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RG 899-1/2021 TRIBUNALE DELLA SPEZIA in funzione di giudice del lavoro Il giudice Marco Viani, a scioglimento della riserva che precede, ha

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1 RG 899-1/2021

TRIBUNALE DELLA SPEZIA

in funzione di giudice del lavoro

Il giudice Marco Viani, a scioglimento della riserva che precede, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Preso atto che con ricorso depositato il 6.10.2021 Denny Russo ha esposto di svolgere la mansione di amministratore di sistema a favore di Leonardo S.p.A., operando presso la sua sede di via Valdilocchi 15 alla Spezia (ex OTO Melara), assunto l’11.11.2019 dall’agenzia Netgroup Emea Ltd. con contratto di lavoro in somministrazione a tempo determinato per lo svolgimento della mansione di addetto assistenza utenti (2° livello CCNL Industria Metalmeccanica) a favore di Netgroup S.r.l. [subappaltatrice di TIM S.p.A., che aveva in appalto il servizio da Leonardo], contratto successivamente prorogato sino al 30.4.2021, e sin dal 29.4.2021 assunto da Netgroup Emea S.r.l. con analogo contratto per lo svolgimento delle medesime mansioni sino al 10.11.2021, e, assumendo la nullità della somministrazione e la mancanza di genuinità dell’appalto, che configurava somministrazione irregolare, ha chiesto la costituzione di un rapporto a tempo pieno e indeterminato con Leonardo a decorrere dall’11.11.2019, con inquadramento alla 6a categoria del CCNL Industria Metalmeccanica e con il pagamento delle conseguenti differenze retributive;

preso atto che con successivo ricorso ai sensi degli artt. 700 e 669 quater c.p.c.

depositato il 3.12.2021 Russo, dando atto che alla scadenza del 10.11.2021 il contratto non gli era stato rinnovato, ha chiesto in via cautelare l’immediata riammissione in servizio;

viste le difese della Società;

premesso che, diversamente da quanto sembra argomentare Leonardo, il requisito del fumus boni iuris che consente l’adozione di provvedimenti cautelari non si identifica con la certezza della sussistenza del diritto, ma risulta

“da un semplice giudizio di verosimiglianza, concretizzantesi in una valutazione probabilistica circa le buone ragioni dell'attore, le quali vanno preservate dal rischio di restare irreversibilmente compromesse durante il tempo necessario a farle valere in via ordinaria... [l’istruttoria sommaria è]

finalizzata alla semplice verifica dei presupposti anzidetti e non può, per definizione, interferire con la cognizione piena, al cui esito soltanto matura la decisione del merito... La cognizione che il codice di procedura civile attribuisce al giudice in sede di provvedimenti cautelari ante causam lascia dunque assolutamente irrisolto il quesito circa l'esito finale del giudizio e non

"anticipa" affatto la decisione del merito, mirando solo a tutelare temporaneamente un preteso diritto onde salvaguardarlo dal pregiudizio grave e irreparabile, ravvisato sulla base di una valutazione provvisoria e di semplice verosimiglianza” (in questi termini C. Cost., 326/97); altro è infatti affermare, con alcuni dei precedenti richiamati dalla resistente, che la tutela cautelare, in quanto resa all’esito di una cognizione sommaria, non è compatibile con lo svolgimento di indagini complesse, non dovendosi confondere il profilo dello strumento probatorio ammissibile con quello

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rilevato comunque che la tesi della convenuta, secondo cui la concessione di una misura cautelare presupporrebbe l’evidenza del diritto da cautelare, verrebbe di fatto a restringere drasticamente la possibilità di ottenere una tutela d’urgenza, in contrasto con il principio di effettività;

osservato poi che, diversamente da quanto argomenta la convenuta, il termine di decadenza previsto dall’art. 32 comma 4 lett. d) legge 183/10 non sembra iniziare a decorrere in corso di rapporto (si veda sul punto Cass., 28.10.2021 n.

30490: “Il doppio termine di decadenza dall'impugnazione (stragiudiziale e giudiziale) previsto dal combinato disposto degli artt. 6, commi 1 e 2, della l. n.

