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https://archive.org/details/dellechiomefemmiOOpapa

(6)
(7)

;

delle chiome femminili

£

loro acconciature , tanto antiche, che

moderne

.

Memorie

piacevoli ed eru- dite di P. V. a S. Eccellenzail$ig.

Gio

Roberto Pappafava,

U Na

critica cronologica Lettera

da me

diftefa fui foggetto modellino delle prefent»

Memorie,#

e da

me

di-

retta a rifpettabile Soggetto, fu il

mo-

tivo della prefente Operetta

, poiché

piacque ella , che fui eccitato a do-

verne

ampliare il difcorfo fenza ch’io piùquella poteffi riavere

Tornai

per- tanto ad applicarmi a quella fteflamate-

riadelle

Chiome Femminili

, e loro ac- conciature,e ben roiperfualì,chelapre- fenteCollezionedi

Memorie

agli

Uomi-

A

ni

(8)

ni di

buon

fenno

non

potette

difpia- cere .Sonoquelletratteda molti

A

uteri, e ficcomelo fcopoprincipaledell’Itteri- co è di edere fedele nelle lue natra- zioni , cosi

ho

iocoll*indagarne l’ori- gine procurato di quelle

comprovate,

C

con

}'autorità del Sacro tetto ,

non

che de? facrj e profani Iftorici , pian-

do

però tratto tratto le autorità

mede*

fune con quellamodettia,che riconvie- ne a

buon

Cattolico: equindi

non

du- bito procederanno con chiarezza

, pre-

ci(ione, e fede. Io dimottrerò adun-

que

, che quefti femminili abbiglia- menti dei capelli fono un (imbolo del-

la libertà:e patteròda quetto

argomen-

to a quello della

chioma

, cheèil pre- gio principale di una

Femmina

,

come appunto

Ja Sac.Cantica(i) , la parago- na ad una porpora regale, e ficcome le differenti acconciaturedel capo,

che

in ogni

tempo

fi accoftumarono,con- cluderò le

Donne

alla neceflìtà di ri-

cef-

fi) Cap. VII. n.y Caput tuum ut Carmtlut,4?

Comae capìtit tui jicut purpurarsgit viaffé umalibusè

(9)

W

5

M

cercare fufiidio negli altrui capeMi , perciò parlerò degli acconciamentipo- ilicci : lo

che mi

porgerà

motivo

di far difcorfo dell’ origine della

Pamc-

ca ; da quella farò paffaggio a produr- re

memorie

fulla Toelette ,

che

de-

ve

preceder necelfariamente gli acco-

modamenti

dei capelli , de’ quali in fi-

ne

terrò ragionamento . Se le Si-

gnore d’ oggidì daranno

un

?occhiata al

prefente Libretto, avranno

motivo

,’e

con

ragione,di gloriarli, phe

non

o- ftante l’Ungarica invalione ,

©epidemi-

ca dcfolazione, ha Caputo il loro fella

con

fervare

una

ordinata ferie di abbi- gliamenti, ficchp col rifcontro de’

mo- numenti

qui prodotti

ponno

gareggia- re

con

qualll'ìa più onorevole

Muleo.

Tolga

ij Cielo,

che

nel defcrivere si fatte cofe abbia io i! penderò di fo-

mentare

il lutfb donnefco , che anzi

non

avrò riguardo di tiferire quelle autorità , che al fedo loro fono e fa- vorevoli , e contrarie. Quello però ,a dir vero, era quaiì fuperfìuo

5 poiché

le

Femmine

d’ oggidì

non hanno

bifo-

gno

delle prefenti

Memorie

per

fomen-

tare 1 ambizione, fapendo anch’ eiTe

A

2 quel

(10)

M 4

)of

quel detto di Orazio (i) cofa loro

convenga

, qual fia la ftrada dellavir- tù , e qual fia la lìrada del vizio.

Per dar principio

adunque

alle

mie Memorie

dicali;che i capelli oltre al-

P

edere l’ornamento del capo

umano

fonoitati,ed attualmente

foho,unma-

nifelìo legno delio fiato libero dell'

uomo

, loche ofo defumere, e (labili- re da una legge regillrata nel Capito- lare di Francia, che fida una penale contro colui, che azzardale radere il

capo di

un uomo

libero fenza luo pro- prio allento, e contro il fentiménto

della legge (2

) . Io fono di parere ,

che un

giudo divieto abbia avuto origine colà

dopo

che nel principio del fecolo quinto pofero piedei Fran-

celi nella

Germania;

dove feguendo 1*

ufo de’ popoli Settentrionali (I radef- fero la nuca del capo, lafciando ca-

de-

(i) Horat. de Art. Poet.Quiddeceat,quidnon".

