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INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2015

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(1)

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2015

INTERVENTI DEI RAPPRESENTANTI

DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

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(3)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

VICE PRESIDENTE GIOVANNI LEGNINI . . . Pag. 1

INTERVENTI DEI CONSIGLIERI PRESSO LE CORTI D'APPELLO

CORTE D’APPELLO DI ANCONA

CONSIGLIERE ALDO MORGIGNI. . . Pag. 11 CORTE D’APPELLO DI BARI

CONSIGLIERE ANTONIO LEONE . . . Pag. 19 CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

CONSIGLIERE ALESSIO ZACCARIA. . . Pag. 27 CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

CONSIGLIERE MARIA ROSARIA SAN GIORGIO. . . Pag. 35 CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

CONSIGLIERE NICOLA CLIVIO. . . Pag. 41 CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO

CONSIGLIERE PIERANTONIO ZANETTIN. . . Pag. 51 CORTE D’APPELLO DI CATANIA

CONSIGLIERE ROSARIO SPINA. . . Pag. 59 CORTE D’APPELLO DI CATANZARO

CONSIGLIERE MASSIMO FORCINITI. . . Pag. 65 CORTE D’APPELLO DI FIRENZE

CONSIGLIERE GIUSEPPE FANFANI. . . Pag. 77 CORTE D’APPELLO DI GENOVA

CONSIGLIERE FABIO NAPOLEONE. . . Pag. 81 CORTE D’APPELLO DE L’AQUILA

CONSIGLIERE VALERIO FRACASSI . . . Pag. 97

(4)

CORTE D’APPELLO DI LECCE

CONSIGLIERE ERCOLE APRILE. . . Pag. 111 CORTE D’APPELLO DI MESSINA

CONSIGLIERE FRANCESCO CANANZI. . . Pag. 123 CORTE D’APPELLO DI MILANO

VICE PRESIDENTE GIOVANNI LEGNINI. . . Pag. 133 CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

CONSIGLIERE LUCIO ASCHETTINO. . . Pag. 143 CORTE D’APPELLO DI PALERMO

CONSIGLIERE PIERGIORGIO MOROSINI. . . Pag. 151 CORTE D’APPELLO DI PERUGIA

CONSIGLIERE LUCA FORTELEONI. . . Pag. 159 CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA

CONSIGLIERE LORENZO PONTECORVO. . . Pag. 175 CORTE D’APPELLO DI ROMA

CONSIGLIERE PAOLA BALDUCCI. . . Pag. 185 CORTE D’APPELLO DI SALERNO

CONSIGLIERE ANTONIO ARDITURO. . . Pag. 193 CORTE D’APPELLO DI TORINO

CONSIGLIERE RENATO BALDUZZI. . . Pag. 201 CORTE D’APPELLO DI TRENTO

CONSIGLIERE LUCA PALAMARA. . . Pag. 211 CORTE D’APPELLO DI TRIESTE

CONSIGLIERE CLAUDIO MARIA GALOPPI. . . Pag. 215 CORTE D’APPELLO DI VENEZIA

CONSIGLIERE MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI . . . Pag. 231

(5)

INTERVENTI DEL SEGRETARIO GENERALE E DEL VICE SEGRETARIO GENERALE

CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA

SEGRETARIO GENERALE PAOLA PIRACCINI. . . Pag. 241 CORTE D’APPELLO DI POTENZA

VICE SEGRETARIO GENERALE MARCO DALL’OLIO. . . Pag. 249

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(7)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

INTERVENTO DEL VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA

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INTERVENTO DEL VICE PRESIDENTE GIOVANNI LEGNINI ALL'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 2015

ROMA, 23 gennaio 2015

Signor Presidente del Senato, nell’esercizio delle funzioni di Presidente della Repubblica,

Eminenza Reverendissima,

Signor Presidente della Corte Costituzionale, Signor Vice Presidente del Senato,

Signor Vice Presidente della Camera, Signor Ministro della giustizia, Signori Giudici costituzionali,

Signor Presidente della Corte di Cassazione, Signor Procuratore Generale,

Signor Avvocato generale,

Signor Presidente del Consiglio nazionale forense, Signori Magistrati, Autorità, Signore e Signori

consentitemi innanzitutto di ringraziare il Primo Presidente, Giorgio Santacroce, per la Sua relazione esaustiva ed equilibrata, per il messaggio incisivo che ci ha voluto consegnare e per le indicazioni improntate a realismo e fiducia.

Lo ringrazio ancora insieme con il Procuratore Generale, Gianfranco Ciani, perché, con la loro preziosa esperienza ed alta professionalità, hanno garantito un sereno e rapido avvio dell’attività del nuovo Consiglio superiore, che mi onoro di rappresentare, garantendo il necessario raccordo tra la continuità

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dell’azione amministrativa ed il pronto inizio del cammino di innovazione già intrapreso.

La fase storica che stiamo vivendo è nel contempo piena di rischi e di opportunità per la Giustizia italiana ed a noi tutti, ciascuno per le funzioni che esercita, è affidato il difficile ma entusiasmante compito di evitare il pericolo di accentuazione della crisi della giurisdizione e di saper cogliere le straordinarie possibilità che si profilano, prime fra tutte quelle derivanti dall’inarrestabile processo di innovazione tecnologica ed organizzativa e dall’accresciuta consapevolezza dell’urgente necessità di un’estesa azione riformatrice.

Le comunicazioni del Ministro della giustizia del 19 gennaio scorso al Parlamento ne costituiscono una chiara dimostrazione.

Vorrei evitare, anche per utilizzare al meglio lo spazio del mio breve intervento, il richiamo alle difficoltà in cui versa la giustizia italiana, così come l’analisi dei segnali di miglioramento rilevabili, aspetti del resto già illustrati nella Relazione annuale sull’Amministrazione della giustizia e nell’intervento inaugurale del Primo Presidente.

Svolgerò invece, sintetiche considerazioni sullo scenario che è possibile intravedere nel nuovo anno giudiziario con particolare riguardo alle prospettive della nuova consiliatura da poco avviata.

D’altronde la diagnosi dei mali della Giustizia, i rimedi necessari e possibili, sono ampiamente noti e da molto tempo dibattuti, così come lo sono gli effetti degli interventi degli ultimi Governi e dell’Esecutivo in carica, in particolare.

Vorrei soltanto sottolineare il potenziamento delle misure deflative, di cui il sistema giudiziario ha urgente necessità, realizzate anche grazie al sostegno dell’Avvocatura, come le innovazioni in materia di separazione e divorzio, la negoziazione assistita, la rilevanza della lieve entità ai fini della punibilità del fatto di reato e l’avvio della riforma organica del processo civile, con il disegno di legge di recente varato che si muove nella direzione auspicata, tra gli altri, anche dal Consiglio superiore della magistratura.

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Il sistema giudiziario italiano, al pari della società e dell’economia nazionali, è investito dagli effetti di trasformazioni epocali, che lo caricano di nuove responsabilità nei confronti dei cittadini e del Paese.

La gravissima crisi economica e sociale degli ultimi anni, la diffusione di nuove povertà e di fenomeni di insicurezza sociale, i problemi indotti dall'affermarsi di una società multietnica, l'evoluzione globale e la potenza diffusiva della criminalità organizzata, la crescente odiosità della corruzione in periodo di sofferenze e ristrettezze, i pericoli immanenti alla strategia del terrore, sono tutte realtà che pongono al sistema giudiziario nuove domande ed acuiscono la percezione negativa delle inefficienze della giurisdizione, dentro e fuori i confini nazionali.

La misurazione più attendibile dell’economia sommersa, alimentata dalla criminalità organizzata, dalla corruzione e dall’evasione fiscale, effettuata attraverso l’approccio della domanda di circolante, indica un’incidenza media della stessa economia sommersa e di quella illegale pari rispettivamente al 16,5% e al 10% del PIL.

