e dilatazione biventricolare; riduzione della frazione d'eiezione del ventricolo sinistro, diminuzione della risposta pressoria alla somministrazione di fluidi e un ridotto aumento dell’indice cardiaco nonostante gli alti livelli di catecolammine circolanti. Queste alterazioni sembrano imputabili alle citochine e all'ossido nitrico (NO) sia con effetto diretto che indiretto 30.

 alterazioni del microcircolo che rendono conto degli elevati livelli sierici di lattato, dell' acidosi metabolica e della bassa estrazione di ossigeno che si riscontrano nei pazienti con sepsi severa e shock settico. Queste alterazioni sono imputabili ad un aumento di unità microcircolatorie deboli, sensibili ad ipossia o ischemia, con aumento dello shunt microcircolatorio; questo può avvenire per la formazione di microtrombi (CID), per edema delle cellule endoteliali con riduzione del lume capillare, per adesione dei leucociti alle pareti endoteliali che si accumulano e ostacolano il flusso ematico, per ridotta plasticità dei globuli rossi durante la sepsi, che vengono quindi catturati all’interno dei capillari.

Le alterazioni del microcircolo e l'ipossia tissutale determinano ipoperfusione a livello intestinale con conseguente perdita della funzione di barriera dell’epitelio tra la flora

batterica e la circolazione portale. I batteri gram-negativi esistenti a livello intestinale producono prodotti tossici, fra cui l’endotossina, che a questo punto sono liberi di passare nel sistema linfatico mesenterico e da qui nel sistema venoso portale con conseguente stimolazione della risposta immuno-infiammatoria e della disfunzione multioragano.

Anche la riperfusione intestinale può determinare amplificazione della risposta infiammatoria essendo fonte di mediatori pro e anti infiammatori.

Analogamente si possono verificare alterazioni della sintesi e del trasporto della bile, nonché del metabolismo del glucosio; le cellule di Kupffer rilasciano chemochine,

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attraggono e attivano i neutrofili; i neutrofili aumentano le loro molecole di adesione e si legano all’endotelio, migrando nel parenchima dove producono radicali liberi dell’ossigeno e proteasi.

A queste eventi conseguono alterazioni del microcircolo, deposizione di fibrina, danno agli epatociti, diffusione di batteri e endotossina, con amplificazione del processo31

infiammatorio e del danno multiorgano.

Come per l'intestino anche la riperfusione del fegato è responsabile dell'amplificazione del processo infiammatorio.

Anche se ampiamente sottovalutate, data la presenza di molti fattori confondenti come l'uso in Terapia Intensiva di sedazione-analgesia e di miorisoluzione, le complicanze neurologiche in corso di sepsi sono molto comuni, spesso precedono la disfunzione di altri organi e sono associate ad un incremento della mortalità e delle complicanze a lungo termine44. In alcuni studi la prevalenza dell'encefalopatia (SAE) e la polineuropatia

associate alla sepsi raggiungono il 70% e al momento non esiste un trattamento specifico. La SAE si manifesta principalmente con un alterazione dello stato mentale caratterizzata da agitazione, confusione, irritabilità, convulsioni (tipo A) o con una diminuzione dello stato di coscienza fino al coma (tipo B). Anche se ci sono varie definizioni di SAE la diagnosi prevede la presenza di un'infezione extracranica e di uno stato mentale alterato. Questi pazienti presentano una alterata permeabilità della barriera ematoencefalica nonché alti livelli di enolasi neurono specifica, di proteina S100β e alterazioni elettroencefalografiche che peraltro correlano con la gravità del quadro neurologico. Anche se la fisiopatologia dell'encefalopatia settica non è ancora ben definita alcuni studi suggeriscono una genesi multifattoriale che comprende: alterazioni microcircolatorie a livello cerebrale, azione delle tossine batteriche, dei mediatori della flogosi44 fra cui verosimilmente TNFα, IL1β e IL6 i

cui livelli sono peraltro aumentati nel liquido cefalo rachidiano di questi pazienti.

Molti pazienti settici sviluppano un danno polmonare di entità variabile fino alla sua manifestazione clinica più grave rappresentata dall'ARDS (sindrome da distress respiratorio dell'adulto) caratterizzata da insufficienza respiratoria acuta, ipossiemia severa e edema polmonare diffuso, provocato dal danno endoteliale, dal danno all’epitelio alveolare e dall’aumentata permeabilità vascolare.

