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Il solutore fluidodinamico
La struttura di questo capitolo è divisa in cinque parti: 1) descrizione del modello aerodinamico adottato; 2) descrizione delle scelte operate in termini di algoritmi di calcolo;
3) discretizzazione temporale;
4) esposizione delle scelte operate in termini di imposizione delle condizioni al contorno,
5) descrizione della griglia di calcolo.
3.1 Introduzione
Ogniqualvolta si intraprenda lo studio di fenomeni aeroelastici la modellazione del sottosistema aerodinamico rappresenta forse il punto più delicato nella rappresentazione del sistema. In particolare, nel caso da noi trattato, la necessità di stimare nella maniera più precisa possibile i carichi agenti sulla struttura reca con sé una serie di complicazioni dovute all’essenza non lineare dell’aerodinamica transonica. Come accennato nel capitolo 1 infatti, l’analisi di fenomeni di ciclo limite come il buzz, richiede una descrizione quanto più precisa possibile dell’ubicazione degli urti e della loro dinamica nonché, eventualmente, della loro interazione con lo strato limite.
Sebbene il sistema di equazioni di Navier-Stokes, unitamente ad opportune condizioni al contorno, sia in grado di descrivere in modo completo il campo di moto, la sua risoluzione numerica non è ancora praticabile dal punto di vista ingegneristico a causa degli onerosi costi computazionali ad essa associati. Da ciò deriva la necessità di affidarsi a modelli e teorie semplificate che permettano di ridurre i tempi di calcolo pur mantenendo una buona descrizione del sistema. Una delle maggiori complicazioni a questo riguardo è rappresentata dalla presenza della turbolenza. La risoluzione delle equazioni di Navier-Stokes per un flusso turbolento risulta infatti impraticabile a causa della natura ellittica, non lineare e accoppiata delle equazioni. A ciò va aggiunto il fatto che un flusso di questo tipo, oltre ad essere caotico, diffusivo e dissipativo, è caratterizzato da un numero infinito di scale di moto. I flussi turbolenti sono inoltre
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fortemente influenzati dalla presenza delle pareti, infatti, oltre alla condizione di non scorrimento che dovrà essere soddisfatta dal campo di velocità medio, lo smorzamento viscoso ridurrà la componente tangenziale della velocità di fluttuazione mentre l’effetto di bloccaggio esercitato dalle pareti ne ridurrà la componente normale. Spostandosi invece verso la parte più esterna dello strato limite turbolento si avrà un forte aumento della turbolenza dovuto ai grandi gradienti di velocità media del flusso. Da quanto detto risulta quindi evidente l’importanza di una buona modellazione della turbolenza in prossimità delle pareti in quanto è in queste zone che le variabili del flusso sono soggette ai gradienti più forti e vengono trasportate più vigorosamente.
3.2 Modello aerodinamico
In questa prima parte del capitolo descriveremo il modello aerodinamico utilizzato nelle simulazioni dirette effettuate con il solutore fluidodinamico commerciale Ansys Fluent 12.0. Ci concentreremo in particolare sul modello di turbolenza scelto per poi concludere questa sezione con una breve descrizione della formulazione ALE.
3.2.1 Equazioni fondamentali
Il campo fluidodinamico è come noto descritto in maniera completa dalle equazioni di Navier-Stokes, un set di equazioni differenziali alle derivate parziali non lineari che regolano la conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia [21][22][23].
L’equazione scalare che descrive la conservazione della massa per un fluido in movimento prende il nome di equazione di continuità ed esprime la relazione esistente tra la variazione temporale della massa di fluido contenuta in un generico volume di controllo e il flusso di massa attraverso la superficie che lo racchiude:
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dove e rappresentano rispettivamente la densità e la velocità del fluido.
L’equazione di conservazione della quantità di moto altro non è se non l’applicazione della seconda legge di Newton al moto di un fluido. Questa equazione vettoriale lega quindi la variazione della quantità di moto all’interno di un volume di controllo alle forze di superficie e di volume che agiscono su di esso:
dove si è indicato con la pressione del fluido, con la parte anisotropa del tensore degli sforzi e con le generiche forze di volume.
