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https://archive.org/details/deicavediiedegliOOfusc
I,'
DEI mm\ E DEfill ATM 0
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SECONDO LA
DESCRIZIONEDI MARCO VITRUVIO POllIONE.
MEMORIA
LETTA ALLA
BEALE ACCADEMIA ERCOLANESE
DA GIUSEPPE MARIA FUSCO
SOCIO ORDINARIO DELLA MEDESIMA, RESIDENTE DELLAPONTANIANA, CORRISPONDENTE DI QUELLA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI SANSEPOLCRO, DEGL'INCAMMINATI DI MODIGLIANA, DEGLI ZELANTI DI ACI-REALE, DELLA COSENTINA E DELLA FLORIMON- TANA DI MONTELIONE.
NAPOLI,
DALLA
STARIPERIAREALE.
1856.
«1
#
li
DEI mm\ E IfiLI ATRII
SECONDO LA DESCRIZIONE
DI MARCO VITRUVIO POLLIONE.
C^UALE
e quantapena abbiano
data agli eruditi i capi terzo e quarto del sesto libro dell'arcliitettura diVitruvio, ove del ca- vedio e dell'atrio della casaromana
va discorrendo,non
viha
tra voi,
accademici
cliiarissimi, chi no'l sappia;nè punto sono
ignorate le gravi fatiche di queisommi
,che
, studiandosi di voltare nel proprioidioma
il testo vitruviano, o di dichiararnei passi controversi , cercarono acconci
modi
a manifestare le idee ivi conservate ;nè
sconosciutisono
gli sforzi tendenti a rifermare,o
a contrastare l'avviso toltoda
altri.Laonde
iomi
tratterrò dal riferire partitamente tutte le opinioni di questi chiari scrittori;
ma
invece le ridurrò a classe, e procurerò di confutarle colla possibile brevità ,dopo
diche
esporròuna
novella congettura sulla loro differenza,
non mai
resa dipub-
blica ragione. Indi dirò dell'altezza degli atrii e dei conclavi, eda
ultimo favellerò degl'impluvii e dei compluvii.1
(
2
)CAPO
1.DELLA DIFFERENZA
DEI CAVEDII E DEGLI ATRII.§.1. E primamente
ame sembra che manomisero
i prin- cipii di sana critica,ninno
eccettuato , coloro i qualivennero esaminando
tale quistione fatta difllcilc pervezzo,avvegnaché
essi vaghi del loro vasto sapere, e desiderosi di spiegare tutto,
invece di mirare la propria ignoranza in fatto di architettura, e per la
lunghezza
dei Secoli decorsi , e per la differenza degli usi di queiche
furono coi nostri , e pel difetto di disegni;
si fecero corrivi atassare di oscurità il
gran
Vitruvio enon
contenti atanto, l'imputarono implicitamente d'inesattezza nel definire ciò
che
attenevasi alla sua professione, di ridondanza ancora, e,che
è più, di contraddizionecon
sè stesso.§.2. Di
vero vi furono molti ^)che
dissero niente altro essere il cavedioàcW
atrio all'infuori, alcuni il tennero per1) Che Vitruvio siasi servito di figuro coldice nel caposesto del libro Vili, ma
che il danno gravissimo cagionato dalla loro perdita,confermato daGiovanAlber- toFabricio [Bibliolheca latina Tom. I, p.
339. Venet. 17-28
) , non derogasse alla sua fama, il Marini ( Yilrm'd dearchile- cluralibridecemappàratu praemunitietc.
Tom.I dìsquis.Uscct.IV', p.XX. Romae 1836) si fa a dimostrare.
2) Chi vuole conoscere lageneralesti-
main chefu tenuta lapregevole opera di Vitruvio daisavii diogni nazione, vegga il numerosoelenco, che nefa il Cicognara
(Catalogo ragionato deilibri diarte edi
nntirhiià. posseduti dallo stesso, p. 126 e spgg. Pisa 1821 ) ; il Poleno presso lo Stratico (M. VUruviiPolliouis archilectU' ra,Tom.I, par.I,p.5 ad123.Utini 1825), edil MarcheseMarini, Op. etoni, cit., p.
XLI ad XLy.
3) Barbaro, Rody,Ortiz e Galiano nel- le loro annotazioniailibri dell'architettu- radiVitruvio, Palladio, Becker ( Gallus Tom. I, p. 76
), Avellino (Descrizione di unacasa disotterrataaPompei/'a/uiol833, p.16), e Marini, Op. cit. Tom.II, p. 20, annotazione19,
i) Perrault, Newton, Stratico, Marquez
( Casedicittà degliantichi romani, §.lo
(
5
)im
atriomeno
nobile, altriche
per esso sidovesse intendereil
cavo
o il vuoto della casa, e certuni infine ^) a conciliarelafaccenda pretesero
che
Vitruvio si fosse servito didue
voca- boli antico l'uno ,moderno
l'altro, per esprimere la identi- ca cosa.
