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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.24 (1897) n.1207, 20 giugno

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L'ECONOMISTA

G A ZZE TTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCH I, F E R R O V IE , IN T E R E S SI P R IV A T I

Anno XUV - Voi. XXVIII

Domenica 20 Giugno 1897

N. 1207

I PROVVEDIMENTI PER LA CIRCOLAZIONE

Non si sa ancora quali sieno le decisioni della Commissione dei 18 chiamata ad esaminare il pro­ getto di legge che il Ministro del Tesoro ha ripre­ sentato alla Camera col titolo « applicazione defini­ tiva dei provvedimenti per la guarentigia e per il risanamento della circolazione » ; soltanto i giornali hanno fatto conoscere che la Commissione ha ri­ volto al Ministro parecchi quesiti, ma nulla di con­ creto è trapelato circa gli intendimenti della Com­ missione stessa. Eppure è desiderabile che essa venga molto presto a delle conclusioni recise e che la Ca­ mera ed il Senato, su esse dieno il loro voto, giac­ ché non è normale, nè utile, questo stato di incer­ tezza che, oltre ad essere per sè stesso irregolare, intralcia anche, devesi ritenere, ogni iniziativa degli Istituti e li mantiene in uno stato quasi di inerzia.

Quando leggiamo nell’ allegato H dello stesso pro­ getto di legge che il portafoglio interno non immo­ bilizzato della Banca d’ Italia è sceso a 145 milioni da 219 che era alla fine del 1896 che quello del Banco di Napoli da 48 milioni è diminuito a 37, e quello dei Banco di Sicilia da 27 a 19 milioni, non possiamo a meno di ritenere che questa allarmante e crescente atonia nella principale funzione degli Istituti di emissione, sia prodotta dall’ essere ancora sotto la discussione del Parlamento una legge che può, se approvata o no, modificare radicalmente la condizione degli Istituti stessi.

È difficile infatti concepire come in istato nor­ male un Istituto di emissione non arrivi ad impie­ gare in portafoglio se non una parte del suo ca­ pitale, ed è ancora più difficile pensare che questo abbia ad essere uno stato non transitorio.

L ’ on. Luzzatti, nella sua relazione, si compiace, ed a ragione, dei miglioramenti che si sono già verifi­ cati nelle immobilizzazioni degli Istituti: i conti cor­ renti della Banca d’ Italia e dei Banchi di Napoli e di Sicilia verso i respettivi crediti fondiari sono già cancellati dalle loro situazioni periodiche ; la Banca d’ Italia ha svalutato di 30 milioni il suo capitale, per il rimanente ha avuto dal suo Credito fondiario cessioni di beni e di mutui fondiari ; il Banco di Sicilia per circa due milioni e mezzo coprì il suo credito riducendo la massa di rispetto e per 300 mila lire accettando la cessione di beni immobili ; il Banco di Napoli eseguisce le diverse disposizioni della legge del 17 gennaio u. s.

In quanto alle immobilizzazioni, quelle del Banco di Napoli sono scese da 139.3 a 137.9 milioni cioè una diminuzione di 1.3 m ilioni; quelle della Banca

d’ Italia da 343 a 309 milioni, con una diminuzione di 36.2 milioni che si riducono però a 3.4 milioni essendoché per 32.8 milioni concorre la svalutazione patrimoniale; — quelle del Banco di Sicilia sono scemate di 2.2 milioni, cioè da 16.2 sono scese a 13.9.

Ed a ragione pure il Ministro si compiace che sia diminuita la circolazione coperta del 40 per cento di riserva ed aumentata quella coperta per intero da riserva metallica. La Banca d’ Italia infatti diminuì la circolazione di 31.6 milioni, mentre il valore dei biglietti circolanti a piena copertura me­ tallica è cresciuta da 101 a 189 milioni ; pel Banco di Napoli la diminuzione della circolazione è di 17 milioni, e la circolazione interamente coperta è sa­ lita da 12 a 23 m ilioni; e finalmente il Banco di Sicilia seppe diminuire di 12 milioni la circolazione totale, mentre la circolazione interamente coperta salì da 8 a 12 milioni.

« Nel tutto insieme - nota il Ministro nella sua relazione - la circolazione bancaria italiana dal 1° gennaio in poi è diminuita di oltre 80 milioni; rna se da questo insieme si deducono i biglietti che c ir­ colano a piena copertura metallica, por considerare quelli soltanto che hanno la garanzia legale delle ri­ serve nella misura del 40 per cento, e che rappre­ sentano o dovrebbero rappresentare la circolazione normale degli Istituti, si nota un restringimento di oltre 190 milioni di lire, dei quali non più della metà derivano dalla diminuzione di sconto, dovuta in parte, a salutare raccoglimento degli Istituti e, in parte alle condizioni generali del movimento degli affari in paese e alla concorrenza nelle operazioni di sconto, d’ istituti e di Società bancarie e di pri­ vati banchieri non soggetti ai vincoli degli Istituti di emissione ».

E sia pure che il salutare raccoglimento e le con­ dizioni generali degli affari e la concorrenza sieno le cause della diminuzione delle operazioni di sconto, ma lo accertamento delle cause del fatto, anche se tale accertamento fosse preciso, non toglie il fatto stesso ed i suoi effetti. E viene fatto di domandarsi se mercè le nuove disposizioni la Banca d’ Italia, per parlare del maggiore dei tre Istituti, arrivasse ad alienare tutte le sue immobilizzazioni, in quale modo potrà servire il suo capitale di 8000 milioni con un portafoglio che non arriva a 200 m ilioni? Come starà il paese con un medio circolante di biglietti di Banca ridotto di 300 milioni, se i biglietti rappresentanti oggi le immobilizzazioni, saranno mu­ tati in obbligazioni od in altri titoli analoghi?

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co-386 L ’ E C O N O M I S T A

loro, i quali nelle disposizioni severe della nuova legge per la guarentigia dei biglietti, vedevano un pericolo per il rimborso delle somme depositate in conto corrente presso gli Istituti di emissione. Ma non si accorge forse che egli stesso ha dato la spie- gazione della contradizione aggiungendo che « il danaro abbonda, ma pur troppo gli impieghi buoni e sicuri difettano ». E coloro che combatterono o meglio analizzarono con qualche dubbio la disposi­ zione che menomava lo guarentigie ai conti correnti non dissero mai, nè vollero mai dire che i depositi alia Banca d’ Italia fossero meno sicuri, ma videro una ferita al diritto comune ed un pericolo alle con­ dizioni del mercato.

Ma in questo momento la questione, a nostro av­ viso, è duplice: — la prima è quella delle immobi­ lizzazioni ed il Ministro ha certo fatto colle sue pro­ poste un nuovo passo per risolverla; - la seconda riguarda la funzione degli Istituti di emissione nella economia del paese, e per tale proposito non prov­ vede il disegno di legge ; la Banca d’ Italia ridotta a circa 150 milioni di portafoglio interno non immobi­ lizzato diventa un Istituto che avendo 180 milioni di capitale e circa 170 milioni di depositi ha la sua fun­ zione principale negli impieghi diretti il che è notorio

al concetto di una Banca di emissione.

Ora, noi crediamo che le cause di questo fenomeno sieno complesse e moltiplici e vadano non solamente studiate, ma anche per quanto è possibile rimediate.

La Banca d Italia per le vicende passate ha do­ vuto certo diminuire la sua influenza sul mercato e quindi ha lasciato sorgere e crescere un numero non piccolo di attivi e intelligenti concorrenti ;

la Banca d’ Italia non avendo libero il saggio’dello sconto è nella impossibilità di adattarsi alle condi­ zioni del mercato, diverse secondo le regioni, diverse secondo i momenti;

la Bauca d Italia minacciata continuamente di interpellanze, con uno sciarne di ispettori spaventali della responsabilità che incorrono, non è più in caso di distinguere le immobilizzazioni dallo sconto nor­ male e quindi non ha gran scelta negli affari buoni, che le sfuggono da ogni parte.

A tutto questo vi è rimedio?

Si, noi crediamo, se da ogni parte ornai nelle cose economiche non si levasse un vento che muove guerra ad ogni concetto di libertà.

