• Non ci sono risultati.

Capitolo 1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 1

Concetti base

1.1 Introduzione agli amplificatori digitali

Negli ultimi anni c’è sempre maggiore interesse nell’utilizzare la tecnologia digitale nei dispositivi elettronici. La ragione di questa tendenza va ricercata nella crescente domanda di mercato di sistemi di piccole dimensioni, costi limitati ma al tempo stesso ottime prestazioni e capacità di svolgere funzioni diverse. Da una decina d’anni lo sviluppo della tecnologia digitale sta coinvolgendo profondamente anche gli amplificatori audio. Le possibili applicazioni degli amplificatori audio digitali sono numerose: basti pensare ai PC, alle moderne console, agli impianti Home Theatre, ai lettori di file MP3 o dei tradizionali CD, ai cellulari; sono tutti esempi di sistemi in cui segnali audio sono immagazzinati in maniera digitale e devono essere amplificati per poter essere ascoltati tramite altoparlante o cuffie.

Questi sistemi, alcuni dei quali solo qualche anno fa erano privilegio di pochi o addirittura non esistevano, sono presenti ormai nelle case di molti di noi e la loro diffusione è in grande crescita.

Nella maggior parte dei casi gli amplificatori audio utilizzano ancora un funzionamento analogico o “misto” [2]: nel primo caso l’ingresso digitale viene convertito in forma analogica e viene quindi amplificato lavorando in classe A o A/B; nel secondo caso l’ingresso viene convertito in forma analogica e viene poi usato per generare un segnale

(2)

modulato ad impulsi (PWM), che è poi amplificato e filtrato da uno stadio finale di potenza (vedi Figura 1.1).

Figura 1.1: Sistemi di amplificazione audio analogica o mista

Per quanto riguarda gli amplificatori completamente analogici, sebbene garantiscano un’elevata linearità di funzionamento e quindi leggera distorsione del segnale di uscita, hanno il gran difetto di avere un’efficienza estremamente bassa, tipicamente pari al 60% per la classe A/B; questo a causa della potenza dissipata dai transistori, che comporta non solo un maggiore consumo energetico ma anche una rilevante produzione di calore.

Figura 1.2: La foto, fornita dalla Apogee, mostra due amplificatori audio: quello di sinistra utilizza la conversione digitale analogica convenzionale (funzionamento in classe A/B) e l’oggetto che si vede in metallo è il dissipatore di calore necessario per evitare il surriscaldamento dei transistori; quello di destra è completamente digitale ed usa la DDX, una tecnologia brevettata dalla Apogee pochi anni fa.

(3)

Al fine evitare il surriscaldamento dei transistori è quindi necessario utilizzare dei dissipatori, che sono notevolmente ingombranti e pesanti se paragonati al resto del circuito.

L’introduzione della modulazione PWM e dell’amplificazione in classe D è stato senza dubbio un passo fondamentale per lo sviluppo degli amplificatori audio.

Il funzionamento in classe D, caratterizzato dal pilotaggio da parte di un segnale a due livelli di una o due coppie di transistori utilizzati come switch, fu introdotto nel 1959 da Baxandall [15], che lo propose per la realizzazione di oscillatori; solo in seguito si è pensato alla sua applicazione negli amplificatori, che ben presto sono divenuti soggetto di importanti studi grazie alla loro capacità di garantire rendimenti molto elevati.

In un tradizionale amplificatore in classe A i transistori lavorano nella zona lineare, funzionando come resistori variabili tra l’alimentazione ed il carico; questo comporta che la caduta di tensione su di essi si traduce in una rilevante produzione di calore.

I transistori di uscita di un amplificatore in classe D invece commutano quasi istantaneamente da completamente spenti (interdizione) a completamente accesi (forte conduzione) e viceversa, trascorrendo quindi pochissimo tempo nella regione intermedia.