A livello polmonare infatti vengono prodotte citochine proinfiammatorie che contribuiscono ad iniziare ed amplificare la risposta infiammatoria locale: i macrofagi

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alveolari secernono TNF-α, IL-1, 6, 8 che stimolano la chemiotassi e l’attivazione dei neutrofili che a loro volta rilasciano ROS, proteasi, leucotrieni e altre molecole pro infiammatorie che portano al danno epiteliale.

Si riscontrano tuttavia anche mediatori antiinfiammatori come l’antagonista del recettore di IL-1, il recettore solubile per il TNF-α, IL-10 ed è il bilanciamento fra questi due sistemi che determina o meno il danno polmonare32. Il danno polmonare in corso di sepsi può

riconoscere anche una componente iatrogena dovuta alla ventilazione meccanica che determina una sovradistensione degli alveoli con conseguente danno capillare; inoltre il ripetersi di cicli di apertura e di chiusura degli alveoli determina danno polmonare anche indipendentemente da questo meccanismo: la combinazione dei due può attivare la cascata di citochine pro infiammatorie.

Alcuni autori suggeriscono che un fattore determinante nello sviluppo del danno multiorgano sia rappresentato dal mal funzionamento a livello cellulare dei processi ossidativi mitocondriali, mediati da TNFα, NO e radicali dell'ossigeno, con conseguenti danni strutturali a lipidi, proteine, DNA mitocondriale e riduzione dell' ATP prodotto.

Strategie terapeutiche

La Rianimazione di un malato affetto da sepsi severa o con segni di ipoperfusione tissutale indotta dalla sepsi (clinicamente evidenziata da ipotensione o acidosi lattica) dovrebbe iniziare immediatamente dopo la diagnosi, e non dovrebbe essere ritardata dall’attesa del ricovero del paziente in Terapia Intensiva. Le linee guida34 (LG) sul

trattamento della sepsi del 2008 classificano le indicazioni secondo il sistema GRADE (Grades of Recommendation, Assessment, Development and Evaluation), in base alle evidenze e ai trials clinici su cui si basano: dal grado A, quando supportate da trials randomizzati, fino al grado D, che fa riferimento a opinioni di esperti o serie di casi; inoltre il sistema GRADE (tab 2) classifica le raccomandazioni come forte (raccomandazione) o

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GRADE system

Determination of the quality of evidence ● Underlying methodology

A. RCT

B. Downgraded RCT or upgraded observational studies C. Well-done observational studies

D. Case series or expert opinion

● Factors that may decrease the strength of evidence

1. Poor quality of planning and implementation of available RCTs, suggesting high likelihood of bias

2. Inconsistency of results (including problems with subgroup analyses)

3. Indirectness of evidence (differing population, intervention, control, outcomes, comparison)

4. Imprecision of results

5. High likelihood of reporting bias

● Main factors that may increase the strength of evidence

1. Large magnitude of effect (direct evidence, RR >2 with no plausible confounders) 2. Very large magnitude of effect with RR >5 and no threats to validity (by two levels) 3. Dose-response gradient

RCT, randomized controlled trial; RR, relative risk tab2

Le linee guida internazionali raccomandano di iniziare la terapia entro le prime sei ore dalla diagnosi nei pazienti con ipotensione o lattati sierici >4mmol/l (1C)

Gli obiettivi terapeutici sono (1C):

 Pressione venosa centrale (PVC) 8-12 mmHg (12-15 mmHG se il paziente è

ventilato meccanicamente)

 Pressione arteriosa media (PAM) ≥ 65 mmHg

 Diuresi ≥ 0.5-1ml/Kg/h

 Saturazione venosa centrale ≥ 70%, o saturazione venosa mista ≥ 65%

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 considerare riempimento volemico

 trasfondere globuli rossi concentrati per raggiungere un ematocrito ≥ 30%

 infusione di dobutamina fino a un massimo di 20mcg/Kg/min

Per ciò che concerne la diagnosi le LG raccomandano di ottenere due o più campioni per colture prima della somministrazione degli antibiotici purchè questo non ritardi la

somministrazione degli stessi (1C). Almeno uno dei campioni deve essere percutaneo e vanno prelevati campioni da accessi venosi in sede da più di 48 ore; le altre sedi di prelievo sono indicate dai reperti clinici.

Vengono raccomandate inoltre indagini radiologiche volte all'identificazione della sede di infezione (1C).