L’ EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI STATI UNITI

o le Banche dei padroni

È noto quale importanza abbia negli Stati Uniti d’ America per la nostra emigrazione il sistema dei contratti che intervengono fra i padroni e i lavo­ ratori e l’azione delle banche che quelli istituiscono. Ma non è egualmente noto il modo come funzionano quelle banche, nè sono sufficientemente conosciuti in Italia i rapporti che legano il lavoratore italiano emi­ grato negli Stati Uniti col padrone. Ora il Bulletin o f thè Department o f Ldbor (n. 9) pubblicato dal Commissario del lavoro, sig. C. D. Wright, contiene uno studio di John Koren su The padrone system and thè padrone banks che non va passato sotto si­ lenzio in Italia, specie in questo momento in cui si studiano provvedimenti tutelari a favore della emi­ grazione. --- —

W

20 giugno 1897

Sebbene il padrone italiano, dice il Koren, abbia scoperto negli Stati Uniti un terreno peculiarmente adatto alla sua attività, pure deve essere conside­ rato come un prodotto speciale del suolo europeo, per quanto esso prosperi molto nelle condizioni che gli sono fatte dall’America. Il suo prototipo va cer­ cato nel paese donde provenne, fra i camorristi di Napoli forse, e un germe della pratica di estorsione che è ormai nota come il padrone System può tro- vaisi nell abitudine dei contadini italiani di cercare la benevolenza del padrone o proprietario e di altri ua essi riconosciuti come superiori, col far loro re­ golarmente dei doni in aggiunta ai richiesti canoni o pagamenti in genere. Von indagheremo se in que­ sto lo scrittore americano sia veramente esatto; piut­ tosto è da notare che, a suo avviso, non è facile tiaceiare le origini prime del sistema dei padroni; sembra soltanto che esso siasi messo in vista qualche tempo dopo la fine della guerra civile. Nel periodo successivo alla guerra, nel quale vi fu grande risve­ glio industriale, il capitale cercò il lavoro con in­ stancabile attività e una speciale legislazione fu ap­ provata per promuovere la ricerca di braccia. Così la legge del 1864 per l’ incoraggiamento della emi­ grazione diede ai manifatturieri, appaltatori ed altri intraprenditori la facoltà di importare lavoratori esteri coi quali erano intervenuti dei contratti (under contract). Questo privilegio, naturalmente, fece sor­ gere una speculazione non troppo scrupolosa sul la­ voro a buon mercato e in nessun luogo gli agenti che furono inviati in cerca di operai trovarono vit- time pffi voienterose che tra i contadini ignoranti d Italia. A differenza degli abitanti dell’ Europa set­ tentrionale, pochi degli emigranti italiani andarono negli Stati Uniti di loro impulso, per cercarvi la li­ bertà e una casa : generalmente essi si erano già obbligali per un dato servizio.

L ’ intraprenditore americano desiderando di assi­ curarsi il lavoro più a buon mercato possibile per dar vita a qualche nuova intrapresa, chiedeva a qualche agente di emigrazione italiana un certo numero di uomini. Questo agente, distinto col nome di banker o banchiere, avendo per mezzo dei suoi sotto-agenti raccolto tanti uomini quanti gliene erano chiesti, li spediva con biglietti pagati in precedenza, e per essi quali riceveva una commissione pattuita. A ll’arrivo di questi ernigranti l’ agente faceva un nuovo gua­ dagno alloggiandoli a prezzi esorbitanti fino a quando potevano essere spediti alla loro destinazione, e le spese relative erano dedotte dai loro salari futuri. L ulteriore privilegio di fornir loro cibo e ricovero mentre erano al lavoro veniva pure concesso a l­ l’agente e se questi era anche banchiere poteva talvolta aggiungere ai suoi guadagni l’ utile prove­ niente dall invio dei risparmi degli emigranti in Italia. Finalmente, aveva il guadagno futuro di una commissione sul loro ritorno in Italia, quando il contratto veniva a scadere, perchè la immigrazione negli Stati Uniti allora come ora era principalmente di carattere temporaneo. Pochi restavano negli Stati Uniti oltre il tempo del loro contratto, cioè rara­ mente più di due o tre anni.

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20 giugno 1897 L ’ E C O N O M I S T A 387 diario fra sè e l ’ imprenditore e in nessun modo

un padrone. L ’ appaltatore, non bisogna dimenticarlo, apparteneva a un’ alira nazionalità. La posizione del vero padrone differiva essenzialmente da quella del- l’ intermediario suddescrilto o boss,com’ è ora chia­ mato. Il vero padrone agiva solo per sè. Dal servire come agente per gli altri, che egli vedeva guada­ gnare molto per l’ ignoranza dei lavoratori italiani, allo sfruttare questi per vantaggio proprio e solo, non c’era che un passo. Con promesse e racconti egli persuadeva uomini, donne, bambini a seguirlo nel Nuovo Mondo col patio di lavorare per un certo tempo, da uno a tre anni, ma in qualche caso anche per sette anni. I lavoranti erano locati a chi tro­ vava utile di adoperarli ai prezzi fissati dal padrone, di solito per essere occupali in tulli i lavori fatti con la sciabola, cioè con lo shovel o pala o vanga. Il padrone alloggiava la sua gente, riceveva il loro sa­ lario e dava loro la più magra alimentazione in cambio di un lavoro duro, accompagnato da molti abusi. Qnaranta dollari pel servizio di un anno era un salario giusto per un padrone. Si conoscono casi in cui l’operaio non ricevette somma maggiore di quella dopo l’ impiego di due anni e mezzo, Alle donne capitava anche peggio, perchè erano spesso chiuse in case di malaffare e di esse non si sapeva poi nulla ; i fanciulli erano lasciati per le strade come lustrascarpe, giornalai, frultaioli, o perchè mendicassero a vantaggio del padrone. 1 minorenni erano all’ occasione venduti dai genitori. In com­ plesso i maltrattamenti del padrone descritti in varie pubblicazioni venticinque o trent’anni fa, non erano esagerati. Il numero delle persone che giunsero negli Stati Uniti nelle condizioni anzidetto non può essere certo calcolato, ma è da notare che molti di quelli giunti dopo il 1870 ammettono ch’essi vi furono condotti dai padroni.

È questa specie di semischiavitù che sorge nella mente degli italiani quando si chiede loro se il si­ stema dei padroni fiorisce ancora in America. Ma la risposta è invariabilmente negativa e per ragioni sufficienti. Il traffico delle donne e dei fanciulli fu gradatamente limitato dall’ intervento governativo, ma più efficacemente forse dagli sforzi delle istituzioni filantropiche. Il padrone continuò tuttavia a impor­ tare in America uomini e ciò contrariamente alla legge. Infatti egli non aveva cessalo in alcun modo di se­ guire la sua vocazione quando la prima legge per regolare la immigrazione fu votata dal Congresso il 5 agosto 1882 ed esso fu praticamente eliminato soltanto con il maggior rigore dato alla legge sul lavoro assol­ dato per contratto (contract-labour), il che fu possibile per la cordiale cooperazione del Governo italiano. Non­ dimeno viene affermato da competenti autorità che alcuni padroni del genere di quelli d’ una volta vi sono ancora ; essi, dicesi, hanno sotto di sè un certo numero di suonatori d’organo, di morciauoli ambulanti, ecc.

Coloro che sono direttameute interessati in ciò che si riferisce al lavoro italiano in America negano pure la esistenza della prima forma sopra indicata dal padrone System ossia quella per la quale un con­ tratto di lavoro è fatto prima che l’ emigrante acqui­ sti il biglietto d’ imbarco per l'America. In complesso è vero che il sistema primitivo non esiste, ma non nel senso che il lavoratore italiano vada in America senza impegno o che egli si sottragga a tutti i mali del primitivo contratto di lavoro sotto il qual nome presentemente è indicato il sistema del padrone.

Prima di esaminare nei particolari come funziona questo sistema, la sua estensióne ecc., è necessario di considerare brevemente la importanza e il carat­ tere generale della emigrazione italiana allo scopo di comprendere perchè quel sistema ha potuto avere una base cosi stabile in America. Il censimento del 1890 indicò il numero degli italiani nati da parenti stra­ nieri viventi agli Stati Uniti a 182,380. Secondo i dati forniti dal Sopraintendente della immigrazione, gli italiani giunti nei porli americani dal 1873 al 1890 in totale furono di 336,062. Il carattere migratorio ossia temporaneo di questa immigrazione è cosi chia­ ramente palese. La maggioranza, specialmente della classe lavoratrice, non va negli Stati Uniti come coloni che intendono risiedervi e stabilirsivi, ma coll’inten­ zione di ritornare a casa dopo alcuni anni. Molti di essi, è vero, sono poi ritornati in America, ma per la brevità del soggiorno di questi uccelli di pas­ saggio e per la nessuna famigliarità colla lingua in­ glese, essi cadono quasi inevitabilmente nelle mani dei la lo r bosses o intermediari di lavoro, della loro stessa nazionalità. Essi non possono cavarsela da sè stessi, nè fare un appello intelligente a quelli del paese dove si trovano. Negli ultimi anni però la immigrazione italiana ha avuto di mira un più stabile accasamento. Questo è dimostrato dall’aumento delle donne e dei figli fra i nuovi arrivati. Della immi­ grazione totale dal 1881 al 1890 di 307,309, soltanto il 20.6 per cento erano donne e 13.3 per cento fanciulli al disotto di 13 anni di età. Queste per­ centuali sono in seguito aumentate di anno in anno e il periodo dal 1° luglio 1893 al 1° aprile 1896, mostra che le donne hanno formato il 30.2 per cento e i fanciulli al disótto dei 13 anni il 19.4 per cento della immigrazione totale. La proporzione degli emi­ granti italiani che sono già stati negli Stati Uniti, è pure in costante aumento. Lo stesso è a dirsi di coloro che vanno a raggiungere le loro famiglie o i loro parenti e sono così probabilmente, in una mi­ sura considerevole, sottratti all’ azione dei padroni. Durante i primi quattro mesi del 1896 il numero totale degli emigranti italiani entrati nel porto di Nuova Y o rk salì a 27,149 di cui 6948 erano già stali negli Stali Uniti e 6966 andavano a raggiun­ gere le loro famiglie lasciando così 13,233 come nuovi arrivati senza parenti che li ricevessero. Questi ultimi erano quasi esclusivamente maschi.