In generale comunque questo funzionamento di tipo “switching” non garantisce un funzionamento efficiente dell’amplificatore: basti pensare che negli anni ’50 venivano utilizzati al posto dei moderni transistori i “tubi a vuoto” (vacuum tubes), che erano caratterizzati da grandi cadute di tensione ai loro capi e capacità di erogazione di correnti basse; ciò riduceva enormemente l’efficienza degli amplificatori e limitava la loro potenza di uscita. Negli anni ’60 i transistori bipolari divennero una valida alternativa ai tubi a vuoto e permisero l’implementazione di amplificatori di tipo switching molto efficienti, ma solo alle basse frequenze. Il problema era l’utilizzo di tali amplificatori in applicazioni audio, in cui il segnale di ingresso ha una banda di 20 kHz; in tal caso occorre una frequenza di commutazione di almeno un centinaio di kHz per una buona ricostruzione del segnale utile, ma a tali frequenze di funzionamento le perdite di switching eliminavano i vantaggi legati all’utilizzo della classe D. Negli anni ’80 fu grazie all’introduzione dei MOSFET che si riuscì a raggiungere un’elevata velocità di commutazione e al tempo stesso basse perdite di conduzione, così da poter implementare con successo i primi amplificatori audio in classe D.

(4)

Questi amplificatori generalmente realizzano il segnale PWM confrontando per mezzo di un comparatore il segnale di ingresso con un’onda triangolare (o a dente di sega), la cui dinamica è paragonabile a quella del segnale di ingresso e la cui frequenza è invece molto maggiore. L’uscita del comparatore risulta essere in questo modo un segnale modulato ad impulsi, che può assumere soltanto due livelli di tensioni (alto e basso) e che quindi è adatto per pilotare lo stadio di potenza.

Dal momento che al giorno d’oggi il segnale audio da amplificare è quasi sempre in forma digitale (PCM), occorre utilizzare un convertitore D/A per poter generare il segnale PWM per mezzo di un modulatore analogico.

La nuova tendenza progettuale invece non prevede più di convertire il segnale PCM in forma analogica, bensì di utilizzarlo per generare direttamente un segnale modulato ad impulsi (PWM), operando unicamente in modo digitale ed eliminando così il DAC. In questi amplificatori all digital (vedi Figura 1.3) lo stadio di potenza ed il filtro sono in genere le uniche parti analogiche, sebbene talvolta si utilizzi anche un anello di feedback di tipo analogico allo scopo di limitare le distorsioni sul segnale audio amplificato.

Figura 1.3: Schema a blocchi di un amplificatore digitale a catena diretta

Questi amplificatori hanno il pregio di essere maggiormente immuni ai disturbi introdotti in fase di modulazione e di avere dimensione e costi di produzione ridotti; il loro maggior difetto è la distorsione introdotta a causa delle caratteristiche dei campioni del segnale audio utilizzati in ingresso al modulatore, non più analogico ma digitale. A seconda delle scelte fatte per generare un singolo impulso a partire da una parola PCM (ossia da un campione rappresentato in forma numerica), esistono diverse modulazioni PWM: TEUPWM (Trailing Edge Uniform PWM), PNPWM (Pseudo-Natural PWM), DSUPWM (Double-Sided Uniform PWM), e altre ancora. Noi lavoreremo in particolare con le prime due, dove la prima è ottenuta dal confronto del

(5)

segnale PCM con un’onda a dente di sega a valori discreti, la seconda da una combinazione della TEUPWM con un’opportuna predistorsione del segnale PCM. All’utilizzo della modulazione PWM a due livelli è seguito quello della modulazione a tre livelli (tri-state o damped ternary modulation), in cui il segnale può assumere tre diversi valori di tensione: alto (positivo), basso (negativo) e zero.

Qualche anno fa la Apogee Technology ha sviluppato, brevettato e realizzato (prima da sola, poi in collaborazione con STMicroelectronics) la DDX (Direct Digital Amplification) [1], un’architettura completamente digitale e molto efficiente per l’amplificazione di segnali audio digitali; alla base di essa c’è l’utilizzo di una modulazione tri-state, la DDX Damped Ternary Modulation, le cui caratteristiche temporali e spettrali sono tali da ridurre notevolmente l’influenza sul segnale di uscita dei disturbi introdotti dallo stadio di potenza; ciò permette la realizzazione di un amplificatore privo di circuito di feedback, altrimenti necessario per limitare la distorsione introdotta. Gli amplificatori che utilizzano la tecnologia DDX sono quindi a catena diretta e le ottime prestazioni dimostrate ne hanno fatto subito un punto di riferimento per gli amplificatori audio di ultima generazione.