L’equazione di bilancio dell’energia infine rappresenta semplicemente la formulazione del Primo Principio della Termodinamica applicata al moto del fluido:
dove è l’energia totale per unità di massa, somma dell’energia interna e dell’energia cinetica per unità di massa, e è il vettore flusso di calore.
Le relazioni (3.1), (3.2) e (3.3) costituiscono un set di 5 equazioni scalari in 15 incognite che necessitano di essere completate da opportune equazioni costitutive. Di queste, due saranno equazioni di stato che, per un gas perfetto e caloricamente perfetto, corrispondono a:
con energia interna per unità di massa, calore specifico a volume costante e temperatura del fluido. A queste va aggiunta la legge di Fourier che lega il flusso di calore al gradiente di temperatura:
con conducibilità termica, e un’equazione costitutiva che leghi il tensore degli sforzi viscosi al tensore velocità di deformazione:
- 42 - con viscosità dinamica e delta di Kronecker.
Per completare la descrizione del sistema di equazioni di Navier-Stokes sarà infine necessario specificare un opportuno set di condizioni iniziali e al contorno.
3.2.2 Modellazione della turbolenza
Come accennato in precedenza, i problemi maggiori nella risoluzione delle equazioni di Navier-Stokes si riscontrano qualora sia necessario includere gli effetti della turbolenza nella modellazione del comportamento del fluido. I flussi turbolenti sono infatti caratterizzati da fluttuazioni del campo di velocità che tendono a mescolare le quantità trasportate come la quantità di moto, l’energia e la concentrazione delle differenti specie eventualmente presenti nel fluido, provocandone a loro volta la fluttuazione. Queste oscillazioni sono spesso associate a scale spaziali molto piccole e a frequenze elevate che rendono le simulazioni dirette eccessivamente onerose in termini di risorse e tempi di calcolo. Pertanto, ai fini di una simulazione CFD, si rende necessario sostituire le equazioni “esatte” di Navier-Stokes con un set di equazioni mediate che risulti computazionalmente più leggero [23][24].
Equazioni Mediate di Reynolds
L’approccio scelto in questo lavoro per la modellazione della turbolenza prevede la formulazione del problema fluidodinamico mediante le equazioni RANS (Reynolds-Averaged Navier-Stokes) le quali permettono di descrivere le leggi di trasporto all’interno del fluido modellando l’intero intervallo di scala della turbolenza.
Il flusso turbolento è caratterizzato da un moto caotico, irregolare, 3D e instazionario, pertanto, l’approccio generalmente seguito nella modellazione della turbolenza, consiste nell’assumere un moto casuale e nell’adottare un trattamento statistico del problema. Nel 1895 Reynolds introdusse l’idea che il vettore velocità per un flusso turbolento potesse essere rappresentato tramite la somma di un termine fluttuante e di un termine medio. Più in generale, ogni quantità scalare caratteristica del flusso
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(pressione, densità, componenti del vettore velocità, etc.), può essere decomposta nel suo valor medio più un termine di fluttuazione :
dove il valor medio rappresenta una media di insieme ovvero il valor medio, in un determinato punto e in un dato istante, che si otterrebbe risolvendo le equazioni di Navier-Stokes più volte e mediando le diverse realizzazioni ottenute:
Le equazioni di continuità e di bilancio della quantità di moto possono quindi essere riscritte (in notazione tensoriale) operando, per tutte le variabili del flusso, una scomposizione del tipo appena illustrato e mediando le relazioni così ottenute:
dove, per semplicità di notazione, si sono omessi i segni di media su tutte le variabili del flusso fatta eccezione che per l’ultimo termine. Le relazioni (3.10) (3.11) sono comunemente note come RANS e, a meno dell’ultimo termine sulla destra, risultano formalmente uguali alle corrispondenti equazioni di Navier-Stokes istantanee. Il termine è detto tensore degli sforzi di Reynolds e la sua divergenza rappresenta l’effetto della turbolenza sul campo di moto medio.