Al padrone, dunque, non manca il materiale fresco con cui mantenere piene le proprie fila. Inoltre, va ricordato che la parte principale della immigrazione italiana viene dal Sud d’ Italia e forse dalle provincie meno favorevolmente conosciute, Abruzzi, Avellino, Basdicata, Sicilia, Napoli, Calabria. Molti di essi sono della classe dei contadini ed abituati a lavori faticosi e ad un vitto magro, generalmente analfabeti, ma di una inielligenza ed immaginazione infantile, pronti a dimenticare e facili ad essere fuorviati dagli in­ triganti ed affaristi. La maggioranza è inscritta per Nuova Y o rk e in confronto pochi sono condotti al- j trove. Quasi lutti quelli che vengono per la prima | volta e non hanno parenti ai quali unirsi fanno al­ meno una sosta a Nuova York. Questa città è così diventata naturalmente il centro italiano del paese e quindi la cittadella del sistema dei padroni.

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388 L ’ E C O N O M I S T A

20 giugno 1897

LI H I BEL PRIMI) BELLI BURI

DI

FUSI

La Camera francese ha discusso in questi giorni il progetto per la proroga del privilegio della Banca di Francia ed ha udito alcuni discorsi interessanti, da punti di vista differenti, dei deputati Viviani, Jourdan, Rihot, Pelletan, Codet, ecc. Ma fra i vari discorsi quello del Ribot, presidente della commis­ sione che esaminò il progetto, ci pare il più preciso e istruttivo, come quello che riassume in modo chiaro e conciso gli argomenti in favore del progetto, che noi abbiamo fatto conoscere ne\YEconomista n. 1177.

Il Ribot esamina anzitutto la questione se la Banca deve conservare la sua attuale organizzazione, op­ pure se convenga sostituirvi una Banca di Stato. La commissione, egli disse, è stata unanime a doman­ dare die sia mantenuta la organizzazione della Banca che gli ha valso pel bene del paese cento anni di prosperità e di saggezza.. Il paese non vorrebbe, come non ha voluto la Svizzera specialmente la Svizzera francese l’ istituzione di una Banca di Stato, ossia di uno stabilimento obbligato, come si è veduto in Italia a fare delle immobilizzazioni considerevoli, delle anticipazioni per molivi puramente politici, senza alcun interesse commerciale e che per conseguenza dovrebbe accettare degli effetti senza garanzia i quali si accumulerebbero nel suo portafoglio, tenta­ zione perpetua questa per uno Stato nei' suoi mo­ menti difficili e pericolo permanente di una circo­ lazione esagerata di carta-moneta, di assegnati a valore eccessivamente variabile.

Il credito della Banca deriva dalla sua prudenza e saggezza ed esso sarebbe danneggiato se, come vorrebbe il V ivian i il consiglio superiore che am­ ministra il grande Istituto di emissione fosse eletto dai contribuenti alla imposta di patente e dalle Ca­ mere sindacali, il che vorrebbe dire abbandonarlo alle esperienze delle persone senza mandato e senza responsabilità. Il Ribot ricordò i molteplici servigi resi di recente dalla Banca, come al tempo del crac del 1882, del disastro del Comptoir d’escompte, della Société de dépôts et de comptes courantes, i prestiti in oro alla Banca d’ Inghilterra, quando vi fu la so­ spensione dei pagamenti della casa Baring, mentre le altre Banche citate con compiacenza dagli oratori avversari, specialmente la Banca di Germania e la stessa Banca d’ Inghilterra, non potevano con tanta facilità e in ogni epoca rendere simili servigi. Pro­ testò contro le affermazioni del Viviani circa l’ aiuto della Banca al tempo della guerra con la Prussia e dichiarò che la cifra indicata dal Thiers quale somma anticipata dalla Ranca nel 1870-71 am­ montò a 1085 milioni. Dopo tutto, egli osservò non è possibile impadronirsi della Banca legalmente si può soltanto rifiutargli il privilegio della emissione in questo caso essa diventerebbe una Banca privata sicura di compiere operazioni fruttifere. Ora il p ri­ vilegio della emissione essa lo paga per la sicurezza del credito con la interdizione di fare emissioni di avere partecipazioni finanziarie, di fare riporti di avere depositi in conto corrente ad interessi ; è dunque nell’interesse del pubblico, nell’interesse del paese che funziona una Banca di tale natura e quanto più la sua prosperità è grande, tanto più l’interesse generale vi trova il suo tornaconto.

Passando in rassegna le altre parli delle critiche

degli avversari, il Ribot fece notare che sono spe­ cialmente i piccoli e non gli alti finanziari quelli a cui la Banca distribuisce il credito perchè ha ridotto il minimo degli sconti il più possibile e sta anzi per ridurlo a 5 franchi e che inoltre il Viviani si è in ­ gannato asserendo che la Banca di Germania ha più succursali della Banca di Francia; in realtà i due stabilimenti sono nelle stesse condizioni riguardo al numero dei rappresentanti nelle varie forme adot­ tate dall’ una e dall’altra, ma il confronto completo è in favore della Francia.

Circa la questione delle due o tre firme, il Ribot si schiera con la commissione e chiede che siano conservate le tre firme eh’ egli considera come con­ dizioni di sicurezza delle operazioni e del credito e che costituiscono il solo mezzo di trattare tutti i commercianti in modo eguale; perchè se due firme potessero bastare ma non come obbligo per la Banca il che nessuno vorrebbe proporre, sono precisamente i grossi commercianti, i grandi banchieri che soli ne avrebbero vantaggio e otterrebbero così un trat­ tamento di favore. Sta in fatto contrariamente alla affermazione del Viviani che la proporzione degli effetti presentati dai membri del consiglio di reg­ genza e del consiglio di sconto non è che di 1.45 per cento del totale degli effetti scontati.

Quanto all’ aiuto che la Banca dà allo Stato pei suoi servizi di tesoreria non si può estenderlo fino a sopprimere completamente i tesorieri pagatori ge­ nerali e ¡ percettori ; questi dovrebbero sussistere al­ meno nei riguardi amministrativi, inoltre sopprimen­ doli si aumenterebbero di molto le spese generali della Banca per l’ aumento del suo personale senza una economiaseria pel Tesoro. In realtà le operazioni di Tesoreria quali ¡ depositi dei fondi dei tesorieri, i trasporti di fondi per tenerli a disposizione dello Stato son fatte dalla Banca, andar oltre sarebbe cagionare una grave perturbazione, senza grande economia nella gestione degli interessi dello Stato.

Per la limitazione della emissione il Ribot crede con Leon Say che il cambio sia il barometro delle necessità della circolazione e debba guidare la Banca, che sarebbe quindi preferibile di lasciare la Banca giudice della quantità dei biglietti da emet­ tere secondo le sue necessità, come fin qui è real­ mente avvenuto, perchè la circolazione non dipende dalla volontà dell’ Istituto, ma dal movimento degli affari. Tuttavia poiché la Commissione preferisce di stabilire un limite, la cifra di 5 miliardi gli pare accettabile, dato lo sviluppo della circolazione.

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20 giugno 1897 L’ E C O N O M I S T A 389

operaie' tedesche accreditate presso la Banca di Ger­ mania che permetterebbero al coltivatore di avere per garanti presso le Banche agricole regionali gli associati mutualisti e queste Banche fornendo la terza forma sconterebbero la carta a sei o nove mesi che la Banca di Francia sconterebbe a tre mesi e in seguito loro risconterebbe. Sono' dunque queste pic­ cole Banche sindacali che i sindacati agricoli pos­ sono facilmente organizzare fra le Banche regionali agricole che hanno da formare la base di qualun­ que eredito agricolo che permetta alla Banca di par­ teciparvi e i 40 milioni anticipati dalla Banca faci­ literanno la istituzione di quelle Banche regionali agricole sole intermediarie pratiche, ma necessarie che possono costituire una garanzia seria per esse.