. quo virttts

, quo ferat errar.

(a) Capir,ann.

DCXXX-

Si quis alicuiusconteale- geni tunderit caput libertini

mn

volentis, curri

xii.Jbl. componnt»

(11)

W

;

M

fiere 1*altra parte de’capelli dalla fron- te, e dalle tempia giù per le gote li-

no

al petto; il qual

portamento

truce e formidabile mal

comportando

la na- zione Francefe, volle ,che quelli,

che

ritornati erano in patria, li aflbggec- taflero al cofhime degli abitanti . Scri- ve

Giunio

(i) al propolito

mio

ne*

fuoi

Comentarj

,

che

il radere de’ca-

pelli è un’ azione fervile prellb

che

ri- dicola, e propria foltanto di chi appe- na ha infegne virili, e ripugnanti al- le Sacre fcritture .

Uno

ScrittoreFran- cefe (2)

dando

conto della cultura de*

capelli degli altri fecoli, dice,che nel fecolo quinto il

Re

gli portava lun-

A

3 ghif-

fi) Iun. Coment, de Coma. Servili* mihì ha*

ietur rafura,ridìcula,

&

Morronum propria,

denique fcrìptis dìvinis repugnans , atque fi debuerit fermo, impietatis etiam(9*ingratitudi«

nìs erga naturavi,

&

Deum

.

(a) M4 Legendre: „ Le Rcis les portale tres*

longs,

&

fesparendo

meme

> la noblefse à proportiemde fon rang

&

de fanaiftance,le ,, peuple etait plus ou moins rase , Pliora-

„ me ferve Vetait tout a fai t; T

homme

de

57 poste; c'eft a dire payarit tributa ue 1’#*

tait point cntierement. «

(12)

>( Oo(

ghifìimi , lardandoli cadere a loro ta- lento, e quindi dalla Nobiltà fecondo lo flato , c la nafcita fi coltivavano

,

quando

poi dal popolo più, o

meno

fecondo il genio il radevano; a diffe- renza dei fervi , che rafo portar dove-

vano

il capo ,

benché non

del tutto coloro ch’erano tributar).

Un

tal di- vieto viérì ricordata dal fopràccitato Capitolare (i) all’anno

DCCXIII.

che

avvalora r'a'ffunto

mio

, col quale fi

vieta , che alcun Francefe fia prefoper

la chioma.- Certa colà è,-

thè

le per- fone Ecclefiàfiiche

negando

la propria volontàcóli’abbaridònamento del

Mon- do

rinunciano alla propria libertà , u- niformandofi alle

Canoniche

difcipli- jìe; quindi

veggiamo Monaci

e

Moni- che

affoggetcàrfi al tagliò dei capelli

,

quefte velando il capo loroper decen- za , e quelli per decoro portandovi d*

intorno una corona .

In

fatti Childcrico III. riguarda l’a-

CO

Q*’ per capVlos Francumprijèrit foltdos

daim, ir in Dominicifolidos quatHtr.

(13)

ìof 7 )o(

l’azione di coftoro nella Tua legge fi^

promulgata con quel

fondamento

,

che

io

ho

qui fopra rtabilico * vale a di- re, che la

chioma

(ladella libertà dell’

uomo un

legno manifefio

Quindi

* favore del

Monachifmo

ftabilifce vali-

da la difpoiizione di colui ,

che

libero entratovi vi avrà deporta la

chioma

Quella corona pertanto» eh’ io fopra

dilli portarli dai

Monaci

per decoro,e*

ra

un

aperto fegno d’ infamia a chi*

unque

d’erti ne forte flatoprivato(2) ;

come appunto

era Conliderata la

mag-

gior’ingiuria che far fi poteflc ad

un

Principe, allorché dalla fua dignità deporto, veniva

condannato

al taglio

Jia

^ de

(1) Capitolari.DCCCIII. Ut lìtt*' homo qui in Monajlerio regola*iter tornavi depnfutrit ,

&

fuat res ibidem delegane*ti , promi(fionem fé*

(lamficundum regulam fismiter tentai.

|») In Regni. Monait. cap.