Si tratta di cifre ingenti, generatrici di fenomeni distorsivi del mercato, di turbamento della civile convivenza, di impoverimento del bilancio pubblico, di compromissione dell’etica civile, di diffidenza degli investitori stranieri.

Il processo recessivo si presenta dunque circolare: la lentezza ed il cattivo funzionamento della giustizia ingenerano sfiducia e deprimono gli investimenti, anche esteri; la sottrazione di ingenti mezzi all’economia legale sovraccarica il sistema giudiziario e priva lo Stato di notevoli risorse, debilitando ancor di più il funzionamento dei servizi di giustizia e degli altri servizi pubblici.

Una spirale che carica sul sistema giudiziario italiano la responsabilità di un’intera comunità vista nelle sue relazioni economiche, nei rapporti sociali, nei diritti e nelle libertà delle persone.

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Se tutto ciò è vero, la prospettiva di approccio ai temi della giustizia non può più essere quella settoriale, appartenente ai soli addetti ai lavori; un metodo a lungo sperimentato e rivelatosi insufficiente.

La questione Giustizia deve assurgere al rango di grande priorità nazionale, deve occupare lo spazio riservato alle poche principali scelte strategiche; lo impongono la Costituzione, la contingenza storica e conviene al Paese.

E se tale mutamento paradigmatico si verificherà, e dobbiamo tutti agire affinchè abbia luogo, sarà possibile collocare ogni necessaria misura normativa, organizzativa e di investimento tra quelle inderogabili e prioritarie.

In caso contrario, il rischio è che vi sia sempre o spesso qualcosa di più urgente ed importante da fare.

Dunque, ciascuno è chiamato a fare la sua parte, non solo il Governo ed il Parlamento, ma anche la Magistratura, l’Avvocatura, che qui voglio salutare e ringraziare, le formazioni sociali ed i cittadini.

E noi, che abbiamo la responsabilità del governo autonomo dei magistrati italiani, dobbiamo fare e faremo la nostra parte.

Ed è per questo che abbiamo già intrapreso un percorso di rinnovamento, peraltro tenuto a battesimo, lo scorso dicembre nella fase preliminare della procedura consiliare, dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, cui rivolgo un deferente e grato pensiero.

Siamo determinati a conseguire i seguenti obiettivi nel segno dell’autoriforma, del contributo all’efficienza del sistema e all’effettività del ruolo del Consiglio superiore della magistratura:

1. la modifica alle procedure interne ed ai criteri selettivi per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, non solo a fini di accelerazione e semplificazione, ma anche per garantire maggiore obiettività e certezza dei

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parametri di valutazione, su cui si possa fare affidamento in anticipo;

innovazioni attese dalla Magistratura tanto più in questa fase di esteso rinnovo delle posizioni di vertice degli Uffici giudiziari, sulla cui eccessiva concentrazione in un troppo breve spazio temporale, abbiamo ritenuto, condividendo le valutazioni e le proposte avanzate dal Primo Presidente di questa Suprema Corte, di richiamare l’attenzione del Governo;

2. il sostegno e l’implementazione dell'attività dei Consigli giudiziari, secondo modalità che discuteremo a breve con tutti i Capi di Corte di appello;

3. la revisione dei sistemi cruciali di valutazione di professionalità e della formazione, anche dei magistrati aspiranti agli incarichi direttivi, promuovendo, come stiamo già facendo, una maggiore sinergia con la Scuola superiore della magistratura;

4. l’intervento sul delicato tema degli incarichi politici conferiti ai Magistrati e sul regime giuridico loro applicabile;

5. un forte investimento sul tema dell'organizzazione giudiziaria, valorizzando le buone pratiche diffuse sul territorio e il progetto Strasburgo 2, e ciò promuovendo il metodo d’incontro ed ascolto presso gli Uffici giudiziari;

6. la completa attuazione del programma di integrale reingegnerizzazione del Consiglio, per incrementare l’efficienza, l’accessibilità e la trasparenza dell’attività consiliare, presso i magistrati, gli interlocutori istituzionali e l'opinione pubblica;

7. un’estesa revisione e semplificazione della regolamentazione interna.

Dunque, un ambizioso programma di innovazione ed apertura, proiettato anche sul palcoscenico internazionale, dove già si stanno raccogliendo frutti significativi, come è avvenuto per la recente risoluzione approvata al Palazzo dei Marescialli dal Consiglio dei Procuratori europei, sul ruolo della magistratura requirente che va delineandosi nella cultura giuridica dei paesi membri del Consiglio d’Europa.

Signor Presidente, Autorità tutte,

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la Carta costituzionale garantisce l'indipendenza e l'autonomia della Magistratura, dei quali il Consiglio superiore rappresenta il primo presidio.

Tali intangibili principi sono funzionali alla corretta applicazione della legge, di cui il principio di subordinazione della funzione giurisdizionale alla sovranità popolare costituisce un fondamentale presupposto.

La legge, i Giudici, i cittadini.

E' su questo trinomio che deve fondarsi la qualità della giurisdizione, qualità che costituisce la cifra indefettibile di declinazione di un governo autonomo della magistratura che aspiri ad essere moderno e responsabile.

L'autonomia, il prestigio e l'autorevolezza dei magistrati, troppo spesso destinatari di gratuiti ed indiscriminati attacchi, rappresentano valori essenziali per garantire l'esercizio della cruciale funzione giurisdizionale e l’equilibrio del sistema democratico, ma non possono essere disgiunti dall'efficacia e tempestività delle risposte.

Del resto una Magistratura compressa dalle inefficienze del sistema suo malgrado non viene percepita come autorevole.

La sfida dell'efficienza e della tempestività è affidata certo alla qualità della legislazione e all'adeguatezza dei mezzi e delle risorse, ma anche alla professionalità, alla capacità organizzativa, al patrimonio etico di ciascun magistrato.

La Corte Costituzionale affermò molti anni fa che “La prima e fondamentale garanzia per i cittadini si ritrova nel senso del dovere dei magistrati e nella loro obbedienza alla legge morale, che è propria dell’altissimo ufficio”.

Noi tutti siamo chiamati ad operare per contribuire ad affermare il rispetto del prestigio e della funzione dei magistrati.

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L’immortale Platone affermò “voi potete comperare il lavoro di un uomo, la sua esperienza ed i suoi consigli, ma non potete mai comperare l’entusiasmo, l’iniziativa, la devozione del cuore, della mente, dell’animo”.

Riforme, mezzi e risorse, fiducia ed entusiasmo.

Sono questi i nostri intendimenti per l'anno giudiziario che oggi si inaugura.

Auguri a Voi tutti, alla Giustizia e all'Italia.

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INTERVENTI DEI CONSIGLIERI PRESSO LE

CORTI D’APPELLO

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CORTE D’APPELLO DI ANCONA

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE ALDO MORGIGNI

Presidente della Corte e signor Procuratore Generale, Eminenza reverendissima, signor Presidente del Consiglio dell'Ordine forense, colleghi magistrati, Autorità, Signore e Signori,

consentitemi innanzitutto di ringraziare il Presidente Marino per la sua relazione esaustiva ed equilibrata, per il messaggio incisivo che ci ha voluto consegnare nonché per le sue indicazioni che sono improntate a realismo e fiducia. Lo ringrazio anche unitamente al Procuratore Generale, il collega Macrì, perché con la loro preziosa esperienza ed alta professionalità hanno garantito dal nostro punto di vista un sereno e costante rapporto con l'attività del nuovo Consiglio Superiore che mi onoro di rappresentare garantendo il necessario raccordo fra la continuità dell'azione amministrativa del Consiglio giudiziario e il pronto inizio di un cammino di innovazione che abbiamo intrapreso. La fase storica che stiamo vivendo è nel contempo foriera di rischi e opportunità per la giustizia italiana ed a noi tutti, ciascuno per le funzioni che esercita, è affidato il difficile ma entusiasmante compito di evitare il pericolo di accentuare la crisi della giurisdizione e di sapere cogliere le straordinarie possibilità che si profilano, prime fra tutte quelle derivanti dall'irrefrenabile processo di innovazione tecnologica e organizzativa, nonché dalla cresciuta consapevolezza della estesa necessità di un'azione riformatrice. Le comunicazioni del Ministro della giustizia del 19 gennaio scorso al Parlamento, riportate anche al Consiglio Superiore, ne costituiscono una chiara dimostrazione. Io eviterò - anche per utilizzare al meglio lo spazio del mio breve intervento - un richiamo alle difficoltà generali in cui versa la giustizia italiana, così come anche eviterò l'analisi dei segnali di miglioramento rilevabili che sono aspetti per quello che riguarda la sede distrettuale di Ancona già illustrati nella relazione annuale sulla Amministrazione della giustizia e

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nell'intervento inaugurale del Presidente. Mi soffermerò soltanto su alcune peculiari caratteristiche del distretto al termine di questo mio intervento.