La DDX si basa comunque anch’essa sui principi della classe D, dato che lo stadio di potenza è pilotato con segnali a due livelli modulati in base all’ampiezza del segnale PCM in ingresso all’amplificatore.

A questo punto è doveroso giustificare con maggior dettaglio la crescita di interesse nello sviluppare amplificatori audio funzionanti in modo totalmente digitale. Come osserva C.B.Rasmussen [14], in fase di progetto si vuole sempre ottenere il miglior risultato possibile; ma cosa significa “migliore” nel nostro caso? La risposta non è immediata, benché intuitivamente il progetto migliore sembrerebbe quello che garantisce un suono affetto da minor distorsione.

In realtà i parametri rilevanti per la valutazione del nostro progetto sono: • specifiche audio • consumi • flessibilità • prezzo • dimensioni 5

(6)

Occorre quindi raggiungere il giusto compromesso tra questi parametri, cercando ovviamente per quanto possibile di ottenere i migliori risultati per ognuno di loro. La tecnologia digitale in un amplificatore audio garantisce ottimi rendimenti e consumi ridotti; inoltre rispetto a quella analogica permette dimensioni più contenute, costi di produzione inferiori e sicuramente maggior flessibilità. Per quanto riguarda le specifiche audio, sebbene la tecnologia digitale teoricamente produca un suono con caratteristiche peggiori, i moderni amplificatori digitali sono in grado di introdurre un livello di distorsione sul segnale audio non percepibile dall’orecchio umano.

1.2 Il suono e la sua percezione

Al fine di capire quali prestazioni è giusto aspettarsi da un buon amplificatore audio è necessario conoscere le caratteristiche del segnale che stiamo trattando, ossia il suono, e dello strumento più importante con cui il segnale amplificato verrà valutato, cioè l’orecchio umano.

Il suono

Il suono è la vibrazione di un corpo in oscillazione, che si propaga longitudinalmente nell’aria (o in un altro mezzo elastico) tramite onde di pressione producendo una sensazione uditiva.

I suoni puri sono sinusoidali e sono quindi caratterizzati da frequenza, lunghezza d’onda e velocità di trasmissione.

La gamma di frequenze udibili dall’essere umano oscilla da un minimo di 20 Hz (o addirittura 16, secondo alcune riviste mediche) ad un massimo di 20 kHz; questo intervallo puó essere suddiviso in tre parti, ognuna relativa ad una “categoria” di suoni: si parla infatti di suoni bassi, medi e alti per frequenze comprese rispettivamente negli intervalli 20-400 Hz, 400-4000 Hz e 4000-20000 Hz.

(7)

La percezione uditiva

L’orecchio umano ha una percezione ottimale del suono intorno al centro della gamma delle medie frequenze, vale a dire intorno ai 1000 Hz, ove si riescono a percepire suoni anche molto sfumati. Questa è la ragione per cui convenzionalmente le caratteristiche di un dispositivo audio vengono fornite in corrispondenza di un segnale di ingresso di 1 kHz; intorno a tale valore l’orecchio umano non solo è capace di percepire suoni più deboli, ma lo fa anche con maggiore precisione. È del tutto normale cioè che le frequenze più basse e quelle più alte non si riescano a udire bene a volumi ridotti, nonostante queste siano magari correttamente riprodotte da un buon impianto Hi-Fi, mentre per le medie frequenze si riesce ad udire suoni più deboli. In altre parole, soltanto raggiunto un determinato livello sonoro l’orecchio umano incomincia a funzionare “correttamente” rimanendo sensibile a tutte le frequenze nello stesso modo. Un’altra importante caratteristica della percezione sonora dell’uomo è che questi possiede dei meccanismi di selezione che escludono alcuni suoni alla presenza di altri. Un suono a basso volume ad esempio, prodotto in presenza di un suono di ampiezza maggiore e frequenza simile, non è percepito dal nostro cervello. Il fenomeno è chiamato “mascheratura”ed è alla base delle teorie di compressione del suono.