Per quanto riguarda invece l’equazione di bilancio dell’energia totale avremo:
con:
dove e rappresentano, rispettivamente, la somma della viscosità molecolare e turbolenta e della conducibilità termica molecolare e turbolenta.
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Nel caso di flusso comprimibile le variabili del flusso sono mediate rispetto alla massa e la scomposizione effettuata prende il nome di decomposizione di Favre:
dove:
Le equazioni derivanti risultano ancora formalmente uguali a quelle di Navier-Stokes a meno questa volta di un termine pari a:
La comparsa nelle equazioni del tensore degli sforzi di Reynolds, eventualmente mediato secondo Favre, comporta l’introduzione nel sistema di altre 6 incognite rendendo così necessario l’utilizzo di ulteriori equazioni per modellare gli effetti della turbolenza. I modelli generalmente usati a questo scopo si dividono in modelli del primo ordine (a 0, 1 o 2 equazioni) e del secondo ordine (modello degli sforzi algebrici e modello degli sforzi di Reynolds). I modelli del secondo ordine sono più complessi in quanto richiedono l’utilizzo di un gran numero di equazioni differenziali alle derivate parziali e risultano di conseguenza particolarmente dispendiosi. Nel presente lavoro si è scelto di procedere alla modellazione della turbolenza mediante un modello del primo ordine ad un equazione noto come Modello di Spalart-Allmaras.
Modello di turbolenza di Spalart-Allmaras
I metodi del primo ordine sono basati sull’analogia tra flusso laminare e turbolento e sono comunemente detti modelli a viscosità turbolenta. L’idea di base è che il campo medio turbolento sia simile al corrispondente campo laminare. Questa assunzione, nota come ipotesi di Boussinesq, ci permette quindi di esplicitare il tensore degli sforzi di Reynolds tramite la relazione:
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dove e corrispondono rispettivamente alla viscosità e all’energia cinetica turbolente e non rappresentano proprietà del fluido bensì variano da flusso a flusso. Quello di Spalart-Allmaras è sostanzialmente un modello a un’unica equazione in cui la relazione utilizzata per la modellazione del campo consiste essenzialmente in un’equazione di trasporto per la turbolenza[25][26]. Il modello di Spalart-Allmaras rappresenta un’evoluzione del modello proposto da Nee-Kovasznay [27] specificamente sviluppato per la modellazione dei flussi aerodinamici.
Data una generica quantità trasportabile , la legge che ne regola il trasporto può essere in generale espressa uguagliandone la derivata totale alla somma di un termine diffusivo e della differenza tra produzione e distruzione dello scalare stesso:
La variabile di cui si descrive la legge di trasporto è , la quale, nelle regioni che non sono soggette a forti effetti viscosi, ovvero lontano dalle pareti, rappresenta la viscosità cinematica turbolenta. Vicino alla parete invece si assume che la segua un andamento lineare. Risolta l’equazione (3.14) si potrà quindi ricavare il tensore degli sforzi di Reynolds una volta calcolata la viscosità turbolenta tramite la relazione:
dove la funzione di smorzamento viscoso è data da:
e è per definizione uguale al rapporto tra la e la viscosità cinematica molecolare. Per quanto riguarda invece questa è una delle tante costanti che sarà necessario introdurre per definire e adimensionalizzare i diversi termini dell’equazione di trasporto.