La discussione del progetto prolungatasi per più giorni non è nel momento in cui si pubblica il giornale ancora finita ; ma si può prevedere che il progetto sarà approvalo.

Il 20 giugno si compie il 60° anno di regno della regina Vittoria, e a Londra il giubileo di uno dei più lunghi regni che abbia avuto l’ Inghilterra sarà solennizzato con grandi feste. L ’ avvenimento offre però argomento anche a riflessioni sulle trasforma­ zioni d’ ogni specie avvenute in Inghilterra durante questi sessanta anni; trasformazioni che a volerle tutte rilevare sarebbe necessario consacrar loro un libro, anziché un articolo. In Inghilterra, infatti, non sono mancati coloro che appunto hanno voluto ritrarre le vicende di questo regno, durante il quale tanti e tanti avvenimenti hanno contribuito a rendere più prospera, più forte e civile la Gran Brettagna, e le hanno assicurata quella potenza economica la quale si traduce così spesso in forza politica, morale, civile, che tante gelosie suscita presso altre nazioni. Noi, sfogliando in questi giorni alcuni recenti annuari inglesi, quali lo Statesmarìs Year Book dello Scott Keltie (London, Macmillan), il Financial Reform Almanach pubblicato dall’Associazione omonima, e alcune pubblicazioni ufficiali, abbiamo raccolto varie note statistiche che ci pare, debbano presentare qual­ che interesse pei nostri lettori. Si fanno così di frequente con fronti con l’ Inghilterra, che i dati intorno a quel paese anche se in parte già noti, sono sempre utili e istruttivi.

La popolazione del Regno Unito (Inghilterra, Scozia e Irlanda) che nel 4801 era di 48,897,392, nel 4896 raggiungeva quasi i 39 milioni e mezzo (39,465,720). Sui censimenti dei primi quattro de­ cenni si può avere qualche dubbio circa la loro esat­ tezza; ad ogni modo paragonando il censimento 4844 col 4891 si avrebbe che la popolazione da milioni 26.7 è salita a milioni 37.7 e comprendendo le isole minori, l’ esercito e la marina militare e mercantile si avrebbe alle due epoche milioni 27 e milioni 38.4 con l’ aumento di oltre 14 milioni di abitanti in 50 anni. Nel 1844 la popolazione dell’ Inghilterra for­ mava il 55.4 per cento del totale, quella del Galles il 3.4 per cento, quella della Scozia il 9.7 per cento, quella dell’lrlanda il 30.2 per cento; nel 1891 le cifre corrispondenti erano 72.2; 3.8; 10.7 e 42.5 per cento. L a diminuzione della popolazione irlandese è in cifre

assolute da 8,496,597 abitanti a 4,704,750 e nel 1896 si calcolava che fosse di 4,547,790. A questa forte diminuzione si può contrapporre il fatto ohe negli Stati Uniti vi sono circa 2 milioni di irlandesi, e che secondo le statistiche inglesi dal 4° maggio 1851 al 31 dicembre 1895 gli emigranti irlandesi furono 3,651,428. L ’ Irlanda non presenta adunque, riguardo al movimento demografico, che un regresso notevole ed eccezionale per cause che qui non possiamo esa­ minare e che del resto sono note.

Se si considera la sola popolazione dell’ Inghilterra e Galles si trova eh’ essa nei sessant’ anni di regno è quasi raddoppiata ; da 15.9 milioni nel 4844 è passata a 30.7 nel 1896 e quella della Scozia da 2.6 è salita a 4.4.

L ’ istruzione elementare ha avuto un grande svi­ luppo, perchè la statistica ci dice che nel 4843 32.7 sopra 400 maschi e 49 sopra 100 femmine non sapevano scrivere la firma sul registro dello stato civile ene i 4 8 9 4 erano invece soltanto 4.6 ma­ schi e 5.4 femmine su cento che si trovavano in quella condizione. A Londra la percentuale scende a 3 per cento pei maschi e 4 per le femmine.

Nella Gran Brettagna (cioè Irlanda esclusa) nel 4 850 le scuole elementari ispezionate erano 2463 con 214,873 scolari; nel 1890 erano invece 22,495 con 4,927,987 scolari; nel 4840 i sussidi concessi dal Parlamento (Parliamentary Grants) per l’ istruzione primaria nella Gran Brettagna ammontavano a 40,642 sterline; nel 4895 furono di 7,690,257; per l’ Ir­ landa da 341,436 sterline nel 4865, salirono a 4,220,656 nel 1895. Sicché in quest’ ultimo anno 8,910,913 sterline, pari a 223 milioni di franchi, furono dedicati dallo Stato alla istruzione primaria; e nel 4896 si ha un nuovo aumento, i sussidi ele­ vandosi a 9,301,086 sterline. E si noti che in ag­ giunta a questi sussidi, le scuole hanno entrate provenienti da lasciti, da tasse scolastiche, da im­ poste locali, da contributi volontari e da altre fonti, ossia oltre 4 milioni di sterline.

La delinquenza non presenta, per fortuna del - l’ Inghilterra, I’ aumento che si riscontra altrove. La statistica ci dice che i condannati a pene criminali (criminal conviction) furono nel 1840, 49,927 in Inghilterra; 2,904 nella Scozia e 14,494 nell’ ìrlanda. Nel 4890 le cifre corrispondenti erano 9,242, 4,825, 1,193 e nel 1895: 9,469, 1,653, 1,096. Se anche per ragioni di differenze di procedura le cifre tra paese e paese non sono sempre paragonabili, quelle relative a un medesimo paese, rivelano indubbia­ mente una decrescenza sensibile di delinquenti, no­ nostante l’ aumento della popolazione (eccetto in Irlanda).

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L’ E C O N O M I S T A 20 giugno 1897 390

La finanza si distingue per un aumento notevole delle cifre relative alle entrate e alle spese. Nel 1835-36 la spesa fu di 48,450,000 sterline di cui 28.6 milioni pel debito, 7 .5 per l’ esercito, 4.4 per la marina, 4.4 per l’amministrazione civile, 3.6 per spese di riscossione ed altre. Nel 4885-86 ammon­ tano a 84.6 milioni, nel 48 95-90 a milioni 97.7 di cui 25 milioni pel debito pubblico, per l’ esercito 48.4, la marina 49.7 ; i servizi c iv ili 49.8, poste e telegrafi 40.4, spese di riscossione 2.7, altre spese 4.6. Nei sessantanni la spesa è adunque più che raddoppiata ; ma i termini, a vero dire, non sono omogenei per­ chè la cifra totale è ora ingrossata da oltre 40 mi­ lioni di sterline per le poste e i telegrafi, spesa che quasi^ non trova riscontro nell’ esercizio preso per termine di paragone. Ma si noti che la spesa pel debito da 28 milioni è scesa a 25 e che di questi 46.4 soltanto sono spesi per interessi sul debito perpetuo, 6 .4 sono terminable annuìties ossia an­ nualità temporanee pel debito ammortizzabile e 2.4 costituiscono il nuovo fondo d’ammortamento (new sinking fund). Lasciando i confronti particolareg­ giati delle spese, che sarebbero certo interessanti, ma sono resi difficili dalle modificazioni intervenute nel modo di formare i bilanci e venendo alle entrate le troviamo nel 4835-36 di 50 milioni di sterline di cui 36.4 provenivano dalle dogane e accise, 44.4 da altre tasse e 2.2 dai demani e dalle imprese eser­ citate dallo Stato. Nel 4895-96 ammontarono in­ vece a 404.9 m ilioni di cui 20.7 derivarono dalle dogane (40.7 tabacchi, 3.7 thè, 4.9 rum, 2.4 spiriti, 4.2 vino, ecc.) 26.8 dalle accise (spiriti 45.6, birra 10.7, ecc.) 44.6 dalle tasse di successione ecc., 7.3 dal bollo, 4.0 dalla imposta fondiaria, 4.4 dalla imposta sui fabbricati, 46.4, dalla imposta sul reddito ( income tax) si hanno così 85.1 milioni provenienti da im ­ poste, a cui vanno aggiunti milioni 44.2 derivanti dalle poste e telegrafi e per altre entrate 2.6 milioni.

Com’ ebbe ad osservare il cancelliere dello scac­ chiere nell’ ultima sua esposizione finanziaria, ses­ santanni fa tre quarti delle entrate erano ricavate dalle tasse sui consumi e ora solo il 44 per cento; vi erano allora 4435 dazi di dogana mentre ora sono poco più di cinquanta, nè mancavano i dazi d’ uscita i premi su vari articoli, mentre tutto ciò non esiste più ora. Nel 4836 il commercio totale coll’ estero ammontava a 425 milioni di sterline l’ anno scorso fu di 738 milioni e le importazioni che allora furono di 67 milioni raggiunsero nel 4896 i 442 milioni di sterline.

Il debito nazionale che dopo le guerre napoleo­ niche saliva a 861 milioni di sterline scende nel periodo 1845-54 a 769 milioni, la guerra di Crimea (4854) lo fa salire nuovamente, cosi che nel 4857 è di 808.4 m ilioni; ma al 34 marzo 4 896 lo troviamo a 648.4 milioni. Il totale del debito inglese risulta inferiore di 42 m ilioni al totale dei redditi soggetti alla income tax e di 54 milioni al commercio col­ l’ estero del 1895.

Le entrate finanziarie dei corpi locali in Inghil­ terra e Galles ammontavano nel 1893-94 a 73.4 milioni, nella Scozia (1892-93) a 9.8 milioni e in Irlanda (1893-94) a 4.7 milioni, complessivamente a 8 7 .9 milioni.

Il risparmio presso le casse ordinarie di risparmio e quelle postali, specie presso quesl’ ultime, è aumen­ tato considerevolmente. Nei 20 anni tra 4875 e il 1895 il risparmio postale da 25.1 m ilioni di ster­

line depositati da 4,777,403 persone è salito a 97.8 mi­ lioni appartenenti a 6,453,597 depositanti; il risparmio presso le Casse ordinarie invece crebbe molto meno da 42.3 milioni nel 1875 lo troviamo salito a 45.3 milioni e i depositanti da 1,479,492 a 1,516,229. Complessivamente erano nel 1895, 443.1 milioni di sterline depositate da quasi 8 milioni di persone.

{Continua).

Rivista Bibliografica

Charles Benoist. La crise de l’État moderne. — P a ­

ris, Didot, 1897, pag. 453.

Antony Besson. — Essai sur la représentation

pro-portionelle de la majorilé et des minorités. — Dijon,

Imprimerle Jobard, 1897, pag. 376.

Le due opere che riuniamo in questo annuncio trattano una questione assai importante di diritto costituzionale, che ha però grande influenza politica; quella del Benoist si propone di studiare i mezzi migliori per l’organizzazione del suffragio universale, il quale, a suo dire, così com’ è, si può dire inorganico, conduce all’anarchia universale; mentre il Besson si occupa estesamente e quasi in modo esclusivo della questione della rappresentanza proporzionale della maggioranza e delle minoranze. Sicché, mentre il Besson approfondisce il tema della rappresentanza delle minoranze, il Benoist studia quello della rap­ presentanza reale, che per lui vuol dire, secondo gli aggruppamenti professionali, del paese.

S i comprende quindi tutto l’ interesse che presen­ tano queste due pubblicazioni, le quali in certa guisa si completano, perchè, mentre il Benoist esamina la questione con spirito filosofico e critica gli espe­ dienti e i palliativi, nonché le combinazioni, che sono state escogitate per dare al suffragio elettorale un migliore ordinamento, il Besson si limita a trat­ tare, sotto tutti i punti di vista, il sistema della rap­ presentanza delle minoranze, ossia quello che da molti vien preferito ad ogni altro per dare un ordi­ namento logico al suffragio universale.

Il Benoist crede che per scongiurare la crisi che minaccia lo Stato moderno sia una impellente ne­ cessità quella di organizzare il suffragio universale « in modo che pur restando universale ed eguale, faccia ottenere le migliori rappresentanze, permetta la migliore legislazione e assicuri infine il fonda­ mento più solido che sia possibile di dare allo Stato. »

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20 giugno 1897 L ’ E C O N O M I S T A 391

del paese. Ne risulterebbe che, mentre oggidì la prevalenza nella rappresentanza alla Camera francese i’ hanno le professioni liberali, dovrebbero averla in­ vece l’ agricoltura, l’ industria e il commercio. In una lunga appendice il Benoist ha raccolto molto mate­ riale per lo studio della questione, così che il suo libro riesce indispensabile per chi vuol studiare l’organizzazione del suffragio universale. Se anche la sua tesi non può accettarsi, vuole giustizia si dica che il libro è di un interesse vivo e continuo e getta una luce non trascurabile su tale arduo pro­ blema politico. Noi crediamo che il Benoist non abbia visto i pericoli e i danni a cui può dar ori­ gine il sistema da lui preferito e basti segnalare qui la prevalenza che gl’ interessi di certe classi acqui­ sterebbero e la tirannia economica che per essi po­ trebbe trionfare.

Il Besson ha trattato in separati capitoli del prin­ cipio della rappresentanza proporzionale, della storia del movimento in suo favore e dei sistemi di ap­ plicazione del principio stesso e lo ha fatto in modo esauriente. L ’Autore crede che l’ idea finirà per trionfare, perchè è conforme alla giustizia. Comunque sia di ciò, ed è da augurare che si avveri la sua pro­ fezia, e intanto il suo libro è un contributo pregevo­ lissimo alla copiosa letteratura che si è andata for­ mando sull’ argomento e chi vuol conoscere tutti i sistemi proposti finora per l’applicazione della rappre­ sentanza proporzionale non può trovare guida mi­ gliore di quest’opera che è frutto di studi accurati e di una grande fiducia nella bontà della tesi che propugna.

Augusto Comte. — L a Sociologie. Résumé par Emile

Rigolage. — Paris, Alcan, 1897, pag. X V -4 7 2

(7 fr. 50).

Augusto Comte è il primo che abbia trattato la Sociologia come una scienza e che abbia riunito in un corpo di dottrine, i principi che devono reggere le società; egli è anche il primo che abbia studiato la storia dell’umanità dal punto di vista sociologico. Questo libro sarà dunque letto con frutto da tutti quelli che s’ interessano allo studio delle questioni sociali e le opinioni del celebre maestro del posi - vitismo non potranno passare inosservate. II Sig. R i- golage, pur rispettando il testo del filosofo francese, ha omesso un certo numero di svolgimenti che non erano necessari alla intelligenza del tema e che si collegavano con altre parti della filosofia positiva estranee alla sociologia.

I quindici capitoli di questo riassunto trattano i seguenti argomenti : Considerazioni sulla necessità e l’opportunità della sociologia secondo l'analisi dello stato sociale attuale — esame dei tentativi intrapresi per costituire la scienza sociale — > caratteri del me­ todo positivo nello studio dei fenomeni sociali — relazioni tra la sociologia e le altre scienze— sta­ tica sociale, o teoria dell’ ordine spontaneo delle società — dinamica sociale, o teoria del progresso — primo stato teologico : età del feticismo — princi­ pale stato teologico: età del politeismo — ultimo stato teologico: età del monoteismo — età di tran­ sizione rivoluzionaria — età della specializzazione — età della generalità — il metodo positivo nel suo complesso _— i risultati propri della elaborazione della dottrina positiva — azione finale propria alla filosofia positiva.

In una interessante prefazione il Rigolage tratta

dell’applicazione della filosofia positiva all’educazione, argomento che non era entrato nel piano di Augusto Comte e che risponde egualmente alle preoccupa­ zioni del momento.

L ’opera del Comte è stata certo superata da quella dei sociologi che a lui hanno succeduto, ma essa ha fatto epoca, perchè se non ha fondato la socio­ logia scientifica, ha stabilito tuttavia principii fon­ damentali di grande importanza, sui quali le altre scuole sociologiche hanno cercato di edificare una scienza più esatta e comprensiva. 11 riassunto, che già pubblicato nel 1882 viene ora nuovamente of­ ferto agli studiosi, ha il pregio di condensare ciò che v’ è di meglio nell’ opera sociologica del Comte.

Rivista Economica

P e r / / p ro g e tto d i un « S ilo s » a Genova — / / p r o ­ g e tto d i le g g e p e r la t a s s a s u lle a n tic ip a z io n i

I l p ro g e tto d i legge p e l com m ercio a g ru m a rio .

Per il progetto di un « Silos » a Genova. — Intorno al progetto di costruire un silos a Genova II « Corriere della sera » (n. 458) ha dato alcune interessanti notizie che giova far conoscere.

Lasciando l’ origine etimologica della parola silos è da rammentare che gli spagnuoli della antichità remota chiamavano silos certe buche scavate nel terreno, preferibilmente rocciose, nelle quali si r i­ ponevano le provviste di grano per sottrarlo alla umidità ed al pericolo della fermentazione.

NeU’estremadura in « Tierra de los BarrOs, » si notano tuttora avanzi di queste buche grandissime e foderate di Pietra. Anche da noi secondo Plinio e Varrone devono essere stati costrutti granai di questa sorte; nella storia rimasero famosi i granai di Cesare.

È dubbio però se questo metodo fosse adatto alia conservazione del grano per un tempo sufficiente alle esigenze commerciali. Sta il fallo che il problema dello scarico, dell’ immagazzinamento dei grani e quello della loro conservazione era dunque tanto vecchio quanto è vecchia la storia, e toccava alla giovane America a risolverlo felicemente. In Am e­ rica infatti (in dal 1846 si costrussero silos moderni perfettissimi, ed ora ve ne sono parecchi anche nei principali centri d’importazione ed esportazione gra-; noria in Europa; ricordo quelli di Londra, di L i — verpool, Hull, Bristol, Anversa, Odessa, Braila-G a- latz e Budapest.

In Italia non ne esistono affatto.

Che cosa è dunque un silos ? Nè più nò meno di un granaio, in ultima analisi; un granaio nel quale meccanicamente si compie lo scarico dalle navi, la pesatura, l’ immagazzinamento del grano e la regolare distribuzione di esso secondo, la necessità del commercio.

Un silos d’ importazione è un impianto industrialo veramente grandioso ed ingegnosissimo.

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392 L’ E C O N O M I S T A 20 giugno 1897 commercio in causa della loro insufficiente grandezza

e più ancora perchè non offrono riparo che valga a garantire il grano dai danni del tempo. Perciò non di rado avviene che — in conseguenza del- 1’ agglomerarsi di grani in arrivo e del non poter questi venire scaricati rapidamente — i commer­ cianti sieno costretti a sostenere spese superiori a quelle presupposte per la maggior durata del nolo delle, navi per la maggior dimora di esse nei luoghi prefissi per Io scarico e per l ’ imperversare della stagione che non permette — senza danno — il trasporto di questa merce ai magazzini di deposito.

Quando si pensa che un impianto razionale di silos toglie tutti questi inconvenienti, si comprende subito di quale utilità esso può essere nei porti dove il commercio dei grani è intenso e fluttuante.

Nel gennaio scorso, per esempio, quando l’ ingom­ bro dei depositi svizzeri obbligava a trattenere a Genova grosse partite di grano, che dovevano sol­ tanto transitarvi, si lamentava la mancanza di un Silos. Oggi, grazie all’ iniziativa di tre giovani inge­ gneri milanesi, A. Carissimo, G. Grotti e G. 13. De- Cristoforis possiamo sperare che fra poco il nostro maggior porto commercialo — ne sarà fornito.

La domanda avanzata a tale scopo presso le au­ torità municipali di Genova per la concessione di un’ area di 4000 metri quadrali lungo la Calata a S. Limbania venne accolta con molto favore ed il progetto degli egregi ingegneri ebbe l’ approvazione dai competenti e gli elogi del Genio civile e della Camera di Commercio genovese. L ’ edificio del Silos verrrebbe costrutto in cemento e racchiuderebbe un complesso di 300 celle verticali a sezione esagona capaci di contenere complessivamente 30,000 ton­ nellate di grano. Quattro « grues » elettriche « a noria » pescano il grano nella stiva delle navi ac­ costate a due pontili metallici lanciati sul mare per­ pendicolarmente all’ edificio del Silos e lo versano su di una serie di nastri orizzontali, che rotolando su opportuni rulli, lo trasportano a degli elevatori, i quali a loro volta lo guidano alle singole celle, oppure ai locali dove deve essere insaccato o cari­ cato sui vagoni. La potenzialità dell’ impianto per­ metterebbe di scaricare contemporaneamente quat­ tro navi da 3000 tonnellate cadauna nello spazio di trentasei ore, mandando le varie partite — auto­ maticamente pesate ed opportunamente divise — ai Silos, od ai carri ferroviarii, oppure simultanea­ mente agli uni ed agli altri.

Questo per sommi capi l’impianto progettato. Quali i vantaggi presumibili?

L a possibilità di un servizio ferroviario regolare, in virtù della funzione regolatrice del Silos, la ga­ ranzia di poter rapidamente scaricare le navi, la si­ curezza di poter conservare il grano al riparo da cause che ne possano alterare il valore, la riduzione dei noli in conseguenza della ridotte stallie delle navi, le tariffe assai inferiori alle attuali sia per lo scarico che pel magazzinaggio, la facoltà di sostare per tempi illimitati, la sicurezza di evitare nelle spese di massima importazione, l’incognita delle spese addizionali di chiatte e controstallie e sopratutto la costanza delle tariffe - avranno per effetto di richia - mare su Genova gran parte de! commercio granario che gli è distolto dagli altri porti del Mediterraneo forniti di magazzini vasti e di servizi di scarico at­ tualmente più rapidi e sicuri.

Le merci destinate all’Europa Centrale affluiranno

probabilmente a Genova come porto più comodo e creeranno nuovo incremento al suo commercio.

E poiché le condizioni del porto di Genova la­ sciano già supporre fin d’ ora un nuovo ingombro di granì pel prossimo autunno, epoca della massima importazione, i proponenti hanno avanzata la pro­ posta di costruire un impianto provvisorio meccanico onde poter utilizzare per ora i magazzini municipali di Darsena. La Commissione municipale per le opere del porto approvò la proposta a pieni voti, ricono­ scendo essere questo necessario per impedire che durante la costruzione del Silos il commercio gra­ nario abbia a prendere un’ altra via.

La Società per la costruzione e l’esercizio di que­ sta impresa si sta costituendo con un capitale di tre milioni circa; e si stanno facendo inoltre attive pra­ tiche perchè la Società delle Ferrovie del Mediter­ raneo ed il Governo prestino il loro appoggio ma­ teriale e morale.

I l progetto di legge per la tassa sulle antici­ pazioni. — Venne distribuito alla Camera il pro­ getto dei ministri delle finanze e del tesoro sul rio r­ dinamento della tassa sulle anticipazioni contro de­ posito o pegno fatte dalle Banche e dalle Casse di risparmio. Il progetto è del seguente tenore :

« Art. 1. >— La tassa speciale sulle anticipazioni o sovvenzioni contro deposito o pegno di merci, ti­ toli o valori fatte dalle Casse di risparmio, dalle So­ cietà o dagli Istituti, stabilita nell’ articolo 75 della legge 13 settembre 1874, e modificata coll’ art. 3 di quella 12 luglio 1888, sarà applicata nella misura di un centesimo per ogni 1000 lire della somma di ciascuna di quelle operazioni e per ogni giorno della durata effettiva delle medesime e delle relative rin ­ novazioni o proroghe, ancorché esse siano state convenute per un tempo determinalo.

Il periodo di tempo di questa durata sarà calco­ lato dal giorno dell’anticipazione o sovvenzione fino a quello in cui è stato eseguito il rimborso, op­ pure restituito od alienato il pegno, od in qualun­ que altro modo esaurita 1’ operazione.

Per quelle fra dette operazioni che si svolgono sotto forma di conto corrente, siavi o no apertura di credito per somma determinata, la tassa sarà dovuta sulle varie somme che, detratti i rimborsi via via eseguiti, sono state effettivamente usufruite, ed in ragione della rispettiva durata dei corrispon­ denti addebitamenti, come se tali somme si riferis­ sero a tante distiate anticipazioni o sovvenzioni

L ’ applicazione della tassa speciale non esclude l’ obbligo del bollo per gli assegni bancari e per gli altri titoli che fossero emessi per lo svolgimento delle operazioni sopraccennate.

« Art. 2. — La tassa stabilita nell’articolo pre­ cedente non è soggetta ad aumento di decimi.

Allorché per ogni singola somma imponibile nei conti correnti, o per ogni operazione, 1’ ammontare della tassa presenti una frazione minore di cente­ simi cinque, questa sara computata per cinque cen­ tesimi interi. »

Il progetto di legge pel commercio agrnmario. — Diamo il testo integrale del progetto di legge stato presentato alla Camera dal miuistro delle f i­ nanze :

Art. 1. — Fino a tutto il 1900 il dazio di con­ sumo che i Comuni possono imporre sugli agrumi non dovrà eccedere il limite di lire una per quintale.

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L ’ E C O N O M I S T A 393 20 giugno 1897

per utilizzare gli agrumi nella preparazione dei prodotti chimici, come acido citrico, citrato di calce e sim ili, saranno, per un sessennio, dal giorno in cui si trovino nelle condizioni di cui all’art. 8 della legge 11 luglio 1889, n. 6214, esenti dell’ imposta di ricchezza mobile.

Saranno pure esonerate dalla detta imposta per un sessennio, tutte le fabbriche di acido citrico e di citrato di calce già esistenti nel giorno della pro­ mulgazione della presente legge.