Tenendo conto delle osservazioni fatte e di molte altre ancora relative alla percezione sonora della persona media, si puó pensare quindi di ottimizzare le prestazioni di un amplificatore audio, migliorandone il suono prodotto.

1.3 La codifica digitale PCM

La PCM (Pulse Code Modulation) è un tipo di modulazione in cui l’informazione prima viene campionata, prelevando dal segnale i valori che assume in istanti successivi intervallati nel tempo; poi viene quantizzata, cioè si approssima ogni campione con il valore più vicino di una serie discreta di valori, detti livelli; viene quindi codificata, cioè il segnale quantizzato viene trasformato in una serie di gruppi di impulsi secondo un determinato codice, e infine trasmessa.

(8)

La tecnica PCM è stata inventata da A.Reeves nel 1937 e oggi è impiegata in tutti i moderni campionatori, registratori digitali ed interfacce audio per computer.

Frequenza di campionamento

La frequenza di campionamento utilizzata in fase di registrazione determina il numero di volte che il segnale audio è stato “misurato” in un dato periodo e per registrare in “CD-quality” è richiesta una frequenza di campionamento di 44.1 kHz. Questo valore, deciso nel 1979 da Sony e Philips in comune accordo, teoricamente è sufficiente (dal Teorema di Shannon) a ricostruire correttamente il segnale audio di partenza, ma in realtà ci sarà bisogno di “simulare” una frequenza di campionamento maggiore (col blocco di sovracampionamento -Par. 1.6).

Profondità di bit e distorsione

L’accuratezza con la quale è effettuata la registrazione del segnale audio è determinata dalla “profondità di bit”, che è la lunghezza delle parole binarie (word) usate per rappresentare il valore di ciascun campione del segnale di ingresso. Parole più lunghe permettono la rappresentazione di una serie più ampia di numeri e quindi misurazioni più accurate e riproduzioni più fedeli di un segnale (maggiore dinamica e minor distorsione).

L’informazione audio nei CDA (Audio Compact Disc) è immagazzinata per convenzione su due diversi canali in forma PCM a 16 bit; dato che in prima approssimazione possiamo dire che ad ogni bit del convertitore A/D utilizzato in fase di registrazione corrisponde una dinamica di 6 dB, si ottiene una dinamica complessiva di 96 dB. È utile ricordare a questo proposito che in acustica 0 dB corrispondono alla “soglia di udibilità” (relativa ai suoni con livello appena percepibile) e 120 dB corrispondono alla “soglia del dolore” (relativa al livello dei suoni al di sopra del quale l’emissione sonora provoca sensazioni dolorose).

Questo ci fa capire come la dinamica di 96 dB ottenuta con una registrazione a 16 bit sia pari a quella della maggior parte degli eventi sonori (che è di fatto inferiore a 100 dB).

(9)

L’utilizzo di una rappresentazione su 16 bit dei campioni del segnale audio nei CD comporta un errore di quantizzazione che equivale ad un livello di distorsione minimo pari a –96 dB. Questo valore scende a –144 dB nel caso di una profondità di bit pari a 24 ed un segnale audio affetto da una tale distorsione è praticamente identico a quello di partenza. In realtà vedremo che il filtro passa basso di uscita non è perfetto e che lo stadio di potenza come già accennato introduce delle non linearità legate in particolare ai limiti dei MOSFET e all’alimentazione; di conseguenza la distorsione realmente introdotta da un amplificatore audio è maggiore di quella associata al rumore di quantizzazione. I livelli di distorsione effettivamente raggiungibili sono compresi tra lo 0.02% per amplificatori di alta qualità e molto costosi e lo 0.2% per amplificatori più commerciali (come l’ STR-DE445 della Sony [2], per potenze di uscita di 60 W).