XVI

Monacaipar*

vsrfortim aut adolefientum confeéiaior, vel qui cjculo, vel qua!io et oc enfiane turpi deprehe»* fusfuerit infiare,comprobata patenter perac*

cufatores verifjtmos,fine tefiei ciufa , puliice verberetur,coronam Capiiis

, quattigefiabat, a*

mittat, decalvatumqut turpiter abrobrìo teatc

(14)

M

s )o(

de’capelli , e della barba,

come

leggefì

edere dato praticato a qualche

Doge

nelle

Venete

e

Greche

Iilorie (t) .

Nei

primi fecoli del Criftianefimo era

comune

fra gli Ecclefiaffici ,sl regola- ri , clic fecolan i’ufo della corona ver- ticale,

che

tonfura di S. Pietro dice- vafi; a differenza di quella di S. Paolo abbracciata da pochi Greci Orientali,

i quali radevanfi del tutto il capo , e ciò fi manifefta da una queftione in- forca nella Chiela Anglicana fopra le differenti corone facerdotali, che nel fecola fefto colà fi videro,

dopo che

gli Angli e Sa(Toni invaierò la pro- vincia della gran Brettagna (a) . E’

manifefto per

un

editto del 734.

che dopo

tal

tempo

gli Ecclefiaftici feco- lari incominciaronoacoltivarela chio-

ma;

lo che eflendo contro le canoni-

che

coftiruzioni fu ordinato , che fof- fero tagliati dall’Arcidiacono i capel-

li

———

{1) Apoft. Zeno Cotnpend. dell5 Ift. Veneta ,

nellaVita di Già Gmftiniano Doge XI.

^») Ciò notafi dall’Autore delle modedeiFrati»

tsfi ftamp. in Araftcrdam in 12. del 1773*

(15)

M

9

M

li a quei Chierici

che

colti vaflero

chioma

(i),

Ciò

premeflo

dunque

do- vrà confeflarfi da chicchefiia edere la

chioma un

fegno manifefto dello flato

libero dell’

uomo

, il quale

godendo

di tal privilegio dalla natura, potrà fen»

za abufo ricercare quella cultura,

che renda

più

adorno

il fuo capo .

Effendo la.

chioma, come

fino

ad

ora

abbiamo

provato,

un

indizio del- lo flato libero dell’uomo, conviene al lìftema dell’argomento propofto inda- gare al prefente quale tra le «ante pof.

fa chiamarli la piùdifiinta

. Quellica- pelli,

che

noi

come

(imbolo di libertà nell’

uomo abbiamo

eonlìderato , oltre ad eflere

una

difefa al capo, fonoan-

che

il fuo più bello

ornamento. E

va- glia il vero, reeili i rami ad

un

arbo- re , apparifee

un

vergognofo tronco

,

come

orrido farà

un

prato fenz’ er-

,

ba (2) .

Quindi

il capo

adorno

d’

una

bel-

CO

Capitul. an. DCCLIV, Sancitum ejl ut Cle*

rìcì quicomam nutriunt, ab A*rchidiaconoetfi mluerint invitetondantur. Vedi anche Pro*

tog. iv. car. 65.

(») Scnw», Ttilt gtÌìqtììiSTKatm, 4vZ>9y ingrate

ejii

(16)

bella e folti

chioma

.effèndo il

primo

oggetto, che s' affaccia alla vifta dèi riguardante, comparirà tanto più bel- lo,

quanto

più di una maeffofa chio-

ma, che

lo circondi , farà corre- dato .

Che

tanto ciò prevaler de- ve nell'

uomo

, molto più dovraih ri- conolcere nella

donna

, (oggetto prin- cipale delle prefenti

Memorie

. li Fi- renzuola nei Tuo Dialogo delle bellez- ze delie

Donne

vuole , che i captili fieno fottUt e biondi, efintili all'oro, o al mele , o come i raggi del Sole ri -

f

pieridenti , crefpi tfpej]i, copiofite fan-

ghi, riferendoci egli volgarizzate le

parole di Apuleio (i), aJ quale fi ap- pog-

tjl ; folle bumant capiti* capillum tota %puU

ebritudo evanejcit. L Ovidio

Turpepecjés mutilum , turpi$ fine gramina campus,

Etfinefrondefrutex,

&

fine crinecaput

(l) Firenz. dife, 2. Se voirimovereredal lu*

cldo capo di qualfida belliflima giovanelo fplendorc del chiaro lume dei biondi ca*

S9 pelli, voi la vedrete rimaner priva d* <>•

», gni bellezza. fpogliard’ogni grazia» man*

*t> car d’ogni leggiadrìa. )9

(17)

y>(

n

ìo(

poggia

.