Per godere della esenzione, gli esercenti delle fabbriche nuove, prima di intraprendere la lavora­ zione e quelli delle fabbriche già esistenti, entro un mese dall’ attuazione della presente legge, do­ vranno farne domanda all’ agente delle imposte.

Sorgendo divergenze fra l’ agente delle imposte e l'esercente, decideranno le Commissioni ammini­ strative e in ultimo grado la Commissione centrale delle imposte dirette.

Non è ammesso reclamo innanzi all’ autorità giu­ diziaria fuorché per causa d’ incompetenza, di ec­ cesso di potere, e di violazione di legge.

Art. 3. — Gli atti relativi alle vendite volontarie di agrumi a pubblici incanti, effettuate da Borse di commercio legalmente istituite, saranno esenti dal pagamento della tassa proporzionale di registro del 0.50 per cento.

Per la registrazione di tali atti sarà applicata in ­ vece un tassa fissa di lire una.

La produzione equina nel 1896.

È stato pubblicato dalla direzione generale di agri­ coltura il bollettino che contiene notizie e ragguagli statistici riguardanti il servizio ippico nel 1896.

Si rileva, anzitutto, che l’allevamento cavallino, preso nell’ insieme, continua da noi a progredire, « Al pari della qualità, ha guadagnato anche la quan­ tità » — scrive il direttore del deposito di Ferrara.

G li stalloni del Governo sono sempre tenuti in considerazione, e quelli dei privati hanno migliorato notevolmente per effetto della legge 26 giugno 1887.

Nelle provincie di Ferrara, Mantova e Verona, il cavallo si produce, si alleva e si vende bene. Ivi, scrive il direttore anzidetto, l’industria è rimunera­ trice.

Si può dir lo stesso di tutto il resto della bassa Lombardia e delle provincie Emiliane, stendentisi in destra del Po.

In tutta questa zona, che va dalla Lomellina al Polesine e dal Piacentino alle Basse del Ferrarese, l’ allevamento cavallino, stallino quasi da per tutto, è esercitato con bastevole diligenza e non troppo empiri­ camente, in guisa da essere confortato e stimolato da risultati economici non disprezzabili, specialmente in sinistra nel Po.

I puledri vi si vendono a prezzi rimuneratori in tutti i mercati ; parecchi se ne esportano anche all’estero, e molti vanno nelle regioni limitrofe, dove la produzione è inadeguata al bisogno.

Nella importante e lunga zona litoranea, ricca di pascoli, che va dal Pisano alle Paludi Pontine, per le pasture, per il clima, e per le cognizioni speciali degli allevatori, l’ambiente è assai favorevole alla

produzione cavallina, la quale vi è sorgente non di- sprezzabile di profitto.

Il progresso è qui del pari manifesto. Ma è da avvertire, però, che non piccola parte in esso hanno gli stalloni di privata proprietà, adoperati in servizio esclusivo delle singole mandrie perciò sfuggenti ad ogni visita preventiva.

La produzione, in questa zona, è ragguardevole per numero ed ha caratteri di una relativa unifor­ mità, che la distinguono da quella più variopinta della gran valle Padana. Nelle maremme di Toscana e nel Lazio l’ allevamento brado è la regola; vi si producono cavalli sobrii e resistenti alle fatiche, f i­ siologicamente rustici e perciò assai pregiati per i servizi delle milizie, anche perchè han più sangue e quindi più energia, in confronto di quelli dell’Ita­ lia settentrionale.

Questi, poi, con la taglia ordinariamente più van­ taggiosa e le masse più sviluppate, si prestano bene per le carrozze signorili, e danno pariglie numerose che vedonsi di sovente nelle più grandi città, e si acquistano da chi può spendere, a prezzi elevatissimi essendo per giunta spesso gabellate come di estera provenienza. Il Cremonese alimenta parecchio questo speciale commercio.

Quanto al mezzodì della penisola, considerato sin­ tende, in quelle parti dove l ’ allevamento cavallino ha qualche importanza, alla domanda se la pro­ duzione ippica in esso migliori, il direttore del de­ posito di Santa Maria Capua Vetere risponde affer­ mativamente.

Sembra che qui, come nell’ Alta Italia, la parte maggiore nel miglioramento della produzione ca­ vallina l’ abbiano gli stalloni erariali. Infatti le Com­ missioni militari di rimonta acquistarono i puledri figli di stalloni governativi nella proporzione del 40,58, e quelli nati da stalloni dei privati nella assai più modesta proporzione del 21,29 per cento in confronto dei presentati.

In Sicilia si hanno, in generale, condizioni abba­ stanza favorevoli allo sviluppo dell’allevamento. Que­ sto è semibrado. Secondo afferma il direttore del deposito stalloni in Catania, gli allevatori vanno spiegando ogni maggior cura « per migliorare i pascoli e nella scelta delle cavalle fattrici per otte­ nere prodotti di più elevata taglia e più mem- brati. »

Dalla Sardegna, dove la produzione zootecnica costituisce una risorsa importante dell’ agricoltura, si hanno ragguagli che assicurano del contìnuo, seb­ bene alquanto lento, progredire dell’allevamento ca­ vallino. L ’ impiego del riproduttore orientale ha dato nell’ isola ottimi risultati. Lo stallone Osmaniè, del deposito governativo di Ozieri, ha lasciato una no­ bilissima discendenza.

Dell’ isola la parte che più alleva cavalli è la provincia di Sassari. In essa funzionano circa 120 stalloni, tra governativi ed approvati. Una quaran­ tina se ne trova anche in provincia di Cagliari. Ma è certo che le condizioni agrologiche e climatiche del capo Nord (provincia di Sassari) meglio pro­ pizie rivelansi per l’ allevamento ippico.

11 ministro della guerra acquista, annualmente, buon numero di puledri, che si mantengono, fin presso al 5° anno, al deposito di allevamento in Bonorva.

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394 L ’ E C O N O M I S T A 20 giugno 1897 N ell’ anno 1896 vi fu un considerevole aumento

nell’ importazione dei cavalli all’estero, specialmente dall’ Austria—Ungheria (capi 25,911).

V i hanno contribuito i cavalli ungheresi e quelli che, dall’ opposto littorale Adriatico, vengono nei nostri porti del mezzodì delle Marche e dell’Emilia. V i è, indubbiamente, un notevole smercio di que­ sti ultimi sui mercati e sulle fiere di tutto il ver­ sante Adriatico.

Costando poco, sono ricercati assai da chi può meno spendere, ond'essi vengono usandosi in pro­ porzione sempre crescente, specialmente in Puglia. L 'A lta Italia importa cavalli da servizio dell’ Un­ gheria.

CASSA DI RISPARMIO DI TERNI

Nel 1896 questo Istituto compiva il suo cinquan­ tesimo anno di esistenza e di esso, senza tesserne la storia, diremo che sorto in modeste condizioni è divenuto oggi uno dei più importanti istituti di ri­ sparmio dol nostro paese, tanto per importanza degli affari, quanto per il credito che riscuote presso gli altri Istituti congeneri. Passando adesso ad analiz­ zare l’andamento dell’Azienda nel 1896 premetteremo che il movimento generale dei conti ascesa a Lire 52,785,155.30 con una differenza in più su quello dell’ esercizio preced. per l’ importo di L. 462,415.48.

A raggiungere la indicata cifra di movimento, in Principal modo per oltre la metà, vi hanno contri­ buito 4 titoli e cioè :

1° Movimento di Cassa con L . 12,247,131.90 con un introito di L. 6,398,084.02 e con un pagamento di L . 6,249,047.88 e con una giacenza media di Cassa di L . 120,679.07;

2°Movimento del portafoglio che ci diè L.9,696,050.77; 3° Movimento dei Creditori per depositi che si elevò a L . 7,856,275.55 ;

4° Infine, Movimento dei conti correnti che rag­ giunse la somma di L. 4,137,102.76.

D all’ insieme delie operazioni fatte nel 1896 si rileva che la Cassa cercò di ridurre gradatamente quei rinvestimenii che avevano una certa immobilità come i mutui ipotecari, realizzando quanto più pos­ sibile i più antichi, e limitando le nuove conces­ sioni ; provvide ad aumentare lo stock dei fondi pubblici e valori commerciali, i quali quantunque meno remunerativi presentano il vantaggio di avere una più larga riserva, e infine si studiò di raggiun­ gere che la proporzione dei vari impieghi non fosse esorbitante per ciascuno di essi, e tale da Don in­ ceppare il libero movimento, di cui la Cassa aveva bisogno per tutte le sue attribuzioni.

Troviamo infatti che i nuovi mutui, tanto ipotecari che chirografari rimasere limitati a L . 3910, che gli ammortamenti dei medesimi ascesero a L. 38,371.73. e che g li acconti ottenuti ascesero a L . 21,626.85.