Svolgerò invece sintetiche considerazioni sullo scenario che è possibile intravvedere nel nuovo anno giudiziario con particolare riguardo alle prospettive della nuova consiliatura da poco avviata. D'altronde la diagnosi dei mali della giustizia e i rimedi necessari e possibili sono ampiamente noti e da molto tempo dibattuti, così come lo sono gli effetti degli interventi degli ultimi Governi e dell'esecutivo in carica. In particolare, io sottolineo anche che la prima emergenza, quella forse ineludibile, è costituita dalla estinzione del personale giudiziario, e quando dico estinzione indico un dato obiettivo relativo alla costante diminuzione negli ultimi 16 anni degli organici del personale che attualmente ha circa 8.000 vacanze, anche di più. Questo determina un inevitabile deterioramento della situazione, basti considerare che un ufficio come quello del giudice di pace di Roma che è il sesto ufficio giudiziario di Italia, per capirci anche sull'importanza della giustizia di prossimità e della magistratura onoraria, fino a pochi mesi fa aveva ritardi nelle iscrizioni delle sentenze pari a 50.000 unità, cioè da due anni erano in attesa di essere inserite nei registri amministrativi, pubblicate queste sentenze. Sono successi anche effetti paradossali come quelli della pubblicazione con retrodatazione al deposito della minuta, con evidente decorso dei termini d'appello, anche a causa della circostanza dell'inesperienza del personale destinato a titolo sostanzialmente gratuito e in collaborazione dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma. Questo esempio viene fatto per chiarire quali sono i reali problemi della giustizia italiana, al di là dell'impatto mediatico che si focalizza costantemente sui pochi processi che fanno clamore ma non sui tanti che fanno danni, perché voi vi rendete conto che è una forma di denegata giustizia un tipo di amministrazione di questo genere. Segnalo anche che questo trend di decremento e di desertificazione del personale giudiziario non è seguito da altre amministrazioni, quindi è una scelta. Intanto io devo sottolineare che c'è stato invece un potenziamento di misure deflattive di cui il sistema giudiziario ha urgente necessità realizzate grazie anche al

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sostegno dell'avvocatura, come le innovazioni prima citate in materia di separazione e divorzio; la negoziazione assistita della quale aspettiamo di conoscere gli esiti statistici; la rilevanza della lieve entità ai fini della punibilità del fatto di reato che a breve dovrebbe essere protagonista della nostra giustizia penale; l'avvio della riforma organica del processo civile col disegno di legge recentemente varato che si muove nell’auspicata direzione della deflazione e il Consiglio Superiore si è fatto portatore nei suoi pareri su queste norme di queste istanze e ha indicato le necessità. Vediamo che altri organismi tecnici, come per esempio la Banca Centrale Europea e la Banca d'Italia in materia economica, sono ascoltati, speriamo che lo sia anche il Consiglio Superiore in materia di giustizia. Il sistema giudiziario italiano, al pari della società e della economia nazionale, è investito dagli effetti di trasformazioni epocali che lo caricano di nuove responsabilità nei confronti dei cittadini e del paese. La gravissima crisi economica e sociale degli ultimi anni, la diffusione di nuove povertà e di fenomeni di insicurezza sociale, i problemi indotti dall'affermarsi di una società multietnica, l'evoluzione globale, la potenza diffusiva della criminalità organizzata, la crescente odiosità della corruzione in periodi di sofferenza e ristrettezze, i pericoli immanenti della strategia del terrore sono tutte realtà che pongono al sistema giudiziario nuove domande ed acuiscono la percezione negativa della inefficienza della giurisdizione, dentro e fuori i confini nazionali. La misurazione più attendibile dell'economia sommersa alimentata dalla criminalità organizzata, dalla corruzione e dall'evasione fiscale effettuata attraverso l'approccio della domanda di circolante indica un'incidenza media della stessa economia sommersa e di quella illegale pari rispettivamente al 16,5% e al 10% del prodotto interno lordo. Significa che è praticamente la prima economia nell'ambito di quella nazionale, considerando le altre per settori divisi. Si tratta di cifre ingenti generatrici di fenomeni distorsivi del mercato, di turbamento della civile convivenza, di impoverimento del bilancio pubblico, di compromissione dell'etica civile, di diffidenza degli investitori stranieri. Il processo recessivo si presenta dunque circolare, la lentezza e il cattivo funzionamento della giustizia ingenerano

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sfiducia e deprimono gli investimenti anche esteri, la sottrazione di ingenti mezzi dall'economia legale sovraccarica il sistema giudiziario e priva lo Stato di notevoli risorse, debilitando ancora più il funzionamento dei servizi di giustizia e degli altri servizi pubblici, una spirale che carica sul sistema giudiziario italiano la responsabilità di un'intera comunità vista nelle sue relazioni economiche, nei rapporti sociali, nei diritti e nelle libertà delle persone. Se tutto ciò è vero la prospettiva di approccio ai temi della giustizia non può più essere quella settoriale appartenente ai soli addetti ai lavori, un metodo a lungo sperimentato ma rivelatosi insufficiente. La questione giustizia deve assurgere al rango di grande priorità nazionale, deve occupare lo spazio riservato alle poche principali scelte strategiche come impone la Costituzione, come impone la contingenza storica e come conviene al paese, e se tale mutamento paradigmatico si verificherà - e dobbiamo tutti agire affinché abbia luogo - sarà possibile collocare ogni necessaria misura normativa, organizzativa e di investimento tra quelle inderogabili e prioritarie. In caso contrario il rischio è che vi sia sempre o spesso qualcosa di più urgente e di importante da fare. Dunque ciascuno è chiamato a fare la sua parte, non solo il Governo e il Parlamento ma anche la magistratura, l'avvocatura che qui io saluto e ringrazio per l'apporto fornito, le formazioni sociali, i cittadini. Noi che abbiamo la responsabilità del governo autonomo dei magistrati italiani dobbiamo fare e faremo la nostra parte. Abbiamo intrapreso un percorso di rinnovamento, siamo determinati a conseguire i seguenti obiettivi nel segno dell'autoriforma, del contributo all'efficienza del sistema, e all'effettività del ruolo del Consiglio superiore della magistratura. In primo luogo stiamo modificando le procedure interne, i criteri selettivi per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, non solo per accelerare e semplificare ma anche per garantire una maggiore obiettività e certezza dei parametri di valutazione sui quali si possa fare affidamento in anticipo. Queste innovazioni sono attese dalla magistratura, tanto più che in questa fase di esteso rinnovo delle posizioni di vertice degli uffici giudiziari - ci accingiamo a deliberare quasi 500 nomine - sulla cui eccessiva concentrazione in un troppo breve