Un

antico

Autore

(t) ftabili- ice ,

che

per formare bella

una Don-

na trenta prerogative

devono

concor- rere ; e cinqiie

dimeno

peaffegna

Do- menico

Bruni (i),

convengono

però l*

uno

e l’altro, che la Jchiomà biondi

iìa

una

delle qualità piu rimarchevoli:

albiqae capili (3).

Non

vimaraviglia- te fealle parole albique capiliioappon-

go

1’ interpretazione di capelli biondi,

mentre

vi rifportderà per

me

il

com-

mentatore di Marziale (4)t

che

palli-

do

(1) Nevizzani Silva fup. ampliar, vii. riporta- to dal Cattaneo catal. glor. mundi par. 2, p. li.

Trigii:ta bette habeat quae valiformofa va- rar/.

(a) Bruni Difs. delle Donne lib. 4. pag. 72. r.

»» E però diremmo che alla vera bellezza di

*> unaDonnali ricercano principalmente vea«

» ticinque proprietà . (3) Nevizzani loc, cit.

Albacutis,nivei denteo, albique’captili.

fi lo ftellb Bruni: La prima delle quali

» ferivano eflere il capo piccolo, e tondo,

faconda i capelli lunghi, bianchi, lucidi,

h c fiottili.

c-f ) Fervei Cornile. in Epìg- LXXXIV.adFron-

(18)

>c

14

M

do

e gialliccio alcuna volti fignìfici albus ,

come

io di prefente lo

prendo?

viSorprenda piuttollo ,

che

il

Bruni

abbia

mezzanamente

volgarizzato quel palio, leguendo letracce del Poe-

ta piuttollo

che

quelle d’

un buon

Fi*

lòfofo , qualora

abbandonar

dovea le

opinioni erronee» e dannofe, quale fi

è quella appunto di volere

adorno

il ca-

po

di una

donna

col crine bianco al-

ba cutis * . . . albique capilit , bianca la pelle e bianco il pelo. Il Cavalier

Guido

Cafoni però dille chiaro ,

chei

capelli

deono

edere fottili , lunghi , e d’ aureo colore (i).Ioconofco felicif-

fima P opinione di quei celebri

uomi-

ni » i quaii alla bellezza delia

Donna

accoppiano il crine biondo , poiché

non

li feoftano

punto

da ciò che la-

rdarono

fcritto gli antichi » i quali deferivendo una qualche

Donna

li fer-

vono

della (Iella frafe.

Non mancano

pofteriormente di allibrarcene gli an-

ti-

tonem: Fttflutn efl ut alhutnprò pallido (é*

piatnus,

&

txalbefceré pròpallejcsre.

fi) Mag. d’aiavrsjDial. s.

(19)

)of t$ ìo(

cichi Poeti (i),e ancora del fedoloau- reo (i) , trai quali 1* Ariofto nella ix, ottava al c. vii.

dove

deferìve le fat-r

tòzze di Alcina. Sopra diquello argo-

mento

merita ogni lode la Diflertazio-

ne

del Sig. Gio.

Andrea

Baroni reci- tata nell'

Accademia

degl'Intrepidi di Ferrara col titolo delle

Chiome

bion- de , e ciglia nere d' Alcina (3» . ÌJè 15

può

,oltre i nominati Poeti, omettere

Ga-

-i.—-»

'1 » mi

{() Juven.

Caerala quii fiupuìtGermanilumina»flavam Qaefariem. 1 . , .'

% .

Et Martial.

Quae crine vincit Basticigregh vellus m

(a) Bembo Afol. lib. 2.

»,Nètrecciadifinoro aperfealvento*

Pfetr. di Laura.

„ La tefta d'or fino. . , .

Arioft- loc. cit.

Di perfona era tanto ben formata*

9y Quanto me’fingerfan pittoriindulto:

9, Conbionda chioma,lunga, etannodata ?

», Oro nonèchepiù rifpienda,eluftri .