Ma che
costoro s' ingannassero a partito , omeglio
per troppoamor
proprio e difetto di considerazione si faces- sero fuggire dipugno
la bella scoperta, ilvedremo
di qui a poco.§.3. Che
il cavedionon
sia l'identica cosa dell'atrio ri- levasichiaramente da
Vitruvio, il quale indue
distinti capitoli parla dell'uno
avanti ^)dopo
dell' altro ^) \ delprimo ne
dice cinque essere lemaniere
colle quali distinguere solevasi:cava
aediiimquinque generibus
sunt distineia, delsecondo ne
asse-gna
tre , ene numera
poi i più minuti particolari : atriorum vero latitudines et longitudines tribiis generibusformantur
etc. ; e
ne
giovapure
richiamare 1'attenzione a quel vero(congiunzione avversativa anzi
che
avverbio di assentimento o affermazione ), essendo lamente
di Vitruvio fissare il lettore a ciòche
innanzi si aveva detto ,onde
mostrare ,siccome
ame
pare , perchè separatamentene
parlasse , ed inche ne
stasse la differenza.
e seg. ), Scamozzi, Descrizione della Vii- sem.II, pag. 332) , equantunque la sua
la LaurentinadiPlinio, p. 212. congettura avvalorata dal suffragio del fu 1) Mazois ( LepalaisdeScaurns, cude- commendatoreCanonicodeIoriononreg- scriptiond'une maisonRomaine,chap. V), ga, pureèdarendersi lodeall'autore, e D'Apuzzo, Considerazioniarchitelloniche, per laforbitezza del dettato, eperlachia- par. II, pag. 53. rezza e precisione con chevenne trattan-
2) Diquesto avviso sièstato 1'egregio do talesubbietto.
amico Luigi de Bianchi dei marchesi di 3) Libro VI, cap. IH.
Montrone (Polioramapittoresco anno1, 4) Libro VI, cap.
W.
*
(4)
§. 4.
Non
ignoroche
il Marini *) sulla considerazione di niente altro parlarsi nei primi quattro capi del sesto libro, senon
della foggia colla quale solevansi fare le diverse parti de- gli edifìzii urbanisecondo
ilcostume
italiano, li abbia inuno
riuniti;
che
loSchneider
^) registrando nelcominciamento
itre titoli dati a tutta la materia dal
Rodj
e colla Bipontina ^) limise
in continuazione , eche
il nostro Galiani ^) erasi già scagliato contra ilprimo
fece la separazione delcapo
terzo dal quarto, ene
aveva accagionato i posteriori editori ,che
il se-guirono
senza discernimento di sorte , dicendo esser mestieri persuadersiche
sì nell'unoche
nell'altrocapo
dell'istessa cosa favellavasi , e però sarebbe statod'uopo non
fossero separati.Ma
ciòsiccome ognun ben vede
,anche quando
volesseam-
mettersi (
chè
ame non
cale,pur conoscendo
esservi stati al-cuni ^)
che
tennero ciascun libro scrittocon non
interrottaora- zione) , contra la fede di coloro i quali affaticandosi nella pre- gevole opera seguirono ora il Sulpizio
dando
il testo in tre capi "), orailGiocondo che
lo divise in quattronon me-
1) Op. cit.tom. II, pag.17, e tom.III, 230. Napoli 17S8.
pag. 133, col. 1. 5) Vediin Filandro ed in Gio: Alberto 2) Dell'opera di clie favello iltitolo ò Fabricio, Op. etom. cit. p. 339.
così: Vitruvius-Libridecem, recensuit, e- C) Glieditori fiorentino eveneto.
mendavit, suisque etvirorumdoct.annoia- 7) De cavisaedium: De longitudine et tionibus illustravitI.Gol. Schneider,hips. latitudinealriorum: De oecis.
1807. • 8) Macheropieo , Filandro, Barbaro ,
3) I titolifuroqo: De cavisaediumsive Laeto, Poleno e Stratico.
atriis, de alis, tablino, et peristylio: De 9) De cavisaedium: Deatriis, et alis, tricliniis, oecis, exedris, pinacothecis, et et tabliniscumdimensionibusetsymmetriis eorum dimensionibus : De oecis more eorum; Detricliniis, etoecis, etexedris,
Graeco. etpinacothecis, et eorum dimensionibus
4) L'architettura diM. VitruvioPollio- De oecis more Graeco.
ne colla traduzione italiana e comento, p.