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tempo abbiamo ritenuto, condividendo le valutazioni e le proposte avanzate anche dal Primo Presidente della Corte di Cassazione, di richiamare l'attenzione del Governo con un messaggio espresso. È un impegno mio personale ma anche del Consiglio di giungere a criteri di selezione dei capi degli uffici giudiziari trasparenti e che consentano anche una sollecita individuazione di coloro che vengono destinati, perché è normale che più si viaggia verso fattori obiettivi e chiaramente leggibili, e soprattutto verificabili ex post, più è prevedibile la designazione di chi sarà il capo dell'ufficio giudiziario, minori saranno i contenziosi e più sollecita sarà la copertura. Da questo punto di vista è stato un mio impegno personale, lo riporto qui, quello di ripristinare dei punteggi specifici per questo tipo di nomina che attualmente viene fatta su base genericamente fondata su parametri che però restano spesso, troppo spesso, evanescenti e distinti da caso a caso. In secondo luogo il Consiglio Superiore intende che vi sia un pieno sostegno, un'implementazione dell'attività dei Consigli giudiziari secondo modalità che a breve discuteremo con tutti i capi di Corte d'appello, incluso quello qui presente oggi che saluto ancora. Vi è poi necessità di revisione dei sistemi cruciali di valutazione di professionalità e della formazione anche dei magistrati che aspirano a incarichi direttivi promuovendo, come sta facendo la Commissione che mi onoro di presiedere, una maggiore sinergia con la Scuola superiore della magistratura. È necessario un intervento sul delicato tema degli incarichi politici conferiti ai magistrati e sul regime giuridico loro applicabile, e non vi nascondo che un'idea diffusa è quella di creare una separazione netta e definitiva irreversibile, cosiddetta one way, tra magistratura e politica, eletta una via non datur recursus all’altra, non si può tornare indietro dopo un incarico politico.

Ci vorrà molto, è una responsabilità politica ma in questo senso il Consiglio Superiore deve impegnarsi. Dobbiamo perseguire lo scopo di un forte investimento sul tema dell'organizzazione giudiziaria, valorizzare le buone pratiche diffuse sul territorio e il progetto Strasburgo 2 promuovendo il metodo di incontro e ascolto presso gli uffici giudiziari. Abbiamo iniziato la definizione del programma di integrale reingegnerizzazione del Consiglio da

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un punto di vista informatico per incrementare l'efficienza, l'accessibilità e la trasparenza dell'attività consiliare presso i magistrati, gli interlocutori istituzionali e l'opinione pubblica che deve poter avere nozione chiara e certa di quella che è l'attività svolta dal Consiglio Superiore. Infine è indispensabile un'estesa revisione e semplificazione della regolamentazione interna, dunque si tratta di un programma ambizioso di innovazione e apertura, proiettato anche sul palcoscenico internazionale, dove già si stanno raccogliendo frutti significativi, come è avvenuto con la recente risoluzione approvata a Palazzo dei Marescialli dal Consiglio dei Procuratori europei sul ruolo della magistratura requirente che va delineandosi nella cultura giuridica dei paesi membri del Consiglio d'Europa.

Consentitemi a questo punto una breve riflessione sul distretto di Ancona. Il distretto di Ancona coincide sostanzialmente con la regione Marche, è una regione sana, lo dico dal punto di vista di chi lavora in quello che può essere definito un osservatorio nazionale. È una regione sana grazie chi ci vive, a chi ci è andato a vivere, a chi ci lavora, a chi costantemente s'impegna tutti i giorni soprattutto nella società civile. L'auspicio è che continui ad esserlo perché le pressioni, gli attacchi, le infiltrazioni, la rendono bersaglio privilegiato della criminalità organizzata che si manifesta sotto molteplici forme, una delle quali indubbiamente è la corruzione ma è solo una di esse. Ci sono fenomeni che sono localizzati soprattutto nell'area del litorale, come sanno tutti coloro che mi ascoltano, che danno la percezione netta della pericolosità delle infiltrazioni criminali e che aprono scenari pericolosi.

Purtroppo la cartina della nostra nazione è un po’ come quella del gioco Risiko, le regioni sulle quali vengono appuntati i simboli della criminalità organizzata stanno aumentando, è una salita progressiva, ormai non è più possibile parlare di criminalità organizzata meridionale, è diffusiva. Le seconde generazioni nascono e vivono in territori come quelli lombardi, veneti, piemontesi e purtroppo anche marchigiani. Soltanto il tenere alta la guardia e temprata e forte la fibra morale di tutti coloro che lavorano nelle istituzioni e che vivono nella società civile potrà impedire che una situazione al momento

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tollerabile esca di controllo nel giro di pochi anni. Le sofferenze di personale giudiziario e, per quello che mi riguarda e ci riguarda come Consiglio superiore della magistratura, di organico nel distretto sono state illustrate dal Presidente, in particolare quella di Fermo per la quale io mi impegno a cercare una soluzione a breve perché non si può lasciare una parte di territorio, particolarmente interessata da questi fenomeni che ho indicato, sguarnita, priva della presenza di magistrati. E pur tuttavia devo rammentare, mi corre l'obbligo di segnalare, che nel distretto di Ancona la situazione non è tra le peggiori d'Italia, vi è una scopertura media che si colloca ai migliori livelli, vi sono uffici che garantiscono al distretto di trovarsi nella eccellenza sia a livello di produttività che a livello di qualità, ve lo ha già rammentato il Presidente Marino, ma vi sono specificità che richiedono attenzione. Su queste specificità il mio impegno e l'impegno del Consiglio Superiore saranno pronti, seri e spero efficaci.

Signor Presidente e autorità tutte, la Carta Costituzionale garantisce l'indipendenza e autonomia della magistratura dei quali il Consiglio Superiore rappresenta il primo presidio; tali intangibili principi sono funzionali alla corretta applicazione della legge il cui principio di subordinazione della funzione giurisdizionale alla sovranità popolare espressa attraverso detta legge costituisce un fondamentale presupposto. La legge, i giudici, i cittadini: è su questo trinomio che deve fondarsi la qualità della giurisdizione, qualità che costituisce la cifra indefettibile di declinazione di un governo autonomo della magistratura che aspiri ad essere moderno e responsabile. L'autonomia, il prestigio e l'autorevolezza dei magistrati troppo spesso destinatari di gratuiti e indiscriminati attacchi rappresentano valori essenziali per garantire l'esercizio della cruciale funzione giurisdizionale e l'equilibrio del sistema democratico, ma non possono essere disgiunti dall’efficacia e dalla tempestività delle risposte che vanno richieste soprattutto alla politica, dati i limiti strutturali dell'intervento della magistratura. Del resto una magistratura compressa dalla inefficienza del sistema suo malgrado non viene percepita, come dovrebbe essere, come autorevole. La sfida dell'efficienza e della tempestività è affidata

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certo alla qualità della legislazione e alla adeguatezza dei mezzi e delle risorse, ma anche alla professionalità, alla capacità organizzativa al patrimonio etico di ciascun magistrato. La Corte Costituzionale affermò molti anni fa che la prima e fondamentale garanzia per i cittadini si ritrova nel senso del dovere dei magistrati e nella loro obbedienza alla legge morale che è propria dell'altissimo ufficio. Noi tutti siamo chiamati ad operare per contribuire ad affermare il rispetto del prestigio e della funzione dei magistrati. C'è una frase di Platone, con la quale concludo questo mio intervento, che delinea il timore che possano non bastare le risorse se manca lo spirito per attuarle: “Voi potete comperare il lavoro di un uomo, la sua esperienza, i suoi consigli. Ma non potrete mai comprare l'entusiasmo, l'iniziativa, la devozione del cuore, della mente, dell'animo”. Vi ringrazio tutti.

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CORTE D’APPELLO DI BARI

INTERVENTO PARZIALE DEL CONSIGLIERE ANTONIO LEONE

Ho ascoltato con grande interesse la relazione del Presidente della Corte, dalla quale emerge con chiarezza il quadro dello stato della giustizia nel paese e più specificamente nel nostro distretto, dei problemi e delle questioni che ancora attendono soluzioni e dei traguardi raggiunti.

So bene che l’inaugurazione dell’anno giudiziario, specialmente nelle sedi distrettuali, è da sempre l’occasione per elencare i problemi della giustizia e le difficoltà che gli addetti ai lavori incontrano sul piano ordinamentale e su quello materiale nella loro vita professionale quotidiana.

