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Capitolo III

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Academic year: 2021

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Capitolo III

Santa Evita

3.1 Il romanzo, la struttura, i personaggi

Tomás Eloy Martínez pubblica Santa Evita nel 1995, dieci anni dopo il suo primo romanzo sul peronismo . Con questo testo, lo scrittore argentino 1

torna nuovamente sul suo argomento letterario prediletto, questa volta però, decide di raccontarci le tappe più importanti della vita di Eva Perón, attraverso la storia del suo cadavere.

Come già brevemente illustrato nel primo capitolo, l’autore apre un dialogo con la Storia, ma al contempo ne prende le distanze, inserendo deliberatamente elementi fittizi. Inoltre, aggiunge che la realtà non può essere raccontata e quindi riprodotta in letteratura, ma può solo essere reinventata. Allora perché la Storia non può essere, a sua volta, un genere letterario che, attingendo dalla realtà, reinventa gli avvenimenti?

Si la historia es -como parece- otro de los géneros literarios, ¿por qué privarla de la imaginación, el desatino, la indelicadeza, la exageración y la derrota que son la materia prima sin la cual no se concibe la literatura? 2

Il narratore non crede alla veridicità della storiografia ufficiale e critica le omissioni e i silenzi presenti nelle biografie dedicate a Eva Perón. Per questo motivo, Martínez propone di riempire questi vuoti offrendo differenti versioni di quelle fonti che tentano di ricostruire il passato.

T. Eloy Martínez, La novela de Perón, Buenos Aires, Legasa, 1985. 1

T. Eloy Martínez, Santa Evita, Buenos Aires, Editorial Planeta, 1995, p.61. 2

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Quest’ultimo è paragonabile ad un puzzle che solo attraverso l’occhio attento del lettore si può ricomporre. A questo proposito, risulta interessante lo studio di Gianni Vattimo, in cui espone la sua teoria della dissoluzione 3

della Storia. Secondo lo studioso, la Storia non è un processo unitario e organico poiché si frammenta in un’infinità di storie possibili e indipendenti. Leggendo il testo di Martínez, si possono notare numerose versioni contraddittorie, presentate da personaggi differenti, i quali propongono la loro testimonianza e dunque la loro verità. A questo proposito, appare significativa la frase che Martínez inserisce a metà del suo romanzo:

La realidad no es una línea recta sino un sistema de bifurcaciones. 4

La realtà non segue un percorso rettilineo, tutt’altro per riuscire a trovare la verità occorre intraprendere delle strade secondarie. Risulta, pertanto, difficile riuscire a discernere tra realtà, mito e finzione:

…mito e historia se bifurcan y en el medio queda el reino indestructible y desafiante de la ficción. 5

L’autore situa il romanzo a metà tra la storia e il mito, dimostrando in questo modo che la fantasia letteraria è molto più ricca della realtà storica.

Le fonti, per lo più, si basano su testimonianze di persone che hanno conosciuto Eva Perón, come ad esempio la madre Juana, il parrucchiere, il

Cfr. Gianni Vattimo, La fine della modernità, Milano, Garzanti, 1985.

3

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.75. 4

Ivi, p.156. 5

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maggiordomo della casa presidenziale, il colonnello e i suoi cari e il padre di un’ex fidanzata del narratore. 6

Vediamo alcuni esempi del reale rapporto che intercorre tra la Storia e il romanzo. Ad esempio, nel quarto capitolo l’autore entra nel testo e vi inserisce un avvertimento al lettore sulla possibile natura menzognera delle 7

fonti, dopodiché introduce la testimonianza del parrucchiere. È il 22 agosto 1951, Perón deve annunciare al popolo la candidatura di Evita alle elezioni presidenziali. Tuttavia, si tratta di un vuoto storico in quanto non si hanno documenti o testimonianze di questi giorni. Martínez, però, non poteva non raccontare un evento così importante, pertanto decide di inserire nel suo romanzo il ricordo del parrucchiere. Si tratta di una testimonianza deliberatamente inventata, vista l’assenza di fonti storiche, ma al contempo funzionale alla storia. È un momento delicato perché Eva vorrebbe accettare la candidatura per non deludere il suo popolo, tuttavia è stretta nella morsa del marito, il quale vorrebbe che rifiutasse. Martínez ci presenta questo momento di attesa prima dell’annuncio al popolo come una confessione di Eva al suo parrucchiere storico, in realtà sappiamo che scomparì per prendersi un po’ di tempo per decidere. La testimonianza che Martínez inserisce, per quanto menzognera possa essere, serve a farci comprendere la sensazione di solitudine in cui Eva si è trovata.

Alla fine del settimo capitolo, in un dialogo con il capitano della marina, Moori Koenig afferma che la Storia non esiste:

-

…Podría estar en la historia y no va a estar.

Come vedremo, nel testo sono rintracciabili anche fonti scritte come il diario del dottor 6

Ara e il libro di Evita.

Cfr. citazione (nota 13) del primo capitolo. 7

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-

Qué carajo me importa la historia. La historia no existe. 8

Il capitano avverte il colonnello che il cadavere ha una cattiva influenza su di lui, trova che non sia più lo stesso, che sia irrimediabilmente cambiato. Il colonnello, tuttavia, sembra non rendersene conto, nega quanto detto dall’ufficiale e porta via con sé il corpo di Evita. Nelle parole di Moori Koenig non è contenuta solo la sua follia, ma anche un messaggio dell’autore: la Storia non esiste nella misura in cui la verità non esiste. Se ognuno offre la propria versione della storia, chi può dire quale sia realmente la verità? La Storia, infatti, è un racconto scritto da uomini, che contiene giudizi soggettivi, non una verità oggettiva e universale.

Abbiamo visto che, nelle pagine del suo romanzo, Eloy Martínez inserisce il suo personale manifesto letterario: testimonia un’idea impura di romanzo e rivendica il suo diritto a mentire, modificare e ricostruire i fatti seguendo un modello non lineare. Secondo lo scrittore argentino, infatti, la letteratura può far rivivere i sentimenti, può mantenere vivo il ricordo ma non può resuscitare la realtà.

La struttura narrativa appare, a primo impatto, caotica e disordinata: il primo capitolo comincia con la morte di Eva Perón il 26 luglio 1952. I capitoli successivi narrano le vicissitudini legate al cadavere e, tramite le testimonianze, viene ricostruita a tranches la vita di Eva. È come se la narrazione fosse costruita su due binari: uno che parte dalla morte e narra le avventure del cadavere e l’altro che ripercorre all’indietro la vita di Eva, attraverso il ricordo delle persone che l’hanno conosciuta. Tuttavia, se la narrazione del pellegrinaggio del corpo imbalsamato segue più o meno un ordine cronologico, quella del passato di Eva risulta tutt’altro che lineare.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p. 77. 8

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Infatti, il penultimo capitolo non narra le vicende di un’ Evita ormai vicina alla morte, come farebbe pensare la logica, ma bensì l’infanzia e la perdita del padre. Per meglio dire, il punto di partenza della narrazione è la morte di Evita, da lì comincia sia la ricostruzione della sua vita, narrata all’indietro, sia il viaggio post-mortem, che avanza in modo lineare.

Donde la muerte es un fin, es aquí un comienzo. 9

Il narratore utilizza l’immagine della farfalla per descrivere la struttura del romanzo:

…soñé con ella. Era una enorme mariposa suspendida en la eternidad de un cielo sin viento. Un ala negra se henchía hacia adelante, sobre un desierto de catedrales y cementerios; la otra ala era amarilla y volaba hacia atrás, dejando caer escamas en las que fulguraban los paisajes de su vida en un orden inverso al de la historia…

Si esta novela se parece a las alas de una mariposa -la historia de la muerte fluyendo hacia adelante, la historia de la vida avanzando hacia atrás, oscuridad visible, oxímoron de semejanzas- también habrá de parecerse a mí, a los restos de mito que fui cazando por el camino, a la yo que era Ella, a los amores y odios de nosotros, a lo que fue mi patria y a lo que quiso ser pero no pudo. 10

La storia di Evita è paragonata alle ali di una farfalla: un’ala nera che vola in avanti sopra paesaggi che ricordano la morte e un’ala gialla che vola all’indietro e lascia cadere scaglie, le quali rappresentano i pezzi della vita di Eva che procedono ‘controcorrente’. La storia della morte scorre in avanti, è il presente della narrazione, la storia della vita va all’indietro, rappresenta il passato che viene raccontato attraverso i ricordi degli

Tomás Eloy Martínez, Réquiem por un país perdido, Buenos Aires, Aguilar Alfaguara, 9

2003, p.356.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp. 26, 27. 10

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intervistati. Tuttavia, la similitudine della farfalla non si ferma ad Eva, si estende anche alla figura del narratore, alla sua ricerca e persino alla patria. 11

Santa Evita è un romanzo dalla struttura particolare, poiché alla narrazione si affiancano le riflessioni del narratore circa la costruzione del testo, la ricerca delle fonti e le incertezze su come narrare certi avvenimenti. Il romanzo è introdotto da due epigrafi iniziali: la prima è una citazione da Lady Lazarus di Silvia Plath, scrittrice e poetessa statunitense di metà 12

secolo:

Morir es un arte como cualquier otro. Yo lo hago extremadamente bien.