1.4 Principio di funzionamento della classe D

Gli amplificatori in classe D utilizzano un segnale PWM, ossia un’onda quadra il cui duty cycle (e quindi il valor medio) varia in dipendenza del segnale di ingresso ed in modo idealmente proporzionale ad esso. Il segnale modulato ad impulsi comanda uno stadio di potenza che funziona come un commutatore: a seconda se il livello di tensione in ingresso è alto o basso collega l’uscita rispettivamente all’alimentazione negativa (o massa) o positiva. Tale stadio è costituito da uno (configurazione Half-Bridge) o due (Full-Bridge) inverter realizzati tipicamente con MOSFET complementari: il pMOS è collegato all’alimentazione positiva e l’ nMOS a quella negativa. Il loro funzionamento equivale idealmente a quello di due interruttori: a seconda se il segnale pilotante è alto o basso viene attivato il MOS a canale n o p, che diventa (quasi) un cortocircuito e porta cosí l’uscita rispettivamente a livello basso o alto. In questo modo il segnale PWM a due livelli generato dal modulatore viene amplificato, in quanto l’alimentazione dello stadio di potenza ha un valore di decine di Volts mentre il livello alto di tensione del segnale di comando dei MOSFET tipicamente è compreso tra 5 e 10 V.

Dal momento che i MOSFET vengono utilizzati come switch, come già accennato essi

(10)

hanno una dissipazione di potenza molto bassa (teoricamente nulla): quando un transistore è spento è attraversato da una corrente nulla anche se tra drain e source la tensione è elevata; al tempo stesso quando un transistore è in forte conduzione è attraversato da una corrente di alcuni Ampère, ma la tensione ai suoi capi è molto bassa (idealmente nulla). Questo porta ad ottenere valori di rendimento molto elevati, che raggiungono e superano il 90%.

Dato che in uscita vogliamo un segnale analogico, occorrerà ovviamente filtrare il segnale PWM amplificato; per fare questo si ricorre ad un filtro passivo LC di tipo passa-basso, all’uscita del quale ci sarà l’altoparlante.

Se la classe D permette di ottenere un’elevata efficienza, bassi consumi e dimensioni ridotte, il suo utilizzo ed in particolare la sua implementazione con tecnologia digitale comporta aspetti potenzialmente negativi:

I. Questi amplificatori lavorano in modo non-lineare, e quindi il segnale audio originario, che arriva in forma PCM, potrebbe venire distorto in maniera inaccettabile. Riuscire a limitare il livello di distorsione del segnale audio di uscita è la principale difficoltà di chi progetta un amplificatore digitale.

II. Mandando al modulatore direttamente il segnale PCM, si ottiene un segnale PWM (TEUPWM – vedi Cap.2) caratterizzato da uno spettro contenente nella banda audio armoniche indesiderate, che distorcono il segnale e sulle quali non si può fare niente in fase di filtraggio.

III. In assenza di opportuni accorgimenti durante la progettazione dell’amplificatore, dopo la modulazione PWM è possibile ottenere un SNR uguale a quello del segnale di ingresso soltanto facendo lavorare il modulatore ad una frequenza di clock dell’ordine di decine di GHz, irrealizzabile a basso costo.

Occorre quindi utilizzare a monte del modulatore dei blocchi opportuni (Par.1.6) che garantiscano un segnale di uscita con i livelli di distorsione e di potenza desiderati.

(11)

1.5 La tecnologia DDX

Gli amplificatori DDX utilizzano una modulazione PWM a tre stati chiamata “DDX Damped Ternary Modulation”. Un segnale PWM normalmente assume solo due livelli di tensione e all’interno di un periodo la durata dell’uno rispetto all’altro è determinata dal segnale in ingresso al modulatore; un segnale Damped Ternary PWM , come già visto al Par.1.1, può assumere 3 livelli: alto, basso e zero.

Figura 1.4: Binary PWM e Damped Ternary PWM

La prima fondamentale differenza tra le due modulazioni è che con quella a due livelli lo stadio di potenza è continuamente “modulato” dal segnale PWM e quindi viene fornita continuamente energia al filtro e al carico in uscita all’amplificatore; con la PWM tri-state invece quando il segnale di ingresso è nullo il carico è cortocircuitato (da cui il termine “damped”, cioè “spento”); questo garantisce una quasi totale mancanza di assorbimento di potenza in assenza di segnale audio.