(
5
)nerebbe
aconseguenza
veruna:avvegnaché
uniti i capinon
s'identificherebbero le cose ivi descritte,
chè
resterebberosem-
pre distinte,avendo
Vitruvio tenuto separati ed analoghi di- scorsi intorno all'una ed
all' altra, e solo quelliche usano guardare
lafaccenda dalla corteccia sipotrebbero fareimporre da
taleunione
§. 5. II perchè io ripeto, se
ha
fatto distinta descrizione di entrambi, del cavedio e dell' atrio cioè, sene ha
additata la specie ene ha
mostrata la differenza ,non sembra
potersi so- stenere essere la identica cosa senza accusarlo di balocclieria, oalmeno
di ridondanza.Tanto
piùche
lovediamo
trattenersida
lungherie in molte parti, ove il difetto di autori sincroni e la lontananza dei secoli ce lo farebbero desiderare più pro- lisso;ed
egli stesso alla distesa econ
chiare note ci dice di essersi voluto ristareda
tale odioso difetto Si arrogeche
se noidannare
il volessimo, oltre al turpegoverno faremmo
delle sue manifestazioni ^),con luimalmeneremmo
tantisommi
uo-1) Anche il valoroso architetto Nicola expeditiuseareciderepoteruntmenles.Xon
d'Apuzzo tenne questofalso avviso. Vedi minus cum advertissem dislenlam occupa- le sue pregevoli considerazioniarchitetto- tionibus civitatem publicisetprivatisnego- niche, parte II, pag. 52. tiis,paucisindicaviscribendum utangusto 2) Cum ergo ea (nempe architeeturae spatio vacuitatis ealegentes breviter perci- vocabula ) per se nonsintaperta, necpa- pere possent Cum ergo haec teant eorum inconsuetudine nomina tam naturalimodosint a maiojribus observata, etiampraeeeptorumlate vagantes scriptu- anitnoqueadvertam, inusitatasetobscuras rae, sinoncontrahantur, etpaucisetper- multis resessemihiscribendas,quofacilius lucidis sententiis explicentur , frequentia adsensuslegenliumpervenirepossint, bre- multitudineque sermonisimpediente, incer- vibus voluminibus indicavi scribere; ita tislegentium efficient cogitationes. Itaque enimexpedita eruntadintelligendum. Ar- occultas nominationes commensusque e chilect. lib. V, praefat.
memhris operampronuncians,etmemoriae 3) Di vero nel capo primo del primo tradantur, breviter exponam: sic enim Vibroci dicei Pìdlosophia perpcitarckite-
( 6 )
mini,
che
ilvennero meritamenle
lodando,non
solocome
ar- chitetto peritissimo ,ma come
letterato e scienziatoben
an-che
e,che
piùmonta,
i suoiammiratori
tra gli antichida
noi classici autoriaddimandali
, i quali certomeglio
di noi giudicare sapeltero e potettero del suo merito, e di lui solo actum animo magno,etutnonsitarrogans, sedpotiusfacilis,equus,et fìdelis sineava- rilia, quod est maximum; nullum enim opusvere sinefide etcaslilate fieripotest:
ne sitcupidus, nequeinmuneribus accipi- endishaheatanimumoccupatum, sedcum
gravitatesuam tueaturdignitatem, bonam famamhabendo. D'essere stato findafan- ciullezzaeducato a'buonistudiigiustal'at- tico sistema, ela opinionedellafamiglia
,
essostessoil narra nel proemio del sesto libro contali parole: Itaqueegomaximas
infinitasqueparentibue ago atque habeo gra- tias, quodAtheniensium legcm probantes,
meartem erudiendumcuraverunt,eteaquae non potest esseprobata, sine lilteratura, encycUaque, doctrìnarumomniumdiscipli- na. Cumergo etparentumcura, etprae- reptorum doctrinis auctas haberem copias discipUnarum , Philologis et Pfiilotechnis rebus, cmnmentariorumque scripturis me
delectatuseas possessionesanimoparavi, e quibus haecestfructuumsumma, nullam
jìlushabcndinecessitatemdivitiarum,ma- xime nihildesiderare.
E
che di geometria e di aritmetica nonavesse penuria anche cel dichiara (lib. X, cap. XVI) : Itaque utetiam qui geometriae, arithmeticaeque rationesnonnoverint, habeant expeditum, ne in periculo bellicocogitationibus detine- antur, quae ipsae [adendo certa cogno-
vi, quaeque inparte accepi a praecepto- ribus finita,exponam.Delpariperciò che concernearchitettura militare manifestasi dalla prefazione del primo libro: Itaque cum M. Aurelio, et P. Numisio , et Cn.
Cornelio ad apparitionem balistarum et
scorpionum reliquorumque tormentorum refeclionemfui praesto, etcumeiscommo- daaccepi; echeabbiaesercitataed incul- cata lamaniera di munire e difendere le città ( lib. I, cap.
V
) ed avuta cognizione esatta delle macchine belliche, lib.X
,
cap. XIII e XX.
1) Cardano Girolamo , De sublilitafe lib. XVI
—
Giovanni Alberto Fabricio , Biblioth.lat.T. I, p. 338—
Scipione Mai-fei, Verona illustrata par. II,p. 32
—
Ga- liani, 0. c. p. XI—
LeoneAlberto in fine del sesto libro—Marini [O.c. T.I,p.VII) così delladiluioperafavella: Opusinquo praeter ea quae ad architecturamcivilem etmilitaremspeclant,multapertractantur, quae ad historiamgeographiam, physicam astronomiam, gnomonicam, oplicam, mu- sicam, hydraulicam et mechanicam alti- nent; e ciò aiferma dopo averriferito ilbrano di Vitruvioove leggesi: namque bis voluminibus aperuiomnesdisciplinae ratio- nes. Elo Stratico sì nediscorre
Haecille,quilicei haec modesteprotulerit, etomniiactantiaprocul,eruditissimumni-
( 7 )
preferenza di tanti altri ricordati
da
Vitruvio stessovennero
facendo onorata ricordanza ^)§. 6.
Se mi
piacesse ricorrere aPlinionon
cliead
al- tri,che pure
in variamaniera
furono interpretati, novello ap-poggio
troverei allamia
asserzione;ma
iomi sono
proposto di trattare la quistionemossa
su questa parte del testo di Vi- truviocon
Vitruvio stesso,chè
esso architetto peritodoveva
e potevameglio
di ogni altro favellare di architetturainun
ope- ra dettata a siffatto utile scopo, eche un
trattato di architettu- ra universalecomprende
per V innanzinon mai
fatto oim- maginato
^) , nel qualemostra ben anche quanto
sentisse ad-hilominus fuissehominem, et Graeciser-
monisgnarum, scriptaeius, etresipsae, de quibusagii, copiose testantur. Haec autem guatenus ad mores. Porro eundem scien- tiamillam,quae de naturaagit,degustasse, exscriptis eius palam cognoscitur. Saepe enimphysicasmovensquaestiones, eassol- vereconaturetc.0. c.T.I, par. I,p. 142.
1] Oltre a'tanti, che possonsiriscon- trare e nellasuaopera,ed appresso il Fa- bricio {0. et. e. p. 343e segg.),solo nel capoterzo delquarto libro, e nella prefa- zione del settimo afferma avere avuto tra le mani da circa quarantascrittori, che avevano trattatodearchitcclura et dema- chinatione , de'quali dichiaraperò essersi servito nellacompilazionedellasuaopera.
2) Plinio, Histor. natur. lib. XVI, 35e 36.
—
Frontino,De aqueductibusart.XXV.—
Servio, Ad Aeneid.yi, 43.—SidonioA-pollinare, Arch.EpistolaVI, 3etVili, 6.
—
Tzetze,AdLycophronis Cassandram Fa- rior.lecl. I, 25.3) Epist. lib. II, ep. 17.
4) Tale divisamente oltre ad apparire chiaro in ogni parte della sua pregevole opera, così egliilmanifestanellaconchiu- sionedeldecimo libro: Quaspotuidema-
chinationeesrpedire rationes, etpacisbelli-
que temporibus utilissimas pulavi, in hoc volumine perfeci. In prioribus vero no- vem de singulisgeneribus etpartibus com- paravi, ut totum corpus omniaarchitectu- raemembra in decem voluminibus haberet explicata.
5) Cum advertissem ( è Vitruvio, che parla a talmodo nellaprefazione del libro quarto), Imperator,pluresde architectura praecepla voluminaque commentariorum nonordinatased imperfecta,utiparticulas errabundas, reliquisse dignam et utilissi~
mam
remputavi, tantae disciplinae corpus adperfectam ordinationem perducere , et praescriptas in singulisvoluminibussingu- lorumgenerumqualitates explicare.Enellaprefazione dellibro quinto aggiugne: eo-
(8)
dentro in fatto di scienze c lettere e
come
avanti di scriveresi perfezionasse colla pratica in tale difficile e nobile arte
§.7. A
tener poi il cavedio perun membro
separato dal-l' atrio, 0
meglio
per un' atriomeno
nobile, osta 1' autoritàmedesima
di Yitruvio; perciocchédando
eglila descrizione di quelli clie aenivano appellati toscani dice ^) :Tuscanica
sunt^in quibus trabes in atriì latitudine traiectde
habent
interpen- siva; sedunque
le travi del cavedio passavano per lalarghez- za dell' atrio, quellodoveva
essercompreso
in questo,ma non mai
per ciò tenerlo la stessa cosa,siccome
viziosamenteargo-menta
il eh.marchese
Marini ^),econ lui tutti quelliche
avanti diedero nello slesso avviso;
dappoiché
a giudicarecon
essi bi-sognerebbe ammettere che
il continente sia eguale al conte- nuto, 0 il tutto alla parte ilche
ripugna.Similmente
parlando nelcapo
quinto del sesto libro deimembri comuni
nelle case, ricorda i vestiboli^ i cavedii^ ìperistilii (vestibulacava
aedi- 7imperisti/ìia )^ e più giù facendomotto
delle stesse parti del- la casa favellando di quelle dei nobili, dice: i vestiboli^ glialti atrii
ed
iperistilii (vestibula regalia^ alta atria etper
i-stylia); or chi
non
vedeche
Yitruvio si abbia adoperata quirutnque (scil. volum.) ordinationes Insti' sed ut architectushisliteris imbutus, haec tui, utnonsintquaerentibusseparatimcol- nitus sudi scribere. Arch. lib. I, cap. I.
ligenda, sed e corpore uno et in singuUs Vedi ancora leaanotazioiii apposteal pa- voluminihus singulorwngenerum haberent ragrafo precedente
explicationes. 2) Lib. II, praef.
1) Peto a te Caesar, etab aliisquimea 3) Lib.VI, Cap. III.
toluminasuntlecturi, utsiquidparumad 4) Ecco il suo ragionamento { 0. e t.
artisgrammaticae regulamfueritexpUca- cit. lib. VI, nota 19, pag. 20) : Etrevera tum, ignoscatur, Namquenonutisummus ciim de constructioneagit Vitruvius, dicit philosophus, necrethordisertus, nec qram- trabes inatrii latitudine traiectae, atriuni
maticussummisrationibusartisexercitatus, igitur eratidemac cavaedium.
( )
la voce atrio a dinotare 1' altra cavedio detta di sopra? Altra volta descrivendo nel
capo
settimo dello stesso libro le casegreche
soggiugne, atriisGr
acci quianon
utunturajanuae
thyrorio introiium esse inperistylium^ in latinis ve- roajanua
esse iransiiumper cavaedium ad
peristylium\con
tali parole quindi Vitruvio
anche
a giudizio dei più alcuni dei quali si giovarono delle testimonianze diVarrone
^) , di Testo ^) e di Servio ^) ci fa sapere potersi lavoce cavediomet-
tere per r altra atrio.
Nè può
trascurarsiche
lo stesso emerito architetto ^) in favellando dell' atrione da
le più spicciolatemisure
^) al pari di molti altrimembri
della casa ^) , e del ca- vedionon mai
^) :come
ascrivere adifetto tale reticenza, enon
tenerla invece per
argomento
contrario a coloro i quali voglio-no
distinzione dimembri
, solo perchè vi è diversità di voca- boli?Non
detta forse laragioneche
dalle dimensioni dell'una cosa dipendessero quelle dell'altra, eche
il misuratissimoVi-
iruvio ^) a causarcida
noia, fortesperando
la suaopera sino a noi arrivasse^") si fosse risparmiato replicarle? Oltre ache
tut-1)Veditraglialtri il Galiani [0. c. lib. bere caepi.
VI, nota 1, p. 230), e gliautori citatidal 6) Arch. lib. VI, cap. IV.
Marini,0.c. lib.VI, nota19, T. Ili,p.20. 7) Arch. lib. V,cap. II, elib. VI, cap.
2) Delingua latina lib.VI, cap. 33. V. Vedi ancora il §. 29 e segg. qui ap- 3) DeVerborumsignifìcatione.Y..citrium. presso.
4) AdAeneid. I, v. 723. 8) Arch. lib.VI, cap. IH.
5) Che abbia scrittonellaveccliiezza il 9) Arch. lib. VI,praefat.
dice nellaprefazione dellibroII,favellan- 10) Sedforte nonnullihaecleviaiudican- do all'imperatore intalguisa:Mihi autem tes, putanteos esse tantumsapientes, qui statura non tribuit natura, faciem de far- pecuniasuntcopiosi: itaque plerique ad id mavitaetas, valeludo delraxitvires. Nella propositum contendenies,audaciaadhibita, dedicazione aveva detto: cum ergo eo be- cwndivitiis etiam notitiamsunt consecuti.
neccio essem obligatus utad exitum vitae Egoautem, Caesar, non ad pecuniam pa-
noiihabereminopiaetimoremhaectibiseri- randam exarte dedi studium; sed potius
(
10
)te le fiate vien
nominando
imembri
della casa,come
le ale il tabliiio ec. e vuole designarne il sito li dice neir«/r/o enon mai
nel cavedio posti: se questo avesse costituitouno
spaziomeno
nobile dell' atrio ,avrebbe
avuto delle stanze in giro , e certo Vitruvionon
si sarebbe trattenuto di ricordarcelo,ma
esso
non
lo fece;adunque
senon
fu l'identicacosa dell'atrio,non
è a stimarsinè
anclie perun
atriomeno
cospicuo.§. 8.
Di
superfluitcà poi tassano il solenne architetto, co- loroche vengono
sostenendo aver descritto il vuoto dell'atrio allorchéha
parlalo del cavedio;avvegnaché avendo
date lenorme ed
i limiti dell' atrio, inutile ed oziosaopera
sarebbe tornata a trattenersi dello spazio racchiuso,non
altrimenti fa-rebbe
colui,che
determinatoavendo un
triangolo per la desi-gnazione
diun
lato cogliangoli adiacenti, opure un
rettangolo pei latiche comprendono uno
degli angoli, ci affliggesse a trattenere dell' aia; tanto piìi se si consideriche
di questo vo- lutovacuo non ne
viene datanò punto nè poco
la estensione.Vi ha
inoltreche
il vuoto si appartiene alle cose incorporali, e però a determinarlonon
ò mestieri di altro senon
dei confini;
ma
quivi si parladi travi, travicelli, panconcellie colonne,che danno una
costruzione;
dunque
essa interpretazionenò anche
regge.E pure
reggerenon
potrebbe per altra ragione;che
ilcavedio testudinato
mancherebbe
alTatlo di tale condizione, es-tenuitatem cum bona fama, quam abun- autemapraeccptoribusest traditum, roga- dantiam cuminfamia sequendamprobaii; tum, non rogantemoportere suscipere cu- ideonotiliasparumestassecuta,sedtamen ram; quodingennus color movelurpudore
ìiis voluminibusedilis, utispero, etiainpo- petendorem suspiciosam, nanibenefìciuni steris ero nolus. Ncqueestmirandum quid dantesnon accipienles ambiunlur. Lib. II.
itapluribussim ignotus. Celeri architecti praefat.
roganf, etambiunt, et archilectentur: rnihi 1) Lib. VI, cap. IV.
(
"
)sendo
anche
per testimonianza diVarrone
*)ed
a giudizio di tutti cosi appellato perchè perfettamente chiuso.Ed
ove tutto ciòmancasse
basterebbe ilnumero
delle specie a farcene dis- sentire,imperocché dipendendo
l'uno dall'altronella loro ipo- tesi,non
potrebbero essere senon
eguali,ma siccome abbiamo
veduto, dell'uno
sono
cinque, tre dell'altro; ilperchè nè anche
è a tenersi pel vuoto dell' atrio ,che
per giuntada
Vitruvio stesso rileviamo essere stato, ove ricorreva, e per l'ufficio cui era destinato, colnome
dicompluvio
appellato§.9.
Molto più perduto si è l'assunto di quelli i qualiad
eliminare le difficoltà tutte,suppongono
di essersi servito Vi- truvio diun doppio nome
,che
additasse la stessa cosa.E
siove r
un
vocabolo fosse stato bandito, e subentrato gliene fos- se altronuovo
, certo Yitruvionon
era obbligato a servirsene contro ilconsenso
dei dotti; e datoche
avesse volutotraman-
darecome
avantinominavasi
lo avrebbe avvertito solo e si sa-rebbe
astenutodifarealtro.Nè può
stimarsiche
ciò praticasse a fuggire lamonotomia, come
usò in diversi luoghi già rimarcatida
altri ^);
dappoiché
quinon
trattasi di voci delle quali sivuole la definizione,
ma
di cose delle quali sene dà
la descri- zione: e chi volesse che 1'uno
e l'altro vocabolo esprimessero la stessa idea,concedere dovrebbe che
Vitruvio descrivesse ilmembro medesimo. Ma
essoprima
parla di travi, travicelli,
panconcelli e colonne e poi di larghezza, lunghezza, altezza
1) De lingua latina, VI, 33. par. II, pag. 52.
2) Vedi Perrault, Filandro , Galiani, 3) Lib. VI, cap. IV.
Newton,Ortiz, Stratico eMarininelleloro 4) Marini, O. c. apparatus, disquisitio annotazioniall'operadiVitruvio; Marquez II, sect. IV, p. XX.
( Delle case de'signori romani secondo la 5) Lib. VI, cap. III.
dottrina di Vitruvio) e d'Apuzzo, O. c.
*
(
12
)impalcatura e lacunari è mestieri però
che non
descriva la identica cosa, e coloro i quali volessero opporre il contrariodovrebbero
provare enon assumere che
Yitruvio sia caduto in errore.§. 10.
Ma vada pure
cosi lafaccenda,da
ciascuno allasua voltami
si dirà;lasceremo
la quistione indecisa ? omeglio
terremo all'un tempo
essere enon
essere il cavedio la stessa cosa dell' atrio,ed
in opposizione aperta di quei canoni dei quali vorresti dartiad
intendere tanto tenero ?Voi
fate leme-
raviglie e giustamente, però tanto interverrà forse, ed a
me
pare averlo
mio malgrado
di già fatto intravedere;
imperocché
senon
è l' identica cosache
1' atrio , nello stesso ò senza al-cun dubbio
a cercarsi: anzi è parte tanto essenzialeche man-
cante esso atrio
non
esisterebbe.§. 11.
Perchè proceda con
ordine e dichiari^ se fia pos- sibile, quale stata si fosse la
mente
delgran
Yitruvio , resa inesplicabile dalmolto
discettare di tantisommi uomini
pel volgere di varii secoli, concedete perpoco
egregi accademici, superiori a tutti nella diffìcile disciplina d' interpretare i papi-ri ercolanosi ;
che
Yitruvionon
venissemai
noto-ad
alcuno,
e
che
ora dalle cscavazioni della bella città dalla quale sietegloriosamente
cognominati,
vi si presentasse laprima
volta ilcodice contenente i dieci libri della suaarchitettura.
Concedete
del pariche
ilcapo
terzo del sesto libro fossecompreso
inuna colonna
di esso papiro, e che,come malauguratamente
alcu-ne
volte addiviene,mancasse
delle parole :De
aedificiorumurbanorum
partibus italicomore. Primumque de
cavis ae-\) Lib. VI, cap. IV.
( )
dium^
ufifieridebeant
^dicam. Cava aedium\
le qualiben
leggonsi nel testo,ma secondo mi penso
, lian contribuito a frastornare lamente
dei più distinti archeologi ancora, e pro- digioche
Vitruvio favellando del cavedio alla toscana ^) abbia detto esser quello, che aveva le travi poste per la larghezza del- l'atrio,che
se invece di tal voce si fosse servito dell'altracasa, certoargomentando
alla loro tortamaniera
riferita di sopra avrebbero tenuto il cavedio per lomeno un
edificio urbano.Per cautela
maggiore
obbliate quantovenne
scritto del cave- dio, e dell'atrioda Varrone, da
Plinio,da
Festo eda
altri.Ammessa
taledura
ipotesinon
ci restache
ricorrere al testo per indagare di chemai
intenda parlare Vitruvio, ebuon
per noi,che
ivi lo scienziato architettova mettendo
inmezzo
de- finizioni reali, le qualisiccome
è ovvioappo
i logici, siache
perfette, sia
che
imperfette sifossero, esprimeredebbono
l'es-senza della cosa definita.
§. 12.
Adunque,
pernon
tenervi più abada, prendendo
il testo in
mano da
esso rileviamoche
viene favellandoci diuna
cosa della quale dice cinque essere lemaniere
colle quali distinguere solevasi, eche
viene appellando coinomi
di to- scanica, corintia, tetrastila, displuviata e testudinata:quinque
generibus sunt distincta^quorum
ita figuraenominantur: Tu- scanicum,
Corinthium, Teirasigloii^
Displuvialum
^ Testudi-naium. E venendo
a descriverci i cosi detti alla toscana dice essere quelli nei quali le travi collocate per la larghezza del-l' atrio sostenevano le interpensive,
che
eran pure travi postead
angoli retti sulle prime.Tuscanica
sunt^ in quibus trahesi in atrii latitudine traiectaehabent
inlerpensiva.Giova
innan-1) Lib. VI, cap. III. 2) Vediil §. 7.