I fondi e valori pubblici salirono da L . 886,809.47 a L . 1,058,395.42.

Le somme investite in operazioni cambiarie pre­ sentano una differenza in meno di L- 101,194.35 e gli impieghi in conto corrente superarono quelli dell’ anno precedente per la rilevante somma di L . 61,138.34 essendo saliti a L . 830,546.91.

I titoli in sofferenza danno la cifra di L. 243,818.83 inferiore di L. 14,352.75 a quella dell’esercizio precedente.

I depositi a risparmio tanto ordinari che straor­ dinari esistenti alla fine dell’ anno ascendevano a L . 4,322,270.55 superando quelli dell’ esercizio pre­ cedente di L. 112,816.33.

G li utili netti ammontarono a L. 46,561.59 di cui 15,000 andarono in aumento di capitale e lire 7,621.59 erogate a scopo di beneficenza.

Le assicurazioni inglesi sulla vita nel 1895-96

Il Board o/’ trade ha pubblicato il rapporto sulla situazione delle Società di Assicurazione inglesi sulla vita nel 1895-96, il quale comincia con un con­

fronto per tutte le Società esistenti e del loro movi­ mento negli ultimi 4 esercizi.

Introiti.

1895-96 1894-95 1893-94 1892-93 sterline sterline sterline sterline Prem i... 18,657,348 17,637,683 16,862,514 16,573,686 Annualità . . 2,365,466 1,742,387 1,415,769 1,359,476 Interessi e dividendi 7,576,282 7,393,739 7,252,747 7,206,828 Aumento del valore

del Portafoglio . 401,200 198,286 189,614 173,922 Diritti e ammende. 11,350 11,106 10,383 10,292

Diversi . . . . 76,201 32,790 79,772 193,360

Totali. 29,087,853 27,015,991 25,810,799 25,522,564

Uscita.

sterline sterline sterline sterline Pagamenti . . 13,614,138 12,792,252 12,774,929 13.517,068 Reddito dei premi. 1,008,220 1, i 54,089 1,085,490 959,450

Annullamento dei

premi . . . . 973,737 981,465 1,006,851 937,971 Annualità . . 1,230,700 1,135,282 1,054,276 1,055,411 920,152 Commissione . . 1,061,914 990,651 916,306

Depositi degli am­

ministratori . 1,653,061 1,593.984 1,588,123 1,586,629 Conti in differenze. 250,336 148,835 39,288 124,109 Interessi e dividendi alle azioni 573,562 616.606 531,004 427,664 Diverse . . . . 471,455 64,890 134,903 c.30,726 Totale. 20,832,123 19,378,144 19,131,170 20,059,180 Aumento delle en­

trate durante l ’anno 8,255,730 7,637,847 6,679,629 5,463,384 Ammontare dei ca­

pitali collocati . 204,379.825 196,124.095 188,372.536 181,692.907 Media dell’interesse 3,78 °/o 3,85 »/. 3,92 •/. 4,03 o/o

(11)

20 giugno 1897 L ’ E C O N O M I S T A 395 Un altro fatto interessante della pubblicazione è

l’ aumento dei capitali fra le mani delle Compagnie. Questo aumento è stalo di 8 milioni e mezzo di steri, e la somma totale raggiunge la cifra di ster­ line 204,380,000. Trovare un collocamento vantag­ gioso per queste enormi disponibilità è una delle più grandi difficoltà incontrate dai Consigli di am­ ministrazione. Nel 18^0-91 la media dell’ interesse ottenuto da questi collocamenti fu del 4.07 per cento ma nel 1896 la media è caduta al 3.78 per cento.

Alla fine del 1886 il numero delle assicurazioni ascendeva a 903,068 per un valore di st. 442,653,000 e alla fine del 1896 le assicurazioni erano salite a 1,494,000 e l’ importo a steri. 381,352,337. E le annualità da 19,837 per la somma di steri. 802,000 erano salite alla fine del 1896 a 32,643, per l’am­ montare di steri. 1,494,678. Come si vede l’aumento nel decennio è stato considerevole.

11 commercio internazionale della China nel 1896

L ’ amministrazione delle dogane marittime chi- nesi ha pubblicato il suo rapporto sul commercio esteriore della China nel 1896. Da questo docu­ mento resulta che il valore del commercio chínese stato di 314,989,926 taéls haikwan nel 1895 salendo a 333,671,415 nel 1896. Questo totale è il più grosso che siasi ottenuto fin qui. G li scambi sono stati attivi tanto alla importazione che alla espor­ tazione, e l’aumento notevole verificatosi nell’ impor­ tazione è una prova della ripresa avvenuta dopo la disorganizzazione prodotta dalla guerra col Giappone.

I porti di Fontcheon, di Hangtcheon e di Shasi sono stali aperti al commercio dopo il trattato di Shimonosaki, e in ciascuno di essi sono state stabilite delle dogane. Il loro commercio è ancora insignificante. Le rendite incassate da questa dogana durante l’ ultimo trimestre non hanno raggiunto che 6,180 taels haikwan e questo commercio non entra naturalmente che in minima parte nell’aumento che abbiamo segnalato.

II seguente prospetto riassume il valore del com­ mercio esteriore della China dal 1884 al 1896 :

Anni Importazione Taels Haikwan Esportazione Taels Haikwan Totale Taéls Haikwan 1884 ... 22,760,758 67,147,680 139,908,438 1885 ... 88,200.018 65,005,711 153,205,729 1836 ... 87,479,323 77,206,568 164,685,891 1887 ... 102,263,669 85,860,208 188,123,877 1888 ... 124,782,893 92,401,067 217,183,960 1889 ... 100,884,355 96,947,832 207,832,187 1890 ... ' 127,003,481 87,144.480 214,237,961 1891... 134,003,863 100,947,849 234,951,712 1892... 135,101,198 102,583,525 237,684,723 1893... 151,362,819 116,632,311 267,996,130 1894 ... 162,102,911 128,104,522 290,207,433 1895 ... 171,696,715 143,293,211 314,989,926 1 8 9 6 ... 202,589,994 131,081,421 333,671,415

L e rendite doganali hanno dato durante lo stesso periodo i seguenti resultati :

Rendite del commercio.

Anni Esteriore Taéls Haikwan Interno Taéls Haikwan Totale Taéls Haikwan 1884 ... 11,274,068 2,236,644 13,510,712 1885 ... 12,066,331 2,406,435 14.472,766 1886 ... 12,792,675 2,352,003 15,144,678 1887... 17,734,083 2,807,316 20,541,399 1888 ... 20,496,680 2,671,212 23,167,822 1889 ... 19,083,119 2,738,643. 21,823,762 1890 ... 19,158,775 2,837,451 21,996,226 1891 ... 20,398,240 3,119,781 23,518,021 1892 ... 18,851,045 3,838,009 22.689,054 1893 ... 18,184,139 3,805,161 21,989,300 1894 ... 18,575,668 3,947,937 22,523,605 1895 ... 17,545,086 3,840,303 21,385,389 1896 ... f8 ,511,302 4,068,064 22,579,366

CRONACA DELLE C A IR E D! COMMERCIO

Camera di Commercio di Genova. — Nella seduta del 5 giugno fu presentata la relazione dei consiglieri Oliva e Bauer sulla necessità di conser­ vare al Porto di Genova il transito dei cereali per la Svizzera. In essa è detto che se la concorrenza che fa il Porto di Venezia provenisse da condizioni naturali geografiche, sarebbero ingiustificate le la­ gnanze e la Camera di Genova non chiederebbe favori. Si osserva in essa che la piazza di Venezia per le vigenti tariffe dell’Adriatica può giungere al confine ferroviario svizzero, a parità di condizioni, come dal Porto di Genova benché questo vi sia più vicino di 90 chilometri circa per distanza effettiva e di 70 circa tenendo conto di quella virtuale ; quindi le basi della tariffa da Venezia sono tanto minori delle genovesi da fare scomparire la rilevante differenza.

Ad aggravare questo stato di cose giunge la no­ tizia di altre concessioni a favore di Venezia, da parte della rete Adriatica; e qui i relatori citano la circolare comunicata nella precedente seduta, con cui l’ Agente di Venezia delle ferrovie anzidette an­ nunzia al commercio della Svizzera, Germania ed Austria l’apertura di nuovi locali di deposito per i cereali, stati co. tratti dall’Adriatica in quel Porto, e le condizioni di grande facilitazione che in essi go­ dranno le merci.

Notano inoltre i relatori, dopo di avere enumerate le promesse facilitazioni, come queste dimostrino una concorrenza che mira a vincere con artificiosi favori non potendosi ammettere che ciò riesca un affare di speculazione, bensì una perdita per l’ intrapresa.

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