Un altro vantaggio derivante dall’utilizzo di una modulazione PWM a tre stati nell’amplificatore digitale è che lo spettro del segnale da filtrare ha componenti in alta frequenza di minore entità dato che il segnale varia tra V+ e 0 o tra 0 e V- , ma mai tra V+

e V-) e questo comporta minori disturbi dal punto di vista dell’ interferenza

elettromagnetica (EMI). Questo tipo di interferenza è proporzionale all’intensità di corrente, all’area dell’anello formato dal percorso della corrente stessa e al quadrato della frequenza, secondo la relazione EMI = kIAf2 (ove k è una costante che dipende tra

l’altro dal materiale della board su cui è stampato il circuito). È chiaro quindi che se le

(12)

componenti in alta frequenza della corrente che scorre nel circuito sono di minore entità, a parità di condizioni l’interferenza elettromagnetica sarà inferiore.

In termini di efficienza gli amplificatori DDX sono migliori rispetto a quelli che lavorano in classe D: se questi ultimi hanno un rendimento massimo del 90%, per i primi si sfiora il 100%.

Figura 1.5: Curve di efficienza a confronto tra le varie categorie di amplificatori, in funzione della potenza di uscita espressa in valori normalizzati.

In Figura 1.5 si vede che gli amplificatori DDX hanno un’ efficienza che si scosta da quella degli amplificatori in classe D anche del 20% e che rispetto a quella degli amplificatori che lavorano in classe A/B è superiore anche del 400%!

Un altro rilevante aspetto da prendere in considerazione nel confrontare la DDX con la classe D è la reiezione dei disturbi introdotti dallo stadio di potenza ed in particolare dall’alimentazione (Power Supply Rejection). Si ricordi a questo proposito che il blocco di amplificazione è costituito da coppie di MOSFET che collegano direttamente l’uscita con l’alimentazione (o massa) e quindi eventuali disturbi sovrapposti ad essa si presentano in uscita senza alcun tipo di reiezione. Per questa ragione negli amplificatori in classe D è opportuno l’utilizzo di un sistema di controllo reazionato che ha lo scopo di minimizzare l’effetto distorcente che questi disturbi comportano sul segnale di uscita. Nell’ architettura DDX il fatto che il carico sia spesso connesso a massa (il cosiddetto “damped state”) comporta una maggiore sopportazione del rumore relativo

(13)

all’alimentazione, tanto che questi amplificatori operano ad anello aperto, senza cioè beneficiare della reazione suddetta.

1.6 Schema a blocchi di un amplificatore digitale

Un amplificatore digitale riceve in ingresso un segnale PCM , in cui l’informazione è espressa sotto forma di una serie di “parole” (tipicamente a 16 bit, come abbiamo visto) che rappresentano il valore dei campioni del segnale audio di partenza, prelevati alla frequenza di 44.1 kHz. Alla stessa frequenza le parole PCM vengono trasmesse all’amplificatore, che le elabora in modo da mandare in ingresso al modulatore digitale dei campioni espressi su 8 bit e frequenza di 352.8 kHz

Il modulatore genera quindi un segnale PWM, convertendo ogni parola di ingresso con un impulso di larghezza circa proporzionale. Dopodichè il segnale modulato ad impulsi, con frequenza ancora pari a 352.8 kHz, viene modificato dal blocco di Dead Time, amplificato dallo stadio di potenza e mandato ad un filtro passa basso, il cui compito è quello di ricostruire il segnale audio originario a partire dal treno di impulsi. Generalmente viene collegato all’uscita un controllo reazionato, che ha lo scopo di minimizzare l’effetto dei disturbi introdotti dallo stadio di potenza.

Vediamo una breve descrizione dei singoli blocchi (Figura 1.6).

Figura 1.6: Esempio di schema a blocchi di un amplificatore audio digitale

• Oversampling: è utilizzato per moltiplicare la frequenza di campionamento del segnale originario. Essendo il segnale audio di partenza giá stato campionato e non essendo più disponibile, tutto quello che può fare il sovracampionatore è aumentare la frequenza con cui si presentano i campioni (espressi in forma binaria) inserendo dei campioni nulli e interpolare i valori a disposizione in modo

(14)

da risalire al valore reale dei campioni mancanti. In teoria è possibile effettuare questa operazione senza introdurre errori, in quanto il segnale audio iniziale è stato campionato ad una frequenza (44.1 kHz) maggiore del doppio della sua frequenza massima, pari a 20 kHz (Th.Shannon).