La legge di diffusione di uno scalare è generalmente data da un espressione del tipo:
con coefficiente di diffusione. Nel modello di Spalart-Allmaras questa relazione viene modificata tramite l’aggiunta di un termine diffusivo non conservativo:
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dove e sono costanti e è il coefficiente di viscosità molecolare. Il primo termine a secondo membro della (3.16) corrisponde ad una legge di diffusione classica per la quale si è assunto che un moto turbolento si diffonda da sé ovvero che il coefficiente di diffusione sia pari a:
La viscosità cinematica può essere vista come “l’abilità di un flusso turbolento di trasportare quantità di moto. Questa abilità deve essere direttamente collegata al livello di attività e quindi all’energia turbolenta”[27]. Sulla base di queste argomentazioni si può definire la produzione di turbolenza analogamente alla produzione di energia turbolenta assumendo che questa debba aumentare monotonicamente con la vorticità media e con la viscosità totale. In definitiva si pone:
con:
dove e sono due costanti, è una misura scalare del tensore di deformazione, è la distanza dalla parete e è dato dalla relazione:
Partendo dall’osservazione che nei flussi aerodinamici la turbolenza si sviluppa là dove c’è vorticità, Spalart e Allmaras legarono lo scalare al tensore di vorticità media
:
con:
La distruzione della viscosità turbolenta ha luogo in prossimità delle pareti a causa degli effetti di bloccaggio e di smorzamento viscoso generati dalle pareti stesse.
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Partendo sempre dall’assunzione che la viscosità turbolenta sia direttamente collegata all’energia turbolenta, si può stabilire una similitudine tra il decadimento di tale energia e la distruzione della viscosità turbolenta. Il rateo di decadimento dell’energia turbolenta può, un po’ rozzamente, essere approssimato tramite la relazione:
Analogamente, per la distruzione di viscosità turbolenta , si può scrivere:
con:
e dove , e sono come al solito costanti. In definitiva si può scrivere la legge di trasporto come:
dove rappresenta un termine di sorgente definito dall’utente.
Nell’ambito del lavoro svolto sono state lasciate, per il modello di turbolenza, le impostazioni di default di Fluent riassunte nella tabella (3.1).
0.1355 0.622 7.1 0.3 2 0.4187
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3.2.3 Formulazione ALE
La simulazione di fenomeni aeroelastici come quello trattato in questo lavoro richiede la soluzione del campo fluido in un dominio computazionale la cui forma viene continuamente modificata per tener conto delle deformazioni strutturali. La griglia fluidodinamica, necessaria a risolvere numericamente le equazioni della dinamica dei fluidi, dovrà quindi deformarsi in funzione delle variazioni delle condizioni al contorno. Lo studio di fenomeni di interazione tra fluido e struttura comporta quindi delle complicazioni in quanto le equazioni strutturali sono definite in un sistema di coordinate Lagrangiano in cui i nodi della griglia strutturale si spostano con l’avanzare della soluzione mentre le equazioni fluide sono definite rispetto a un sistema di coordinate Euleriano in cui il flusso si muove attraverso una griglia stazionaria. Diventa pertanto necessario riformulare le leggi fluide in modo da tener conto dello spostamento e della deformazione della griglia. Si utilizza a questo scopo una formulazione delle leggi di conservazione in cui i volumi di controllo si deformino con velocità arbitraria. Tale approccio prende il nome di formulazione ALE (Arbitrary Lagrangian Eulerian) [28]. Nella derivazione delle leggi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia, il passaggio da un sistema descrittivo Lagrangiano ad uno Euleriano è effettuato mediante il teorema del trasporto di Reynolds, la cui espressione, per un generico scalare , è data da:
dove rappresenta la velocità con cui si muove il bordo di e è il volume di controllo fisso che coincide istantaneamente con . Le equazioni (3.1), (3.2) e (3.3) sono state tutte ricavate nel caso in cui la velocità del bordo coincida con la velocità del fluido. Se però si utilizza un volume di controllo il cui contorno si muove con velocità arbitraria si avrà:
dove però questa volta non coinciderà più con la velocità del fluido e sarà indicata con . Le equazioni di bilancio in forma integrale diventeranno quindi:
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3.3 Algoritmi di calcolo
Il solutore fluidodinamico commerciale Fluent 12 contiene al suo interno diverse opzioni nella scelta degli algoritmi e degli schemi di calcolo utilizzati per la soluzione delle equazioni fluide [24]. In questo paragrafo illustreremo le scelte operate per le nostre simulazioni e ne descriveremo più nel dettaglio le caratteristiche principali.
