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ELEMENTI DI DINAMICA DEI FLUIDI

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

CAPITOLO 6

ELEMENTI DI DINAMICA DEI FLUIDI

6.1 GENERALITÀ

Il moto più semplice a cui si fa riferimento è in genere il moto stazionario, che è caratterizzato dalla costanza nel tempo delle proprietà del moto: tutte gli elementi di fluido che transitano per un punto P hanno in P la stessa velocità; in altri punti la velocità può essere diversa.

Le traiettorie descritte dagli elementi di fluido sono definite linee di corrente.

6.2 VISCOSALITÀ

Nello studio dei fluidi in movimento si prendono in considerazione, oltre alle già note forze normali a superfici liquide, tipiche della statica dei fluidi, anche forze tangenziali (forze di attrito) tra elementi o strati di fluido in moto relativo tra loro. Questi fenomeni di attrito interno o viscosità, sono dovuti alle forze di coesione intermolecolari al confine di strati fluidi in moto con differenti velocità o anche tra una parete solida lambita da un fluido in moto.

Si consideri un fluido racchiuso tra due superfici piane molto estese, distanti h l'una dall'altra, come rappresentato in figura. Si supponga, ad esempio, che la superficie inferiore sia ferma mentre la superficie superiore sia trascinata verso destra a velocità costante wo . L'esperienza dimostra che il fluido aderisce alle due superfici in modo tale che la velocità di una sottile lamina di fluido, immediatamente adiacente alle superfici suddette, può considerarsi nulla per y = 0 e pari a wo per y = h.

Si osserva, inoltre, che la velocità w(y) con cui si muovono gli strati intermedi di fluido tra le due superfici è proporzionale alla distanza y dalla superficie inferiore, secondo la relazione:

w(y) = wo y / h

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

Per mantenere la lastra superiore in moto con wo = cost. e quindi per poter far scorrere l'una relativamente all'altra due lamine liquide, ad esempio quella adiacente alla lastra stessa, la cui velocità coincide con wo, e quella contigua con velocità (wo- dw), è necessario applicare una forza esterna F opposta alla forza d'attrito Fa tra le due suddette lamine fluide.

L' esperienza mostra che la forza d'attrito Fa dipende dalla superficie della lastra A, dall'entità del rapporto dw/dy (gradiente di velocità), e da una grandezza caratteristica del fluido detta viscosità dinamica .

Risulta:

- Fa = F =  A dw / dy

da cui le dimensioni della viscosità, nel sistema S.I. sono [N s/m2] ovvero [Pa s].

6.3 MOTO DEI FLUIDI NEI CONDOTTI

Lo studio del moto dei fluidi all'interno di condotti può prendere avvio da un'esperienza come quella qui sotto illustrata. Si consideri un tubo trasparente percorso, ad esempio, da acqua con velocità media w.

Se per mezzo di una siringa introduciamo una piccola quantità di inchiostro nella corrente si osserva che, per velocità w abbastanza piccole, dall'ago della siringa si diparte una linea colorata che mantiene la propria individualità nella corrente fluida. In tali condizioni il moto della corrente fluida si svolge ordinatamente o, come si dice comunemente, con filetti fluidi ordinati e non si verifica, almeno su scala macroscopica, alcun mescolamento di elementi di fluido. Si può dire quindi che, in questi casi, sono trascurabili le componenti della velocità ortogonali alla direzione del moto; le forze di attrito viscose sono prevalenti sulle forze di natura inerziale (legate a più o meno brusche variazioni del vettore velocità di singoli elementi di fluido). Tale condizione di moto è detta regime laminare.

All'aumentare della velocità w dell'acqua notiamo che la linea colorata tende ad espandersi, mescolandosi più o meno rapidamente con la restante parte del fluido: si verifica cioè un più o meno netto mescolamento vorticoso e disordinato di elementi di fluido. Le componenti della velocità ortogonali alla direzione della corrente fluida non risultano quindi più trascurabili; le forze

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

di natura inerziale prevalgono sulle forze viscose. Questa condizione di moto è detta regime turbolento.

L'esperienza insegna che il passaggio dal primo tipo di moto al secondo non dipende solo dalla velocità media w del fluido e dal diametro del condotto, ma anche dalla densità del liquido e dalla sua viscosità. Sperimentalmente si constata (e ciò puo essere giustificato anche mediante considerazioni teoriche) che i comportamenti descritti possono essere classificati sulla base di un numero adimensionale detto numero di Reynolds (Re).

 

  w D

D w Re

ove = viscosità cinematica = [m2/s].