Il secondo elemento paratestuale è una citazione di una frase pronunciata da Eva Perón in un’intervista: 13

Quiero asomarme al mundo como quien se asoma a una colección de tarjetas postales.

Entrambe le epigrafi, precedute da una dedica alla moglie di Martínez, 14

ci offrono una chiave di lettura del testo che segue. La prima introduce il tema principale del romanzo, ossia la morte, ma anche la resurrezione (così

Come vedremo più avanti, il cadavere di Eva non è solo il corpo di una donna, infatti, 11

arriverà a rappresentare l’intera nazione.

La poesia descrive una Germania devastata dalla Seconda Guerra Mondiale. È stata 12

classificata tra le poesie dell’Olocausto, in quanto mostra la crudeltà del regime nazista. Il testo è permeato, dall’inizio alla fine, dall’immagine incombente della morte: la

protagonista, infatti, non desidera altro che morire, tuttavia, i medici la salvano per ben tre volte (il titolo allude proprio alle sue ‘resurrezioni’).

in “Antena”, 13 luglio 1944. 13

Susana Rotker (1954-2000), scrittrice venezuelana e terza moglie di Eloy Martínez. 14

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come la protagonista di Lady Lazarus resuscita grazie all’intervento dei medici, anche Evita resuscita nella memoria attraverso i ricordi delle persone e i testi letterari). La seconda, invece, si riferisce alla struttura: la vita di Eva è narrata attraverso i ricordi, in ordine casuale, come una collezione di cartoline, che illustrano i ‘paesaggi’ della sua vita.

Per ricostruire la storia, è bene partire dall’analisi dei personaggi principali e dal loro rapporto con il cadavere. Tra i personaggi principali troviamo: Il colonnello Moori Koenig, il dottor Pedro Ara e lo scrittore Eloy Martínez.

Carlos Eugenio Moori Koenig è un colonnello a servizio del regime, nonché insegnante nella Escuela de Inteligencia del ejercito. Quest’ultimo viene incaricato proprio da Perón di sorvegliare, o meglio spiare sua moglie e di fare un reportage quotidiano del suo stato di salute, fino al giorno del decesso. Con la caduta del governo peronista, il corpo di Evita resta nelle mani del dottor Pedro Ara fino al novembre 1955, quando un gruppo di militari, capeggiati dal colonnello Koenig, si dirige alla CGT per sequestrare il corpo. Martínez ci presenta due differenti versioni a proposito del sequestro del cadavere: quella di Ara, più o meno fedele a quella raccontata personalmente dal dottore nel suo diario, e quella di Cifuentes, l’amico del colonnello. L’inserzione di due prospettive di uno stesso evento, che differiscono per alcuni particolari, evidenziano la volontà da parte dell’autore di raccontare la storia attraverso testimonianze che, sebbene risultino contrastanti, mostrano due possibili verità.

Il colonnello, dal momento del sequestro, si occupa personalmente di custodire il corpo imbalsamato. L’uomo comincia ad ‘ammalarsi’ per quel corpo che, nonostante sia morto, continua ad emanare una bellezza

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sorprendente, tant’è vero che non riesce più a chiamarla ‘Defunta’ e comincia a rivolgersi a lei con l’appellativo di ‘Persona’:

Cada vez era más Persona y menos Difunta: él lo sentía en la sangre, que se enfermaba y cambiaba… 15

Il colonnello si innamora di Evita, inizia a provare una forte attrazione, tanto da non poter fare a meno di vedere e toccare il suo corpo nudo:

Las nalgas. El raro clítoris oblongo. No. Qué tentación el clítoris. No; debía refrenar la curiosidad. Leería las notas que había tomado sobre el clítoris. 16

Quando il cadavere viene affidato ad altri suoi collaboratori, il colonnello cade nello sconforto e non riesce a pensare che a lei:

No dejaba de pensar en ella.

La ausencia de Evita era difícil de soportar.

Lo mantenían lejos de su cuerpo, como si se tratara de una novia virgen.

Si la tuviera cerca de mí, pensaba, no sentiría tanta sed. Nada lo saciaba.

Para el Coronel, no había otra realidad que Evita. El mundo le parecía, sin Ella, intolerable. 17

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.110. 15

Ivi, p.56. 16

Ivi, pp. 118,111,109,118,161. 17

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Il colonnello non può immaginare un mondo senza Evita, cade in preda a un’ossessione, la cui manifestazione più evidente è un dialogo tra lui e il cadavere recentemente ritrovato:

-Sos una mierda-le dijo el Coronel-. Por qué te fuiste tanto tiempo. Sentía amargura: un sollozo inoportuno le trepaba por la garganta y no sabía cómo detenerlo.

¿Te vas a quedar Evita? -le preguntó- ¿Vas a obedecerme? el brillo azul de Persona parpadeó, o él creyó que parpadeaba.

-¿Por qué no me querés? -le dijo-. Qué te hice. Me paso la vida cuidándote.

Ella no contestó. Parecía radiante, triunfal. Al Coronel se le cayó una lágrima y al mismo tiempo lo alcanzó una ráfaga de odio.

-Vas a aprender, yegua -le dijo-, aunque sea a la fuerza. 18

In questo dialogo, che assomiglia più ad un monologo di follia, il colonnello si rivolge al corpo imbalsamato come se si trattasse di una persona ancora in vita, e quindi in grado di rispondergli. La sgrida perché è stata lontana da lui tanto tempo; veste i panni del marito geloso nei confronti di un corpo che non ha più la possibilità di scegliere ed agire. Koenig è possessivo nei confronti di Evita, poiché ha deciso di dedicare la sua vita a proteggerla. La follia, ormai, si sta impossessando del colonnello, il quale comincia a mostrare sbalzi d’umore continui e sentimenti contrastanti (amore, pietà, odio). Il colonnello parla con Evita, le ordina di obbedire ai suoi comandi, la rimprovera, dopodiché la insulta e ordina agli ufficiali di orinare sopra di lei:

- Méenla.

Como los oficiales seguían inmóviles, repito la orden, sílaba por sílaba:

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.119. 18

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-

Vamos, qué esperan, Pónganse en fila. Méenla. 19

Il colonnello, in preda all’ossessione, arriva persino a compiere un atto di profanazione nei confronti del cadavere, e non sarà l’unico.

Alla fine del romanzo, ci viene raccontato da Cifuentes che, Moori Koenig, ormai ossessionato dalle incessanti minacce, muore nel 1970. Dopodiché, l’amico del colonnello ci racconta un episodio riguardante gli ultimi giorni di vita di Koenig: quest'ultimo sognava quasi tutte le notti la luna quando, un giorno, venne a sapere che tre piloti della NASA avevano raggiunto il suolo lunare. Seguì lo sbarco in televisione e quando vide una cassa di metallo, contenente il necessario per piantare la bandiera americana, pensò che si trattasse della bara di Evita:

“Pueden ver la bandera”, anunció uno de los técnicos de Houston.

Now you can see the flag. “No es hermosa?”

-Es hermosa -dijo el Coronel- Es la persona más hermosa de este mundo.

…Es Ella. Los hijos de puta la enterraron en la luna. 20

A causa dell’alcool e della follia che gli causano frequenti allucinazioni, il colonnello vede Evita ovunque, persino sulla luna.