3.3.1 Solutore Pressure-Based
Il metodo numerico adottato per la risoluzione del campo aerodinamico consiste in un solutore di tipo pressure-based (PBS). Il campo di velocità è ottenuto dalle equazioni di bilancio della quantità di moto mentre la pressione viene ricavata per mezzo di un’apposita equazione derivante dalla manipolazione delle equazioni di conservazione della massa e della quantità di moto. Tale manipolazione consiste nel ricavare un
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campo di velocità tale che, corretto dalla pressione, soddisfi l’equazione di continuità. La tecnica di risoluzione utilizzata dal PBS si basa sull’utilizzo di volumi di controllo e consiste in:
Utilizzo di una griglia computazionale per la divisione del dominio in volumi di controllo di dimensioni finite;
Integrazione delle equazioni fluide sui singoli volumi di controllo e conseguente derivazione di equazioni algebriche per le variabili incognite discrete;
Linearizzazione delle equazioni discrete e risoluzione del sistema lineare risultante.
In sostanza la procedura prevede di scrivere, per una data quantità scalare trasportabile , una generica legge di trasporto discreta del tipo:
dove rappresenta il volume della singola cella, il numero di facce (ognuna avente area orientata ) che racchiudono la cella, il coefficiente di diffusione di , la sorgente di per unità di volume e dove, più in generale, il pedice si riferisce a valori calcolati sulle singole facce che racchiudono la cella. Equazioni come la (3.25) vengono scritte per ogni cella del dominio e poi linearizzate nella forma:
dove il pedice si riferisce alle celle adiacenti (neighbor cells), e e sono i coefficienti linearizzati di e . Il sistema di equazioni lineari scalari ottenuto dallo scrivere equazioni di questo tipo per ogni cella della mesh viene risolto da Fluent tramite un solutore lineare di Gauss-Seidel usato congiuntamente a un metodo di accelerazione della convergenza noto come AMG (Algebraic Multi Grid).
La natura non lineare delle equazioni fluide, unitamente al loro mutuo accoppiamento, rende necessario l’utilizzo di un processo iterativo in cui queste vengano ripetutamente risolte fino alla convergenza dei risultati. Per assicurarsi una maggiore velocità di convergenza si è scelto di utilizzare un algoritmo accoppiato (fig. 3.1) in cui le equazioni di continuità e di conservazione della quantità di moto siano risolte
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simultaneamente. Le restanti equazioni vengono invece risolte sequenzialmente in maniera disaccoppiata.
Fig. 3.1 Diagramma di flusso dell’algoritmo di calcolo PBS accoppiato. Immagine tratta da Rif. [24].
Discretizzazione delle equazioni di continuità e della quantità di moto
Consideriamo di seguito la parte stazionaria delle equazioni di bilancio riservandoci di parlare più tardi della discretizzazione temporale adottata.
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La conservazione della quantità di moto può quindi essere espressa sostituendo la con le componenti del vettore velocità nella relazione (3.26). Per esempio, per la componente in direzione x si ha:
Come vedremo più avanti la pressione in corrispondenza delle facce dovrà essere ricavata tramite interpolazione.
L’equazione di continuità discreta può essere scritta come:
dove il valore di è da considerarsi mediato rispetto alla quantità di moto. Si pone cioè:
dove e sono le pressioni tra i due lati della faccia considerata, è una funzione di , ovvero della media dei coefficienti dell’equazione (3.26) per le celle delimitate dalla faccia considerata, e è un termine che contiene l’effetto delle velocità in queste due celle.