604 del 1966 e 32, comma 4, lett. d), della l. n. 183 del 2010, non si applica all'azione del lavoratore – ancora formalmente inquadrato come dipendente di un appaltatore – intesa ad ottenere, in base all'asserita illiceità dell'appalto in quanto di mera manodopera, l'accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente, in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso...”; se è vero che, nel caso di specie, si discute sia di appalto illecito, sia di somministrazione irregolare, anche in questo caso la decadenza prevista dall’art. 39 D. Lgs. 81/2015 – peraltro non richiamato dalla convenuta – non decorre se non dal momento in cui cessa l’utilizzazione;

osservato, con tale doverosa premessa, che secondo il giudice di legittimità “il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro in riferimento agli appalti "endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, né una assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo” (così, fra le più recenti, Cass., 26.8.2021 n. 23511);

rilevato che, sulla base delle dichiarazioni del sommario informatore Oggioni – sicuramente attendibile, visto che, diversamente da Mingori, non risulta aver proposto alcuna causa nei confronti della Leonardo e, diversamente da Catania e Giampaoli, non ne è attualmente dipendente – Russo “faceva tutto: faceva riparazioni dei computer, aggiornamento dei telefoni, riparazione di stampanti, riparazione di server, tutto quello che gli veniva chiesto”, ricevendo richieste anche al di fuori del sistema dei ticket, e anche direttamente dagli utenti (vale a dire, dai dipendenti di Leonardo: “soprattutto per le emergenze ci venivano fatte richieste dirette, ad esempio di aiutare un utente il più velocemente possibile”) e ricevendo inoltre indicazioni da Mirko Catania (“Mirko inizialmente mi ha aiutato a organizzare la chiamata di tutti gli utenti per velocizzare l’aggiornamento, compilando un file che fungeva da agenda. In seguito se incontravo delle problematiche con questo tipo di aggiornamento mi ha aiutato a risolverle e comunque se dovevo prendere delle decisioni non ero autonomo ma dovevo chiedere a lui. Mi diceva ad esempio se installare un certo programma o non installarlo, se accontentare l’utente o no. Quello che ho detto per me vale anche per Russo, anche lui si confrontava con Mirko per prendere delle decisioni”);

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osservato che queste direttive, così descritte, sembrano trascendere il diritto del committente di verificare la realizzazione dell’opera per attingere alle stesse modalità di svolgimento del servizio;

osservato al riguardo che lo stesso Catania ha ammesso che le sue indicazioni non si limitavano alla semplice indicazione dei compiti da svolgere, ma in parte riguardavano anche le modalità di esecuzione della prestazione, in particolare per quanto riguarda le priorità e le modalità di rendicontazione: “Tipicamente il site manager indica le priorità, nel senso che se ci sono parecchi ticket aperti può dire di dare la precedenza a quelli più urgenti, come eccezione alla regola dell’ordine cronologico: l’urgenza a al site manager viene segnalata. Non era una cosa quotidiana, poteva succedere per esempio una volta alla settimana...

Dato che il sistema di trouble ticketing deve consentire di estrarre delle statistiche, ad esempio per verificare la tipologia di chiamata e comprendere in quali settori si verificano più problemi, occorre che il tecnico non si limiti a scrivere “chiuso”; su questo punto sono stati organizzati da Leonardo degli workshop a gruppi in videoconferenza”;

rilevato che depongono nel medesimo senso le e-mail prodotte (delle quali, dovendosi verificare come si configurava l’appalto in sé considerato, non ha rilievo se si riferiscano direttamente alla posizione dell’attuale ricorrente), nelle quali risulta che Catania assegnava compiti particolari, ad esempio indicando che un determinato computer doveva essere sostituito con un portatile (doc. 28 del ricorso di merito), o designando Mingori come riferimento per procedere all’installazione di una stampante (doc. 28 bis del ricorso di merito), o chiedendo al medesimo Mingori di attivarsi per lo smaltimento di materiale o indicando un’attività come urgente e disponendo (“date una mano se serve”) che tutti i lavoratori dell’appalto aiutassero Mingori per chiuderla in giornata (per entrambe le cose doc. 31);

osservato che, in modo francamente icastico, Oggioni ha riferito: “Noi come punto di riferimento avevamo solo dipendenti di Leonardo, nel senso che della Netgroup non abbiamo mai visto nessuno”, il che vale a dimostrare che la subappaltatrice non svolgeva alcuna effettiva attività di organizzazione dell’attività dei lavoratori che operavano sull’appalto;

osservato che, se pure Oggioni ha operato solamente per sei mesi, fra settembre 2020 e marzo 2021, non vi sono motivi per ritenere che in quel periodo l’appalto si sia configurato diversamente;

rilevato che la convenuta ha posto in evidenza la sussistenza di un rischio di impresa in capo all’appaltatrice, argomentando che per configurarlo è sufficiente che il contratto preveda penali;

preso atto che, sulla base del contratto quadro e degli “ordini di acquisto”

prodotti dalla resistente, non è chiarissimo come fosse determinato il corrispettivo dell’appalto – che sembrerebbe indicato a corpo; ma si legge anche che la fatturazione avverrà “su attestato di prestazione approvato dal committente” e, in alcuni punti, che avverrà “a consuntivo mensile in base alle attività effettivamente erogate e approvate dal committente”, mentre le somme indicate sembrano essere importi massimi (si veda, in particolare, ordine d’acquisto 24.1.2019 prodotto sub 2 dalla convenuta);

rilevato al riguardo che dalle stesse parole di Catania (“A volte i tecnici facevano straordinario, ma Netgroup per riconoscere lo straordinario ai tecnici richiedeva che ci fosse il mio avallo: cioè io confermavo a Netgroup che quello straordinario era effettivamente necessario, dato che Netgroup si poneva il

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problema che poi fosse pagato”) sembra desumersi che il corrispettivo fosse effettivamente parametrato alle ore di lavoro svolte dai dipendenti somministrati, tanto che, in caso di straordinario, vi era un compenso aggiuntivo;

osservato che non è chiaro il riferimento alla previsione di penali, che la convenuta menziona senza indicare precisamente il luogo contrattuale in cui sarebbero previste, e che, se il riferimento va alla clausola 8.2 delle condizioni generali allegate agli ordini di acquisto, sembrerebbe trattarsi di una semplice penale per il ritardo nella fornitura dei beni o servizi, che appare di dubbia compatibilità concreta con il tipo di appalto di cui si discute in cui non si ravvisa una vera e propria “consegna”; lo stesso Catania ha riferito: “Non c’erano penali nei confronti di Netgroup”;

rilevato poi che, sulla base delle informazioni acquisite, i lavoratori addetti all’appalto seguivano il medesimo orario dei dipendenti di Leonardo (Oggioni:

“Il nostro orario era esattamente quello di Leonardo, entravamo insieme ai dipendenti di Leonardo passando dai tornelli alle otto del mattino, facevamo la pausa pranzo alle stesse ore e uscivamo con loro alle 16:30. Questo orario era deciso dall’ufficio, a me l’ha detto Mirko”; di fronte a questo dato, non sposta i termini della questione il fatto che, come riferito da Catania, potesse essere rilevato soltanto l’accesso e non anche l’orario di ingresso e di uscita, visto che anche lo stesso Catania si è chiaramente riferito alla possibilità di straordinario – del resto Russo era stato assunto come lavoratore in somministrazione con un orario di 40 ore settimanali e prestava la sua attività esclusivamente presso la sede della convenuta – e ha dato atto che la fatturazione esponeva le giornate di presenza dei tecnici, anche se non è stato in grado di precisare come venisse elaborata) e che, in altre sedi, le loro mansioni erano svolte da dipendenti di Leonardo, che insieme con i lavoratori di Netgroup hanno preso parte almeno una volta a un workshop;

osservato che, sulla base delle informazioni acquisite, sembra che anche la gestione amministrativa del rapporto fosse sostanzialmente demandata al committente: Oggioni ha infatti riferito: “A me all’inizio è stato spiegato che per le ferie bisognava mandare una mail a Mirko e successivamente si compilava un foglio on line sul sito della Netgroup indicando i giorni di ferie. La richiesta si mandava a Mirko per l’organizzazione dell’ufficio e prima di compilare il foglio si aspettava la sua risposta”; anche Catania, dopo aver dichiarato che si limitava a prendere atto delle assenze dei tecnici, che gli venivano comunicate in anticipo per cortesia, ha poi precisato con riferimento alle ferie estive e natalizie: “D’estate e a Natale c’erano periodi di chiusura e noi allora chiedevamo a Netgroup di elaborare un piano ferie dei loro tecnici per verificare se le nostre esigenze erano coperte, dato che alcune sedi erano chiuse, altre no, altre erano chiuse ma richiedevano un presidio minimo, e allora Netgroup elaborava un piano ferie e ce lo mandava. Noi lo controllavamo e a volte se non andava bene glielo facevamo cambiare”;

rilevato che di fatto, a quanto si desume dalle e-mail prodotte in atti, il piano ferie veniva trasmesso dai lavoratori, e non da Netgroup (si vedano in particolare le e-mail prodotta sub 23 dal ricorrente) e non risulta un intervento di Netgroup al riguardo;

osservato poi che appare francamente poco verosimile che Catania, come da lui riferito, in caso di assenza di un tecnico di cui non era stato messo preventivamente a conoscenza si limitasse a chiedere ai suoi colleghi, dopo di

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che se loro gli dicevano il motivo dell’assenza per lui finiva lì;

rilevato che, se pure, come documentato dalla convenuta, il ricorrente, per ottenere un permesso il 8.11.2021, si è rivolto a Netgroup, è stato documentato dal ricorrente che la risposta di Netgroup è arrivata successivamente alla fruizione; anche per quanto riguarda lo straordinario, si può fare riferimento alle parole di Catania: “Netgroup per riconoscere lo straordinario ai tecnici richiedeva che ci fosse il mio avallo: cioè io confermavo a Netgroup che quello straordinario era effettivamente necessario... l’accordo era che bastava una mail in cui io ero messo in copia e se io non dissentivo Netgroup considerava che per noi andasse bene”; è evidente che istituire in via di prassi un sistema di silenzio-assenso non elide il fatto che fosse richiesto l’assenso della committente;

ritenuto quindi che, nei limiti della presente istruttoria sommaria e salvi i futuri approfondimenti nella causa di merito, la tesi del ricorrente secondo cui l’appalto si riduceva a una mera fornitura di manodopera appaia allo stato verosimile, e che ciò sia sufficiente per integrare un fumus di non genuinità dell’appalto;

osservato che, a questo punto, il fatto che il ricorrente fosse lavoratore somministrato a Netgroup, e non a Leonardo, non sembra idoneo a far venir meno la tutela spettante;

osservato infatti che se l’appalto non è genuino l’utilizzatore del ricorrente non è Netgroup, ma è Leonardo, e appare allora verosimile, come argomentato dal ricorrente, che il suo rapporto di lavoro somministrato avvenga in assenza di un contratto di somministrazione tra l’(effettivo) utilizzatore e l’agenzia interinale, con le conseguenze previste dall’art. 38 comma 1 D. Lgs. 81/2015 (“In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore”;

in questo caso il contratto di somministrazione, prima ancora che nullo per difetto di forma solenne, è del tutto inesistente);

ritenuto al riguardo apparentemente non dirimente la difesa con cui Leonardo afferma di non poter essere chiamata a rispondere della validità di un contratto di somministrazione stipulato fra terzi, dato che, a ben vedere, si discute qui di un contratto di somministrazione (non) stipulato fra la stessa Leonardo e l’agenzia;

osservato, a questo proposito, che non sembra convincente neppure la tesi, sottesa agli atti difensivi della convenuta, secondo cui il lavoratore dovrebbe prima, in contraddittorio con Netgroup, far accertare l’irregolarità della somministrazione e poi, una volta assunta la qualità di lavoratore subordinato di Netgroup e sul presupposto della non genuinità dell’appalto, agire nei confronti di Leonardo, tesi che non soltanto comporterebbe un aggravio procedurale, ma soprattutto trascura la possibilità, da un lato, di chiedere il primo accertamento in via incidentale, come pure trascura il fatto che, a ben vedere, l’irregolarità della somministrazione è argomentata, anche e soprattutto, in conseguenza e in connessione della non genuinità dell’appalto;

osservato poi che non sembra sussistere neppure alcuna lesione dell’integrità del contraddittorio, potendosi applicare anche in questo caso il principio secondo cui la domanda si può proporre nei soli confronti dell’utilizzatore (effettivo) o del committente;

ritenuto quindi, alla stregua delle considerazioni che precedono, che il ricorso sia assistito da fumus boni iuris;