U)

La lettura di quefta Difsertazione feguìla fera de* 16. Fcbbraj* 1746.nel qual anno fu anche pubblicata in Padova per i Ccnzatti» r

m c dedicata dal Sig.Ab. Pio Eneadegli;Qbìz- al Sig. D. Alfonfo Varano di Camerino*

(20)

)ò(

H K

Gabriello

Ombrerà,

dove loda la Ducheffa di Bracciano,

non mancano

adulatori'nei pofteriori

tempi,!

quali

non

fi allontanano

punto

dal Affare il

biondo crine all*

adornamento

; del ca-

po

di una

Donna

(t). Se io

non

avef-

ìi offervato,

che

ne’tempi dell’alto

Impero Romano

,

come

neipofteriori

,

e a’dì noftri pure,le

Donne

tifarono in ogni

tempo

l’arte di rendere il crine biondo, penfato avrei effere Rataque-

lla un’arte, o vogliamo dire pittura poetica ,

onde

adornare , o porre in burla, fecondo la loro frafe , le

Don- ne,

delle qnali favellano. General-

mente

pattando , e chi

non

vede,

che

in ogni

tempo

fu vana la

Donna

?Fin-

che

i

Romani non

portarono il piede nella

Germania

,

non

Tappiamo ,

che

quelle

Matrone

cercaffero di delude- re la natura

con

arte ; e però

ognun»

va-

(ij Niccolò Franco, Dialogo delle BellezzeF.r.

,, Capelli d’ oro fino fi mutano in vile

argento. ,, Pope Riccio rapito Can. IV.

,, Perquelloeffetto in carcere di carta

rs Ri&retti furo i voftri biondi crini. »

(21)

K

is

W

valevafi del proprio capello , ed

eri*

i'uperbo adorne,

mento

quello al capo* loro di

qualunque

colore fi folle;

mi

appena entrati, elfi nella

Germania

s’in-

vaghirono

del biondo crine di quella nazione (i), ed ecco le

Donne Roma- ne

andarea gara nel procurar di rubare quel colore, mediante la compofizione di

un unguento

(zj, chea maraviglia da Plinioe defcritto . Marziale ancora ri-

corda quella tintura

dopo

che

Domi-

ziano ottenne nella

Germania

la vit- toria 13) * Tertulliano fteflo (4) ofler-

quella femminile licenza in quelle Crilliane de? Tuoi tempi, che

non

po- teva fare a

meno

di

non

rimproverar loro quell’ arto di vanità , dicendo , che vergognavanli della loro nazione.

Non

(1) Vedi Giovenale luogofopra citato*

(*) Plin. Hift. Nat. Predefifapo optimus Pagi» noèrCapiino duolus modi$fp’Jfvs

&

liquidai«

(j) Marz. lib, xiv. Epig. 13.

Cauftica Teutonicos acccndìtJpuma capiitot,

Captivis poteiis cutterejfe conni.

C4) Tertull de cui. Faem. cap. vi. Viàes quasdam

&

Capillum croco wrtsre. Pudef *4$

eriam uationisfnac

.

(22)

X

16

X

Non

fi riflette allora quella fuperbi*

nelle

Donne

foltanro di gareggiare nel colore della

chioma

co'

Germani (che pur

farebbe nel feflo frale compatibi-

le )

ma

pafsò anche negli

uomini

, e forfègiunfe al grado dipazzìa ; lo fleflo FI inio

dopo

aver defcricto quel fapo-

ne

, dice , che l’ufo di quello trai

Ger- mani

tra

comune

agli

uomini

,ed al- le

Donne

(iì ,* Dilli edere giunto al

gradodi pazzia quell’attodi vanità, po- fciachè lo ritroviamo predo gl’

Impe-

ratori . Lucio

Vero

,

non

contento

che

il crine fuo biondeggialTe , invidiava

il Sole

medefimo

3 cercando

emularne

lo fplendore ; al qual line faceva fpar- gere fopra il fuo crine delle rafchiatu- re d’oro ,

onde

in

qualunque

parte li

rivolgere ne brillale il fuo capo(2), e nulla

meno

di collui furono nella

ftef-

(1) Plin. ibid. uterque apud Germanet tuajoreiti

nfu vii is, quatti focmìnis

.

(2) Jutren. Capi, in Lucium Ver. Imp, Dieitur fané tantain habui

(fé curam flaventium capii« farmi},utcapiti auriramenta refpargevent ftégis cita» illutnhatB flavcfitnt

.

(23)

W

T7

M

ftelfa maniera ambiziofi

Comodo

(1) ,

e Gallieno (?) .

V

ufanza

adunque

di

far biondogg^are il crine fu richiama- ta

anche

fra noi, e lo ricordano in alcuneStanze

due

Poeti de’ noftri gior- ni (j).