Accoppiamento pressione-velocità
Come accennato precedentemente si è scelto di risolvere le equazioni di continuità e di conservazione della quantità di moto in maniera accoppiata. Questa scelta è stata operata prevalentemente per due ragioni: da una parte l’algoritmo accoppiato è caratterizzato da una maggiore velocità di convergenza dei risultati, dall’altra, come vedremo in seguito, i lunghi tempi di calcolo associati alle nostre analisi non ci permettono di utilizzare una griglia molto raffinata e, questo tipo di algoritmo, risulta più adatto a lavorare con mesh non molto raffinate.
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Nell’equazione della quantità di moto si può scrivere la componente k del gradiente di pressione come:
dove è un coefficiente derivato dal teorema della divergenza di Gauss e dai coefficienti dello schema di interpolazione della pressione. L’equazione di bilancio della quantità di moto per la componente k per l’i-esima cella diventa quindi:
Sostituendo quindi l’equazione (3.28) nella (3.26) si ottiene:
Il sistema completo può infine essere scritto come:
dove è una matrice che contiene i coefficienti di influenza di una cella i su una cella j, è il vettore delle incognite ( , e ) e quello dei residui.
3.3.2 Schema di interpolazione
I valori discreti delle variabili scalari nell’equazione (3.26) sono calcolati da
Fluent in corrispondenza dei centroidi delle celle pertanto risulta necessario
operare un’interpolazione per ottenere i valori corrispondenti sulle facce,
ovvero le , indispensabili per la valutazione dei termini convettivi. Per fare
ciò si è utilizzato uno schema di tipo upwind del secondo ordine in cui le
sono ricavate a partire dalle celle collocate a monte rispetto alle direzioni delle
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velocità normali
. In pratica si utilizza un’espansione in serie di Taylor
nell’intorno del centroide della cella a monte e si pone:
dove rappresenta il vettore congiungente il centroide della cella a monte con il
centroide della faccia considerata e le sono calcolate nel centroide della cella a
monte.
Tramite questo schema è quindi possibile calcolare, sulle facce di ciascuna cella
della griglia, i valori di pressione, densità, quantità di moto, energia e dei
termini legati alla turbolenza. Lo schema del secondo ordine garantisce una
buona stabilità per flussi supersonici e riesce a rappresentare meglio gli urti
rispetto ad uno schema del primo ordine ma, in presenza di forti gradienti,
necessita come vedremo dell’introduzione di opportuni limitatori.
3.3.3 Valutazione dei gradienti
Il gradiente di uno scalare è usato per discretizzare i termini diffusivi delle equazioni di conservazione. Per la sua valutazione si fa uso del teorema di Green-Gauss:
dove rappresenta come al solito il valore di calcolato nel centroide della cella (in questo caso indicato con il pedice ), e dove la sommatoria è estesa a tutte le facce che racchiudono la cella stessa.
Il metodo scelto per la valutazione dell’equazione (3.30) è quello dei minimi quadrati (Least Squares Cell-Based) in cui si assume una variazione lineare della soluzione. Con riferimento alla figura (3.2), la variazione del valore di tra la cella di centro e quella di centro lungo il vettore , può essere scritta come:
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Fig. 3.2 Valutazione della variazione di . Immagine tratta da Rif. [24].
che, considerando tutte le celle che circondano la cella , diventa, in forma compatta:
dove è una matrice di coefficienti funzione della sola geometria. Questo sistema di equazioni lineari risulta sovradeterminato e può essere risolto scomponendo la matrice dei coefficienti tramite il metodo di Gram-Schmidt. Questa scomposizione è tale da produrre una matrice di pesi per ogni cella in modo che a ciascuna faccia della cella siano associate tre componenti di peso ( , , ). Il gradiente in corrispondenza del centroide viene quindi calcolato moltiplicando queste componenti di peso per il vettore :
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Come accennato precedentemente, se si usa uno schema di calcolo SOU (Second-Order Upwind), diventa necessario usare dei limitatori di gradiente per prevenire la comparsa di oscillazioni spurie in corrispondenza di urti, discontinuità o in prossimità di rapide variazioni locali del flusso. Lo scopo dei limitatori è quello di imporre il principio di monotonicità impedendo ai valori delle variabili sulle facce della cella di superare i corrispondenti valori massimi o minimi sulle celle adiacenti. Per griglie non strutturate, come quella da noi utilizzata, Fluent impone l’utilizzo di un limitatore di tipo scalare:
dove è uno scalare che limita il valore del gradiente di .