Per ciò che concerne la somministarazione della terapia antibiotica gli esperti

raccomandano di iniziarla il prima possibile, comunque entro la prima ora dalla diagnosi di

sepsi severa (1D) e di shock settico (1B). Gli antibiotici dovrebbero essere a largo spettro ed avere una buona penetrazione nel sito sospetto di infezione (1B) e lo schema

terapeutico dovrebbe essere rivalutato quotidianamente in modo da aumentarne l'efficacia, prevenire l'instaurarsi di resistenze, la tossicità e ridurre I costi (1C).

Gli esperti suggeriscono di considerare una terapia di associazione nelle infezioni da Pseudomonas (2D) e nei pazienti neutropenici, per non più di 3-5 giorni, e di proseguire con terapia mirata non appena disponibile l'antibiogramma (2D).

La terapia dovrebbe durare complessivamente fra tra i 7 e i 10 giorni: terapie più lunghe sono consigliabili qualora la risposta del singolo paziente sia più lenta, l'infezione derivi da siti non drenabili o nei pazienti con deficit immunitari (1D).

La somministrazione di fluidi può essere effettuata utilizzando sia colloidi che cristalloidi naturali o artificiali poichè non vi sono evidenze sulla superiorità degli uni o degli altri nel paziente settico (1B). Qualora la terapia fluidica non sia sufficiente a ripristinare

un'adeguata perfusione si rende necessario l'uso di vasopressori con l'obiettivo di mantenere una pressione arteriosa media >65mmHg (1C). Vengono raccomandate noradrenalina e dopamina come agenti di prima scelta per correggere l’ipotensione nello shock settico (1C): sebbene non ci siano evidenze che raccomandino una catecolammina piuttosto che un’altra, De Backer36, Creteur37 e altri autori 38 in studi precedenti

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rischio di tachicardia e minor effetti negativi sul circolo splancnico.

La dopamina aumenta la pressione arteriosa media e la gittata cardiaca agendo su volume sistolico e frequenza cardiaca; è particolarmente utile in pazienti con funzione sistolica compromessa ma può causare tachicardia e essere aritmogenica.

La noradrenalina garzie ai suoi effetti vasocostrittori aumenta la pressione arteriosa media, con minori effetti sulla frequenza e sul volume sistolico. La dopamina a basse dosi non è raccomandata a scopo protettivo renale (1A).

La dobutamina trova indicazione nei pazienti con disfunzione miocardica, elevata

pressione di riempimento e bassa gittata cardiaca (1C); è comunque sconsigliabile portare l’indice cardiaco a livelli superiori alla norma (grado 1B).

Qualora la terapia fluidica e l'uso di vasopressori non migliorino la pressione arteriosa e la perfusione può essere considerata la terapia con idrocortisone: nonostante precedenti studi abbiano evidenziato il ruolo di quest'ultimo nella terapia dello shock settico, un recente studio multicentrico europeo non ne ha dimostrato un reale beneficio in termini di riduzione della mortalità 39.

Nel trattamento di pazienti ad alto rischio di mortalità per insufficienza multiorgano, ARDS correlata alla sepsi e shock è consigliato l'utilizzo di proteina C attivata ricombinante purchè non sussistano controindicazioni al suo utilizzo soprattutto correlate al rischio emorragico: grazie ai suoi effetti anticoagulanti e antiinfiammatori migliora la

sopravvivenza (2B; 2C se i pazienti sono stati sottoposti a interventi chirurgici nei 30 giorni precedenti).

L’eritropoietina non è consigliata per il trattamento dell’anemia associato alla sepsi severa ma può essere usata quando il paziente settico presenti altra indicazione quale quella di compensare la mancata produzione di eritrociti secondaria ad insufficienza renale (1B). Analogamente non è consigliato l'uso di antitrombina III (ATIII) poichè non sono stati evidenziati benefici in termini di mortalità a 28 giorni in pazienti con shock settico.

Nel trattamento del distess respiratorio (ARDS) sepsi indotto è fondamentale ricorrere ad una ventilazione meccanica di tipo protettivo utilizzando come target un volume tidalico di 6ml/kg e una prerssione di plateau < 30 cmH2O accettando anche valori di pCO2 superiori

alla norma (1C) e avvalendosi dell'utilizzo di una pressione positiva di fine espirazione (PEEP) per evitare il collasso alveolare (1C). Se non controindicato I pazienti ventilati meccanicamente dovrebbero essere mantenuti con la testa sollevata a 30°-45° e , per

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quelli che richiedono alte FiO2 e presentano valori elevati di pressione di plateau, dovrebbe

essere considerata la posizione prona (2C). La sedazione necessaria per I pazienti ventilati meccanicamente può essere somministrata sia a boli che in infusione continua con interruzioni giornaliere; l'uso dei bloccanti neuromuscolari dovrebbe essere evitata quando possibile. I pazienti con un'insufficienza respiratoria moderata potrebbero beneficiare della ventilazione non invasiva.