In particolare si ha:

regime di moto laminare per Re < 2200;

regime di transizione per 2200 < Re < 3000;

regime di moto turbolento per Re > 3000.

Nel regime laminare il moto del fluido è controllato dalle forze viscose che, in un condotto circolare ad esempio, forzano lamine fluide concentriche a muoversi l'una relativamente all'altra, ancora in modo ordinato e regolare. La distribuzione di velocità delle particelle di fluido lungo una sezione del condotto risulta di tipo parabolico, come rappresentato in figura.

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Nel regime turbolento, ove elementi di fluido si mescolano disordinatamente in modo più o meno netto, la distribuzione di velocità non risulta più di forma parabolica, ma fortemente appiattita, come rappresentato in figura.

Si può osservare che la condizione di moto in regime turbolento si ritrova poi nella maggioranza dei casi di interesse tecnico. Se il condotto è di forma diversa da quella circolare (e forme quadrata o rettangolare trovano, ad esempio, vasta applicazione), quanto descritto conserva validità purchè per una pari velocità media del fluido w, si definisca il numero di Reynolds mediante un opportuno diametro equivalente Deq.

6.4 EQUAZIONE DI CONTINUITÀ

Si consideri un condotto a sezione costante ove scorra un fluido; possiamo idealizzare tale situazione sia nel caso di regime laminare che turbolento nel modo rappresentato in figura, e cioè supporre, per semplicità, che la velocità delle particelle di fluido w sia costante in ogni punto della sezione stessa. Ciò non presenta alcuna difficoltà in quanto potrà sempre considerarsi una velocità media opportuna rappresentativa del moto. Anzi d'ora in avanti si intenderà sempre, per velocità di un fluido in un condotto, una opportuna velocità media.

Considerando la situazione semplificata in figura, il fronte fluido, che all'istante = 0 si trova nella posizione 1, dopo un intervallo di tempo d si sarà spostato verso destra di una distanza pari a ds = w d. Il volume del fluido che ha attraversato la sezione 1 del condotto sarà, dunque:

dV = A ds = A w d

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

Si definisce portata volumetrica attraverso la sezione 1 il volume di fluido transitato nell'unità di tempo:

w d A

w d d A

qv dV

 

  [m3/s]

La portata in massa qm sarà data evidentemente da:

qm =  qv [kg/s]

ove  è la densità del fluido nella sezione 1.

In un condotto, se non vi sono perdite o infiltrazioni di fluido e se in ogni punto la velocità del fluido è indipendente dal tempo, la massa di fluido che in ogni istante attraversa due sezioni è costante. Quando si verifica questa condizione e cioè la portata in massa di fluido è costante nel tempo, si dice che il regime è permanente; questa condizione è molto comune nei casi impiantistici; in riferimento allora a due generiche sezioni 1 e 2 di un condotto, potrà scriversi:

qm1 = qm2 [kg/s]

e anche: A1 w11 = A2 w22

Se 1 = 2 (caso di un fluido incomprimibile, ad esempio acqua), risulta anche:

A1 w1 = A2 w2

Ossia, anche le portate volumetriche sono costanti. Nel caso in cui il condotto sia a sezione costante, è evidentemente anche:

w1 w2

6.5 EQUAZIONE DI BERNOULLI

Una seconda equazione di grande importanza per lo studio del moto dei fluidi in condotti, che esprime la conservazione dell'energia durante il moto di un fluido, può ottenersi sulla base delle seguenti osservazioni.

Si consideri un fluido in moto a regime permanente lungo un condotto; si supponga che possa verificarsi, tra due sezioni di controllo 1 e 2, uno scambio di lavoro con l'esterno tramite l'azione di un opportuno dispositivo meccanico, come rappresentato schematicamente in figura.

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Si osserva, per inciso, che se questo dispositivo opera in fase areiforme, esso è comunemente detto ventilatore o compressore, mentre, se opera su una fase liquida, è detto pompa o propulsore. In quest'ultimo caso non si utilizza più il termine condotto ma tubazione.

Si fissi l'attenzione sulla porzione di volume individuata dalle pareti del condotto e dalle sezioni 1 e 2, rispettivamente di entrata e di uscita. In base a questo modello, il fluido entra nel condotto con una velocità media w1 attraverso la sezione 1 di area A1, con baricentro alla quota z1 ove è operante la pressione locale P1. Il fluido fuoriesce, con velocità w2, a valle del propulsore, attraverso la sezione 2, di area A2 , a quota z2 con pressione locale P2. Si supponga inoltre che il fluido (liquido o areiforme) possa considerarsi incomprimibile, e cioè che  = 1 = 2 .

In condizioni ideali, ovvero in assenza di dissipazioni di energia per attrito "il lavoro compiuto dalle forze esterne agenti sul sistema deve corrispondere alla variazione di energia cinetica e potenziale del sistema" (principio di conservazione dell'energia meccanica). In particolare si possono individuare i seguenti termini, riferiti all'unità di massa di fluido:

lavoro di pulsione compiuto dalle forze esterne di pressione 1 per spingere attraverso la sezione 1 una massa unitaria di fluido:

Lp1 = P1 A1 x1 / m = P1 / 1

lavoro di pulsione compiuto dalle forze esterne nella sezione 2:

Lp2 = - P2 A2 x2 = - P2 / 2

lavoro esterno Le per unità di massa scambiato mediante organi meccanici di trasmissione [J/kg]

e lavoro La sempre per unità di massa dissipato in attito;

Si può scrivere, in base a quanto detto:

Le - P2 / 2 + P1 / 1 - La = g (z2 - z1) +

12

2

2 w

2 w

1  [J/kg]

Nelle condizioni ipotizzate di regime permanente, e con  = 1 = 2 , si ha:

Le = La + g (z2 - z1) +

12

2 1

2 2

P w P

2 w

1 [J/kg]

Nell'espressione così scritta, il termine La può essere espresso nella forma:

La = gha [J/kg]

ove ha rappresenta un'opportuna altezza [m] detta carico d'attrito. Anche il termine energetico Le può esprimersi nella forma:

Le = ghp [J/kg]

ove hp rappresenta un'opportuna altezza [m], detta carico motore.

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Si noti che tali espressioni sono dimensionalmente corrette in quanto il termine (gh)risulta caratterizzato dalle dimensioni fisiche di un'energia per unità di massa, che può essere considerata come un'energia potenziale specifica: mgh /m = gh [J/kg]. Sostituendo nell'equazione che esprime la conservazione dell'energia meccanica, si ottiene la seguente relazione (equazione di Bernoulli):

2 1

2 1 2 2 1 2 a

p g z z

2 w w P gh P

gh   

 

 

 [J/kg]

Essa risulta valida, con le assunzioni fatte, per liquidi e areiformi, per i quali sia possibile considerare  = 1 = 2 .

In questa espressione dunque, il termine energetico ghp [J/kg] rappresenta il lavoro meccanico compiuto dal propulsore sull'unità di massa di fluido che lo attraversa. Se la portata di fluido che attraversa tale organo è pari a qm [kg/s], la potenza W assorbita da un propulsore ideale risulta evidentemente:

W = qm g hp [W]

E' opportuno a questo punto, prima di discutere qualche applicazione di questa importante relazione, prendere brevemente in esame il termine di attrito gha, in quanto, per applicare l'equazione di Bernoulli a casi pratici, ad esempio per progettare impianti ove fluidi si muovono all'interno di condotti, è necessario poter valutare il termine ha che rappresenta l'entità delle resistenze di attrito che si oppongono al moto, dette comunemente perdite di carico. L'esperienza mostra che il termine relativo alle perdite di carico ha può essere distinto in un termine h'a di perdite di carico distribuite in modo uniforme lungo un condotto ed in h"a, relativo a perdite di carico concentrate in punti particolari. Queste ultime sono localizzate nell'intorno di quei punti dei condotti ove si verifica una brusca variazione di velocità o di direzione della corrente fluida.

Complessivamente può porsi:

ha = h'a + h"a

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6.6. PERDITE DI CARICO DISTRIBUITE

Si consideri un condotto orizzontale rettilineo a sezione circolare, percorso da acqua a velocità costante e si supponga di misurare le pressioni P2 e P1 in corrispondenza alle sezioni 1 e 2, come schematizzato in figura.

Sperimentalmente si osserva che P1 > P2. Applicando l'equazione di Bernoulli a questo caso, con w1= w2, z1 = z2, e ghp = 0, si ottiene subito:

' a a 1

2 P gh gh

P  

e cioè essendo ha = h'a> 0 è anche P1 > P2. Si ha cioè una correlazione tra la caduta di pressione P1- P2 ed il termine di perdita di carico distribuita h'a.

Sulla base di un gran numero di esperienze è stato possibile valutare la dipendenza di h'a dalle grandezze influenzanti il fenomeno. In particolare può scriversi la seguente espressione:

D

L g 2 h w

2 ' a

Il fattore  è detto fattore d'attrito e risulta dipendere dal numero di Reynolds e dalla più o meno accentuata ruvidità delle pareti interne del condotto, che viene usualmente caratterizzata mediante un termine definito scabrezza relativa . Essa è definita come il rapporto tra l'altezza media delle irregolarità e della superficie interna del condotto e il diametro D dello stesso. Se il numero di Reynolds caratterizzante il moto del fluido è Re < 2200 e cioè nel caso di moto laminare il fattore  non dipende dalla scabrezza  e vale, come si può dimostrare:

 = 64 / Re.

Per Re > 3000, il moto è turbolento e, non essendo possibile un'analisi teorica semplice, è necessario ricorrere ad informazioni di origine sperimentale. Il valore di  può ricavarsi dal diagramma di Moody in funzione del numero Re e del rapporto  = e / D dal diagramma di Moody.

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In molti casi pratici si ha a che fare sempre con lo stesso fluido (ad esempio acqua calda nel caso di impianti di riscaldamento o aria per gli impianti di condizionamento) per il quale si individuano caratteristiche fisiche medie signifcative quali densità e viscosità, si possono utilizzare, per la valutazione delle perdite di carico, diagrammi che riportano direttamente la caduta di pressione per unità di lunghezza in funzione della portata e della velocità del fluido o del diametro del condotto.

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6.7 PERDITE DI CARICO CONCENTRATE

Il termine h"a, relativo ad un tratto di tubazione ove sia presente una resistenza localizzata, può essere valutato sulla base della seguente espressione:

i 2

"

a 2g

h w

ove i assume un valore diverso in relazione al tipo di resistenza (curva, restringimento di sezione, presenza di valvole, saracinesche etc). Ovviamente se lungo un tratto di un circuito, sono presenti, come indicato in figura, diverse perdite localizzate h"a, il termine ha rappresentativo delle totali perdite di carico distribuite e localizzate presenti tra le sezione 1 e 2 risulterà pari a:



 

  

i i 2

"

a ' a

a D

L g 2 h w h

h [m]

6.8 ESEMPI DI APPLICAZIONE DELL'EQUAZIONE DI BERNOULLI

In base a quanto detto sull'equazione di Bernoulli, è possibile esaminare il semplice caso del moto di un fluido in un condotto che presenta un restringimento di sezione. E' interessante esaminare il comportamento della pressione e della velocità in corrispondenza delle sezioni 1 e 2 indicate in figura.

Innanzitutto applicando l'equazione di continuità della portata (fluido incomprimibile) si ha che:

A1 w1 = A2 w2

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

E, quindi:

w2 / w1= A1 / A2

ossia, risulta che le velocità sono inversamente proporzionali alle sezioni del condotto.

Applicando l'equazione di Bernoulli, (ghp = 0 in quanto non vi è alcun propulsore; z2 = z1, condotto orizzontale), si ha che:

P P

gh w w

a

1 2 2

2 1 2

2

   

dalla quale si può dedurre che, essendo la velocità maggiore nella sezione ristretta, i due termini a secondo membro dell'equazione sono entrambi positivi: la conclusione è che la pressione nella sezione 2 risulta inferiore a quella nella sezione 1. Anche se il condotto fosse a sezione costante (e cioè A1 = A2 e w1 = w2) si avrebbe sempre una diminuzione di pressione tra le due sezioni del condotto dovuta alle perdite di carico gha.

6.9 PREVALENZA DI UN PROPULSORE

Si consideri ora un propulsore (e cioè una pompa) inserita in una tubazione come rappresentato in figura. Si considerino due sezioni di controllo, una a monte (aspirazione, sez.1), l'altra a valle (mandata, sez.2) della pompa, attraversate da fluido con velocità w1 = w2 (questa condizione è evidentemente sempre rispettata se le sezioni 1 e 2 della tubazione sono identiche).

Si può scrivere, essendo in questo caso z1 = z2

gh P P

p21 gha1 2

,

Se non vi fossero fenomeni di attrito sarebbe evidentemente gha1,2 = 0. Ovviamente ciò sarebbe possibile solo nel caso di un propulsore ideale che richiderebbe un lavoro teorico ghpt pari a:

gh P P

pt21

Nel caso di un propulsore reale, invece, gha1,2  0, per cui si dovrà scrivere:

ghp ghpt gha1 2,

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per cui risulta sempre: ghp > ghpt

In genere si introduce un rendimento del propulsore  pari a:

  gh  gh

pt p

1

per cui si può scrivere: P2P1 ghpt ghp

 

 

La differenza di pressione P2 - P1 = H è detta prevalenza della pompa: essa rappresenta la differenza di pressione tra la mandata e l'aspirazione del propulsore (ovviamente durante il suo funzionamento). Moltiplicando la diseguaglianza ghp > ghpt per la portata di fluido qm che attraversa la pompa, si verifica immediatamente che la potenza effettivamente consumata W è maggiore della potenza teorica Wt:

W > Wt

Il rendimento del propulsore  rappresenta pertanto anche il rapporto tra la potenza teorica e la potenza effettivamente necessaria per il funzionamento della pompa:

1

p t pt

gh gh W W

Le aziende produttrici forniscono usualmente l'andamento della prevalenza H e del rendimento  in funzione della portata qm. Per semplicità si può assumere approssimativamente  = cost.

6.9.1 Esempio

Una pompa preleva una portata d'acqua qm = 1.4 [kg/s] da un pozzo al fine di alimentare un serbatoio. La tubazione ha diametro D = 3.5 [cm] ed è lunga complessivamente L = 15 [m].

Determinare la potenza della pompa (rendimento della pompa =

0.75, viscosità cinematica dell'acqua (T = 35[°C]) = 7.510-7 [m2/s], rugosità interna del tubo e = 0.1 [mm].

In questo sistema scorre un fluido incomprimibile, per cui

si può applicare la legge di Bernoulli, nella forma prima descritta, al fine di valutare la potenza del propulsore:

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CAPITOLO 6 Elementi di dinamica dei fluidi

W = Wt /  = qm g hpt / 

Innanzitutto occorre scegliere le sezioni di ingresso e di uscita 1, 2, che possono essere arbitrarie: in genere si preferisce scegliere due sezioni per le quali alcuni dei termini della relazione sono noti, possono essere eliminati oppure facilmente determinati.

In figura sono indicate le sezioni considerate in questo esempio: esse presentano le seguenti particolarità. Innanzitutto si osservi che nella sezione 1, in prossimità del pelo libero dell'acqua, la velocità w1 può essere approssimativamente considerata nulla o comunque trascurabile, se confrontata con la velocità w2 all'uscita del tubo, in quanto, a parità di portata, l'area della sezione 1 risulta molto maggiore della 2. Inoltre nella sezione 1 la pressione p1 può essere considerata pari alla pressione atmosferica e altrettanto per la pressione p2 nella sezione 2.

Scrivendo l’equazione di Bernoulli:

)

2 ( 2 1

1 2 2 1 2

2 w p p g z z

gh w

ghp a  

 

 

si osserva che il termine gha è rappresentativo di tutte le perdite di carico distribuite e concentrate comprese tra le sezioni 1 e 2, comprese, quindi, anche quelle del propulsore.

Usualmente si preferisce ipotizzare in una prima fase la presenza di un propulsore privo di attriti interni e, quindi, ideale e si preferisce scrivere l'equazione di Bernoulli nella forma:

)

2 ( 2 1

1 2 2 1 2

2 w p p g z z

gh w

ghpt a  

 

 

dove il termine gha rappresenta le perdite di carico del circuito, propulsore escluso; con il termine ghpt si indica il carico motore calcolato in tale situazione. Si può valutare quindi la potenza corrispondente Wt. In una seconda fase si può valutare la potenza effettiva W del propulsore, tenendo conto, mediante il rendimento , delle perdite di carico relative ad esso.

Dalle considerazioni fatte, inoltre, si può scrivere: w1  0; p1  p2

si ottiene, quindi:

)

2 ( 2 1

2

2 g z z

gh w

ghpta   

La velocità w2 nella sezione 2 è pari alla velocità del fluido w lungo tutta la tubazione e può essere determinata dalla conoscenza della portata del fluido (A = area della sezione del condotto):

) / ( 45 .

2 1 m s

A w q

w wA

qm m

 

La differenza di quota è, come riportato in figura, pari a (z2 - z1) =10 [m].

Le perdite di carico totali sono:



 

  

a a

i

a D

L gh w

gh

gh 2

2

"

'

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Per calcolare  occorre determinare prima il numero di Reynolds:

Re wD

 67666

Essendo la scabrezza relativa del tubo  = e / D = 0.1 / 35 = 0.0029, dal diagramma di Moody, come schematizzato nella seguente figura si ottiene  = 0.027.

Si supponga di aver determinato

i = 34.3, per cui il termine gha è:

a a i

a

w D

L gh w

gh

gh (Re) 2

2

2 2

"

'

kg J gha 34.3 12.1 36 48.6 /

2 45 . 027 1 . 0350 . 0

15 2 45 .

1 2 2

kg J z

z w g

gh

ghpt a 9.81 10 147.7 /

2 45 . 6 1 . 48 ) 2 (

2 1

2 2

2       

La potenza della pompa è:

) ( 75 276

. 7 . 4 147 . 1

/ W

gh q

Pmpt   

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