3.4 Discretizzazione temporale
Nel paragrafo precedente abbiamo tralasciato nelle equazioni di bilancio i termini legati alle derivate temporali la cui modellazione verrà illustrata in questa sezione. Ai fini della simulazione di un problema instazionario è infatti necessario procedere ad una discretizzazione delle equazioni anche dal punto di vista temporale oltre che da quello spaziale. La generica equazione di trasporto per uno scalare può essere in generale riscritta nella forma:
in cui la funzione include al suo interno tutti i termini derivanti dalla discretizzazione spaziale. Nel caso in cui si scelga un solutore di tipo pressure-based Fluent impone, per l’integrazione temporale, uno schema di Eulero implicito:
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dove è il passo temporale e gli apici e sono indicativi di due istanti temporali consecutivi.
La presenza nelle equazioni di bilancio di un termine legato all’instazionarità provoca, qualora a causa dello spostamento dei suoi bordi il dominio non sia costante nel tempo, un drammatico aumento dei tempi di calcolo. Ciò è dovuto alla necessità di aggiornare ad ogni passo temporale:
dove il termine può essere ricavato tramite l’imposizione della Geometric Conservation Law (GCL) [29] sfruttando quanto visto nel paragrafo (3.2) sulla formulazione ALE:
Per quanto riguarda il problema aeroelastico qui trattato, è stato evidenziata da più parti l’importanza di individuare l’istante temporale in cui la deflessione della superficie mobile entra o esce nel o dal range del freeplay [17][18][19]. Ciò è dovuto al fatto che una corretta rappresentazione della non linearità strutturale richiede di poter modellare il comportamento della superficie mobile nell’intorno dello switching point, ovvero della deflessione per la quale si verifica la variazione di rigidezza nella curva momento-deflessione. A ragione di quanto appena detto si è implementata all’intermo di Fluent una funzione in grado di modificare lo step temporale.
Con riferimento alla figura (3.3), dato un range di freeplay pari a (in termini di spostamento lineare) e definito un opportuno intorno dello switching point, la funzione da noi implementata verifica innanzitutto se l’ampiezza modale calcolata dal solutore strutturale cada all’interno di questo intorno. Se ciò si verifica si considera di aver individuato lo switching point e si prosegue con il definito inizialmente dall’utente, altrimenti si esegue un secondo controllo per verificare se c’è stato un attraversamento dello switching point. Qualora ciò non avvenga si prosegue ancora una volta senza modificare lo step temporale mentre, in caso contrario, si dimezza il passo temporale, si calcola una nuova ampiezza modale e si ripete il ciclo fino a quando o questa non si
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trovi nell’intorno considerato o non comporti nessun attraversamento tra zone con rigidezze differenti.
L’implementazione in Fluent di questo algoritmo di variazione del è stata operata da un lato apportando le opportune modifiche alle funzioni di calcolo strutturale contenute nella libreria NAEMO-CFD 1.0 (capitolo 4), dall’altra selezionando direttamente da interfaccia grafica l’opzione Adaptive Time-Step e la relativa funzione di variazione del passo temporale per il calcolo instazionario.
Calcolo Switching point superato? SI SI NO NO
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3.5 Condizioni al contorno
La risoluzione del sistema di equazioni URANS richiede come noto l’imposizione di opportune condizioni al contorno, sia in termini di campi di velocità o pressione ai confini del dominio, sia in termini di scambio termico. L’utilizzo di una formulazione discreta, dovuto alla necessità di risolvere numericamente il campo fluido, implica per le stesse condizioni al contorno un’applicazione discreta. Nel caso da noi analizzato sarà necessario imporre sostanzialmente 3 tipi di condizioni al contorno:
Alle pareti .