Il secondo personaggio che si trova a stretto contatto con il cadavere, è il dottor Pedro Ara, l’imbalsamatore catalano che ha reso possibile la conservazione di un corpo perfetto nel tempo. Martínez ci propone qualche riga ripresa dal diario del dottore, in cui si definisce il Michelangelo di Evita, lo scultore che ha dato a quel corpo la vita eterna. L’imbalsamatore lavora sul cadavere per ben tre anni, il procedimento lo rende incorruttibile;

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.120. 19

Ivi, p.164. 20

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durante questo periodo il dottore passa intere giornate a contatto con il corpo, come testimonia il suo diario. Qualcuno rintraccia un rapporto morboso tra il dottore e il corpo imbalsamato. Il narratore, ad esempio, afferma:

El embalsamador, por ejemplo, ya no vivía sino para ella. 21

Il colonnello, invece, legge un resoconto che allude a dettagli necrofili: “El gallego está enamorado del cadáver…”

“Lo manosea, le acaricia las tetas. Un soldado lo ha sorprendido metiéndole las manos en las entrepiernas.” 22

Quando Koenig e i suoi soldati giungono alla CGT per sequestrare il cadavere, il dottore fa di tutto per convincerli a lasciarlo alla sue cure, tuttavia gli ufficiali non possono disobbedire agli ordini del nuovo presidente. Cifuentes, nel suo racconto, ci descrive Ara che esce dall’edificio in preda alla disperazione:

“Tenía la expresión aturdida de alguien que se ha perdido a sí mismo y no sabe por dónde empezar a buscarse.” 23

L’imbalsamatore, dopo aver trascorso anni con quel cadavere, non riesce a pensare ad un futuro che non includa la sua presenza: alcuni sostengono che fosse per il timore che si potesse decomporre, altri pensano che l’uomo

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.11. 21

Ivi, p.13. 22

Ivi, p.67. 23

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si fosse innamorato. Resta il fatto che il rapporto tra il cadavere e il dottore che Martínez ci descrive ha una natura morbosa.

Gli interventi del narratore all’interno del testo fanno sì che egli venga considerato come personaggio. Quest’ultimo interviene più volte nel testo: per introdurre delle testimonianze, per esporre la propria indagine, per avvisare il lettore dell’origine incerta delle fonti, ma soprattutto per raccontare il rapporto che si è creato con Eva.

In un articolo intitolato Los placeres de la necrofilia, il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa fa un’analisi lucida del romanzo, che introduce in questo modo:

Encarezco a los lectores a que, sin vacilar, se zambullan en ella y descubran, como yo, los placeres (literarios) de la necrofilia. 24

Da un punto di vista strutturale, rintraccia un primo livello che narra la storia del cadavere, il quale si va intrecciando con un secondo livello che riguarda la storia di Evita dalla nascita alla morte. A questi due livelli vanno aggiunte le storie di alcuni personaggi secondari, ma soprattutto le vicende del gruppo di militari dei Servizi Segreti, incaricati di far scomparire il corpo. Intorno a tutto questo ruota la storia dell’io narrante, che è, ma al contempo non è, Tomás Eloy Martínez, poiché nonostante i molti riferimenti autobiografici il narratore non si identifica mai apertamente con l’autore. Si tratta di una sorta di sdoppiamento, grazie al quale Martínez può mantenere la sua autonomia e giocare con un linguaggio postmoderno dalle possibilità camaleontiche.

Tornando al romanzo, all’inizio del terzo capitolo il narratore racconta il suo primo approccio con Evita:

M. Vargas Llosa, Placeres de la necrofilia, El País, 31 dicembre 1995, p.1. 24

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Desde que intenté narrar a Evita advertí que, si me acercaba a Ella, me alejaba de mí. Sabía lo que deseaba contar y cuál iba a ser la estructura de mi narración. Pero apenas daba vuelta a la página, Evita se me perdía de vista, y yo me quedaba asiendo el aire. O si la tenía conmigo, en mí, mis pensamientos se retiraban y me dejaban vacío. A veces no sabía si Ella estaba viva o muerta, si su belleza navegaba hacia adelante o hacia atrás. 25

È come se Evita giocasse con il narratore: la sua immagine appare e scompare nella mente dello scrittore, al cui interno è presente una storia precisa da raccontare, che sembra però sfuggire nel momento in cui la penna tocca il foglio.

Alla fine del romanzo, il narratore commenta ciò che ha ottenuto attraverso la sua indagine:

Acumulé ríos de fichas y relatos que podrían llenar todos los espacios inexplorados de lo que, después, iba a ser mi novela. Pero ahí los dejé, saliéndose de la historia, porque yo amo los espacios inexplicados. Hubo un momento en que me dije: Si no la escribo, voy a asfixiarme. Si no trato de conocerla escribiéndola, jamás voy a conocerme yo. 26

Il narratore, dunque, confida al lettore che egli scrive principalmente per conoscere Eva, ma anche per ritrovare se stesso. L’identità di Eva è legata a quella del narratore; è un fantasma che non abbandona mai i suoi pensieri. Dal momento in cui Eloy Martínez ha deciso di raccontare la storia di Evita, o meglio del suo cadavere, è come se la donna fosse entrata dentro di lui, impossessandosi della sua mente di scrittore. D’altra parte, come abbiamo già visto, un’anima che non è mai stata raccontata, è come se non fosse mai

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.26. 25

Ivi, p.167. 26

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esistita. Molto verosimilmente, Martínez ci vuole dire che attraverso la sua scrittura, l’eternità di Evita è garantita.

Inoltre, il narratore, nel settimo capitolo del romanzo, rintraccia un legame tra il biografo e l’imbalsamatore:

El arte del embalsamador se parece al del biógrafo: los dos tratan de inmovilizar una vida o un cuerpo en la pose con que debe recordarlos la eternidad. el caso Eva Perón, relato que Ara completó poco antes de morir, une las dos empresas en un solo movimiento omnipotente. 27

Dunque, sia il biografo che l’imbalsamatore hanno il ruolo di immortalare un corpo per l’eternità: il primo attraverso la scrittura mantiene vivo il ricordo, il secondo tramite l’arte dell’imbalsamazione conserva fisicamente il corpo.

In un suo scritto del 2003, Martínez ritorna su questa similitudine: Por más que la comparación no me haga feliz, un novelista se parece a un embalsamador: trata de que los mitos queden detenidos en algún gesto de su eternidad, transfigura los cuerpos de la historia en algo que ya no son, los devuelve a la realidad (a la frágil realidad de las ficciones) convertidos en otro ícono de la cultura, en otro avatar de la tradición. 28

In questo testo, Martínez aggiunge qualcosa di più rispetto a quanto aveva affermato in Santa Evita: qui all’imbalsamatore non si affianca più il biografo, bensì il romanziere, il quale trasforma i corpi in qualcosa che non sono più, restituendoli a quella realtà che non è altro che finzione, e che a sua volta li converte in nuove icone. Pertanto, il romanziere scrivendo delle

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.66. 27

T. Eloy Martínez, Réquiem por un país perdido, cit. p.364. 28

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vite delle persone, le cambia totalmente, trasformandole in storie di personaggi del tutto diversi rispetto alla realtà.

Il rapporto tra i tre personaggi che abbiamo analizzato e il corpo imbalsamato di Evita è caratterizzato dall’ossessione. Il colonnello Koenig si innamora del cadavere e diventa folle, pertanto è vittima del fascino di Evita, o, per dirlo in parole più consone al nostro studio, è colui che ne subisce il mito. L’imbalsamatore non vuole rinunciare a prendersi cura di quel corpo che ha ‘creato’ in tre lunghi anni, per questo viene attanagliato dalla disperazione. Infine, il narratore ha un rapporto diverso: se i primi due si rapportano al corpo da un punto di vista fisico (entrambi subiscono il fascino della bellezza), egli è vittima di un’ossessione mentale, infatti Evita è nella sua testa e non può fare a meno di raccontarla.

Tuttavia, il fascino di quel corpo perfettamente conservato non seduce soltanto i personaggi principali, ma anche due degli ufficiali che collaborano con il colonnello: Arancibia e Galarza.

Eduardo Arancibia è un maggiore di fanteria e secondo in comando del colonnello. È un uomo sposato di trentaquattro anni; quando frequentava la scuola militare fu soprannominato “el loco”. Il primo contatto tra Arancibia e il cadavere ha luogo a novembre del 1955, quando il corpo imbalsamato di Evita, rinchiuso all’interno di un camion militare, vaga per le strade di Buenos Aires. Una notte, il colonnello ordina al maggiore di accompagnarlo a vegliare il corpo: Arancibia non riesce a smettere di guardarlo e crede addirittura di vederlo respirare in un susseguirsi di allucinazioni, causate dal timore e dalla suggestione.

Nel 1956, per tre mesi il cadavere viene nascosto nella soffitta della casa del maggiore Arancibia:

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El cuerpo inmóvil había ido seduciendo al Loco día tras día. Sólo pensaba en volver a su casa para poder contemplarlo. Lo había desvestido. 29

Il maggiore trascorre le sue giornate a contemplare e, molto probabilmente, a maneggiare il corpo (questo spiegherebbe la presenza di un banco di legno accanto alla bara). Una notte di luglio, Arancibia confonde la moglie incinta, che era salita in soffitta, con un ladro e le spara alla gola. L’uomo è talmente ossessionato da quel corpo inerme che, pur di proteggerlo, spara al buio, colpendo a morte la giovane moglie. Proprio come con Koenig, Evita porta alla follia anche Arancibia, già affetto da instabilità mentale.