Risulta inoltre importante dopo l'inziale stabilizzazione mantenere un buon controllo glicemico (glicemia < 150 mg/dl)(2C).

Nella gestione del danno acuto renale è raccomandato il ricorso alle tecniche di

depurazione renale sia continue che intermittenti che vengono considerate equivalenti (2B) anche se le forme continue consentono una più maneggevole gestione fluidica nei pazienti settici emodinamicamente instabili (2D).

Tecniche di depurazione extrarenale: Toraymyxin e CPFA

Visto il ruolo fondamentale svolto dai mediatori dell'infiammazione nella fisiopatologia della sespi, vari trials clinici hanno indagato l'efficacia dell'antagonismo di un singolo mediatore24,25 registrando però un clamoroso insuccesso, spostando così l'attenzione degli

studiosi su approcci alternativi, come la depurazione extracorporea, che si basano sul concetto di rimozione non selettiva dei mediatori stessi.

Le terapie sostitutive renali standard hanno mostrato risultati contrastanti circa l'efficacia nel rimuovere i mediatori della sepsi: ci sono studi infatti che dimostrano un’associazione tra l’utilizzo dell’emofiltrazione veno-venosa continua (CVVH) con adeguati flussi (35ml/kg/h) e un notevole incremento della sopravvivenza in pazienti settici con insufficienza renale, mentre altri documentano una non significativa differenza nei livelli di citochine nei pazienti settici sottoposti a emofiltrazione continua standard, se non nelle prime ore di trattamento, per un effetto di adsorbimento sulla membrana.

La capacità di eliminare le citochine circolanti dipende dal loro coefficiente di seiving e dalle caratteristiche della membrana stessa: pori troppo piccoli non permettono infatti il passaggio di alcuni mediatori mentre pori di maggiori dimensioni facilitano la loro clearance ma comportano la perdita di altre molecole quali albumina26, ormoni, farmaci,

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sostanze nutritive.

Da alcuni anni sono state pertanto proposte nel trattamento della sepsi tecniche ibride di depurazione renale fra cui Il Toraymyxin e la CPFA.

Toraymyxin

Il Toraymyxin prevede l’emoperfusione attraverso matrici di polistirene ricoperte di Polimixina B un antibiotico con alta affinità per l’endotossina.

L'endotossina innesca una serie di effetti biologici, in genere con un meccanismo dose-dipendente che, in presenza di una disregolazione dei meccanismi difensivi dell'ospite, porta alla sepsi, allo shock settico e al danno multiorgano. L'adsorbimento selettivo

dell'endotossina, che ricopre un ruolo fondamentale nella patogenesi della sepsi sostenuta da batteri Gram – e i cui alti livelli di attività sono stati messi in relazione con un outcome peggiore, potrebbe interrompere la cascata che sta alla base del processo settico di questi pazienti. Nel 2009 Cruz ha evidenziato come questa tecnica, associata alla terapia medica convenzionale, non solo determini un miglioramento dell'emodinamica e degli indici di disfunzione d'organo ma anche della sopravvivenza a 28 giorni in pazienti con shock settico di origine addominale42.

CPFA

La CPFA (coupled plasma filtration adsorption) trova invece nell'assorbimento non selettivo dei mediatori della sepsi il suo razionale. Questa tecnica, che trova indicazione nel trattamento dei pazienti con sepsi severa e shock settico, associa alla plasmafiltrazione e allo scambio diffusivo-convettivo l’adsorbimento su cartuccia. Il plasma una volta separato dal sangue intero attraverso un plasmafiltro (polietersulfone da 0.45 m2

di superficie dotato di un cut-off di circa 800 kDa, con pori di dimensioni variabili fra 0,7e 1 micron) viene fatto passare attraverso una cartuccia adsorbente (cartuccia Mediasorb®) di

resine idrofobiche (140 mL per 70 g, con una superficie adsorbente di circa 700 m2/g), quindi reinfuso nella linea ematica attraverso un emofiltro in polisulfone ad altapermeabilità di 1 m2; il sangue intero può a questo punto andare incontro a emodialisi o emofiltrazione

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(fig 5) che consente l'eliminazione di altre molecole non rimosse dalla cartuccia adsorbente nonché la gestione dei fluidi, degli elettroliti e dell'equilibrio acido-base.