In corrispondenza delle prese d’aria e degli scarichi dei motori (flussi interni). All’infinito per il flusso imperturbato.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, la presenza della viscosità nel modello obbliga l’imposizione della condizione di non scorrimento:
dove rappresenta la velocità del fluido in corrispondenza della parete e la
velocità della parete stessa. L’inclusione del modello della turbolenza complica ulteriormente la situazione rendendo necessaria l’imposizione di una condizione al contorno aggiuntiva che dipenderà dal modello di turbolenza adottato. In generale si può considerare lo strato limite turbolento come diviso in 3 zone: una più prossima alla parete, detta substrato viscoso, in cui gli effetti della viscosità prevalgono su quelli dovuti alla turbolenza, una intermedia, detta strato di buffer, in cui gli effetti si eguagliano, e una più esterna dominata dalla turbolenza detta log layer (fig. 3.4).
Da quanto detto risulta che, nel sottostrato viscoso, le condizioni al contorno possono essere espresse imponendo che la viscosità cinematica turbolenta modificata sia uguale a zero. In sostanza in questa regione si hanno sforzi di taglio pressappoco uguali al caso laminare, definendo quindi la velocità di taglio come:
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con velocità parallela alla parete e distanza dalla parete. Se si dispone di una griglia sufficientemente fine (in prossimità della parete) da poter risolvere il substrato viscoso, quest’ultima relazione può essere utilizzata come condizione al contorno aggiuntiva per il modello di turbolenza di Spalart-Allmaras. In caso contrario si assume che il centroide della cella adiacente alla parete si trovi all’interno del log layer e si utilizza una legge del tipo:
con , costante di von Kármán, pari a 0.4187 e =9.793. L’integrazione in Fluent di quanto sin’ora detto avviene selezionando l’opzione near wall nella finestra Boundary Conditions.
Fig. 3.4 Profilo universale di velocità. Immagine tratta da Rif. [30].
Per quanto riguarda le regioni corrispondenti alle prese d’aria e agli scarichi dei motori si sono utilizzate rispettivamente le condizioni pressure outlet e mass flow inlet basate sull’imposizione del valore della pressione statica. La condizione imposta invece per approssimare il flusso indisturbato all’infinito è la pressure far field in cui l’utente
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fornisce i valori di pressione, numero di Mach, temperatura e delle variabili aggiuntive necessarie a definire il livello di turbolenza del flusso imperturbato.
Infine, dal punto di vista energetico, si è imposta una condizione al contorno del tipo adiabatic wall per la risoluzione dell’equazione di conservazione dell’energia.
3.5 La griglia di calcolo
La griglia utilizzata per la discretizzazione spaziale del dominio fluido è di tipo non strutturato ibrido. Il suo limite interno, costituito dalla superficie del velivolo, è stato suddiviso in triangoli la cui concentrazione aumenta in corrispondenza delle zone ritenute più importanti per la corretta simulazione dei fenomeni qui studiati. Lo strato limite è stato quindi discretizzato mediante l’utilizzo di 6 strati di prismi a base triangolare di altezza crescente all’aumentare della distanza dalle pareti. I restanti elementi sono tetraedri le cui dimensioni aumentano man mano che ci si allontana dalla superficie del velivolo. Il limite esterno della griglia è invece costituito da una superficie sferica avente raggio pari a circa 40 volte l’apertura alare del velivolo.
La generazione della griglia è stata effettuata tramite i software commerciali TGrid, facente parte del pacchetto Ansys Fluent e Gambit, e il risultato della discretizzazione spaziale usata in questo lavoro è una mesh composta da circa 3 milioni di celle.
- 62 - Fig. 3.5 Far Field.
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Fig. 3.7 Dettaglio della griglia attorno al VT su un piano a .
Fig. 3.8 Dettaglio della discretizzazione dello strato limite.
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Fig. 3.9 Griglia di superficie del VT.