Ed è giusto, perché questa è una sede di incontro, formale sì, ma anche fondamentale, perché – oltre che essere un appuntamento annuale fisso ed un’occasione solenne e formale – consente effettivamente agli operatori del diritto di incontrarsi, di scambiarsi opinioni e manifestare sensibilità comuni, esigenze, problemi.

Ma il rischio è che limitandoci alle lamentazioni, giuste, per carità, ma a volte ripetitive e rituali anch’esse, si perda un po’ il senso profondo di questo evento che è anche la sede per ricordare a tutti coloro che operano nel campo del diritto il senso della comune appartenenza alla schiera di coloro che operano per la giustizia.

E’ il rafforzamento di questo comune sentire, che deve riempire di contenuto la cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

In questo spirito ed in questa prospettiva non può mancare un po’ di autocritica, perché delle disfunzioni della giustizia non possiamo accusare soltanto gli altri, in primis il legislatore e la politica, che le loro responsabilità ce

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le hanno di sicuro, (mi riferisco anche a me stesso che in politica ci sono stato fino a qualche giorno fa!) ma tutti noi: siamo un po’ co-responsabili, avvocati, magistrati, amministrativi, organi di autogoverno.

Lo dico con la massima umiltà, ma credo che sia una premessa indispensabile per cercare di migliorare le cose e ripristinare la fiducia dei cittadini, attraverso un servizio più tempestivo ed efficace nonché la credibilità dell’Amministrazione della giustizia i cui problemi sono ben noti e non ho bisogno di ricordarli a voi, anche perché ne ha già parlato il Presidente della Corte nella sua relazione.

………

In ogni caso alcuni trovano la loro causa al nostro esterno: penso, ad esempio, ad una legislazione frammentaria e disorganica, fatta di interventi correttivi spesso emergenziali e confusi, mentre mancano riforme organiche e di sistema che possano anche superare alcuni modelli del passato e innovare radicalmente alcuni istituti sostanziali e processuali (e questo vale sia per la giustizia civile che per quella penale, a partire dal parziale fallimento del “nuovo” processo penale e alla necessità di strumenti deflattivi efficaci), soprattutto al fine di dare attuazione effettiva ai principi costituzionali della obbligatorietà dell’azione penale, della certezza della pena, del giusto processo, della sua ragionevole durata, tenendo sempre presenti i dati allarmanti sulla quantità e qualità del fenomeno corruttivo, che non solo le cronache giudiziarie, ma lo stesso Ministro della giustizia ha fornito nella sua relazione al Parlamento.

Questo Paese ha bisogno di un impegno comune, di tutte le Istituzioni, un impegno teso ad aprire una nuova stagione, improntata alla responsabilità, al reciproco rispetto ed alla piena legittimazione: solo così si potrà marcare nettamente la differenza rispetto ad una stagione che auspichiamo essere definitivamente tramontata.

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Vado per flash. Penso ad una oramai cronica scarsità di risorse finanziarie e di investimenti, che non possono non ripercuotersi sulla qualità del lavoro di magistrati e avvocati e sull’efficienza del sistema nel suo complesso.

Non posso, poi, certo nemmeno trascurare il problema della scarsità degli organici, di magistratura e amministrativi.

A questo proposito, e per inciso, un piccolo contributo potrebbe arrivare già da un ripensamento del limite normativo di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 160 del 2006, in base al quale i magistrati di prima nomina hanno limitazione di accesso alle funzioni giudicanti penali monocratiche ed alle funzioni di giudice delle indagini preliminari e di giudice dell'udienza preliminare.

Penso anche alla sperequazione - in qualche caso drammatica - dei carichi di lavoro, destinata probabilmente ad aggravarsi con la scarsità delle risorse e che può portare anche a spiacevoli conseguenze sul piano disciplinare. Mi riferisco ai ritardi nel deposito dei provvedimenti ed alle riflessioni da fare sull’argomento . . .

Penso anche alla situazione dell'edilizia giudiziaria (proprio in questo distretto particolarmente pregnante) ed alla necessità di una ben maggiore informatizzazione.

E che dire dell'oramai annoso problema della magistratura onoraria, alla quale si è fatto ricorso - negli anni - in modo massiccio per sopperire alle emergenze di organico di quella ordinaria, ma senza disciplinarne le procedure di "reclutamento", le incompatibilità, il rapporto con gli uffici giudiziari e i magistrati assegnati, lo status giuridico ed economico (compresa la tutela previdenziale) e, non ultimo, l’azione disciplinare. Si è lasciato quasi "senza governo" il trattamento di questa categoria di operatori della giustizia che - con tutti i limiti di una soluzione emergenziale - ha comunque fatto molto in questi

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anni, un po' in tutti gli uffici giudiziari e per la quale dovrebbe essere forse completato il progetto di pieno coinvolgimento nel sistema di governo autonomo.

C’è anche sullo sfondo il problema di come utilizzare al meglio le esperienze e le conoscenze specialistiche acquisite sul campo dai magistrati e come superare l'attuale calo delle vocazioni per la destinazione quale magistrato con funzioni di consigliere di corte d'appello, per cui non sarebbe superfluo una maggiore valorizzazione di siffatte funzioni ai fini delle carriere e soprattutto con riguardo al conferimento di funzioni direttive e semidirettive.

Va qui finanche richiamato il problema della riduzione dei passaggi dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, e viceversa (anzi, soprattutto viceversa) che, dati alla mano, testimoniano la creazione di una sostanziale separazione delle carriere fra magistratura requirente e magistratura giudicante (nel 2014, solo 5 magistrati su 155 trasferimenti sono transitati dal ruolo requirente a quello giudicante; nessun magistrato dal giudicante al requirente, su 59 trasferimenti; in appello, solo 2 magistrati sono transitati da funzioni giudicanti a requirenti, su 53 trasferimenti effettuati). (Questo vorrà pur significare qualcosa!)

Stando così le cose è inevitabile che spetta a noi tutti sforzarci di immaginare in che modo possiamo contribuire al miglioramento dello stato della giustizia.

Sicuramente ed anzitutto attraverso nuove buone prassi e attraverso un maggiore sforzo verso l'obiettivo di una migliore e maggiore soddisfazione della domanda di giustizia. In questo devo dire che ci sono nel nostro paese eccellenze organizzative che devono essere imitate ed esportate, divenendo modello per tutti. L'elemento direttivo-organizzativo è certamente influente sul funzionamento del sistema: ne consegue che dobbiamo ineludibilmente assumerci la responsabilità, di estendere le buone pratiche a livello nazionale,

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senza attendere che ciò avvenga per buona volontà individuale. Debbo purtroppo constatare che finora poco è stato fatto: non è un giudizio di tipo personalistico sulla buona o cattiva volontà delle persone - è un giudizio sistematico basato sull'evidenza del risultato. In questo quadro, possiamo affrontare anche il tema del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi - questione fra le più dibattute degli ultimi anni all'interno della magistratura e dell'opinione pubblica.

Essa costituisce un momento decisivo della credibilità del CSM, che ha già avviato un'approfondita attività di revisione della normativa secondaria esistente, improntata allo snellimento delle relative procedure, che devono divenire più efficienti e funzionali e principalmente improntate alla trasparenza.

Naturalmente vi è una necessità: quella di coniugare l'amplissima discrezionalità in capo al CSM nel valutare i requisiti dei magistrati, con la necessità di una

"presa di distanze"(per usare le parole dell'oramai ex Presidente della Repubblica) dalle appartenenze correntizie, che rischiano di continuare a viziare in modo pregiudiziale le valutazioni stesse.

A questo proposito sono in fase di rielaborazione i sistemi selettivi e valutativi della idoneità direttiva attraverso:

a) Distinzione e specificazione dei requisiti attitudinali in base alle tipologie di ufficio direttivo;

b) Indicazione dei criteri rigorosi per il giudizio di comparazione fra candidati;

c) Apertura massima dell'accesso alla dirigenza;

d) Valorizzazione della cultura dell'organizzazione e delle nuove competenze maturate nella gestione di realtà complesse;

e) Semplificazione massima del procedimento e standardizzazione dei tempi e dei moduli valutativi.