Sovracampionare il segnale d’ingresso serve ad effettuare una pre-distorsione più efficace (vedi il “cross point deriver”), ad utilizzare con efficacia il Noise Shaper e a permettere al filtro di uscita di fare una migliore ricostruzione del segnale audio. • Cross point deriver: serve per modificare il valore dei campioni disponibili del segnale audio originario, in modo da permettere al poter implementare una modulazione simile alla NPWM, caratterizzata da un contenuto spettrale privo di componenti armoniche del segnale audio. Tali componenti sono invece presenti nel segnale UPWM, ossia quello che genererebbe il modulatore in assenza del cross-point deriver, ed hanno il difetto di non poter essere filtrate in quanto presenti all’interno della banda audio.

• Noise Shaper: permette di ridurre il numero di bit delle parole PCM da 16 a 8, mantenendo invariata la qualitá del segnale all’interno della banda audio. Questa operazione serve per poter diminuire la frequenza di clock del modulatore, che altrimenti dovrebbe lavorare a frequenze di oltre 20 GHz.

• Modulatore: riceve in ingresso i byte che rappresentano in forma binaria i campioni del segnale audio di partenza e genera un segnale impulsivo di frequenza 352.8 kHz. Gli impulsi di questo segnale hanno una durata proporzionale al byte ricevuto, che viene interpretato come numero intero compreso tra 0 e 2N-1 (N=8).

• Dead Time: è un intervallo in cui i MOSFET dello stesso inverter dello stadio di potenza sono entrambi interdetti. La presenza di questo tempo morto (o “dead time”) serve per evitare il cortocircuito dell’alimentazione che altrimenti si verificherebbe in corrispondenza delle commutazioni del segnale PWM. Tale fenomeno comporta sovraccarico dei transistori ed una grossa perdita di efficienza.

(15)

• Stadio di potenza: si occupa dell’amplificazione vera e propria del segnale PWM, che pilota i MOSFET con una dinamica tipicamente di 5 V e viene ad assumere in uscita allo stadio una dinamica anche 10 volte maggiore.

• Filtro: riesce a ricostruire il segnale audio a partire dal treno di impulsi amplificato. La sua buona progettazione è molto importante per ottenere un segnale di uscita di ottima qualitá.

Figura

Figura 1.2: La foto, fornita dalla Apogee, mostra due amplificatori audio: quello di sinistra utilizza la  conversione digitale analogica convenzionale (funzionamento in classe A/B) e l’oggetto che si vede in  metallo è il dissipatore di calore necessario
Figura 1.4: Binary PWM e Damped Ternary PWM
Figura 1.5: Curve di efficienza a confronto tra le varie categorie di amplificatori, in funzione della  potenza di uscita espressa in valori normalizzati
Figura 1.6: Esempio di schema a blocchi di un amplificatore audio digitale

Riferimenti

Documenti correlati

Tutta la parte teorica riguardante la ripresa e l'utilizzo dei vari mezzi fotografici avrà un riscontro pratico con una uscita nella quale gli allievi saranno accompagnati dal

Come punto di partenza dell’analisi del testo e della rappresentazione teatrale mi sono posto una domanda: vista la peculiarità e la qualità del testo di Chlebnikov, vista

Poiché nell'analisi dei segnali provenienti da una MISURA si effettua il passaggio nel dominio della frequenza a partire da un segnale campionato e NON CONTINUO, la

all’interno di un oggetto posso avere movimento di carica conduttori: le cariche possono muoversi.

della funzione ha la cardinalità dei numeri reali; la variabile dipendente può assumere con continuità tutti i valori compresi in un certo intervallo:.. segnale acustico, andamento

Con tale schema di misura si ripete la misurazione della resistenza del cavetto, ottenendo un valore di 10 mΩ (decisamente più attendibile, anche se occorre mettere in conto

La Costituzione, in originale Considerazioni generali Le difficolt` a con i numeri Tre esempi Commenti generali Forma senza contenuto Commenti generali, seguito I primi dodici

Teoria dei giochi Aste Scambio di reni Microarray games.. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove ` e nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero