L’AZIENDA USL DI BOLOGNA PER L’INTEGRAZIONE
SOCIO-SANITARIA
LUGLIO 2018
Il presente volume è stato realizzato dalla Direzione Attività Socio Sanitarie (DASS) dell’Azienda USL di Bologna. La stesura dei contenuti è stata curata da Michele Baccarini e Monica Minelli, alla redazione del documento hanno partecipato Rosa Angela Ciarrocchi, Angela Donati, Simona Genovese, Gerardo Lupi e Grazia Maiorana.
Si ringraziano per il contributo fornito alla elaborazione dei contenuti ‐ sia in riferimento alle attività svolte in stretta collaborazione con la DASS, il Direttore del Dipartimento Attività Amministrative Territoriali, Alberto Maurizzi ‐ sia in riferimento alle esperienze in atto su ciascun ambito distrettuale, i Responsabili delle Unità Attività Socio Sanitarie (UASS) e i Direttori dei Distretti di Committenza e Garanzia dell’Azienda USL di Bologna, rispettivamente:
APPENNINO BOLOGNESE
Valeria Cavallina, Eno Quargnolo
CITTÀ DI BOLOGNA
Alessandro Suppressa, Fausto Trevisani
PIANURA EST
Rita Tinti, Maria Cristina Cocchi
PIANURA OVEST
Sabina Ziosi, Alberto Zanichelli
RENO LAVINO SAMOGGIA Giovanna Manai, Fabia Franchi SAN LAZZARO DI SAVENA
Alberto Mingarelli, Elisabetta Vecchi
3 SOMMARIO
Abstract ... 5
Premessa ... 7
Ambiti di analisi ... 10
1. Funzioni e ruoli ... 11
2. Oggetti e contenuti ... 14
3. Modalità e strumenti ... 19
4. Capacità e competenze ... 23
Approfondimento... 26
Conclusioni ... 29
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ACRONIMI
ASP Azienda pubblica di Servizi alla Persona
ASC Azienda Servizi per la Cittadinanza
CRA Casa Residenza Anziani
CSM Centro di Salute Mentale
CTSS Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria DAAT Dipartimento Attività Amministrative Territoriali
DASS Direzione Attività Socio Sanitarie
DGR Deliberazione della Giunta Regionale
FAR Flusso informativo Assistenza Residenziale per anziani FNA Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza FRNA Fondo Regionale per la Non Autosufficienza
GARSIA Gestione Accesso alla Rete dei Servizi Integrati per Anziani
GRACER Grave Cerebrolesione Acquisita
GRAD Gravissime Disabilità Acquisite
MMG Medico Medicina Generale
NPIA NeuroPsichiatria Infanzia Adolescenza
PDTA Percorso Diagnostico‐Terapeutico Assistenziale
PSSR Piano sociale e sanitario regionale
RC Responsabile del Caso
SerT Servizio per le Tossicodipendenze
SISEPS Sistema Informativo Politiche per la Salute e Politiche Sociali
SMAC Sistema Monitoraggio Assegni di Cura
SST Servizio Sociale Territoriale
UASS Unità Attività Socio Sanitarie
UVM Unità Valutazione Multidimensionale
5 ABSTRACT
La sanità compete alle Regioni attraverso le Aziende sanitarie, il sociale compete agli Enti Locali e alle loro forme associative.
Il nuovo Piano sociale e sanitario 2017‐2019 della Regione Emilia‐Romagna afferma con chiarezza che “viene confermato il Distretto quale snodo strategico e punto nevralgico dell’integrazione sanitaria, sociale e socio‐sanitaria”.
Dato questo quadro di sistema, altri due fenomeni sono oggi altrettanto chiaramente osservabili:
da un lato la tendenza a costituire Aziende USL dal bacino territoriale sempre più esteso, dall’altro la difficoltà degli Enti Locali a trovare modalità di gestione unificata dei servizi sociali, che spesso rimangono frammentati e in capo al singolo Comune. Partendo da questa duplice distanza, da un lato la chiara separazione delle competenze, dall’altro un evidente disallineamento dimensionale, all’interno dell’Azienda USL di Bologna è maturata l’esigenza di approfondire il tema dell’integrazione socio‐sanitaria, sia sul livello aziendale sia, ancor più, su quello distrettuale.
Ne è emersa con forza la crescente necessità di professionisti capaci di fare un mestiere ben preciso, anche se ancora non univocamente riconosciuto: il network manager, il curatore delle reti, siano esse istituzionali, organizzative o professionali. Qualcuno che‐ proprio perché “terzo”
rispetto ai soggetti produttori, sia Dipartimenti aziendali sia Servizi Sociali degli Enti Locali‐ sappia essere interfaccia, mediatore e facilitatore, senza per questo sentirsi sminuito, ma anzi capace di trovare realizzazione anche nel “solo” mettere gli altri soggetti del sistema nelle migliori condizioni di fare un lavoro che può essere fatto solo insieme: la sanità con il sociale, il sociale con la sanità.
Basti pensare, molto in concreto, quante volte succede che uno specialista sanitario non sappia a chi e a quale Soggetto (Comune, Unione di Comuni, ASP, ASC, Istituzione, etc…) rivolgersi quando ha bisogno di mettersi in contatto con i Servizi sociali e viceversa quante volte capita al professionista di un Ente locale di trovarsi incapace di individuare il proprio interlocutore in sanità, spaesato di fronte alla vasta dimensione e complessità organizzativa di una Azienda USL (Dipartimenti ospedalieri, territoriali, trasversali, etc…). Tutto ciò significa essere costretti, gli uni e gli altri, ad andare per tentativi, per informazioni intermedie, per una trafila di contatti, allungando inevitabilmente i tempi di un intervento che dovrebbe essere il più integrato e tempestivo possibile.
Di qui la necessità di un ruolo‐ il network manager appunto‐ che, stando all’ambito territoriale di elezione individuato dal Piano sociale e sanitario, non può che avere dimensione e vocazione prettamente distrettuali, pur restando altro rispetto alle funzioni esercitate dal Direttore Attività Socio Sanitarie e dal Direttore di Distretto, figure di riferimento con le quali si rapporta quotidianamente e che operano la prima sul livello aziendale con competenze tecnico‐
professionali e la seconda sul livello locale con funzioni rappresentativo‐istituzionali.
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L’Azienda USL di Bologna ha individuato queste figure nel Responsabile della Unità Attività Socio Sanitarie distrettuale (UASS) e nei suoi collaboratori, nella convinzione che sia strategico presidiare a livello locale, sul piano organizzativo e professionale, i numerosi ambiti di intervento su cui non è sufficiente una gestione di livello aziendale e su cui non si può prescindere da una approfondita conoscenza e un continuo scambio con i soggetti di parte sociale.
7 PREMESSA
A distanza di sette anni dal percorso di formazione manageriale dedicato al ruolo e alle funzioni del Direttore delle Attività Socio‐Sanitarie (DASS), che questa Azienda organizzò come capofila per tutte le USL della Regione Emilia‐Romagna, all’interno dell’Azienda USL di Bologna si è avvertita e condivisa la necessità di dedicare un momento di riflessione e lavoro al tema dell’integrazione socio‐sanitaria per come viene agita e declinata sul livello distrettuale.
Se quella prima iniziativa, svoltasi fra il 2009 e il 2010, era stata infatti pensata perché grazie al confronto fra le diverse Aziende USL fosse possibile tratteggiare nei suoi aspetti fondanti una figura da poco introdotta dalla normativa regionale1, quella del Direttore DASS2, in questo caso si sono voluti approfondire assetti organizzativi e dinamiche interne ad una azienda sanitaria territoriale di grandi dimensioni, con un focus specifico sull’ambito distrettuale, ossia quello che il nuovo Piano sociale e sanitario 2017‐2019 individua come livello territoriale deputato alla
“programmazione e realizzazione dei servizi socio‐sanitari”.
Partendo da questo assunto la Direzione aziendale ha raccolto lo stimolo proveniente dalla Direzione DASS, assegnandole contestualmente il mandato di concludere il percorso con la restituzione di un documento incentrato sul ruolo e sul senso del presidio dell’integrazione socio‐
sanitaria a livello aziendale ma ancor più distrettuale, con espresso riferimento alle relazioni che intercorrono fra la Direzione DASS, anche tramite le sue articolazioni distrettuali, e le Direzioni di Distretto.
A tal proposito vale la pena ricordare che se il Piano sociale e sanitario 2017‐2019 riconosce espressamente come figure di riferimento per “l’organizzazione delle Aziende USL per l’integrazione sociosanitaria” il Direttore di Distretto e il Direttore delle Attività Socio‐Sanitarie, l’assetto organizzativo dell’Azienda USL di Bologna prevede una articolazione distrettuale per quanto riguarda il presidio dell’integrazione socio‐sanitaria.
E’ tramite il documento di riconfigurazione del Distretto (Deliberazione n. 208 del 10/07/2015) che si definisce con chiarezza l’attuale assetto organizzativo dell’Azienda USL di Bologna a livello territoriale: dal Direttore di Distretto dipendono funzionalmente il Responsabile della Unità Attività Socio Sanitarie (UASS) e il Responsabile della Unità Amministrativa, che gestionalmente afferiscono rispettivamente alla Direzione Attività Socio Sanitarie (DASS) e al Dipartimento Attività Amministrative Territoriali (DAAT).
1 La figura del Direttore delle Attività Socio‐Sanitarie è stata istituita all’interno della L.R. 29/2004, articolo 3, comma 5, e successivamente ripresa nell’ambito della DGR 86/2006, paragrafo 3, punto 3.2.
2 Una rielaborazione critica di quanto emerso nel percorso di formazione manageriale, condotto con la consulenza di CERGAS Bocconi, è contenuta in: Longo F., Montanelli R., Fosti G., Il ruolo del Direttore Sociale nelle AUSL e le funzioni di integrazione sociosanitaria emergenti: il caso dell'Emilia Romagna. Cantù E. (a cura di) Rapporto OASI 2010. L'aziendalizzazione della sanità in Italia. Egea, ITALIA, pp.389 – pp. 407, 2010.
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Proprio alla luce del quadro regionale ed aziendale appena delineato si è scelto di organizzare una iniziativa che coinvolgesse in primo luogo i tre soggetti principalmente coinvolti nell’attuazione degli interventi di integrazione socio‐sanitaria a livello distrettuale: Direttori di Distretto, Direttore DASS e Responsabili UASS.
Si è partiti, pertanto, da un percorso di approfondimento rivolto gli attori interni all’Azienda USL, ben consci al contempo che i contenuti trattati siano, per loro stessa natura, materia quotidianamente co‐progettata e co‐agita con tutti i soggetti di parte sociale. A tal proposito, come sarà più volte richiamato nel seguito del documento, si è sempre cercato di evidenziare la imprescindibile doppia dimensione, interna ed esterna, di tutte le figure chiamate in causa.
Evidente, infatti, che Direttore DASS, Direttori di Distretto e Responsabili UASS esercitino parte importante del proprio ruolo nelle sedi deputate alla realizzazione dell’integrazione socio‐
sanitaria, a stretto contatto con i rappresentanti degli Enti Locali: Ufficio di Supporto della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, Comitato di Distretto, Ufficio di Piano.
Per favorire il più possibile l’integrazione interna si è scelto di coinvolgere nella iniziativa alcuni rappresentanti degli altri Servizi/Dipartimenti territoriali che sono quotidianamente e direttamente coinvolti nella gestione di attività ed erogazione di prestazioni socio‐sanitarie (Direzione Assistenziale Tecnica e Riabilitativa, Dipartimenti Cure Primarie, Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Attività Amministrative Territoriali): il loro ruolo di “attori competenti”, anche per ottenere un primo ritorno sulla percezione di come si realizza nei fatti l’integrazione socio‐sanitaria a livello locale, è stato ritenuto fondamentale.
Per garantire ai lavori del gruppo, composto complessivamente da circa 30 partecipanti, sia una valenza di ambito metropolitano sia un coinvolgimento del competente livello regionale, l’invito a partecipare è stato esteso rispettivamente al Direttore DASS dell’Azienda USL di Imola e ai rappresentanti designati dalla Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare della Regione Emilia‐Romagna, uno appartenente al Servizio assistenza territoriale e uno appartenente al Servizio politiche sociali e socio educative.
Lo spirito che ha caratterizzato dapprima l’ideazione e successivamente la realizzazione dell’iniziativa ha orientato anche la scelta delle modalità formative: proprio perché l’intenzione era stimolare i partecipanti a mettersi in gioco e contribuire attivamente alla costruzione dei contenuti si è preferito optare non per una docenza tradizionale bensì per la forma del laboratorio di ricerca e formazione.
Per fare ciò era comunque necessario individuare un consulente esterno, al quale affidare, per le ragioni appena esposte, il ruolo di facilitatore di un percorso di gruppo piuttosto che quello di formatore di un’aula: requisiti primari, oltre alla capacità di fornire gli strumenti/metodologie adatti a seconda delle fasi e dei contenuti dei lavori, l’essere estraneo alle dinamiche distrettuali e aziendali ma contemporaneamente già esperto della materia e del sistema sanitario regionale.
Caratteristiche possedute dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in particolare dalla sua Area di ricerca MeS (Laboratorio di Management e Sanità), soggetto che
9 aveva svolto nel 2016 l’indagine di clima organizzativo delle Aziende sanitarie italiane, iniziativa cui la Regione Emilia‐Romagna aveva aderito con la partecipazione di tutte le Aziende del Sistema Sanitario Regionale.
Insieme a tutti i professionisti designati e con la supervisione di un partner scientifico di rilievo, ci si è quindi concentrati sull’obiettivo sfidante che aveva originato l’iniziativa stessa: arrivare a teorizzare una prassi, ossia definire quale è l’assetto organizzativo che, dati i già citati elementi di contesto regionale e aziendale, può favorire la concreta attuazione dell’integrazione socio‐
sanitaria sul livello distrettuale di una Azienda USL.
Tutto ciò senza dimenticare, anzi tenendo ben presenti, due fondamentali elementi di sistema, entrambi legati alle trasformazioni, tuttora in divenire, degli assetti istituzionali legati all’area dell’integrazione socio‐sanitaria. Sia il completamento del già avviato percorso di ritiro dell'attività sociale che su 3 Distretti è ancora delegata all’Azienda USL di Bologna da parte degli Enti Locali, sia una più chiara e univoca individuazione di quale sia l’interlocutore di parte sociale (Comune, Unione dei Comuni, ASP, altre emanazioni degli Enti Locali) con cui la parte sanitaria sarà chiamata a collaborare, rappresentano elementi fondanti per la piena realizzazione dell’integrazione socio‐sanitaria di qui al prossimo futuro.
Anche e soprattutto sulla base di quest’ultimo passaggio, ossia riconoscere l’importanza che esista un soggetto capace di svolgere il ruolo di mediatore fra due mondi, quello sanitario e quello sociale, tanto complessi e in così continua evoluzione da non poter conoscere reciprocamente tutte le peculiarità dell’altro, vanno lette e interpretate le pagine che seguono.
Se è vero, infatti, che le rispettive sfere di competenza sono chiaramente attribuite ad Aziende sanitarie ed Enti Locali dagli indirizzi nazionali e regionali, appare altrettanto evidente che con il Piano sociale e sanitario 2017‐2019 l’Emilia‐Romagna abbia ritenuto strategico porre l’accento sulle dinamiche di integrazione nonché sulla trasversalità e multidimensionalità delle aree di intervento.
Facilitare le relazioni intra ed inter istituzionali, ricomporre percorsi assistenziali erogati da più attori del sistema: il presidio dell’integrazione socio‐sanitaria, a livello aziendale e distrettuale, troverà sempre maggior senso e più piena realizzazione solo se chi lo esercita saprà costruirsi la competenza e la credibilità per essere univocamente riconosciuto come “soggetto di sistema al servizio del sistema”, l’interlocutore cui rivolgersi quando si ha bisogno interagire con l’altro, la sanità con il sociale e il sociale con la sanità.
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AMBITI DI ANALISI
Nei paragrafi che seguono si è cercato di aggregare in quattro macro‐aree tematiche i principali aspetti affrontati nel corso del laboratorio, nel duplice tentativo sia di sistematizzarli per argomenti unitari nonostante fossero emersi a più riprese nei momenti di aula sia di preservarne in qualche modo gli spunti originari, scaturiti dall’interazione fra i partecipanti e i consulenti esterni oppure dalle dinamiche interne ai gruppi di lavoro.
Questo l’ordine e il contenuto sintetico di ciascuno dei quattro paragrafi in cui si articola il documento:
1. Funzioni e ruoli: CHI sono i principali attori che presidiano l’integrazione socio‐sanitaria a livello distrettuale, coloro per i quali è stata ideata ed organizzativa questa iniziativa specifica;
2. Oggetti e contenuti: COSA non può mancare nella lista delle priorità di chi lavora quotidianamente per l’attuazione dell’integrazione socio‐sanitaria;
3. Modalità e strumenti: COME si può agire in modo efficace l’attività e COME si può misurare la performance ad essa correlata nel settore socio‐sanitario;
4. Capacità e competenze: QUALI ATTITUDINI, relazionali, gestionali e professionali è necessario possedere, oppure potenziare, per acquisire credibilità ed autorevolezza all’interno della rete dei servizi socio‐sanitari.
Dopo questi quattro paragrafi si è scelto di posizionare uno specifico “box” di approfondimento che abbiamo deciso di intitolare “In concreto”: ci è sembrato opportuno, infatti, completare la trattazione della parte contenutistica del documento facendola seguire da alcuni esempi concreti di integrazione socio‐sanitaria così come quotidianamente declinata nelle attività della UASS a livello distrettuale.
11 1. FUNZIONI E RUOLI
Può essere utile richiamare in questa sede la finalità del laboratorio sull’integrazione socio‐
sanitaria nella versione sintetica utilizzata formalmente al momento della stesura del progetto che, al proposito, così recitava: “Costruire ruolo e senso del presidio dell'integrazione socio‐
sanitaria in una azienda sanitaria territoriale: funzioni e competenze della Unità Attività Socio Sanitarie (UASS) nell’ambito della riconfigurazione del Distretto di Committenza e Garanzia e del Direttore di Distretto, dato lo scenario del prossimo completo ritiro dell'attività sociale delegata all’Azienda USL di Bologna (Aree Anziani, Disabili e Minori) da parte degli Enti Locali”.
Da questo passaggio si evince con chiarezza che sin dalla fase di ideazione l’iniziativa era stata specificamente pensata per porre il focus sul livello distrettuale e, quindi, sulla articolazione territoriale che nell’organizzazione della Azienda USL di Bologna è deputata ad agire la funzione di integrazione socio‐sanitaria sull’ambito territoriale di competenza, ossia la Unità Attività Socio Sanitarie (UASS).
Senza rifarsi per esteso al quadro organizzativo interno già tracciato in premessa, basti qui ricordare che la UASS, e più nello specifico il suo Responsabile, funge da struttura di raccordo fra gli indirizzi tracciati a livello aziendale dal Direttore DASS (da cui dipende gestionalmente) e gli indirizzi concordati a livello territoriale con gli Enti Locali, in sede di Comitato di Distretto, dal Direttore di Distretto (da cui dipende funzionalmente).
In questo contesto organizzativo si inserisce, come emerso con forza anche durante lo svolgersi del laboratorio, la variabile legata alla gestione delle attività sociali delegate all’Azienda USL dagli Enti Locali: all’attuale stato delle cose 3 Distretti hanno già completato il percorso di ritiro delle deleghe (Reno‐Lavino‐Samoggia, Pianura Ovest, Appennino Bolognese) mentre gli altri 3 Distretti (Città di Bologna, Pianura Est, San Lazzaro di Savena) gestiscono tuttora attività sociale delegata sull’Area Disabili Adulti e/o sull’Area Minori.
Questa variabile, come facilmente immaginabile, incide molto sia sull’assetto interno della UASS (con la presenza di una Unità Socio Sanitaria Integrata, USSI, per ogni area di attività delegata) sia sul sistema di rispettive competenze e relazioni esistenti con i Servizi sociali: il fatto che la titolarità e la gestione delle attività rivolte a Disabili Adulti e/o Minori sia in capo alla Azienda USL oppure agli Enti Locali (e loro emanazioni: Unioni, ASP, ASC, etc …) impatta in maniera determinante su modelli organizzativi, dotazioni di personale ed equilibri istituzionali.
Ciò premesso, non si è ritenuto che il laboratorio sull’integrazione socio‐sanitaria fosse la sede opportuna per approfondire tutti i potenziali risvolti del completamento del percorso di ritiro dell’attività sociale delegata da parte degli Enti Locali. Proprio per questo motivo, come apertamente enunciato nella finalità dell’iniziativa menzionata in apertura, si è partiti dall’ipotesi che tutte le deleghe siano già state ritirate e che quindi il sistema delle relazioni di livello distrettuale si fondi sulle rispettive titolarità: la sanità alla Azienda USL e il sociale ai Comuni.
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Secondo quanto già previsto, in prospettiva, dalle Deliberazioni aziendali n. 263 del 15/12/2014, che riorganizza la Direzione DASS facendo ad essa afferire le UASS distrettuali, e n. 208 del 10/07/2015, all’interno della quale si conferma il ruolo della UASS nell’ambito della riorganizzazione del Distretto, si configura a tendere uno scenario organizzativo con 6 UASS, tutte organizzate secondo l’attuale modello delle 3 UASS dove si è già completato il ritiro dell’attività sociale delegata.
Figura 1 – Attuale configurazione interna del Distretto di Committenza e Garanzia
Tale modello prevede che nella UASS confluiscano le due Funzioni “Tutela Non Autosufficienza” e
“Tutela Fragilità”, Funzioni di cui il Responsabile UASS è titolare e per la cui concreta attuazione si avvale di un team di collaboratori (di numero variabile, indicativamente da 2 a 5 persone, in base all’estensione e alle specificità distrettuali). Si precisa che in questo computo non sono ricompresi né i professionisti dedicati a funzioni sociali gestite direttamente dalla UASS in base ad accordi con gli Enti Locali di riferimento (ad esempio il Servizio Sociale Ospedaliero per i presidi Maggiore e Bellaria che afferisce alla UASS Città di Bologna), né i professionisti che faranno parte dei futuri
“team delle cure intermedie” secondo il disegno organizzativo che l’Azienda USL di Bologna sta sviluppando in riferimento a Case della Salute ed Ospedali di Comunità.
Tali funzioni, volutamente pensate come trasversali per superare la precedente suddivisione in target di utenza corrispondenti alla gestione dell’attività sociale delegata (Aree Anziani, Disabili Adulti e Minori), sono così caratterizzate:
Funzione “Tutela Non Autosufficienza”, la cui attività è principalmente rivolta all’area dell’utenza in condizioni di accertata non autosufficienza, a più marcata gravità e cronicità;
Funzione “Tutela Fragilità”, la cui attività si concentra soprattutto sull’area dell’utenza a rischio, ossia ai quei casi di disagio e bisogno emergenti che si rivolgono ai Servizi presentando una complessità tale da rendere necessaria una presa in carico integrata socio‐sanitaria.
13 Proprio in virtù dell’obiettivo primario dell’iniziativa e dello scenario organizzativo appena delineato, si è ritenuto fondamentale garantire la più ampia partecipazione possibile al laboratorio ai professionisti che lavorano nell’ambito delle UASS distrettuali. Sulla base di questa valutazione si è quindi deciso di non limitarsi al coinvolgimento delle figure apicali, ossia ai già citati “vertici” del triangolo composto da Direttore DASS, Direttori di Distretto e Responsabili UASS, ma di allargarlo anche ad almeno un altro professionista per ciascuna UASS (due nel caso dei Distretti più estesi). Questi professionisti sono stati scelti fra i Responsabili USSI (Aree Disabili Adulti e/o Minori) nel caso dei 3 Distretti con attività sociale delegata e fra i Referenti delle Funzioni “Tutela Non Autosufficienza” e/o “Tutela Fragilità” nel caso dei 3 Distretti senza attività sociale delegata.
Quanto emerso durante lo svolgimento del laboratorio, oggetto di analisi approfondita nei paragrafi seguenti, è quindi frutto di un lavoro condotto in maniera capillare, con la convinzione che fosse necessario ascoltare e valorizzare il contributo di tutti coloro che quotidianamente contribuiscono, nei fatti, alla promozione dell’integrazione socio‐sanitaria sul territorio, chi opera nel complesso sistema delle relazioni istituzionali così come chi si occupa direttamente della presa in carico degli utenti.
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2. OGGETTI E CONTENUTI
Siamo partiti dal presupposto che non è semplice, e probabilmente nemmeno utile, cercare di stabilire dei confini per delimitare l’ambito di attività di chi agisce il presidio dell’integrazione socio‐
sanitaria sul livello distrettuale di una Azienda sanitaria territoriale. Questa convinzione si fonda principalmente su due principali ordini di motivi: il primo è legato al continuo cambiamento in atto nella geografia organizzativa ed istituzionale degli ambiti distrettuali, laddove anche solo sapere e capire chi fa cosa dipende dalla definizione di assetti spesso frammentati nel panorama delle amministrazioni locali (Unioni di Comuni che non coincidono con il bacino distrettuale, ASP che gestiscono servizi sociali delegati solo da una parte dei Comuni di un Distretto); il secondo è invece strettamente correlato ad un “mestiere”, quello di chi lavora per l’integrazione socio‐sanitaria, che per sua stessa natura e vocazione richiede estrema flessibilità ed adattamento sia dal punto di vista professionale sia, ancor più, da quello relazionale.
In questa sede ci si è quindi limitati a identificare quali siano gli oggetti imprescindibili di cui è chiamato ad occuparsi un Responsabile UASS. L’elenco per punti che segue non ha, pertanto, la pretesa di essere esaustivo, ma al contrario mira a focalizzare alcuni macro ambiti di attività che gli stessi partecipanti all’iniziativa hanno fatto emergere come fondanti durante lo sviluppo del percorso laboratoriale e dei lavori di gruppo.
Promozione della salute e progetti di welfare comunitario
Le attività di promozione della salute, così come previste nel Piano regionale ed aziendale della Prevenzione, riguardano ambiti di intervento ad elevata integrazione socio‐sanitaria, rispetto ai quali è necessario il coinvolgimento di tutti gli attori, istituzionali e non, presenti a livello locale.
La UASS ha il compito di collaborare alla realizzazione di tali attività, in particolare mettendo in relazione i professionisti dei servizi sanitari aziendali con i professionisti dei servizi sociali e dei servizi socio‐sanitari, oltre che con le realtà del Terzo Settore. In collaborazione con i responsabili dei Servizi Sociali Territoriali nell’ambito dell’Ufficio di Piano distrettuale, la UASS promuove anche la realizzazione di progetti di welfare comunitario, coinvolgendo i servizi sanitari di volta in volta competenti.
E’ infatti importante, oggi più che mai, ricucire il tessuto sociale, ricostruire le reti sociali, chiamando alla corresponsabilità gli utenti stessi con politiche abilitanti ed iniziative di progettazione (c.d. welfare comunitario, come enunciato nel Capitolo 2 del Piano Sociale e Sanitario Regionale 2017‐2019). Un esempio significativo, a tal proposito, è quello dei gruppi di Auto Mutuo Aiuto (A.M.A.) che si propongono di mettere in contatto persone che condividono lo stesso problema, facilitandone dialogo, scambio vicendevole, confronto: attualmente i gruppi attivi sull’intero territorio dell’Azienda USL di Bologna sono più di ottanta e riguardano numerose aree tematiche (disagio psichico, deterioramento cognitivo, dipendenze, disabilità adulti e minori, problemi genitoriali, etc…).
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Analisi dei bisogni e obiettivi strategici
Gli emergenti cambiamenti del quadro socio‐economico ed epidemiologico da un lato e i servizi offerti agli utenti fragili e non autosufficienti dall’altro impongono di sviluppare capacità di raccolta ed analisi sistematiche dei dati relativi sia ai bisogni socio‐sanitari espressi dalla popolazione sia agli interventi erogati sul territorio di riferimento. A tal fine la UASS, in stretta collaborazione con l’Unità Attività Amministrative distrettuale, è chiamata a garantire la implementazione del sistema informativo‐gestionale metropolitano di ambito socio‐sanitario GARSIA, coinvolgendo a tale riguardo sia i professionisti interni all’Azienda USL sia i professionisti esterni, afferenti agli Enti Locali o a loro emanazioni (Unioni, ASP, ASC, etc …). E’
anche e soprattutto sulla base di un quadro sociale ed epidemiologico approfondito e costantemente aggiornato, infatti, che su ciascun ambito distrettuale si può riuscire a declinare in maniera più puntuale ed efficace gli obiettivi strategici annualmente assegnati dalla Regione alla Direzione aziendale e, a cascata, dalla Direzione aziendale alla articolazione organizzativa di riferimento (Dipartimento, Servizio, Servizio di Staff, etc…). Se rispetto a tali obiettivi è evidente che la Direzione DASS sia chiamata ad una ricomposizione aziendale, anche per garantire omogeneità nell’interpretazione e nella realizzazione di ciascuna linea di intervento, appare altrettanto chiaro che le specifiche azioni da mettere in atto sui singoli territori, anche tenuto conto delle peculiarità locali, siano di competenza delle UASS distrettuali, chiamate a collaborare per la parte di propria di competenza con gli altri Dipartimenti territoriali coinvolti (Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Cure Primarie, Attività Amministrative Territoriali).