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Si tratta di un tentativo in cui dobbiamo e dovete credere e nel quale va profusa ogni nostra migliore energia: la meritocrazia non deve essere solo una enunciazione di principio!

Oltreché su una diversa organizzazione degli uffici giudiziari, bisogna probabilmente lavorare su una maggiore attenzione all'aggiornamento professionale dei magistrati e degli avvocati, che sappia far cogliere a pieno i frutti di riforme - dal processo telematico all'estensione dell'istituto della mediazione, per fare solo qualche esempio - che, uniti ad un consistente investimento sull'innovazione tecnologico-informatica e sul reclutamento di giovani generazioni di magistrati e personale amministrativo, possano introdurre elementi di vera novità nel modo stesso di amministrare la giustizia e di rapportarsi con i cittadini. In questo, penso sarà fondamentale il ruolo che saprà giocare l'Avvocatura, in particolare nel settore civile, non recedendo dall'intento - già intrapreso - di procedere ad una profonda autoriforma, per assicurare al paese professionisti sempre più liberi, indipendenti e culturalmente ancor più attrezzati. Sono sotto gli occhi di tutti gli apprezzamenti fatti proprio ieri dal primo Presidente della Suprema Corte e dal Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione.

Permettetemi infine di rilevare come, a proposito di bilanciamenti e ingerenze tra poteri dello Stato, vi sia la necessità di evitare di cadere nella trappola della sovraesposizione mediatica della magistratura che danneggia e delegittima una funzione tanto essenziale, quanto necessariamente terza e imparziale, proprio in ossequio a principi costituzionali. La salvaguardia dell'indipendenza del potere giurisdizionale postula non solo la mancanza di ingerenze degli altri poteri dello Stato nel giudiziario, ma anche, specularmente, il suo reciproco.

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Per parte mia posso dire che sono molto sensibile a questi temi, che sicuramente sapranno essere sviluppati da tutti i soggetti istituzionali impegnati nella giustizia, dal Governo e dal legislatore ai magistrati ed agli avvocati e naturalmente - questo per parte mia sarà un impegno forte e costante del mio mandato - al Consiglio superiore della magistratura.

Vedete, il cammino iniziale di questa consiliatura è stato tappezzato di buone intenzioni e di dichiarazioni di intenti fatte coralmente in ossequio alla necessità di voltare pagina e di eliminare le contrapposizioni e le prevaricazioni numericamente e meramente legate alle consistenze correntizie.

………purtroppo i gruppi sono subito nati e si sono già visti gli scontri e le contrapposizioni. Quello accaduto, poi, qualche giorno addietro (spaccature, fuoriuscite dai gruppi, accuse di fuoco, minacce di ricerche di maggioranze “alternative”etc, etc) mi ha fatto rivedere films da me già vissuti in altri palazzi: quelli tanto criticati della politica.

Io non appartengo ad alcun gruppo e vorrei tanto che in Consiglio ve ne fosse solo uno, anzi un bel “gruppone”: quello degli amici della Giustizia.

Auguri di buon lavoro a tutti.

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CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE ALESSIO ZACCARIA

Signore e Signori,

chi vi parla lo fa in nome di un Consiglio superiore della magistratura che si è insediato solo pochi mesi fa, e che a quest’organo è approdato, per votazione parlamentare, solo due mesi dopo il suo insediamento, a causa di una serie di

“sfortunate”, chiamiamole così, vicende che sono, credo, ai più note, e che non è certamente in questa sede il caso di ripercorrere.

Come potete ben capire, il breve discorso che sto introducendo non potrà perciò risolversi in altro che in un catalogo di buone intenzioni.

Buone intenzioni che, peraltro, questo lo posso sin da subito assicurare, sono accompagnate da una reale, decisa volontà di conseguire risultati concreti, in tempi ragionevoli.

Lo so, all’inizio dicono tutti così, e poi la montagna, nella migliore delle ipotesi, partorisce un topolino.

Ma spero che riusciremo a smentire con i fatti questa possibile, legittima diffidenza.

Per quanto personalmente mi riguarda, posso dire che per la prima volta nella mia vita, dopo avere sempre assistito da semplice spettatore alle vicende di questo travagliato Paese, sono venuto inaspettatamente a trovarmi nella condizione di potere svolgere un ruolo attivo. Ho oggi l’opportunità di contribuire al miglioramento della giustizia e delle sue istituzioni, e non ho nessuna intenzione di sprecarla.

E quando dico “istituzioni” voglio riferirmi innanzi tutto allo stesso CSM.

Abbiamo già manifestato in diverse sedi, e qui desidero ribadirla con nettezza, la volontà di avviare un percorso di autoriforma del Consiglio immediatamente, senza attendere la riforma che il Ministro della giustizia ha dichiarato di volere promuovere. Non possiamo aspettare: dobbiamo agire subito, dobbiamo snellire le procedure ed aumentare i gradi di efficienza e

“produttività” dell’organo di autogoverno della Magistratura, senza, ovviamente,

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rinunciare a svolgere tutte le necessarie ed adeguate riflessioni che debbono accompagnare ogni decisione.

Pensate già soltanto che, a causa delle nuove norme sul pensionamento dei magistrati, che, ne siamo ormai certi, nonostante le nostre insistenze, non verranno più modificate, dovremmo quest’anno conferire circa 500 incarichi direttivi e semi direttivi, molti dei quali di grande rilevanza per la dimensione e l’importanza degli uffici coinvolti.

È evidente che, allo stato, si tratta di una “missione impossibile”.

Non so se e quanta attenzione abbiate mai dedicato a quel genere di filmografia cui appartiene la serie intitolata appunto alle “impossible missions”.

Ma debbo dirvi che nessun Consigliere non solo, e questo è evidente, ha l’aspetto di un Tom Cruise, ma neppure ha le capacità dell’agente da lui impersonato. Non possiamo fare altro che contare sulle nostre forze di uomini

“normali”, e possiamo, e dobbiamo, allora, darci regole che possano agevolare il nostro compito, tese a fissare, da un lato, criteri più rigidi e trasparenti per le nomine e, dall’altro, a snellire le procedure, e così ad accelerarle.

Per raggiungere questo scopo, abbiamo, ad esempio, in animo di convocare, a breve, una “Conferenza dei Capi di Corte”, d’accordo con i quali vorremmo avviare un processo di informatizzazione che possa consentire ai Consigli giudiziari di dialogare con il CSM in modo diretto. Si tratta di un’operazione che potremmo attuare in tempi rapidi, esistendo nelle pieghe del bilancio del CSM risorse che ben potrebbero essere destinate a questo progetto.

Ma nuove regole non bastano. Il risultato dipende ovviamente dall’attività di chi è chiamato ad applicarle. E se chi è chiamato ad applicarle non è un singolo, ma, com’è il caso del CSM, un gruppo, le persone che lo compongono debbono lavorare insieme, come si usa dire, per il “bene comune”. E lavorare insieme significa anche superare – superare ho detto, non abbandonare, si badi – la logica delle correnti, che, mi dispiace dirlo, non di rado, anziché rappresentare una più che legittima articolazione culturale, diventa fondamento di estenuanti, impropri negoziati alla ricerca di compromessi e bilanciamenti – sto citando l’ex Presidente della Repubblica – che finiscono per “ingessare” i lavori del CSM e

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finiscono altresì per legittimare, aggiungo io, quella diffusa pratica delle

“etichettature” politiche che costituisce certamente uno dei fattori responsabili del calo di fiducia nella giustizia.

Sono partito dalle nomine.

Sono senz’altro una parte importante del nostro lavoro. Ma non è a questa attività che il CSM del quale faccio parte vuole ridurre il proprio ruolo.