L’altro ufficiale che entra in contatto con il corpo di Evita è Milton Galarza, un capitano di artiglieria e secondo in comando del colonnello. È un uomo di trentaquattro anni, sposato, con un figlio. Il capitano viene incaricato per ben due volte di dare una sepultura al cadavere nel cimitero di Monte Grande. In entrambi i casi, avviene un incidente stradale, in cui Evita ne esce illesa, i militari muoiono e Galarza rimane gravemente ferito.

Infine, Galarza viene incaricato di assumere l’identità di Giorgio de Magistris, un vedovo che trasporta il corpo di sua moglie per seppellirlo in Italia. Durante il viaggio in mare, il capitano passa le sue giornate a contemplare il cadavere:

Su único entretenimiento era bajar a la bodega y conversar con Persona.

…Poco después de la medianoche, Galarza llevó el tocadiscos a la bodega, lo dejó bajo el pedestal del ataúd y se acostó en la misma posición de la Difunta… Amaba a Persona, y la odiaba. 30

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.117. 29

Ivi, p.143. 30

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Nel momento della sepoltura della bara nel cimitero di Milano, Galarza viene assalito da sentimenti contrastanti:

Todo se ha terminado, pensó Galarza. No la voy a ver más. Sintió alivio, sintió pena, y los sollozos acudieron sin esfuerzo a su garganta. 31

Anche il capitano, così come il colonnello, il maggiore e il dottore, non riesce ad accettare l’idea di separarsi da quel corpo, che ha creato in lui una forte dipendenza ossessiva.

Abbiamo visto che, sia Galarza che Arancibia subiscono incidenti legati alla veglia o al trasporto del cadavere. Il narratore commenta i fatti in questo modo:

Galarza había quedado fuera de combate quién sabe por cuánto tiempo: treinta y tres puntos en la cara. Un punto por cada año de vida de Evita: era la maldición, clavada. Arancibia, entre tanto, se pudría en la prisón de Magdalena, aislado, con prohibición de hablar o ver a nadie. 32

Infine, vanno menzionati gli ultimi due incidenti: il primo nel novembre 1974, quando il corpo viene trasportato da Madrid a Buenos Aires, il veicolo prende fuoco e le guardie muoiono; il secondo ad ottobre del 1976, quando la bara viene trasferita dalla residenza presidenziale al cimitero della Recoleta, il conducente ha un infarto, i soldati muoiono sul colpo e solo il passeggero che accompagna il guidatore riesce a salvarsi.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.145. 31

Ivi, p.126. 32

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Ovviamente, il corpo di Evita esce miracolosamente illeso da entrambi gli incidenti.

Come abbiamo visto, tutti i personaggi presi in esame, entrando in contatto con il corpo, subiscono gravi danni, siano essi fisici o mentali. E’ come se ci fosse una maledizione legata al contatto con il corpo di Evita. 33

Ad indicarci la strada verso la suddetta maledizione è proprio il colonnello, attraverso i suoi articoli riguardanti il sequestro del cadavere:

Me impresionó saber que los artículos habían sido escritos en el hospital, ya sobre el filo de la muerte. Peor me sentí, sin embargo, al leer el seudónimo que había elegido el Coronel para los cuatro primeros. Los firmaba lord Carnavona, con el nombre del arqueólogo inglés que despertó a Tutankamón de su descanso eterno y pagó esa osadía con la vida. 34

Koenig per firmare i suoi articoli usa come pseudonimo il nome di Lord Carnavon, colui che risvegliò il faraone fanciullo dal sonno eterno. In effetti, è riscontrabile una somiglianza tra la maledizione di Evita e quella legata alla leggenda della scoperta della tomba di Tutankamón. Si racconta che la maledizione del faraone avrebbe colpito tutti coloro che parteciparono alla ricerca e alla scoperta della sua tomba, come castigo per aver violato quel luogo sacro di sepultura. La tomba del sovrano egiziano venne rinvenuta nella Valle dei Re nel 1922, grazie ad una spedizione archeologica finanziata da un nobile inglese, Lord Carnavon, il quale morì cinque mesi dopo la scoperta. Come abbiamo visto, il colonnello Koenig si firma con il nome di Lord Carnavon, paragonandosi così a colui che aveva risvegliato lo spirito del faraone, profanando la sua tomba. Infatti, così

Cfr. Ricardo Gutiérrez Mouat, Aporía y repetición en Santa Evita, “Para no volver a La 33

Mancha”, n °45, 1997, pp. 325-336. T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.32. 34

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come Carnavon aveva interrotto il sonno eterno del sovrano, Koenig non dà degna sepoltura ad Evita. Il faraone, attraverso la sua maledizione, colpisce a morte il suo scopritore, allo stesso modo Evita perseguita coloro che l’hanno resa nomade per molti anni ed hanno profanato i suoi resti mortali.

Il narratore viene avvertito più volte della pericolosità di raccontare la storia tormentata del cadavere:

Toda la gente que anduvo con el cadáver acabó mal… Si va a contar esa historia, debería tener cuidado. Apenas empiece a contarla, usted tampoco tendría salvación. (Parla la vedova del colonnello)

Fue como si estuvieras dentro del cerco de un maleficio. (Parla il fratello di Martínez) 35

Anche il colonnello viene avvisato della cattiva influenza che il corpo ha su di lui:

-Trae mala suerte, la hija de puta -repitió el capitán-. Mire lo que le hizo a usted. Usted ya no es el mismo. 36

In un momento di lucidità, egli stesso si rende conto che non è più la stessa persona:

…el cuerpo del Coronel cambió. Le salieron bolsas oscuras bajo los ojos y unas estrellas de várices en los tobillos…. Qué me puede estar pasando, decía. El 22 de enero voy a cumplir cuarenta y dos años. Un hombre que se vuelve viejo a mi edad es porque no sabe vivir o porque tiene ganas de morir. Yo no tengo ganas de morir. Esa mujer es la que me quiere ver muerto. 37

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp.24, 32. 35

Ivi, p.77. 36

Ivi, p.116. 37

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L’ossessione porta il colonnello ad una degradazione non solo mentale ma anche fisica: il suo corpo invecchia velocemente, su di lui si riversano i segni di tutto quel male che è stato fatto al corpo di Evita.

Attorno a questi personaggi principali ruotano una serie di personaggi secondari, tra i quali troviamo Perón, la madre di Evita, il maggiordomo Renzi, Cifuentes (amico confidente del colonnello), Fesquet (un altro militare appartenente al comando del colonnello), il parrucchiere, Yolanda (la bambina che gioca con il cadavere di Evita pensando che sia una bambola), etc…

Nella narrazione Perón assume un ruolo marginale, non è mai il protagonista delle sue azioni, ma ci viene sempre narrato dagli altri personaggi. Il più delle volte, viene introdotto da Evita per tesserne le lodi, come era solita fare nei suoi discorsi pubblici:

Me enamoré de Perón antes de verlo, por las cosas que hacía.

-…te quiero tanto que lo que siento por vos es una especie de idolatría.

EVITA: Yo no he hecho nada. Todo es Perón. Perón es a patria,

Perón es todo…

“Mi vida no es mía sino de Perón y de mi pueblo, que son mis ideales fijos.” 38

L’amore di Evita per Perón è presente nel testo: Martínez ci porta come prova delle lettere che i due si sarebbero scambiati in occasione del viaggio di Evita in Europa. Anche Perón dimostra un grande affetto per la moglie,

Tomás Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp.16,17,43,7. 38

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sebbene lo manifesti meno e con minor slancio. Nel romanzo non si insiste molto sul rapporto tra Eva e Perón poiché la narrazione si concentra soprattutto sul suo cadavere. Risulta, pertanto, più interessante, il rapporto tra il colonnello Koenig e il corpo imbalsamato, rispetto al legame che unisce Eva al marito. Quella tra il colonnello ed il cadavere è una relazione caratterizzata dall’ossessione e dalla possessività, un legame che porta l’uomo alla follia più totale. Il colonnello, infatti, morirà in preda alle allucinazioni e al delirio.

3.2 L’Odissea di un cadavere

Il romanzo racconta la storia del cadavere di Evita dalla sua scomparsa nel 1955, al suo ritrovamento e alla sepoltura nel cimitero della Recoleta di Buenos Aires nel 1976. Proprio come un detective, il narratore cerca di risolvere l’enigma legato alla scomparsa del cadavere di una delle donne più amate in Argentina. Il testo si presenta come un’indagine, infatti il narratore raccoglie le testimonianze in modo da ricostruire sia la personalità di Evita, sia le tappe del pellegrinaggio del suo corpo imbalsamato.

Nell’arco della narrazione, ad Evita vengono attribuiti svariati appellativi: Ella, Persona, Difunta, Yegua, Loca, la Dama de la Esperanza, la Jefa Espiritual de la Nación. Il colonnello Koenig è solito chiamarla Persona, Perón si rivolge a lei con l’appellativo di Chinita, ed infine la madre Juana la chiama Cholita.

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La storia ha inizio durante gli ultimi giorni di vita di colei che fu definita la guida spirituale della nazione. Evita, ormai vicina alla morte espone le sue ultime volontà a Perón e alla madre:

Lo que no quiero es que la gente me olvide, Juan. No dejés que me olviden.

El último deseo de la difunta fue que ningún hombre tocara su cuerpo indefenso y desnudo, que ningún hombre hablara de su cuerpo, que nadie en el mundo viera la eternidad de su delgadez y de su decadencia. 39

Perón decide di far imbalsamare il corpo della moglie, rispettando in questo modo la sua prima volontà, quella di non essere dimenticata, ma tralasciando completamente la sua ultima richiesta. A proposito di quanto appena detto, Martínez, analizzando il suo romanzo, afferma:

Si bien el último ruego de Evita fue que nadie viera su cuerpo degradado por la enfermedad, deformado por las medicinas, enrarecido por el dolor, la muerte la privó de toda defensa. El cuerpo fue convertido en trofeo. Dejó de ser cuerpo, de ser persona, para ser sólo el objeto oscuro (o luminoso) de un deseo que estaba en todos. 40

Sebbene Evita avesse chiaramente detto al marito che, una volta morta, nessuno avrebbe dovuto toccare il suo corpo dissestato, Perón decide di contattare il dottor Ara per mummificarla. Il trattamento con formaldeide, paraffina, cloruro di zinco e altre sostanze conservatrici, prevede che il corpo senza vita venga maneggiato dall’imbalsamatore, e non solo. Infatti, come afferma Martínez, il cadavere verrà convertito in trofeo e passerà

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp.5,58. 39

T. Eloy Martínez, Réquiem por un país perdido, cit. p.356 40

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nelle mani dei militari del nuovo governo rivoluzionario, diventando un oggetto di desiderio.

In una delle prime immagini che il narratore ci propone, il corpo imbalsamato di Evita pende dal soffitto all’interno di una lastra di cristallo sostenuta da corde trasparenti, al centro di un’enorme sala nera. Milioni di persone, vestite a lutto, si recano a darle l’ultimo saluto; il salone e l’esterno dell’edificio della Confederación General del Trabajo sono gremiti, una processione di persone affronta ore ed ore di attesa. Il corpo rimane esposto per molti giorni, per far sí che tutto il popolo riesca a fargli visita. Dopo il funerale, il cadavere viene deposto al secondo piano della CGT, le cui stanze erano state adibite all’imbalsamazione e alla conservazione di quest’ultimo. Il corpo rimarrà nell’edificio dei lavoratori fino agli ultimi mesi del 1955, quando cade il governo e Perón è costretto alla fuga.

La vicenda vera e propria inizia nel 1955: con la caduta di Perón, infatti, la nuova dittatura militare recentemente insediata al governo teme che il corpo imbalsamato di Evita possa diventare una ‘bandiera’ di speranza per i nuclei peronisti sopravvissuti. A partire dal novembre di quello stesso anno, il cadavere sparisce e nessuno sa dove venga tenuto nascosto. L’indagine di Martínez parte proprio dal sequestro e cerca di ricostruire il percorso del cadavere durante sedici lunghi anni.

Secondo le informazioni che Martínez ci presenta nel testo, il corpo viene spostato senza sosta per evitare che venga localizzato e sottratto dai gruppi di resistenza peronista.

Il corpo vaga per le strade di Buenos Aires e poi in Europa, insieme a lui errano anche le tre copie di cera, vinile e fibra di vetro, che sono state fabbricate per confondere i nuclei peronisti pronti a vendicarsi. A proposito

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delle copie, a distanza di qualche anno dalla pubblicazione del libro, l’autore ci fa una confessione:

Cuando escribí el libro, creía que estaba inventando la existencia de un cadáver con tres copias, porque esas copias me eran necesarias para tejer mi intriga. Cuál no sería mi sorpresa cuando, al presentar la novela en Buenos Aires, un escultor afirmó que él había trabajado, junto a otras dos personas de las que dio el nombre, en la elaboración de esas copias. 41

Anche un elemento apparentemente fittizio come le copie del cadavere sembra avere un fondamento reale. Leggendo il romanzo si ha l’impressione che le copie siano state inserite per rendere più interessante la narrazione, tuttavia in un testo successivo l’autore ci rivela con stupore che, in realtà sono state fabbricate realmente delle copie identiche all’originale. 42

Il narratore menziona per la prima volta le copie del cadavere quando doña Juana si reca dall’imbalsamatore con l’intenzione di portare via sua figlia. Il dottore le mostra prima la vera Evita, situata all’interno del laboratorio, poi si reca con la donna in un’altra stanza:

Lo primero que vio fue a una gemela de su propia hija yaciendo sobra la losa de cristal, tan idéntica que ni Ella misma hubiera sido capaz de parirla. Otra perfecta réplica de Evita estaba tendida sobre unos almohadones de terciopelo negro, a los pies de un sillón en el que una tercera Evita, vestida con el mismo sayal blanco de las demás, leía una tarjeta postal enviada siete años atrás desde el correo de Madrid. 43

T. Eloy Martínez, Réquiem por un país perdido, cit. pp.364,365. 41

Nonostante la confessione, non dobbiamo dimenticare che lo scopo di Martínez è 42

quello di creare la propria verità attraverso la commistione di realtà e finzione. Pertanto, anche gli elementi che l’autore dichiara essere veritieri, possono rivelarsi del tutto menzogneri.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.22. 43

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Pertanto, l’unico che è a conoscenza delle copie è il dottor Ara, il quale decide di condividere il segreto con la madre di Evita. La donna resta esterrefatta e afferma di non riuscire nemmeno lei a distinguere le copie dall’originale. Sarà proprio doña Juana a informare il colonnello Koenig dell’esistenza delle tre copie.

Cosa distingue le copie dal corpo originale? Sono tre gli elementi: il peso, la rigidità e l’odore. Le copie essendo riproduzioni in cera sono più leggere rispetto all’originale, che contiene tutti gli organi. Inoltre, si dice che l’originale emani un aroma di mandorla e lavanda.

Di seguito, cerchiamo di ricostruire il percorso del corpo originale e delle tre copie, così come ce lo racconta l’autore. Nel novembre del 1955 il cadavere, dopo essere stato sottratto alla custodia dell’imbalsamatore, vaga per le strade di Buenos Aires all’interno di un camion militare. Dal 14 dicembre dello stesso anno al 20 febbraio del 1956 il corpo imbalsamato viene nascosto dietro lo schermo del cinema Rialto a Palermo. Dal 22 febbraio al 14 marzo si trova nei depositi militari di Calle Sucre, poi errante in un furgone. Dal 24 aprile fino a luglio, il cadavere viene custodito da Arancibia nella sua soffitta. Nel mese di agosto, il corpo imbalsamato erra per le strade all’interno di un’ambulanza, dopodiché viene depositato nello studio del colonnello. Nel frattempo, le copie, che avevano lo scopo di depistare coloro che volevano impossessarsi del cadavere, vengono seppellite in tre luoghi diversi: la prima è affidata al maggiore Arancibia, il quale è incaricato di sotterrare la bara nel cimitero della Chacarita sotto il falso nome di María M. de Magaldi; la seconda viene seppellita da Fesquet presso la Chiesa di Olivos con il nome di María M. de Maestro; l’ultima bara, sulla quale sono appuntate solo le iniziali, è diretta al cimitero di Flores sotto la custodia del capitano Galarza.

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Con il passare del tempo, come abbiamo visto, il colonnello comincia a mostrare i primi segni di pazzia, legati alla sua ossessione per il cadavere, così un ufficiale decide di denunciarlo. Koenig viene arrestato e tenuto sei mesi in solitudine a nord di Comodoro; una volta libero viene trasferito al comando militare di Bonn. Durante questo periodo, il corpo originale viene custodito nello studio del nuovo Jefe de Servicio de Inteligencia, Tulio Ricardo Corominas, colui che ha sostituito Koenig. Il nuovo capo ordina ai suoi sottoposti di sotterrare una volta per tutte il cadavere:

-

Vamos a enterrar para siempre a la Difunta -dijo-. Le ha llegado la hora.

-

Ya lo hicimos -dijo Galarza-. Quisimos hacerlo más de una vez. No se deja.

-

¿Cómo que no se deja? Está muerta -dijo Corominas-. Es una muerta como cualquier otra. La Orden de San Pablo le ha preparado una sepoltura lejos de acá.

-

De todos modos, quedan las copias del cadáver -apuntó Fesquet-. 44

Il corpo non si lascia sotterrare, afferma Galarza, cosciente del pericolo che rappresenta quello che, secondo il colonnello, è solo un corpo morto.

Secondo gli ordini di Corominas, le tre copie vengono disseppellite e reindirizzate verso una nuova destinazione: la prima dal cimitero di Flores viene mandata a Lisbona, la seconda dal cimitero della Chacarita finisce a Rotterdam, la terza quella che era stata sepolta nel cimitero della chiesa di Olivos, segue un percorso a parte. Fesquet finge di chiamarsi Enno Kóppen e si reca ad Amburgo per consegnare l’ultima copia al colonnello Koenig. Quest’ultimo crede che si tratti del corpo originale, poiché riconosce il simbolo a forma di stella che le aveva inciso dietro l’orecchio. In realtà, il segno era stato scoperto dal dottor Ara, quando Corominas gli aveva

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.140. 44

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mostrato il cadavere affinché controllasse lo stato di conservazione, e di conseguenza era stato riprodotto su una delle copie. Dopo una serie di peripezie , il colonnello riesce finalmente ad impossessarsi di quello che 45

crede sia il corpo originale, lo tiene nascosto in un’ambulanza, finché un giorno decide di seppellirlo. Come luogo di sepoltura sceglie il giardino della casa dei suoi nonni a Eichstátt, in Baviera. Il colonnello crede di aver sotterrato il cadavere originale e quando viene avvisato che in realtà si trattava di una copia, egli non vuole accettare la verità.

Infine, il corpo originale viene affidato a Galarza che, fingendo di essere Giorgio de Magistris, si imbarca per l’Italia. Nel 1957, il cadavere di Evita viene finalmente sepolto nel cimitero di Milano, sotto il falso nome di Maria Maggi de Magistris.

Più volte all’interno della narrazione, il corpo originale di Evita viene confuso con le copie quasi identiche, così come la verità viene confusa con i miti che si sono generati intorno alla sua immagine.

Perché il corpo viene spostato così tante volte? Abbiamo visto che, il cadavere ‘si vendica’ nei confronti dei suoi sequestratori causando incidenti o portando alla follia gli uomini che gli stanno intorno; si tratta di una sorta di maledizione legata all’insepoltura. Tuttavia, i continui spostamenti sono legati anche alla presenza di un gruppo di persone che segue il percorso del corpo imbalsamato e lascia biglietti di minaccia firmati “Comando de la Venganza”. Ad esempio, ad agosto quando il cadavere si trova nell’ambulanza, parcheggiata in calle Paraguay, il Comando annuncia la sua presenza tramite le consuete candele e i fiori:

Dopo il tragitto in barca, il corpo viene portato in un quartiere di prostitute e 45

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…treinta y tres velas chatas que brillaban en hilera, al pie de las fachadas… Dentro de un zaguán encontró una corona fúnebre de alverjillas, pensamientos y nomeolvides, atravesada por una cinta con letras doradas. Resignado, leyó el cas previsible mensaje: Santa Evita, Madre nuestra. Comando de la Venganza. 46

Il comando di vendetta sembra sapere sempre dove si trova il cadavere e per impaurire i militari si fa vivo attraverso dei simboli: le candele e i fiori. Questa volta sono trentatré le candele posizionate, proprio come gli anni di Evita. In altre occasioni, il comando lascia dei veri e propri messaggi di minaccia:

Junto a la caja se arremolinaban unos toscos volantes mimeografiados, con una leyenda explícita: Comando de la Venganza. Y al pie:

Devuelvan a Evita. Déjenla en paz. 47

Abbiamo visto che, il cadavere di Evita, dopo un lungo pellegrinaggio per le strade e svariati soggiorni nei luoghi più disparati, viene finalmente sepolto nel cimitero di Milano. Lì rimarrà fino al 1971, per ben quattordici anni, sepolto in un paese straniero sotto falso nome.

La narrazione non si discosta molto dalla realtà. È noto, infatti, che il dittatore che aveva rovesciato il governo di Perón, Pedro Eugenio Aramburu, nel 1955 ordinò ad un comando di militari di sequestrare il cadavere di Evita. Da quel momento si susseguirono una serie di spostamenti del cadavere che andarono a disegnare un itinerario macabro. Quando il colonnello Moori Koenig fu deposto, Aramburu affidò a Héctor Cabanillas il compito di seppellire definitivamente il cadavere. La cosiddetta Operación Traslado fu progettata dal tenente colonnello Agustín

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.118. 46

Ivi, p.89. 47

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Lanusse, con l’aiuto di un sacerdote. Il 23 aprile 1957 il corpo fu imbarcato sulla nave Conte Biancamano, con destinazione Genova. La bara, sulla quale era inciso il nome di Maria Maggi de Magistris, fu sotterrata quello stesso anno nel cimitero maggiore di Milano. Nel 1970 il movimento montonero rapì Aramburu, esigendo la restituzione del corpo di Evita. Nel settembre del 1971, il generale Lanusse, divenuto ormai dittatore, ordinò a Cabanillas di riportare il corpo di Evita a Perón, che si trovava in esilio a Madrid. I resti mortali di Evita faranno ritorno in Argentina solo nel 1974, con la presidenza di María Estela Martínez, terza moglie del generale Perón. Il 17 novembre 1974 le spoglie furono deposte nella Residencia de Olivos e proprio lo stesso giorno fu ritrovato il corpo senza vita di Aramburu. Nel 1976, il cadavere di Evita fu consegnato alla famiglia Duarte, che decise di sotterrarlo nella cappella di famiglia presso il cimitero della Recoleta di Buenos Aires, dove risiede tutt’oggi.

La condanna a vagare persino da morta in un’eternità penosa ricorda la sorte che subirono i desaparecidos durante la dittatura dei militari argentini (in particolare quella di Videla), tra il 1976 e il 1983, e che rischiò lo stesso Eloy Martínez, esiliato per sette anni a Caracas.

Tornando al romanzo, alcuni capitoli assumono una loro autonomia: la storia di Emilio, il padre di un amore perduto di Martínez, che racconta all’autore di aver conosciuto Eva nel 1943 e gli svela un aborto segreto che avrebbe subito la donna; la storia di Yolanda, che rievoca una sua estate di bambina trascorsa dietro lo schermo del cinema, dove lavorava il padre, a giocare con una grande bambola che sembrava vera.

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Martínez ci racconta dei dettagli ‘inediti’ del viaggio post-mortem di Evita , tuttavia narra anche gli episodi più importanti della sua vita, 48

attraverso le testimonianze raccolte. Tralasciando gli avvenimenti più conosciuti della vita di Eva, che sono stati già esposti nella biografia, si porta ad esempio uno degli episodi meno conosciuti, che riguarda un incidente che avrebbe subito da bambina. Nelle ultime pagine del suo romanzo, Eloy Martínez ci racconta che, una mattina del 1923, quando aveva solo quattro anni, incuriosita dallo sfrigolìo dell’olio bollente, la piccola Eva si avvicina alla pentola e quest’ultima le cade addosso ricoprendole tutto il corpo di quel liquido incandescente. La bambina viene curata e bendata, ciononostante l’infermiera avverte la madre che il corpo rimarrà segnato da numerose cicatrici. Dopo una settimana le vengono tolte le fasciature, e al posto delle cicatrici la madre scopre con grande sorpresa una pelle sottile, lucida, simile all’alabastro. Pertanto, la pelle bianchissima di Evita, che ha fatto innamorare molti uomini, sarebbe il frutto di un incidente. Non solo Eva è sopravvissuta e non ha riportato segni sul suo corpo, ma addirittura l’olio bollente ha reso la sua pelle ancora più bella. Quest’ultima è un elemento molto importante anche da morta: più volte ci viene detto che la sua pelle bianca, traslucida, che lascia intravedere i vasi sanguigni, ha potere seduttivo nei confronti degli uomini.

Tornando al tema centrale del romanzo, il corpo di Evita viene definito pericoloso e indifeso allo stesso tempo:

…esa mujer es todavía más peligrosa que cuando estaba viva.

In effetti, si tratta di un vero e proprio viaggio sulle orme del passato: il corpo di Eva 48

ritorna senza vita in Europa, esattamente dieci anni dopo il suo primo viaggio ufficiale (nel 1947 era stata inviata da Perón a fare visita ad alcuni stati europei).

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Ahora que está indefensa se lo van a hacer pagar. 49

È palese che un cadavere venga definito indifeso, risulta invece al quanto insolito l’uso dell’aggettivo ‘pericoloso’. Come può un corpo senza vita essere dannoso? Esso non ha più la possibilità di colpire fisicamente le persone, ma può rimanere vivo nella mente della gente.

L’imbalsamatore, parlando con la madre Juana, afferma:

Viva, su hija no tenía par, pero muerta ¿qué importa? Muerta, puede ser infinita.50

Il dottor Ara crede che le potenzialità di Evita da morta superino di gran lunga quelle che possedeva in vita. Grazie alla tecnica dell’imbalsamazione, il suo corpo verrà conservato intatto e, pertanto, la sua fisicità non verrà dimenticata. Potrebbe esserci, in questa frase, anche un’allusione alle parole attribuite erratamente ad Evita: “Volveré y seré millones”.

Il corpo di Evita diventerà un simbolo per il popolo argentino: non è solo il corpo di una donna, ma anche il corpo di un’intera nazione:

Quien tenga a la mujer, tiene al país en un puño…

…es un cuerpo demasiado grande, más grande que el país. 51

Il corpo di Eva Perón condensa le speranze frustrate di un’intera nazione e lo stesso odio rivolto verso il suo cadavere non è altro che l’ostilità che il popolo ha verso se stesso e che ha reindirizzato verso quel corpo inerme.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp.10,19. 49

Ivi, p.22. 50

Ivi, pp.14,64. 51

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Allo stesso tempo, i militari cercano di dominare quel corpo che oppone loro resistenza, dimostrando verso di esso una sessualità necrofila. In questo modo, il corpo di Eva diventa una sorta di oggetto/calamita che attrae su di sé il potere e al contempo gli oppone resistenza. Il corpo di Eva è un luogo simbolico dove si disputa una lotta per il potere politico ma anche sessuale. Il potere patriarcale utilizza l’aggressività e il dominio necrofilo 52

per provare a possedere quella “yegua que no se deja domar”, per 53

controllarla, per sottometterla. Possedere il cadavere e averne pieno controllo significa riuscire a dominare l’intero paese.

Come vedremo nell’ultima parte di questo capitolo, Rodolfo Walsh gioca un ruolo importante all’interno del romanzo e in particolare sul finale. Quest’ultimo appare come personaggio, il quale ci racconta alcuni avvenimenti legati alle vicende del cadavere e alla follia del colonnello Koenig.

Alla fine del romanzo, il narratore incontra tre militari che avevano 54

collaborato al sequestro e alla restituzione del cadavere di Evita. L’ultimo dialogo risale al 1989. Uno dei tre, il colonnello Corominas, afferma che non furono mai esistite copie, che ci fu un solo corpo, il quale fu sepolto a Milano. A conferma di quanto detto, il colonnello mostra a Martínez l’atto che Perón firmò quando ricevette il corpo e il titolo della proprietà della tomba. In seguito alle prove mostrate, il colonnello afferma che la tomba è sua, o almeno è stata sua.

Cfr. Viviana Paula Plotnik, Cuerpo femenino, duelo y nación: un estudio sobre Eva 52

Perón como personaje literario, Buenos Aires, Corregidor, 2003.

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.120. 53

Il colonnello Corominas, un certo Maggi, che verosimilmente potrebbe essere uno dei 54

militari che sequestrò il corpo ed infine, Jorge Rojas Silveyra, colui che si occupò di restituire il cadavere a Perón.

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Anche il colonnello Corominas è ossessionato dalla volontà di possedere quel corpo, tuttavia, il narratore afferma che il cadavere non è mai stato di nessuno poiché è stato di tutti. Infine, il colonnello ammette che il corpo di Evita non è più di nessuno poiché ha finalmente trovato un luogo dove riposare.

Le parole che chiudono il testo sono molto significative:

Desde entonces, he remado con las palabras, llevando a Santa Evita en mi barco, de una playa a otra del ciego mundo. No sé en qué punto de relato estoy. Creo que en el medio. Sigo, desde hace mucho, en el medio. Ahora tengo que escribir otra vez. 55

Sul finale si ha una similitudine tra il narratore e Caronte: così come il traghettatore infernale aveva il compito di trasportare le anime dannate da una riva all’altra dell’Acheronte, anche Martínez con la sua barca trasporta Evita dalla sponda della vita a quella della morte. Riprendendo la definizione di Virgilio, l’autore chiama l’inferno cieco mondo perché è il regno dell’oscurità, è un luogo dove il sole non batte mai. Il riferimento dantesco rispecchia perfettamente quello che è il nucleo del romanzo: la seconda vita di Eva Perón, ovvero l’avventura del suo cadavere. Il romanzo si conclude in medias res: il narratore non sa più in che punto della storia si trova e afferma che dovrà riscrivere di nuovo . 56

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.167. 55

La frase finale verrà analizzata approfonditamente nelle prossime pagine. 56

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3.3 I rapporti intertestuali

Partendo dall’affermazione di Borges, secondo la quale tutto è stato già scritto, ci accingiamo a considerare un’opera letteraria come “l’intreccio di diversi testi, codici e discorsi, in altri termini come inter-testualità” . Lo 57

studio dell’intertestualità, intesa come relazione tra testi, è stato al centro di un acceso dibattito a partire dagli anni Sessanta. Il concetto di intertestualità è stato introdotto da Julia Kristeva nella seconda metà del secolo passato. Secondo la studiosa franco-bulgara tra i testi letterari esiste una vera e propria interazione, infatti essi non sono entità autonome, bensì delle unità legate tra loro attraverso una rete di citazioni. I contributi teorici sull’argomento sono stati numerosi, tuttavia tra i più significativi troviamo quelli di Roland Barthes e Gérard Genette. Il primo studia il rapporto tra i testi, focalizzandosi maggiormente sul ruolo dell’autore e mettendone in discussione l’importanza. Il secondo, invece, incentra il suo lavoro sulla classificazione delle tipologie di transtestualità, tra le quali troviamo innanzitutto l’ipertestualità e l’intertestualità.

Sostanzialmente, il rapporto di interazione tra i testi è rintracciabile attraverso dei particolari ‘segni’ che un testo lascia all’interno di un altro. Secondo la tassonomia genettiana , esistono varie forme di ‘ripresa’ 58

intertestuale: la citazione, l’allusione, il plagio.

Santa Evita è un romanzo permeato da rapporti intertestuali e non solo: in prima analisi, infatti, viene tracciato anche un legame ipertestuale con la fonte. La principale fonte del romanzo è il racconto Esa mujer di Rodolfo

A. Bernardelli, Intertestualità, Milano, La Nuova Italia, 2000, p.1. 57

Cfr. Gérard Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado (traduzione di 58

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Walsh. Tenendo conto della struttura e dei temi trattati, molti studiosi arrivano addirittura ad affermare che Santa Evita non è altro che la dilatazione del racconto di Walsh.

Esa mujer (1965) si riferisce “a un episodio histórico, que todos en la Argentina recuerdan. La conversación que reproduce es, en lo esencial, verdadera.” 59

In questo racconto si ricrea il dialogo realmente avvenuto tra Walsh e il colonnello Moori Koenig, il quale diresse l’operazione militare che sequestrò il cadavere di Evita nel 1955. Il racconto non contiene né il nome del colonnello, né quello di Evita, la quale viene nominata, a partire dal titolo, con l’epiteto anti-peronista “esa mujer”. Lo scopo della conversazione è per entrambi quello di ottenere informazioni: il giornalista vuole scoprire dove si trova il cadavere della donna (nel 1965 ancora non era stato ritrovato il corpo di Eva), mentre il colonnello desidera alcune carte che il suo interlocutore potrebbe possedere.

Come fa notare Viviana Plotnik nel suo studio, è ricorrente l’uso della metonimia per alludere alla donna:

Por ejemplo, se menciona que a una figura de porcelana policromía, una pastora con un cesto de flores, “le falta un bracito”. El Coronel la saca de una vitrina y “se pierde entre sus dedos repentinamente tiernos”. De esta manera se alude a que igual que la pastora de porcelana, Eva Perón se ha perdido entre los dedos del Coronel. Ya que la pastora está mutilada se infiere la posibilidad de que a Eva Perón le haya ocurrido lo mismo. De esta manera, la vulnerabilidad de ese objeto de porcelana que está en manos del Coronel se puede

Rodolfo Walsh, Obra literaria completa, Madrid, Siglo Veintiuno Editores, 1985, nota 59

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transferir a Eva Perón. De hecho, el Coronel luego afirma que a ésta le cortaron un dedo para verificar su identidad. 60

In effetti, Walsh, attraverso l’utilizzo di questa tecnica, trasferisce le caratteristiche di Eva agli oggetti della stanza, in modo da raccontare indirettamente ciò che è avvenuto.

L’incontro avviene nel dipartimento del colonnello, un luogo chiuso che si fa sempre più lugubre man mano che il dialogo avanza. Nell’arco della conversazione, appaiono una serie di indizi che rivelano fatti storici, i quali offrono le indicazioni necessarie per capire che il corpo sequestrato di cui si parla è quello di Evita. Il dialogo tra i due uomini è caratterizzato da eufemismi e frasi incomplete, oltre che dal contrasto tra il narratore, che osserva distaccato e il colonnello, che rivela una vasta gamma di emozioni, in una escalation di ira, nostalgia, malinconia e angoscia. Il colonnello si presenta come una vittima, infatti è oggetto di persecuzioni e minacce. Tuttavia, dichiara di essere stato frainteso perché, con il suo operato, ha salvato il corpo di Eva dalle mani dell’imbalsamatore, un uomo malato che si era innamorato del cadavere. Le dichiarazioni del colonnello, però, non sono molto attendibili poiché si tratta di un uomo che ha perso la propria stabilità mentale, infatti passa dal riso al pianto nel giro di pochissimo tempo e non riesce a rinunciare all’alcool.

L’immagine di Eva che emerge da questo racconto è duplice: da una parte è una dea, una vergine, una regina, dall’altra è “un macho” come Facundo Quiroga (viene sotterrata in piedi dal colonnello). Questo accostamento di Eva con l’immagine del dittatore implica un esplicito riferimento alla barbarie, tema, che come abbiamo potuto constatare, è stato

Viviana Paula Plotnik, Cuerpo femenino, duelo y nación: un estudio sobre Eva Perón 60

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affrontato da molti autori. Il racconto si conclude con il giornalista, che non riesce a svelare il mistero del cadavere di Evita e il colonnello, che rivela la sua ossessione per quel corpo, attraverso le ultime parole: “Esa mujer es mía” . 61

Questo testo ricopre una certa rilevanza perché, così come Santa Evita, espone i due aspetti fondamentali che, secondo Eloy Martínez, si condensano nel corpo di Eva: il desiderio politico e il desiderio sessuale. Martínez si orienta per la scrittura del suo romanzo a partire da quel racconto di appena quattro pagine scritto trent’anni prima rispetto a Santa Evita, riprendendo molti elementi e ampliandoli. Possiamo citare, ad esempio, la ricerca del corpo imbalsamato, la dipendenza dall’alcool e la follia alla quale giungerà il colonnello, lo strano rapporto che intrattengono con il cadavere sia Moori Koenig che il dottor Ara, il fatto che il colonnello dichiari di aver seppellito il corpo in Germania e che si rivolga ad Eva come se si trattasse di una donna viva.

Nel 1977 Rodolfo Walsh fu catturato dagli uomini del generale Videla, ucciso e buttato in un fiume. Il suo corpo non fu più ritrovato. Sulla sua morte è stato calato un velo di mistero, tuttavia essa è facilmente ricollegabile ai contrasti che lo scrittore ebbe con la classe dirigente, responsabile delle numerose sparizioni avvenute nell’Argentina degli anni Settanta. Eloy Martínez, si volta all’indietro per continuare quell’indagine e rivelare quello che Walsh non potrà mai più raccontare.

Nel capitolo tredicesimo di Santa Evita, l’autore racconta del suo incontro con Walsh:

R. Walsh, Esa mujer, cit. p.171. 61

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A fines de los años sesenta, el misterio del cuerpo perdido era una idea fija en la Argentina… Ella volverá y será millones, escribían en lo muros de Buenos Aires.

Yo vivía en Paris por aquellos años y fue ahí donde una mañana de agosto encontré a Walsh por casualidad. 62

Si tratta di un incontro realmente avvenuto, in cui i due scrittori avrebbero parlato di come mettersi alla ricerca del cadavere perduto. Dopo aver discusso della recente morte del colonnello Koenig, i due pensano che il cadavere possa essere nascosto a Bonn; così, Martínez propone di andare a cercare il corpo, tuttavia Walsh non è intenzionato a proseguire quell’indagine che aveva iniziato molti anni prima. Nel mezzo della conversazione viene introdotto un elemento importante: una foto del corpo imbalsamato di Evita, che il colonnello, attingendo dalla sua collezione di oltre un centinaio di foto, avrebbe dato a Walsh. Il narratore gli domanda perché non avesse mai venduto quella foto che gli avrebbe sicuramente fruttato molti soldi. Walsh risponde: “Esa mujer no es mía.” Le parole con 63

cui Walsh rifiuta la proposta di Martínez sono una citazione indiretta della frase pronunciata dal colonnello alla fine del racconto: “Esa mujer es mía.” Si tratta di quella che Genette ha definito allusione di tipo 64

celebrativo, ovvero la ripetizione di una frase o enunciato nascosta nel testo ospite, con l’aggiunta di una variazione rispetto al significato originario. Martínez riprende l’ultima frase del racconto, aggiunge la negazione e cambia il soggetto parlante, facendola pronunciare proprio a Walsh. Quest’ultimo dichiara di non aver venduto la fotografia perché si tratta di

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.129. 62

Ivi, p.131. 63

R. Walsh, Esa Mujer in Obra literaria completa, Madrid, Siglo Veintiuno Editores, 64

(39)

un oggetto che non gli appartiene, pertanto, non potendo guadagnare con qualcosa che non è di sua proprietà ha deciso di tenerlo con sé. Eloy Martínez, facendo pronunciare le parole del colonnello a Walsh, ne rovescia completamente il significato, liberando l’essenza di Evita da quella possessività degli uomini che ha reso il suo corpo prigioniero per anni.

Nell’arco della narrazione viene più volte citato il racconto di Walsh , 65

mostrando in tal modo l’intenzione di Eloy Martínez di rendere omaggio all’opera dello scrittore suo compatriota.

Abbiamo visto che i temi del racconto, sebbene in maniera meno particolareggiata per ovvi motivi di spazio, sono gli stessi del romanzo. Nel racconto di Walsh, che narra la conversazione tra il giornalista e il colonnello avvenuta negli anni Sessanta, Koenig è, ormai, un uomo folle, ubriaco e sotto costanti minacce. L’elemento della minaccia ritorna, insieme alla follia e all’alcolismo, nel romanzo di Martínez:

“Si te vemos con Ella te arrancamos los huevos”, decían las voces. Nunca eran las mismas. “¿Por qué no la dejás en paz?”, repetían las cartas. “Te seguimos día y noche. Sabemos que donde estés vos va a estar Ella”. Le daban órdenes: “Te damos hasta el 17 de octubre para entregar el cuerpo a la CGT”. 66

Il colonnello di Martínez trova lettere minatorie e riceve telefonate anonime, proprio come il colonnello di Walsh:

- Cambié tres veces el número de teléfono. Pero siempre lo averiguan. - ¿Qué le dicen?

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. pp.23,25,129,130,131,161. 65

Ivi, p.117. 66

(40)

- Que a mi hija le agarre la polio. Que me van a cortar los huevos. Basura. 67

Il nostro scrittore, per rendere ancora più inquietante e ossessiva la persecuzione subita dal colonnello in quegli anni, attribuisce un’identità, seppur misteriosa (Comando de la Venganza), a quelle persone che lo minacciano, promettendo di vendicarsi in nome di Evita.

Dopo aver narrato l’incontro con la vedova del colonnello, il narratore racconta la sua ricerca negli archivi sperando di trovare del materiale per scrivere il romanzo:

El propio Rodolfo Walsh deslizó algunas pistas en “Esa mujer”, al mencionar los infortunios de dos oficiales de Inteligencia: “Oí decir”, insinúa Walsh, “que el mayor X mató a su esposa y el capitán N quedó con la cara desfigurada por un accidente”. 68

La vedova del colonnello Koenig racconta una serie di incidenti che coinvolsero coloro che si avvicinarono al cadavere negli anni in cui era nomade. Così come il narratore del racconto, anche quello del romanzo descrive gli infortuni di cui furono vittime molti militari incaricati di nascondere il cadavere.

Questi sono solo alcuni dei tanti esempi che dimostrano lo stretto rapporto che intercorre tra i due testi, talvolta Martínez fa uso di citazioni, altre volte ricorre ad allusioni indirette, resta il fatto che i due testi sono in costante comunicazione.

Tuttavia, il legame che unisce Santa Evita a Esa mujer va ben oltre il semplice rapporto intertestuale poiché il suddetto racconto non è solo un

R. Walsh, Esa mujer, cit. p.169. 67

T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.25. 68

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