Accesso alla rete dei servizi socio‐sanitari (UVM)
La UASS governa gli accessi ai servizi della rete socio‐sanitaria, con la finalità di orientare l’utilizzo delle risorse pubbliche (in primo luogo FRNA, ma non solo) verso gli ambiti di intervento definiti nel quadro della programmazione distrettuale, concertata in sede di Comitato di Distretto. In tal senso il Responsabile UASS è chiamato a presidiare alcune funzioni particolarmente importanti, quali:
predisporre percorsi operativi di integrazione dell’assistenza, in particolare per target di utenti che presentano situazioni di bisogno socio‐sanitario complesso;
coordinare l’attività della Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM Area Anziani, Adulti, Minori, Disabili e Gravissime Disabilità Acquisite), coinvolgendo i professionisti sanitari dei diversi Dipartimenti della Azienda USL e i professionisti delle Istituzioni che gestiscono i servizi sociali territoriali (Comuni, Unioni di Comuni, ASP, ASC, etc…);
gestire le graduatorie di accesso alla rete dei servizi socio‐sanitari laddove attribuite alla competenza del Distretto di Committenza e Garanzia;
autorizzare l’accesso alle rete dei servizi socio‐sanitari secondo quanto previsto dalla programmazione annuale approvata in sede di Comitato di Distretto;
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garantire la costante e puntuale implementazione del sistema informatizzato GARSIA rispetto al “nodo UVM”, ossia all’inserimento della valutazione dell’utente elaborata in sede di UVM.
Continuità di setting e di cura
La costruzione di un sistema socio‐sanitario integrato presuppone garanzia di continuità nella presa in carico del cittadino, in particolare nelle situazioni di passaggio tra un setting di cura e l’altro (dall’ospedale ai servizi territoriali), tra una tipologia di bisogno e l’altro (dal sanitario al socio‐sanitario, dal socio‐sanitario al socio‐assistenziale), tra un target di età e quello successivo (dai servizi per minori a quelli per adulti, dai servizi per adulti a quelli per anziani). In un sistema di welfare complesso come il nostro la garanzia di continuità può essere assicurata solo grazie ad una sistematica attività di “manutenzione delle relazioni e dei confini” tra istituzioni, organizzazioni e professionisti. Ne sono alcuni esempi, tra gli altri, i percorsi di dimissione protetta, i passaggi nella presa in carico tra servizi per minori e servizi per adulti con la rivalutazione congiunta del progetto di intervento, i percorsi diagnostico‐terapeutici assistenziali (PDTA) che, nati in ambito sanitario, hanno ormai sviluppato punti di intersezione e contatto con i servizi sociali e socio‐sanitari.
Cure intermedie
Il recente documento di riordino dell’assistenza territoriale ed ospedaliera presentato a dicembre 2016 dall’Azienda USL di Bologna in sede di Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria Metropolitana testimonia la strategicità del tema delle cure intermedie, ossia un insieme di servizi sanitari e socio‐sanitari finalizzati a mantenere il più a lungo possibile la persona fragile, disabile ed affetta da patologie croniche, in una situazione di autonomia, assistenza e cura al proprio domicilio. La nascita delle Case della Salute e degli Ospedali di Comunità, in aggiunta alla rete dei servizi socio‐sanitari, rappresentano un importante investimento sulla domiciliarità e sui servizi territoriali. Fra le principali funzioni strategiche che la UASS distrettuale è chiamata quotidianamente a presidiare rispetto al tema delle cure intermedie si ricordano:
il presidio dell’integrazione tra i professionisti di area sanitaria presenti all’interno delle Case della Salute e il Servizio Sociale Territoriale (che non sempre è fisicamente presente in queste strutture);
la presenza nei team delle cure intermedie del professionista Assistente sociale (di norma afferente alla UASS) che si relaziona con i colleghi del Servizio Sociale Territoriale per la presa in carico;
l’accesso ai servizi socio‐assistenziali e/o l’attivazione della Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM).
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Rete dell’offerta: governo dei Produttori e miglioramento della qualità dei servizi
In questo ambito la UASS è chiamata ad assumere un ruolo di facilitatore strategico ed istituzionale, primariamente nella relazione con gli Enti Locali ed i Soggetti gestori che operano sul territorio distrettuale, ma fungendo anche da tramite con la Direzione DASS per le situazioni che prevedano soluzioni organizzative inter‐distrettuali (ad es. utenti in carico accolti da strutture di altri Distretti) e servizi di rilevanza aziendale o sovra‐
distrettuale (ad es. nuclei dedicati alle gravissime disabilità acquisite). A tal riguardo la UASS:
valuta la rete d’offerta socio‐sanitaria (accreditata e non) e, laddove lo ritenga opportuno, ne suggerisce la rimodulazione, presentando proposta al Direttore DASS e al Direttore di Distretto, alla luce dei dati epidemiologici e dell’evoluzione del bisogno espresso dal territorio;
partecipa al percorso di negoziazione e monitoraggio/verifica dei contratti di servizio stipulati con i Produttori socio‐sanitari (servizi residenziali e semiresidenziali per anziani e disabili, assistenza domiciliare).
La UASS verifica periodicamente il rispetto degli standard regionali dell’accreditamento socio‐sanitario da parte degli Enti gestori del territorio, attivandosi per coinvolgere in modo capillare e continuativo i loro professionisti dei servizi per anziani e disabili. Questo percorso, che non si esaurisce con il solo adempimento di quanto previsto dalla normativa vigente, passa obbligatoriamente attraverso lo sviluppo della cultura della qualità. In questa ottica la UASS è chiamata a facilitare l’adesione e la partecipazione dei rappresentanti degli Enti gestori del proprio territorio ai percorsi che la Direzione DASS ha attivato da anni, sul livello aziendale, per la costruzione di un sistema organico finalizzato al miglioramento continuo della qualità dei servizi socio‐sanitari residenziali, semiresidenziali e domiciliari. Tale attività, condotta in stretta collaborazione con UO Governo Clinico e Sistema Qualità, prevede per ciascun ambito di miglioramento una iniziale fase di sperimentazione ed una successiva messa a regime anche grazie all’utilizzo degli strumenti operativi necessari (audit, gruppi di miglioramento, linee guida, procedure operative, etc …). Ad oggi sono in corso percorsi di miglioramento della qualità che riguardano tematiche di rilevante portata e stringente attualità, basti citare, fra gli altri, quelli finalizzati a ridurre progressivamente l’uso della contenzione, a favorire una sempre maggiore appropriatezza farmacologica, ad approfondire gli aspetti legati alla nutrizione e alle correlate patologie all’interno delle strutture residenziali accreditate per anziani.
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Portafogli comuni
Oggetto di presidio dell’integrazione socio‐sanitaria è anche, infine, la gestione delle attività relative alle aree di intervento finanziate da “portafogli comuni”, condivisi tra Azienda USL ed Enti Locali. Si tratta di strumenti di particolare rilievo strategico perché la loro gestione, sia a livello di programmazione sia a livello di progettazione individualizzata, presuppone un lavoro condiviso ed integrato tra professionisti di area sociale e professionisti di area sanitaria. Il “portafoglio comune” per eccellenza è rappresentato, sul livello distrettuale, dal Fondo Regionale per la Non Autosufficienza (FRNA), anche considerata la quantità di risorse dedicate e di interventi finanziati.
Alla UASS spetta un ruolo strategico nella gestione del FRNA, ossia quello relativo alla corretta ed appropriata allocazione delle risorse per tipologia di utente/servizio nonché alla responsabilità tecnica di autorizzare l’erogazione degli interventi, secondo gli indirizzi concordati in sede di Comitato di Distretto da Direttore di Distretto, Ufficio di Piano ed Amministratori locali. Nella gestione del FRNA la UASS lavora a stretto e costante contatto con l’Unità Attività Amministrative distrettuale, alla quale compete la responsabilità contabile e la correlata attività di liquidazione per i servizi/interventi erogati.
La UASS svolge inoltre‐ in collaborazione con le altre articolazioni aziendali, gli Enti Locali e il Terzo Settore‐ funzioni di analisi del bisogno, progettazione e/o riprogettazione della rete dell’offerta, garantendone la sostenibilità economica.
Oltre ai tradizionali finanziamenti da FRNA e FNA, rappresentano esempi di “portafogli comuni”
anche il Fondo “Dopo di Noi”, il budget relativo alla applicazione della DGR 1102/2014 sui minori
“casi complessi”, gli interventi finanziati con lo strumento del “budget di salute”.
Tutto ciò a testimonianza del fatto che giungere alla costituzione di “portafogli comuni”, anche sul livello distrettuale per progettualità specifiche e per periodi determinati, è e sempre più sarà una modalità per garantire la realizzazione di interventi socio‐sanitari, da un lato realmente integrati, dall’altro sostenibili per il sistema. Proprio in quest’ottica, anche sulla scia delle recenti esperienze di progettazione partecipata sviluppatesi in alcuni territori dell’area metropolitana, è auspicabile che ai portafogli comuni possano contribuire anche soggetti extra‐istituzionali (imprese profit o del Terzo Settore) interessati a fornire un contributo che, unito a quello degli altri finanziatori, contribuisca a sostenere interventi di welfare locale, secondo la logica dell’empowerment di comunità.
19 3. MODALITÀ E STRUMENTI
Se si può affermare che i principali oggetti e contenuti individuati nel paragrafo precedente rappresentino il COSA, ossia sostanzino l’attività di integrazione socio‐sanitaria svolta sul livello distrettuale, nel corso del laboratorio si è cercato allo stesso tempo di sfruttare l’esperienza e il vissuto dei partecipanti per fare emergere quali fossero i principali aspetti legati al COME, ovvero le modalità di lavoro e gli strumenti cui si fa più frequentemente ricorso nell’esercizio delle proprie funzioni.
Partendo da un livello macro ci è sembrato di poter individuare due declinazioni del COME, rispetto alla realizzazione concreta dell’integrazione socio‐sanitaria, mission di ciascuna Unità Attività Socio Sanitarie (UASS) sul proprio ambito distrettuale:
A. COME la UASS AGISCE la sua attività, attraverso quali strumenti e attitudini relazionali/
professionali;
B. COME la UASS RENDICONTA la sua attività, attraverso quali modalità di misurazione;
A. COME LA UASS AGISCE LA SUA ATTIVITÀ, ATTRAVERSO QUALI STRUMENTI E ATTITUDINI RELAZIONALI/ PROFESSIONALI
A1) FUNZIONI DI COORDINAMENTO: la UASS è punto di riferimento nel sistema delle relazioni con il mondo dei professionisti (interni all’Azienda USL e facenti capo agli Enti Locali) e con il mondo dei Soggetti gestori che erogano servizi socio‐sanitari (residenziali, semi‐residenziali, domiciliari). E’ un punto di riferimento costante per ruolo e competenza specifica, anche in virtù del fatto che ciò si sostanzia in responsabilità operative e concrete: per quanto riguarda le sedute delle Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM Area Anziani, Disabili, Psichiatria Adulti e Minori) e in occasione degli incontri periodici di coordinamento con i Soggetti gestori del territorio distrettuale, la UASS provvede a convocare i professionisti coinvolti, stilando il programma dei lavori/ordine del giorno in base alle priorità contingenti, e a verbalizzare quanto condiviso nel corso dell’incontro affinchè ciascun professionista possa procedere secondo gli impegni presi per il proprio ambito di competenza. Da sottolineare anche come in alcuni ambiti distrettuali alla UASS spettino funzioni di vero e proprio coordinamento tecnico dei Responsabili del caso (Assistenti sociali /Educatori dipendenti da Comuni/ASP/etc…) su quelle aree della non autosufficienza a forte integrazione socio‐sanitaria (Anziani, Disabili Adulti, etc…). Importante notare come ciò si verifichi sia in presenza sia in assenza di attività sociale delegata, a testimonianza del fatto che spesso sono gli stessi Enti Locali a manifestare l’esigenza di un coordinamento unitario, stabile e a cadenza periodica, riconoscendo alla UASS uno specifico know‐how tecnico e relazionale sul livello territoriale.
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A2) UTLIZZO DEGLI STRUMENTI: la UASS deve saper utilizzare tutti gli strumenti (accordi, protocolli, procedure, etc …), anche a diversi gradi di formalizzazione a seconda del contesto specifico, che possono facilitare lo svolgimento della sua attività sul livello distrettuale e favorire la gestione di percorsi assistenziali che spesso coinvolgono diverse figure professionali afferenti a diversi Servizi/Enti. In tutti questi casi la UASS è chiamata a contribuire ai lavori (anche coordinandoli, laddove opportuno) di elaborazione e stesura di documenti condivisi con altri Servizi interni all’Azienda e con i Soggetti istituzionali di volta in volta coinvolti sul territorio distrettuale (Comuni, Unioni di Comuni, ASP, Uffici di Piano, Soggetti gestori, etc …).
A3) OBIETTIVI PRIORITARI E RELATIVA FORMAZIONE: la UASS deve essere in grado individuare gli obiettivi prioritari sull’area socio‐sanitaria a livello locale, generalmente su base annuale ma anche in corso d’anno nel caso di particolare contingenze che impongono tempistiche più ravvicinate. Gli obiettivi prioritari possono pertanto coincidere con la declinazione degli annuali obiettivi di budget assegnati alla Direzione DASS dalla Direzione aziendale (anche recependo, a cascata, indirizzi dal livello regionale) oppure risultare più specificamente legati a situazioni e contingenze locali (come ad esempio il percorso di ritiro dell’attività sociale delegata da accompagnare in collaborazione con Enti Locali di riferimento, le scelte strategiche del Comitato di Distretto su allocazione del budget FRNA e conseguenti implicazioni sulla rete di offerta di servizi socio‐sanitari, etc…).
La corretta e tempestiva individuazione degli obiettivi prioritari è anche alla base di una efficace programmazione dell’offerta formativa che, stilata annualmente sotto la supervisione UO Sviluppo Organizzativo Professionale e Formazione, viene finanziata dall’Azienda USL sulla base delle richieste formulate dalla Direzione DASS, una volta raccolti i fabbisogni delle UASS. Le iniziative rivolte ai professionisti delle UASS possono quindi rientrare in percorsi formativi dedicati a temi di ambito socio‐sanitario comuni a tutti i Distretti, e spesso condivisi con altri Servizi/Dipartimenti aziendali, oppure costituire lo strumento utile a rispondere alle esigenze che sono originate dal perseguimento dei già citati obiettivi di carattere prettamente locale.
A4) SISTEMA INFORMATIVO, DATI E FLUSSI: la UASS è snodo fondamentale nell’utilizzo, implementazione e sviluppo del sistema informativo/gestionale di area socio‐sanitaria (sistema GARSIA), sistema al quale sono oggi collegati, e abilitati per la parte di competenza, tutti i principali attori della rete socio‐sanitaria sull’intero territorio metropolitano (Azienda USL, Comuni e Soggetti gestori dei servizi residenziali, semi‐
residenziali e domiciliari). Nel percorso previsto dal sistema informatizzato GARSIA, alla UASS competono specificamente le fasi relative a: valutazione multidimensionale dell’utente in carico, autorizzazione per l’assegnazione dell’utente ad una determinata tipologia di servizio e per l’erogazione dell’intervento previsto. Alla UASS spetta infine anche il compito di tenere costantemente monitorato il dato di attività riguardante le
21 principali aree di intervento socio‐sanitario: i dati relativi ai flussi informativi previsti dalla normativa regionale (FAR, SMAC, GRAD) e i dati raccolti a livello aziendale (Cruscotto Territoriale e Cruscotto su piattaforma Pentaho alimentato da GARSIA) costituiscono infatti la fonte primaria ogni qual volta sia necessario approfondire una analisi o rendicontare una attività specifica (ad esempio l’utilizzo del FRNA, la cui contabilità deve sempre trovare riscontro nella quantificazione degli interventi erogati).
B. COME LA UASS RENDICONTA LA SUA ATTIVITÀ, ATTRAVERSO QUALI MODALITÀ DI MISURAZIONE?
A partire dal quadro appena tracciato, seppur in sintesi, sul tema dati e flussi informativi, vale la pena ricordare come nel corso del laboratorio, ed in particolare nella giornata di lavoro dedicata alla “misurabilità e valutazione della qualità dei servizi”, siano emersi sostanzialmente due aspetti che il gruppo dei partecipanti ha riconosciuto come possibili aree di miglioramento:
B1) SCELTA DEI DATI: nell’area dell’integrazione non mancano certo i dati, anzi. Le informazioni quali‐quantitative che si possono estrarre dalle già citate fonti disponibili (siano esse aziendali, come i Cruscotti, sovra‐aziendali, come il sistema GARSIA, o regionali, come i flussi previsti dal SISEPS ‐ Sistema Informativo Politiche per la Salute e Politiche Sociali) sono nella stragrande maggioranza dei casi informazioni che provengono da fonti ormai consolidate e pressoché totalmente informatizzate. Vale la pena richiamare, a tal proposito, il grosso sforzo messo in atto negli ultimi anni dalla Direzione DASS e dalla Direzione DAAT per sistematizzare e standardizzare raccolta dati e relativa reportistica periodica in stretta e costante collaborazione con la UO Controllo di Gestione e Flussi Informativi, alla quale spetta il coordinamento di un gruppo permanente composto da un “referente flussi” per ciascun ambito distrettuale.
L’aspetto che resta più critico, come confermato dalle impressioni dei partecipanti al laboratorio, sembra piuttosto quello relativo ad una scelta condivisa di quali siano le informazioni che debbano comporre un set di dati “strategici ed imprescindibili”, unanimemente riconosciuto come tale dai principali attori del sistema socio‐sanitario (Azienda USL, Enti Locali, ASP, Soggetti gestori). Quali sono, in sostanza, i 10/15 numeri capaci di rappresentare sinteticamente l’andamento dei servizi socio‐sanitari di un determinato territorio in un dato momento e di costituire così un valido strumento a disposizione delle sedi decisionali (Direzioni aziendali, Amministrazioni locali, Comitati di Distretto, Conferenza Territoriale sociale e sanitaria metropolitana) nel momento in cui vadano prese decisioni strategiche? Una volta individuato questo set minimo di dati bisognerebbe riuscire a garantire assoluta omogeneità, continuità di rilevazione e reporting, a livello aziendale e distrettuale: “pochi ma buoni, aggiornati e affidabili”, se dovessimo trovare uno slogan adatto.
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B2) INDIVIDUAZIONE DEGLI INDICATORI: seppur importanti e indicativi, i dati da soli non bastano, non dicono tutto. Non bastano soprattutto quando l’obiettivo non è limitarsi a quantificare un fenomeno bensì quello di ricavare, inizialmente anche in modo approssimato, una qualche misura della performance. In questo caso la performance della UASS a livello distrettuale e della DASS a livello aziendale: partendo dai dati disponibili bisogna riuscire a costruire alcuni indicatori sulle attività di integrazione socio‐sanitaria. Il tentativo condotto in questo senso nel corso del laboratorio ha evidenziato la necessità di ulteriore analisi e approfondimento, pur contribuendo ad aprire intanto una pista di lavoro e a favorire una presa di coscienza condivisa da tutti i partecipanti. Ciò anche e soprattutto alla luce dell’esperienza presentata dai ricercatori relativamente al “sistema bersaglio” ideato dallo stesso Istituto Sant’Anna di Pisa, che ha elaborato un sistema di valutazione delle performance dei Sistemi sanitari regionali con l'obiettivo di fornire a ciascuna Regione una modalità di misurazione, confronto e rappresentazione del livello della propria offerta sanitaria. Il confronto con il “sistema bersaglio” ha contribuito ad evidenziare che il passaggio da un numero (dato) ad una misurazione (indicatore) non è scontato e soprattutto è un metodo di lavoro da curare e consolidare nel tempo. Aspetto questo non secondario, in particolare per quanto riguarda il settore socio‐sanitario che, a differenza di quello sanitario, non è ancora riuscito a dotarsi di un sistema di indicatori, univoco e condiviso, per misurare le proprie performance.
23 4. CAPACITÀ E COMPETENZE
In occasione della giornata di apertura del laboratorio i ricercatori dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna hanno presentato un questionario sintetico con l’obiettivo di tracciare un primo profilo conoscitivo del gruppo dei partecipanti. Il questionario, compilato in forma anonima su apposita piattaforma web, doveva aiutare i ricercatori a conoscere più nel dettaglio quali fossero i tratti fondamentali del vissuto e del percepito, dal punto di vista professionale ed organizzativo, dei partecipanti rispetto alla propria esperienza e al proprio contributo sulle attività di integrazione socio‐sanitaria in Azienda USL. Le successive elaborazione dei questionari ed interpretazione dei risultati hanno infatti permesso ai ricercatori, in collaborazione con la Direzione DASS, di calibrare in maniera più appropriata le successive giornate di lavoro che, a partire dal secondo incontro, sono state “tagliate su misura” per i partecipanti anche grazie alle evidenze emerse dalla compilazione del questionario.
Fra le sezioni del questionario ve ne era una dedicata alle “Competenze relazionali e manageriali”, particolarmente interessante, oltre che per l’oggetto trattato, anche per la modalità di indagine proposta. Si chiedeva, infatti, ai partecipanti di ordinare per decrescente importanza 9 voci relative alle proprie competenze relazionali e manageriali: dapprima di ordinarle per l’importanza che si attribuisce a ciascuna e successivamente di ordinarle per la padronanza che si ritiene di avere rispetto a ciascuna.
Le riposte fornite hanno evidenziato fra gli altri due aspetti molto interessanti, che in questa sede si ritiene utile approfondire:
1. la competenza che compare al primo posto nella classificazione delle voci per importanza, ossia “Utilizzare i margini di trattativa nelle situazioni negoziali”, figura all’ultimo posto nella classificazione delle voci per padronanza;
2. la competenza che compare all’ultimo posto nella classificazione delle voci per importanza, ossia “Progettare in maniera condivisa gli interventi e i percorsi”, si conferma al penultimo posto nella classificazione delle voci per padronanza.
Entrambi questi particolari devono fare riflettere, a testimonianza di due situazioni ugualmente significative ma caratterizzate da percezioni notevolmente diverse:
1. nel primo caso ci troviamo di fronte ad una evidentissima distanza tra l’importanza che si assegna alla competenza specifica, il saper “Utilizzare i margini di trattativa nelle situazioni negoziali”, e la padronanza che si riconosce di possedere, o meglio di non possedere, al riguardo. Esiste quindi un considerevole gap tra valutato e padroneggiato, anche se ciò in qualche modo rappresenta una corretta auto‐diagnosi: fra i partecipanti c’era consapevolezza che una delle principali abilità richieste per realizzare nei fatti l’integrazione socio‐sanitaria è una competenza da sviluppare e potenziare, sulla quale si è consci di dover migliorare;
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2. nel secondo caso, invece, abbiamo a che fare con una situazione in cui valutato e padroneggiato in sostanza coincidono, visto lo scarso peso assegnato alla capacità di saper “Progettare in maniera condivisa gli interventi e i percorsi” sia in termini di importanza sia in termini di sentirsi adeguati rispetto all’oggetto. Su questo aspetto sembrerebbe quindi esistere minore consapevolezza rispetto alla strategicità che la specifica competenza riveste in ambito socio‐sanitario, sia a livello interno all’Azienda, sia nelle relazioni con soggetti ed istituzioni esterne all’Azienda.
Ci siamo volutamente concentrati su questi due aspetti, piuttosto differenti fra loro, perché rispecchiano in maniera corretta sia lo stato dell’arte pre‐esistente all’inizio del laboratorio sia quanto si è poi cercato di far emergere e di discutere insieme nel corso dell’iniziativa stessa, stimolando i partecipanti ad intervenire e ad approfondire, anche grazie a dinamiche di gruppo, proprio i punti più critici emersi dalla compilazione del questionario.
Entrambe le competenze prese in considerazione riguardano direttamente quello che si considerava, nell’ideazione del laboratorio, uno dei messaggi fondanti da riuscire a “fare passare”
sia nella scala delle priorità per chi lavora nel settore dell’integrazione socio‐sanitaria sia nella motivazione alla base della scelta del laboratorio come modalità formativa. Tradotto nei fatti:
evidente che competenze specifiche come “Utilizzare i margini di trattativa nelle situazioni negoziali” e “Progettare in maniera condivisa gli interventi e i percorsi” rientrino a pieno titolo fra le capacità primarie richieste a chi si occupa quotidianamente di integrazione socio‐sanitaria, altrettanto lampante che per migliorare tali capacità sia necessario mettersi in gioco in prima persona e farlo direttamente tramite dinamiche di aula/gruppo costituisca il modo per passare dalla teoria alla pratica.
L’ambizione del laboratorio è stata anche questa: parlare di integrazione socio‐sanitaria con un gruppo così volutamente ricco di professionalità, ruoli ed afferenze diverse, era già di per sé uno strumento per costringere, nell’accezione positiva del termine, queste persone ad integrarsi fra loro o ad iniziare a farlo. Il passaggio, solo in apparenza scontato, ha richiesto a tutti partecipanti, ai consulenti scientifici e agli organizzatori un notevole sforzo, non tanto teorico, quanto piuttosto di concreto lavoro di aula, soprattutto nella disponibilità e flessibilità richieste per arrivare ad un pensiero ed una prassi che, seppur simulati, fossero realmente condivisi.
Non può che trattarsi di uno stimolo e di un inizio dell’opera, considerate le sole 5 giornate (32 ore) di lavoro insieme. Però ricercare i motivi che fanno della capacità di “Utilizzare i margini di trattativa nelle situazioni negoziali” la competenza percepita come più necessaria e meno padroneggiata oppure fare emergere dal gruppo stesso come “Progettare in maniera condivisa gli interventi e i percorsi” non possa mai essere abilità residuale bensì, al contrario, fondamentale, sono stati passaggi importanti per cominciare a creare un senso di identità condivisa su quali siano le skill irrinunciabili per chi è chiamato a contribuire all’attività socio‐
sanitaria, all’interno dell’Azienda ed in collaborazione con gli altri soggetti del sistema.
25 Anche alla luce di tutte queste considerazioni, nel corso del laboratorio si è andata progressivamente definendo quale è e, a tendere, sempre più sarà la “capacità delle capacità”
che dovrà padroneggiare chi si occupa, per mission, dell’integrazione socio‐sanitaria a livello distrettuale, ossia il Responsabile UASS.
E non a caso si è pensato che il termine capacità fosse in questo caso preferibile a competenza, in quanto si tratta di un approccio, di un’attitudine, di un modus operandi diffuso piuttosto che di specifiche e mirate competenze che restano pur sempre una declinazione del tutto.
“La capacità delle capacità” consiste nel saper essere un mediatore di sistema, un facilitatore di relazioni, un professionista capace di trovare realizzazione anche nel “solo” (ma così raro) mettere gli altri nelle migliori condizioni di fare insieme un lavoro che integri la parte sanitaria e quella sociale. Tutto ciò ancor più in vista del prossimo e graduale ritiro dell’attività sociale tuttora delegata dagli Enti Locali su alcuni Distretti: chi lavora e lavorerà nella UASS avrà sempre meno bisogno di capacità gestionali a contatto diretto con l’utenza e sempre più bisogno di capacità relazionali e di mediazione con tutti i soggetti di parte sociale. La sfida è in primo luogo culturale: la UASS deve saper assumere ed esercitare, nei confronti della Direzione aziendale e del Direttore di Distretto, quella funzione di garanzia che favorisca il verificarsi delle condizioni organizzative e professionali necessarie perchè sociale e sanitario lavorino insieme.
Non può essere un caso, quindi, che la Regione Emilia‐Romagna abbia deciso di scegliere per la giornata di presentazione del nuovo Piano sociale e sanitario 2017‐2019 un titolo che non lascia adito a dubbi: “Se sociale e sanitario lavorano insieme”.
E’ proprio in funzione di questo obiettivo di sistema che andrà pensato e interpretato il ruolo di chi agisce la promozione dell’integrazione fra sociale e sanitario sul livello distrettuale. Solo chi avrà la capacità, o meglio la lungimiranza, di comprendere che smistare informazioni, facilitare contatti fra attori diversi, farsi da tramite fra soggetti e istituzioni che faticano a collaborare, promuovere la condivisione di obiettivi e progetti comuni, è lo snodo fondante del proprio lavoro, riuscirà ad acquisire l’autorevolezza per essere riconosciuto da tutti gli altri soggetti della rete come interlocutore di riferimento, “soggetto di sistema al servizio del sistema”.