Il CSM di cui faccio parte vorrebbe contraddistinguersi, nei quattro anni in cui lavorerà, oltre che per un deciso cambiamento di passo nell’adempimento dei compiti ai quali tradizionalmente si è dedicato, anche per un deciso ampliamento del proprio ruolo.

Il CSM di cui faccio parte ha la ferma intenzione di diventare anch’esso

“attore” delle riforme, vuole assumere un ruolo decisamente propulsivo, valorizzando al massimo la disciplina, primaria e secondaria, che non solo gli permette di trasmettere al Ministro della giustizia pareri sui disegni di legge di sua competenza, ma altresì gli consente di avanzare proposte in materia di giustizia.

Chi vuole essere “attore” delle riforme deve però naturalmente avere idee da proporre. Quali le nostre?

Per quanto concerne il processo civile, stiamo ad esempio lavorando a una proposta di ampliamento del processo sommario di cognizione di cui all’art.

702 bis del Codice di procedura civile a tutte le cause nelle quali il Tribunale giudica in composizione monocratica, demandando al giudice, all’esito della prima udienza e di una sommaria valutazione circa la complessità della causa, la scelta se procedere con il rito semplificato o disporre un mutamento di rito. E stiamo pensando di proporre, per fare un altro esempio, l’introduzione di un obbligo, a carico sia del giudice che delle parti, di redigere gli atti in maniera chiara e sintetica, così come è già previsto nell’art. 3, co. 2°, del Codice del processo amministrativo.

Per quanto concerne, invece, il giudizio di appello, stiamo immaginando una rivitalizzazione della figura del consigliere istruttore, cui vorremmo proporre

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di affidare le verifiche preliminari di carattere processuale e la gestione della fase istruttoria.

Sono tutte misure, quelle che ho appena menzionato, evidentemente tese ad una accelerazione del processo civile.

Ma il carico della giustizia civile – è questa una mia vecchia idea, sulla quale pure stiamo già lavorando – si alleggerisce non solo accelerando i processi, ma anche intervenendo sul diritto sostanziale.

Per portare anche a questo proposito un esempio: il carico della giustizia civile sicuramente si ridurrebbe se venisse introdotto un complesso di regole che consenta ai giudici di definire con semplicità e certezza le questioni concernenti il risarcimento del danno non patrimoniale, che costituiscono come tutti sappiamo fonte di una straordinaria quantità di cause in ogni ordine e grado.

Per riportare il carico della giustizia civile a una dimensione accettabile, occorrerebbe però agire anche su un altro fronte.

Occorrerebbe istituire – finalmente, direi io – un numero programmato per l’accesso alla professione forense. La “necessità” delle decine di migliaia di avvocati attivi nel nostro Paese di “sopravvivere” stimola, non possiamo nascondercelo, la proposizione di cause pretestuose e bagatellari.

La prova di quanto sto affermando si trova nei numeri.

Mi limiterò, per brevità, a prendere in considerazione la punta dell’iceberg.

Presso la Corte di Cassazione vengono proposti ormai oltre 80mila ricorsi all’anno (50mila nel penale, 30mila nel civile) da parte dei circa 50mila avvocati cassazionisti attivi in Italia, paese che conta, come noto, circa 54 milioni di abitanti.

Presso il BGH, l’equivalente della nostra Cassazione in Germania, vengono proposti circa 6mila ricorsi all’anno (3mila in materia civile e altrettanti in materia penale) da parte dei circa 40 avvocati cassazionisti attivi in quel paese che conta, come noto, circa 82 milioni di abitanti.

Il paragone è impietoso.

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Naturalmente, in quanto professore, non posso non riconoscere le colpe attribuibili anche al nostro sistema universitario, e così, in particolare, la colpa di avere da tempo dismesso qualsiasi forma di ragionevole selezione che consenta ai soli studenti veramente meritevoli di procedere negli studi. Ma affrontare questo profilo ci porterebbe a discutere di temi, come quello concernente l’auspicabile, dal mio punto di vista, abolizione del valore legale del titolo di studio, che ci porterebbero troppo lontano.

Quanto interessa in questa sede è sottolineare che sono più che maturi i tempi per la introduzione di rigidi paletti all’accesso alla professione forense.

Certo non oggi, ma, altrettanto per certo, in futuro, la giustizia civile ringrazierà sentitamente.

Ho parlato, fin qui della giustizia civile, ma, naturalmente, pensiamo anche al settore penale.

In quest’ambito, abbiamo in mente di proporre, sempre procedendo per esempi, a un allargamento dell’istituto della sospensione del processo con messa alla prova, ad una accentuazione del rilievo assegnato a riti alternativi di stampo inquisitorio, a una semplificazione della disciplina dettata per le notifiche, al superamento del divieto di reformatio in pejus in sede di appello.

Qualche parola ancora, infine, vorrei dedicare al profilo dell’ottimizzazione e al dolente tasto delle risorse.

Dal punto di vista dell’ottimizzazione, è intento di questo CSM favorire una informatizzazione quanto più possibile celere del processo, sia civile che penale.

Per quanto riguarda, in particolare, il processo civile telematico, è in fase di preparazione, presso il CSM, un dossier, che verrà sottoposto al Ministro della giustizia, diretto ad evidenziarne le criticità nell’attuazione. Sono già stati sentiti i referenti distrettuali per l’informatica degli uffici giudiziari ed è in corso un monitoraggio che ha già interessato circa l’80% degli uffici medesimi.

Dal punto di vista, poi, dell’incremento delle risorse, stiamo cercando in tutti i modi di attirare in ogni sede competente l’attenzione sul fatto che mancano più di 1000 magistrati e che occorrono interventi stabili in vista della necessità di

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coprire l’organico amministrativo tramite assunzioni programmate e provvedimenti tesi a favorire una mobilità effettiva.

Discorso, questo del necessario incremento delle risorse, che si intreccia con la necessità di circoscrivere accuratamente due fenomeni che invece determinano un decremento delle risorse, e cioè i collocamenti fuori ruolo e i transiti agli incarichi politici.

Gli incarichi fuori ruolo non sono tutti della stessa specie.

Un conto è andare fuori ruolo per assumere la posizione di assistente di un Giudice costituzionale, altro è andare fuori ruolo al fine di ricoprire una posizione di supporto “inventata”, magari ad hoc, da un qualche amministratore locale.

Quale punto di riferimento per porre un poco di ordine in un panorama alquanto disordinato, anche sotto il profilo dei precedenti, disponiamo ora degli artt. 103 e 105 della circolare del CSM n. 13778 del 25 luglio 2014, ai sensi dei quali i collocamenti fuori ruolo sono consentiti soltanto nei casi in cui i compiti e le funzioni di riferimento siano previsti dalla legge o da altre norme primarie e la destinazione a funzioni non giudiziarie deve essere autorizzata (soltanto) quando l’incarico corrisponda a un interesse dell’Amministrazione della giustizia. E a questi criteri stiamo dando concretezza attraverso il confronto che, data la non trascurabile frequenza con cui pratiche di questo genere si presentano, quasi ogni settimana si svolge fra i Consiglieri della Commissione competente.

Per quanto riguarda, invece, il transito ad incarichi politici, è già stata aperta una pratica presso la sesta commissione tesa a verificare lo spazio per un intervento della normazione secondaria del CSM volto a definire le regole che dovranno in futuro disciplinare il transito medesimo, soprattutto sotto il profilo della assunzione di incarichi per “chiamata diretta” da parte di Presidenti di Regione e Sindaci. Il magistrato non solo deve essere indipendente ed imparziale, ma deve anche apparire tale, per dettato costituzionale. E se si vuole ottenere questo risultato, occorre assolutamente precludere la possibilità che un magistrato, da un giorno all’altro, possa essere chiamato a svolgere incarichi politici, peggio ancora se in un territorio coincidente o compreso in quello in cui

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esercita le proprie funzioni. Così come occorre precludere la possibilità, e questo è un profilo che riguarda anche gli incarichi elettivi, che un magistrato transitato alla politica possa continuare a svolgere le proprie funzioni.