(
14
)zi tutto fare attenzione alla voce atrio
messa
quisecondo mi
penso, a determinare il sito preciso ove veniva eseguendosi ciòche
Vitruvio descrive, enon
qual termine dicomparazio-
ne,siccome
è piaciutoad
altri di ritenere.§. 15.
Quanto
al significatocompreso
nelnome
trabes^
che
Vitruvioadopera
qui senza più, per averne additato avanti r
uso
allorché favellava dell'ornamento
delle colonne, e disse solersi porre sulle colonne stesse, su pilastri isolati, e su quelli addossati o ingastonati allemura
^), (siccome mi
sen- to forte sospintoad
intendere le vociparastaiae
^) oparasta-
ticae edantae
^) o antes ^));mi
unisco all'opinione genera- le tendente a stimarle perdue
collocate nella spessezza delle pareti laterali, a sufficienteed
eguale distanza dalmuro
di en- trata eda
quello di fronte, costituenti i limiti assegnali allalunghezza
dell' atrio della casaromana
, e capaci a permettere la giusta inclinazione si alle colliquie,che
a' panconcelli (as- seres) nominatiimmediatamente da
Vitruvio.Se non che
leg-gendo
nelle illustrazioni apposte dal nostro valoroso Galiani1) Trabesenimsitpracolumnas, etpa- rastalas, etantasponuntur [Arch. lib. IV, cap. II
); ed ove della disposizione degli edificii greci discorre, e proprio allorché favella del peristilio (lib.VI,cap.X) sog- giugnc: in ea parte quaespecialadmeri- diem duas antas Interse spatio ampio di- stantes, inquibustrabesinvehuntur. Così pure nel citatolibro quarto, capo quarto, e nelcapoprimo dellibro quinto, allor- ché del foro discorre.
2) Vitruvio, Arch. lib.Ili, capo I, lib.
IV, cap. II, elib. V, cap. I.
3) Vitruvio, Arch. lib. IX, cap. IX
—
Plinio, Histor. natur, lib.XXXIII, segm.
la. Vedi ancoratuttoquello citato apro- posito dal eh. commendatore Avellino a pag. 33 e seg. dellasuadescrizione diuna casapompeianacon capitelli figuratialCin' gressoec.
4) Vitruvio Arch. lib. Ili, capoI, lib.
IV, cap. IV,lib.V,cap. I, lib. VI, cap.
X
ed
XI—
Avellino 1. c.o) Virgilio, Georg, lib.II,v.417.
—
Ser-vioal medesimoluogo
—
Festoinvoc. an-tes, eNonioMarcellino, De prop. serm.
cap. I, n. 124.
( )
alla lodatissima suaversione, edin quelle della pregevole edi- zione
anche
di Vitruvio datada Simone
Stratico ^)che
dalla distanza assegnata alleprime
travidipendevan
le proporzionidell' intera
macchina
, ilche
per altronè punto
,nò poco
ci dice qui Vitruvio, e però centra il suomodo
di usare, reste- rebhero affidate all' arbitrio-, io vorrei all' oppostoche
il tutto si regolasse dallo spazio assegnato alcompluvio,
il quale , se-condo
affermachiaramente
lo stesso Yitruvio,non
dovevasi lasciarenè
più stretto del quarto,nè
più largo del terzo della larghezza dell' atrioTrascuro
pelmomento
diesaminare
se vi sidebba
leggereimpluvium
anziche compluvium
, perchè
da
qui apoco
dovròesaminare
quanto si è detto nel rincontro dal Marini.§. 14.
Data
la estensione per 1' atrio,ed
assegnata pro- porzionalmente la parte alcompluvio
, per semplicissima ope- razione aritmetica, è facile il vedere
che
la distanza di cia-scuna
delle travi laterali dalle corrispondentimura^
invece di restare incerta,non
poteva esserenè maggiore
di tre ottavi,
nè minore
diun
terzo dell'intera larghezzadell'atrio stesso ; eche non
quelle poste per la larghezza,ma
le altre per la lun- ghezza (inierpensiva)davan
lenorme
a collocare ledue
primi-tive. Ritengo col Galiani e col Marini ^) essere le interpensive delle quattro le
due
laterali travi bisognevoli a formare il ret- tangolo, elunghe
sinoad
incontrare ledue
primitive poste per la larghezza,onde
restarvi fermate. Riconosciute per talinon
sipresenta alla
mente
alcuna dubbiezza,chè non rimane
più de-1) 0. c. Tomo III, par. U, pag. 23. relinquatur. Lib. VI, cap.IV, infine.
2) Compluviilumen latumlatitudinisa- 3) Vedi nelleloro annotazioni al capo
trii neminusquarta, ne plustertiaparte terzo del sesto libro.