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premesso, quanto al periculum in mora, che non è possibile ritenerne l’irrilevanza per il solo fatto che nella causa di merito sia fissata udienza per l’assunzione della prova per la data ormai prossima del 7.3.2022;

osservato infatti che non è affatto certo che l’istruttoria (non surrogabile, per i motivi che si sono sopra indicati, dalle sommarie informazioni assunte in questo subprocedimento) venga esaurita in quella data, e che comunque, quand’anche lo fosse, la causa sarebbe verosimilmente, per le esigenze del ruolo, rinviata per la discussione a data successiva anche di svariati mesi;

osservato che in via normale i pregiudizi di natura meramente patrimoniale non sono mai irreparabili, perché sono sempre suscettibili di pieno ristoro per equivalente;

osservato tuttavia che, secondo un opinione tradizionale quanto condivisibile, un pregiudizio di natura patrimoniale non è pienamente suscettibile di ristoro per equivalente, e quindi si può considerare solitamente irreparabile, quando concerne la mancata percezione del reddito da lavoro: nella generalità dei casi, infatti, il lavoratore destina la propria retribuzione al soddisfacimento delle proprie esigenze vitali: la mancata percezione della retribuzione, quindi, mette in pericolo diritti fondamentali che trovano tutela anche a livello costituzionale;

rilevato che, nel caso di specie, il ricorrente deduce, senza contestazione sul punto, di non avere altra fonte di reddito;

ritenuto che non elide l’irreparabilità del pregiudizio il fatto che il lavoratore possa fruire della NASpI, per un importo che si deve ritenere presumibilmente non sufficiente a soddisfare le sue esigenze vitali e comunque, come parimenti senza contestazione deduce il ricorrente, per un periodo di dodici mesi (e quindi fino a novembre 2022, data entro la quale non è certo che la causa di merito possa essere stata decisa);

osservato in ogni caso che il lavoratore ha anche dedotto che la protratta assenza dal lavoro si riverbera negativamente sulla sua professionalità, in considerazione della rapida evoluzione del software e dell’hardware, e sul punto, che peraltro si potrebbe anche ritenere certo in considerazione della notoria rapidità di evoluzione dell’informatica, non c’è stata specifica contestazione;

rilevato che questo pregiudizio alla professionalità è sicuramente insuscettibile di ristoro per equivalente;

osservato, al riguardo, che non sembra conferente l’obiezione della convenuta secondo cui il lavoratore che perde il lavoro ha (anche dal punto di vista del diritto positivo, nell’ambito della disciplina delle conseguenze del licenziamento illegittimo) l’onere di attivarsi per reperire una occupazione sostitutiva e quindi di evitare il danno alla professionalità: anche a prescindere dalla considerazione che non necessariamente la ricerca di una occupazione sostitutiva ha esito positivo, dal punto di vista dei principi generali la questione potrebbe essere riconducibile al dovere di non aggravare il danno, di cui è espressione l’art. 1227 c.c., che tuttavia non può certo elidere l’interesse a evitare il fatto dannoso, tanto più quando, come nel caso di specie, le relative conseguenze non siano suscettibili di integrale ristoro per equivalente (e in effetti anche l’art. 1227 c.c.

si pone sul piano del risarcimento per equivalente);

ritenuto che quindi ricorrano i presupposti della chiesta tutela cautelare;

ritenuto estraneo all’ambito della cautela determinare se veramente il ricorrente abbia diritto al livello superiore rivendicato, essendo sufficiente, per assicurare le sue esigenze di vita e di aggiornamento professionale, che allo stato il lavoro

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prosegua con le modalità in essere fino a novembre 2021;

modulato l’ordine giudiziale come da dispositivo per assicurare nel modo più idoneo il diritto del ricorrente;

rinviata al momento della decisione di merito la regolamentazione delle spese di lite;

pqm

ordina a Leonardo S.p.A. di riammettere in servizio presso la sede ex OTO Melara di Via Valdilocchi alla Spezia il ricorrente Denny Russo, alle proprie dipendenze, nelle mansioni precedentemente disimpegnate, con l’orario di 40 ore settimanali e con l’inquadramento in precedenza a lui spettante;

spese al merito.

Si comunichi.

La Spezia, 14.2.2022 Il giudice

Marco Viani

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