Come vedete, i propositi sono tanti e tanta carne è già al fuoco.

Il lavoro di questo Consiglio è appena iniziato. Abbiamo davanti ancora quasi quattro anni, e vogliamo spenderli bene.

Ma, per spenderli bene, abbiamo bisogno di creare contatti e di rimanere in contatto, dobbiamo avvicinare il “Palazzo”, il Palazzo dei Marescialli, ad ogni realtà giudiziaria. Dobbiamo entrare in contatto diretto anche, e, soprattutto, con quelle realtà ove non si svolgono vicende eclatanti.

Sono certo di non svelare un segreto se dico che fino ad ora i contatti con il CSM si sono quasi del tutto esauriti nella trasmissione, da parte dell’uno o dell’altro Consigliere, spesso e volentieri in tempo reale, grazie agli odierni mezzi di comunicazione, di informazioni relative alle singole pratiche.

Vogliamo andare oltre questa prassi, come dire, absit iniuria verbis, “di bottega”.

Vogliamo creare rapporti diretti fra le singole realtà giudiziarie e l’”istituzione” CSM.

E mi spiego concretamente.

Vi ho già detto che vogliamo organizzare presto una conferenza dei “Capi di Corte” per studiare la creazione di canali diretti di colloquio fra il CSM e i Consigli giudiziari.

La settimana scorsa abbiamo sentito, a Roma, i rappresentanti della magistratura non togata, in vista della definizione degli interventi di cui questo settore abbisogna.

Abbiamo in programma di visitare, in tempi abbastanza brevi, tutti i Tribunali. Siamo già stati a Vicenza, a Prato, a L’Aquila. Entro il mese di febbraio andremo sicuramente a Ferrara. E così via.

Lasciatemi concludere con qualche riflessione personale.

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Ora non parlo più come Consigliere rappresentante del CSM, ma come semplice cittadino, unico dei “laici” non proveniente dal mondo della politica, catapultato all’improvviso in un organo istituzionale oltre tutto già in corsa.

Un semplice cittadino che ha sempre visto nella magistratura un basilare presidio dei valori fondanti della nostra società, vorrebbe che questa immagine non fosse in alcun modo offuscata, e con questa intenzione, prima di tutto, svolge il compito al quale è stato chiamato.

Sono passati pochi mesi.

All’inizio, il mio entusiasmo si è scontrato più di una volta con la realtà, nel senso che mi sono trovato più di una volta a dovere fronteggiare situazioni in cui ho confessato, a chi mi è più vicino, che “Mi è sembrato di prendere a calci un elefante che non sente neppure il solletico”.

Ma, sempre nel giro di questi pochi mesi, ho riacquistato fiducia.

Ho visto che un paziente lavoro quotidiano, attraverso un confronto continuo e minuzioso, fatto più di piccole cose che di grandi gesti, può spianare la via a decisioni che possono tracciare linee di comportamento destinate a favorire, nel tempo, un cambiamento reale.

Potrei già portarvi qualche esempio di quanto vado dicendo, ma non posso dilungarmi oltre.

Abbiate fiducia in quanto ho appena detto: è proprio così.

Abbiate fiducia.

È forse una banalità quella che sto per dire. Ma è un sentimento, la fiducia, del quale, in questo particolare momento della nostra storia, così difficile, abbiamo particolarmente bisogno.

Ed è abusando della parola “fiducia” che voglio perciò concludere questo mio intervento: manifestando la fiducia, per quanto mi riguarda, di riuscire a conservare e ad incrementare la fiducia nella magistratura, e chiedendo a voi magistrati la fiducia nel fatto che questo CSM non tradirà la fiducia che ogni singolo magistrato avrà avuto la bontà di riporre in esso e riuscirà persino a guadagnarsi una più ampia fiducia come “istituzione”.

Sosteniamoci tutti, con reciproca fiducia.

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CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE MARIA ROSARIA SAN GIORGIO

Rivolgo a Lei, signor Presidente, al signor Procuratore Generale, al rappresentante del Ministro della giustizia, alle Autorità, ai signori Avvocati, alle colleghe ed ai colleghi, al personale amministrativo ed a tutti i presenti il mio personale saluto e quello del Consiglio superiore della magistratura che ho l’onore di rappresentare in questa sede.

La relazione del Presidente della Corte d’appello ha fatto giustizia di uno stanco rituale che riduce la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario ad un elenco di doglianze e di generiche rivendicazioni, trasformandola in una occasione di lucido e realistico esame dello stato dell’Amministrazione della giustizia con particolare riferimento alla situazione del distretto, dei risultati raggiunti e delle azioni positive adottate per superare le obiettive difficoltà incontrate nella realizzazione degli obiettivi.

In questa stessa prospettiva si colloca anche il contributo che il Consiglio intende fornire al dibattito sui temi della Giustizia.

Il grave deficit di legalità che si riscontra nel nostro Paese, con il crollo dei valori civili e morali emerso in modo prepotente attraverso gli episodi, anche recenti, di corruzione, e la crisi economica che tuttora ci attanaglia, con l’inevitabile conseguenza della recrudescenza di fenomeni di criminalità, comune ed organizzata, impongono di stringersi intorno alla Magistratura – che si è ancora una volta rivelata quale estremo baluardo contro il degrado crescente – a tutela della sua indipendenza ed autonomia, che, s’intende, non costituiscono una forma di privilegio corporativo, ma uno strumento attraverso il quale si invera il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, fondamento dello Stato di diritto.

A garanzia di tali valori è preposto dalla Costituzione il sistema di governo autonomo della Magistratura, che si incentra sul C.S.M. E, dunque, particolarmente gravoso, e gravido di responsabilità, è il compito di questo

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Organo, il quale ha peraltro il dovere di assumere come prioritaria la esigenza della offerta di una piena e leale collaborazione con gli altri Organi dello Stato al fine della soluzione dei problemi che affliggono l’Amministrazione della giustizia.

In tale quadro, il Consiglio, nella nuova composizione, pur entrato nel pieno delle funzioni da meno di quattro mesi, ha, però, già avuto occasione di offrire, nell’esercizio della sua funzione, legislativamente prevista, di stimolo costruttivo attraverso la formulazione di pareri e proposte, un contributo sui grandi temi della riforma della giustizia civile e sulla responsabilità civile dei magistrati.

Alcune criticità evidenziate, pur nel pieno rispetto della sovranità del Parlamento e delle prerogative del Governo, in ordine alla strada intrapresa su tali temi rappresentano non già il tentativo di contrapporsi indiscriminatamente alle grandi riforme - delle quali, al contrario, da lustri la Magistratura rappresenta la necessità - , ma si inquadrano nel tentativo di offrire spunti di riflessione provenienti da “addetti ai lavori”, responsabilmente pensosi delle ricadute delle modifiche proposte sul concreto andamento del Servizio Giustizia.

Siamo convinti della esigenza di una riforma organica della giustizia civile, che, però, non si caratterizzi per una serie di interventi frammentari e settoriali, ma che vada davvero nella direzione di una modernizzazione del sistema e di una razionalizzazione dei tempi processuali. Questa è la riforma che aspettiamo. A breve saranno depositati i lavori della Commissione ministeriale Berruti, in tema di efficienza del processo civile. Li attendiamo con ansia e speranza. Non siamo arroccati su posizioni di retroguardia. Ma personalmente, come magistrato, non posso dissimulare una certa amarezza per lo strumento adottato per la ridefinizione, pur ricompresa nell’area della discrezionalità legislativa, del periodo di ferie dei magistrati, lo strumento del decreto legge, che si caratterizza per la necessità e l’urgenza, quasi che il primo e più indifferibile dei rimedi alla crisi della Giustizia fosse il raggiungimento dell’obiettivo di un maggiore impegno lavorativo dei giudici. Eppure sappiamo ormai tutti che la produttività dei magistrati italiani è elevatissima, e che la causa fondamentale

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