Quanto

finora

ho

detto del

biondo

crine e una prova evidente di Ciò

che ho

propello, che i capelli ol- tre al fervir di diftfa al capo, fiano iìn

adornamento

del medefiroo ,

aeve

per avventura lembrar cofa ftra- tia , fe per qualche naturai difetto ta-

luno li adorni i capelli con qualchefo- rni,aliante artifizio. E’ detto

comune»

dove

manca

natura arteJìtfplifce. Se

(i) Lamprid. in Comm. Coptilo

f

empir fu~

csto

&

auri ranieniis illuminata«

(a) Trabell. Poi. in Gali. Crìmini fui; 4**9 firobem afptrfit.*

^3) La Moda Poemetto St.

9, Efla la moda ancor chiome canute

9, Avrla

E nella Sr. 25. delfuo Tuppè cantò i\ $ìgm&

Giacomo Vittorelli di Ballano.

3> Se natura mancò l’arte non manca

99 Di render bionde tante teftectante9 99 E per fino minora il iuo fcrvigio

,, Arà narrine talor canuto, e bigio#

(24)

il capo è fcoperto convien difenderlo dalle infreddature .

Quindi

per la cal-

vizie,© per la rarità dei capelli, pro- veniente da qualche malore , in forn-

irla per oualfifìa difetto , era neceflario riparare quella parte del corpo, e

/men-

tir la natura , cercando di abbellire

T

Uomo

in quella parte che p;ù d’ogn*

altra farebbe deplorabile fe reftafle di-

fenda

; perciò fu introdotto l’ufodei capelli pellicci telluri , e con arte ta- le difpolli , che imitacelo l’ordinaria capigliatura .

A

quella fi adattano gli

Dom

ni , e dire

non

vorrei anche le

Donne medefime

, appunto perchè ti-

fano le Signore di furrogare ai proprj alcuni artificiali capelli , che parrucche

fi

chiamano,

fio voluto prima parla- re delle parrucche ,onde

non

confon- dereF

argomento

delleacconciature del capo.-perchè diquelle in (eguito parle-

remo

.

Un

certo AutoreFrancefe(i

)vuo-

le,che le

femmine

dellaFenicia introdu-

celTero i capelli pellicci , perchè que-

lle erano obbligate di facrificare i lo-

ro

(i) Effais far Fari*»

(25)

M

lof

fO

capelli a

Venere

per i funerali e refurrczionedi

Adone. Anche

in

Roma

pagana erano talmente di capelli rico- perti gl’Idoli nei

Tempj

, che a (tento ravvifar fi potevano ; e fra tutti Apol- lo ne aveva rapito le più belle capi»

gliature

,come

odiernamente frai

Gre-

ci in Oriente

dopo

l’

immersone

nel- le

acque

batrelimali

appendono

parte dei capelli del batrezvitc all*

immagi- ne

di S.

Giovanni

,per efprimere la ri-

nunzia alle vanità uel

mondo. Narri Apulejo(i),

che quello artifizio era

roto

agli abitanti del' Affrica.

De-

ferivo egli una prcccffiepe (olenne a"

Itide , làpprefentandpci quella

Dea

ve- lina con abito di feta , edi biflo,

con

pietre precìde , cpn gli fcarpini do-

rati , e con in capo una bene affibbia- ta pofticcia capigliatura .

Lo

lìabiltre

il

tempo

, in cui tra gli Egizj inco-

minciò

la venerazione a ccltei , egli

è

B

2 pref-

(l) Apul. Af. d’Oro lib. n. Et aàttxtis tapi- te crtuilus Lequali parolecoti ctirei-taFi- lippo Barbati. j*/femin/vm repraefentat in fpeUaculo,fiet iinesfotnineosJuitititir ètte

sere, ut eapilUmtnttm ««ritmi»»

(26)

M 40

)0(

preflb che impoffibiie , nè farebbe fi-

puro il dire fe folle prima o

coptem-

poranea a

Semiramide,

che fu mille- dugentoventinove anni prima dell’Era volgare, bada il fapere , che quella Deità fu riconolciuta dai Greci per Io, e dai

Romani

per la

Dea

Cibele »

Jq

che non molto

importa al propoli**

to

nodro

. Eliano (i) parlando dicer- ta Aglaide gran mangiatrice , dice , portar’ella in capo una falfa

chioma.

Viveva

cedei al

tempo

di Ciro, in-

torno al qual Ciro appunto Senofon- te (2) ci afficura ,

che

i Perfiani por- tavano le zazzere pellicce: ed aggiun- ge, che Ciro ancor fanciullo allevato nella

Media conobbe

il

ReAft;agefuo Avolo

col fopraccigliodipinto, e con 4- na parrucca fecondo il gullo dei

Me-

d).