Fig5 : schema CPFA

Con questa tecnica la superficie adsorbente viene applicata non al sangue ma al plasma. La reinfusione post-diluizione può essere impostata fino a 4 L/h; il flusso del sangue solitamente è tra i 150-180 ml/min mentre il tasso di filtrazione del plasma viene mantenuto tra il 15 e il 20% del flusso di filtrazione del sangue; il trattamento dura 8-10 ore dopodiché la cartuccia, che è in grado di assorbire numerosi mediatori sia pro che antiinfiammatori (tab3), diventa satura.

Il lento flusso del plasma non solo consente un maggior tempo di contatto con la cartuccia migliorando l'adsorbimento ma, una volta che la cartuccia sia satura, è molto improbabile che riesca a riportare nel circuito i mediatori già adsorbiti cosa che invece potrebbe accadere con gli alti flussi del sangue. Dopo le prime 10 ore il trattamento può continuare in emofiltrazione se è necessario un supporto renale per il paziente.

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• Interleukin 1-β • Interleukin 5 • Interleukin 6 • Interleukin 7 • Interleukin 8 • Interleukin 10 • Interleukin 12p70 • Interleukin 16 • Interleukin 18 •Macrophage inflammatory protein-α (MIP-α) • Macrophage inflammatory protein-β (MIP-β) • Tumor necrosis factor--α TNF-α • Monocyte chemotactic protein (MCP-1) • RANTES • Epithelial neutrophil activating peptide 78 (ENA-78)

Tab3: :mediatori adsorbiti dalla cartuccia

Questa tecnica extracorporea necessita di una perfetta scoagulazione del circuito per ridurre la formazione di fibrina al suo interno. Questo obiettivo può essere raggiunto in diversi modi (fig6):

 infondendo nel circuito eparina non frazionata con conseguente scoagulazione sistemica

 utilizzando eparina non frazionata che viene però inattivata dall'infusione di protamina nel circuito prima che il sangue venga reifuso al paziente: in questo modo ci si avvale di una scoagulazione regionale che può risultare molto utile nei pazienti ad alto rischio di sanguinamento

 utilizzando una scoagulazione regionale con citrato che prevede infusione di calcio

al paziente per neutralizzare l'effetto del citrato stesso.

In uno studio di Mariano del 2004 l'utilizzo del citrato è risultato essere altrettanto sicuro ed efficace di quello dell'eparina in pazienti ad alto rischio di sanguinamento43.

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Figura 6: tecniche di anticoagulazione43

Inizialmente l'efficacia di questa metodica nel trattamento della sespi è stata valutata in pazienti settici che avessero sviluppato anche insufficienza renale ma studi successivi hanno mostrato risultati analoghi anche in pazienti settici con funzione renale conservata2,27.

Numerosi studi indicano infatti che il trattamento con CPFA nello shock settico migliora in modo significativo la funzione respiratoria e l'emodinamica con riduzione del supporto aminico fino alla totale sospensione 2,27. Questa metodica sembra inoltre migliorare la

perfusione splancnica risolvendo lo stato di immunoparalisi e iperdinamico caratteristico del processo settico26.

C. Ronco et al.28 hanno dimostrato che i macrofagi del sangue trattato con CPFA

riaquistano la capacità di produrre TNFα ( proprietà che generalmente perdono durante il processo settico) e quindi la loro capacità produttiva e responsiva all’insulto, ipotizzando che la CPFA, rimuovendo le citochine pro e anti infiammatorie in modo non selettivo, determini una sorta di immunomodulazione con conseguente attenuazione della risposta di fase acuta e ripristino dell’equilibrio del sistema immunitario29.

L'adsorbimento di citochine implicate nel processo infiammatorio e l'effetto di modulazione sulla risposta immunitaria svolta da questa metodica potrebbe determinare anche un

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miglioramento dell'encefalopatia sepsi correlata ma è ancora oggetto di studio se la CPFA possa ridurre le complicanze neurologiche a lungo termine.

Figura

Figura 1: Teoria parallela e teoria sequenziale 4

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