Anche

nel

%cro Tedo

(3) abbia-

mo

,

(i) Aelian lib. i. Hiiì. cap. 26. Commi baht*

k<it- appofititism

&

c rifiato in capite ,

(a) Voflius de vifits ferm. n xv.Xenopbon Poe* dine l. ubi de Àfliagis capì Hitio qvodque Cy?

ras Puer ad Matvetit dixeiit iquaw pulebrum mea Matec Avutn babeo .

(?) Lib? I. Reg. c*P* XlX. n. 13. Tuli* atitem

Mi'

(27)

,

che

laPiglia del

Re

Saulle usò li frode per falvar lo Spolo di coprire il

capo ad una (tatua con una fìnta zan- zera d* irfuta pelle di caprai

Lo che mi

argomento

di credere,

che

pri«

ma

di quello

tempo

afrfle fallò

quan*

to

abbiamo

da Apulejo , Eliano,e Se- nofonte,

oche

laFiglia di Saulle

non

folle in

tempo

di colorir la frode

con Una

zazzera di «spelli .

Cmunque

ciò

fia , Ariftotile (t) riferifcci

che Con*

dalo Luogotenente Generale di Man*- folo ricorfe alla

moda

delle parrucche per procurare cori tal© fifattagemma

deli’ argento al

Re

fuo

Padrone.

Pre- fe coltui

argomento

di ciò efeguire

dall’affezione,

che

[vide avere quelli di Licia aiproprj capelli ; perciò fin*

fe, che

Maufolo

avelie ordinato,

che

i ludditi Tuoi radere fi dovelfero ilca-

po,

fpargendo il deliro Ufiziale nel

B

3

tem-

Mtcbolftatuam,

&

pofuit tamfuperledimi ,

&

ptllempilerum capraruni pofuit ad caput

ejus,

&

operuit eatii vefìimentit.

$t) Arifì, lib a. Aeconom. afite; ifieib cer*

tam ftinmam in capita contribuire iiellent, t#

Gitesiacapìllot offerendotfi èffe surfltaffitti.

(28)

M « K

tempo

fteflo, che alcuno gli aveffe dato qualche

fomma

di denaro , avreb- be egli di Grecia farto venire dei ca- pelli artific ali . C'earco (i ) dìfcepol®

di Ariftonle attribuisce quefta intro-

duzione

aiTapidi. Se io avidi a de- terminare il

m o

giudizio ir pia il fat- to di quefla introduzione*

non mi

di- partirei dal riferitoda Àrifloriie, ecre- derei ,

che

nella Grecia l’ufo di tali finte zazzere già fefie inrrodotto; im- perciocché

abbiamo

da Suidà

che

per

uno

ftrartagemma militare

Anni-

baie moire ne apparecchiafle ,

come Tito

Livio ne atmnawflra ^3J fin qui

noi

(l) Clear. Arhen.lib. xtr. Dipnofoph. Primi fa*

entri attrìverunt capiti galetiMm,

Ù

1 féfitiam tornata adapt averunt

|i) Suid in Vit. Annib. Annìhal Cartagìnenfium

Dux

appofitos paravit capillos, qut prò infi•

gnioribus aetatu

w

difciimwibus elegantiurivefiU tuiconvenirettt>hijquefubìnde mutatis utebatur.

(3; Galli verte unt retto ad Anmbalemab Roma

nis odia , petitufquefaepe principutninfidiis,*•

pjumque mter finude , eadem larvante

,qua

conpnferat conjenfus indicantivm fervatus erat9

&

mutando tane veftem,ttunc tegumentacapim

tisè arore etmani ab infidiis manierai*

(29)

)o( 25 )o(

noi poffiamo dire , che a tentoni an-

diamo

in traccia di coloro , che fta- bilir vogliono per inventori e inibì—

tutori delle parrucche, perchè

non

fia- tilo fino ad ora certi fe realmente dir

fi potetteroparrucche quelle, che orli

chiamano Comam

appofititiam , Capii- litium , Galericum,Capillosappofititios

,

o come

Tito Livio (1), tegumenta ca- pitisi

comunque

fi ila la cola farà

fempre

vero però, che quei vocaboli indicano una artifieiofa capigliatura u- fata

un tempo

in luoghi barbari ed in- colti . Quella peròa pocoapoco fu co- piata e portata in

Roma

verfo il fine della

Romana

Repubblica, e fu tanto adottata da quelle

Matrone,

che

non

poterono trattenerli i Poeti di quei tempi di

non

porre in

canzone

perfi-

no

le flette Augufte .

Ovidio

nei Tuoi

Amori

(a) , oltre

che

prova Y ar-

gomento mio

precedente intorno

B 4

all’

(0

Veggafi la nota fuperiore.

fi) Amor. lib. 1. Eleg. xiv.

Nuhctilicaptivel mittetGermaniacrìntt Culla ttfumpbatae munire gentil iris,

(30)

M

i

4 W

ali’ufo della

chioma

bionda ,

mi

au- tentica anche quello deicapelli poftic- ci tifati da Augufta , con cut fi con- folava,che

dopo

la conquida fatta del- la

Germania

dai

Romani non

fareb- bero mancati ad efia i capelli degli fchiavi ; e più innanzi alla defili ,dice egli ,

che

fpeflo s’arroflìrà

, perchè fa-

ranno

guardate le

chiome

fue,

ma

ef- fa dir potrà che approva la

compera-

ta fua

merce

(i) ,

Alcuno

forfè po- trebbe

oppormi,

che per quelli capelli pofticci alluderfipofla3quelle buccole che

pendono

dai cimieri delle Signo- re, le quali

non

fanno che accrefce- re al naturai capello

un

artificiofo or-

namento

; quindi efierfi in ogni

tem- po

ingannata la gente, credendo,

che

le

Donne

abbiano nei tempi, di cui

parliamo, portata parrucca .

Accordo

benifiimo 1*obiezione , che regger po- trebbe alli addotti veri! di Ovidio,

ma

che

CO

Ob quamfaepecotttasalìquemirante rulthìs

,

Utdiesi, empia naneego mtre* prober,

(31)

)of %$ )o(

$he dir vorrà altrove lo fteflb (t) ,

quando

fi efprime , che in vece dei

fùoi capelli altri ne portava

T

Impera*

*

triee acquiftati col denaro ?

E non

in- tende così forfè

anche

Marziale (2) , parlando di Lelia ?

Ma

tutto ci ri- fchiara Properzio (3"). Quefti

non

po- teva tollerare, che le belle

Donne

na- fcondeftero i loro capelli fiotto gli ar-

tifici delle parrucche. Potrei di que-

lli ancora e di altri Autori riportare detti chiariflimi , che inanifeftano

non

efler buffi o buccole ,

come

fi

chiama- no

i finti capelli,

ma

parrucche

,come

Giovenale (4), parlando di Meffalina

Moglie

di Claudio e di

Gracco

(5) ,

I ;

che

{i) Lib. III. de Att. amando

Foeminaprocedit denfi(firnacrinìbusemptis*

ProgneJais alias ejficit aere Jìiqs. (*) luvat capillos effe

,quot emit,fuos Fabula: numquidilla, Panie, dejerat ? (3) Lib. II/, Eleg. xii. ad Cintiam.

Uh

Jubferrisfiant mala multa pueUae

jQutie mentita fuos vejìit inepta conia9 (4) Satir. vi. Ssd nigrumflavocrinem abfcondcu*

te Galero.

(f) tixx. Èt Ungo jz&tetur /pira Galero,

(32)

K

26 )0(

che

fi pufe nell’arena la parrucca per

non

eflereconofciuto , Caligola le

mag-

giori iniquità

commetteva

con a par- rucca , e in verte lunga (i) .

Ottone

per i pochi capelli che aveva in ca-

po,

portava parrucca bene adattata,

che non

riiftinguevafi dai fuoi capel-

li fi).

Ora

dubbio

non

refta.che que-

lli pofticci capelli tanto negli

Uomini, che

nelle

Donne non

fodero parruc- che; e chequelle parrucchefi coltivai fero

come

le odierne ,

non

ne portiamo dubitare» poiché gli Autori , dai quali io prendo quelli

documenti,

fono di

fomma

autorità . E’ pur chiaro ciò

che

dice Ovidio (3j,a eui

non

piac«

la

(1) Suet. in Calig. n. xi. Ganeas atque adulte*

ria in capillamento celatus,

&

vejìe longa a

bihat.

(2) Idem in Oth. n.

xn

.Galericulo capitepre.

pterraritatern capìForumadaptato,

&

*dnex*k

ut nemodìgnojceret.

(>) De Art. Aman. lib. 1.

Sint procula nobisjuvcnes ut fotminacompii Fine colimodicoformaVirilesamat.

©nel 11b- IH.

Sedvitareviroscultum,formamque proferii Quiquefuas pojjunt infattene cowas.

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